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SAN SIMONE

SIMONOV ZALIV
Marko Stokin
Katharina Zanier
Vestnik XXIII / I
SANSIMONE / SIMONOV ZALIV 3
INDICE
Prefazione 5
Introduzione 7
Topografa antica dellIstria nordoccidentale 9
Rassegna storica delle indagini archeologiche e degli interventi di protezione
e valorizzazione del sito 23
Ritrovamenti casuali dal XVI al XIX secolo 25
Interventi di ricerca e valorizzazione nel XX secolo 30
Villa maritima: ledifcio residenziale e gli impianti infrastrutturali 48
Pars urbana: analisi architettonica 49
Il porto 76
La conduttura idrica 80
Inquadramento sintetico dei reperti 82
Elementi architettonici 83
Instrumentum domesticum 88
Analisi della fora e della fauna 93
San Simone nel contesto dello sviluppo storico dellIstria nordoccidentale 95
Epoca tardorepubblicana 95
Allinizio dellet imperiale 97
Tra primo e medio impero 103
Periodo tardoantico 105
Nel medioevo 105
Bibliografa 106
Indice delle immagini 120
Partner attuatore / Izdajatelj partner projekta:
Zavod za varstvo kulturne dediine Slovenije / Pubblicazione a cura dellIstituto per la Tutela dei Beni Culturali della Slovenia
Marko Stokin, Katharina Zanier
SAN SIMONE / SIMONOV ZALIV
Per lIstituto / Zanj: Jelka Pirkovi
Curatrice della collana / Urednica zbirke: Biserka Ribnikar
Recensione del libro / Recenzija: Jana Horvat, Irena Lazar
Traduzioni / Prevodi: Nova Riccardo Bertoni s.p. (slov. / it.)
Progetto grafco / Grafna obdelava in predogled tiska: Nuit d. o. o.
Stampa / Tisk: Littera picta d. o. o.
Tiratura / Naklada: 200
In copertina: San Simone, mosaico (foto: Triptih d. o. o.)
Fotografja na naslovnici: mozaik iz Simonovega zaliva (foto: Triptih d. o. o.)
Ljubljana, 2012
Pubblicazione fnanziata nellambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007
_
2013, dal Fondo europeo
di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Publikacija je sofnancirana v okviru Programa ezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007
_
2013 iz sredstev Evropskega sklada za
regionalni razvoj in iz nacionalnih sredstev.
I contenuti della pubblicazione non rispecchiano necessariamente la posizione ufciale dellUnione europea.
Vsebina publikacije ne odraa nujno uradnega stalia Evropske unije.
Responsabili dei contenuti della pubblicazione sono da considerarsi esclusivamente gli autori.
Za vsebino publikacije sta odgovorna izkljuno avtorja.
CIP - Kataloni zapis o publikaciji
Narodna in univerzitetna knjinica, Ljubljana
904(497.4Simonov zaliv)
STOKIN, Marko
San Simone = Simonov zaliv / Marko Stokin, Katharina Zanier ; [traduzioni Nova R. Bertoni]. - Ljubljana : Zavod za varstvo
kulturne dediine Slovenije = Istituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia, 2012. - (Vestnik / Zavod za varstvo kulturne
dediine Slovenije ; 23, 1)
ISBN 978-961-6420-96-9
1. Zanier, Katharina
262253824
SANSIMONE / SIMONOV ZALIV SANSIMONE / SIMONOV ZALIV
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Prefazione
Sono trascorsi quasi cinquecento anni da quando sono avvenute le prime scoperte archeologiche nella baia di San
Simone (Simonov zaliv), ma linteresse e le indagini archeologiche non sono venuti meno e continuano a tuttoggi.
Limpegno di archeologi e altri esperti di vari Paesi ha reso possibile sia lindagine sia la valorizzazione del sito, che per
i numerosi e rafnati mosaici e lelaborato impianto architettonico costituisce uno dei monumenti romani pi impor-
tanti della Slovenia. Limportanza del sito testimoniata anche dalle dimensioni del porto antistante la villa, il quale
costituisce coni suoi quasi 8000 m
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di superfcie unodei pigrandi della costa occidentale dellIstria, inferiore soltanto
a quello di Fasana (Faana).
Con questa pubblicazione intendiamo presentare tutti gli interventi archeologici, i resti architettonici ed una sintetica
rassegna dei reperti rinvenuti, sinora pubblicati inmaniera estremamente frammentaria e discontinua. Poich le ricer-
che nella baia di SanSimone vanno avanti gi da lungo tempo, abbiamo dovuto fare i conti conuna documentazione
molto varia e spesso carente e quindi le ricostruzioni presentate nel volume non possono considerarsi complete.
Il libro inizia con inquadramento storico-topografco dellarea nordoccidentale dellIstria, fnalizzato alla contestualiz-
zazione del complesso di San Simone nellambito del sistema insediativo formato da analoghi siti. Il secondo capitolo
illustra la lunga storia delle ricerche, con un cenno allo sviluppo che negli ultimi centanni ha conosciuto larcheologia
proprio nel luogo in questione, sempre al centro dellinteresse degli esperti. Nella terza parte vengono descritti gli
elementi architettonici della villa e delle infrastrutture, dunque sia della parte residenziale sul promontorio di Punta
Corbato (rti Korbat) sia del porto che collega tutta la baia. Nel quarto capitolo sono presentati in maniera sintetica
i reperti: trattasi di una scelta operata tra i ritrovamenti pi signifcativi, che nel nostro caso risultano relativamente
modesti, mentre non viene inclusa nel volume la descrizione catalografca completa dei reperti. Il capitolo conclusivo
dedicato alle varie fasi del sito, inquadrato nel contesto dello sviluppo e del declino del processo di romanizzazione
di questa parte dellIstria.
Il volume stato cofnanziato nellambito del Programma per la CooperazioneTransfrontaliera Italia Slovenia 2007
2013dal FondoEuropeodi SviluppoRegionaleedai fondi nazionali, inquantopartedel progettostrategicoPArSJAd
ParcoArcheologicodellAltoAdriatico. LeadPartner del progettolaRegioneVenetoUnitComplessaProgetti Stra-
tegici e Politiche Comunitarie, mentre gli altri Partner di Progetto sono: lIstituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali
della Regione Emilia Romagna; il Comune di Bagnara di Romagna (RA); il Comune di Russi (RA); il Comune di Voghiera
(FE); il Centroregionaledi CatalogazioneeRestaurodei Beni culturali RegioneFriuli VeneziaGiuliaDirezionecentra-
le istruzione, formazione e cultura, Servizio beni e attivit culturali; il Museo Nazionale della Slovenia (Narodni muzej
Slovenije); lUniversit del Litorale, Centrodi ricerche scientifche a (Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno
sredie, dorainpoi UPZRS); lIstitutoper latuteladei beni culturali dellaSlovenia(Zavodzavarstvokulturnedediine
Slovenije, dora in poi ZVKDS). Il progetto interessa i beni archeologici dellarea costiera dellAlto Adriatico, dal litorale
emiliano a quello sloveno. Le attivit previste sono fnalizzate allo sviluppo di strumenti che permettano di imple-
mentare una rete di cooperazione e fruizione tra le diverse evidenze di interesse archeologico anche nel campo della
didattica e della catalogazione del patrimonio archeologico, con lobiettivo di concorrere allideazione di un parco ar-
cheologicovirtuale dellAltoAdriatico. previstoinoltre lavviodi progetti pilota per la valorizzazione dei singoli parchi
archeologici dellarea interessata con la realizzazione di itinerari culturali transfrontalieri.
Ringraziamo tutti coloro che hanno lavorato e che ancora operano nel campo delle indagini e della protezione del
monumento archeologico di San Simone.
***
Avvertenzaalledizione italianadel volume
Nel testo toponimi e nomi di enti vengono indicati nella versione italiana, afancata in occasione della loro prima
menzione dalla denominazione nella lingua del Paese di pertinenza.
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Introduzione
A sudovest dellodierno porto di Isola (Izola), tra le Punte Corbato e Can (rti Kane), ubicata la baia di San
Simone, importante e ben conservato sito archeologico, cos chiamato per una chiesetta dedicata al santo omo-
nimo, che sarebbe sorta nella zona della baia nellalto medioevo o pi tardi. Larea archeologica di San Simone
comprende un importante porto romano e ledifcio di una villa.
La prima menzione della zona archeologica in questo sito risale gi al XVI secolo. P. Coppo (Coppo 1830, 34) ne
illustra il porto romano, mentre un abitante del luogo, G. Tamar, descrive con ammirazione la residenza antica e
ricorda oggetti preziosi rinvenuti nella baia (Tamar 1848). Tra il 1922 ed il 1924 furono portati alla luce nella parte
centrale di Punta Corbato diversi ambienti della villa con pavimenti musivi, in seguito ricoperti (Degrassi 1923,
332333; Tamaro 1928, 412413).
Punta Corbato protetta a norma di legge dal 1961, dopo che i sondaggi efettuati nel 19581960 da V. ribar
avevano rivelato che i reperti archeologici erano sparsi su unarea di cinque ettari compresa tra Punta Corbato
e Punta Can, fatto che lo aveva indotto a credere che il sito avesse le caratteristiche di un insediamento agglo-
merato (ribar 19581959, 276). In quello stesso periodo I. Mikl ed E. Boltin eseguirono un saggio nel luogo
(settore 1) messo in luce per la prima volta dal Degrassi e dalla Tamaro (Degrassi 1923, 332333; Tamaro 1928,
412413; Boltin, Mikl 19581959; Boltin, Mikl 1959).
Nel 1967 e nel 1968 furono compiute le prime ricognizioni subacquee nella baia di San Simone (Boltin-Tome
1991, 54) e nel 1970 anche le prime indagini geofsiche su Punta Corbato (Lapajne, Kelhar 1970). Tutti gli inter-
venti citati, condotti dal Museo Nazionale della Slovenia di Lubiana (Ljubljana) e dal Museo del Mare Sergej
Maeradi Pirano (Pomorski muzej Sergej MaeraPiran), risalgono allepoca in cui ebbero inizio i lavori di costru-
zione del complesso alberghiero Haliaetum (ribar 1968) e di ricostruzione del porto (Boltin-Tome 1968b; Boltin-
Tome 1970b). Agli inizi degli anni 80 fu invece eretto un muro a protezione delle evidenze archeologico sul
promontorio di Punta Corbato (Kramari 1981). Nel 1982 il Museo del Mare di Pirano efettu un limitato saggio
di scavo nellarea presso larea di accesso al porto (Boltin-Tome 1983, 223).
Proprio a causa delle previste costruzioni per un complesso turistico nei pressi dei resti gi noti della villa, nel
1986 si diede inizio a scavi demergenza sotto la direzione dellallora Istituto intercomunale per la tutela dei
beni naturali e culturali di Pirano (Medobinski zavod za varstvo naravne in kulturne dediine Piran) (M. Stokin)
in collaborazione con il Dipartimento di Studi Classici (P. G. Gierow, G. Labud) dellUniversit di Lund (Svezia),
cui si afanc negli anni 1988 e 1989 anche il Dipartimento di Archeologia della Facolt di Lettere e Filosofa
dellUniversit di Lubiana (Univerza v Ljubljani, Filozofska fakulteta, Oddelek za arheologijo). Le indagini, che
continuarono anche negli anni successivi, contribuirono in maniera signifcativa allacquisizione di nuove in-
formazioni sullarea ed alla sua tutela (Stokin 1987b; Stokin 1987c; Stokin 1988a; Labud 1989b; Labud 1990),
favorendo inoltre il riconoscimento del sito archeologico di San Simone quale monumento culturale di impor-
tanza nazionale, tramite dichiarazione ufciale nel 1999. Parallelamente alle ricerche succitate, furono eseguite
numerose ricognizioni subacquee (Boltin-Tome 1991) e nuove misurazioni geofsiche, condotte nel 1987 da A.
Waters (Waters 1989). Ulteriori indagini geofsiche furono efettuate nel 1994 (TecnoFutureService 1994), nel
2006 (Mui 2006) ed anche negli anni 2008 e 2009 nellambito del nuovo programma di ricerca dellIstituto
per il Patrimonio del Mediterraneo (Intitut za dediino Sredozemlja) UP ZRS e dellIstituto Archeologico Au-
striaco di Vienna (Groh et al. 2009); il merito per la ripresa delle attivit nel sito va in particolare a M. Gutin, Capo
dellIstituto per il Patrimonio del Mediterraneo, il quale ha anche sostenuto la realizzazione di questa pubblica-
zione, impegnandosi inoltre per la rivitalizzazione e la creazione del parco archeologico di San Simone, insieme
a I. Lazar e in collaborazione con il Comune di Isola (Obina Izola).
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Tutte queste ricerche ci hanno permesso di indagare in maniera approfondita lestensione delle strutture por-
tuali, parzialmente coperte dallodierno stabilimento balneare costruito nel 1968; per quanto concerne invece
ledifcio della villa, le informazioni di cui attualmente disponiamo sono soltanto parziali. Conosciamo due ampi
gruppi di strutture: uno nella zona centrale di Punta Corbato ed un altro nella sua parte sudoccidentale ed inoltre
alcune aree minori, indagate nellambito di pi modeste campagne di scavo. In ogni caso, si pu afermare che il
complesso della villa nella baia di San Simone si estendeva su tutta larea di Punta Corbato sino al promontorio
di Can ad ovest, l dove oggi il mare ricopre una notevole superfcie lastricata, mentre ad est il confne del com-
plesso era probabilmente segnato dal torrente Ricorvo (Rikorvo).
Topografa antica dellIstria
nordoccidentale
La baia di San Simone fa parte del Golfo di Trieste ed situata tra i fumi Risano (Riana) e Dragogna (Dragonja),
conosciuti nellantichit con i nomi di Formio (denominato in documenti pi tardi anche Rusano) e Argaone.
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Il
territorio di questa parte dellIstria formato da una sequenza longitudinale di basse selle creste e da valli
colline con fertili depositi alluvionali. La costa piuttosto frastagliata, caratterizzata da dolci declivi verso il mare,
con quelle che un tempo erano le isole di Capodistria (Koper) e Isola e numerose baie naturali e penisole, come
Sermino (Sermin) e Pirano (Piran), era abitata gi in et preistorica (Stokin 1997; Svetlii 1997; Sakara Suevi,
Stokin 2007; Sakara Suevi 2008a; Sakara Suevi 2008b).
1. Carta dellAlto Adriatico con indicazione dei principali centri antichi tra Aquileia ed Emona.
Alla vigilia della romanizzazione larea in questione rientrava nel territorio degli Istri, il cui regno in base alle
fonti letterarie antiche (Liv. XLI.2.1; Strab. V.1.9, p. 215 C) era delimitato dai fumi Timavo ed Arsa (Raa). Gli Istri
entrarono nellorbita politica romana sullo scorcio del III secolo a.C., quando nel 221 a.C. i Romani mossero guerra
contro di loro allo scopo di reprimerne lattivit di pirateria. Vari confitti si registrarono poi tra gli anni 189 e 181
a.C. ed una seconda guerra istrica avvenne tra il 178 e il 177 a.C., in seguito alla quale i centri di Nesazio, Mutila e
Faveria, non arresisi, furono distrutti ed un presidio militare fu stabilmente stanziato in Istria. Le operazioni militari
di C. Sempronio Tuditano portarono nel 129 a.C. ad un consolidamento del possesso di quelle parti dellIstria che,
per lo meno in pratica, erano rimaste indipendenti. A cavallo tra la fne del II e linizio del I secolo a.C. i Carni, forse
autorizzati dai Romani che intendevano verosimilmente confnare pi ad est i bellicosi Istri, penetrarono da nord
verso Tergeste, che da Strabone (VII.5.2, p. 314 C) viene defnita kome karnik (Vedaldi Iasbez 1994, 27 ss.; Starac
1999, 7 ss.; ael Kos 2000; Bandelli, Chiab 2005).
1 Per una discussione delle fonti che nominano tali corsi dacqua ed eventuali identifcazioni alternative cfr. Vedaldi Iasbez 1994, 122, 127 ss., 155; Kriman
1997, 266 ss., 378 ss.
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LIstria entr a fare parte della provincia dellIllirico, che presso il Timavo o il Risano confnava con la Gallia Cisalpina,
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la quale fu annessa allItalia nel 42 a.C. ed il suo confne orientale venne a trovarsi presso il Formio Risano; con la
suddivisione del territorio dellItalia romana in undici regiones, avvenuta in epoca augustea, gran parte dellIstria
fu poi inglobata nella X regio, il cui confne orientale era defnito dallArsia Arsa a sud (Degrassi 1954; Degrassi
1962; Vedaldi Iasbez 1994, 43 ss.; Starac 1999, 57 ss.) e dai territori di Emona Lubiana a nord (ael Kos 2002a;
ael Kos 2002b). Tale assetto rimase sostanzialmente immutato fno alla riforma dioclezianea dellordinamento
provinciale romano (297 d.C.), con la quale lItalia fu divisa in province, prima in numero di dodici, poi nel IV secolo
diciassette, raggruppate in diocesi; il territorio dellantica Xregio, con piccole variazioni di confni, fu cos attribuito
alla provincia Venetia et Histria che faceva parte dellItalia annonaria (Vedaldi Iasbez 1994, 41; Iveti 2006, 105 ss.).
2. Carta dellIstria nordoccidentale con indicazione dei siti archeologici menzionati nel volume.
Larea che qui maggiormente ci interessa rientra nella sfera di infuenza della colonia di Tergeste, il cui ager giungeva
dapprima fno al Formio Risano, poi fno al fume Ningum Quieto (Mirna) (Vedaldi Iasbez 1994, 421 ss.; Starac
1999, 108 ss.). I prossimi centri pi importanti erano costituiti da Parentium Parenzo (Pore) e Pola Pola (Pula),
che alla citt di Tergeste erano collegate attraverso la via Flavia, via publica risistemata per opera di Vespasiano
sulla base di un percorso preesistente, con un tracciato che attraversava il retroterra dellIstria nordoccidentale
(ael 1975, 81; Truhlar 1975, 100; Bosio 1991, 220 ss.; Novak, Trenz 2003; Gramaticopolo 2004; upani 2005,
231 ss.). Questa strada era afancata da una strada litoranea che toccava i siti principali della costa e a questa
era verosimilmente collegata tramite alcuni raccordi trasversali.
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A quanto pare il tratto di strada litoranea che
collegava i porti di San Simone e Villisano (Vilian) rimase in uso anche nei secoli successivi, conservando nella
tradizione popolare il nome di strada romana. Da San Simone la strada si dirigeva verosimilmente verso il Monte
Malio (Maljski hrib) (Degrassi 1923, 340) per proseguire il suo tracciato lungo la costa occidentale istriana fno a
giungere a Parentium (Truhlar 1975, 100; Bosio 1991, 220 ss.).
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Un altro abitato di rilievo, situato nellarea in questione, era costituito da Agida o Aegida, menzionata da Plinio
(nat. III.19.129) fra gli oppida Histriae civium Romanorum insieme a Parentium e alla colonia Pola. Trattasi di un
2 Sul problema del confne nordorientale della Gallia Cisalpina si veda in particolare Rossi 1991; Zaccaria 1992, 152; Vedaldi Iasbez 1994, 30, 44; Starac
1999, 11 ss.; ael Kos 2000.
3 Sono state formulate diverse ipotesi circa il tracciato delle vie che componevano la rete viaria della zona, cfr. soprattutto Poglajen 2007, appendice
1416, 2331; Poglajen 2008a.
4 Resti di questa strada di et augustea sono stati di recente rinvenuti negli scavi efettuati dallIstituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia
Unit territoriale di Pirano, nellambito del complesso alberghiero Metropol a Lucia (Lucija) presso Portorose (Portoro), dove sono state anche scoperte
evidenze pertinenti a una necropoli e a una villa (Stokin, Lazar 2009, 160).
municipium o pi probabilmente di un vicus, localizzato da taluni sullantica isola di Capodistria o ai piedi del
monte Sermino (Degrassi 1962, 787; Fraschetti 1975; Semi 1975, 11; ael 1976, 456; Cunja 1989, 22; upani
1989a, 15 ss.; Cunja 1992, 67; Horvat 1997b, 132; Starac 1999, 110; upani 2005; upani 2008).
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3. Capodistria, ex Convento dei Serviti, scavi realizzati nel 2011 dallIstituto per il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS, saggio 1, muro
con soglia lapidea e mosaico coperti da tomba medievale.
Alla luce degli scavi archeologici fnora efettuati, una localizzazione di Agida / Aegida a Capodistria appare
piuttosto improbabile, in quanto la presenza di strutture romane risulta accertata soltanto per larea intorno
allex Convento dei Serviti, a cui possiamo riferire rinvenimenti occasionali di vecchia data (Parentin 19751977,
169; Semi 1975, 12; upani 1989a), nonch i risultati di recenti scavi efettuati dallIstituto per il Patrimonio del
Mediterraneo UP ZRS (fg. 3): le pavimentazioni musive e le strutture qui rinvenute (fra cui anche resti di colonne
realizzate con elementi fttili a quarto di cerchio), sembrano piuttosto appartenere a una villa marittima della
prima epoca imperiale, sistemata sul versante sudoccidentale dellantica isola, provvista di un proprio porto, di
cui parimenti in passato sono stati rinvenuti i resti (Parentin 19751977, 167; upani 1989a). Ipotetica risulta
5 Suggestiva appare anche lipotesi di Franca Maselli Scotti, relativa ad una possibile localizzazione del centro a Elleri, cfr. Maselli Scotti 1990, 628 ss.
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lesistenza di un secondo simile complesso, ubicato invece sul versante nordorientale, nei pressi del palazzo de
Belli (Semi 1975, 11; upani 1989a), per il quale allo stesso modo si potrebbe presupporre il collegamento con
strutture di approdo antiche, intraviste verso la fne dellOttocento (Hilber 1889, 292). Per il resto, reperti di epoca
altoimperiale ma anche tardorepubblicana, indice comunque di una precoce frequentazione dellisola, o ci
sono noti attraverso rinvenimenti occasionali senza indicazioni sul loro contesto archeologico (Billanovich 1971;
Parentin 197577; Semi 1975, 11 ss.; upani 1989a; upani 2008) oppure provengono da scavi archeologici
in cui il materiale risulta avere carattere residuale, in quanto associato ad apprestamenti di epoca tardoantica
o altomedievale (upani 1982b; Gutin 1989; Kajfe, Stokin 1990; Stokin 1995; Cunja 1996; Snoj 1996; Stokin
2006a; Stokin 2006b; Stokin, itko 2006; Lazar 2009; Zanier 2011), periodo al quale possiamo verosimilmente
riferire lo sviluppo dellagglomerato urbano e forse anche la migrazione e un primo reimpiego almeno di una
parte del cospicuo materiale lapideo iscritto, riutilizzato in vari edifci capodistriani.
4. Aerofotogramma dellarea di Sermino con indicazione degli interventi archeologici realizzati fno allanno 2005.
Diversa appare invece la situazione di Sermino, che si trova alla foce del fume Risano ed rivolto verso il golfo
di Capodistria, il pi ampio lungo la costa nordoccidentale dellIstria. Importante centro preistorico, il sito
presenta resti signifcativi di un abitato romano (Degrassi 1962, 787; Snoj 1992, 91; Horvat 1997a; Sakara Suevi
2008a, 440; Sakara Suevi 2008b), purtroppo ampiamente compromesso dalla recente costruzione di varie
infrastrutture e dunque tuttora soltanto ipoteticamente identifcabile con il centro di Agida / Aegida. Durante le
prospezioni subacquee efettuate presso le foci del Risano sono stati rinvenuti muri di edifci romani e copiosi
frammenti di anfore, a testimonianza del fatto che labitato stato nel tempo parzialmente sommerso, mentre la
posizione del porto di Sermino nella preistoria, nellera antica e nel basso medioevo non ancora nota (Stokin et
al. 2008, 6768). Nel corso dei pi recenti scavi demergenza efettuati nellarea di Sermino, in particolare lungo
le sponde del Risano (Stokin 2006c, 1112), in localit Bivio (Kriie) e Valmarin (kolarice) (Novak, Trenz 2003,
258259), sono state ritrovate evidenze che potremmo riferire al suburbio del centro romano afacciato sul
mare, sul percorso fuviale del Risano e sulla via Flavia. Resti della via publica, nella fattispecie dellincrocio della
stessa con una strada secondaria diretta da una parte verso il monte di Sermino e dallaltra verso il complesso
di Valmarin, sono stati rinvenuti in localit Bivio, dove alla via si afancava una necropoli (Novak, Trenz 2003,
258259). Presso la localit di Valmarin, stato rinvenuto un edifcio romano con impianto produttivo e settore
termale, che potremmo identifcare con una villa (Novak, Trenz 2003, 258259; Trenz 2004; erjal 2005; erjal
2008), forse anche con funzione di mansio, in considerazione in particolare della posizione e delle dimensioni del
complesso.
Unaltra villa stata indagata sul versante occidentale del monte Sermino, sopra la sponda del Risano (Stokin
2006c, 11), nei cui pressi sono stati di recente messi in luce tratti della viabilit locale di collegamento di questarea
densamente abitata (Plestenjak 2011, 40). Un altro complesso residenziale stato parzialmente indagato tra
2010 e 2011 nei pressi della stazione ferroviaria presso Sermino. Nel circondario di Sermino si collocano anche
i siti di altre ville limitatamente indagate, ad esempio a Colombano (Kolomban) (upani 1982a) e Villa Decani
(Dekani) (Kajfe 1999). I vari siti risultano collegati alla via di navigazione fuviale lungo la quale, sino al Seicento,
erano ancora in uso quantomeno gli approdi ed altri impianti simili, ad esempio il Carigador presso la chiesa della
Madonna della Ruota (Alberi 1997, 405).
5. Carta aerofotogrammetrica di Pirano con indicazione dei siti preistorici e romani.
La presenza di un altro insediamento agglomerato pu essere supposta per Pirano, in cui parimenti labitato
romano si pone in continuit con quello preistorico (Kandler 1870, 64 ss.; Stokin 1990, 181 ss.; Snoj, Novak 1992,
268 ss.; Stokin 2004, 21 ss.; Stokin, Karinja 2004, 45 ss.; Sakara Suevi 2008b, 444). Limportanza del sito vero-
similmente legata alla sua conformazione peninsulare, dominante sul mare, sfruttata per limpianto di un faro,
che sembra aver determinato anche il nome del centro.
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Le indagini archeologiche condotte nellantico nucleo
urbano (Piazza Vecchia), nelle immediate vicinanze del porto interno (oggi Piazza Tartini) e nellarea della chiesa
di San Giorgio, hanno riportato alla luce testimonianze di unintensa attivit edilizia che, a partire dalla preistoria
e poi in epoca romana tardorepubblicana (I secolo a.C.) e imperiale, determin unespansione dellabitato dalla
punta del promontorio conico (Punta Madonna) oggi dominato dalla chiesa di San Giorgio sino allantico man-
dracchio, dove poteva essere situato il porto romano (Stokin 2004, 33); nei primi anni dellImpero linsediamento
acquis forse lo status di vicus.
6 Piranon sembra, infatti, derivare dal greco pyr fuoco: per lo sviluppo dellinsediamento sarebbe dunque stata determinante la vocazione marinara dei
coloni greci che, navigando lungo le coste, in et tardoellenistica approdarono in questangolo dellAdriatico, cfr. ael 1992, 685; Vedaldi Iasbez 1994,
374; Kriman 1997, 300).
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Larea qui in esame presenta comunque in generale ritrovamenti molto copiosi di epoca romana che nella mag-
gior parte dei casi possono essere messi in relazione con impianti di ville o con altre forme di insediamento rurali.
La migliore testimonianza della colonizzazione della regione da parte dei Romani costituita dai numerosi siti
archeologici sulla costa, come San Bartolomeo (Jernejev zaliv), Ancarano (Ankaran), Sermino, Capodistria, Isola
con Villisano e San Simone, Strugnano (Strunjan), Pirano, Fornace (Fornae), Fisine (Fizine) e Sezza (Sea), che at-
testano il ruolo predominante svolto allepoca dal trafco marittimo. Questi complessi proseguono ovviamente
la ftta rete di ville marittime e litoranee presenti in particolare a partire dallarea del Timavo, sulladiacente tratto
di costa italiano, come anche su tutta la costa occidentale dellIstria croata, per le quali si rimanda a recenti studi
(Degrassi 1955; Degrassi, Giovannini 2001; Lafon 2001, 443 ss., 454 ss.; Begovi, Schrunk 2003; Auriemma, Karinja
2008, passim; Tassaux 2010).
I siti della parte slovena dellIstria identifcati dal Lafon con delle ville marittime (Lafon 2001, 454 ss.), sono in
molti casi noti in maniera molto approssimativa e non forse necessario assimilarli tutti a singole ville, in quanto
ipotizzabile la presenza anche di unit minori, legate ad esempio a impianti produttivi e di servizio dislocati,
pertinenti a complessi di raccordo pi ampi. Per questo motivo ci sofermeremo in seguito soprattutto su alcuni
siti maggiormente indagati e che, come la villa di San Simone, presentano tutte le caratteristiche delle ville marit-
time, come evidenziate dagli studiosi (Lafon 2001; Begovi, Schrunk 2003; Marzano 2007). Riguardo a tutti questi
siti costieri appare comunque importante sottolineare che il livello del mare si alzato di ca. 1,50 m rispetto
allepoca romana (Antonioli et al. 2007; Antonioli et al. 2008); questo innalzamento ha portato alla sommersione
di strutture che in quel periodo erano situate sulla terraferma, mentre lerosione marina ha parzialmente distrutto
i resti archeologici pi prossimi alla costa.
Partendo dal confne italo-sloveno, appare doveroso sofermarsi sulla baia di San Bartolomeo, che ha
probabilmente preso il nome dalla chiesa omonima che un tempo si trovava nelle immediate vicinanze.
Segnalazioni di vecchia data menzionano ritrovamenti romani in tutta larea: frammenti di vasellame, tegole ed
embrici, tessere di mosaico bianche e nere e pesi ceramici per le reti da pesca (Benussi 19271928, 260; Boltin-
Tome 1979, 4748), tutte testimonianze di un possedimento romano non ancora identifcato. I modesti dati
riportati da Carlo Vasari fanno per pensare allesistenza di una villa ubicata sui versanti oggi in parte occupati
dalle strutture del campeggio (upani 1989b, 1819; upani 19891990; Auriemma et al. 2008, 135142;
Stokin et al. 2008, 7173).
6. Baia di San Bartolomeo, fotografa aerea, 2003.
7. Baia di San Bartolomeo, resti di approdi e bacini per lallevamento o la conservazione di pesce vivo (Molere di SantIlario) presso
la penisola del Carigador.
8. Baia di San Bartolomeo, peschiera provvista di struttura di approdo.
Resti architettonici di et romana saltuariamente o completamente sommersi sono stati rinvenuti sino ad ora in
pi punti, sia in territorio sloveno sia in quello italiano (Auriemma et al. 2008, 135142; Stokin et al. 2008, 7173).
Vestigia di un impianto di grandi dimensioni si trovano nella parte interna della baia presso la piccola penisola
artifciale del Carigador,
7
con le ampie strutture di approdo provviste di bacini per lallevamento o la conservazione
7 La piccola penisola in parola, con il caratteristico nome di Carigador, stata realizzata agli inizi dellet moderna nella parte pi interna della baia, forse
per servire da piazzale di carico per la vicina cava. I sedimenti situati pi in profondit nascondono sicuramente strutture architettoniche romane. Lo si
deduce dai resti di tre muri che in spessore misurano sino a 0,8 m: due sono stati documentati sulle rive est e nordest, laltro invece, lungo 18 m, nella
parte centrale della penisola (Knifc 1983, 1516; Stokin et al. 2008, 69).
SANSIMONE / SIMONOV ZALIV SANSIMONE / SIMONOV ZALIV
16
17
di pesce vivo (Molere di SantIlario) (fgg. 67),
8
mentre il pi vasto complesso, identifcato con una peschiera
provvista di struttura di approdo, si estende sul fondale marino lungo il limite occidentale della baia (fgg. 6, 8).
9
I
ruderi antichi in questione, costituenti linfrastruttura a mare di un possedimento romano non ancora identifcato,
sono anche presenti nel disegno topografco di A. Visconti del XVIII secolo (Stokin et al. 2008, 6869).
Proseguendo lungo la costa, possiamo citare i rinvenimenti di Ancarano
10
e i complessi gi menzionati nel su-
burbiodi Sermino, che ipoteticamente identifchiamo con il centro di Agida / Aegida. Segue larea di Capodistria,
per la quale abbiamo gi rilevato la presenza di per lo meno una, o forse pi ville sullantica isola. Altri impianti
dovevano per disporsi anche lungo la costa, sulla terraferma: a Perariol stato di recente scavato un butto di
materiali ceramici, che va verosimilmente messo in relazione con una fornace situata nei paraggi (Hofman, Trenz
2006) e anche a Giusterna (usterna) sono in passato venuti alla luce reperti che lasciano presupporre lesistenza
di una villa romana (Boltin-Tome 1979, 52; Boltin-Tome 1989a, 6).
Strutture di attracco sono ancora visibili presso la costa di Villisano, di fronte alle quali sono stati indagati sulla
terraferma alcuni ambienti di un edifcio romano (Degrassi 1955; Boltin-Tome 1991a; Fontana 1993, 190191; Ka-
rinja 1997; Stokin et al. 2008, 67). Presso lex fabbrica Ruda, nelle immediate vicinanze, sono stati rinvenuti i resti
di unaltra fornace, purtroppo non indagata archeologicamente (ribar 1967, 271274). Anche in questo caso si
pu dunque ipotizzare la presenza di unampia villa marittima provvista di impianto produttivo e porto.
Ad Isola i ritrovamenti romani sono attestati anche nellarea dellantica isola (ANSl 1975, 144; Frelih 1994; Karinja
2006),
11
in particolare nellarea del palazzo Manzioli (Frelih 1994), dove era forse situata una villa marittima, nonch
in localit Cervignano, in cui era verosimilmente localizzata unaltra villa romana, come si pu dedurre anche dal
toponimo prediale allorigine del nome della localit; qui sono stati ritrovati tegole, elementi fttili per colonne,
frammenti di anfore, tessere di mosaico bianche e nere ed un piccolo capitello (Degrassi 1926, 156; ANSl 1975, 144).
Passando oltre i resti poco indagati di Strugnano, dove possiamo senza dubbio collocare unulteriore villa,
12
si in-
contra lagglomerato di Pirano a cui abbiamo gi accennato in precedenza, e poi larea di Fornace in cui sono stati
8 Sul fondale marino, ad ovest della penisoletta, si sono conservate due imponenti strutture. Entrambe comprendono rampe daccesso di scaglie lapidee,
con cortine esterne composte da due flari di grossi blocchi di arenaria (sino a 2,8 x 1,2 m). La struttura dapprodo occidentale costituita da uno stretto
molo con un muro orientale diritto, lungo 69,5 m, una testata quadrata larga 16,8 m verso il mare ed un tratto della cortina ovest che ha andamento
curvilineo. Particolare la sistemazione della testata dellapprodo con un bacino interno che misura m 10,6 x 10,5 e che con tutta probabilit era aperto
sul lato est, dove il muro esterno mal conservato. La seconda molera costruita in maniera simile, ma ha allineamento, dimensioni e forma diferenti. I
resti della struttura, situata pi a nordest e chiusa su tutti i lati ad eccezione di quello verso riva, comprendono un muro occidentale di 18,1 m, un muro di
chiusura della parte terminale (largo 5,6 m) sul lato mare con un muro di raccordo angolare a collegamento di una struttura orientale lunga 13,3 m e una
cortina ad est lunga 10,1 m. Considerato lorientamento delle strutture, la loro tecnica costruttiva ed il loro livello rispetto al fondale marino circostante,
si pu dedurre che si tratta di un porto con strutture dapprodo e due bacini per la conservazione di pesce vivo, pertinenti ad un complesso insediativo
sulla penisola e costituenti linfrastruttura a mare di un possedimento romano non ancora identifcato (Stokin et al. 2008, 71).
9 Laltro grande complesso di evidenze architettoniche antiche sommerse, situato al limite occidentale della baia, non lontano da Punta Grossa,
comprende unimponente struttura edilizia con due piscine, una diga ed un molo. I resti di questa costruzione sono lunghi 135 m e larghi dai 50 agli
80 m. Aveva una pianta originariamente quadrata, tuttavia, a causa dellerosione marina, gli argini, un tempo pi stretti, hanno acquisito una forma pi
allungata. Lungo tutto il perimetro ed anche sulla gettata, che divide la struttura in due bacini chiusi, sono visibili i grossi blocchi darenaria lunghi pi
di 3 e spessi 0,4 m, che un tempo formavano la parte superiore della struttura stessa. Questa, nella parte est, confna con un molo costituito da un muro
a sacco con doppia cortina di blocchi di pietra e riempimento interno. Questo molo si conclude con una terminazione a semicerchio lunga 30 m, ai lati
della quale giacciono numerosi blocchi crollati dallalto. La forma del molo asseconda quella dellargine in pietra immediatamente vicino alla riva, l dove
oggi ubicato lapprodo semicircolare. Sulla base della tecnica costruttiva e delle analogie, tutto questo impianto pu essere interpretato come una
peschiera con una struttura di approdo, in cui i due bacini servivano per la conservazione o lallevamento del pesce (piscina vivaria). Il sito stato scelto
per lerezione della struttura in considerazione della sufciente profondit del mare e della posizione al limite esterno della baia che, assieme alle aperture
presenti nella struttura stessa, assicuravano la naturale circolazione dellacqua nelle piscine. La tecnica di costruzione e la sistemazione dei due bacini
coincidono con quelle dellimpianto presente a Fisine presso Portorose, che aveva probabilmente la stessa destinazione duso (Stokin et al. 2008, 7173).
Lungo la costa istriana sono noti diversi siti analoghi, ad es. nella penisola di Kupanja, non lontano da Loron (Tassaux, Matijai, Kovai 2001, 90, fgg. 36,
37), ma anche lungo quella dalmata, dove in genere erano pertinenti a ville o a grandi centri economici (Vrsalovi 1979, 465, 466; Matijai 1998, 262268).
10 Reperti e strutture romane sono venuti alla luce in pi punti: un ampio complesso stato individuato in localit Valdoltra (Puschi 1914, 159 ss.; Benussi
19271928, 260; Scrinari 1951, 131; upani 19891990; Fontana 1993, 189190).
