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Diego Latorre Violi

4°scientifico B

Colegio italiano Leonardo Da Vinci

15/05/2020

POESIE DI UNGARETTI

“In memoria”
La poesia "In memoria" è stata scritta dal poeta Giuseppe Ungaretti nel 1916 e apriva
appunto la prima edizione de Il Porto Sepolto, cioè la raccolta di 33 poesie e d’idee già
mature riguardo la letteratura, risalenti ai primi anni di guerra. I temi trattati al suo
interno sono quattro: il ricordo di un amico scomparso, la sofferenza degli immigrati, la
riflessione sul destino, il ruolo di testimonianza da parte della poesia.

Argomento della parafrasi:

Si chiamava Mohammed Sceab, discendente di arabi, decide si uccidersi perché non


aveva più una patria. Amò la Francia e cambiò nome, si fece chiamare Marcel, ma non
era francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi compatrioti, dove si ascoltava
ancora la preghiera del Corano, bevendo il caffè e piuttosto lui non sapeva nemmeno
cantare canzoni del suo paese. L’autore (l’io del poema si riferisce allo scrittore), l'ho
accompagna insieme alla padrona dell'albergo, dove abitava a Parigi nel n°5 della Rues
des Carmes, una strada tutta in discesa e sfiorita vicino le rive del fiume Senna. La
vicenda finisce con il personaggio che muore riposando nel cimitero di Ivry, un
ambiente che sembra sempre stare in una giornata di mercato caotica. Per finire,
Ungaretti fa enfasi nel fatto che forse solamente lui ricorderà ancora che egli visse.

Riflessione generale:

Moamed Sceab (amico dell’autore) si toglie la vita perché si sente senza radici. A causa
del suo continuo spostamento in Francia e nel proprio paese, subisce una crisi
d’identità. Infatti, rimane come sospeso nell’ambito culturale, visto che non aveva
sufficientemente interiorizzato tutte le abitudini di entrambi i paesi. La condizione di
“perdere l’identità” di Moammed rispecchia particolarmente molto da vicino a quella
di Ungaretti che, pur essendo di origine italiana, era nato in Egitto, da dove era in
seguito emigrato in Francia. Appunto, si vede per mezzo di questo che anche il poeta si
era sentito “senza patria”.
Aspetti fondamentali:

Innanzitutto si osserva la commozione con cui il poeta ricorda l'amico scomparso.


Aspetto che appunto porta al pubblico alla riflessione non tanto sul perché del suicidio,
ma sul perché ai due personaggi sia toccata una sorte così differente, anche se le loro
premesse fossero simili. Cioè, sia Ungaretti sia Mohammed Sceab, sono dei sofferenti,
allontanati dalla loro terra d'origine in cerca di stabilità o meglio, sono dei nomadi,
utilizzando un termine ungarettiano. Terminando questi aspetti fondamentali,
s’intuisce che la figura di Mohammed è vista dal poeta anche come simbolo dei
cambiamenti di una crisi di civiltà, infatti, lo sradicamento sociale creato nella Prima
guerra mondiale che affetta la sua epoca.

Stile:

Parlando dello stile, analizziamo che le parole hanno un andamento intimo e


affettuoso. I versi, dunque, sono brevi e hanno un tono alto e severo cercano di imitare
un'orazione funebre per mezzo del ritmo spezzato delle parole rilevanti come: suicida,
riposa, decomposta.

Elementi importanti:

I tempi verbali oscillano tra passato e presente, creando un mistero nelle cose che
oscillano tra il condizionato e l’assoluto. Alcuni esempi di ciò sono: i verbi in tempo
passato (amò, mutò, fu), i verbi indicativi imperfetti (chiamava, aveva, sapeva) e i
verbi in presente (riposa).

La mancanza di punteggiatura è sostituita dagli spazi bianchi i quali hanno tre funzioni:
scandire i momenti separandoli l’uno dall'altro; a livello semantico le parole acquistano
un respiro e, così riescono a esprimere a fondo il loro significato; a livello visivo creano
una pausa di silenzio che marca tutta la lettura cercando di esprimere tutta la loro
forza.