11 A Isola sono state rinvenute anche numerose iscrizioni romane (CIL V, 482 = II X.3, 36; CIL V, 497 = II X.3, 37; CIL V, 483 = II X.3, 38; Museo Regionale di
Capodistria, inv. n. 4116), probabilmente portate in citt dal circondario.
12 Infatti, presso San Basso, accanto al vecchio molo sulla spiaggia di Strugnano, sono stati rinvenuti evidenti resti di un edifcio di et romana. In un
documento darchivio conservato presso il Museo Archeologico di Pola viene specifcato il ritrovamento di masse di pietra lavorata e levigata, resti di
muro romano, vasche a doppio scolo di cotto, un canale sotterraneo, campi seminati di pietruzze di mosaico romano, camerino a muratura romana e a
triplice intonaco bianco, rosso e verde, resti dispersi di opere edilizie (Mikeln et al. 1983). A Strugnano stato rinvenuto anche materiale architettonico
romano, reimpiegato per in un frantoio (Boltin-Tome 1990, 249256).
rinvenuti a pi riprese strutture e reperti romani che possono essere collegati ad una villa con annessa fullonica,
dato il copioso ritrovamento di gusci di molluschi (Benussi 19271928, 258; Stokin 1992, 80).
13
9. Fisine, peschiera romana.
Segue poi il sito archeologico di Fisine (Gaspari 2005; Gaspari et al. 2006), che si trova ad ovest di quelli che un
tempo erano i magazzini del sale sulla riva nord del golfo di Portorose. Non lontano, nel corso degli scavi demer-
genza che nel 1998 sono stati realizzati dallIstituto intercomunale per la tutela dei beni naturali e culturali di Pira-
no, sono stati rinvenuti resti di strutture architettoniche romane, mentre ruderi e strati ricchi di reperti sono stati
segnalati sui pendii sovrastanti il sito subacqueo (fg. 9). Resti di strutture architettoniche romane giacevano sulla
met orientale dellampio argine in pietra di forma rettangolare che fu realizzato come prolungamento della
costa. I muri della parte orientale della riva racchiudevano due bacini quadrati. Il lato meridionale documentato
della struttura, ovvero larea manipolativa a nord del bacino occidentale, era indubbiamente sulla terraferma ed
il molo, ai tempi in cui era in uso, si ergeva con tutta probabilit ad un buon metro sopra il livello medio del mare.
Ne consegue che certamente limpianto fungeva da porto, sebbene al molo si potessero ormeggiare soltanto im-
barcazioni con pescaggio ridotto. Navi da carico di maggior portata, con pi di un metro di pescaggio, potevano
attraccare solo con lalta marea, oppure dovevano ancorarsi in acque pi profonde di fronte alla struttura dap-
prodo. I bacini probabilmente erano utilizzati come peschiere per lallevamento o la conservazione dei pesci. La
struttura di Fisine pu essere datata grazie alle anfore Dressel 6B rinvenute tra il materiale di deposito nel bacino
orientale; i frammenti di orli appartengono esclusivamente alle forme allungate e convesse del periodo antece-
dente il governo di Domiziano (Tassaux, Matijai, Kovai 2001, 113115, fgg. 32, 33). Tra i resti fttili rinvenuti
nellarea ci sono frammenti di anfore nonch vasellame da cucina e da mensa, tutti databili tra il I secolo a.C. ed
il V secolo d.C., con una netta predominanza di materiale del periodo tardoantico (Karinja 2002, 268). Sono stati
rinvenuti anche diversi pesi ceramici per le reti da pesca ed una lucerna tardoantica di provenienza africana. I
ritrovamenti archeologici a Fisine attestano lesistenza di un insediamento portuale, delineando unoccupazione
del sito pi o meno continuata almeno tra la met del I secolo a.C. e la seconda met o la fne del VI secolo d.C.
(Stokin et al. 2008, 5763).
13 Allo stesso complesso possiamo forse anche riferire i ritrovamenti di materiali romani nella vicina area del promontorio di San Bernardino (Bernardin)
(Benussi 19271928, 258; Boltin-Tome 1977, 119122; Fontana 1993, 194).
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I resti architettonici delle strutture e dellarea di smistamento sulla costa, nonch le peschiere nei pressi dellim-
pianto dapprodo al limite occidentale della baia, si trovavano allimbocco di una vallata che oggi notevol-
mente cambiata in seguito alla costruzione dei magazzini del sale ed alle recenti opere di consolidamento delle
rive. Nellantichit lestremit meridionale probabilmente terminava in una baia con acque poco profonde, molto
adatta ad un approdo vista la sua posizione riparata. Larea piatta ai piedi della vallata era daltro canto idonea alla
nascita di un insediamento gravitante sulla struttura in parola. I muri, che furono distrutti durante la costruzione
del vecchio distributore di benzina, ed i ritrovamenti del 1998 provano che i resti architettonici sono sparsi in
tutte le direzioni, ma soprattutto verso il fronte della vallata a nord. Lo scarso perimetro degli scavi demergenza
nellarea della pompa ofre una modesta ma sufciente testimonianza del signifcato e della datazione dei resti
portati alla luce. La struttura pi antica rinvenuta nella parte indagata del sito un muro di sostegno non ben de-
fnito, costruito sui depositi costieri. Considerata la profondit nonch le relazioni stratigrafche con gli strati della
seconda met del I secolo a.C., possibile dedurre che risalga allo stesso periodo se non addirittura ad alcuni
decenni prima. Il materiale degli strati pi profondi indica che la fase pi antica a Fisine un po pi tarda rispetto
alla maggior parte delle evidenze del sito di Fornace (Stokin 1992, 187). Fisine ha vissuto un primo periodo di fo-
ritura alla fne del I secolo e nel II secolo d.C., come si evince sia dalle strutture murarie sia dalla presenza di vasel-
lame da tavola di elevata qualit, di brocche, nonch di vasellame da cucina e recipienti da trasporto provenienti
dallEgeo (Gaspari et al. 2007b). I resti architettonici comprendono una struttura a pianta rettangolare di ottima
fattura, con pareti divisorie in legno ed uno stretto ingresso che presumibilmente portava allinterno del com-
plesso. Considerati i ritrovamenti, si pu ragionevolmente supporre una sua destinazione ad attivit produttive.
Per questa fase e per quelle successive sono, infatti, caratteristici i chiodi fusi di bronzo utilizzati nella costruzione
delle navi, come pure gli ami ed i pesi ceramici per le reti da pesca; il rinvenimento di elementi di rivestimento
pavimentale e di frammenti di intonaco indicano la presenza di edifci residenziali, che vanno probabilmente
individuati sul versante sopra la baia (Stokin et al. 2008, 63).
Come si deduce dalle numerose monete e dai prodotti provenienti dallAfrica, il sito di Fisine ha vissuto il periodo
di massima foritura tra la prima met del IV e la prima met del V secolo (Gaspari et al. 2007b). Questa fase rap-
presentata da una struttura di notevoli dimensioni, circondata da muri massicci e costruita sulle fondamenta di
unarchitettura pi antica. I numerosi frammenti di monete, di vasellame da cucina e in terra sigillata, di recipienti
da trasporto ben corrispondono al quadro cronologico proposto. Lo confermano anche i manufatti in vetro ed
una fbula a balestra tipo Certosa frammentaria. Alcuni ritrovamenti potrebbero addirittura indicare che labitato
esisteva ancora nella seconda met del VI secolo. In quel periodo, o poco pi tardi, nellarea circostante la baia fu
edifcata una chiesa, il che ben si accorda con le caratteristiche dello sviluppo topografco del territorio istriano in
cui, sui ruderi delle ville costiere romane abbandonate, sorsero spesso edifci sacri, come ad esempio nella baia
di San Bartolomeo presso Ancarano, a Sermino, a Santo Stefano e nella baia di San Simone (Gaspari et al. 2007b).
Lanciando un rapido sguardo proprio agli sviluppi topografci che coinvolgono il territorio nel periodo tardoim-
periale, larea in questione dimostra di subire grandi cambiamenti, dettati dalla riconversione produttiva, nonch
da un rinnovamento pi generale dei modelli insediativi. Gi sul fnire del periodo della Pax Romana, a partire
dalla met del II e nel III secolo d.C., sembra, infatti, avere inizio anche nelle nostre aree un periodo di stagnazione
del sistema insediativo basato sulle ville, di cui si abbandonano soprattutto i settori di rappresentanza (Verzr
Bass 1986, 654655; Matijai 1997, 206; De Franceschini 1998, 801; Begovi, Schrunk 2003, 105), mentre nel
periodo tardoantico vari impianti sembrano essere stati parzialmente reinsediati, sebbene con un proflo pi
marcatamente produttivo e rurale (Verzr Bass 1986, 677; Matijai 1997, 211; De Franceschini 1998, 789790;
Busana 2002, 16; Begovi, Schrunk 2003, 105).
Verso la fne del IV e nella prima met del V secolo furono abbandonate anche le ville costiere e marittime gi
menzionate, ad esempio quelle di Sermino, Valmarin e San Simone, che si trovavano vicino al mare o lungo il
fume Risano (Formio). Ma i ritrovamenti nei piccoli porti non protetti, come Salvore e Fisine, mostrano una fre-
quentazione ancora pi prolungata, con una foritura sino al tardo IV e V secolo e oltre fno al VI secolo, sebbene
i reperti databili alla fne del V ed alla prima met del VI secolo siano nel complesso piuttosto rari (Gaspari et al.
2007b).
In epoca tardoantica cresce al contempo limportanza strategica della regione costiero-carsica che si rifette in
un forte impulso dellattivit fortifcatoria attraverso lapparato di sbarramento noto come Claustra Alpium Iulia-
rum. La fortezza di Ad Pirum risulta gi abbandonata alla fne del IV secolo, mentre le fortifcazioni strategiche del
sistema difensivo dei Claustra a sud e ad est conservarono il loro ruolo almeno sino ai primi decenni, se non fno
alla fne del V secolo (ael, Petru 1971; Ulbert 1981). Alla fne del IV secolo mostrarono i primi segni di decadenza
anche gli insediamenti daltura a carattere militare ed i piccoli presidi sulle vie di trafco nellarea del Carso e nella
valle del Vipacco (Cigleneki 1987, 7071; Bigliardi 2004, 350355).
14
Il periodo in cui i Claustra erano ancora operativi coincide con lultimo forire dei vicini centri dellinterno, fra i
quali Emona era uno dei pi importanti. Le citt dove erano accampate grosse unit militari (foederati), come ad
esempio Poetovio, vissero lultimo breve momento di foritura proprio nel IV e allinizio del V secolo. Ad Emona,
Celeia e Poetovio sono stati rinvenuti estesi strati ricchi di reperti databili alla prima met del V secolo; dopo le in-
cursioni degli Unni nella met del V secolo, le citt erano sostanzialmente in rovina e abbandonate da gran parte
della popolazione (Kos 1902, 17; Klemenc 1955, 353; Slabe 1975, 8486; Plesniar, Sivec 1978, 61; Brato 1984,
6468; Plesniar Gec 1997, 366368; Cigleneki 2001, 180; Plesniar Gec 2006, 5455, 6162).
A Capodistria e Pirano troviamo invece evidenze archeologiche molto ricche risalenti alla fne del V e al VI secolo,
il che conferma la migrazione, storicamente attestata, della popolazione verso lIstria costiera. Causa i crescenti
pericoli ed un potere statale e militare sempre pi debole, anche abitanti delle zone rurali del circondario si
trasferirono verosimilmente nelle citt della costa istriana, che come quella lagunare friulana e veneta, costitu
rifugio per le genti in fuga.
Va per tenuto presente che gli inizi dellurbanizzazione dellisola di Capodistria e della penisola piranese nelle
pi antiche fasi archeologiche si diferenziano in maniera sostanziale. Come gi stato precedentemente rileva-
to, per Pirano la continuit dello stanziamento evidente a partire dallet del bronzo (Stokin 1988b, 181), come
appare confermato dai ritrovamenti efettuati a Punta Madonna. Nel tardo periodo repubblicano e nel primo
periodo imperiale linsediamento si espanse sino a quello che un tempo era il mandracchio interno, lattuale
Piazza Tartini (fg. 5) (Stokin 2004, 31; Snoj 2004a, 31). Evidenti cambiamenti nel modello insediativo si hanno
nel V secolo, quando larea urbana nuovamente limitata alla Punta ovvero alla Piazza Vecchia, dove sono state
rinvenute le mura assieme a numerosi reperti ceramici (Stokin 2004, 34). Questo periodo che va dal V al VII secolo,
ha inciso profondamente sulla futura organizzazione urbana della Piazza Vecchia, il che pone i confni della citt
entro lo stretto promontorio, collegato con il luogo in cui sorge lodierna chiesa di San Giorgio (Snoj 2004b, 29).
Ledifcio sacro occupava quel sito almeno dallXI secolo (Sagadin 1977, nn. 1820), dando continuit alla desti-
nazione sacrale dellarea, afermatasi gi in precedenza. Labitato di Pirano, densamente popolato, si era dunque
sensibilmente ridotto e si era cinto di mura (Stokin 2004).
Lisola di Capodistria si caratterizza invece per un diverso modello insediativo: le ricerche archeologiche compiute
in diversi siti hanno posto in luce per lepoca romana una tipologia abitativa estremamente sparsa che, come
abbiamo gi evidenziato, possiamo mettere in relazione con lesistenza di una o pi ville, difcilmente invece con
la presenza di un insediamento organizzato. Il periodo tardoantico si caratterizza invece per una colonizzazione
estensiva in tutta larea dellisola, la quale appare ancora pi intensa nel periodo altomedievale. Numerosi resti di
architetture di questo periodo, realizzate in buona parte con materiali deperibili e regolarmente accompagnate
da una grande quantit di reperti, sono state scoperte nelle aree pi disparate, come Bossadraga (fg. 10: 43),
14 In epoca tardoantica comparvero anche nuovi presidi militari ed altri piccoli rifugi sulle alture. Alla met del V secolo il loro numero prese a crescere
rapidamente. Le fortifcazioni sui rilievi della fne del V e del VI secolo si trasformarono gradatamente in insediamenti a carattere permanente con
chiese e centri amministrativi, diventando luogo di rifugio per la popolazione che non si era trasferita in Italia o in Istria. Le fortifcazioni sui rilievi erano
centri di potere locale, indipendenti dallo stato, o civitates. Sopravvissute alla caduta dellImpero mantennero unamministrazione locale parzialmente
funzionante ben oltre la met del VI secolo. Ne sono una conferma i resti di chiese ed edifci annessi, ma anche reperti minori (ad esempio gli stili) ed una
pressoch costante presenza di vasellame mediterraneo importato di buona qualit. Si tratta di anfore vinarie tipo spatheion, anfore olearie di pi ampie
dimensioni e rari esemplari di terra sigillata africana tarda, che si possono forse interpretare come vasellame per uso liturgico, importati singolarmente.
Queste fortifcazioni daltura erano centri amministrativi e probabilmente anche sedi di un potere militare di basso livello; si presume che avessero
unimportanza locale, infatti, assicuravano una protezione basilare alla popolazione stanziata nelle fertili pianure circostanti (Cigleneki 1987; Cigleneki
2001; Vidrih-Perko, upani 2003; Bigliardi 2004, 360 ss.).
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Orto dei Cappuccini (fg. 10: 48), Santa Chiara (fg. 10: 34), vari siti in via Garibaldi (fg. 10: 4, 5, 6), via Marui (fg.
10: 52), via Kumar (fg. 10: 44), Ordinariato vescovile (fg. 10: 24), via Basovizza (fg. 10: 1), via Krelj (fg. 10: 44) e
via della Giovent (fg. 10: 9) (upani 1982b; Gutin 1989; Kajfe, Stokin 1990; Stokin 1995; Cunja 1996; Snoj
1996; Stokin 2006a; Stokin 2006b; Stokin, itko 2006; Lazar 2009; Sakara Suevi 2010; Zanier 2011), e potremmo
dunque dedurre che linsediamento si era allora esteso su buona parte del perimetro dellisola.
10. Carta di Capodistria con indicazione degli interventi archeologici realizzati fno al 2008.
Numerosi rinvenimenti a Capodistria e Pirano testimoniano del ricco commercio con i grandi centri di produzio-
ne altomedievali situati in particolare nellAfrica settentrionale e in Oriente (Snoj, Novak 1992; Vidrih-Perko 1995;
Prttel 1996, 234 ss.; Cunja 1996; Snoj 1996; Vidrih-Perko, upani 2003). Recentemente sono state scoperte
ceramiche tardoantiche dimportazione anche in alcuni siti nellimmediato entroterra delle citt istriane, ad es.
Gason (Gaon), Carcase ovvero Carcauzze (Krkave), Paugnano (Pomjan) e nella valle del Risano. Tra essi troviamo
delle forme che sono ben note da Capodistria e dalla chiesa di San Giorgio a Pirano. Se consideriamo lintera fa-
scia insediativa costiera, possiamo interpretare i materiali tardoantichi (in prevalenza recipienti da trasporto) alla
luce dellesistenza di una cintura difensiva nei pressi delle citt costiere e dei punti strategicamente importanti
nelle vicinanze. La difesa era indubbiamente ben organizzata e le unit dellesercito erano regolarmente rifornite
in virt della tassazione per scopi militari (annona) (Vidrih-Perko, upani 2003).
In posizione marginale rispetto alle principali vie di trafco che collegavano lItalia con lOriente, lIstria continu
a prosperare sul piano economico, anche dopo il crollo dellImpero romano dOccidente. A quanto sembra, la
penisola, a quel tempo compresa nel regno di Teodorico, fu risparmiata dalle incursioni degli Unni (Kos 1902, 17),
come risulta evidente anche dalle lettere di Cassiodoro, che ci illustrano una situazione di benessere. I prodotti
agricoli istriani grano, olio, vino erano ancora molto importanti per leconomia italiana, sebbene le lodi di
Cassiodoro siano forse da considerarsi esagerate (Cassiod. var. XII.2224, 26).
La campagna di Giustiniano in Adriatico e loccupazione di Ravenna ostrogota si conclusero con la sua vittoriosa
marcia lungo la Dalmazia, in Istria e sulla costa veneta. I bizantini assunsero il potere a met del VI secolo (Kos
1902, 19). Dopo questi avvenimenti i Longobardi calarono in Italia, oltrepassando il limes senza incontrare una
resistenza armata. La spartizione dellItalia tra possedimenti costieri bizantini e stato longobardo allinterno por-
t al raforzamento dellorganizzazione militare ed alla costituzione dellEsarcato di Ravenna. Fu quello linizio del
periodo di militarizzazione del potere bizantino e di consolidamento delle difese nelle terre di confne (Gasparri
2001; Cigleneki 2001; Iveti 2006, 159; tih, Simoniti, Vodopivec 2009, 19).
LIstria divenne una provincia dellEsarcato di Ravenna sotto il comando di magistri militum, con sede verosimilmen-
te a Pola (Ferluga 1992; Margeti 1996, 120; Krahwinkler 2004, 3839; Novak 2005). Laccelerato processo di insedia-
mento delle popolazioni provenienti dallentroterra pannonico e norico determin un consolidamento dei vecchi
abitati urbani in Istria come pure la nascita di nuovi centri. Il trasferimento della sede vescovile attiv lo sviluppo di
nuove diocesi, come ad esempio quelle di Capodistria e Cittanova (Novigrad), denominata Emon(i)a, per la quale si
presuppone il trasferimento della sede vescovile da Emona (Brato 1994; Brato 2001; tih 2001; Krahwinkler 2004,
39; Cuscito 2008, 74; Darovec 2008, 5455; Cuscito 2009, 248; tih, Simoniti, Vodopivec 2009, 89).
Negli ultimi decenni del VI secolo e agli inizi del VII gli Slavi fanno le prime incursioni in Istria. Gregorio Magno
comunica allesarca Callinico (599 e 600): de Sclavorum gente quia per Histrae adytum iam ad Italiam intrare coe-
perunt. Alle prime incursioni seguono interventi militari dellesarcato e pi tardi un graduale processo di insedia-
mento degli Slavi nelle parti interne della penisola istriana tra il VII e lVIII secolo (Bratuli 1956; Iveti 2006, 159
ss.; Darovec 2008, 53). Dopo la caduta dellEsarcato di Ravenna (751) lIstria pass probabilmente sotto il dominio
longobardo. Dopo una nuova, breve parentesi bizantina, al pi tardi nel 791 diventa parte dello stato carolingio
(Margeti 1994; tih 2005; Iveti 2006, 168; Darovec 2008, 55 ss.).
Il complesso equilibrio di poteri, nonch il rapporto tra la vecchia popolazione costiera, di origine latina, ed i nuo-
vi arrivati slavi risultano ben descritti dal documento intitolato Placitus Risani dell804. Allassemblea in territorio
Caprense in loco cui dicitur Riziano parteciparono i missi dominici di Carlo Magno ed i rappresentanti del potere
ecclesiastico e statale delle citt istriane. Erano presenti anche il promotore dellincontro, il patriarca di Grado,
Fortunato (803826), ed il duca istriano Giovanni. I bizantini persero lIstria ancor prima della frma del trattato
di pace di Aquisgrana (812, 815), mantenendo per Venezia, il suo estuario e le citt costiere della Dalmazia
(Margeti 1993; Brato 1994; Brato 2001; Margeti 2000; Krahwinkler 2004; tih 2005).
A livello archeologico alcuni siti, meglio di altri, illustrano il complesso sviluppo storico che coinvolse larea in
seguito allo sgretolamento del potere romano, travolgendo i sistemi insediativi costituiti. Ad esempio a Prelocca
ovvero Pieve di Lonche (Predloka), nellentroterra di Capodistria, a una villa rustica del primo periodo imperiale
si sostituisce un insediamento agglomerato tardoantico. Nellarea dellinsediamento tardoantico sono state rin-
venute anche tombe paleoslave con un repertorio che appartiene alle culture di Ketlah, Belo Brdo e dalmata del
periodo compreso tra lVIII e lXI secolo (Boltin-Tome 2005).
I processi insediativi caratteristici di questo periodo sono ben illustrati anche dai risultati delle recenti indagini
condotte a Sermino. , infatti, possibile trovarvi le tracce di una villa romana e del successivo insediamento alto-
medievale. Accanto a una piccola chiesa, costruita con i ruderi della villa, sono state scoperte ed indagate 27 tom-
be ad inumazione (Stokin 2006c). Sfortunatamente, causa lassenza del corredo funerario, non stato possibile
datarle con precisione. Sono state rinvenute alcune borchie di cintura, che secondo esperti italiani risalgono al
periodo tra il VI e lXI secolo e una piccola focina. Lanalisi con il C14 (Oxford Radiocarbon Accelerator Unit, 2002)
ha stabilito che gli scheletri risalgono a un periodo compreso tra il VI e il IX secolo. Le analisi osteo-archeologiche
degli scheletri hanno messo in luce tracce riconducibili a pesante lavoro fsico e notevoli diferenze tra la popo-
lazione femminile e quella maschile (Marsden 2001). I risultati delle analisi si sono dimostrati particolarmente
suggestivi, specie per la datazione della necropoli al periodo compreso tra il VI ed il IX secolo ovvero ai tempi del
Placito del Risano.
Nelle vicinanze cerano appunto i resti mal conservati della modesta chiesa di Santa Maria della Ruota, uno dei
rari edifci sacri in Istria di cui attestata la continuit. Edifci sacri, modesti come questo, impiantati nellarea
di antiche ville, costituiscono una realt ben documentata nellIstria costiera (Matijai 1997), la cui presenza
attestata anche per molti dei siti gi menzionati in precedenza (San Bartolomeo, Colombano, San Simone, Santo
Stefano ovvero Pastoran, San Basso a Strugnano, Fisine); analogo risulta anche il quadro dello sviluppo dei mona-
steri, i quali sono stati spesso parimenti eretti nei siti precedentemente occupati da ville romane (San Bernardino
a Pirano, San Lorenzo a Lucia).
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23
11. Sermino, modello tridimensionale della chiesa con il sepolcreto databile tra VI e IX secolo.
Importante per linterpretazione delle forme di insediamento instauratesi in seguito allabbandono delle unit
insediative romane costituite, che nellarea in questione erano formate soprattutto da ville, quando la migrazione
verso i pi sicuri centri della costa si fece intensa, losservazione che le campagne erano abitate, sebbene in
maniera molto diversa rispetto al periodo precedente. I cambiamenti politici avvenuti in epoca tardoantica e al-
tomedievale modifcarono defnitivamente e stabilmente il quadro topografco dellarea: in parte furono reinse-
diate le antiche ville romane o anche i castellieri, si raforz la funzione delle citt-rifugio della costa (Capodistria,
Isola, Pirano, Umago (Umag), Cittanova, Parenzo, Orsera (Vrsar), Rovigno (Rovinj), Brioni (Brijuni))
15
ed anche in
campagna si svilupparono numerosi insediamenti agglomerati di varia entit.
16
15 Particolarmente signifcativo il caso del cosiddetto castrum di Val Madonna (uvala Dobrika) sullisola di Brioni Maggiore (Veliki Brijun), in cui limpianto
di una precedente villa viene fortifcato e trasformato in un agglomerato urbano a partire dal IV secolo d.C.; analogo sembra essere il caso di Cittanova e
Umago (Jurki Girardi 1981; Jurki Girardi 19811982; Begovi, Schrunk 2001; Matijai 2001, 709; Begovi, Schrunk 2007) e uno sviluppo confrontabile
sembra potersi ricostruire anche per Isola e Capodistria. A Rovigno e Orsera furono invece rioccupati i siti in cui erano precedentemente ubicati i castellieri
preistorici, abbandonati allinizio dellepoca romana (Matijai 2001, 709).
16 Il fatto che alcuni di questi insediamenti abbiano acquisito unimportanza notevole appare ad esempio indicato dal fatto che nella pi stretta fascia
litoranea dellIstria nordoccidentale sono stati rinvenuti numerosi resti lapidei con ornamentazione ad intreccio pertinenti ad edifci di culto, sia nelle citt
costiere (Cittanova, Umago, Pirano, Isola, Capodistria, Muggia, Trieste e San Giovanni di Duino) ma anche nelle piccole localit daltura (nei villaggi come
S. Maria in Monte (marje), Padena (Padna) e Carcase). Questi ornamenti possono essere ricondotti al persistere in questi luoghi della popolazione latina,
allassetto amministrativo e allorganizzazione ecclesiastica che erano direttamente collegati ad Aquileia, a Grado e Ravenna. Considerata la qualit dei
motivi e la loro realizzazione, possiamo collegare almeno una parte degli esemplari nord-istriani ad Aquileia e Grado, dunque al patriarca gradese ed al
metropolita istriano Fortunato (803824). Va sottolineato che gli ornamenti ad intreccio erano caratteristici soprattutto per il periodo iniziale del IX secolo
e rifettevano la forte infuenza della corte carolingia (upani 2003; upani, Tumpi 2003; upani 2005).
Rassegna storica delle indagini
archeologiche e degli interventi di
protezione e valorizzazione del sito
La storia delle ricerche nellarea di San Simone copre un arco cronologico molto ampio. Linteresse per questa
zona in quanto sito archeologico inizia gi nel XVI secolo, periodo in cui da un lato proliferano gli scritti geografci
e corografci legati soprattutto ai territori adriatici della Repubblica di Venezia e dallaltra si difonde la passione
per le antichit da parte di eruditi ed antiquari, nei cui scritti si susseguono tra Cinque e Novecento numerosi
accenni, pi o meno dettagliati, alle scoperte fortuite efettuate nel sito in questione. Allaforamento casuale
ma continuo di materiali fa seguito, nel 1922, il primo vero e proprio scavo archeologico condotto su iniziativa
di Attilio Degrassi. Da allora, il sito stato oggetto di numerose ricerche e indagini, che hanno portato ad una
conoscenza piuttosto circostanziata, seppure parziale del complesso. Oltre ai saggi di scavo, sono state, infatti,
realizzate ricognizioni di superfcie, analisi geofsiche, prospezioni subacquee, nonch uno scavo sottomarino,
accompagnati da preliminari interventi di protezione, manutenzione e valorizzazione del sito.
Frutto del loro tempo, le ricerche efettuate nel sito di San Simone rispecchiano evidentemente lo sviluppo mol-
to graduale delle metodologie e delle fnalit dellindagine archeologica. Durante un primo, lungo periodo, lo
scopo principale delle ricerche era mirato allindividuazione di strutture, mosaici (ovvero di resti architettonici)
e reperti di pregio, che vengono presi in considerazione di per s stessi, senza il tentativo di una lettura per fasi
del contesto. Siccome i ritrovamenti di queste ricerche sono per altro documentati in maniera estremamente
schematica, si scelto di riportare in nota i succinti resoconti delle scoperte efettuate in quegli anni, in quanto
in alcuni casi soggetti a pi possibilit di lettura e di interpretazione. Nel secondo periodo rientrano gli scavi
realizzati dal 1986 in poi, nei quali sono stati applicati i principi della metodologia stratigrafca e sono inoltre ben
percepibili i progressi delle tecniche utilizzate per la documentazione archeologica, con un maggiore grado di
afdabilit dei risultati.
12. Veduta di Isola e della baia di San Simone con il promontorio di Punta Corbato, 1986.
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25
Meraviglia, soprattutto, la variet di metodologie utilizzate in questo sito, in parte con notevole precocit, come
ad esempio le avanguardistiche prospezioni geofsiche realizzate nel 1970 dallIstituto di Geologia della Slovenia
(Geoloki zavod Slovenije). Si pu sostanzialmente afermare che il sito di San Simone sia in qualche modo servi-
to come area di sperimentazione archeologica, mantenendo sempre vivo linteresse degli studiosi.
13. Veduta prospettica della baia di San Simone, 2005.
14. Carta aerofotogrammetrica della baia di San Simone, 2005.
RITROVAMENTI CASUALI DAL XVI AL XIX SECOLO
La pi antica menzione della villa e del porto nella baia di San Simone compare nel libro Del Sito de lIstria, pubbli-
cato nel 1540 da Pietro Coppo (Venezia, 14701555 ovvero 1556, Isola): P. Coppo cita in particolare il porto con i
resti del molo costituito da grandi blocchi che si estende sulla baia di San Simone, cos denominata per la presenza
dellomonima chiesa. Lautore ha localizzatoil sitoanche nelle sue Tabulae datate al 15241526(fg. 15).
17
La testimo-
nianza del geografo, inrealt soltantounrapidoaccennoal portoconi resti del molocostruitocongrandi blocchi di
pietra, particolarmente importante perch attesta la presenza della chiesa di San Simone che alla baia ha lasciato
il nome, segnata anche in altre carte istriane della stessa epoca (fg. 16).
18
Il porto e ridotto di mare dal quale dista [] Isola mezzo miglio, fu un luogo detto San Simone dal nome della chiesa ivi
a tal santo dedicata, il quale fu poi aumentato dagli Aquilejesi da molo di grande pietre, e pesanti massi cubici, come lo
dimostrano ancora oggid i fondamenti dedifzi del molo disfatto.(Coppo 1830, 35; cfr. anche itko 1999, 50.)
15. Pietro Coppo, carta dellIstria, 1525.
In quello stesso periodo Giovanni Tamar ricorda i resti di unantica residenza con gli ambienti pavimentati a mo-
saico dove si sarebbero rinvenuti tesori, monete e urne cinerarie.
[...] tre miglia discosto dal detto Castellier, e mezzo miglio da Isola si trova un luoco detto S. Simon per la chiesa ivi
dedicata al detto santo, nel quale hoggid si vedono fondamenti dedifcii antichi con mosaichi, che dimostrano essere
stati habitationi magnifcamente fatte et habitate da persone potenti, essendo stato ivi anticamente il Porto, e redutto
17 Pietro Coppo, geografo e cartografo, allievo del Sabellico, noto in particolare per la sua opera principale, il De toto orbe (ca. 1520), una descrizione
del mondo conosciuto a quel tempo, corredata di mappe geografche. Sulla sua vita e sulle sue opere si veda in particolare Lago, Rossit 1984; itko 1999;
Teron 2001.
18 Si veda ad esempio: Lago, Rossit 1981, 7172, fg. XXXIV; Lago 1993, 52, fg. 26.
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desso Castellier, aumentato da Aquilegiensi al tempo de Romani. [...]; e si vede ancora il molo desso Porto fatto di
grandi e ponderosi quadroni sottacqua, ma disfatto, e dirupato, ed era Porto capace per il fondo dogni grosso navi-
glio. In detto luoco ancora dicesi esservi stati ritrovati delli tesori, medaglie, carboni, et alcune sorti di coppi larghi, che
soleano coprire le case, fatti a guisa di lastre larghe con due orli dalle bande a modo di gorna per il scorrere dellacque
piovane, vasi coperti pieni di cenere, fatte, come si crede, dalli cadaveri, che in quel tempo soleano abbruciare, et altri
metalli. (Tamar 1848, 47.)
16. Carta anonima dellArchivio di Stato di Stato di Venezia con indicazione della chiesa di San Sim, prima met del XVI secolo.
Una nuova descrizione dellapprodo in questo sito si deve a Paolo Naldini; nel 1700, anno in cui il vescovo pubbli-
cava la sua Corografa ecclesiastica, erano ancora conservati i grandi anelli metallici che servivano per lormeggio
delle navi, mentre sotto la superfcie del mare erano visibili piccoli ambienti con pavimenti musivi o simili che il
Naldini collega alla presenza di terme, menzionando inoltre che dal mare erano stati recuperati alcuni oggetti di
piombo o di ottone e medaglioni in metalli preziosi.
Appressodi S. Simone al bassopianodel Mare euvi un vastoseno, gicelebre PortonellaCartaNauticasottotal nome
inserito. Qualora stagnano limpide lacque, e riluce sereno il Cielo, scorgonsi oggi pure le vestigia dun grande Molo co
grossi annelli di ferro, che forse servivano ad assicurare i Navilj nel Porto. Vi si ravisano pure alcune piccole stanze,
siano Camerette col lastrico Mosaico, altro simile intreccio, che forse erano Stufe, Bagni; e talora ci si ripescano
fragmenti di Piombo, dOttone, oltre le molte Medaglie estrattene di pretiosi metalli. (Naldini 1700, 359.)
Successivamente alla caduta delle Repubblica di Venezia ed alle vicende storiche che portarono lIstria sotto
il dominio austriaco, linteresse per il sito di San Simone non diminu. Nel 1842 Giacomo Besenghi, fratello del
poeta Pasquale, misur il porto di San Simone, come lui stesso riferisce in una postilla autografa segnata sul
frontespizio del codice degli Statuti dIsola (fg. 17), custodito nellArchivio Diplomatico della Biblioteca Civica A.
Hortis di Trieste,
19
nonch a pagina 140 dellIsolario dellAtlante veneto del padre Coronelli (Coronelli 1696) della
biblioteca del palazzo Besenghi di Isola, conservato oggi presso la Biblioteca Civica S. Vilhar a Capodistria,
20
ed in
seguito pubblicata da Domenico Venturini.
Dallaseguente incognitainvestigazione rilevasi lorigine degli abitanti dIsola, i quali diederoil nome di Alieto, abban-
donato. Alieto un nome etrusco. Il paese dAlieto esisteva ove ora si chiama San Simone. Ivi esiste il porto costrutto
con bellissime pietre, il quale si scopre questo quando secca grande in mare. lungo 80 Klafter e largo 29. [...] Nella
suddetta localit, cio San Simone, si trovano sempre lavorando la terra varie monete romane, come pure furono rin-
venute delle monete con limpronta duna barchetta avente una donna nuda entro con lancora e perch essere vere
etrusche.
Giacomo Besengo fece nel 10 agosto 1842 questa dichiarazione ignota a tutti. Simili monete furono rinvenute nei
dintorni di Adria con lancora e Nettuno. Furono ancora rinvenute delle iscrizioni in cotto e in pietra nella descritta
localit di San Simone, le quali furono poste in opera nei nuovi grotteschi muri che eressero allintorno de suoi campi
la famiglia Udine. Tanto il genitore, quanto i viventi fgli Pietro e Giovanni conoscono bene il leggere e scrivere, ma
non furono in istato di poter rilevare una lettera dellinciso carattere; per cui moltissimo probabile essere letrusco o il
pelasgico. (Venturini 1899, 6263.)
17. Annotazioni di Giacomo Besenghi sul frontespizio del codice degli Statuti dIsola.
Scorrette le misure del porto, completamente acritico il riepilogo su svariati toponimi del territorio di Isola di pre-
sunta ascendenza etrusca, la postilla del Besenghi, seppure annotata soltanto a mano su due esemplari librari di
pregio, ha provocato la difusione di alcune strampalate idee sul sito di San Simone ed in particolare sulla localiz-
zazione del toponimo di Alieto presso tale baia in quanto nome di un insediamento etrusco l ubicato. Per quan-
19 Cfr. Kos 2006, 547.
20 Cfr. Markovi 2001, 169, 171, fg. a p. [275].
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to lidea dellascendenza etrusca del toponimo e dellinsediamento antico non abbia trovato altri sostenitori,
21

molte teorie sono state invece sviluppate in relazione allattinenza del toponimo di Alieto ai resti archeologici
individuati a San Simone. Da una parte il toponimo viene evidentemente latinizzato in Haliaetum o Halietum,
22

dallaltra viene invece collegato al toponimo , segnato presso la penisola istriana in una mappa geo-
grafca attribuita a Claudio Tolomeo (III.1.24; cfr. anche II.16.1), vissuto nel II secolo d.C. Per quanto riguarda in
particolare questultimo toponimo, una sua connessione con la villa di San Simone palesemente errata, stando
certamente per Alvona ossia lodierna Albona (Labin) (Kriman 1997, 122 ss.) ed essendo comunque gi
in partenza assurda lidea che su una carta geografca dellintero Mediterraneo potesse comparire il toponimo di
una delle numerosissime ville della penisola istriana. Inoltre, Alieto non presenta afatto le caratteristiche tipiche
dei toponimi fondiari romani ed appare per di pi fortemente radicato in tuttaltra zona di Isola, essendo la chiesa
di Santa Maria dAlieto nonch la piazza antistante collegate a tale denominazione anche in documenti antichis-
simi.
23
Nessuna, dunque, pare essere la relazione tra il sito di San Simone ed il toponimo di Alieto, su cui fumi di
inchiostro sono stati scritti in passato.
24
18. Catasto Franceschino del Litorale, Isola dIstria (1819), con indicazione dellestensione dellarea protetta del monumento.
Successivamente la baia di San Simone viene descritta da Pietro Kandler (18041872), storico e giureconsulto
nonch primo Conservatore Imperiale del Litorale dal 1856 al 1871, che menziona la considerevole estensione
del sito, le tecniche costruttive, i resti delle strutture ed i ritrovamenti casuali in mare lungo la costa della baia e
nelle sue vicinanze sino alla Fontanadi Isola (Kandler 1848, 52). Le afermazioni del Kandler
25
su tale dispersione
21 Fidente il Venturini (Venturini 1899, 62), meno convinto il Morteani (Morteani 1887, 355 ss.), essi sono gli unici a riportare le notizie del Besenghi
relative ai ritrovamenti etruschi nellarea di San Simone.
22 Pietro Kandler, ad esempio, sembra talvolta condividere lidentifcazione del sito di San Simone con un abitato denominato Halietum (sic: Kandler
1855, 177), talvolta invece collega il toponimo con il centro di Isola (Kandler 1848, 52). Lattribuzione del toponimo allinsedimaneto di San Simone risulta
ampiamente condivisa soprattutto nellambito di pubblicazioni divulgative anche molto recenti. Si vedano ad esempio le guide turistiche: Bernik 1968,
99; Gosar, Jeri 1997, 290; Stewart 2006, 135; Fallon 2007, 168.
23 Si veda ad esempio: Kos 2006, II/36, 42, 73, 83, 90; III/28, 66; IV/b, s, 179, 182.
24 Cfr. anche le considerazioni di Degrassi 1923, 340341.
25 Altre menzioni del sito si trovano in Kandler 1866; Kandler 1870. I laterizi bollati rinvenuti nel sito sono menzionati in opere manoscritte inedite del
Kandler, i cui dati sono per riportati dal Mommsen nel CIL, come anche in Gregorutti 1888 e pi recentemente in Zaccaria, upani 1987.
dei ritrovamenti sono state successivamente confutate da Attilio Degrassi (Degrassi 1923, 330, nt. 2).
Il porto artifciale tuttora visibile. questo un quadrilatero perfetto, il lato maggiore del quale misura 47 tese vien-
nesi, il minore 27; la muraglia che sosteneva la terra ancora visibile; i due moli che si protendevano in mare avevano
nella parte superiore la larghezza di 15 piedi austriaci ed erano costruiti a gradata cio a corsi di pietre disposte a
gradini; vi si vedevano anelli di bronzo per legare le barche. Lapertura dingresso aveva la larghezza di 25 tese, il porto
la superfcie di 2400 tese. Il mare in questa parte ha guadagnato sulla terra perch il terreno si abbassato come in
altre parti della spiaggia istriana; per sotto lacqua del mare si veggono le fondamenta di antiche abitazioni che si
dilungano fn presso la fontana dIsola, e dappertutto si trovano musaici, cotti bollati, frammenti di stoviglie, mattoni
da comporre colonne, monete romane del primo e del secondo secolo, vetri ed altre minutaglie; dal che deve indursi
che stesse qui borgata come in altre parti della spiaggia istriana. (Kandler 1848, 52.)
A San Simone si riferisce anche un passo del Morteani che, oltre alla descrizione del porto fatta da P. Kandler
ed alle indicazioni fornite da Giacomo Besenghi, riporta notizia del rinvenimento di tappeti musivi e di monete
romane, fra cui una di Plautilla.
Anche Giacomo Besenghi, fratello del poeta, ci rivela limportanza archeologica della suddetta localit, ove in qual-
che campo esistono de pezzi intieri di selciato mosaico molto al di sotto dellaratura. Si rinvennero delle monete ro-
mane, fra cui una di Plautinella, moglie di Caracalla. Il suddetto Besenghi ci dice che furono trovate anche delle conso-
lari e delle etrusche; ed etrusca egli ritiene una moneta collimpronta di una barchetta avente una donna nuda entro
collancora.(Morteani 1887, 355356.)
19. Progetto per la costruzione di una fabbrica per la produzione di conserve di pesce a San Simone per conto dei proprietari Giovanni
Troian e Giovanni Russignan, 1905.
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INTERVENTI DI RICERCA E VALORIZZAZIONE NEL XX SECOLO
20. Carta con indicazione degli interventi archeologici 19222008.
Le prime ricerche archeologiche iniziarono nel 1922, sebbene parti della villa fossero gi venute alla luce alla fne
dellOttocento quando i contadini, lavorando nei vigneti, avevano fatto riaforare pavimenti musivi, strutture
edilizie e grandi lastroni di arenaria (lunghezza 1,10; larghezza 0,60; altezza 0,24 m), come riportato nel 1923 da
Attilio Degrassi, che menziona anche un gran numero di ritrovamenti fortuiti sulla costa e nei campi vicini: tes-
sere di mosaici, tegole, piastre di marmo e una base di colonna in calcare con plinto e modanatura arrotondata
(alt. tot. 0,16 m), destinato a un fusto dal diametro di 0,32 m. Nel gennaio del 1922, durante i lavori in un campo
sul promontorio di Punta Corbato, a 1,5 m sotto il piano di calpestio, fu trovato un pilastro di pietra bianca istria-
na rastremato nelle facce laterali, la cui porzione conservata misurava 0,85 m in altezza, con la parte posteriore
incassata nel muro. La base modanata del pilastro era costituita da un plinto rettangolare che misurava 0,075 m
in altezza, 0,5 in larghezza e 0,4 in profondit, sormontato da due listelli e da un tondino. Nelle vicinanze venne
alla luce una base di colonna in calcare (per un fusto di 0,32 m di diametro), con plinto di 0,52 m per lato, sormon-
tato da una gola diritta posta tra due listelli (altezza totale 0,14 m). Furono scoperte anche alcune tegole bollate
(Degrassi 1923, 329).
Verso la fne dello stesso anno ripresero i lavori di scasso nel terreno di propriet Dudine, in cui gi si era scavato
alla fne dellOttocento. Venutone a conoscenza, con lautorizzazione del direttore del Museo di Storia e Arte di
Trieste, Pietro Sticotti, il Degrassi riusc a realizzare in quelloccasione la prima indagine di scavo a scopo scienti-
fco nellarea. Lo scavo, esteso poi anche sul fondo confnante di propriet Drioli, mise in luce alcuni pavimenti
musivi a poco pi di 30 cm di profondit (fg. 42: settore 1, ambienti 14, 15, 16).
21. Attilio Degrassi, rilievo del porto e dello stato di fatto della baia di San Simone.
Il Degrassi menziona inoltre la presenza di due ampie strutture murarie situate nellarea meridionale della baia
(fg. 21). Una si trovava vicino al molo ed era allepoca del Degrassi sommersa dal mare, che rispetto allet antica
aveva guadagnato sulla terraferma, mentre attualmente dopo che nel 1969 la parte interna della baia stata
reinterrata fno a raggiungere la linea di costa antica tale punto corrisponde allarea antistante allodierna strut-
tura dello scivolo. Laltro muro era situato pi a sud, al tempo del Degrassi ubicato sulla spiaggia, ai piedi del pro-
montorio di Punta Can, oggi nella porzione sudoccidentale dello stabilimento balneare. Al Degrassi si devono
infne anche una prima accurata descrizione dellimpianto portuale ed il suo rilievo che, ad un esame recente, si
peraltro dimostrato piuttosto preciso. Seguono ampi passi della descrizione del Degrassi:
A ogni passo sincontrano colla bassa marea sulla spiaggia laterizi di fabbrica romana. Nei fondi vicini, e specialmen-
te presso alla Punta, chiamata anchessa di S. Simone, abbondano sul terreno, indizio sicuro di pavimenti romani, qua
piccoli dadi di pietra bianchi e neri, l cubetti di terra cotta rossi e gialli; nei muri a secco di campagna non difcile
scoprire frammenti di lastre di marmo bianco di Carrara. Zappature pi profonde portano sempre alla luce vestigia
di antiche costruzioni. Circa trentanni or sono, durante i lavori per una piantagione di viti, si scopersero, a quanto mi
comunica il proprietario del fondo signor Dudine, fondamenta antiche, un canaletto in muratura, pavimenti musivi a
tessere bianche e nere, e furono tratti alla luce grossi lastroni rettangolari di arenaria, lunghi m. 1,10, larghi 0,60, alti
0,24, che sono ancora sul posto. Frutto di questi o di precedenti scassi devessere anche la base di colonnina di pietra
calcarea nostrana che sbuca ancora da un ciglio erboso; alta m. 0,16, consta del cuscinetto e del plinto, molto mal
conservato, e portava una colonnina di m. 0,32 di diametro.
Nel gennaiodellannopassato[1922] nuovi scassi del terrenoprocuravanoaltre scoperte. Acircaunmetroe mezzosotto
il livello del suolo, si trov (inb della fg. 2) accanto a uno dei soliti lastroni unpilastro di pietra bianca istriana conmoda-
nature alla base. Il pilastrino, rotto com nella parte superiore, alto m. 0,85 e si rastrema fortemente nelle facce laterali;
la base formata da uno zoccolo (m. 0,50 x 0,40 x 0,075) e si restringe sui tre lati anteriori con due listelli sormontati da
un bastoncino allaltezza di 20 centimetri dal piano del pilastro; la parte posteriore e met circa delle due laterali, senza
ornamenti e contracce ancoradi malta, eranoincassate nel muro. Pocodistante, circaallastessaprofondit, fumessain
luce una base di colonna dello stesso materiale dellaltra base di colonnina. Un plinto di m. 0,52 di lato sostiene una gola
diritta posta tra due listelli; la base, alta in tutto m. 0,14, reggeva una colonnina del diametro di m. 0,36 m.
In seguito a questi lavori potei ricuperare anche due tegole bollate. Una, di terra rossa, porta in belle lettere rilevate,
alte 20 millimetri, entrorettangoloincussomancante di piccolaparte, lanotamarcaL. Q. Thal , di cui altroesempla-
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re furinvenutoaS. Simone(CIL V, 8110, 122; Gregorutti 1888, 388, n. 154); laltra, di argillagiallastra, halaleggenda
T. Coeli, pure in caratteri a rilievo, alti 16 millimetri, entro rettangolo incusso, anchessa comunissima nella nostra
regione [CIL V, 8110, 68; Gregorutti 1888, 360, n. 60]. A queste due marche va aggiunta la marca Crispini, trovata
pure, per testimonianza del Kandler, a S. Simone [CIL V, 8110, 73; Gregorutti 1888, 362, n. 65].
Loscorsodicembre [1922] i signori Dudine ripreserogli scassi e incontraronoalcuni dei pavimenti amosaicoginotati
nei lavori di trentanni fa. Venuto a conoscenza della cosa, ne informai subito il chiarissimo direttore del Museo di sto-
ria e arte di Trieste prof. Sticotti, e grazie alla sua compiacenza potei recarmi sul posto insieme collimpiegato del Mu-
seosignor Opiglia. Eseguimmoun saggiodi scavoche si estese anche allaparte confnante dellacampagnaDrioli, e in
due ore di lavoro potemmo mettere allo scoperto, a poco pi di 30 cm. di profondit, tratti del pavimento di tre locali
(circa nel punto a della carta). Un locale, lungo pi di 9 metri e largo forse 5, col pavimento a piccole tessere bianche di
un centimetro quadrato ordinate in linee regolari; per tutta la lunghezza corre una fascia di cubetti neri larga 7 cm. Ac-
canto ad esso, una stanza di circa 4 metri di lato; il mosaico anche qui tutto bianco, ma ai lati decorato da una bella
bordura, larga 40 cm., a doppio intreccio bianco e nero tra liste degli stessi colori. Di un terzo locale, pure adiacente
al primo, ma dalla parte opposta, non vedemmo per mancanza di tempo, che un pezzo di mosaico bianco. I mosaici,
generalmente conservati molto bene, sono di fattura accurata e per la fnezza a precisione del lavoro superano quelli
della villa romana di Barcola nel Museo di Trieste; credo di non errare se ne attribuisco lesecuzione al primo o secondo
secolo dellera volgare. Lantico edifzio non si limitava naturalmente ai locali da noi scoperti, ma doveva occupare va-
sto tratto di terreno. A questo proposito il signor Dudine ci assicura di aver osservato in quei lavori di tanti anni fa una
magnifca stella a cubetti bianchi e neri. Speriamo di non dover attendere una futura piantagione di viti per vederne il
disegno, ma che prima con scavi sistematici, che vorrei augurarmi prossimi, sia esplorata tutta quella marina.
Non dunque dubbio che alla Punta di S. Simone sorgeva un edifzio romano, che dagli avanzi architettonici messi
in luce, dai fni mosaici, dai marmi, non doveva neppure mancare di decorazione lussuosa. Ma le abitazioni si esten-
devano anche fuori del terreno della Punta. A pi di 200 metri dal luogo dove furono scoperti i mosaici, si scorge colla
bassa marea sulla spiaggia una fla di lastroni, lunghi ciascuno pi di un metro e larghi circa mezzo, collocati luno
appresso allaltro nel senso della lunghezza, i quali vicino alla linea della terra ferma scompaiono sotto un alto strato
di ciottoli e di sabbia. Volli mettere a nudo con poca fatica la linea delle pietre e trovai che su di esse era costruito nella
tecnica detta opus incertum un muro di 65 centimetri di spessore, che sinterna chi sa quanto sotto i campi: perch
non potesse abbassarsi dato il fondo sabbioso, lavevano costruito con prudente pensiero su quel largo fondamento.
Un altro tratto di muro della stessa grossezza si vede sotto acqua vicino al muraglione del porto di cui dir pi sotto.
E v ragione di credere che anche lo spazio intermedio fosse occupato da edifzi, le cui rovine furono inghiottite dal
mare, che in questo punto avanz di pi sulla spiaggia, o sono celate pi profondamente dallo strato maggiore di
terra che le ricopre; tant vero che neanche in questa parte della spiaggia mancano cocci di laterizi e di vasi e cubetti
di pietra variamente colorati.
Ma il monumento che meglio attesta la romanit del luogo il porto, che per la grandezza dei suoi blocchi e la solidit
del lavoro desta lammirazione di chi lo vede. [] Mi parso [] opportuno procedere a nuovi e pi accurati rilievi
prima che lerezione, gi da anni progettata, di qualche stabilimento balneare cambiasse laspetto della spiaggia e
forsanche distruggesse parte degli antichi moli.
Il porto ora tutto sottacqua collalta marea. Colle basse maree estive solo i massi pi elevati emergono dallacqua,
ma le maggiori basse maree dellinverno lasciano allasciutto buon tratto delle costruzioni. Non soltanto lopera della
natura ha contribuito ad abbassare, insieme col fondo del mare, anche le opere del porto, ma vi concorse in misura
forse maggiore la mano delluomo, asportando sin nei tempi recenti i bei massi squadrati delle fle superiori.
Esso presenta uno dei tipi pi soliti del porto romano: due moli che dalla riva si spingono nel mare, disposti in modo da
proteggere lo spazio dacqua racchiuso. Le sue opere constano di tre parti distinte: della banchina, che con un potente
muraglione sosteneva la terra, del molo e della lunga diga gettata a protezione del vento. La banchina, conservata
ancora abbastanza bene e formata di poderosi blocchi di arenaria, lunghi anche tre metri, larghi uno e alti mezzo,
corre scoperta, o a pochi centimetri sotto la ghiaia, per circa 93 metri; quanto continui ancora verso terra in direzione
nord-est, celata dalla sabbia e dai ciottoli, non mi fu dato di rilevare. Allaltra estremit, dalla parte del molo, sporge
per la lunghezza di circa 19 metri unopera aggettante larga poco pi di 4, aggiunta in epoca pi recente, come appare
manifesto anche dal lavoro meno accurato e dalla minor mole delle pietre.
Dallabanchinasi staccaad angoloretto, avanzandoversonord-ovest, il molo, lungocinquantametri e largopocopi
di quattro, lopera del porto meglio conservata e che pi impone per la solidit e bellezza del lavoro. Costruito a ripie-
no, esteriormente fasciato da massi di arenaria delle stesse dimensioni di quelli del muraglione; ne restano ancora
tre corsi. []; la stessa struttura si riscontra, come naturale, anche nel vicino porto di Villisan, laltro porto romano
del territorio dIsola, dal quale la costruzione del nostro non diferisce se non per la maggior grandezza e migliore
riquadratura delle pietre. La fla pi bassa dei blocchi esce fuori della linea dei massi superiori, formando una specie di
gradino (visibile ora nella parte estrema del molo dove lacqua pi fonda) alto in qualche punto fno a 70 centimetri
dal fondo marino. escluso per che il molo, come vorrebbe il Kandler, fosse costruito tutto a gradinate. Semplice-
mente, le fondamenta furono scavate pi larghe, come consiglia anche Vitruvio per la costruzione di moli di un tale
sistema [Vitr. V,12,88]; del resto anche in porti moderni si vede sporgere a guisa di gradino la parte del muro prossima
alle fondamenta. La fla superiore portava dei grossi anelli di ferro o di bronzo per legare le navi, che ricordo io stesso
daver osservato sottacqua da bambino; ora gli anelli sono scomparsi.
La lunga diga, che per un tratto di pi di 120 metri proteggeva il porto dalla tramontana e dalla bora, non pot resistere
allimpetodelleondeessfasciata. I poderosi blocchi chelaformavanogiaccionoscomposti enonpermettonodi rilevare
n quantofosse larga(lasuppongounpo pilargadel molo), n se avesse unfaroallatestata. Certa soltantolasuadi-
rezione, chebenlontanadallessereparallelaallabanchina, comesembracredereil Kandler. Il bisognodi avereunporto
pi ampio e daltra parte limpossibilit, causa la conformazione della costa, di allungare di pi il lato orientale, ch la
diga sappoggiava proprio alle rocce del piccolo promontorio, indussero i costruttori ad abbandonare la forma regolare.
Mentre la lunghezza del lato del porto opposto al molo e data, almeno in misura approssimativa, delle altre opere
esistenti, mancanoinvece elementi sicuri per stabilirne laformae ladirezione: le due otre pietre staccate che si vedono
sul fondo marino presso alla radice della diga non permettono alcuna conclusione certa. Il muraglione potrebbe esse-
re coperto anche qui dalla sabbia e dai ciottoli; ma forse che da questa parte, dove non batte londa di nessun vento,
la banchina mancava afatto e si saliva alla villa vicina per una scalinata, come nella villa romana scavata a Barcola
dal Puschi [Puschi 18961897, 304]. Ma sarebbe arrischiato avanzare qualunque ipotesi. Solo qualche tasto, piccolo
s, ma difcile perch ostacolato dallacqua che colma subito lo spazio sterrato, potrebbe darci qualche ragguaglio
anche su questo lato del porto.
Secondo le mie misurazioni, il porto, che alla testata del molo fondo attualmente due metri e mezzo colla bassa
marea, ha una superfcie di circa 8400 metri quadrati. Confrontato per lampiezza ai porti romani della costa istriana
ancora esistenti, sarebbe minore, per i dati che possediamo, soltanto del porto di Fasana, che avrebbe circa 14.000
metri quadrati di superfcie, e di quello che stava dinanzi alla follonica di S. Sabba, superante i diecimila metri qua-
drati; maggiore invece dei porti di Cedas, di Villisan, dei due ai lati della Punta Catoro di Umago e degli altri due a
settentrione e a mezzogiorno della Val Catena nellisola di Brioni maggiore. Ma non solo per la sua ampiezza merita
considerazione il porto isolano: non pu essere trascurata la sua ubicazione su di una spiaggia ottimamente riparata
dai venti dominanti, quale non si trova su tutta la costa da Capodistria a Pirano, e si deve ammirare la sagacia e peri-
zia degli antichi costruttori che, pur lasciando al porto unapertura di pi di cinquanta metri, gettarono lunga diga in
modo che nellinterno non potessero entrare i futti dei venti: il maestro era lunico vento che vi poteva mandare le sue
onde. (Degrassi 1923, 332335.)
Gli scavi furono proseguiti nel 1924 da Bruna Tamaro che, nellarea in cui per primo aveva indagato il Degrassi,
rinvenne anche altri ambienti. Larcheologa ne pubblic pure la pianta (fg. 22) (Tamaro 1928, 413). Questi vani
furono subito considerati come parte di una villa rustica (Tamaro 1928, 412; Degrassi 19281929, 400) oppure di
un abitato (Benussi 192728, 243). Nel 1925 il mosaico con le arcate, scoperto nel vano 20 fu trasferito dapprima
nellOspizio Besenghi e successivamente nel Museo Regionale di Capodistria (Pokrajinski muzej Koper).
26
Alla
fne della sua relazione Bruna Tamaro menzionava un piccolo capitello ionico che sarebbe stato rinvenuto a San
Simone: il pezzo era stato scoperto gi da Attilio Degrassi (e pubblicato nel 1926); fu ritrovato nella contrada det-
ta di Cervignano, dove si portarono alla luce anche altri reperti antichi, probabilmente pertinenti al complesso
di unaltra villa.
27
26 A spese della Soprintendenza darte di Trieste e del Municipio dIsola fu estratto un mosaico con caratteristico disegno scoperto in uno dei locali della villa
romanadi S. Simone [] messi in luce negli scavi del 1924. Il mosaicoinsieme cogli altri oggetti ricuperati nelloscavofuprovvisoriamente depositatonellOspizio
Besenghi (Degrassi 1926, 156).
27 Nella campagna del signor Giovanni Vascotto, sita nella contrada detta di Cervignano, a poco pi di un chilometro a sud della stazione ferroviaria, fu
rinvenuto casualmente un piccolo capitello romano (alt. cm 45) fnemente decorato. Lo scrivente recatosi sul posto osserv nella suddetta campagna e nella
vicina di propriet della Confraternita del SS. Sacramento numerose tegole, delle quali una col bollo C LAB SEV (CIL V 8110, 100), embrici, mattoni da colonna,
grosse punte danforae seppe che eranostate trovate anche tessere di mosaicobianche e nere. Se anche non sonoapparse ancoratracce di antichi muri, tuttavia
i trovamenti avvenuti bastano per constatare lesistenza in quella contrada di una fattoria romana.(Degrassi 1926, 156.) Cfr. anche Degrassi 1929, 401.
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A circa un chilometro da Isola si trova linsenatura detta di S. Simone in posizione particolarmente favorevole perch
al riparo dei venti: in essa infatti si apriva il porto romano che serviva con ogni probabilit per tutto lagro da Punta
Rocco a Punta Villisan, e di cui sono tuttora visibili con la bassa marea la banchina, il molo e la diga. Inoltre nella fertile
campagna che la circonda si trovano numerose tracce di abitati: tanto queste che quello furono gi accuratamente
studiate dal Degrassi [Degrassi 1923]. A complemento delle notizie da lui pubblicate d qui relazione di un piccolo
saggio eseguito nel 1923 nel fondo Drioli che confna con la propriet Dudine. Anche qui non si tratta di un vero e
proprio scavo, ma solo dellesame di un tratto di fondazioni in gran parte tornato alla luce fortuitamente durante i
lavori agricoli.
Come si vede nella carta una serie di locali si dispone sul lato settentrionale e orientale di un ampio ambiente (m 13,40
x 5,90) probabilmente scoperto, con un pavimento a mosaico fne, bianco e nero, riprodotto dal Degrassi nella sua ci-
tata pubblicazione; sul lato meridionale esso invece chiuso da uno stretto corridoio (m 13,40 x 1,40). Ritengo si abbia
qui lala di unabitazione privata, forse una villa rustica, la cui pianta doveva essere simile, per quanto in misura molto
pi ridotta, a quelle studiate dallo Gnirs [Gnirs 1915, 124]. N il ripetersi del tipo pressoch invariato pu stupire, data
la nota costanza dei tipi a cui si informa larchitettura degli edifci privati dellantichit.
Certo non si pu dire nulla dellufcio a cui erano destinati i singoli locali della villa di S. Simone: aforando essi quasi
ovunque (la profondit massima a cui si ritrovarono le fondazioni di m 0,40), tutto lelevato andato distrutto. Ri-
cordo solo alcuni frammenti di marmo di cui uno in verde antico, pezzi dintonaco color rosso vivo, un frammentino
in calcare con tre lettere indecifrabili, due bolli di mattone (T. COELI e CRISPINI) gi notissimi nelle nostre regioni [CIL
V, 811068; 811073].
La parte pi importante ci data dal primo locale del lato settentrionale che conservava ancora in posto buon tratto
del pavimento a mosaico: un tessellato di buona epoca, accurato di fattura, che dal lato interno presenta una bor-
dura di un disegno geometrico, di cui non conosco altri esempi nella nostra regione []. Certo sarebbe interessante
poter fare lesplorazione completa di questa localit, ma essa rea quanto mai difcile dal prezzo elevato del terreno
fertilissimo e coltivato con molta cura.
Faccio infne menzione di un interessante minuscolo capitello (cm 8 x 7,5 x 4,5) di marmo molto levigato e conservato
solo per tre lati e nella parte superiore, trovato casualmente nello stesso fondo. La forma quella di un capitello ionico,
ma estremamente stilizzato e irrigidito. Non so intendere luso cui esso fosse destinato. (Tamaro 1928.)
22. Bruna Tamaro, planimetria del settore 1.
23. Dettaglio del mosaico rinvenuto nellambiente 20, oggi esposto nel Museo Regionale di Capodistria.
Nel 1925, a 130 metri dallarea centrale gi scavata da A. Degrassi e B. Tamaro, si rinvenne una struttura in blocchi
di arenaria lunga 16 metri. Il Degrassi la interpret come parte delle fondazioni della villa, lubicazione precisa del
muro rimane tuttavia non meglio circostanziata.
Negli sterri praticati per le fondamentadel villinodel signor Besostri sullaspiaggiadi San Simone, acirca130m anord
del punto dove nel 1924 si scavarono alcuni locali di una villa romana, fu messa in luce per circa 16 m una fla di grossi
blocchi darenaria. I blocchi, a detta di chi li vide, lunghi anche due metri, larghi in media uno e strettamenti commessi
luno collaltro come nel vicino porto romano [], dovevano formare parte del muro di sostegno della piattaforma
sulla quale era costruita la villa (Degrassi 1926, 156).
Nel 1931 il Degrassi menziona per la prima volta la conduttura che era parte integrante del sistema di approvvi-
gionamento idrico della villa nella baia di San Simone; anche in questo caso la localizzazione del ritrovamento
solamente approssimativa.
Nella campagna del signor Alessandro Gubertini sita nella contrada detta di Can, poco lungi dal punto dove la stra-
da maestra Isola Pirano attraversa il ruscello, giace sepolta, in qualche punto ancora intatta, una conduttura roma-
na che scende dal pendio settentrionale del monte vicino e prosegue in direzione di San Simone. La conduttura, che
dovrebbe provenire dalla sorgente che pullula non lontano dallimbocco della galleria ferroviaria, approvvigionava
dacqua la villa romana che sorgeva sulla marina di San Simone []. Aveva la lunghezza di circa un chilometro. Con-
sta di tubi di laterizio lunghi 42 cm del diametro massimo esterno di cm 16,5, che si restringono leggermente alle due
estremit dove sinnestano luno collaltro (Degrassi 1931, 377378).
Ad ampliare le nostre conoscenze sul complesso della villa in questione hanno contribuito sensibilmente le in-
dagini e gli scavi demergenza eseguiti nel periodo dopo la seconda guerra mondiale. Tra il 1958 ed il 1960 Vinko
ribar efettu dei sondaggi per conto del Museo Nazionale di Lubiana nellarea gi scavata dal Degrassi e dalla
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Tamaro (fg. 42: settore 1, ambienti 14, 15, 16, 17) e dove nel 1958 il proprietario del fondo, Santo Carpinetti, aveva
rinvenuto un mosaico monocromo, ma anche in vari altri punti della baia.
Come appare chiaramente dai rilievi operati da Vinko ribar (fg. 24), la linea di costa era cambiata molto rispetto
al 1922, quando Attilio Degrassi fece eseguire ai fratelli Beniamino e Rafaele Battigelli il rilievo del porto, con
riferimento sia alla linea di costa antica sia a quella della nostra epoca. In particolare sul lato occidentale di Punta
Corbato il mare aveva guadagnato spazio sulla terraferma, erodendone i depositi terrosi e mettendo cos a nudo
una pavimentazione ed una serie di strutture murarie, pertinenti a diversi ambienti della villa, nonch pi a est
e con un orientamento nordsud completamente diverso da quello dei muri antichi una struttura di conteni-
mento della costa, verosimilmente di epoca moderna. Nella porzione meridionale di questarea di aforamento
di strutture e materiali archeologici, era inoltre visibile, nel proflo della sezione erosa dal mare, uno scheletro
umano adulto, che giaceva in senso nordsud, con la testa rivolta verso nord e che misurava dal capo al tronco
0,75 m. La fossa per tale inumazione era stata scavata in uno strato di detriti di materiale edilizio che ricopriva
uniformemente le strutture situate presso questo tratto di costa e in cui erano presenti scarti di pietra locale, mat-
toni, tegole, cubetti lapidei di 7 cm di lato, elementi rettangolari in terracotta per opus spicatum (10 x 6 x 2,5 cm),
cubetti fttili di 3 cm di lato, elementi in cotto di forma esagonale (larghezza 2 cm, altezza 3 cm) e tessere musive,
bianche, nere e di colore rosato (0,8 x 1,5 cm).
Un muro, costruito con una tecnica edilizia analoga a quella dei muri situati lungo il lato occidentale del promon-
torio di Punta Corbato, era allora visibile presso il limite nordorientale del promontorio stesso.
Lo ribar descrive anche un altro allineamento di blocchi con andamento estovest, afancato da una pavi-
mentazione in scaglie di calcare, che allepoca si riuscivano a seguire soltanto nellarea meridionale della baia (a
sudovest dellimpianto dello scivolo odierno), poich pi a nord erano stati sommersi dal mare. Lallineamento di
blocchi, di forma e dimensioni diverse, pare costituire una struttura di contenimento e di sistemazione della costa
e la stessa funzione sembra avere anche lantistante massicciata di scaglie. Come il gi menzionato cordolo di
contenimento presente sul lato occidentale del promontorio di Punta Corbato, queste strutture vanno verosimil-
mente riferite allepoca post-romana, quando la linea di costa gi corrispondeva pi o meno a quella del primo
Novecento, molto pi rientrante rispetto a quella di epoca antica.
Vinko ribar conferma inoltre la presenza delle altre strutture situate nella parte meridionale della baia (una pres-
so il molo e laltra ancora pi a sud), che precedentemente erano gi state segnalate dal Degrassi.
Viene infne rilevato, nel proflo della parte iniziale del promontorio di Punta Can (a 4 m di altezza sopra il livello
del mare), laforamento di un frammento di osso umano e di una fbula di bronzo.
Secondo lo ribar si trattava di un insediamento urbano in quanto i reperti erano disseminati su una superfcie di
quattro ettari (ribar 19581959, 276; ribar 1961; ribar 1962).
24. Vinko ribar, ricerche archeologiche compiute nel 1958-1960.
Nel 1958 Elica Boltin e Iva Mikl efettuarono un ulteriore scavo (su di una superfcie di 128 m
2
) nellarea gi in-
dagata da Degrassi, Tamaro e ribar. In quelloccasione furono scoperti due vani con pavimenti musivi bianchi,
uno bordato di nero, laltro con una bordura bianca e nera ad intreccio (fg. 25). Le due archeologhe hanno anche
descritto i muri che delimitavano le due stanze; essi erano realizzati in pietra a spacco, gli elementi lapidei erano
collocati in strati orizzontali e legati con malta (Boltin, Mikl 1959).
25. Elica Boltin e Iva Mikl, planimetria degli ambienti 14, 15, 16 e 17a nel settore 1.
Le prime ricerche subacquee nellarea del porto di San Simone si datano al 19671968, per opera di Elica Boltin-
Tome (fg. 26) (Boltin-Tome 1970, 155). Tali ricerche erano fnalizzate soprattutto a documentare lo stato di fatto
dellantico porto prima della realizzazione del progetto di sistemazione del nuovo impianto balneare che venne
sostanzialmente a coprire e obliterare le strutture romane: moloe banchina dellepoca romana funseroda supporto
per le moderne strutture in cemento. Nel 1968 e nel 1970 fu demandata al Museo del MareSergej Maeraanche la
supervisione archeologica sui lavori edili, durante la costruzione del secondo albergo nella baia (Boltin-Tome 1970).
26. Elica Boltin-Tome, ricognizioni del porto romano efettuate nel 1968.
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Nel 1970, al fne di rilevare con misurazioni geoelettriche non distruttive le strutture archeologiche coperte dalla
coltre di terra, lIstituto di Geologia della Slovenia condusse indagini geofsiche sul promontorio di Punta Cor-
bato, fra le prime prospezioni di questo tipo realizzate in Slovenia, sostanzialmente contemporanee soltanto
alle indagini eseguite nel 1969 da Franc Mikli dello stesso istituto nel sito di Dolge nijve a Vrhnika (Mui 1999,
350, 396).
28
Sfortunatamente con queste indagini (Lapajne, Kelhar 1970) non fu possibile verifcare lestensione
dei resti architettonici, per cause sia idrologiche che litologiche, date le specifche caratteristiche del sottosuolo
costituito da calcare e arenaria.
Elica Boltin-Tome, sempre per conto del Museo del Mare di Pirano, si occup nuovamente delle indagini di scavo
efettuate sulla terraferma in occasione della costruzione della passeggiata e della cintura di protezione lungo
il promontorio di Punta Corbato nel 1982. Per proteggere larea con i resti della villa romana, attorno al piccolo
promontorio furono realizzati un muro in cemento ed un sentiero pedonale, evitando cos lulteriore degrado dei
resti archeologici (Kramari 1981). Prima dellerezione del muro in oggetto, che ha contribuito in maniera signi-
fcativa alla salvaguardia dei resti della villa romana, il Museo del Mare ha efettuato sondaggi archeologici preli-
minari in prossimit della costa. I muri che erano visibili e che a causa dellerosione marina sporgevano dai profli,
avevano ancora in parte conservato lintonaco, tuttavia senza evidenti elementi cromatici (fg. 27). I sondaggi
non hanno prodotto risultati rilevanti in questa parte del sito, ad eccezione di singoli ritrovamenti sporadici e di
una grande soglia in pietra che evidentemente rappresentava laccesso allarea portuale (Boltin-Tome 1983, 223).
Negli stessi anni furono efettuati scavi demergenza nellarea dellalbergo Simonov zaliv, durante i quali furono
portati alla luce i resti delle condutture, costituite da tubi di terracotta, che rifornivano dacqua la villa, gi segna-
lati in passato dal Degrassi. Gli scavi, condotti nel 1984, furono curati da Radovan Cunja (Cunja, upani 1984)
del Museo Regionale di Capodistria, dove gli elementi dellacquedotto sono tuttora esposti.
27. Ricerche archeologiche efettuate nel 1982 nella parte occidentale di Punta Corbato.
28 I primi, rudimentali tentativi fnalizzati a rilevare strutture archeologiche sommerse attraverso analisi geomagnetiche e geoelettriche risalgono agli
anni 20 e 30 del Novecento (Gafney, Gater 2003, 14; Conyers 2004, 4). Le prime ricerche geofsiche efettivamente applicate allarcheologia si datano
sostanzialmente agli anni 50 del Novecento (Bevan 1998; Bevan 2000).
28. Conduttura idrica romana rinvenuta nel 1984 presso la piscina dellalbergo Simonov zaliv.
Ancora nel 1985 lazione del mare port alla luce un muro lungo la costa occidentale del promontorio, che va
verosimilmente identifcato con uno degli allineamenti murari gi documentati dallo ribar, ma non ne rimane
che una foto, senza indicazioni relative alla posizione e allorientamento della struttura (fg. 29).
29. Muro aforato nel 1985 presso il limite occidentale di Punta Corbato.
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Sempre a questo periodo risale anche un rinvenimento fortuito efettuato nei dintorni della villa in occasione di
ricognizioni operate dallIstituto intercomunale per la tutela dei beni naturali e culturali di Pirano: sullincrocio
presso via Tomai fu infatti rinvenuta una moneta romana repubblicana, databile alla fne del III secolo a.C.
30. Rinvenimento fortuito di una moneta repubblicana, 1986.
Il pi importante progetto archeologico nella baia di San Simone, nato dalla collaborazione tra lIstituto inter-
comunale per la tutela dei beni naturali e culturali di Pirano ed il Dipartimento di Studi Classici dellUniversit
di Lund (Svezia), fu avviato nel 1986 (Labud 1989a; Labud 1989b; Mikl-Curk, Stokin 1989). Scopo del progetto
denominato Simonov zaliv, era quello di salvaguardare il monumento archeologico dal degrado. Sin dallinizio,
particolare attenzione fu rivolta a quella parte dei resti architettonici antichi che si trovavano sul promontorio di
Punta Corbato. Il progetto aveva due obiettivi prioritari: proteggere le strutture antiche dalle forti pressioni volte
alla costruzione di un nuovo complesso turistico e appurare lestensione originaria della villa romana. Il progetto
archeologico fu inizialmente suddiviso in tre parti: scavi scientifci a campione; conservazione e presentazione
dellarea; programma didattico (questo ha preso il via nel 1990).
Nel 1986, quando il progetto sloveno-svedese fu avviato, lunico metodo di lavoro possibile nella baia era costituito
da sondaggi realizzati a campione. Principale intento delloperazione, iniziata a causa delle suddette strategie di
sviluppo dellarea, era quello di verifcare la consistenza dei resti sul promontorio di Punta Corbato, raccogliendo il
maggior numero di informazioni al fne di migliorare la comprensione del sito. Limportanza del progetto era tripli-
ce: a) Si trattava dei primi scavi e delle prime ricerche sistematiche di un sito romano sulla costa slovena, sottoposto
a una sequenza completa di interventi di conservazione. b) Gli scavi furono efettuati con tecniche archeologiche
moderne. c) In quel periodo gli interventi operati in regione erano per lo pi scavi demergenza, mentre negli altri
siti conosciuti di ville romane della zona erano state scavate solo trincee di verifca preliminari (Boltin-Tome 1979).
Nellapartesudoccidentaledel promontoriofurealizzatanel 1986unatrinceadi scavochemisurava3,7x 10m(fgg. 20
e 31) e che tra gli anni 1987 e 1991 stata progressivamente ampliata ad una superfcie di 336 m
2
(Stokin 1987b, 268).