Per quanto riguarda le figure retoriche, osserviamo una serie di ripetizioni (“di emiri di
nomadi”), metafore ("cantilena del Corano"). È una metafora dal fatto che Corano
significa in arabo recitare ad alta voce) e infine, similitudine ("sobborgo che pare una
decomposta fiera").

Riflessione personale:

La poesia parla della morte di un caro amico di Ungaretti, Mohammed Sceab, con il
quale Ungaretti aveva condiviso una parte della sua vita negli anni giovanili a Egitto e in
Francia. Nella poesia emergono i due destini a confronto: il destino tragico di
Mohammed e il destino, anche sofferente ma con un diverso finale del poeta.
Mohammed Sceab, si è ucciso perché non aveva più una patria. Stanco di vivere in una
tenda del deserto, aveva raggiunto Ungaretti nella grande Parigi e li aveva cambiato il
suo nome da Mohammed in Marcel. Ma non basta cambiare il nome per sentirsi
francese, piuttosto a Parigi, era "nessuno". Così, non potendo sopportare questo
decide di togliersi la vita. La riflessione che ci lascia è che l'amico ha pagato con il
suicidio per l'incapacità di uscire dalla solitudine per mezzo di relazioni d'amore e di
amicizia.

Per quanto riguarda, l’autore vuole spiegare che entrambi i personaggi si ritrovano
senza patria, senza radici. Il fatto che rende diverso le due biografie é che, Ungaretti, si
salva grazie alla poesia, cioè, nel canto lui trova una risposta alle sue sofferenze visto
che ha l’obbiettivo di conservare nella sua memoria gli avvenimenti e le persone
mantenendo cosi in vita il loro significato. Invece, d’altra parte, per l'amico la poesia
non è stata un elemento di aiuto e di risposta ai propri bisogni e alle proprie ansie. Si
nota dunque da questo testo che Ungaretti vuole fare vedere nella poesia una
funzione sacrale, cioè quella di diffondere una totalità di contenuti che sono
impossibile di spiegare: l'uomo, la vita, la morte. Attraverso la scrittura, l'uomo,
secondo Ungaretti, riesce a vivere senza una patria e ad ambientarsi in tutte le parti. In
sostanza, il testo, è un’espressione che innalza il valore della poesia: la memoria e il
ricordo.

“San Martino del Carso”


La poesia “San Martino del Carso” è stata scritta nel 1916 e fa parte de Il Porto Sepolto,
la sua prima raccolta di poesie. È stata scritta quando aveva 27/28 anni e appunto si
trovava come soldato sul fronte di trincea nel Carso (vicino a Venezia).

Argomento della parafrasi:

Di queste case non è rimasto qualche pezzo di muro. Di tanti amici che conoscevo e
avevano con me delle relazioni, non è rimasto in vita nessuno. Ma nel mio cuore c’è e
ci sarà sempre uno spazio per ognuno di loro, infatti, il mio cuore è il paese più
tormentato.

Riflessione generale:

Le prime due strofe si possono dire descrittive, pur trattandosi di una descrizione triste
e drammatica. Infatti, la breve descrizione fa capire che del paese non è rimasto
niente, cioè, la desolazione è ovunque. Ma, la descrizione inoltre evidenzia un aspetto
molto più complesso per il cuore del lettore, la guerra che piuttosto ha creato una
frattura fra le persone care al poeta e lui stesso. Infine, con le due brevi strofe della
conclusione, si riflette l’importanza di queste persone che, staranno sempre nel cuore
del poeta. Questo semplice fatto dimostra che lo scrittore ricorda tutti e si metti nei
panni di chi è morto, soffrendo anche per la loro situazione. Infine, fa una metafora
con il suo cuore è un paese, facendo vedere che i suoi sentimenti sono ancora più
distrutti e sconvolti di San Martino del Carso.