31. Saggio di verifca realizzato nel 1986.
Alla campagna hanno partecipato studenti di varie universit e dipartimenti della Svezia come pure studenti del
Dipartimento di Archeologia della Facolt di Lettere e Filosofa dellUniversit di Lubiana. Oltre ai colleghi svede-
si, che hanno collaborato al progetto sino al 1991, hanno operato saltuariamente sul campo numerosi altri esper-
ti. Cos, ad esempio, nel 1986, estese misurazioni di resistenza geoelettrica, in collaborazione con il Dipartimento
di Archeologia dellUniversit di Lubiana, sono state efettuate da Andrew Waters (University of Bradford),
29
ma
senza risultati evidenti. Mark Bell (Museum of London) ha collaborato dal 1988, Vladimir Kovai (Museo Civico di
Parenzo (Zaviajni muzej Poretine)) ha partecipato agli scavi come pure alla documentazione delle strutture sot-
tomarine assieme al Museo del Mare Sergej Maeradi Pirano ed al Museo Nazionale della Slovenia, che nel 1989
ha efettuato le prospezioni subacquee in vista della costruzione del marina: in questo modo stato esaminato
lintero acquatorio del golfo di Isola. Tra il 1987 e il 1991 sono stati documentati alcuni ritrovamenti sommersi
(Boltin-Tome 1988, 233234; Boltin-Tome 1989b) ed importante sottolineare che le ricognizioni subacquee
sono state anche flmate, probabilmente per la prima volta in Slovenia (Knifc 1990, 177; Knifc 1993).
Per il sito di San Simone questi scavi rivestono unimportanza del tutto particolare, in quanto per la prima volta le
indagini sono state eseguite con metodologia stratigrafca. Fu inoltre messa in luce unampia area pertinente al
settore di rappresentanza della villa afacciata su un portico (fg. 42: settore 2, ambienti 1, 2, 3, 4, 5), il che permise
di identifcare il complesso di San Simone con una villa marittima con prospetto porticato (Stokin 2001, 405).
Nel 1990, al termine del primo quadriennio di collaborazione agli scavi di San Simone, si tenne la mostra Simonov
zaliv San Simone: Villa et portus Romanus nel Centro culturale informativo del Museo Civico di Lubiana (Mestni
muzej Ljubljana, Kulturno-informacijski center), con la quale furono presentate le metodologie impiegate per la
produzione di unadeguata documentazione archeologica, lanalisi stratigrafca, la fotogrammetria e le riprese
cicliche. Furono inoltre illustrate le nuove scoperte, le rifessioni sulle varie opinioni correnti in quel periodo in
materia di presentazione dei resti architettonici nonch il flm documentario sulle prospezioni subacquee. La
mostra fu successivamente ospitata anche a Lund (1991) e ad Isola (1992).
29 Andy Waters del Dipartimento di Scienze Archeologiche dellUniversit di Bradford realizz le prospezioni geofsiche nellarea della baia antistante alla
banchina del porto romano (attualmente occupata dal prato destinato ai bagnanti). Tali misurazioni, eseguite analizzando la resistenza elettrica del suolo,
si inserivano in un pi ampio progetto di ricerca e di mappatura delle resistenze geoelettriche esteso ai pi importanti siti archeologici sloveni, avviato
su iniziativa del Dipartimento di Archeologia dellUniversit di Lubiana ed in particolare da Boidar Slapak (Waters 1989; Mui 1999, 350, 384, 396, 404).
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43
La cooperazione tra lIstituto intercomunale per la tutela dei beni naturali e culturali di Pirano ed il Dipartimento
di Antichit Classiche dellUniversit di Lund cess soprattutto a causa degli avvenimenti legati alla dichiarazione
di indipendenza della Repubblica di Slovenia: in parte per la forte infazione precedente questi eventi, che rese
impossibile una programmazione fnanziaria delle campagne di scavo, in parte per il rischio dei vicini atti di guerra.
Le ricerche archeologiche nel sito di San Simone proseguirono comunque anche nel 1991, con quattro ridotti
saggi di scavo (fgg. 20 e 32), compiuti dagli archeologi inglesi Brona Langton e Robert Ellis (Ellis et al. 1992, 221).
I saggi furono realizzati nella parte meridionale dellareale della villa e furono in realt soltanto in parte portati a
termine. Risultato pi importante di questi scavi fu la scoperta della continuazione del portico della villa nellam-
bito della particella catastale confnante (Ellis et al. 1992).
Al fne di procedere ad una graduale presentazione delle aree della villa romana sul promontorio di Punta Corba-
to, furono efettuati nel 1991 anche scavi di revisione nella parte centrale della villa (fgg. 20 in 33) (Stokin 1991,
213), precedentemente indagata da A. Degrassi, B. Tamaro, V. ribar, I. Mikl-Curk e E. Boltin-Tome.
Nel contestodel progettoarcheologicosi sonosvolteanchealtreattivit: laboratori archeologici estivi, campi arche-
ologici latini del ginnasio Poljanska gimnazija di Lubiana coordinati da Tomo Kajfe negli anni 1991 e 1992, inter-
venti sui mosaici da parte del Centro di Restauro della Slovenia (Restavratorski center Slovenije) con Ivan Bogovi
(Bogovi 1994) e una serie di progetti di massima per sistemi di copertura per salvaguardare nel tempo i resti ar-
chitettonici (Stokin2002, 107). Finoal 1999 lIstitutointercomunale per la tutela dei beni naturali e culturali di Pirano
ha regolarmente provveduto alla manutenzione dei mosaici (Vrzelj 1993) ed alla pulizia del sito con il supporto del
Ministero per la Cultura della Repubblica di Slovenia (Republika Slovenija, Ministrstvo za kulturo) (fg. 34).
32. Saggio di verifca realizzato nel 1991.
33. Interventi fnalizzati alla revisione della documentazione del settore 1, operati nel 1991.
34. Pulitura del mosaico nellambiente 5, settore 2, 1999.
A partire dal 1992, Snejana Karinja e Peter ere hanno efettuato altre prospezioni subacquee per individuare
il collegamento tra il porto e la villa ed identifcare i resti delle strutture architettoniche nella parte orientale del
porto. Nel 1994 lavvio dei lavori di costruzione (peraltro non autorizzati) del grande scivolo nella parte occiden-
tale della baia di San Simone rese necessaria la realizzazione di uno scavo demergenza subacqueo, eseguito
proprio da S. Karinja e P. ere (fgg. 20 e 35). I risultati di questa ricerca furono senza dubbio di grande interesse,
in quanto fu possibile delimitare cronologicamente le fasi di frequentazione della baia: la presenza di materiali
tardorepubblicani dimostra che la baia era gi frequentata in questo periodo e che il porto rimase in uso fno in
epoca altomedievale (Karinja 1997a; Karinja 1997b; Karinja, ere 2008).
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35. Scavo subacqueo realizzato nel 1994.
Nel 1992 fu anche indagata la zona orientale del promontorio di Punta Corbato, in occasione della sistemazione
delle opere di canalizzazione disposte al limite del promontorio, presso larea retrostante il porto turistico di Isola.
Gli scavi non raggiunsero grande profondit e non portarono a nessuna scoperta (Kajfe 1992). Nel 1994 un ridotto
saggio di scavo fu realizzato anche nella parte settentrionale del prato antistante alla banchina (fgg. 20 e 36).
30

36. Saggio di verifca realizzato nel 1994.
30 Data la ridotta profondit del sondaggio, furono sondati soltanto gli strati di riporto trasportati nellarea nel 1969, quando fu efettuato il pesante
intervento di risistemazione della baia, in seguito al quale la linea di costa (allepoca di molto rientrata) venne rispostata sulla linea della banchina romana.
Negli anni 1994 in 1995 si svolsero due laboratori architettonico-archeologici estivi ai quali parteciparono stu-
denti di architettura ed archeologia in collaborazione con la Facolt di Architettura dellUniversit di Lubiana
(Univerza v Ljubljani, Fakulteta za arhitekturo) e con lallora Istituto intercomunale per la tutela dei beni naturali
e culturali di Pirano. I laboratori della Scuola di Architettura dellUniversit di Lubiana, sotto la guida di Luka
Aman Momirovski e Andrew Hersher, si basavano su un approccio interdisciplinare. Nel 1994 obiettivo del la-
boratorio dal titolo Siti e spazi urbani marginali era quello di proporre una collocazione del sito nellambiente
urbanizzato la mostra relativa si tenne presso il Centro Culturale Informativo del Museo Civico di Lubiana dall8
al 24 settembre 1994. Lanno successivo il tema fu quello dellinterpretazione del sito; il laboratorio estivo si con-
cluse con la mostra Interpretazione dello spazio, rapporto tra archeologia, architettura e citt rimasta aperta
negli stessi spazi espositivi dal 31 agosto al 9 settembre 1995 (Aman Momirski 2004). Nel 1994 fu anche realiz-
zata la documentazione del progetto per la realizzazione di pannelli esplicativi, della recinzione e del cancello.
Al 1994 si datano nuove misurazioni geofsiche condotte dalla ditta Tecno Futur Service di Bomporto (Modena).
In seguito alle misurazioni efettuate con georadar, furono realizzati 10 ridottissimi saggi di scavo (fg. 20), fna-
lizzati alla verifca dei risultati delle prospezioni (TecnoFuturService 1994); i sondaggi, sparpagliati sulla met set-
tentrionale del promontorio di Punta Corbato, furono eseguiti nel 1995 da Tomislav Kajfe (fg. 37) (Kajfe 1995).
Scavi di limitata estensione e di poca profondit furono anche realizzati nei pressi dei servizi igienici pubblici,
senza rinvenimento alcuno (Frelih 1995).
37. Saggio di verifca eseguito nel 1995.
Nel 1999 il sito di San Simone fu dichiarato monumento di interesse nazionale in base al decreto Odlok o razglasitvi
Arheolokega najdia Simonov zaliv za kulturni spomenik dravnega pomena (Ur.l. RS, t. 81/1999) e rientr dunque
in un regime di protezione particolare (fg. 38), fnalizzato certo alla tutela e preservazione dei resti, ma che ebbe
come efetto collaterale una certa stagnazione degli interventi di ricerca ed anche di conservazione nel sito.
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38. La baia di San Simone con indicazione dellarea soggetta a vincolo (ED 195).
Tre ridotti interventi di scavo furono ancora efettuati nel 2001 nella parte occidentale della baia di San Simone,
ovvero alla base di Punta Can, comunque al di fuori del pi stretto areale di protezione (fgg. 20 e 38). Gli scavi
furono condotti da Matja Novak e portarono ad interessanti risultati: infatti, questi ridotti saggi di scavo, ese-
guiti prima della realizzazione di opere infrastrutturali, hanno accertato la presenza di strutture architettoniche
anche nella parte ovest del sito (Novak 2006, 182).
39. Saggio di verifca realizzato nel 2001.
Nellambito del progetto Interreg Slovenia Croazia HEART of Istria: Heritage and Art. Development of cross-border
tourist itineraries in urban and rural areas (20052007), lIstituto per il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS, con
il coordinamento di Mitja Gutin e in collaborazione con lIstituto per la tutela dei beni culturali di Pirano, ha av-
viato nuove attivit nel sito di San Simone, volte allo studio e alla valorizzazione della villa maritima.
31
Obiettivo
principale del progetto, a cui hanno partecipato anche i comuni di Capodistria, Isola, Pirano, Pinguente (Buzet) e
la Regione istriana (Istarska upanija), era quello di contribuire allo sviluppo del turismo culturale in Istria attra-
verso la valorizzazione del suo ricco patrimonio culturale (Darovec et al. 2007).

Allo scopo di un inquadramento generale delledifcio della villa, unquipe diretta da Branko Mui dellUniver-
sit di Lubiana ha realizzato nel 2006 prospezioni geofsiche che hanno evidenziato lestensione dei resti ar-
chitettonici su tutta larea destinata al parco archeologico (fg. 40) (Mui 2006), sebbene anche in questo caso
siano stati riscontrati problemi nella lettura delle misurazioni efettuate, soprattutto a causa di imprecisioni nella
mappatura delle strutture precedentemente individuate negli scavi.
Negli stessi anni, ovvero nel 2007, il rilievo di dettaglio delle strutture del porto di San Simone stato completato
con notevoli risultati dalla ditta Harpha Sea di Capodistria, che ha realizzato con limpiego di un multi beam sonar
un accurato modello batimetrico del frangifutti (Poglajen 2008b, 9394).
Lultimo programma di ricerca nel sito di San Simone stato avviato nel 2008, grazie alla cooperazione tra lIstitu-
to per il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS e lIstituto Archeologico Austriaco di Vienna: nellambito di questo
progetto, si devono in particolare a Stefan Groh ed a Helga Sedlmayer dellistituto viennese nuovi mirati sondag-
gi di scavo di revisione presso il settore 1 ed estese prospezioni geofsiche nel pi ampio areale della villa (Groh,
Sedlmayer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedlmayer 2009). Al contempo, sono state avviate attivit didattiche e di
promozione volte a favorire una valorizzazione proattiva del sito: il programma di gestione e valorizzazione viene
coordinato da Irena Lazar dellIstituto per il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS (Zanier 2008).
40. Analisi geofsiche realizzate nel 2006.
31 Con lo scopo di presentare ai visitatori un esempio del ricco patrimonio musivo della villa, stata realizzata dallartista e mosaicista Megi Calzi Uri
la copia del mosaico parzialmente asportato nel 1925 (Calzi Uri 2007).
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Villa maritima: ledifcio residenziale
e gli impianti infrastrutturali
Il complesso archeologico-architettonico nella baia di San Simone si estende su unarea di cinque ettari (fg. 41)
ed composto dalla parte residenziale della villa maritima (soltanto parzialmente indagata) sul promontorio di
Punta Corbato, da un sistema di condutture per lacqua ed inoltre da un approdo con un molo, una diga ed una
grande superfcie di smistamento costituita dalla banchina ed ancora dai resti di una struttura (Novak 2006,
181183), destinata verosimilmente al deposito di merci o a funzionalit similari, ubicato immediatamente ai
piedi del colle di Punta Corbato, laddove in mare ancora visibile uno spiazzo lastricato, forse adibito anchesso
ad operazioni di carico e scarico.
LECEN0A l LECCEN0A
hEPILD l SCALA
PIhSKA VILA S PPISTANISCEh
VILLA PDhANA CDN PDPTD
hozaIkI l mosaIcI
ZIdovI l murI
KanaII l canaII
KamnItI pragovI l sogIIe IapIdee
haItnI estrIhI l pavImentI cementIzI
Dpus spIcatum
SEKTDP 1
SETTDPE 1
SEKTDP 2
SETTDPE 2
41. Aerofotogramma dellarea presa in esame.
Ad est il confne del complesso era probabilmente cosituito dal torrente Ricorvo (fg. 14), seppure non abbiamo
elementi circa il percorso e nemmeno circa lesistenza di questo corso dacqua in epoca antica: sicuro appare
tuttal pi che i ritrovamenti archeologici risultano molto intensi su tutta larea del promontorio compresa dal
torrente, come si rileva anche dai rinvenimenti efettuati nei suoi pressi nel 1925 (Degrassi 1926, 156), mentre
non sono state riconosciute evidenze archeologiche nei pi recenti scavi realizzati nella zona della marina (Kajfe
1992).
I resti delledifcio di Punta Corbato fnora indagati indicano che in questa parte della villa si sono conservati una
serie di elementi architettonici di carattere residenziale particolarmente ricchi, come mosaici, pitture parietali,
portici e diversi capitelli di colonne. Tutto ci evidenzia il carattere prettamente di rappresentanza di questa zona
allinterno del complesso ed attesta che si tratta quindi degli ambienti della pars urbana della villa.
La porticus meridionale (settore 2, ambiente 1) (fgg. 20 e 42) era lunga oltre 66 me collegava la zona del porto alla
parte suddella villa. Proprio grazie adessa, e nonostante le indagini limitate, possiamo collocare la villa di San Simone
nel novero delle ville con portico, che sono particolarmente difuse nelle zone costiere (McKay 1975; Percival 1976;
Marzano2007, 7). Lunghi portici colonnati univanospessoledifciodellavillaallestrutturedi approdoantistanti, come
il caso della villa sulla penisola di Isola (Viula) presso Medolino e di altri complessi simili che hanno le caratteristiche
di ville a peristilio, come ad esempio quelle di Val Catena (Veriga) a Brioni, di Sorna, Loron e Barbariga (Matijai 1985;
Matijai 1987; Begovi Dvorak 19971998; Begovi Dvorak 19992000; Matijai 2001; Begovi, Schrunk 2003, 101;
Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk 2004a), come anche quella di Barcola presso Tergeste (Fontana 1993).
Il complesso architettonico nella baia di San Simone aveva tutte le caratteristiche di una villa maritima come le
descrive il Lafon (Lafon 2001, 3; Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk 2004b, 8789): le dimensioni considerevoli, un
edifcio fortemente rappresentativo immediatamente prospiciente il mare, una suggestiva cornice paesaggistica
inquadrata verosimilmente da portici, con una composizione architettonica dilagante su tutta larea della baia e
in armonia con la confgurazione del terreno. Larchitettura della zona residenziale della villa su Punta Corbato si
apriva su tutti e tre i lati verso il mare, ubicata comera sia nella baia sia sul promontorio, situazione caratteristica,
riscontrabile anche in altre ville di questo tipo che si trovano in Istria (Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk 2004b).
Considerata la sua vicinanza al mare, dal punto di vista tipologico possiamo dunque includere questa villa tra le
ville maritime (Begovi, Schrunk 2003, 101). Queste ultime costituivano una categoria particolare di ville costiere,
ed erano caratterizzate come spiega il Lafon dalla presenza di edifci posti direttamente sulla riva, nelle cui
stanze si sente il rumore del mare (Lafon 2001, 3), mentre altri studiosi hanno un approccio pi complesso alla
questione (Marzano 2007, 1416): in primo luogo sarebbe da tener conto anche del fattore economico, oltre che
della posizione, infatti, questi complessi prospicienti il mare ofrivano maggiori opportunit di sviluppo econo-
mico, rispetto a quelli situati nel retroterra o ancora pi allinterno (Marzano 2007, 75).
PARS URBANA: ANALISI ARCHITETTONICA
I vani residenziali della villa di San Simone sul promontorio di Punta Corbato, soltanto parzialmente indagati e parte
costituente di un complesso di pi vaste dimensioni, sono stati suddivisi in due settori per facilitarne lidentifcazio-
ne, ossia nel settore 1 a nord e nel settore 2 a sud. Gli ambienti dei diversi settori sono stati convenzionalmente nu-
merati inuna serie, laddove lassettoplanimetricodegli stessi risultava almenoinparte visibile: la numerazione ha lo
scopodi favorire lidentifcazione dei vani, prescindendoper forza di cose da unprecisoordine planimetricoologico
che allo stato attuale delle ricerche non possibile ricostruire in maniera organica per lintero impianto della villa.
Larea del settore 2, corrispondente alla zona meridionale della villa incentrata sulla porticus, stata scavata preva-
lentemente tra il 1986 e il 1991, ma anche nel 1994 e costituisce il comparto stratigrafcamente meglio indagato,
sebbene in passato gli strati di preparazione dei pavimenti siano stati scavati soltanto per ridotte porzioni, il che ha
evidentemente limitato lindividuazione cronologica della fase di costruzione del settore, che possiamo comunque
inquadrare nellambito dellet tiberiana. Nellarea del settore 1, oggetto in passato di numerosi sondaggi e scavi, e
nella qualenel 1991sonostati condotti soltantodegli scavi di revisioneovverouna campagna di documentazione,
32

non stato possibile individuare depositi stratigrafci intatti (Ellis et al. 1992). Fino a pochi anni fa mancavano dun-
que completamente i dati stratigrafci ed proprio per questo motivo che nel 2008 lIstituto Archeologico Austriaco
e lIstituto per il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS hanno realizzato un ridotto saggio di scavo nellarea a sud del
settore 1. Inbase ai risultati di questoscavo, pare che larea di ambienti raggruppati nel settore 1 costituisse il nucleo
pi antico della villa, costruito negli ultimi decenni a.C. (Groh, Sedlmayer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedlmayer
2009), mentre fanno parte di un ampliamento di pochi decenni successivo (et tiberiana) i vani del settore 2. I
due settori mostrano del resto anche lievi divergenze nellorientamento dei setti murari e notevoli diversit nelle
quote dei piani pavimentali, che nel settore 2 sono di circa 0,30 minferiori rispetto al settore 1.
32 Lampia area scavata da B. Tamaro nel 1924, ma gi prima, e soprattutto dopo, indagata per pi ridotti segmenti da A. Degrassi, V. ribar, I. Mikl e E.
Boltin, stata rimessa in luce quasi per intero nel 1991, ad eccezione della fascia pi meridionale, stante la presenza di coltivazioni di viti. Lo sviluppo
planimetrico degli ambienti in questa zona risulta tuttavia approssimativamente ricostruibile grazie alla documentazione grafca dei precedenti scavi.
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51
42. Planimetria con indicazione della numerazione degli ambienti dei settori 1 e 2.
Per un certo periodo i due settori hanno evidentemente funzionato in concomitanza. In base ai risultati del sag-
gio realizzato nel 2008, pare che gi nel terzo quarto del I secolo d.C. (5070 d.C.) larea del settore 1 sia stata
abbandonata, forse in seguito ad un crollo dovuto a cause non identifcate, come viene rilevato da Stefan Groh e
Helga Sedlmayer (Groh, Sedelmeyer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedelmeyer 2009). Il collasso improvviso di una
parte delledifcio sembrerebbe anche essere indicato dalla presenza di lacerti di intonaco da softto in stato di
crollo, direttamente aderenti alla pavimentazione dellambiente 16.
Larea del settore 2 stata invece mantenuta in uso con, per, una chiara defunzionalizzazione degli spazi, che mo-
strano un abbassamento del tenore di vita. Le strutture costruite in questo periodo paiono essere state realizzate
con materiale di reimpiego, proveniente verosimilmente dalle zone defnitivamente abbandonate della villa, tra cui
fgura in particolare larea del settore 1. Labbandono defnitivo delledifcio della villa si data al IV secolo d.C.
Il settore 1 formato dallambiente centrale 17, dal vano di passaggio 20 e dagli altri spazi residenziali 14, 15,
16
33
e ancora dagli ambienti di servizio 18, 19 e 20 (senza pavimentazione musiva) situati nellala orientale della
struttura. Lambiente 22, solo parzialmente indagato, risulta quasi interamente occupato da una vasca, per la
quale sono plausibili diverse interpretazioni: potrebbe trattarsi di un bacino di raccolta dellacqua piovana, ossia
di una cisterna, oppure di una vasca pertinente ad un settore termale.
34
Per il resto, va sottolineato che lungo il
perimetro del settore 1 visibile lattacco di pi setti murari,
35
la cui organizzazione planimetrica nellambito di
ambienti specifci non tuttavia meglio circostanziabile.
Nella parte meridionale del settore 1 sono state messe in luce nel 2008 porzioni ridotte di altri tre vani 1113
(Groh, Sedelmeyer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedelmeyer 2009), ma soltanto lambiente 13, dove era anche
presente un piccolo lacerto di mosaico, mostra lo stesso orientamento del settore 1. Gli ambienti 12 e 11, che
forse possono essere collegati ad una corte interna, rientrano invece nellorientamento del settore 2.
33Un sondaggio archeologico localizzato tra gli ambienti 15, 16e 17(settore 1), condotto negli anni 19581960(ribar 1960), ha gravemente danneggiato
i mosaici di tutti questi spazi; successivi interventi archeologici e di altra natura hanno ulteriormente degradato questi due ambienti.
34 Per la menzione di terme nel sito di San Simone cfr. Naldini 1700, 359; Naldini, Darovec 2001, 262. Signifcativo appare inoltre il rinvenimento di tubuli
per i quali si rimanda al capitolo seguente.
35 I setti murari sono visibili ad ovest dellambiente 14, a nord dei vani 20 e 21, nonch ad est del corridoio 19.
Gli ambienti scavati nel settore 2 fanno parte del comparto pi rappresentativo della villa, afacciato su una porticus
(ambiente 1) che costituiva sostanzialmente il limite e fronte sudoccidentale delledifcio della villa; proprio per
questo motivo che la descrizione degli ambienti delledifcio partir da questo spazio, in quanto monumentale area
di accesso durante la fase di maggiore foritura del complesso. Sul portico si afacciano ambienti di rappresentanza
di grandi dimensioni, caratterizzati da una ricca decorazione musiva (sale 3 e 5), fra i quali si dispone il corridoio ov-
vero le fauces di accesso alla villa (ambiente 4); al portico si afanca, inoltre, tuttavia senza un varco di collegamento
diretto con lo stesso (per quanto attiene per lo meno larea fnora indagata), un corridoio di proporzioni molto
allungate e ad andamento angolare (2ab) che inquadra larea 2c. A parte questultimo settore, gli altri ambienti
3, 4 e 5 sono collegati al portico attraverso ampie aperture provviste di soglie formate da grandi blocchi lapidei
in cui si osservano i fori per i cardini.
36
Le sale 3 e 5 sono inoltre comunicanti con il corridoio 4; qui, le soglie erano
invece mosaicate. Al vano 3 si accedeva anche da un varco situato allestremit settentrionale della parete nordest,
mentre la stanza 5 era provvista di unulteriore ampia apertura presso lestremit meridionale della parete sudest.
Questultima metteva in comunicazione lambiente 5 con il vano 6, di cui stato portato alla luce un ridottissimo
settore. Poco pi a sudest, un piccolo sondaggio realizzato nel 1991 ha permesso di individuare la continuazione
della porticus (1), nonch altri ambienti (7 e 8) afacciati su di essa. Nellarea a nord dellambiente 3 stato inoltre
parzialmente individuato un corridoio (9), al quale si afancava a settentrione un ulteriore ambiente (10).
Al settore organizzato sulla porticus esterna possiamo riferire anche un gruppo di ambienti indagati in maniera
molto parziale nel settore occidentale del promontorio, i cui setti murari fortuitamente aforanti sono stati docu-
mentati nellambito delle prime ricerche archeologiche efettuate nellarea (Degrassi 1923, 325; ribar 19581959,
274), come anche nel corso dello scavo realizzato da Elica Boltin-Tome nel 1982 (Boltin-Tome 1983; Boltin-Tome
1989a; Boltin-Tome 1991). Queste evidenze sono per di difcile lettura, inparte date le ridotte dimensioni dellarea
indagata, in cui si possono tuttal pi riconoscere gli angoli di pi ambienti, in parte per le metodologie applicate
nelle ricerche, in parte, anche, per la probabile compresenza di testimonianze archeologiche pertinenti a diverse
fasi di sviluppo del sito, documentate per come se appartenenti ad uno stesso periodo. Qui, i dati tramandati non
permettono dunque una trattazione descrittiva sistematica ambiente per ambiente, in quanto in realt ne sono
stati rintracciati diversi, ma tutti soltanto per ridottissime porzioni, ed eviteremo quindi di sofermarci ulteriormen-
te sugli stessi. Va comunque rilevato che in questa parte non sono stati individuati resti di mosaici, tuttavia strati
preparatori di malta, di cui uno con lo strato sottostante a base di pietrisco e laltro caratterizzato dallaggiunta di
cocciopesto (ribar 19581959, 273), i quali possono dunque essere collegati a pavimentazioni musive non conser-
vate, il che, con molta probabilit, va ascritto in buona misura allazione erosiva svolta in passato dal mare, molto
vicino, come ben documentano i rilievi di Attilio Degrassi eVinko ribar (Degrassi 1923, 339, ribar 19581959, 272,
allegato 1). Signifcativo risulta anche il rinvenimento di unampia soglia lapidea situata nellarea settentrionale di
questa parte della villa, documentata sia da V. ribar che da E. Boltin (ribar 19581959, 273; Boltin-Tome 1989a, 9,
fg. 3; Boltin-Tome 1991, 5457, allegato3). Fra i vari setti murari qui indagati, quellodi maggiore lunghezza, caratte-
rizzato da un orientamento nordsud, completamente diverso dal resto dellimpianto della villa, pare si possa attri-
buire ad una fase di sviluppo decisamente successiva al defnitivo abbandono del complesso: come per la struttura
individuata dal Degrassi presso lattacco del promontorio Can, sullaltro lato della baia, sembrerebbe trattarsi di
unozoccolodi rinsaldamentoe sistemazione della costa, riferibile allepoca moderna (forse allOttocento), quandoil
mare si era notevolmente inoltrato sulla terraferma, come risulta ben visibile sulle mappe del Catasto Franceschino.
Di difcile interpretazione anche la serie di sondaggi di circa 2 x 2 m realizzati nel 1995, sparsi sullintera area del
promontorio di Punta Corbato, a verifca dei risultati delle prospezioni geofsiche efettuate dalla Tecno Futur Service;
anche nellambito di queste ricerche sono state documentate alcune strutture, che date le ridotte porzioni indagate
non stato possibile contestualizzare e attribuire ad ambienti specifci; pure in questo caso si dunque rinunciato a
descriverne sistematicamente le evidenze, in quanto poco indicative per lo sviluppo architettonico delledifcio.
Riguardo alle strutture messe in luce nel sito, va in generale rilevato che queste erano costituite soprattutto da
blocchetti di arenaria pi o meno regolari legati da malta ed erano dunque realizzati in una tecnica assimilabile
ad un opus vittatum o listatum irregolare, il che permette di prescindere da una descrizione dettagliata delle
36 La quota delle soglie di circa 10 cm pi alta rispetto al piano di calpestio del portico 1.
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singole murature in quanto per lo pi omogenee. Nellanalisi architettonica che qui segue, verranno dunque evi-
denziate soltanto le caratteristiche specifche di singole strutture costruite con altre tecniche, come ad esempio
nel caso della muratura di fondazione dello stilobate della porticus meridionale realizzata in opus incertum. Per
quanto attiene poi i rivestimenti parietali di intonaco va sottolineato che questi sono stati per lo pi rinvenuti
nellambito di strati di crollo o anche di reinterro
37
e non dunque possibile attribuire i frammenti ad ambienti
specifci. Nellanalisi architettonica si far quindi riferimento soltanto ai lacerti di intonaco conservati in situ, men-
tre gli altri frammenti verranno trattati nellambito del capitolo dedicato allinquadramento dei reperti.
Settore 2
43. Fotografa zenitale del settore 2, ambienti 1, 3, 4 e 5.
Ambiente 1
Lambiente 1 del settore 2, parte integrante dellala meridionale del complesso residenziale della villa romana
nella baia di San Simone, costituito da due muri che corrono paralleli e che sono stati scoperti sotto uno strato
di materiale edilizio di crollo (US 5), che in parte riempiva anche lo spazio tra i due setti (largo 4,10 m). Nel con-
testo architettonico lambiente rappresenta il corridoio meridionale (portico sud), che correva verso il porto e
verso la parte sudest del piccolo promontorio, parzialmente indagato negli anni 19861990 (Stokin 1990, 176),
ma anche con il saggio 4 eseguito nel 1991 (Ellis et al. 1992, 223224). Da quanto emerso dalle ricerche sinora
compiute, mettendo in relazione larea indagata con il saggio 4 del 1991 ed i resti documentati dei muri che van-
37 Proprio nellarea del settore 1 sono stati raccolti nel 1991 numerosi frammenti di intonaco dipinto, stratigrafcamente per decontestualizzati. I
frammenti di decorazione parietale sono pertinenti al cosiddetto terzo stile pompeiano iniziale con architetture e motivi illusionistici, come indicato dai
frammenti dipinti con edicole (aedicule) e fgure a racemi (Bogovi 1994; Koir 2009, 186).
no verso il porto nella parte ovest di Punta Corbato, questo corridoio era lungo oltre 66 m. Il colonnato sul fronte
meridionale del settore ci indica che il corridoio sud si apriva verso il mare, collegando la parte meridionale del
complesso residenziale anche con il settore centrale. Il portico colonnato rappresenta un elemento di estrema
importanza per questa villa, in quanto permette lidentifcazione del complesso con una villa provvista di portico.
44. Veduta dellambiente 1 verso sudest: strato di crollo US 5.
45. Fotografa zenitale dellambiente 1 con indicazione delle unit stratigrafche.
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46. Ambiente 1, veduta delle strutture USM2, USM6 e USM22.
Il muro esterno (USM 2) del porticato meridionale era costruito in opus incertum (larghezza 0,45 m) e costituiva
la struttura di fondazione del colonnato. Nei pressi della struttura USM 2 sono stati documentati tre gruppi di
colonne crollate, parzialmente conservate (USM 26, USM 4, USM 29 e USM 32). Sulla base dei resti superstiti e di
confronti, possiamo concludere che le colonne, altre tre metri e con un diametro di circa 0,35 m, erano poste ad
una distanza di circa due metri luna dallaltra. Erano costruite con spicchi di pietra e di mattoni, che da un lato
avevano forma convessa, allettati con malta e quindi nella tecnica dellopus vittatum mixtum. Le colonne, prive di
basi, erano poi ricoperte di intonaco bianco. I capitelli sono stati rinvenuti in giacitura secondaria in vari punti del
promontorio: si tratta di semplici capitelli dorici (cfr. Inquadramento sintetico dei reperti).
Il muro interno del portico costituito da USM 22 (spessore 0,50,6 m), costruito con blocchetti di calcare e are-
naria di varie dimensioni, legati con malta. Nel tratto nordovest del portico, sostanzialmente in corrispondenza
del vano 2a, lalzato del muro USM 22 appare essere stato ricostruito, o in funzione del sottostante sistema di
canalizzazione nellarea sono, infatti, stati individuati due tratti di canalette oppure quando parte del portico
venne defunzionalizzata con la costruzione del tramezzo USM 21. La pi recente struttura muraria (USM 6) (fg.
51), realizzata sempre con gli stessi materiali ma con uno spessore inferiore (0,45 m), si imposta sopra alle fonda-
zioni del precedente muro USM 22, che raggiungono una profondit di 1,70 m. La base dellallineamento murario
composto da USM 6 e USM 22 recava ancora limitati resti del rivestimento di intonaco, con tracce di colore az-
zurro e verde.
38
La continuazione dello stesso setto, rinvenuta nel saggio 4 del 1991 (USM 419: altezza alzato 0,7
m; spessore 0,5 m) (fg. 47), presentava per unaltezza di 0,55 m un rivestimento di intonaco dipinto di rosso
(spessore circa 1 cm) con lintonachino steso sopra ad un unico strato preparatorio.
In giacitura secondaria, allinterno dellambiente 1, era conservato anche un elemento lapideo (1 x 0,48 m) costi-
tuente parte della soglia che portava al vano 5 (larghezza complessiva della soglia: 3,50 m). Soglie analoghe com-
38 Altri frammenti di intonaco, in stato di crollo, sono stati individuati a nordovest del muretto USM21. Si tratta per lo pi di lacerti monocromi (bianchi,
rosa, rossi, azzurri); soltanto un pezzo a fondo nero (20 x 20 cm) presentava una banda rossa.
paiono di seguito in giacitura primaria (USM 30) (fg. 52), e rappresentano gli accessi agli ambienti 4 (larghezza
della soglia: 1,35 m) e 3 (larghezza della soglia: 1,20 m).
Nel 1994 un piccolo sondaggio, operato nellambiente 1 al fne di individuare le cause che determinavano un
ristagno dacqua sotto il portico meridionale, ha rivelato la presenza di un canale che corre sotto i muri esistenti e
pu essere interpretato come parte del sistema infrastrutturale del settore, e pi precisamente come il canale di
scolo atto ad assicurare il defusso dellacqua da una cisterna che, sebbene non sia stata rinvenuta nel corso degli
scavi, con tutta probabilit era situata nella parte centrale della villa. Questo scarico era composto da elementi
di arenaria e tegole ed era coperto da lastre di dimensioni irregolari. Il canale potrebbe in particolare essere col-
legato con limpianto delle terme, che ipoteticamente localizziamo ad ovest del settore 1 (cfr. ambiente 22).
47. Veduta verso sudovest dellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel 1991.
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48. Fotografa zenitale (orientata verso nordovest) dellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel 1991.
Il portico presentava una pavimentazione a mosaico, che per nella parte settentrionale si conservata in ma-
niera molto frammentaria:
39
nellangolo formato dal muro esterno USM 2 e dal tramezzo USM 21 stata riscon-
trata la presenza di uno strato molto compatto di 510 cm di spessore (US 14), ricco di materiale archeologico
e con abbondanti tracce di bruciato, che copriva un ridottissimo lacerto delloriginaria pavimentazione musiva
realizzata sopra allo strato di livellamento di terra compattata US 43. Per il resto, la presenza di tale rivestimento
a mosaico appare testimoniata dal ritrovamento di circa 2000 tessere sciolte, sparse in vari punti sopra allo strato
US 43, che in epoca tarda fungeva probabilmente da piano di calpestio nellarea defunzionalizzata del portico.
I resti musivi, quali elementi della pavimentazione del portico, possono essere messi in relazione con il pavimen-
to musivo scoperto nel corso degli scavi operati nel saggio 4 nel 1991 (Ellis et al. 1992): questultimo, molto me-
glio conservato, attesta che si trattava di un mosaico bianco contornato da una fascia composita bianca e nera.
Oltre ai segmenti superstiti di mosaico, in questo luogo erano ben visibili anche resti di cocciopesto (US 416), che
costituiva lo strato di preparazione del tappeto musivo.
Nello specifco, la pavimentazione appare costituita da un tappeto di tessere bianche in ordito obliquo, provvisto
di una fascia di bordura realizzata con tre flari di tessere nere disposte in ordito diritto, delimitata su entrambi i
lati da due flari di tessere bianche, anchesse allettate in ordito diritto. La soluzione decorativa adottata nellam-
biente in esame ha unampia difusione sia cronologica sia geografca, trovando impiego sia in ambienti di scarsa
pregnanza funzionale, sia in contesti rappresentativi (Rinaldi 2007, 71). In linea generale va comunque sottoline-
ato che pavimenti tessellati monocromi, o bianchi o neri, bordati da ununica fascia di colore contrastante, sono
tipici del periodo del cosiddetto secondo stile pompeiano ovvero dellepoca tardorepubblicana, presentando in
questa fase un ordito di tessere molto irregolare; con let cesariano-augustea la doppia fascia inizia a sostituirsi
alla singola, rimanendo poi in uso fno allet imperiale avanzata (IV secolo d.C.) (Morricone Matini 1973, 504).
Nella fase di passaggio tra lepoca tardorepubblicana e la prima epoca imperiale, la distinzione in base al numero
di fasce non appare per rigidamente applicata (Rinaldi 2007, 70).
40
39 Il complessivo danneggiamento della pavimentazione musiva del portico era probabilmente dovuto, oltre che ad una notevole sollecitazione da
parte delle intemperie, in quanto ambiente semiaperto, allinfltrazione di acque marine, anche oggi spesso presenti nellarea. Il portico si presentava
particolarmente degradato nella sua parte settentrionale: il cattivo stato di conservazione pu essere ricollegato alla presenza di acqua nel sottosuolo ed
allazione delle maree, evento direttamente connesso a questo fenomeno, come anche ad interventi antropici.
40 Ad esempio nella villa romana di Gorgona Isola, nellarcipelago toscano, databile tra lepoca tardorepubblicana e linizio dellet augustea, coesistono
pavimenti con fascia di bordura singola e fascia di bordura doppia (Gambogi, Firmati 1995, 143 ss., fgg. 13). Similmente, anche nella villa di San Simone
si trovano afancate entrambe le soluzioni: tappeti con fascia di bordura singola si trovano nel settore 2 (portico 1 e corridoio 4), mentre nel settore 1, che
dovrebbe corrispondere al nucleo pi antico della villa, troviamo pavimenti sia a fascia singola (ambiente 15) sia a fascia doppia (ambienti 16 e 17), forse
ad indicare che le diferenti soluzioni trovavano applicazione anche a seconda della diversa larghezza degli ambienti.
49. Veduta della struttura USM415 presente nellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel 1991.
In un periodo pi tardo, furono collocate trasversalmente nel portico delle strutture in muratura USM 21 (lun-
ghezza: 3 m; spessore: 1,5 m) (fgg. 45 e 50) e US 415 (lunghezza: 3 m e spessore: 1,5 m) (fg. 49), questultima rin-
venuta nella prosecuzione del portico 1 nel saggio 4 del 1991 (Ellis et al. 1992, 223224). Questi tramezzi, realizza-
ti con materiale edilizio di reimpiego, soprattutto laterizi frammisti a elementi lapidei, sono privi di fondazione ed
in particolare quello individuato nel saggio 4 (USM 415) poggia direttamente sulla pavimentazione musiva. Qui,
inoltre, il muretto presenta per unaltezza di 0,55 m un rivestimento di intonaco dipinto di rosso (come il muro
interno del portico USM 419). Queste opere in muratura divisero quindi lo spazio del portico sud, che pertanto
venne a perdere la sua funzione originaria, forse acquisendo nuove funzioni in relazione alle attivit del porto, in
rapporto con altri interventi simili operati sui muri USM 55 e USM 33 nellambiente 3.
50. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2 e 3 con indicazione delle unit stratigrafche.
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51. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2 e 3 con indicazione delle unit stratigrafche.
Ambiente 2
Un secondo ambulacro a linea spezzata (ambiente 2a e 2b) conduceva dallarea del porto verso linterno della
villa (fgg. 50 e 51). Un braccio di questo corridoio (2a), parallelo al portico 1 ha una larghezza 2 m ed stato
indagato per una lunghezza di 5 m; a sudovest delimitato dal muro USM 22, il quale stato parzialmente rico-
struito (USM 6). Il tratto seguente dellambulacro svolta accanto allambiente 3 verso nordest: stato indagato
per una lunghezza di 1,5 m, ha una larghezza 1,5 m ed delimitato dai muri USM 13 e USM 57. Di questo vano si
fa parola gi nel 1958, quando fu oggetto di un saggio di scavo ad opera del Museo Nazionale di Lubiana (ribar
19581959). Il corridoio (2ab) era pavimentato con ciottoli di mare, allettati sopra uno strato di preparazione di
terra e calce.
41
A nordovest dellambulacro 2ab si colloca lo spazio 2c, di cui stata messa in luce soltanto una
porzione molto ridotta e che in base allassenza di una pavimentazione pu verosimilmente essere identifcato
con unarea scoperta.
Nellarea indagata stato rinvenuto pure un canale orientato in direzione nordest sudovest (US 17) (fgg. 50 e
51), costruito con lastre di pietra come il canale ritrovato nellambiente 1, e con tutta probabilit era collegato
ai vani centrali della struttura. Pi a nordovest, stato messo in luce un altro tratto della canalizzazione, con un
braccio orientato in senso sudest nordovest al quale si congiunge un ramo allienato in senso nordest sudo-
vest (USM 9 e USM 10). Tali canalette, con pareti di tegole e copertura di lastre lapidee, hanno allinterno una
larghezza di 0,28 m (ossia allincirca di un piede romano), allesterno una larghezza di 0,50,6 m.
Nel caso dellambulacro, si tratta forse di un vano che correva dal posticum (cio dallingresso laterale della villa)
verso linterno del complesso ed era usato sia dai servi sia dal proprietario. In base al ridotto spessore, alla dispo-
sizione planimetrica ed alla tecnica costruttiva della struttura di delimitazione interna del corridoio, formata dagli
allineamenti USM 7 e USM 57, costruiti con blocchetti lapidei, tegole ed embrici legati da malta per uno spessore
di 0,40,45 m, si pu ipoteticamente identifcare il complesso di ambienti 2ac con langolo meridionale di un
peristilio; lo stilobate del porticato sarebbe in questo caso costituito dai setti murari USM 7 e USM 57, mentre
larea 2c andrebbe identifcata con larea scoperta interna allestita a giardino.
41 Nella porzione nordorientale la pavimentazione si presentava danneggiata e sconvolta, probabilmente a causa del crollo delle strutture.
Ambiente 3
Il vano 3 costituisce uno degli ambienti interni della villa ed stato completamente indagato; ha unampiezza di
6,8 x 4,2 m. delimitato a sudovest dal muro USM 22, a nordovest da USM 13 ed a sudest da USM 36 (fgg. 50, 52
e 53), tutti realizzati in blocchetti di arenaria. Del rivestimento delle pareti sono stati rinvenuti frammenti di into-
naco di colore rosso, in stato di crollo. Trattasi di un ambiente di rappresentanza che possiamo forse identifcare
con un triclinio o oecus invernale, in quanto in ampia misura chiuso verso larea del portico.
52. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2b, 3, 4, e 5.
53. Veduta verso nordovest degli ambienti 3 e 4.
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Il pavimento (parzialmente distrutto nella zona vicino allingresso) era a mosaico di tessere bianche e nere, deco-
rato a rombi e contornato da una bordura a fasce bianche e nere alternate. La scacchiera di losanghe in redazio-
ne iterativa e coprente attestata gi nel IV e III secolo a.C. nella tecnica musiva a ciottoli; tra II e I secolo a.C. lo
schema viene trasferito nella tecnica dellopus sectile, mentre nellambito del tessellato la difusione del motivo
appare concentrarsi tra let augustea ed i primi decenni del I secolo d.C. (Meder 2003, 76; Rinaldi 2007, 96).
Nellarea di passaggio tra ambiente 3 e corridoio 4 stato documentato sulla soglia un piccolo mosaico di 1 m x
1,5 m, parzialmente conservato, con motivi bianchi ad ottagono su sfondo mosaicato nero, riquadrato con una
bordura bianca e nera (fgg. 43 e 55).
42
In epoche pi recenti venne eretta accanto al muro USM 36 la struttura rettangolare USM 33 (fgg. 43, 50 e 55),
ampia 1 x 0,7 m, probabilmente coeva al tramezzo USM21 presente nel portico, la quale al centro presentava uno
spazio vuoto. Si tratta verosimilmente di un focolare, costruito sopra alla pavimentazione musiva di questo ambien-
te dopo che la villa era andata in rovina, al tempo in cui furono operati nuovi interventi edilizi, testimoniati anche
da altre strutture (USM6 e USM55) che si sovrappongono alla struttura originaria di questo settore e in particolare
al muro USM22 e al mosaico dellambiente in parola, sopra il quale fu sistemato anche il piccolo tramezzo USM55.
Ambiente 4
Il vano 4 rappresenta il vano di accesso alla villa, largo 1,90 m, indagato per un tratto di 7 m, ma la sua efettiva
lunghezza non stata ancora determinata. Questo corridoio dingresso (fauces) collegava il portico meridionale
con la parte interna delledifcio (fgg. 43, 52, 53, 54 e 56).
54. Veduta verso sudovest dellambiente 4.
42 Cfr. la descrizione e il commento relativo allambiente 4.
55. Dettaglio del mosaico della soglia dellapertura tra gli ambienti 3 ed 4.
Laccesso al corridoio costituito da una soglia di pietra (US 30; larghezza: 1,35 m) e il corridoio stesso si presenta
pavimentato a mosaico (US 39): il tappeto di tessere bianche realizzato in ordito obliquo e presenta una fascia
di bordura formata da due flari di tessere nere disposte in ordito diritto, delimitata su entrambi i lati da due flari
di tessere bianche, anchesse allettate in ordito diritto (fgg. 43 e 52).
43

Il corridoio era collegato ad entrambi i vani laterali 3 e 5 con passaggi pavimentati a mosaico. La soglia della porta
che conduce allambiente 3 presenta una decorazione a ottagoni delineati adiacenti (larghezza della soglia: 1,15
m), con ottagoni neri circondati da flari di tessere nere e quadrati di risulta neri; ai lati la soglia inquadrata da
fasce di bordura bianche e nere. La composizione comprente a ottagoni compare per la prima volta a Roma, tra la
fne del I secolo a.C. e linizio del I secolo d.C. e inizia a difondersi nel corso del I secolo d.C., complicandosi via via
con laggiunta di elementi decorativi e policromi (Meder 2003, 76; Rinaldi 2007, 122). Della pavimentazione della
soglia dellapertura verso lambiente 5 (larghezza della soglia: 1,8 m) si conservata solamente la preparazione.
Ambiente 5
Lambiente 5 del settore 2 di forma rettangolare, ma non stato indagato per intero (fgg. 43, 52 e 56). Come
allambiente 3, anche a questo, che il vano pi ampio della parte sinora indagata del settore 2, si accedeva dal
portico meridionale 1, come anche dal corridoio 4. La sala misura 7,80 m in larghezza e 7 m in lunghezza. Come
i vani 3 e 4, anche questo ambiente presentava una soglia lapidea, rinvenuta in giacitura secondaria nel portico
sud.
43 Per il commento tipologico del pavimento musivo si veda quanto rilevato in relazione alla pavimentazione del portico (ambiente 1).
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56. Mosaici degli ambienti 4 e 5.
Sotto allo strato di crollo si era conservato un mosaico geometrico bianco e nero con una ricca decorazione che ne
fa uno dei mosaici pi rafnati di tutta la villa, ad indicare la sua funzione di ambiente destinato ad accogliere gli
ospiti.
44
La pavimentazione presenta, entro unampia cornice decorata, un tappeto con schema a riquadri delimitati
da un reticolato di fasce caricate da losanghe e quadrati. Le losanghe sono nere su fondo bianco, mentre i quadrati,
bianchi, mostrano una doppia proflatura di tessere nere. I riquadri a fondo nero sono decorati da stelle bianche a
quattropunte dai lati concavi. Il tappetocos decorato circondatoda unampia cornice a fondobianco, contessere
disposte in ordito obliquo, decorata da due trecce a due capi bianche su fondo nero, delimitate su entrambi i lati da
due flari di tessere bianche, due flari di tessere nere e due flari di tessere bianche disposte in ordito diritto.
Lo schema compositivo del mosaico in esame deriva dai primi mosaici a cassettoniimitanti in maniera realistica
i lacunari dei softti; questi primi pavimenti cassettonati, difusi durante il periodo avanzato del cosiddetto se-
condo stile (seconda met del I secolo a.C.), si distinguono per la molteplicit dei motivi di riempimento dei cas-
settoni, la presenza di incorniciature con efetto prospettico o con elementi obliqui che suggeriscono tale efetto
e unattenta imitazione dei particolari dei lacunari dei softti. Con il terzo stile il cassettonato diviene pi sche-
matico: la variet dei riempitivi dapprima ancora policromi poi bicromi si riduce, le incorniciature perdono il
carattere prospettico e via via scompaiono. A partire dalla fne del I secolo a.C. inizi del I secolo d.C. ai mosaici
cassettonati si sostituiscono cos gli schemi a riquadri o compartimenti, difusi in tutta la penisola italiana, dove
le attestazioni si fanno molto pi numerose a partire dalla prima met del I secolo d.C. Gi a partire da questo
periodo, gli esemplari, ovunque molto simili, iniziano ad essere caratterizzati da uno stile molto pi schematico
e lineare, con losanghe e quadrati ribattuti e con i lacunari campiti da semplici fgure geometriche o da motivi
44Immagini del pavimentosonostatepubblicatedaLabud1989b, 12, fg. b; DeFranceschini 1998, 747s., fg. 288. Quandostatamessainluce, lapavimentazione
presentava uno stato di conservazione piuttosto buono, via via peggiorato negli anni successivi allo scavo. Soltanto nel settore sudovest, lungo il muro divisorio
rispetto al portico 1, si trovava unampia lacuna, dove si conservava soltano lo strato di preparazione del mosaico. Perduta era anche la decorazione musiva
dellampia soglia della porta tra la stanza 5edil corridoio4, la quale, comela soglia tra i vani 4e3, doveva presentareuna trama decorativa a sstante. Nel settore
sudovest dellambiente, dove la pavimentazione era appunto danneggiata, stato realizzato un tassello per indagare la stratigrafa sottostante al mosaico.
foreali privi di efetti naturalistici.
45
Con la fne del I secolo d.C. e la prima met del II secolo d.C. gli esemplari, che
divengono pi rari, mostrano una maggiore rigidit e un progressivo aumento del carattere ornamentale della
decorazione, discostandosi sempre di pi dallo schema a cassettoni (Rinaldi 2007, 153).
46
Per quanto riguarda invece la fascia di cornice si pu inoltre rilevare lampia difusione del motivo decorativo
della treccia che si trova in redazioni a due, tre, quattro e a pi capi. Nella redazione pi semplice a due capi, il
motivo a treccia compare come elemento di bordura fn dallet ellenistica, rimanendo in uso senza soluzione di
continuit fno allepoca tardoantica; nel corso dei secoli si riconosce per una progressiva tendenza verso lispes-
simento e lampliamento del modulo dello schema (Rinaldi 2007, 33 ss.).
47
Ambiente 6
Lambiente 6 uno dei vani che si avvicendano lungo il portico sud. La stanza stata indagata solo in parte, e
precisamente sino allo strato costituito dal materiale di crollo US 5. Sulla base della situazione messa in luce ripu-
lendo appunto lo strato di crollo (US 5), si pu preliminarmente notare che anche questo ambiente era pavimen-
tato a mosaico, come pure il passaggio (dove per il mosaico malamente conservato) che lo collegava al vano 5.
57. Fotografa zenitale degli ambienti 5 e 6, strati di crollo.
45 Cfr. Morricone Matini 1965, 79 ss.; Lancha 1977, 32 ss.; Pallasmann-Unteregger 19861987, 221 ss.; Ghedini, Baggio, Toso 1998, 177 ss.; Rinaldi 2007,
151. Confronti si trovano a Roma nellambiente g della domus sotto la chiesa di S. Pudenziana a Roma (Angelelli 2006, 294, fg. 10), a Spoleto nellambiente
8 della domus di Spoleto, in relazione con pitture di terzo stile (Cante et al. 2003, fg. 47; Manconi 2005, fg. 7), ad Arezzo (Ciampoltrini 1993, 57 ss., n.
11.1, fgg. 1718), nelle terme di Bussete databili al III secolo d.C. nel Viterbese (Barbieri 1991, 45 s., fg. 7), a Libarna (Finocchi 1996, 216, fg. 104). Il
motivo appare molto difuso nella regio X, con attestazioni a Imola (Maioli 1994, 233 ss., fg. 4), Vicenza (Ghedini, Baggio 2010), Piacenza, Cremona,
Mantova, Concordia eVal Bandon (Ghedini, Baggio, Toso 1998, 181 s., fgg. 67). In area provinciale il motivo attestato in Gallia, dove gli esemplari, datati
preferibilmente tra la met e la fne del I secolo d.C., mostrano una stretta afnit con i pavimenti nord-italici (Lavagne 19851987, 386, fg. 7).
46 Si vedano a questo riguardo un esemplare di Reggio Emilia (Scagliarini Corlaita, Venturi, Coralini 1999, 70 ss., n. 47, tav. XXI) ed uno di Ravenna (Marini
Calvani, Maioli 1995, 83, fg. 69).
47 S. Gozlan data lintroduzione della treccia a quattro capi policroma in et antonina ed il periodo della sua massima difusione a partire dal III secolo
d.C. (Gozlan 1992, 164; cfr. anche Rinaldi 2007, 37).
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58. Fotografa zenitale degli ambienti 5 e 6, crollo del muro.
59. Dettaglio del crollo del tetto.
Ambienti 7 e 8
Nel saggio4del 1991sonostati individuati, oltreallacontinuazionedellaporticus meridionale, anchealtri dueambien-
ti afacciati su di essa: le parti messe in luce sono molto ridotte e corrispondono sostanzialmente allarea contigua alla
paretedivisoriatrai duevani, pressoil murocheli dividevadallaporticus. Laparetedivisoriatrai dueambienti risultava
per spogliata; dato che il riempimento della fossa di spogliazione non stato scavato, mancano quindi dati stratigra-
fci per datare lintervento che va comunque verosimilmente inquadrato nella fase di disuso della villa.
60. Fotografa zenitale (orientata verso sudovest) degli ambienti 7 e 8 e in secondo piano lambiente 1.
61. Veduta dellambiente 7 verso nordovest.
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Entrambi i vani sono provvisti di pavimentazioni in cementizio di cocciopesto (US 423 e US 424) situati pressap-
poco allo stesso livello, che possiamo forse identifcare con preparazioni di pavimenti musivi oppure con veri e
propri rivestimenti pavimentali.
Ambienti 9 e 10
Il vano 9 (dimensioni dellarea indagata: 2,24 x 5 m) e quello 10 (dimensioni dellarea indagata: 2,24 x 1,9 m) co-
stituiscono parti non ancora completamente esplorate del settore 2, e sono frutto delle attivit di scavo svolte
nellambito del campo archeologico latino (Kajfe 1992), nel corso del quale stato messo in luce lo strato di
crollo US 5, nonch le creste dei muri che delineano appunto questi ambienti. In questa sede, quindi, non sa-
ranno oggetto di trattazione, sebbene la planimetria del vano 9 ne indichi chiaramente la funzione di corridoio
in direzione sudest nordovest a collegamento degli ambienti 4 e 2. Per quanto riguarda lambiente 10 si pu
soltanto afermare la sua presenza a nord del corridoio 9, senza che per sia possibile circoscriverne meglio asset-
to volumetrico e funzione; in linea generale tuttavia chiaro che si tratta di un ambiente di proporzioni strette,
simile ad un corridoio.
62. Fotografa zenitale degli ambienti 9 e 10.
Settore 1
63. Fotografa zenitale del settore 1.
Ambiente 14
Lambiente 14 (4,5 x 5,9 m) costituisce un ampio vano di rappresentanza accessibile dal corridoio 15 (fg. 63).
Per quanto riguarda la pavimentazione dellambiente, occorre rettifcare un errore di attribuzione e valutazione
occorso nelle precedenti descrizioni del pavimento pubblicate dal Djuri e dal Donderer (Djuri 1976, 562, n. 1.1;
Donderer 1986, 188), dovuto verosimilmente alla mancanza di unadeguata pubblicazione della documentazio-
ne degli scavi fno a quel momento efettuati. B Djuri e di rifesso M. Donderer afermano che la pavimentazione
dellambiente era suddivisa in due settori di diverse dimensioni da una fascia di bordura con ornamento non pi
riconoscibile, come pare, in efetti, potersi intuire dal disegno allegato alla relazione della campagna di scavo
realizzata da E. Boltin e I. Mikl nel 1958 (Boltin, Mikl 19581959, 332). Il settore pi piccolo, situato a nordest,
sarebbe stato provvisto di un tappeto musivo bianco con fascia di bordura semplice nera, mentre il settore pi
ampio, a sudovest, sempre a fondo bianco, sarebbe stato incorniciato da una treccia a quattro capi. Sulla base
di questa ricostruzione, lambiente pareva presentare la caratteristica distinzione in anticamera e sala, tipica per
triclinia e oeci. I due settori attribuiti da questi studiosi ad un unico vano appartengono invece a due ambienti
diversi, come risulta evidente nelle fotografe realizzate nel 1991 (fg. 63), quando larea stata rimessa in luce da
M. Stokin. Quanto stato interpretato come il residuo di una fascia di bordura tra i due settori, deve invece essere
identifcato con la decorazione della soglia della porta che metteva in comunicazione le stanze 14 e 15.
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Allambiente 14 va dunque riferito il tappeto musivo a fondo bianco con tessere allettate in ordito obliquo, provvi-
sto di cornice con treccia a quattro capi bianca su fondo nero; tale cornice delimitata su entrambi i lati da un flare
di tessere bianche, tre flari di tessere nere e tre flari di tessere bianche disposte in ordito diritto (fg. 25).
48
La zona
della soglia, presso lapertura tra i vani 14 e 15, decorata da un riquadro a fondo bianco di forma pressappoco
quadrata, delimitato da due flari di tessere nere in ordito diritto, con allinterno un ornamento circolare delineato
da tessere nere, formato da due semicerchi con diametro concavo che abbracciano un fuso (fgg. 65, 66).
49
Il mosai-
co non interamente conservato: i tre piccoli scavi eseguiti nellambiente 14 e le tracce visibili di aratura lo hanno
ampiamente deformato. In base al rilievo efettuato da E. Boltin e I. Mikl (Boltin, Mikl 19581959, 332) ed alle foto
scattate nel 1991, del tappeto musivo pare essere superstite soltanto la met settentrionale, essa stessa caratte-
rizzata da un cattivo stato di conservazione. Si osservano, infatti, varie lacune e fori, probabilmente da mettere in
relazione con le fasi di disuso della villa o con pi recenti attivit agricole condotte sul posto, come lo scavo di fossi
per la piantumazione delle viti, la cui coltivazione qui documentata per lepoca moderna e contemporanea (fg.
64) (Degrassi 1923, 330), ma anche con le ripetute indagini di scavo operate proprio in questa area.
64. Veduta verso nordovest dellambiente 14.
65. Dettaglio del mosaico della soglia tra gli ambienti 14 e 15.
48 Le tessere misurano 0,60,8 cm per lato (Djuri 1976, 562, n. 1.1). Per un sintetico commento connesso alla difusione (molto ampia) del motivo
decorativo della treccia, si veda la descrizione dellambiente 5. Poco comune appare invece il motivo decorativo della soglia verso lambiente 15.
49 Il pavimento stato pubblicato a pi riprese: Degrassi 1923, 333, fg. 5; Tamaro 1928, 413; Boltin, Mikl 19581959, 331; ribar 19581959, 274, fg. 9, 10;
Boltin, Mikl 1959, 103104; Djuri 1976, 562, n. 1.1, tav. 28, 29.a, 31; Donderer 1986, 188, tav. 58.1; De Franceschini 1998, 742744, fg. 285.
Ambiente 15
Si tratta di un vano piccolo e stretto (4,5 x 1,7 m) (fg. 66), ossia un corridoio che collega gli ambienti 17, 14 e 16
e la zona ad ovest del settore 1. Presentava un pavimento mosaicato: il tappeto di tessere bianche disposto in
ordito obliquo, mentre la fascia di bordura appare realizzata con tre flari di tessere nere disposte in ordito diritto,
delimitata su entrambi i lati da tre flari di tessere bianche, anchesse allettate in ordito diritto.
50
66. Veduta verso sudovest dellambiente 15.
Ambiente 16
Nel vano 16 (4,5 x 8 m) il mosaico caratterizzato da uno stato di conservazione compromesso:
51
il pavimento
a fondo bianco ed a ordito obliquo e presenta una doppia fascia di bordura nera in ordito diritto, realizzata con
due bande di tre flari di tessere nere separate da quattro flari di tessere bianche e inquadrate ai lati da tre flari
di tessere bianche
52
. Nel 1991 inquesto ambiente stato rinvenuto lo strato di crollo, intatto, del rivestimento di
intonaco bianco del softto, sul quale erano ancora evidenti i segni di incannucciata.
67. Veduta verso sudovest dellambiente 16 con residui di intonaco da softto in stato di crollo.
50 Sulla tipologia del tappeto musivo si veda quanto rilevato riguardo alla pavimentazione dellambiente 1.
51 Il mosaico stato via via pubblicato da: Degrassi 1923, 333; Tamaro 1928, 413; Boltin, Mikl 19581959, 331; ribar 19581959, 274, fg. 9, 10; Boltin, Mikl
1959, 103104; Djuri 1976, 562, n. 1.1, tav. 28, 29.a, 31; Donderer 1986, 188, tav. 58.1.
52 Le dimensioni delle tessere si aggirano attorno agli 0,60,8 cm (Djuri 1976, 562, n. 1.1).
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68. Dettaglio del mosaico dellambiente 16 con residui di intonaco da softto in stato di crollo.
69. Dettaglio del mosaico dellambiente 16 con evidenti lacune causate da attivit di aratura e residui
di intonaco da softto in stato di crollo.
Ambiente 17
Il vano pi ampio del settore 1 lambiente 17a-b (larghezza massima: 5,9 m; lungh. mass. 13,4 m). Quando nel
1991 il settore 1 stato rimesso in luce, non stata scavata la porzione meridionale dellambiente, il cui assetto
rimane dunque poco chiaro anche confrontando la documentazione grafca prodotta da B. Tamaro negli anni 20
del secolo scorso: nellangolo meridionale una porzione di forma parrallelepipeda (17b) sembra essere sprovvista
della pavimentazione musiva, altrimenti presente nellintero vano e la cui fascia di bordura inoltre delimita larea
risparmiata. Lo spazio rettangolare in questione potrebbe dunque costituire un piccolo ambiente a s stante, di
cui per nel 1991 furono messe in luce sostanzialmente solo le pareti divisorie sui lati nordest e nordovest.
70. Fotograifa zenitale della parte meridionale dellambiente 17.
Nel 1991 sono state documentate in pianta tre sottobasi quadrate in muratura (0,5 x 0,5 m) (fg. 70), che si susse-
guono ad intervalli di 2,70 m luna dallaltra, ad una distanza di 1,5 m dal muro sudest; una sottobase pi stretta
visibile accanto al muro nordest. Nel corso della campagna di revisione della documentazione condotta nel 1991,
sono venute alla luce numerose parti di colonna, sia di pietra sia di mattoni. Riteniamo, pertanto, molto probabile
che queste sottobasi fossero destinate proprio alla sistemazione di colonne, a cui con ogni verosimiglianza pos-
siamo riferire le due basi di colonna, nonch la base di lesena, rinvenute negli scavi di Attilio Degrassi (Degrassi
1923, 330332); ipoteticamente potremmo attribuirvi inoltre il frammento di capitello corinzio, ritrovato nel 1991
nello strato di reinterro di questo settore.
53
Data la presenza del rivestimento musivo sullintera superfcie dellambiente (fg. 63), dobbiamo per presuppor-
re che si trattasse di un ambiente interamente coperto, in cui limpiego di colonne doveva essere dovuto a motivi
statici o/e alla contaminazione con vani di rappresentanza particolarmente elaborati come gli oeci corinzi, carat-
terizzati da bracci colonnati su tre lati, destinati ad agevolare il movimento discreto della servit nellatto di ser-
vire i commensali banchettanti nellarea interna dellambiente. Un simile ambiente stato ad esempio rinvenuto
nella villa di Valdonega presso Verona, che risale allepoca tiberiana (Tosi 1975; Cavalieri Manasse, Bruno 2003).
54
Il rivestimento musivo a fondo bianco, in ordito obliquo, e presenta una grossa fascia di bordura nera, costituita
da 5 flari di tessere nere e circoscritta da tre flari di tessere bianche in ordito diritto, la quale delimita chiaramen-
te anche lo spazio parallelepipedo 17b situato a meridione, purtroppo soltanto parzialmente rimesso in luce nel
1991.
53 Cfr. il seguente capitolo dedicato Inquadramento sintetico dei reperti.
54 Altre attestazioni molto note di questo tipo di ambiente, descritto anche da Vitruvio (VI.3.89), si trovano in area vesuviana (De Albentiis 1990, 153
155), ma anche a Settefnestre (Carandini, Ricci 1985 II, 2021, 4142).
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Ambienti 18 e 19
Un corridoio, che in periodi pi recenti stato suddiviso in due vani 18 (1,75 x 3,125 m) e 19 (1,75 x 5,75 m)
perdendo dunque la sua funzione originaria, si sviluppava parallelamente allambiente 17. Presso lestremit
settentrionale dellambiente 19 sono ancora visibili resti di una pavimentazione in opus spicatum, la quale sta ad
indicare che il vano costituiva un ambiente di servizio.
71. Veduta verso sudovest degli ambienti 18 e 19.
72. Dettaglio della pavimentazione in opus spicatum dellambiente 19.
Ambiente 20
Un ampio varco collega lambiente 17 al piccolo vano 20 (2,62 m x 3,25 m), che rappresenta una specie di vestibo-
lo di raccordo con larea non ancora scavata situata a nord del settore 1. Questultima sembra costituire una zona
collegata ad unarea scoperta (forse identifcabile con un peristilio), in quanto su questo lato presente unampia
soglia di grandi blocchi di arenaria con i fori di alloggiamento per i cardini della porta (fg. 73), come si incontrano
anche nelle parti afacciate sulla porticus. Il tappeto musivo (fgg. 75 e 23)
55
presentava nel settore sudovest, dun-
que in corrispondenza dellampia soglia (fg. 74) che collegava lambiente 20 con la sala 17, una fascia articolata
in sei arcate sormontate da merli e decorata con oscilla a forma di stelle e pelte, il cui orientamento indica chia-
ramente che la direzione preferenziale e principale di accesso procedeva da sud verso nord (dunque dal vano 17
verso larea situata a nord). Due bande nere separano la soglia decorata dal campo centrale bianco, provvisto di
una fascia di bordura nera.
56
La parte centrale della soglia sudovest con le arcate (1,78 x 1,14 m) stata asportata
e portata prima ad Isola nellOspizio Besenghi (Degrassi 1926) ed in seguito al Museo Regionale di Capodistria.
73. Veduta verso sudest dellambiente 20.
74. Veduta verso sudovest dellambiente 20: dettaglio della lacuna risultante dallasportazione del segmento musivo.
55 Le tessere misurano da 1,2 a1,5 cm.
56 Il pavimento stato pubblicato a pi riprese, cfr. Degrassi 1926, 156; Tamaro 1928, 413414, fg.1; Boehringer 1929, 55; Degrassi 1929, 400401;
Degrassi 1935, 286; Blake 1936, 189; Mirabella Roberti 1966, 52; Djuri 1977, 562563, tav. 29 b; Donderer 1986, 188190; Fontana 1993, 193.
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75
75. Segmento musivo inserito nel pavimento del Museo Regionale di Capodistria.
Il motivo decorativo ad arcate si trova nella produzione musiva centro-italica fn dallet tardorepubblicana. A
questepoca risalgono alcuni esempi a Roma, Lanuvio, Pompei e Albano Laziale, in cui queste architetture ad
archi vanno talvolta messe in relazione con i navalia (ossia gli edifci adibiti alla costruzione e riparazione delle
navi),
57
presentando allinterno delle arcate delle prore di navi, talvolta con acquedotti,
58
altre volte con mura
cittadine provviste di porte urbiche. Ad esempio, in un mosaico di Pompei il motivo viene impiegato per rappre-
sentare le mura di una citt in associazione con vari elementi legati alla sfera marina.
59
Alla prima et augustea
appartiene un altro mosaico pompeiano, nel quale le arcate accolgono busti e oggetti pertinenti a diversi ambiti,
fra cui anche quello marino.
60
Nella decorazione musiva di una soglia a Sangemini, riferibile allo stesso periodo,
le arcate contenenti dei quadrati sembrano assumere un valore puramente ornamentale. Un mosaico di Roma
ed uno di Napoli, con arcate provviste di grate, fanno invece chiaramente riferimento ai carceres dei circhi. Vari
esempi, ad Anse, Ostia, Napoli e Nmes, in cui il motivo solitamente connesso con lelemento marino, risalgo-
no al II secolo d.C., e per tutta let imperiale e fno allepoca tardoantica risulta essere molto difusa la versione
semplifcata/schematizzata del motivo ridotto a semplice teoria di archi: gli esempi si trovano sia in Italia sia nelle
province, le attestazioni tardoantiche si concentrano tuttavia nella Venetia (Aquileia, Grado, Murano, Orsera, San
Canzian dIsonzo) (Donderer 1989, 188190; Vincenti 2001; Rinaldi 2005; Rinaldi 2007, 4647).
Nel mosaico in questione, le arcate vanno senza dubbio riferite ad un portico decorato con oscilla, con cui si pu
confrontare una decorazione musiva di Roma con la rappresentazione di erme allinterno degli intercolumni
(Bartoli 1727, tav. 17; Blake 1940, 120). Stilisticamente, il tessellato di San Simone vicino agli esemplari coevi al
cosiddetto secondo stile pittorico (8020 a.C.). Anche la posizione della fascia ad arcate, impiegata per evidenzia-
57 Cfr. per esempio il tappeto musivo delle fauces a della Casa del Marinaio (VII, 15, 2) di Pompei (Franklin 1990, 22).
58 Cfr. il mosaico presso la soglia del vano v della Casa delle Nozze dArgento (V, 2, h) a Pompei: lambiente v costituisce lanticamera al cubiculum, nella
zona delle terme della ricca domus (PPM III, 731, fg. 115). Un altro esemplare di questo tipo stato individuato negli scavi delleTerme Stabiane di Pompei:
in questo caso le arcate decoravano la soglia del tablino di una precedente domus (Eschehach1979, tav. 68 g).
59 Il mosaico si trova nelle fauces della Casa di Caesius Blandus (VII, 1, 40) (PPM VI, 381).
60 Si tratta della decorazione musiva presente sui quattro lati dellimpluvio nellatrio della Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1) (Ehrhardt 1998, 18).
re la zona di ingresso della stanza, risulta essere caratteristica delle prime attestazioni del motivo, che in seguito
compare pi frequentemente con la funzione di cornice.
Per quanto riguarda pi in generale il rapporto tra decorazione musiva e funzione dellambiente, si nota che il
motivo ad archi spesso presente nella pavimentazione di vani di accesso o di passaggio, come vestibula, fauces,
atria e tablina o anticamere a stanze o a settori di particolare rilievo, in particolare anche ad ambienti termali.

La rappresentazione del mosaico in esame, ovvero il portico arricchito da oscilla, deve essere messo in relazione
con il lussuoso mondo dellarchitettura residenziale dellaristocrazia romana e ben si presta a decorare un vano
di un complesso come quello della villa maritima di San Simone, in cui ampi spazi dovevano essere riservati alle
attivit di otium del dominus, nonch alla sua autorappresentazione.
61
Ambiente 21
Il vano 21 rappresenta probabilmente un ambiente di servizio, in quanto non vi furono rinvenuti resti alcuni di
pavimentazioni o preparazioni musive; il piano di calpestio era con tutta probabilit costituito da un battuto di
terra. Il vano si caratterizza anche per lampia estensione delle fondazioni dei muri, disposte inoltre a una quota
molto elevata.
76. Veduta verso nordovest dellambiente 21.
Ambiente 22
Lambiente 22 stato messo in luce nella sua parte meridionale, che risulta occupata da una vasca: potrebbe
trattarsi di un bacino di raccolta dellacqua piovana ovvero di una cisterna, confrontabile con la grande vasca
mosaicata (14,4 x 10,3 m) nella corte centrale di Loron (Tassaux 2010, 22), oppure di una vasca pertinente ad un
settore termale. Sul fondo la vasca era rivestita di uno strato di cementizio di cocciopesto, che non era invece pi
conservato sulle strutture di delimitazione verticali, di cui quella sudoccidentale presenta un foro di scolo.
61 In questo senso non appare giustifcata lopinione del Donderer che attribuisce la trasposizione del motivo ad arcate, dalla rappresentazione di navalia
e acquedotti a quella di un portico, allignoranza dei mosaicisti attivi nella villa di Isola, cfr. Donderer 1986,189. Le numerose varianti del motivo, impiegato
per rappresentare costruzioni molto diverse, dimostrano piuttosto la sua forte adattabilit e la grande attrazione esercitata dallelemento dellarco in
ambito romano.
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77
77. Veduta verso sud dellambiente 22.
IL PORTO
Il porto romano nella baia di San Simone fu menzionato gi nel 1540 da Pietro Coppo, verso la fne del XIX secolo
lo descrisse Pietro Kandler e poi ancora Attilio Degrassi nella prima met del Novecento, quando era gi parzial-
mente sommerso. Il primo rilievo sistematico del porto in questo sito fu realizzato nel 1922 proprio dal Degrassi,
con il concorso degli ingegneri Cusmani e Valesini e del fotografo Pietro Opiglia (fg. 21) (Degrassi 1923, 338; De-
grassi 1955). Dopo la seconda guerra mondiale, agli inizi degli anni 60 del secolo scorso, le prime misurazioni dei
muri dellantico porto nella baia di San Simone furono eseguite da ribar (fg. 24) (ribar 1962, 252), mentre vere
e proprie campagne di misurazione e prospezione subacquea furono avviate dal Museo del Mare Sergej Maera
di Pirano (Boltin-Tome 1975). Nel 1968, per ampliare e sistemare la spiaggia ed evitare lallagamento della parte
interna del porto, fu interrata larea interna della baia, utilizzando il muro di contenimento e la struttura di appro-
do romani come basamento per la nuova banchina in cemento e per il molo (Boltin-Tome 1968b). Nel periodo tra
il 1983 ed il 1987, in vista della costruzione del marina di Isola, in collaborazione con il Museo Civico di Parenzo, il
Museo Regionale di Capodistria, il Dipartimento di Archeologia della Facolt di Lettere e Filosofa dellUniversit
di Lubiana, sotto la guida di Timotej Knifc del Museo Nazionale della Slovenia, il Museo del Mare Sergej Maera
di Pirano efettu una dettagliata prospezione subacquea del porto nella baia di San Simone ed unindagine
estensiva dellacquatorio di Isola. Lintera indagine fu documentata per la prima volta in video; le riprese subac-
quee furono efettuate da fotograf professionisti (Knifc 1993). Le ricerche sottomarine proseguirono sotto la
guida di E. Boltin-Tome in collaborazione con V. Kovai (Museo Civico di Parenzo) e G. Labud (Universit di Lund).
Dal 1994 P. ere e S. Karinja (Museo del Mare Sergej Maera di Pirano), con interventi di carattere conservativo
e fnalizzati ad appurare le connessione tra le strutture di approdo e la villa, efettuarono un consistente numero
di prospezioni nonch uno scavo subacqueo ed identifcarono i resti architettonici della parte orientale del porto
(Karinja 1997b). Nel 2001, nellambito dellIstituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia, stato costituito
un gruppo per le ricerche archeologiche subacquee, che ha operato anche nel sito di San Simone.