Elementi importanti:

La poesia è composta da versi liberi distribuiti in quattro strofe, le prime due composte
di quattro versi, le ultime di due versi, tutte con un significato determinato. Come
sempre in Ungaretti non abbiamo la punteggiatura che è sostituita dagli spazi bianchi i
quali hanno tre funzioni: scandire i momenti separandoli l’uno dall'altro; a livello
semantico le parole acquistano un respiro e, così riescono a esprimere a fondo il loro
significato; a livello visivo creano una pausa di silenzio che marca tutta la lettura
cercando di esprimere tutta la loro forza.

Quindi:

1° strofa: descrizione della città di San Martino bombardata.

2° strofa: descrizione dei compagni.

3° strofa: confessione del poeta.

4° strofa: sintesi fra la prima e la seconda strofa che dimostra i sentimenti dell’autore.

Inoltre, il poema crea un'analogia tra due elementi: il paese di San Martino del Carso
appunto semidistrutto dai combattimenti e il cuore del poeta, che è prima di tutto il
cuore di un uomo che soffre.

Infine, per quanto riguarda le figure retoriche, mostriamo una serie di analogie ("E' il
mio cuore il paese più straziato". Cuore-paese: con questo il poeta afferma
allegoricamente che la sua anima è più mortificata quanto la gente del paese, e il
paese stesso) e metafore ("Ma nel mio cuore nessuna croce manca". Il poeta con
questo intende dire che nonostante i suoi compagni sono morti, e di loro non restano
nemmeno i corpi, nei suoi ricordi ci saranno tutti come in un grande cimitero).

Riflessione personale:

La distruzione di un paese diventa l’emblema del dolore spirituale del poeta. È un


poema con tantissime effusioni sentimentali. Il poeta rivive in essa l’ambiente durante
la presenza del fuoco e le diverse cariche di dolore provate da ciò. Com’è facile
osservare, la poesia è impostata sul confronto tra il paese e il cuore del poeta: le case
di San Martino del Carso sono ridotte a mattoni separati, il cuore del poeta fratturato
dal dolore e dai risultati della guerra.

In aggiunta, posso spiegare che la parola "brandello" nella prima strofa di solito si
riferisce agli uomini (un pezzo di carne o brandello di carne) e, infatti, é proprio questo
l'obiettivo del poeta: sottolineare l'identificazione fra il paese e la vicenda umana
dando a intendere che il paese ha lasciato i corpi umani in piccoli frammenti di carne.
In conclusione, la realtà spaventosa e drammatica della guerra è possibile nascondere
per mezzo della poesia che fa ricordare i compagni sventurati che la morte hanno
trovato e fa dunque raffigurare il legame con la vita e la morte. Ritorna un'altra volta il
valore della poesia come testimonianza e memoria, che Ungaretti aveva già reso
comprensibile nella poesia “In memoria”.

“Mattina”
La poesia "Mattina" è ricordata sotto il nome "M'illumino d'immenso" proprio perché è
l'unica frase del testo della poesia. Fu scritta nel 1917 e il suo titolo originario era
“Cielo e mare” e fa parte della raccolta L'allegria. È la più breve poesia di Ungaretti e
penso io quella con il significato più profondo e interpretativo. I temi che si trattano
sono la tensione verso la luce, l'aspirazione all'armonia e la relazione con l'infinito. In
questa poesia, appunto, Giuseppe Ungaretti si mette nei panni di un soldato che esce
dalla trincea e si fonde con l'universo quindi si dimostra un sentimento di libertà.

Argomento della parafrasi:

Innanzitutto e di fondamentale importanza sapere che senza il titolo la poesia non ha


senso. Infatti, si analizza che si parla della luce del mattino che arriva dopo la notte e
che rende l'immensità della persona che appunto si riempie di gioia.

Riflessione generale:

Analizzando questa poesia il titolo è assolutamente fondamentale e si capisce che ciò é


parte della narrazione.

Il titolo "Mattina", fa riferimento al momento in cui la luce nascente vince le tenebre


aspetti della notte, e rivela, infatti, la luce che svela tutto, che appunto dà il senso
dell'immensità.