78. Veduta del porto durante la bassa marea nel 1968.
Grazie a queste ricerche possiamo seguire il processo di graduale variazione della linea di costa almeno per gli
ultimi duemila anni. Infatti, come ha rilevato lAntonioli, il livello del mare nella baia di San Simone si innalzato
di 1,6 m (Antonioli et al. 2007; Antonioli et al. 2008). La baia sembra essere stata frequentata dallepoca tardore-
pubblicana, mentre le strutture dellimpianto portuale risalgono alla fne del I secolo a.C.; lapprodo stato poi
probabilmente utilizzato almeno sino al IX secolo con laggiunta di diverse strutture lignee (Karinja 1997a, 155;
Karinja 2002, 269; Karinja, ere 2008).
Il porto costituito da tre parti distinte costruite con grossi blocchi di arenaria: il muro di contenimento costiero
ossia la banchina, che sosteneva il terreno proteggendolo dallerosione, il molo ed una lunga diga che lo ripara
dal vento (fg. 20).
Lopera meglio conservata del porto il molo, lungo 55 e largo 5,1 m (fgg. 78 e 79), che si protende da ovest verso
est perpendicolarmente alla banchina. Le sue fondamenta, pi larghe rispetto allapprodo stesso, furono costru-
ite secondo la lezione di Vitruvio e formano una sorta di gradino ancor oggi visibile sul bordo esterno della strut-
tura (Degrassi 1923, 335336). Gli enormi blocchi con i quali stato eretto sono allineati in due corsi. In alcune
parti si sono conservate tre fle di blocchi posti uno sullaltro, mentre gli spazi intermedi sono riempiti di tegole.
Nei secoli XVIIIXIX sul molo erano ancora presenti i grandi anelli di ferro o di bronzo di cui fanno menzione P.
Naldini e P. Kandler (Naldini 1700, 360; Kandler 1848, 52), mentre A. Degrassi ne conservava il ricordo dallinfan-
zia (Degrassi 1923, 336). Le prospezioni subacquee efettuate a partire dal 1988 hanno portato alla riscoperta, a
due metri dallodierna superfcie del mare e sotto alle strutture moderne, delle fondamenta del molo, costruito
con grandi blocchi di pietra (lunghi 23 m, larghi 1 m ed alti 1 m). Della fla superiore sono rimasti al loro posto
soltanto alcuni blocchi (Stokin et al. 2008).
79. Veduta del molo durante la bassa marea nel 1968.
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78
79
Ben conservato anche il muro di contenimento, ossia la banchina. Lunga 120 metri e situata ad angolo retto
rispetto al molo, si compone di una sola fla di blocchi che misurano fno a 3 x 1 x 0,5 m. Nellangolo tra il molo
e questo manufatto era stata costruita anche una struttura rettangolare lunga 19 m e larga 4 m. Probabilmente
si tratta di una realizzazione successiva in quanto risultano evidenti le diferenze nella tecnica costruttiva e nei
materiali: i blocchi sono di dimensioni minori e non sono cos ben rifniti e accuratamente sistemati come nelle
altre zone del porto (Stokin et al. 2008).
La lunga diga difendeva il porto dai forti venti, dalla bora e dalla tramontana (fgg. 20, 78, 80). Con la bassa marea
possibile scorgere a 50 m dalla costa la parte superiore della diga. In quella zona il mare profondo da 3 a 4 m,
la struttura invece alta circa 2 m. La parte esterna lunga 110 m, quella interna 84,2 m. La larghezza allentrata
di 6,4 m. Tutta lopera realizzata in arenaria (Stokin et al. 2008). La struttura della diga stata indagata nel corso
delle prospezioni subacquee efettuate da E. Boltin Tome, V. Kovai e G. Labud (1989). Di recente ne stato ese-
guito il rilievo con metodologia sonar da parte della ditta Harpa Sea (Poglajen 2008b). La ricognizione ha rivelato
che la diga costituita da blocchi lunghi 45 m, largi 12 m e alti 1 m; le fle superiori in alcuni punti sono cadute
di lato e pertanto non stato possibile misurarne loriginale spessore. Ad un metro sotto lattuale superfcie del
mare sono state scoperte fle di blocchi che correvano dalla diga verso la banchina. Si tratta probabilmente di
costruzioni di rinsaldamento della linea di costa, che in epoca antica era qui certamente pi avanzata. In parte
questi resti possono forse anche essere riferiti a strutture connesse ad un avancorpo della villa afacciato sul mare
aperto. Attorno a questarea ampia 20/25 x 7 m, con evidenti resti di costruzioni, sono stati trovati sul fondale
melmoso abbondanti frammenti di materiale edilizio, anfore e ceramica di epoca romana. Frammenti di anfore e
ceramica sono stati rinvenuti anche sul fondale, sul lato esterno della diga (Stokin et al. 2008).
80. Veduta del frangifutti durante la bassa marea nel 2006.
Ad ovest del molo visibile il bordo di una struttura oggi sommersa, forse il piazzale del porto, che in epoca
romana era probabilmente parte integrante dellinfrastruttura dellapprodo (Stokin et al. 2008) e che possiamo
associare alle costruzioni situate ai piedi di Punta Can (Novak 2006, 183). ragionevole supporre un loro colle-
gamento con gli edifci ed i magazzini che facevano parte dellimpianto portuale.
81. Spazio manipolativo lastricato ai piedi di Punta Can.
Il porto della baia di San Simone, con i suoi quasi 8000 m
2
di superfcie, uno dei pi grandi della costa occi-
dentale dellIstria insieme a Fasana (Degrassi 1923, 338). Grazie alla sua posizione favorevole ed alla lunga diga,
permetteva un approdo sicuro anche in situazioni di vento forte, cosa impossibile nel vicino porto di Villisano
(Degrassi 1923, 340). Vi potevano attraccare anche navi del tipo myriophorus, corbita e corbita vinaria con una
lunghezza fno a 25 m e pescaggio massimo di 3 m, capaci di trasportare anche 1000 anfore di vino (Viereck 1975,
148149) o beni di consumo simili. per poco probabile che leventuale produzione locale di vino, olio doliva e
di altri prodotti stagionali bastasse per giustifcare economicamente la costruzione di un cos grande complesso
portuale (Stokin 2001, 407). quindi da supporre che questo porto cos ben protetto servisse non soltanto gli
abitanti della villa ma anche unarea pi ampia dellentroterra che, ovviamente, era collegato al mare mediante
diverse vie di terra. Il porto si trovava sul percorso della strada litoranea che congiungeva i siti costieri della zona
e dalla quale partivano raccordi trasversali che si allacciavano allimportante tracciato della via Flavia, situata pi
allinterno, che univa Tergeste a Pola. Resti della strada litoranea, datata ai tempi di Augusto, sono stati rinvenuti
ed esaminati in prossimit di quella che un tempo era la costa di fronte allalbergo Lucija a Lucia presso Portorose
(Stokin, Lazar 2009).
In questo tratto di costa gli approdi romani erano molto ravvicinati: considerando soltanto il territorio di Isola si
contano addirittura tre strutture portuali. Oltre al porto di San Simone, si conoscono un molo romano ad Isola nei
pressi dellodierna piazza Manzioli (dunque nellarea sudoccidentale dellisola antica) e limpianto di Villisano. La
porzione di costa in questione si trova di fronte al porto aquileiese di Grado, che costituiva molto probabilmente
il punto di arrivo, di partenza e di smistamento di molte delle merci trasportate attraverso tali porti sussidiari.
DallIstria verso Aquileia, ma forse anche verso altri centri della Venetia nordorientale, partiva verosimilmente in
primo luogo lolio, noto nelle fonti letterarie antiche del I secolo d.C. per la sua elevata qualit, mentre dal porto
aquileiese poteva giungere tutta una serie di beni, soprattutto di importazione, richiesti nellarea, la cui sfera di
utenza in particolare per la presenza sparsa di ville di un certo tenore doveva essere piuttosto varia ed esi-
gente.
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82. Veduta aerea verso sud della costa nordoccidentale dellIstria con la zona di Isola in primo piano.
LA CONDUTTURA IDRICA
Nel corso dei lavori di sterro immediatamente a ridosso del sito archeologico di San Simone sono stati portati in
luce in vari punti i resti di un impianto idraulico antico. Di ritrovamenti pi lontani nel passato troviamo notizie nelle
relazioni del Degrassi, secondo il quale la conduttura portava alla villa di San Simone lacqua di una sorgente che si
trovava non lontano dallimbocco della galleria ferroviaria nellentroterra isolano; e lo deduceva probabilmente dal
fatto che le tubature erano state casualmente rinvenute in una campagna sita a poca distanza dal punto in cui la
strada principale Isola Pirano, prima di salire verso Loreto, attraversava un ruscello (Degrassi 1931, 377).
Sulla scorta dei tubi rinvenuti in epoche pi recenti accanto allalbergo Haliaetum (Boltin-Tome 1968b, 2; Cunja,
upani 1984, 2; Kajfe 1991) e nella zona di Valleggia (Jagodje) (Milk-Curk 1974, 198), possibile tentare di
ricostruire approssimativamente il tracciato della conduttura, mentre il punto esatto da cui si estraeva lacqua
non stato ancora individuato.
83. Conduttura fttile messa in luce nel 1984.
La conduttura era composta da tubi di laterizio, uniti tra loro con malta, lunghi 4042 cm (Degrassi 1931, 377;
Boltin-Tome 1968b, 2), con un diametro esterno massimo di 1416,5 cm e un diametro interno di 8,5 cm (Degrassi
1931, 377; Cunja, upani 1984, 4).
62
La massiccia presenza di depositi successivi non permette di defnire in maniera univoca la profondit media di
questa conduttura. Il tubo rinvenuto davanti allalbergo giaceva a 0,95 m sotto la superfcie (Boltin-Tome 1968b,
2; Kajfe 1991, 214).
63
Laltra parte dellimpianto idrico, venuta alla luce tra la piscina e lo stesso albergo, era ad
una profondit di 1,60 m. Risulta verosimile che in epoca antica la conduttura si trovasse 4045 cm sotto al piano
di calpestio (Cunja, upani 1984, 5).
Analoghe condutture idriche sono ora venute alla luce nellarea di Sermino, dove la tubatura in terracotta si-
tuata presso un tracciato viario che dalla falda nordoccidentale del colle di Sermino, dove anche ubicata la villa
sul Risano (Stokin 2006c), conduceva verso larea di Bivio e Valmarin vicino a Scofe (kofje) (Plestenjak 2011).
62 Le tubature rinvenute nel 1984 sono esposte nel Museo Regionale di Capodistria.
63 A sudovest della conduttura antica scoperta nel 1990 si trova lalveo cementato del torrente Ricorvo, che andato evidentemente a troncare la
conduttura stessa.
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Inquadramento sintetico dei reperti
Delle ripetute indagini archeologiche efettuate nel sito di San Simone si conservato un numero piuttosto limi-
tato di reperti che solo in parte provengono da contesti stratigrafcamente indagati. Delle prime ricerche esegui-
te nellarea disponiamo soltanto di brevi appunti relativi ai rinvenimenti pi signifcativi. Utili appaiono a questo
riguardo alcune note di Pietro Kandler, che menziona alcune tegole con bolli, riportati anche da Carlo Gregorutti
e da Theodor Mommsen nel Corpus Inscriptionum Latinarum.
64
Degli scavi di Attilio Degrassi e di Bruna Tamaro non ci sono sostanzialmente giunti reperti, sebbene il Degrassi
menzioni nel suo dettagliato resoconto due basidi colonna, di cui una va probabilmente identifcata con un ca-
pitello, nonch una base rettangolare di lesena di ampie dimensioni (Degrassi 1923, 332335). Un piccolo nucleo
di reperti conservato nel Museo Regionale di Capodistria e costituito da alcune tessere musive di vari materiali
pu verosimilmente essere attribuito a questo periodo delle ricerche, in quanto provvisto di cartiglio con la dici-
tura in bella calligrafa Isola dIstria San Simon.
Alle ricerche di Vinko ribar possiamo invece riferire la fbula, anchessa conservata presso il Museo Regionale di
Capodistria (ribar 19581959, 275; Gutin 1987, 4445; Cunja, Mlinar 2010, 47, 111, n. 106), dove sono anche
custoditi alcuni rinvenimenti di superfcie, consegnati al museo nel 1975 da un turista tedesco, nonch elementi
della conduttura idrica in terracotta messa in luce nel 1984 nei pressi dellalbergo Simonov zaliv.
Il materiale rinvenuto nellambito degli scavi efettuati dal Museo del Mare Sergej Maera di Pirano sia a terra
(1982) che a mare (1991), invece custodito da questultimo museo.
La maggior parte dei reperti di cui oggi possiamo disporre sono quelli recuperati nel corso delle pi ampie cam-
pagne di scavo realizzate tra il 1986 e il 1991, ma anche in questo caso alcuni, anche signifcativi reperti sono
privi del contesto stratigrafco, in quanto lintensa attivit di scavo svolta in quegli anni stata accompagnata da
ricognizioni non sistematiche nellintero areale, che hanno portato alla scoperta di svariati ritrovamenti sporadici.
Del tutto particolare inoltre la situazione dello scavo operato per rimettere in luce larea del settore 1, prece-
dentemente gi indagata a pi riprese, nel cui reinterro sono per stati raccolti numerosi reperti evidentemente
decontestualizzati. Molto limitati sono poi i reperti rinvenuti negli scavi pi recenti (1992, 1994, 1995, 2001).
65
Durante le campagne di scavo condotte tra gli anni 1986 e 1991 sono stati documentati 2300 reperti archeologici,
tra cui 284 ritrovamenti di particolare interesse. Ovviamente sono molto cospicui i materiali architettonici come te-
gole, embrici, tubuli, capitelli, basi ed altre parti di colonne, frammenti di intonaco parietale in molti casi provvisti
di decorazione dipinta, e lacerti di intonaco da softto. Furono portati alla luce anche elementi di sculture votive,
come il frammento di una fgurina di terracotta e una statuetta di piombo rafgurante una Vittoria, con molta pro-
babilit facenti parte del larario della casa. Tra i reperti ceramici la maggior parte dei frammenti documentati era
pertinente a ceramica grezza da cucina e da mensa, di produzione sia locale sia italica (79,5 %), tra cui spicca un
pezzo di ceramica veneta grigia. Pochi erano i resti di anfore (3,2%). Per quanto concerne invece la ceramica fne
(2,7%), ne sonostati rinvenuti frammenti di provenienza italica, africana e orientale, conuna spiccata predominanza
di terra sigillata; scarsi invece i frammenti di ceramica a pareti sottili e a vernice nera (2 pezzi). Furonoscoperte anche
delle lucerne con i bolli Fo(rtis) e Vi(biani) ed una lucerna con rilievi, oltre ad alcuni pesi fttili per le reti da pesca ed
alcuni pesi da telaio. Numerosi, ma mal conservati, sono i frammenti di recipienti di vetro. Rinvenuti anche qualche
gettone da gioco ed un anello di conocchia. Tra gli oggetti metallici, accanto a piccoli elementi pertinenti a fstule
plumbee, era presente una notevole quantit di chiodi di ferro, ami, dei pesi per le reti da pesca ed anche un con-
trappeso da stadera a forma di anfora. Gli scavi hanno restituito soltanto sette monete.
64 Cfr. lelenco in Zaccaria, upani 1987.
65 In corso di pubblicazione da parte dellIstituto Archeologico Austriaco sono invece i reperti rinvenuti nelle ultime campagne di scavo realizzate tra il
2008 e il 2011.
La maggior parte dei singoli reperti archeologici era presente in tre unit stratigrafche: US 5, US 43 e US 14. Le unit
stratigrafche US 5 e US 14 sono strati di crollo e pertanto si pu ipotizzare che il crollo delledifcio sia avvenuto in
due periodi distinti. Lo strato di detriti US 5 (numero di reperti: 116), che rappresenta lultimo strato di crollo della
struttura, era sparso su tutto il campo di indagine. I reperti rinvenuti in questo strato indicano che la villa fu abban-
donata e quindi ridotta in rovina nel IV secolo, come testimoniato dai resti di ceramica nordafricana (Prttel 1999,
27), da una moneta di Valentiniano I o di Valente come pure da un non meglio precisabile centenionale/AE dello
stesso periodo (Kos, emrov 1995, 88). Lo strato di crollo sottostante, US 14, dove stata rinvenuta la maggior parte
dei reperti archeologici di particolare interesse (numero di reperti: 114), copre un lasso cronologico pi ampio. Lin-
quadramento temporale dei ritrovamenti nel settore 2 ne colloca invece lerezione nei primi decenni d.C.
ELEMENTI ARCHITETTONICI
Materiale edilizio lapideo
Nellambito del materiale edilizio lapideo possiamo considerare, oltre ai numerosissimi rinvenimenti di tessere
musive bianche e nere, alcuni elementi di decorazione architettonica, come anche spicchi lapidei che costitui-
vano in maniera prevalente la tessitura delle colonne del portico meridionale nel settore 2, come anche dellam-
biente porticato 17 nel settore 1.
84. Capitello dorico.
Alle colonne del portico 1 nel settore 2 possiamo riferire due capitelli dorici in calcare (rinvenuti in giacitura se-
condaria) (fg. 84), provvisti di sommoscapo di colonna (con un diametro di circa 33 cm), che cronologicamente
si collocano allinizio dellepoca imperiale.
66
Nellambito della regio X si possono ricordare pochi altri esemplari di
capitelli tuscanici e dorici, ovvero ad Aquileia (Cavalieri Manasse 1978, 44, n. 1), a Padova (Zampieri, Cisotto Nalon
1994, 159162, nn. E.17) e a Cremona (Slavazzi 2009, 37, fg. 1, n. 35).
66 Nelle opere di restauro e valorizzazione efettuate negli anni 90 del secolo scorso i capitelli erano stati utilizzati come basi per la ricostruzione delle
colonne nellambiente 17 del settore 1.
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85. Base di colonna.
Nellarea del settore 2 stata inoltre rinvenuta una base di colonna molto rovinata (fg. 85), tuttavia identifcabile
con una base tuscanica in calcare con imoscapo di colonna (con un diametro di circa 34 cm), sprovvista di plinto,
la quale pu forse anchessa essere attribuita alle colonne del portico sud.
86. Frammento di capitello corinzio.
Durante lultimo sterro del settore 1 stato raccolto un frammento di voluta angolare di capitello corinzio in cal-
care con foglia dacanto a resa lineare e spigolosa, ad efetto piuttosto rigido, che si lascia inquadrare al pi tardi
in epoca augustea, con confronti piuttosto puntuali nei capitelli dellarco dei Sergi a Pola (Traversari 1971; Chiab
2005). Ipoteticamente, possiamo attribuire il capitello alle colonne dellaula porticata 17, a cui potremmo forse
anche riferire le basi rinvenute e menzionate dal Degrassi (Degrassi 1923, 330332).
87. Frammento di supporto scanalato marmoreo.
Fuori contesto stratigrafco stata anche scoperta la parte inferiore di un supporto scanalato marmoreo (con un
diametro di circa 25 cm), che si potrebbe forse riferire a un labrum o a un altro oggetto di arredo domestico di
lusso.
Bruna Tamaro segnala inoltre il ritrovamento di frammenti di verde antico (Tamaro 1928, 414), ovvero di marmor
thessalicum, difuso a Roma a partire dallet adrianea (Lazzarini, Cancelliere 2009).
Materiale edilizio fttile
Fra il materiale edilizio fttile merita menzionare in particolare il ritrovamento di qualche tubulo parietale, inte-
ressante soprattutto per la localizzazione a San Simone di un impianto termale o per lo meno di vani riscaldati. La
superfcie appare solcata da linee incise, utili alladesione dellintonaco.
stato inoltre rinvenuto materiale pertinente a rivestimenti pavimentali, come cubetti di terracotta ed elementi
parallelepipedi di forma allungata che possiamo riferire a tessiture in opus spicatum, fra cui risalta in particolare
un pezzo con iscrizione grafta SECVN(---).
88. Elemento fttile per opus spicatum con iscrizione grafta SECVN(---).
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Nellambito del materiale edilizio fttile possiamo inoltre citare gli elementi di colonna a quarto di cerchio che doveva-
no comporre, insieme agli spicchi lapidei, la tessitura muraria delle colonne in opus vittatummixtum. Va per rilevato
che i gavellifttili sono tuttavia molto meno numerosi di quelli lapidei: anche nei diari di scavo del 19861991 la pre-
senza di elementi fttili a quarto di cerchio si rileva soltanto per una delle colonne rinvenute in stato di crollo (USM32).
Chiaramente molto numerosi sono i ritrovamenti di tegole ed embrici. Nel corso degli scavi di San Simone sono
state rinvenute nello specifco diverse tegole bollate:
Tegole con bollo C(ai) Alten(i) sono state trovate esclusivamente negli scavi del 19861991. Trattasi di un bollo
poco difuso, di cui si hanno attestazioni in localit Caneda presso Mulini (Mlini) tra Pirano e Buie (Buje), come
anche a Seghetto (Seget) presso Umago (Zaccaria, upani 1993, 139, n. 3).
Tegole con bollo T(iti) Coeli sono state rinvenute a pi riprese a San Simone (Degrassi 1923, 332, fg. 4:f; Tamaro
1928, 413; Stokin 1988; Zaccaria, upani 1993, 141, n. 16). Il bollo ampiamente difuso tra il Veneto e lIstria
ed ha una datazione compresa tra la fne del I secolo a.C. e linizio del I secolo d.C. (Zaccaria, upani 1993, 141,
n. 16; Gomezel 1996, 82).
A Pietro Kandler ed a Bruna Tamaro si deve il rinvenimento di tegole con bollo Crispini (CIL V, 8110, 73; Gregorutti
1888, 362, n. 65; Tamaro 1928, 413; Zaccaria, upani 1993, 141, n. 19), confermato nuovamente dai risultati dei
recenti scavi. Trattasi anche in questo caso di un bollo di notevole difusione nella fascia costiera che va da Aqui-
leia ai limiti orientali del territorio tergestino, che si trova anche su anfore del tipo Dressel 6B, collocandosi tra I
secolo a.C e I secolo d.C. (Zaccaria, upani 1993, 167; Gomezel 1996, 82; erjal 2005; erjal 2008, 466).
Tegole con bollo Crispinillae, ampiamente attestati in regione ed anche altrove (Zaccaria, upani 1993, 168 ss.),
sono state rinvenute dal Kandler (Gregorutti 1888, n. 65c; Zaccaria, upani 1993, 142, n. 20), ma anche negli
estesi scavi degli anni 80 e 90 del secolo scorso. Tegulae con bollo Crispinillae sono riferibili a Calvia Crispinilla,
magistra libidinum Neronis (Tac. hist. I.73), con ricche propriet in Africa, Puglia ed in Istria, e sono dunque databili
in et neroniana-vespasianea (Zaccaria, upani 1993, 169).
Elica Boltin-Tome riporta inoltre per il sito di San Simone anche il bollo P(ubli) Itvri Sab(ini) (Boltin-Tome 1974, n.
5; Zaccaria, upani 1993, 143144, n. 34), nuovamente di difusione molto ampia in tutta lIstria settentrionale,
in particolare nei dintorni di Capodistria, dove si suppone che fossero situati gli impiatni produttivi, il cui proprie-
tario, Publius Iturius Sabinus, generalmente si identifca con un personaggio, di cui parla Tacito (ann. XIII.19.34;
21.2; 21.6; 22.2; XIV.12.4) come di uno degli accusatori di Agrippina nel 55 d.C. e per questo messo al bando da
Nerone, in seguito riabilitato nel 59 d.C. Un bollo analogo risulta attestato anche su anfore del tipo Dessel 6B, per-
mettendo dunque di precisare la portata dellattivit economica del personaggio (Zaccaria, upani 1993, 166).
Tegole con bollo L. Q(---) Thal(---) sono state raccolte in varie occasioni (CIL V, 8110, 122; Gregorutti 1888, 388, n.
154; Degrassi 1923, 332; Stokin 1987, 29; Zaccaria, upani 1993, 147, n. 55; Karinja 1997b, 186187). Si tratta di
bolli abbastanza frequenti in regione, ma anche altrove (Zaccaria, upani 1993, 169).
Risulta, inoltre, la presenza di tegole con bollo C. Lab(---) Sev(---) (Zaccaria, upani 1993, 144145, n. 36).
Dobbiamo menzionare anche i tubi di terracotta della conduttura idrica rinvenuta a pi riprese nellarea retro-
stante alla villa. Gli elementi scoperti nei pi recenti scavi sono stati asportati e sono ora conservati presso il
Museo Regionale di Capodistria.
Intonaci
Molti frammenti di decorazione parietale (fgg. 89 e 90) sono stati raccolti nel 1991 negli strati di reinterro della-
rea del settore 1, messa in luce per la prima volta dal Degrassi e dalla Tamaro negli anni 20 del secolo scorso e poi
riscavata a pi riprese. Qui una parte del rivestimento dei softti stata rinvenuta in stato di crollo, direttamente
aderente alle pavimentazioni musive. Anche numerosi lacerti di intonaco relativi ai softti, con decorazioni a
fnto cassettonato che mostrano motivi e stilemi inquadrabili ancora nel cosiddetto secondo stile pompeiano
avanzato, sono stati trovati negli strati di reinterro.
67
I frammenti pertinenti ai rivestimenti delle pareti presentano
tuttavia elementi per lo pi riferibili al cosiddetto terzo stile pittorico. A questo ambito rimandano in particolare
alcuni frammenti con fascia decorata da piccole edicole alternate ad esseri a racemi alati, altri con ghirlande mi-
niaturistiche, nonch alcuni frammenti con amorini verosimilmente rafgurati nellatto di manovrare strumenti
di culto, che nel complesso trovano puntuali confronti nel ricco repertorio del terzo stile dellarea vesuviana
(Bastet, de Vos 1979, passim) ma anche dellItalia settentrionale e, stilisticamente, in particolare nelle pitture del
terzo stile iniziale della domus augustea presso il convento di San Domenico ad Imola (Maioli 1997).
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89. Frammenti di decorazione parietale con edicole alternate ad esseri a racemi alati.
90. Frammento di decorazione parietale con amorini.
I frammenti di intonaco dipinto rinvenuti nel settore 2 sono invece prevalentemente monocromi, ma anche qui
un frammento con rosetta a otto petali e gemma sembra comunque rimandare a una fase decorativa inquadra-
bile ancora nel terzo stile.
Alliniziodegli anni 90 del secoloscorsoalcuni frammenti di decorazione parietale (19 campioni) sonostati sottopo-
sti adanalisi microscopiche e chimiche, realizzate da IvoNemec e da IvanBogoi del Centrodi RestaurodellIstituto
per la tutela dei beni culturali della Slovenia. Oltre alla stratigrafa delle preparazioni, fra cui sonoperaltrostati distin-
ti tre ovvero quattro gruppi di strati di intonaco, diferenti per composizione, sono stati defniti i pigmenti utilizzati
nella pellicola pittorica: il pigmento di colore azzurro composto da silicati di rame risultato essere blu egiziano, il
rosso costituito da ossidi ferro pu essere identifcato con unocra, il nero appare realizzato con carbonato di calcio
e materiali organici carbonizzati (Nemec et al. 1991, 2227; Nemec et al. 1993; Bogovi 1994, 1013).
67 Cfr. a questo riguardo linquadramento delle decorazioni da softto di questo periodo in Barbet 1985, 7789. Si vedano inoltre i frammenti di intonaco
da softto con pitture di secondo stile avanzato, rinvenuti nella Casa di Sextus Pompeius Axiochus a Pompei (VI, 13, 19/12): Zanier 2009a, 291294.
68 Per un inquadramento pi approfondito dei frammenti rinvenuti a San Simone si veda Zanier c.s., negli atti della XLI Settimana di Studi Aquileiesi La
pittura romana nellItalia settentrionale e nelle regioni limitrofe (in corso di pubblicazione), in cui si trovano anche contributi sul complesso di Imola (Maioli
c.s.) e sulle altre testimonianze pittoriche dellItalia settentrionale.
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INSTRUMENTUM DOMESTICUM
Plastica votiva
Nella villa di San Simone sono state rinvenute due statuette, riferibili alla religiosit domestica. Una, di terracotta,
rappresenta una fgura femminile stante (altezza conservata: 7,2 cm), con veste pesante e manto appoggiato sul
braccio destro ripiegato sul ventre, reggente un elemento in cui potremmo forse ravvisare un remo o una cornu-
copia (fg. 91). Questultimo dettaglio permetterebbe di identifcare nel personaggio Iside o Fortuna. La statuetta
cava e realizzata conuna matrice moltostanca: la resa della fgura risulta comunque estremamente gofa e stilizzata.
91. Figura femminile di terracotta.
92. Statuetta di piombo rafgurante una Vittoria.
Laltra statuetta di piombo, la fgura a fusione piena, mentre la basetta parallelepipeda proflata risulta cava
(altezza totale: 7 cm) (fg. 92).
69
Anche questa fgura si caratterizza per una resa molto stilizzata, lontana dalla
compiutezza e dalla plasticit delle statuette da larario romane comunemente difuse. Le statuette di piombo co-
stituivano evidentemente una variante pi economica di quelle bronzee: ricordiamo che esistevano anche interi
larari lavorati in piombo, come quelli rinvenuti nel relitto della nave di Comacchio di et augustea (Berti 1990).
Tuttavia, la fgura di San Simone, la quale rappresenta una Vittoria coperta da una sottile veste spiegazzata, con
in mano una corona, sembra quasi scheletrifcata e trova per la resa cos rudimentale soltanto pochi confronti,
richiamando per lefetto pi grafco che plastico iconografe monetali tardoantiche.
Monete
Oltre alle monete repubblicane scoperte casualmente nei pressi del sito, ossia la semuncia (215212 a.C., zecca:
Roma, RRC 41/11) e lasse (II secolo a.C., zecca: Roma, RIC?), nelle unit stratigrafche di scavo sono state rinvenute
le seguenti monete: un quadrante di Augusto (5 a.C., zecca: Roma, RIC 459), un asse di Domiziano (8196, zecca:
Roma, RIC?), un asse di Nerva (97, zecca: Roma, RIC 83), un semisse di Adriano (125128, zecca: Roma, RIC 638),
un AE3 di Valentiniano I o di Valente (364378, zecca: ?, RIC) ed un centenionale/AE3 non meglio identifcabile (IV
secolo d.C., zecca: ?, RIC ?) (Kos, emrov 1995, 88).
Oggetti metallici
Proviene dalle prime campagne di scavo nella baia di San Simone la fbula di schema medio La Tne del tipo Piz-
zughi databile al III secolo a.C. (ribar 19581959, 275; Gutin 1987, 4445; Cunja, Mlinar 2010, 47, 111, t.106).
93. Ami da pesca. 94. Pesi per le reti da pesca.
Quasi cento sono i reperti metallici portati alla luce tra gli anni 1986 e 1991. Si tratta perlopi di chiodi di ferro,
pezzi di piombo dellimpianto idrico, ami da pesca (fg. 93) e pesi (fg. 94). In genere si tratta di elementi pertinenti
alla costruzione, a strutture idrauliche o al mobilio (fstulae plumbeae, chiodi). In relazione alle attivit che si svol-
gevano nella villa sono particolarmente indicativi gli ami da pesca in bronzo ed i pesi di piombo per le reti, ma
69 Un primo inquadramento del pezzo si deve a Tomislav Kajfe (Kajfe 1993).
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anche il contrappeso da stadera a forma di anfora (fg. 95), la cui conformazione risulta ampiamente difusa, con
attestazioni molto numerose nel Friuli centro-occidentale ed in particolare nel territorio di Lestizza (Cividini 2000,
40, n. P1; 173175, nn. P1, P2, P8, P9; Sedran 2009, 5659). Si ricorda che le stadere a piatto unico erano utilizzate
soprattutto nellambito commerciale, ovvero per merci di maggiore ingombro e peso, mentre le bilance a due
piatti erano impiegate principalmente per piccoli oggetti di valore (Roversi 1990, 78; Tarpini 2001).
95. Contrappeso da stadera a forma di anfora.
Utensili fttili
Nellambito degli scavi della villa sono stati rinvenuti pesi da telaio di forma troncopiramidale, nonch pesi fttili
circolari a sezione biconica arrotondata che possiamo identifcare con pesi per reti da pesca.
Ceramica grigia
Il frammento di mortaio in ceramica grigia non stato scoperto in un contesto statigrafco, ossia nel reinterro del
settore 1. I recipienti in ceramica grigia, che erano impiegati come vasellame da cucina, possono essere datati
al periodo compreso tra il IV secolo a.C. ed il I secolo d.C. sulla base di una vasta indagine relativa ai prodotti di
questo materiale rinvenuti nellarea ex Pilsen a Padova (Gamba, Ruta Serafni 1984, 22). Nel nostro caso di tratta
di una produzione tarda, riferibile al periodo augusteo.
Ceramica a vernice nera
Nel settore 1 sono stati portati alla luce due frammenti di ceramica a vernice nera, di cui non stato possibile
ricostruire la forma. Questo tipo di ceramica fece la sua comparsa in Istria gi a met del III e agli inizi del II secolo
a.C, rimanendo in uso sino alla tarda et repubblicana (Stokin 1992, 84). stato individuato nei siti pertinenti alla
fne del II e agli inizi del I secolo a.C. (Horvat 1997b, 121) ossia Fornace, Pirano, Sermino, Paugnano (Horvat 1997b,
125126), dove compaiono forme pi antiche (Istria, Friuli, Razdrto), mentre quelle pi recenti sono tipiche del
periodo compreso tra la met del I secolo a.C. e lepoca augustea e sono attestate soprattutto nellarea interna
delle Alpi orientali (Horvat 199b7, 121). Nella baia di San Simone entrambi i frammenti sono stati trovati nellam-
bito degli strati di reinterro del settore 1, tuttavia ne testimoniano in generale una datazione pi antica rispetto
ai reperti rinvenuti nel settore 2, in cui questo tipo di ceramica non stata sinora individuata.
Ceramica a pareti sottili
Questo tipo di ceramica presente in singoli piccoli esemplari di ollette e coppe, che si caratterizzano per le
pareti sottili decorate e per limpasto friabile. Di tale variet di ceramica abbiamo alcuni esempi di coppe caratte-
rizzate da un impasto grigio chiaro. Si tratta di produzioni tipiche dellItalia settentrionale (Marabini Moevs 1973,
212215). Gli esemplari pi antichi fanno la loro comparsa allinizio del I secolo d.C. (Lamboglia 1943, 180183)
e sono massicciamente rappresentati nei siti di Emona (Petru 1972, tavola 24:9), Nauportus (Horvat 1990, 223,
tavola 13:13) e Fornace (Stokin 1991, tavola 1:2).
Terra sigillata
Nel caso di San Simone la terra sigillata si presenta poco conservata. Poich di difcile identifcazione e ne
hanno gi ampiamente trattato Iva Mikl-Curk e Philipp M. Prttel, qui di seguito ne illustreremo per sommi capi
le caratteristiche salienti.
Nel sito sono stati scoperti diversi piatti in terra sigillata del tipo Consp. 3, 4 e 20 su piede B 6,9, coppe del tipo
Consp. 7 e 26, tutte caratterizzate da pareti molto sottili, ascrivibili al I secolo d.C. (Mikl-Curk 1996, 250). Pi nu-
merosi sono i piatti tipo Consp. 1 e 7 e le coppe del tipo 24, databili al secondo quarto del I secolo d.C. Queste
ceramiche si collocano nellambito del vasellame italico modo confectum, per il quale troviamo confronti puntua-
li soprattutto nellItalia settentrionale (Mikl-Curk 1996, 250). Lorigine pu quindi essere ricercata nelle ofcine
nord-italiche, con analogie particolarmente strette con reperti rinvenuti nellarea del Golfo di Trieste (Mikl-Curk
1996, 252). Le coppe tipo Sarius rinvenute a San Simone sono riconducibili alla met del I secolo d.C. (Mikl-Curk
1996, 252).
Nel sito stato inoltre rinvenuto un limitato numero di frammenti di terra sigillata pertinenti a produzioni decisa-
mente successive. Un esempio costituito da un piatto con orlo rientrante, simile a Consp. 47 e 48, che possiamo
attribuire alle produzioni di terra sigillata orientale del II secolo d.C. (Mikl-Curk 1996, 252).
Il vasellame africano di produzione tunisina, sigillata A, stato studiato dal Prttel, che ne ha individuato alcuni
tipi abbinati a proposte cronologiche diferenti, ovvero: Hayes 8A databile al II secolo d.C., Hayes 9 dallinizio del
II alla met del III secolo, Hayes 9B dalla fne del II secolo alla met del III, ed inoltre le scodelle del tipo Hayes 14B
dal III secolo e fno alla met del IV secolo d.C. (Prttel 1996, 2627, 239).
Interessante constatare che i singoli reperti di ceramica fne africana rinvenuti a San Simone e in altri siti analo-
ghi dellIstria nordoccidentale attestano la precocit di tali importazioni in questarea rispetto ai centri del Vene-
to, avvenute attraverso Tergeste e non attraverso Aquileia (Prttel 1996, 27).
Ceramica comune
Ceramiche comuni, depurate e grezze, destinate alla mensa, alla conservazione, alla preparazione e alla cottura
dei cibi, sono rappresentate soprattutto da produzioni locali. Risulta attestata anche la ceramica da cucina africa-
na, a cui sono riferibili i seguenti tipi: Hayes 23A (II secolo d.C), Hayes 182 (dal II secolo d.C. alla met del IV), Hayes
197 (dal II secolo d.C. alla fne del IV) (Prttel 1996, 2627, 8285, 239).
Anfore
Il limitato numero di frammenti di anfore scoperti nel sito, che sono stati studiati da Giordano Labud (Labud
1996), comprende soprattutto pezzi pertinenti ad anfore Dressel 24. Questo tipo di anfora vinaria fu in uso in
tutta larea mediterranea, nellAdriatico a partire dalla met del I secolo a.C. fno allinizio del II secolo d.C., nel
Tirreno anche fno alla fne del II o addirittura allinizio del III secolo d.C. (Panella 2001, 193-194; Carre, Pesavento
Mattioli 2003a; Maggi 2007, 123).
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I frammenti di anfora del tipo Dessel 6B rappresentano la tipologia anforaria istriana pi importante. Venivano im-
piegate per il trasporto dellolio doliva e furono in uso dalla met del I secolo a.C. e almeno fno alla fne del II secolo
d.C. Produzioni particolarmente note sono quelle delle ofcine di C. Laecanius Bassus e di Calvia Crispinilla (Tassaux
2001; Carre, Pesavento Mattioli 2003a; Carre, Pesavento Mattioli 2003b; Maggi 2007, 124-127; Cipriano 2009).
stato scoperto anche un frammento di anfora Dressel 713 di produzione ispanica, impiegata per il trasporto
del garum e di altri prodotti ittici. Questo tipo di recipiente compare agli inizi dellet augustea e rimane in uso
sino alla fne del I secolo d.C. (Pesavento Mattioli 2000).
Da notare la presenza di frammenti di anfora africana II, difusa inItalia, inGallia e nel Mediterraneoorientale soprat-
tutto nellambito del III secolo (Bonifay 2004; Zulini 2007, 156-158; erjal 2008, 467).
Unaltra tipologia di anfora, attestata da un limitato numero di frammenti, quella dallorlo molto basso del tipo
Berenice, di produzione africana e frequente in tutta larea mediterranea tra III e IV secolo d.C. (Riley 1973, 207, 296).
Soltanto un frammento di anfora, simile al tipo Berenice e che compare anchessa nel III e nel IV secolo, pu essere
ascritto ad un recipiente che veniva prodotto nellarea egea settentrionale o lungo il Mar Nero. Questo tipo di
anfora attestato a Malta, Atene, Neapolis, Tanais e Chersoneso (Riley 1973, 88, 207, 296).
Lucerne
Tra le lucerne rinvenute possiamo citare quella provvista del bollo Fo(rtis), che deriva dalle ofcine nord-italiche
e che veniva fabbricata prima dellinizio degli anni 60 del I secolo d.C (a Pompei risulta ad esempio scarsamente
attestata). In Italia fu prodotta fno agli inizi mentre nelle province fno alla fne del II secolo. Si tratta della lucerna
a canale chiuso del tipo Loeschcke IX (Isteni 1999, 105).
Una lucerna simile con bollo Vi(biani) identifcabile con il tipo Buchi Xa/b, databile al primo terzo o alla prima
met del II secolo (Isteni, 1999, 155).
Una lucerna con gladiatore (fg. 96) del tipo Loeschcke I (B/) C 2b , come le precedenti, un prodotto delle ofcine
nord-italiche. Queste lucerne si fabbricavano nel primo periodo favio, ma si trovano spesso fno al terzo quarto
del II secolo (Isteni 1999, 163).
96. Lucerna con gladiatore.
Vetro
Tra i reperti di vetro studiati da Irena Lazar (Lazar 2005) vanno ricordate le basse coppe con lorlo fortemente
estrofesso della forma Lazar 2.4.2. (Lazar 2003, 73) ovvero Isings 42a variante Limburg 1971 (Tarpini 2000, 95),
databile alla seconda met del I secolo e soprattutto al II secolo d.C. (Lazar 2005, 5).
Numerosi frammenti di orli un po ingrossati e rientranti sono pertinenti alle forme Lazar 3.6.1. e 3.6.2. (Lazar 2003,
102104) e rappresentano il vasellame potorio maggiormente difuso tra II e III secolo d.C. Tra questo materiale
conservato anche un frammento di coppa della forma Lazar 3.5.1. (Lazar 2003, 97), con le pareti caratterizzate
dalla presenza di quattro depressioni ovvero solcature, databile dalla met del I alla prima met del II secolo
(Lazar 2005, 5).
stata rinvenuta anche lansa di una carafa della forma Lazar 5.1.4. o 5.1.3. (Lazar 2003, 126128) oppure Isings
52, tipologia difusa soprattutto sul fnire del I secolo ed ancora nella prima met del II secolo (Lazar 2005, 6). Di-
versi frammenti appartenevano a bottiglie a sezione quadrata della forma Lazar 6.3.1. (Lazar 2003, 149) della fne
del I e del II secolo. Tra i reperti anche il frammento di una piccola bottiglia mercuriale a sezione quadrata della
forma Lazar 8.4.1. (Lazar 2003, 173), difusa soprattutto tra II e III secolo (Lazar 2005, 67).
Sono stati portati in luce anche due gettoni da gioco e un disco di vetro ovvero una fusaiola da conocchia (Lazar
2005, 7).
Tra il materiale scoperto a San Simone ci sono anche frammenti di vetro medievale, ad esempio vetri sofati per
fnestre e pezzi di bottiglie (Lazar 2005, 7).
ANALISI DELLA FLORA E DELLA FAUNA
Un segmento signifcativo delle ricerche compiute nella baia di San Simone stato quello relativo alle analisi dei
resti di fora e fauna, eseguite tra il 1989 e il 1991 al fne di interpretare sia i cambiamenti culturali sia quelli del
contesto paleo-ambientale dellarea. Le indagini compiute hanno riguardato microfossili di ossa animali, mollu-
schi, chiocciole e vegetali. In questo sito uno dei problemi maggiori era costituito dal cattivo stato di conserva-
zione dei singoli resti vegetali, dovuto alle specifche condizioni del suolo ed allimmediata vicinanza del mare.
Le analisi sono state condotte in prevalenza su campioni ritrovati nellambito delle unit stratigrafche allinterno
della villa e che quindi non possono essere intesi come tracce dirette del paleo-ambiente di quellepoca, quanto
piuttosto come materiale di scarto prodotto in diversi periodi di vita della villa, distribuito in diverse unit stra-
tigrafche.
Ossa animali soprattutto di maiale (Sus) e, in misura minore, di bestiame minuto (Ovis s. Capra, Capra hircus) e
di bovino (Bostaurus) sono state individuate nelle unit stratigrafche 87, 111, 115, 110, 51, 79, 5, 14, 5, 14, 5, 43
(Turk, Dirjec 1992).
Nelle unit stratigrafche 110, 111, 115, 3, 87, 96, 79, 112, 109, 48, 116, 98, 95, 121, 81, 78, 63, 85, 80, 59 sono state
scoperte conchiglie e chiocciole di 17 diverse famiglie e generi, appartenenti alla classe dei Gasteropodi e dei
Bivalvi (Vrier 1993). Tra le specie di chiocciole sono state rinvenute Murex (Bolinus brandaris), Gibbula biasolet-
ti, Rumina decollata (specie terrestre), Patella caerulae, Trunculario psistrunculus adriaticus, Gourmya (Thericium)
vulgata, Gourmya (Thericium) rupestris, Eubania vermiculata (specie terrestre), Rumina decollata, Astraea rugosa,
Gibbula sp. (Vrier 1993). Oltre alle chiocciole erano molto numerose anche le conchiglie: Ostrea edulis, Cardium
sp., Pinna sp., Laevicardium sp., Arca Noae, Venerupis decussata, Glycimeris glycimeris, Irus Irus, Pitar sp., Ostrea la-
mellosa (Vrier 1993). Il rinvenimento di grandi quantit di queste conchiglie e chiocciole pu essere collegato in
particolare con attivit antropiche di deposizione di materiale di scarto.
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I resti di microfossili nel sito ci ofrono una testimonianza delle abitudini alimentari e delleconomia del posse-
dimento nella baia di San Simone, infatti, le specie di conchiglie si possono rafrontare con quelle rinvenute in
complessi simili, come ad esempio quello di Loron (Marchiori et al. 2008, 17), dove si raccoglievano direttamente
lungo la spiaggia oppure impiegando le barche per profondit maggiori o dove, addirittura, venivano allevate
(Ostrea edulis e lamellosa) (Tassaux et al. 2008, 17). Tra i reperti archeologici portati alla luce c anche un gran
numero di pesi per le reti, a conferma del fatto che la pesca costituiva una voce importante delleconomia locale
della villa.
A diferenza dei siti di Brioni Val Catena, dove stata scoperta una fullonica (Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk
2005, 137) e, verosimilmente, di Fornace (Stokin 1992, 72), dove sono stati massicciamente rinvenuti resti di Mu-
rex Hexaplex trunculus e Bolinus brandaris, da cui si ricavava la porpora (Marchiori et al. 2008, 17), nella baia di San
Simone a parte la presenza di poche murici Bolinus brandaris per tale attivit non ci sono riscontri.
Sono stati inoltre esaminati 8 campioni di resti vegetali, ma non stato possibile determinare se erano tutti di
interesse archeologico (Regnell 1993). Tra gli esemplari analizzati vanno ricordati la correggiola (Polygonuma
viculare), il lampone (Rubus idaeus), il caglio (Galium sp.), la vite (Vitis vinifera), la veronica (Veronica sp.), il corniolo
(Cornus sp.), le Chenopodiaceae e le Caryophyllaceae. Tra tutti spicca la verbena (Verbena ofcinalis) che i Romani
chiamavano anche erba sacra. Questa pianta notevolmente difusa nellEuropa continentale, prospera nei ter-
reni molto umidi ricchi di azoto e spesso cresce nelle vicinanze di terre coltivate. In epoca romana era considerata
una pianta dalle magiche propriet medicamentose (Regnell 1993).
Lanalisi dei resti di animali e piante scoperti negli ambienti di uso residenziale della villa ci rivela quali erano le
abitudini alimentari del tempo ed attesta lo sviluppo della pesca, caratteristica che, probabilmente, accomuna la
maggior parte dei complessi analoghi distribuiti lungo la costa (Marchiori et al. 2008, 17).
San Simone nel contesto dello
sviluppo storico dellIstria
nordoccidentale
EPOCA TARDOREPUBBLICANA
Alla presenza di attivit nellarea della baia di San Simone durante il periodo tardorepubblicano rimandano sin-
goli reperti archeologici come la semuncia del 212215 a.C. (Kos, emrov 1995, 88), una fbula di schema medio
La Tne del tipo Pizzughi risalente al III secolo a.C. (ribar 19581959, 275; Gutin 1987, 4445; Cunja, Mlinar
2010, 47, 111, n. 106) e il fatto che nel corso dello scavo subacqueo eseguito nel 1994 nel fondale del porto siano
stati rinvenuti un frammento di legno datato con il metodo del C14 al 150124 a.C. nonch frammenti ceramici
genericamente attribuiti al I secolo (Karinja, ere 2008, 206; Stokin et al. 2008, 65). Stando ai reperti ritrovati,
larea gravitante intorno alla baia era probabilmente in uso o forse anche abitata ancora prima della costruzione
della villa e del porto, sebbene sino ad oggi non siano venuti alla luce elementi edilizi delle epoche pi antiche.
Tenendo conto della vicinanza di abitati e castellieri nel pi vicino retroterra, in cui attestatata una continuit
insediativa dalla preistoria al primo periodo della romanizzazione, potremmo supporre che la zona della baia, so-
prattutto per la sua specifca posizione, abbia avuto una funzione simile forse portuale gi in questo periodo,
ma probabilmente di entit molto diversa.
Nellarea in questione, tra la penisola di Muggia e il fume Dragogna, sono numerosi i siti contenenti indicatori
archeologici della prima romanizzazione. Primo fra questi sicuramente il sito di Sermino, ricco di reperti riferibili
a questo periodo (Horvat 1997a), sede di un abitato importante a carattere emporiale, che proprio sotto questa
luce si presta ad essere identifcato con loppidum di Agida / Aegida nominato da Plinio.
70
Nei pressi, a SantAnto-
nio (Sveti Anton) di Capodistria, stato rinvenuto nel XIX secolo un elmo bronzeo di tipo etrusco del III secolo
a.C. che stato inviato a Vienna e poi a Graz (Reinecke 1942, 190, nt. 132; Cunja, upani 1992, 3334, fg. 25;
Karl et al. 2009, 74, n. 391). Lelmo, in quanto indice della presenza militare romana, pone ulteriormente in risal-
to limportanza di questo insediamento. Come gi rilevato, rinvenimenti di ceramica dimportazione italica di
et tardorepubblicana sono noti per vari castellieri dellarea, come quelli di Villanova (Nova vas) (Sakara Suevi
2004), Corte dIsola (Korte) (Boltin-Tome 1960; Boltin-Tome 1962; Sakara Suevi 2008b; Sakara Suevi 2011, 45),
Paugnano (Stokin 1987a) ed Elleri (Jelarji) (Maselli Scotti 1997, 55 ss., 89 ss.). In alcuni di questi casi appare tuttavia
probabile che il materiale indichi soprattutto importazioni di merci utilizzate dalle popolazioni locali e non una
efettiva colonizzazione degli antichi abitati fortifcati. Allo stato attuale delle ricerche, la reale presenza di cives
Romani risulta accertata soltanto per linsediamento di Elleri, in base al rinvenimento di due iscrizioni databili al
primo quarto del I secolo a.C. Tali iscrizioni costituiscono al contempo un elemento di prova per la localizzazione
del confne tra Cisalpina e Illirico non sul Timavo, bens presso il Risano, a comprendere appunto larea di Elleri la
quale, stando alle epigraf, sembra attribuibile al territorio di Aquileia.
71
Un massiccio arrivo e passaggio di merci,
in questo precoce periodo della romanizzazione, comunque testimoniato, oltre che dallimpianto portuale di
Sermino, anche dai reperti di Fornace (Stokin 1992) e dal ritrovamento di anfore databili al II e I secolo a.C. efet-
tuato sul fondale marino presso Punta Madonna a Pirano,
72
e dunque soprattutto da siti costieri, che si ricollega-
no alle vie di comunicazione verso linterno. In questo ambito cronologico, il trasporto di merci di importazione
romana in direzione delle aree a nord della penisola istriana risulta testimoniato in particolare dai resti archeolo-
70 Si veda a questo riguardo quanto gi espresso nella Topografa antica dellIstria nordoccidentale.
71 Per una discussione pi approfondita del problema si veda soprattutto Rossi 1991; Zaccaria 1992, 240243; Vedaldi Iasbez 1994, 30, 44; Starac 1999,
11 ss.; ael Kos 2000; Zaccaria 2009, 89.
72 Le anfore, rinvenute nel 1955 a 3 m di profondit, erano forse parte di un carico afondato. Oggi sono conservate nel Museo del MareSergej Maera
di Pirano (Boltin-Tome 1979, 56; Boltin-Tome 1989a, 15).
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gici di Razdrto, in cui stato riconosciuto un insediamento della fne del II inizi I secolo a.C., in connessione con i
trafci di merci sul tracciato dellantica strada del valico di Postumia. Nelle vicinanze, al pi tardi nella prima met
del II secolo a.C., doveva essere avvenuta unimportante azione militare, testimoniata dal ricco deposito di armi
di Grad presso mihel (Horvat, Bavdek 2009).
73

Il quadro fnora delineato sembra dunque ricollegarsi ad una prima occupazione dellIstria che potremmo defni-
re soprattutto commerciale, a cui si associa il sussidio della presenza militare a controllo dei trafci, ma anche del
pagamento dei tributi e di eventuali rivolte, in cui le evidenze di San Simone come quelle di molti altri siti della-
rea, caratterizzati dalla presenza di materiali soprattutto residuali di epoca tardorepubblicana (come sembra ad
esempio essere il caso di Capodistria), si pongono come segni di una frequentazione romana difusa, collegata
per ad un numero ridotto di impianti pi propriamente romani, collocati soprattutto nellarea settentrionale
della penisola istriana, almeno a giudicare dai materiali fnora pubblicati per la parte croata dellIstria (Matijai
2009, 387).
74
97. Fasi edilizie del complesso.
73 Per un inquadramento degli altri siti dellIstria interna, riferibili al primo periodo di romanizzazione, si veda in particolare Horvat 1999, 218219; Horvat
2008; Horvat 2009.
74 Non convince, infatti, il tentativo di riconoscere un edifcio anteriore alla villa romana di Val Madonna sullisola di Brioni Maggiore, che sarebbe
databile agli anni 70 del I secolo a.C., sulla base del rinvenimento di un denario repubblicano riferibile a tale periodo (Vitasovi 2005; Begovi, Schrunk,
2007, 4042).
ALLINIZIO DELLET IMPERIALE
Sulla base dei dati sinora acquisiti, possiamo far risalire al primo impianto della villa di San Simone (I fase edilizia)
lintero settore 1 (fg. 97), in passato pi volte oggetto di scavi, nel quale nel corso della campagna di revisione
della documentazione efettuata nel 1991 non stato possibile documentare depositi stratigrafci intatti. Nel
reinterro dellarea erano presenti soprattutto materiali da costruzione, tegole, embrici, intonaci (anche da sof-
ftto), elementi di pietra per fusti di colonna, tessere musive ed anche rari reperti ceramici (Ellis et al. 1992). La
Horvat assegna i reperti ceramici pi antichi rinvenuti in questo settore al periodo centrale dellet augustea,
sulla base di frammenti di terra sigillata (Consp. 12), di ceramica a vernice nera, di un mortaio di ceramica grigia,
di un alto bicchiere di ceramica a pareti sottili (B1/2) e di una lucerna cilindrica nord-italica (Horvat 1993, 76). Tali
materiali, sebbene decontestualizzati, sono utili a inquadrare indicativamente lambito cronologico di costruzio-
ne di questa parte del complesso. Risultano in particolare signifcativi i frammenti di decorazione parietale qui
rinvenuti, con motivi e stilemi caratteristici, tipici della fase iniziale del cosiddetto terzo stile pompeiano, avvalo-
rando dunque una datazione nellambito dellet augustea, cronologia per altro confermata anche dal saggio di
scavo efettuato nel 2008 nellarea meridionale del settore 1 dallIstituto Archeologico Austriaco e dallIstituto per
il Patrimonio del Mediterraneo UP ZRS (Groh, Sedlmayer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedlmayer 2009).
Con tutta probabilit il settore 1 fu costruito prima del settore 2, come starebbero forse ad indicare anche al-
cune disparit nei materiali o nelle tecniche di esecuzione. Queste diferenze, tuttavia, non si possono ritenere
un sicuro indicatore della loro successione cronologica in quanto una certa diversit, soprattutto nellutilizzo di
particolari materiali, rimane comunque ipotizzabile anche nellambito di una fase costruttiva unica, data la logica
suddivisione del lavoro su periodi anche protratti nel tempo, durante i quali rifornimenti di materiali e miscele
potevano cambiare. importante sottolineare che queste diferenze sono riscontrabili nella struttura del masset-
to, che nellambito del settore 1 contiene anche materiale di scarto proveniente dalla lavorazione delle tessere
musive, mentre nel settore 2 questo tipo di inclusi non compaiono. Va rilevato, inoltre, che i mosaici presenti negli
ambienti 14, 15 e 16 sono tutti realizzati con tessere molto pi piccole rispetto a quelle impiegate per i mosaici
degli altri ambienti.
Nellambito dei motivi decorativi presenti nei tappeti musivi non in realt possibile distinguere elementi carat-
teristici, dirimenti per la questione cronologica, in quanto il repertorio di entrambi i settori appare variamento
attestato tra la fne dellepoca repubblicana e il primo periodo imperiale. Vale per la pena di osservare lesecu-
zione degli elementi pi semplici ovvero modulari, come le fasce di bordura nere nei tappeti monocromi bianchi.
I corridoi e gli ambienti di ricevimento, pavimentati con mosaici bianchi, presentano, infatti, diferenti fasce di
bordura realizzate con tessere nere. A questo riguardo appare utile confrontare in particolare i corridoi 4 e 15, i
quali hanno larghezza e funzione del tutto simili: il primo presenta una banda singola formata da due flari di tes-
sere nere disposte in ordito diritto, delimitata su entrambi i lati da due flari di tessere bianche, mentre nel vano
15 la fascia appare realizzata con tre flari di tessere nere disposte in ordito diritto, delimitata su entrambi i lati da
tre flari di tessere bianche.
75
La fascia nellambiente 15 del settore 1 quindi pi spessa di quella del corridorio 4
nel settore 2, ad indicare, forse, manodopera e cronologia diverse.
Simili disparit si notano anche nellambito dei frammenti di intonaco rinvenuti. Diferenze sono presenti so-
prattutto nella preparazione dellintonaco (Nemec et al. 1991; Nemec et al. 1993; Bogovi 1994), mentre appare
difcile confrontare i rivestimenti sulla base dei motivi decorativi, in quanto nel settore 2 i frammenti di intonaco
recuperati risultano molto meno numerosi (forse a causa di un utilizzo pi prolungato degli ambienti, dunque
esposti a un degrado progressivo molto maggiore) e sono limitati ad alcuni lacerti, per lo pi monocromi.
75 Per completare il quadro sulle fasce di bordura riportiamo anche i dati relativi agli altri tappeti musivi a fondo bianco, che per per diversit nellassetto
volumetrico non possono essere confrontati tra di loro: nel portico 1 la bordura realizzata con tre flari di tessere nere disposte in ordito diritto, delimitata
su entrambi i lati da due flari di tessere bianche, anchesse allettate in ordito diritto; nella sala 17 costituisce una grossa fascia di bordura nera, formata
da 5 flari di tessere nere e delimitata da tre flari di tessere bianche in ordito diritto; mentre nellambiente 16 il mosaico presenta una doppia fascia di
bordura nera in ordito diritto, realizzata con due bande di tre flari di tessere nere, separate da quattro flari di tessere bianche e inquadrate ai lati da tre
flari di tessere bianche.
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Un altro motivo a sostegno della diversa epoca di realizzazione la divergenza nellorientamento dei settori 1
e 2. Il punto di contatto tra le due aree, caratterizzate da un orientamento in realt soltanto di poco disassato,
stato individuato nellambito del limitato saggio realizzato nel 2008: lo scavo ha portato alla luce un ambiente
piuttosto stretto (vano 13), situato a sud dellambiente 14, con lo stesso orientamento comune allarea del settore
1, mentre gli spazi 11 e 12, disposti contiguamente a sud, sono separati da un muro che presenta lorientamento
distintivo del settore 2 (Groh, Sedlmayer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedlmayer 2009). A questo riguardo ap-
pare importante sottolineare che larea del settore 1 risulta sostanzialmente limitata alla parte del promontorio
contraddistinta dagli aforamenti pi elevati del banco di calcare caratteristico della zona di Isola (Plesniar et al.
1973), che proprio in corrispondenza di Punta Corbato va a congiungersi con le massicce stratifcazioni di arena-
ria tipiche della costa nordoccidentale dellIstria. Chiaro che la roccia calcarea costituisce un sostrato pi idoneo
ai fni costruttivi, in quanto permeabile e dunque meno soggetto a problemi idrologici, circostanza che potrebbe
aver infuito sulla scelta dellubicazione del primo impianto della villa.
Dato che lorientamento del settore 2 coerente con quello della banchina e del molo del porto, possiamo pre-
supporre che la costruzione di questi ultimi elementi sia da mettere in relazione con la fase di ampliamento (II
fase edilizia) della villa. La cronologia dellintero impianto portuale, ma anche degli apprestamenti ad esso colle-
gati, situati alla base del promontorio di punta Can, non tuttavia accertata, come non chiaro se molo, ban-
china e anche frangifutti siano del tutto coevi. Si pu dunque tuttal pi ipotizzare che il nucleo pi antico della
villa, impostato sulla parte pi eminente del promontorio di Punta Corbato, fosse in connessione con unarea di
attracco meno sviluppata, forse costituita solamente dalla cosiddetta diga, che si pone a prolungamento del pro-
flo del promontorio di punta Corbato presentando in realt una struttura molto pi accurata e regolare rispetto
ad altri manufatti analoghi destinati unicamente allarginamento del moto ondoso. In base a questa ricostruzio-
ne ipotetica il completamento dellintero impianto portuale sarebbe poi avvenuto in concomitanza con la II fase
edilizia, a cui possiamo riferire anche lampliamento con la relativa monumentalizzazione delledifcio della villa.
Dunque, in via ipotetica, riteniamo che larea del settore 2 costituisca lampliamento monumentale del comples-
so verso sud (II fase edilizia), che possiamo datare allet di Tiberio.
Con un inquadramento cronologico dellarea della porticus nellambito dellepoca tiberiana risulta in particolare
compatibile la fattura dei capitelli dorici in pietra istriana che dovevano sormontare le colonne che scandivano
il lato a mare.
Per lindividuazione cronologica del settore 2 sono inoltre indicative le tegole bollate qui rinvenute L. Q. Thal.,
C. Alten., T. Coeli, Crispini, Crispinillae: buona parte di questi bolli attestata in particolare tra il I a.C. e il I secolo
d.C., mentre quello di Crispinillae risulta chiaramente riferibile allet neroniana, indicando lesistenza di interventi
edilizi successivi.
76
Come gi anticipato, la II fase edilizia sembrerebbe quindi implicare la costruzione dellintero settore 2 della villa
(ovvero a sud dellambiente 13), delimitato a sudovest dalla porticus, nonch forse il completamento del grande
impianto portuale situato a sud, portando il complesso della villa al suo massimo sviluppo sia per quanto riguar-
da lestensione sia sotto il proflo degli apparati decorativi. Forse in questo stesso periodo il settore 1 fu anche
rinnovato e ampliato, interventi di cui potrebbero essere una prova il muro trasversale che divise il corridoio
1819 ed i mosaici con tessere pi grandi negli ambienti 17 e 20.
Se ora cerchiamo di mettere in relazione queste prime due, ravvicinate fasi costruttive con il contesto storico e
insediativo dellarea, vediamo che in Istria tipica proprio della prima et imperiale lerezione di complessi arti-
colati come le ville a peristilio: le ville marittime erano spesso dotate di portici colonnati, sviluppandosi intorno a
76 Analogo il discorso per le tegole bollate P. Itvri Sab., riportate per il sito di San Simone da Elica Boltin-Tome (Boltin-Tome 1974, n. 5; Zaccaria, upani
1993, 143144, n. 34). Tali tegole non sono per state rinvenute nellambito degli scavi sloveno-svedesi della porticus. Il proprietario dellimpianto
produttivo delle tegole in questione, Publius Iturius Sabinus, viene generalmente identifcato con un personaggio di cui parla Tacito (ann. XIII.19.34; 21.2;
21.6; 22.2; XIV.12.4) e che sarebbe stato uno degli accusatori di Agrippina nel 55 d.C., per questo motivo messo al bando da Nerone e poi riabilitato nel
59 d.C. (Zaccaria, upani 1993, 166).
cortili interni, con unarchittetura che in generale assecondava landamento del terreno (Begovi, Schrunk 2003,
104; Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk 2004b, 87). Una precoce realizzazione della villa avvalorata proprio
dalla caratteristica tipologia del portico meridionale (McKay 1975), che sarebbe tipico per il periodo compreso
tra la prima et imperiale e lepoca in cui regn Caligola, quando larchitettura romana era ancora sotto linfus-
so dellarchitettura greca classica. Questo porticato richiamerebbe proprio la stoa greca, riproposta nei lunghi
portici colonnati, aperti verso lambiente naturale (Begovi, Schrunk 2003, 104). Il rapporto tra questi elementi
architettonici, messi in relazione diretta da Vlasta Begovi e Ivanica Schrunk, appare in realt molto pi com-
plesso, in quanto il modello di irradiazione per le forme architettoniche monumentali adottate nelle ville, come
in generale nelledilizia domestica romana, costituito in particolare dai palazzi ellenistici, in cui era gi avvenuta
unelaborazione originale degli schemi desunti dallarchitettura classica.
77
Larco cronologico tra la fne del I secolo a.C. e linizio del I secolo d.C. corrisponde comunque in linea generale al
periodo di difusione sistematica del fenomeno della villa nellarea istriana, ma anche in quella cisalpina (Verzr-
Bass 1986, 648649; De Franceschini 1998, 346, 787; Busana 2002, 9), dove i complessi di datazione anteriore
risultano molto rari.
78
Formalmente, ovvero a livello di planimetrie, la variet di soluzioni architettoniche impie-
gate nelle ville appare molto ampia, sebbene inquadrabile a grandi linee nellambito di approcci di classifca-
zione tipologica di carattere generale (Swoboda 1924; Mansuelli 1957; Mansuelli 1958; Mielsch 1987, 49 ss.; De
Franceschini 1998, 757 ss.; Scagliarini Corlaita 1998; Busana 2001; Lafon 2001, 112 ss.; Busana 2002, 6 ss., 103 ss.;
Begovi, Schrunk 2003, 101; Cividini, Ventura 2008). Lelemento distintivo principale tra i diversi tipi di ville appare
costituito dal fulcro dellorganizzazione planimetrica degli edifci. Nellarea della regio X si riconosce unampia
difusione di complessi con schema a U, dunque con ambienti disposti su tre lati di una corte scoperta, mentre
il quarto (in genere quello meridionale) risulta aperto o delimitato da un muro di recinzione (De Franceschini
1998, 758; Busana 2001, 512 ss.; Busana 2002, 6 ss., 103 ss.; Ventura 2008, 42 ss.). Non mancano inoltre attestazioni
riferibili a ville a peristilio interno (Verzr-Bass 1986, 651; De Franceschini 1998, 758; Busana 2001, 518; Begovi,
Schrunk 2003, 101), nonch a complessi a sviluppo lineare organizzati su un fronte porticato (Busana 2001, 518
ss.; Begovi, Schrunk 2003, 101). Ad edifci di entit spesso minore, identifcabili talvolta pi con fattorie che
con ville, sono invece attribuibili gli impianti chiusi a corpo rettangolare compatto, caratterizzati dallassenza di
corti scoperte interne e serviti da semplici disimpegni come corridoi (De Franceschini 1998, 757; Busana 2001,
510511; Begovi, Schrunk 2003, 101).
Rimane comunque in molti casi una difcolt di fondo nellidentifcazione univoca delle tipologie delle ville,
in parte date le indagini spesso soltanto parziali dei siti, in parte per anche a causa di unevidente creativit e
originalit architettonica che investe questo tipo di edifci grazie ad una maggiore libert nelle possibilit di uti-
lizzo dello spazio, non vincolato da una rigida parcellazione di tipo urbano, come anche per lintrinseco rapporto
instaurato tra larchitettura della villa ed il paesaggio in cui si colloca (Tessaro Pinamonti 1984; Mielsch 1987, 137
ss.; Gros 2001, 269; Lafon 2001, 112 ss.).
Cos anche per la villa di San Simone, allo stato attuale delle ricerche, una classifcazione tipologica delledifcio
appare aleatoria. La presenza del portico meridionale nel settore 2 il quale, comunque, non riferibile al primo
impianto della villa nonconsente, infatti, di attribuire la costruzione inmaniera univoca al tipo a portico, inquanto
questultimo si caratterizza per uno sviluppo lineare, allungato, in cui il portico, fulcro dellorganizzazione planime-
trica, viene a costituire la nervatura di raccordo e di accostamento dellimpianto architettonico (Mielsch 1987, 57
ss.). Prospetti porticati si giustappongono invece a numerosi complessi che nel loro sviluppo planimetrico interno
mostrano chiaramente di appartenere ad altre tipologie, come quelle a U o a peristilio interno,
79
proprio come
sembrerebbe essere il casodella villa di SanSimone. Qui, la presenza di corti scoperte interne stata soltantolimita-
tamente attestata attraverso gli scavi archeologici, come appare indicato dallo spazio 2ac nel settore 2, ma risulta
ampiamente intuibile dai risultati delle analisi geofsiche realizzate nel 2006 da Branko Mui (fg. 40) (Mui 2006).
77 Si veda da ultimo Merchattili 2011 e Oriolo, Zanier 2011 (con bibliografa precedente).
78 Tra fne II e inizi I secolo a.C. si collocano ad esempio i resti di Pradamano e Carlino Planais (De Franceschini 1998, 355, 375, 787).
79 Si vedano ad esempio i casi della villa di Barcola (Fontana 1993, 50 ss.), di Ronchi dei Legionari (Ventura 2008, 43) e di Marina di Lugugnana (De
Franceschini 1998, 330, 757); i confronti sono tuttavia numerosissimi, a partire dalle ville centro-italiche tardorepubblicane (Carandini, Ricci 1985, 154;
Lafon 2001, 117 ss.).
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100
101
Analogamente al problema di identifcazione della conformazione planimetrica nel suo insieme, rimane aperta
anche la questione relativa alla propriet della villa. Il complesso stato avvicinato alla famiglia dei Caeserni (La-
bud 1990, 95), in quanto nella chiesa parrocchiale di Isola stato rinvenuto in un contesto di reimpiego un altare
funerario dedicato al liberto di un importante notabile aquileiese (CIL 5, 482; InscrIt 10, 3, 36; Zaccaria 1992, 194),
che pu essere identifcato o con il cavaliere T. Caesernius Statius Quinctius Pal. Macedo o con suo fglio, giunto al
rango senatoriale, T. Caesernius Statius Quinctius Macedo Quinctianus, console sufecto nel 138 d.C. e comes impe-
riale (PIR C 181182; Reali 1997, 36, 13C, tav. III, fg. 3; Andermahr 1998, 195, n. 105; Tassaux 2005, 145; Krieckhaus
2006, 6776; Zaccaria 2006, 451). Il liberto Eucaerus, nominato nelliscrizione funeraria in parola, avrebbe dunque
amministrato i possedimenti dislocati della gens Caesernia, propriet che difcilmente possiamo identifcare con
la villa di San Simone la quale, come sar esposto pi avanti, subisce un netto declino a partire dal terzo quarto
del I secolo d.C. (cfr. infra).
Nonostante le indagini fnora efettuate forniscano dunque un quadro soltanto parziale in cui rimane ancora
irrisolta la questione relativa alla propriet e alla classifcazione tipologica del complesso, possiamo paragonare
la villa di San Simone, sia sul piano temporale sia su quello funzionale, ad altre ville simili presenti in Istria, ad
esempio a Catoro (Katoro), Barbariga, Valbandon, Isola (Viula) presso Medolino (Medulin), Sorna, Val Madonna
e Loron (Matijai 1985; Matijai 1987; Matijai 2001; Begovi, Schrunk 2002; Begovi, Schrunk 2003; Begovi
Dvorak, Dvorak Schrunk 2004b; Marchiori 2008) ed a costruzioni analoghe nei dintorni di Trieste ed alla foce
del Timavo (Fontana 1993; Fontana 2001; Degrassi, Giovannini 2001). Si pu presumere che esistano anche altri
complessi afni nellarea nordoccidentale dellIstria, come nella baia di San Bartolomeo, nei pressi dellOspedale
di Ancarano, nelle zone di Fornace e Fisine nei dintorni di Pirano, a Lucia e a Sezza, sebbene questi siti siano stati
sinora soltanto parzialmente indagati.
Molte di queste ville afacciate sul mare attestano la presenza di ricche ed estese parti residenziali, su cui in ge-
nere la letteratura scientifca si pi segnatamente sofermata, dando lidea che questi complessi fossero sostan-
zialmente disgiunti da attivit produttive e logiche economiche, ovvero luoghi di villeggiatura e di otium.
80
cer-
tamente vero che questi edifci presentano apparati di lusso molto sviluppati; un indicatore ne , ad esempio,
la presenza piuttosto difusa di impianti termali in questo tipo di complessi, impianti di cui nellambito generale
delle ville della regio X stata rilevata una certa carenza (Donderer 1989, 228; de Franceschini 1999, 766). Terme
sono state individuate in una serie di complessi sulla o vicino alla costa, ad esempio a Monfalcone, Barcola, Val-
marin, Grubelce, Sorna, in localit Valletta (Valeta) presso Abrega (Vabriga), Barbariga, Valbandon, Val Catena a
Brioni, in localit Zonchi (Valdeunac) a Stignano (tinjan) (de Franceschini 1999, 766). Nella villa di San Simone
la presenza di un simile impianto sostanzialmente accertata e ne potrebbe essere identifcato un segmento
nellambiente 22 del settore 1. Interessante da puntualizzare la situazione dellimpianto termale di Valmarin
(Novak, Trenz 2003; Trenz 2004), in quanto ipotizzabile che fosse inserito nel contesto di una villa con funzione
di mansio, mentre per Grubelce (Boltin-Tome 1968a; Boltin-Tome, Karinja 2000) i dati di scavo a disposizione non
sono sufcienti a circostanziare meglio il contesto di riferimento.
Le ville litoranee e marittime ovvero i complessi insediativi nelle immediate vicinanze della costa testimoniano, da
un lato, lelevato livello qualitativo degli elementi architettonici e residenziali e, dallaltro, lampia variet ed articola-
ta prosperit di attivit economiche che costituivano una parte essenziale dei possedimenti. Oltre alle attivit agri-
cole maggiormente difuse in ambito rurale collegate alla produzione del vino e dellolio doliva (Labud 1995, 137),
le quali appaiono attestate in particolare dai torchi e dalla pressa rinvenuti a Pirano (Stokin 1988b, 271), leconomia
di questa parte dellIstria risulta strettamente legata alla pesca (Snoj 1994a) e forse anche alla produzione del garum,
come stanno a indicare i resti delle peschiere ossia della piscina vivaria
81
nella baia di San Bartolomeo e a Fisine
(Stokin et al. 2008; Gaspari 2004). In questo contesto del tutto plausibile lipotesi che in quel periodo anche la pro-
duzione del sale fosse gi sviluppata (Busana, DInc, Forti 2009, 61), sebbene fno ad oggi non siano state condotte
ricerche archeologiche nelle aree pi antiche delle saline di Ancarano, Strugnano e Sicciole (Seovlje).
80 Questo concetto stato in letteratura sottolineato in maniera particolare per le ville marittime dellarea centro-italica, dove il fenomeno appare pi
spiccatamente rappresentato (DArms 1970; DArms 1977; DArms 1979; Mielsch 1987, 94 ss.; Mielsch 1989; Lafon 2001, 187 ss.), ma stato riproposto
anche per i complessi dellarea qui in esame (Matijai 2001, 693; Begovi, Schrunk 2003, 103).
81 In relazione alle peschiere romane si veda soprattutto Hagginbothman 1997; Zaninovi 2008.
Il mulino con il pozzo ed il forno per il pane scoperti nel quartiere produttivo del grande complesso insediativo
situato lungo il Risano sotto Sermino (Stokin 2006b), stanno ad indicare che lattivit molitoria rientrava fra i set-
tori economici pi importanti del territorio, formando una tradizione che del resto si mantenne, probabilmente
in forma diversa, anche nel medioevo (itko 1993). Pertanto non deve stupire se lanalisi polinologica eseguita
nellarea intorno a Sermino ha riscontrato la presenza, gi nelleneolitico, del polline della vite (vitis) e del grano
(cerealia) (Culiberg 1997, 136). Lesistenza di ampi depositi allinterno di queste strutture testimonata anche dai
recipienti per la conservazione ed il trasporto, come i due dolia rinvenuti a Villa Decani (Kajfe 1999) ed il dolium e
le numerose anfore scoperte nelledifcio adibito ad attivit economiche nel sito di Valmarin (Novak, Trenz 2003;
Trenz 2004; erjal 2005; erjal 2008) ed a Sermino (Horvat 1997a, 7577). Tutti questi siti non fanno che ribadire
lestrema importanza economica rivestita da tali insediamenti posti nella fascia lungo il Risano, linea di confne
fno al periodo augusteo.
Accanto ai centri economici e produttivi lungo questo fume, possiamo ipotizzare lesistenza di strutture produ-
ttive anche a Villisano dove, accanto alla villa, sarebbe esistito pure un impianto per la produzione di laterizi
(ribar 1967, 271274). Unaltra struttura probabilmente destinata alla stessa attivit stata scoperta a Perariol
presso Capodistria (Hofman, Trenz 2006). Per il sito di Fornace appare invece sostanzialmente accertata la pre-
senza di una fullonica, ossia un impianto di colorazione della lana, il quale a sua volta pu essere ricollegato
allallevamento degli ovini che doveva avere unimportanza certamente notevole, soprattutto nelle aree interne
dellIstria (Benussi 1927, 258; DInc 1994). In considerazione del grande numero di chiodi rinvenuti nellarea di
Fisine, A. Gaspari non esclude la possibilit che nella zona, oltre allallevamento del pesce, fosse praticata anche
la costruzione di imbarcazioni (Gaspari et al. 2006; Gaspari et al. 2007b; Stokin et al. 2008, 5763).
La baia di San Simone, invece, grazie allampiezza del suo porto, costituiva uno dei punti centrali per limportazio-
ne, lo stoccaggio e lo smistamento delle merci in questa parte dellIstria. Oltre a ci, anche la pesca risulta unatti-
vit ben attestata, sebbene non per mezzo di particolari strutture a mare ma grazie al rinvenimento di numerosi
pesi per le reti, ami e resti di molluschi di varie specie.
Sebbene un inquadramento cronologico delle singole ville possa essere proposto soltanto in relazione ai risultati
delle indagini molto limitate sin qui eseguite, che quindi forniscono un quadro soltanto parzialmente rappresen-
tativo, il primo impianto dei complessi menzionati si colloca per lo pi attorno allinizio dellet imperiale, periodo
a cui possiamo inoltre riferire la sistemazione di alcuni tracciati stradali dellarea, come la via Aquileia Tergeste
82

e la via litoranea Tergeste Parentium,
83
mentre risulta un po pi tarda, ovvero databile attorno al 7879 n. t.
(Bosio 1991, 223), la costruzione della via Flavia che costituiva il percorso pi breve e diretto tra Tergeste e Pa-
rentium nonch Pola. Come la difusione capillare delle ville, anche tali infrastrutture si ricollegano chiaramente
ad un intenso e articolato progetto di romanizzazione, anticipato dalla fondazione delle colonie di Tergeste (54
a.C.?) e Pola (46/45 a.C.) e del centro di Parentium, che ultimamente si ritiene essere stato fondato insieme a Pola
o poco dopo (ael 1987; ael 1992; Matijai 2009, 386). Analogo il quadro dellarea subito a nord della peni-
sola istriana, in cui viene stabilito il controllo romano su Nauportus che ottiene lo status di vicus prima della met
del I secolo a.C., mentre ad Emona viene fondata una colonia in epoca ottavianea (ael Kos 1995, 231233, 240;
Horvat 2009, 366371) ovvero tra la fne dellet augustea e il regno di Tiberio (Gaspari 2010, 141-148). Anche
qui il sistema stradale viene completamente rinnovato nel periodo contiguo, ovvero durante lepoca augustea
(Horvat, Bavdek 2009, 147150).
Furono soprattutto lepoca di Cesare e di Augusto con i loro grandi cambiamenti in campo sia politico sia ammi-
nistrativo unione della Gallia Cisalpina allItalia nel 42 a.C., creazione della regio X tra il 16 e il 12 a.C. che infu-
82 La strada viene generalmente datata allepoca augustea (ad esempio: Bosio 1991, 216), in quanto nel 1932 (in occasione della bonifca della palude
Lisert) stato rinvenuto fra i resti del ponte romano sul Locavaz, un blocco con liscrizione LEGXIII, che stata solitamente messa in relazione con
la legione XIII Gemina di et augustea, ma che pu con buona probabilit - essere anche identifcata con la legione XIII cesariana. Sul problema
dellidentifcazione della legione si veda in particolare Rossi 2000. Per un inquadramento sintetico della viabilit tra Aquileia e Tergeste e delle sue
infrastrutture cfr. Zanier 2009, 16 ss., 70, 77 (con rimandi alla bibliografa precedente).
83 Tratti della strada litoranea sono stati indagati presso lHotel Lucija e a Fisine. Sistemata in et augustea (Stokin, Lazar 2009), collegava gli insediamenti
costieri tra Trieste e Parenzo. Cfr. anche Truhlar 1975, 100; Bosio 1991, 220 ss.
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102
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irono sullo sviluppo dellIstria, evidentemente territorio con un ruolo geostrategico di eccezionale importanza
soprattutto sul piano politico ed economico, come attestato dai numerosi possedimenti senatoriali ed imperiali
ed anche dai centri commerciali presenti nella penisola (Starac 1999).
chiaro che i cambiamenti di natura amministrativa avvenuti in questo periodo, come anche il consolidamento
del potere romano, garante di stabilit politica e di sviluppo economico, modifcarono defnitivamente il sistema
insediativo dellarea, a cui fece seguito labbandono dei castellieri e la difusione del nuovo modello basato sulla
villa.
A questo riguardo non si pu fare a meno di ricordare lipotesi interpretativa formulata da Boidar Slapak in
relazione al declino dei castellieri del Carso che appare contemperarsi alla difusione, attorno alla met del II
secolo d.C., del diritto di cittadinanza latino alle comunit dei Carni e dei Catali (o Subocrini) rimaste fno a quel
momento peregrine, come appare testimoniato dalliscrizione di L. Fabius Severus (InscrIt 10, 4, 31): in questo
modo le lites delle comunit locali sarebbero state integrate negli organi di amministrazione della colonia di
Tergeste e le comunit dei castellieri, depauperate del loro ceto dirigente, sarebbero pertanto irremediabilmente
decadute (Slapak 2003).
Chiaramente, per lIstria costiera questo fenomeno deve essere anticipato e pi precoce risulta la fessione e
labbandono dei castellieri nonch ladesione ai nuovi modelli insediativi ed economici. Ville di vario tipo con
vaste propriet terriere e tutta linfrastuttura cui abbiamo gi ampiamente accennato strade locali, porti ed ap-
prodi, impianti economici terrestri e marittimi - sono un indicatore di grandi e capillari trasformazioni ambientali
che, come detto, iniziarono soltanto a partire dal consolidamento della romanizzazione in Istria. La proliferazione
delle anfore istriane Dressel 6B indica chiaramente limportanza e la foridezza della produzione olearia in Istria,
proprio a partire dallet augustea. Ed probabilmente da ascrivere alla forente economia il buon livello di svi-
luppo della regione, che si mantenne tale, almeno stando alle fonti antiche, anche dopo la caduta dellImpero
romano dOccidente, come riferisce Cassiodoro (var. XII.22.35).
I resti architettonici degli impianti, la tipologia e i metodi costruttivi, al pari dellarredo interno delle ville, sono
una testimonianza del lusso profuso in questi complessi in relazione con le elevate esigenze dei proprietari,
dettate dalle mode del tempo. Le ville e i centri insediativi nellarea nordoccidentale dellIstria attestano la pre-
coce integrazione di questo territorio nellambito dellItalia romana, al contempo costituiscono anche durevoli
elementi di caratterizzazione della fsionomia del paesaggio in questa parte della penisola. I fertili terreni istriani
erano spartiti tra i grandi proprietari ed i coloni romani, mentre sembra che la popolazione locale quella che
non era rimasta nei possedimenti come forza lavoro in stato servile si trov ad essere costretta a stabilirsi nelle
aree daltura, sul Carso e nelle zone settentrionali dellIstria e dellItalia (ager aquileiese), dove si occupava dellal-
levamento di ovini (Begovi Dvorak, Dvorak Schrunk 2005, 128; DInc 2004, 208). Unimportante certifcazione
della precoce e sistematica romanizzazione, chiaramente connessa allintensit del fusso colonizzatore e quindi
alla densit della popolazione italica in questa parte dellIstria, viene dai numerosi documenti epigrafci del pe-
riodo del principato (Starac 19931994, 29). Questo dato risulta particolarmente importante per la comprensione
del processo insediativo dellIstria. I mutamenti politici derivanti dalla colonizzazione romana negli ultimi anni
di governo di Giulio Cesare portarono a grandi trasformazioni che si palesano nello sviluppo delle ville (sia ma-
rittime sia litoranee sia rustiche nellentroterra) e nella creazione di vasti possedimenti terrieri, come attestato
dal fatto che, pare, lo stesso Augusto avesse un diretto interesse per lo sviluppo delleconomia istriana (Starac
1999, 139140), in particolare per via dei nuovi mercati esistenti nelle aree vicine del Norico e della Pannonia.
Lespansione dellimpero romano era strettamente connessa allo sviluppo economico, espansione che si rifette
proprio nei grandi possedimenti e nelle ville marittime, complessi che ebbero unimportanza determinante e,
come constata la Marzano, un ruolo molteplice. Parte costituente di grandi possedimenti, che includevano anche
altre ville nel retroterra, possedevano strutture adibite alla produzione e magazzini ma, soprattutto, erano dotate
di approdi. Il loro ruolo si esplicava quindi su diversi livelli, avendo oltre a ci anche una funzione nellambito
delle attivit ricreative, di villeggiatura e di otium (Marzano 2007, 17). Non va dimenticato che queste ville molto
spesso erano anche un luogo della memoria, in cui si trovavano tombe o mausolei (Marzano 2007, 19), la cui pre-
senza nel nostro caso pu essere ipotizzata nei complessi di Lucia (Stokin, Lazar 2009, 64) e Fornace ovvero
San Bernardino (Boltin-Tome 1977, 119).
Le indagini archeologiche condotte in questa parte dellIstria hanno dimostrato che il perimetro occidentale
della penisola, caratterizzato da una costa bassa con numerose insenature accoglienti, fu in epoca romana una-
rea soggetta non tanto allo sviluppo di agglomerati urbani quanto, soprattutto, alla costruzione di numerose e
svariate ville. Le localit venivano scelte con cura e lintenso e ftto insediamento della fascia costiera, che vedeva
un ininterrotto susseguirsi di ville, lespressione di una pianifcazione progettata e di uno stanziamento sistema-
tico, compatibili con le motivazioni economiche e politiche succitate. Tutti questi complessi abitativi erano colle-
gati sia via mare grazie ai porti, agli approdi ed agli ormeggi sia via terra, come attestato dai vari tipi di strade.
Questo aspetto appare esemplifcato in maniera particolarmente evidente dal sito di Sermino. Le strade locali
collegavano le ville provviste di aree produttive sul Risano (Plestenjak 2011) alla via publica Tergeste Pola nella
zona del Bivio, dove esisteva un grande incrocio contiguo al complesso insediativo situato nellarea di Valmarin.
Proprio nella zona dellincrocio delle strade che raggiungevano Sermino, Valmarin e, probabilmente, Villa Decani,
sono state scoperte una necropoli e delle calcare (Novak, Trenz 2003). Ed molto probabile che nelle vicinanze
esistesse anche un porto marittimo e un approdo fuviale. Il Risano costituiva, infatti, con ogni verosimiglian-
za una via di trafco navigabile: ancora nel XVII secolo era in funzione il Carigador nei pressi della chiesa della
Madonna della Ruota (Alberi 1997, 405) e anfore e strutture murarie sono venute alla luce anche lungo il corso
inferiore del fume (Stokin et al. 2008, 67).
LaromanizzazionedellIstrianordoccidentale, moltointensasoprattuttoallepocadel primoImpero, comedimostra-
todai risultati delle indagini archeolgiche, fucaratterizzata da interventi antropici di vasta portata che modifcarono
in maniera sostanziale il paesaggio di questarea. Come gi rilevato dalla Marzano per lItalia centrale (Marzano
2007, 232), anche in questa parte dellIstria tali interventi richiesero ingenti capitali e numerosa forza lavoro: sul
fronte delle opere edilizie, accanto ai resti architettonici visibili sulla terraferma ed in mare, non vanno dimenticate
le estese opere infrastrutturali collegate alla costruzione di strade, porti, impianti di carattere produttivo, ecc. Tenen-
do conto della famosa produzione di olio e di vino e dei grandi possedimenti istriani delle famiglie senatorie, si pu
presumere che parte di questi capitali fosse investita intrasformazioni agrarie. Forse pure in questa zona dellIstria
le grandi opere infrastrutturali erano collegate anche alla realizzazione di sistemi di drenaggio e alla sistemazione
di terrazzamenti per la coltivazione in ambiente collinare, per evitare lerosione, come era stato fatto anche in Ita-
lia (Marzano 2007, 224). Un ruolo siginifcativo era quello dei porti, che ofrivano pi opportunit dellentroterra
agricolo; per la lavorazione dei prodotti del mare era necessaria anche una manodopera qualifcata ed esperta. In
ogni caso possiamo concludere che la romanizzazione di questo territorio ha portato con s un nuovo approccio
di padronanza sulla natura che a quel tempo i proprietari dei possedimenti erano riusciti acivilizzare. La Marzano
aferma, a ragione, che proprio la costruzione delle ville marittime nellItalia centrale cositu una manomissione ed
un duro colpo al paesaggio naturale. Questi interventi raggiunsero il loro apice nel I secolo d. C. per spegnersi nel V
secolo (Marzano 2007, 232) cronologia che possiamo ritenere generalmente corrispondente anche per larea da
noi presa in esame, almeno da quanto emerso dai risultati delle indagini sinora efettuate.
TRA PRIMO E MEDIO IMPERO
Limpianto della villa allestito, ampliato e monumentalizzato allinizio dellepoca imperiale sub certamente varie
modifche e ristrutturazioni in periodi successivi, che non hanno tutti lasciato segni evidenti nellambito delle
strutture individuate nelle aree fnora indagate, che corrispondono a porzioni relativamente ridotte rispetto
allestensione dellintero complesso. Inoltre, possiamo presumere che alcuni interventi abbiano coinvolto esclu-
sivamente gli alzati delledifcio, soltanto limitatamente conservati. Un esempio particolare a questo riguardo
costituito dal ritrovamento di tegulae con bollo Crispinillae riferibili alla nota magistra libidinum Neronis (Tac. hist.
I.73) Calvia Crispinilla. La presenza di tali tegole suggerisce lesistenza di una fase edilizia ovvero una ristruttur-
azione in epoca neroniana, per il resto attestata in maniera poco manifesta dalle evidenze stratigrafche. Ipotet-
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icamente potremmo riferire a questa fase la ricostruzione parziale del muro interno della porticus1 nel settore 2,
il cui alzato risulta essere stato rifatto nel suo segmento nordoccidentale (ovvero in corrispondenza dello spazio
2), in quanto qualche frammento di tegola con bollo Crispinillae stato rinvenuto proprio in questa zona (angolo
meridionale dei bracci 2a e 2b) negli strati di livellamento addossati al segmento murario ricostruito. Tuttavia,
lassenza di elementi chiaramente determinanti per la datazione di questultimo intervento non permette di
circoscriverne lattribuzione precisa ad una specifca fase costruttiva.
Il dato relativo alleventuale esistenza di una fase edilizia inquadrabile in et neroniana appare comunque molto
importante poich, in base ai risultati del piccolo sondaggio esplorativo realizzato nel 2008 nellarea a sud del
settore 1, questa zona sembrerebbe essere stata improvvisamente e defnitivamente abbandonata gi nel terzo
quarto del I secolo d.C. (Groh, Sedlmayer 2008; Groh et al. 2009; Groh, Sedlmayer 2009). In realt, date le carat-
teristiche specifche che contraddistinguono la successiva fase edilizia e di fruizione, in cui risulta evidente un
cambiamento profondo nella destinazione duso degli spazi del settore 2, sembrerebbe probabile che ledifcio
fosse nel complesso abbandonato nel periodo in parola, per essere in seguito parzialmente rioccupato con scopi
e funzioni molto diverse da quelli primari.
La pi tarda fase edilizia (III fase edilizia), collocabile nellambito del II secolo d.C., lascia, appunto, riconoscere
unevidente defunzionalizzazione degli spazi del settore 2, dunque dellarea del portico e degli ambienti su di
esso afacciati. Nella porticus furono, infatti, costruiti due setti murari privi di fondazioni, appoggiati direttamente
sopra i resti del tappeto musivo gi ampiamento compromesso e rovinato. Il portico fu cos suddiviso in pi seg-
menti, forse per ricavarne diversi ambienti di deposito e servizio. Parimenti nellambiente 3, una grezza struttura
di focolare in muratura venne a sovrapporsi al rafnato mosaico a scacchiera di rombi.
Cambiamenti ed ampliamenti in questa fase furono efettuati mediante lutilizzazione del materiale di reimpiego,
per cui possiamo supporre che questi ultimi lavori edili siano stati eseguiti nel periodo successivo al declino del
complesso, ovvero quando la villa era gi parzialmente in rovina: questo dato sembrerebbe dunque confermare
labbandono precoce e defnitivo del settore 1. Di certo gli elementi eretti a nuovo mutarono la destinazione du-
so del settore 2: pare che la parte meridionale delledifcio della villa costituisse in questa fase unarea di servizio
priva di caratteri rappresentativi, legata soprattutto al funzionamento del porto che, nel suo assetto originario, si
crede possa essere stato utilizzato fno al III secolo d.C. (Karinja, ere 2008, 206; Stokin et al. 2008, 65). Gli inter-
venti cui abbiamo accennato furono gli ultimi e si ricollegano allultima fase di utilizzo del complesso.
La crisi e la riconversione produttiva attestata per le ville centro-italiche tra fne del I e gli inizi del II secolo d.C.
84

trovano dunque nel sito di San Simone una notevole corrispondenza, in quanto il complesso subisce proprio
in questo periodo cambiamenti tali da svincolarsi sostanzialmente dal concetto di villa. Nelle aree pi vicine il
fenomeno trova in generale un parziale riscontro con il passaggio delle grandi propriet istriane alla casa impe-
riale, come anche con labbandono dei settori rappresentativi di alcune ville (Verzar Bass 1986, 652 ss.; Begovi,
Schrunk 2003, 105), mentre nellarea cisalpina stata sottolineata una maggiore continuit degli insediamenti
(de Franceschini 1998, 801 ss.), seppure con evidenti cesure fra II e III secolo d.C., ricondotte anche a pestilenze ed
invasioni (Verzar Bass 1986, 674; de Franceschini 1998, 346347; Busana 2002, 16).
Appare tuttavia importante ribadire che, come gi stato sottolineato (Fontana 2001, 657), la costruzione della
via Flavia in et vespasianea (Bosio 1991, 223) certamente ridusse limportanza delle ville marittime dellIstria,
le cui infrastrutture portuali potevano per lo pi ospitare soltanto piccole imbarcazioni dagli scaf a pescaggio
ridotto, rimanendo in molti casi vincolate a forme di microeconomia cui erano estranei gli scambi di ampio rag-
gio.
85
Per un complesso come quello di San Simone, in cui lattivit economica principale appare concentrarsi
proprio nellambito del grande porto e dunque nello stoccaggio e smistamento di merci, la costruzione della
nuova arteria, con lo spostamento di una parte dei trafci nella parte interna dellIstria occidentale, potrebbe
certo aver signifcato una causa di declino.
84 Sul tema si veda in particolare Schiavone 1989, 27 s. (con bibliografa precedente).
85 Per una rifessione generale su tali aspetti cfr. Schiavone 1989, 29 ss.; Foraboschi 1992, 107 ss.
PERIODO TARDOANTICO
Il settore 2 della villa sembra essere stato frequentato fno al temine del IV secolo d.C. Ne danno testimonianza so-
prattutto i rinvenimenti monetali, oltre che alcuni sporadici frammenti ceramici tardi. Di fatto, per, ci sono segni
di un degrado avanzato gi precedentemente, quando allarea del settore 2 si sovrappone un primo strato di
abbandono dovuto allo sgretolamento progressivo dei rivestimenti parietali, che port poi al collasso ed al crollo
defnitivo delle strutture di cui sono stati rinvenuti resti imponenti nellarea orientale del settore 2. Qui sono stati
individuati strati intatti di crollo del tetto e delle strutture che permettono di ricostruire la sequenza del collasso,
con uno strato di sole tegole coperto dal crollo di un muro.
Per il sito di San Simone non avviene dunque quella ripresa di attivit nel periodo tardoantico, collegata talvolta
al ritorno dei domini su edifci precedentemente abbandonati, riscontrata in altre ville del territorio istriano (Ver-
zar Bass 1986, 656, 677 ss.; Begovi, Schrunk 2003, 105). Nellarea pi prossima, alcune furono abbandonate alla
fne del IV secolo al pari di quella di San Simone, come ad esempio il grande complesso provvisto di quartiere
produttivo lungo il Risano (Stokin 2006c), mentre i complessi a Valmarin ed a Fisine continuarono a vivere anche
nel V e nel VI secolo (Novak, Trenz 2003; Trenz 2004; Gaspari et al. 2006; Gaspari et al. 2007b; Stokin et al. 2008,
5763).
NEL MEDIOEVO
Come altre localit dellIstria nordoccidentale, anche la baia di San Simone non fu completamente abbandonata
e lo testimoniano i risultati delle gi ricordate indagini subacque nellarea del porto: qui stata riscontrata la pre-
senza di palifcazioni, verosimilmente da collegare ad infrastrutture di approdo lignee, datate con il metodo del
C14 al 670860 d.C. (Karinja, ere 2008, 206; Stokin et al. 2008, 65). Il dato interessante soprattutto per la ricca
presenza di materiali dimportazione pertinenti a questo periodo riscontrata nella zona ad esempio a Capodi-
stria e Pirano ma anche altrove (Cunja 1996; Prttel 1996, 234 ss.; Vidrih-Perko, upani 2003) la cui importa-
zione era forse favorita dal riutilizzo delle antiche infrastrutture portuali, sopravvissute allabbandono delle ville.
In et medievale il popolamento della zona pu anche essere messo in relazione con la costruzione di una chiesa,
secondo una dinamica ampiamente documentata in Istria (Matijai 1997): ledifcio sacro, dedicato a San Si-
mone, fu eretto nellarea gravitante sulla baia, ma la sua esatta ubicazione rimane per ora ignota. Nellambito di
questo contesto potremmo forse anche collocare la tomba ad inumazione rinvenuta da Vinko ribar sul margine
esterno del promontorio di Punta Corbato della quale, in assenza di dati relativi al corredo, non per possibile
specifcare la cronologia, sebbene possa evidentemente essere riferita al periodo successivo allabbandono della
villa, in quanto risulta essere scavata negli strati di macerie della stessa (ribar 19581959, 274).
Indefnita rimane, comunque, anche la datazione della chiesa di San Simone che rappresentata su numerose
carte realizzate a partire dalla prima met del Cinquecento (fgg. 15 e 16)
86
ed esisteva ancora allepoca di Paolo
Naldini, che la usa come punto di riferimento per localizzare i resti della villa romana (Naldini 1700, 359; Naldini,
Darovec 2001, 261262), mentre nellOttocento la chiesa risultava gi distrutta e scomparsa, come si evince da
una descrizione delle chiese e delle cappelle del territorio di Isola pubblicata nel 1857 (Cumano 1857, 20).
86 Oltre alla carta di Pietro Coppo si veda ad esempio una carta manoscritta anonima dellArchivio di Stato di Venezia (Lago, Rossit 1981, 3538, tav. XVI;
7172, tav. XXXIV; Lago 1993, 52, fg. 26).
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Trieste, 209222.
SANSIMONE / SIMONOV ZALIV SANSIMONE / SIMONOV ZALIV
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INDICE DELLE IMMAGINI
Figura 1. Carta dellAlto Adriatico con indicazione dei principali centri antichi tra Aquileia ed Emona (realizzazione
grafca: Vida Bitenc)
Figura 2. Carta dellIstria nordoccidentale con indicazione dei siti archeologici menzionati nel libro (realizzazione
grafca: Vida Bitenc)
Figura 3. Capodistria / Koper, ex Convento dei Serviti, scavi realizzati nel 2011 dallIstituto per il Patrimonio del
Mediterraneo UP ZRS, saggio 1, muro con soglia lapidea e mosaico coperti da una tomba medievale (fotografa:
Boris Kavur, archivio UP ZRS)
Figura 4. Aerofotogramma dellarea di Sermino con indicazione degli interventi archeologici realizzati fno allan-
no 2005 (realizzione grafca: Arhej d.o.o., archivio ZVKDS)
Figura 5. Carta aerofotogrammetrica di Pirano con indicazione dei siti preistorici e romani (realizzazione grafca:
Evgen Lazar, archivio ZVKDS, 2008)
Figura 6. Baia di San Bartolomeo, fotografa aerea, 2003 (Regione FVG volo Trieste 2003, lotto 15, strisciata 44,
fotogramma 3) (Stokin et al. 2008, fg. 16)
Figura 7. Baia di San Bartolomeo, resti di approdi e bacini per lallevamento o la conservazione di pesce vivo
(Molere di SantIlario) presso la penisola del Carigador (misurazioni e realizzazione grafca: Miran Eri) (Stokin
et al. 2008, fg. 20)
Figura 8. Baia di San Bartolomeo, peschiera provvista di struttura di approdo (misurazioni e realizzazione grafca:
Miran Eri) (Stokin et al. 2008, fg. 25)
Figura 9. Fisine, peschiera romana (fotografa: Benjamin Jonathan) (Stokin et al. 2008, fg. 2)
Figura 10. Carta di Capodistria con indicazione degli interventi archeologici efettuati fno al 2008 (realizzazione
grafca: Evgen Lazar, 2008)
Figura 11. Sermino, modello tridimensionale della chiesa con il sepolcreto databile tra VI e IX secolo (realizzazio-
ne: Geodetski zavod Slovenije, Intitut za geodezijo in fotogrametrijo [Istituto geodetico della Slovenia, Istituto
per la geodesia e fotogrammetria], Lubiana) (Stokin 2006c)
Figura 12. Veduta di Isola e della baia di San Simone con il promontorio di Punta Corbato, 1986 (fotografa: Marko
Stokin, archivio ZVKDS)
Figura 13. Veduta prospettica della baia di San Simone, 2005 (realizzazione: Andrej Grilc, archivio ZVKDS)
Figura 14. Carta aerofotogrammetrica della baia di San Simone, 2005 (realizzazione: Andrej Grilc, archivio ZVKDS)
Figura 15. Pietro Coppo, carta dellIstria, 1525 (archivio del Museo del Mare Sergej Maera di Pirano)
Figura 16. Carta anonima dellArchivio di Stato di Stato di Venezia con indicazione della chiesa di San Sim, pri-
ma met del XVI secolo (Lago 1993, fg. 26)
Figura 17. Annotazioni di Giacomo Besenghi sul frontespizio del codice degli Statuti dIsola (conservato presso
lArchivio Diplomatico nella Biblioteca Civica A. Hortis a Trieste, fondo Beta EE 14 Statuto dIsola dIstria dellanno
1360 [sec. XVIII]) (Kos 2006, 547)
Figura 18. Catasto Franceschino del Litorale, Isola dIstria (1819), con indicazione dellestensione dellarea pro-
tetta del monumento (Republika Slovenija, Ministrstvo za kulturo, Register nepremine kulturne dediine [Re-
pubblica di Slovenia, Ministero per la Cultura, Registro dei beni culturali immobili]: http://giskds.situla.org/giskd/)
Figura 19. Progetto per la costruzione di una fabbrica per la produzione di conserve di pesce a San Simone per
conto dei proprietari Giovanni Troian e Giovanni Russignan, 1905 (Archivio Regionale di Capodistria, fondo Narti
[Progetti]) (Teron 2004, fg. 14)
Figura 20. Carta con indicazione degli interventi archeologici 19222008 (realizzazione: Grangeo d.o.o., integra-
zioni grafche: Vida Bitenc, archivio ZVKDS, 2011)
Figura 21. Attilio Degrassi, rilievo del porto e dello stato di fatto della baia di San Simone (Degrassi 1923, fg. 2)
Figura 22. Bruna Tamaro, planimetria del settore 1 (Tamaro 1928, 413) (aggiunte grafche: Vida Bitenc, archivio
ZVKDS, 2011)
Figura 23. Dettaglio del mosaico rinvenuto nellambiente 20, oggi esposto nel Museo Regionale di Capodistria
(Degrassi 1929, 400)
Figura 24. Vinko ribar, ricerche archeologiche compiute nel 1958-1960 (ribar 19581959, allegato 1)
Figura 25. Elica Boltin e Iva Mikl, planimetria degli ambienti 14, 15, 16 e 17a nel settore 1 (Boltin, Mikl 19581959)
Figura 26. Elica Boltin-Tome, ricognizione del porto romano efettuate nel 1968 (archivio del Museo del Mare
Sergej Maera di Pirano)
Figura 27. Ricerche archeologiche efettuate nel 1982 nella parte occidentale di Punta Corbato (Boltin-Tome
1983, fg. 3)
Figura 28. Conduttura idrica romana rinvenuta nel 1984 presso la piscina dellalbergo Simonov zaliv (archivio del
Museo Regionale di Capodistria)
Figura 29. Muro aforato nel 1985 presso il limite occidentale di Punta Corbato (archivio ZVKDS)
Figura 30. Rinvenimento fortuito di una moneta repubblicana, 1986 (fotografa: Andrej emrov, archivio ZVKDS)
Figura 31. Saggio di verifca realizzato nel 1986 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS)
Figura 32. Saggio di verifca realizzato nel 1991 (fotografa: Robert Ellis, archivio ZVKDS)
Figura 33. Interventi fnalizzati alla revisione della documentazione del settore 1 operati nel 1991 (fotografa:
Marko Stokin, archivio ZVKDS)
Figura 34. Pulitura del mosaico nellambiente 5, settore 2, 1999 (fotografa: Jure Bernik, archivio ZVKDS)
Figura 35. Scavo subacqueo realizzato nel 1994 (archivio del Museo del Mare Sergej Maera di Pirano)
Figura 36. Saggio di verifca realizzato nel 1994 (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS)
Figura 37. Saggio di verifca eseguito nel 1995 (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS)
Figura 38. La baia di San Simone con indicazione dellarea soggetta a vincolo (ED 195): immagine tratta dal Re-
gister nepremine kulturne dediine [Registro dei beni culturali immobili] (Republika Slovenija, Ministrstvo za
kulturo, Register nepremine kulturne dediine: http://giskds.situla.org/giskd/)
Figura 39. Saggio di verifca realizzato nel 2001 (fotografa: Arhej, d. o. o., archivio ZVKDS)
Figura 40. Analisi geofsiche realizzate nel 2006 (Mui 2006)
Figura 41. Aerofotogramma dellarea presa in esame (archivio ZVKDS)
Figura 42. Planimetria con indicazione della numerazione degli ambienti dei settori 1 e 2 (realizzazione: Grangeo
d.o.o., aggiunte grafche: Vida Bitenc, archivio ZVKDS, 2011)
Figura 43. Fotografa zenitale del settore 2, ambienti 1, 3, 4 e 5; scala del rilevamento fotografco 1:20 (fotografa:
Bojan Zakernik, archivio ZVKDS, 1988)
Figura 44. Veduta dellambiente 1 verso sudest: strato di crollo US 5 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS,
1989)
Figura 45. Fotografa zenitale dellambiente 1 con indicazione delle unit stratigrafche; scala del rilevamento
fotografco 1:20 (fotografa: Bojan Zakernik, archivio ZVKDS, 1989)
Figura 46. Ambiente 1, veduta delle strutture USM 2, USM 6 e USM 22; scala del rilevamento fotografco 1:20
(fotografa: Bojan Zakernik, archivio ZVKDS, 1989)
Figura 47. Veduta verso sudovest dellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel 1991 (fotografa: Marko
Stokin, archivio ZVKDS)
Figura 48. Fotografa zenitale (orientata verso nordovest) dellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel
1991 (fotografa: Robert Ellis, archivio ZVKDS)
Figura 49. Veduta della struttura USM 415 presente nellambiente 1 allinterno del saggio 4 realizzato nel 1991
(fotografa: Brona Langton, archivio ZVKDS)
Figura 50. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2 e 3 con indicazione delle unit stratigrafche (archivio ZVKDS,
1988)
Figura 51. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2 e 3 con indicazione delle unit stratigrafche (archivio ZVKDS,
1988)
Figura 52. Fotografa zenitale degli ambienti 1, 2b, 3, 4, e 5; scala del rilevamento fotografco 1:20 (fotografa:
Bojan Zakernik, archivio ZVKDS, 1989)
Figura 53. Veduta verso nordovest degli ambienti 3 e 4 (fotografa: Bojan Zakernik, archivio ZVKDS, 1989)
Figura 54. Veduta verso sudovest dellambiente 4; scala del rilevamento fotografco 1:20 (fotografa: Bojan
Zakernik, archivio ZVKDS, 1989)
Figura 55. Dettaglio del mosaico della soglia dellapertura tra gli ambienti 3 ed 4 (fotografa: Marko Stokin, archi-
vio ZVKDS, 1989)
Figura 56. Mosaici degli ambienti 4 e 5 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1989)
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Figura 57. Fotografa zenitale degli ambienti 5 e 6, strati di crollo (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS,
1992)
Figura 58. Fotografa zenitale degli ambienti 5 e 6, crollo del muro (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS,
1994)
Figura 59. Dettaglio del tetto crollato (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS, 1995)
Figura 60. Fotografa zenitale (orientata verso sudovest) degli ambienti 7 e 8 e in secondo piano lambiente 1
(Archivio ZVKDS)
Figura 61. Veduta dellambiente 7 verso nordovest (archivio ZVKDS)
Figura 62. Fotografa zenitale degli ambienti 9 e 10 (fotografa: Tomislav Kajfe, archivio ZVKDS, 1994)
Figura 63. Fotografa zenitale del settore 1; scala del rilevamento fotografco 1:20 (fotografa: Bojan Zakernik,
archivio ZVKDS, 1991)
Figura 64. Veduta verso nordovest dellambiente 14 (archivio ZVKDS)
Figura 65. Dettaglio del mosaico della soglia tra gli ambienti 14 e 15 (archivio ZVKDS)
Figura 66. Veduta verso sudovest dellambiente 15 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1991)
Figura 67. Veduta verso sudovest dellambiente 16 con residui di intonaco da softto in stato di crollo (archivio
ZVKDS)
Figura 68. Dettaglio del mosaico dellambiente 16 con residui di intonaco da softto in stato di crollo (fotografa:
Boris Krian, archivio ZVKDS, 1992)
Figura 69. Dettaglio del mosaico dellambiente 16 con evidenti lacune causate da attivit di aratura e residui di
intonaco da softto in stato di crollo (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1991)
Figura 70. Fotografa zenitale della parte meridionale dellambiente 17; scala del rilevamento fotografco 1:20
(fotografa: Bojan Zakernik, arhivio ZVKDS, 1991)
Figura 71. Veduta verso sudovest degli ambienti 18 e 19 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1991)
Figura 72. Dettaglio della pavimentazione in opus spicatum dellambiente 19 (archivio UP ZRS IDS)
Figura 73. Veduta verso sudest dellambiente 20 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1992)
Figura 74. Veduta verso sudovest dellambiente 20: dettaglio della lacuna risultante dallasportazione del seg-
mento musivo (archivio ZVKDS)
Figura 75. Segmento musivo inserito nel pavimento del Museo Regionale di Capodistria (fotografa: Maa Sakara
Suevi, archivio del Museo Regionale di Capodistria, 2011)
Figura 76. Veduta verso nordovest dellambiente 21 (archivio ZVKDS)
Figura 77. Veduta verso sud dellambiente 22 (fotografa: Alfred Trenz, archivio ZVKDS, 1991)
Figura 78. Veduta del porto durante la bassa marea nel 1968 (archivio del Museo del Mare Sergej Maera di
Pirano)
Figura 79. Veduta del molo durante la bassa marea nel 1968 (archivio del Museo del Mare Sergej Maera di
Pirano)
Figura 80. Veduta del frangifutti durante la bassa marea nel 2006 (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS)
Figura 81. Spazio manipolativo lastricato ai piedi di Punta Can (fotografa: Marko Stokin, archivio ZVKDS, 1999)
Figura 82. Veduta aerea verso sud della costa nordoccidentale dellIstria con la zona di Isola in primo piano (foto-
grafa: Jaka Jeraa)
Figura 83. Conduttura fttile messa in luce nel 1984 (archivio del Museo Regionale di Capodistria)
Figura 84. Capitello dorico (archivio ZVKDS)
Figura 85. Base di colonna (archivio ZVKDS)
Figura 86. Frammento di capitello corinzio (archivio ZVKDS)
Figura 87. Frammento di supporto scanalato marmoreo (fotografa: Boris Krian, archivio ZVKDS, 1992)
Figura 88. Elemento fttile per opus spicatum con iscrizione grafta SECVN(---) (fotografa: Boris Krian, archivio
ZVKDS, 1992)
Figura 89. Frammenti di decorazione parietale con edicole alternate ad esseri a racemi alati (fotografa: Boris
Krian, archivio ZVKDS, 1992)
Figura 90. Frammento di decorazione parietale con amorini (fotografa: Boris Krian, archivio ZVKDS, 1992)
Figura 91. Figura femminile di terracotta (archivio ZVKDS)
Figura 92. Statuetta di piombo rafgurante una Vittoria (archivio ZVKDS)
Figura 93. Ami da pesca (archivio ZVKDS)
Figura 94. Pesi per le reti da pesca (archivio ZVKDS)
Figura 95. Contrappeso da stadera a forma di anfora (archivio del Museo del Mare Sergej Maera di Pirano)
Figura 96. Lucerna con gladiatore (fotografa: Maja Bjelica, archivio del Museo del Mare Sergej Maera di Pirano)
Figura 97. Fasi edilizie del complesso (realizzazione: Grangeo d.o.o., archivio ZVKDS, 2011)
Parco Archeologico dellAlto Adriatico
Arheoloki parki severnega Jadrana
PArSJAd
(CB017)
Progetto PArSJAd 2007
_
2013 / Progetto strategico Parco Archeologico dellAlto Adriatico fnanziato
nellambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia
_
Slovenia 2007
_
2013, dal Fondo europeo di
sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Projekt PArSJAd 2007
_
2013 / Strateki projekt Arheoloki parki severnega Jadrana sofnanciran v okviru
Programa ezmejnega sodelovanja Slovenija
_
Italija 2007
_
2013 iz sredstev Evropskega sklada za regionalni razvoj
in nacionalnih sredstev.
Ministero dell'Economia
e delle Finanze
REPUBLIKA SLOVENIJA
MINISTRSTVO ZA GOSPODARSKI
RAZVOJ IN TEHNOLOGIJO

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