Metaforicamente, può essere anche definito come il Mattino, anche il momento della
vita del poeta quando scopre la sua immaginazione, diventando un nuovo essere
pensante che appunto lo porta alla ricerca di parole chiave come “immenso e
illuminoso”.

Infine, il messaggio che la lirica vuol comunicare è la fusione di due elementi


contrapposti: da una parte c’è il singolo, ciò che è finito cioè l'autore e dall’altra c’è
l'immenso, ciò che vive in un ambiente d’infinitezza.
Elementi importanti:

Si fa riferimento quindi a due figure retoriche che portano a capire più in dettaglio la
poesia. Da una parte troviamo la sinestesia ("M'illumino d'immenso") che mette in
connessione campi diversi come la vista, l’olfatto e l’udito. Rispettivamente la luce
(nell’aspetto visivo) oltre a vedersi è anche calore, quindi si sente. Seguendo quindi con
l’olfatto, ci colleghiamo all'aria fresca del mattino che nel naso si sente pulita. Infine,
nominiamo l'udito, perché questo fa percepire l'immensità del silenzio in queste due
parole.

Un’altra figura retorica sarebbe l’analogia che pone quindi in stretta relazione il finito,
raffigurando al poeta nella sua unica essenza di essere uomo, e l'infinito,
rappresentato dall'immensità presente in terra, cioè il cielo e il mare che si mescolano
con la luce che si proietta nella dimensione dell'assoluto, uscente nel mattino.

Riflessione personale:

Il giusto significato al testo sarebbe: Ungaretti si alza di mattina vicino al mare; a


questo punto il poeta s'illumina perché contempla il sorgere del sole, la cui luce si
riflette appunto sul mare. L'idea d’immenso quindi esiste dall'impressione che il mare e
quindi anche il cielo, nella luce del mattino, si fonde in un'unica infinita energia.

Con questa poesia Ungaretti ha voluto esprimere tutto l'entusiasmo del nuovo giorno,
la sua gioia nel vedere il mondo il mattino. Penso che sia di maggiore importanza
tenere conto che l'ispirazione per questa poesia Ungaretti l'ebbe durante il servizio
militare, sicuramente quando un mattino si accorge del riflesso del sole nel mare che
diventa così un annuncio di speranza, e fa dimenticare il pensiero dalle conseguenze
della guerra e, infatti, porta a pensare alle bellezze del creato. Infine, egli ha voluto così
esprimere con due parole la gioia di entrare nella bellezza della società dopo il
momento doloroso della guerra.

“Veglia”
La poesia fu stata scritta alla fine del 1915 ed é tratta dalla raccolta "L'allegria". È una
poesia che parla di una situazione in cui Ungaretti lavorando come soldato si ritrova
vicino a un suo compagno caduto in guerra, momento che li permette di vedere gli
effetti della morte. Gli argomenti che analizziamo all’interno della poesia sono:
l'insensata brutalità della guerra e l'amore per la vita.

Argomento della parafrasi:

Nel mezzo di una notte mi trovavo (autore) sdraiato vicino a un compagno massacrato,
aveva la sua bocca aperta con i denti scoperti e il volto indirizzato verso il cielo con la
luna piena, con le sue mani gonfie che rimanevano di fronte a me nel mio silenzio che
mi fece scrivere delle lettere piene d'amore. Non sono mai stato così attaccato
all'esistenza (al significato della vita).

Riflessione generale:

Il tema della poesia si presenta dal titolo: la veglia, appunto, questo rappresenta sia il
senso interminabile del tempo trascorso vicino al cadavere del compagno, sia
l'atteggiamento di fraternita al trovarsi sveglio durante tanto tempo osservando il
cadavere e le condizioni in cui si trova.

Il primo significato è già analizzato dalla prima parte della poesia. In questa
predominano immagini crudeli realiste, raffigurate da parole (massacrato, digrignata).
Appunto queste portano in un senso brutale al lettore a sentire proprio nel suo
interiore una relazione con la morte. In addizione, l’uso frequente alle doppie crea un
ritmo secco e duro che costituisce suoni aspri: nottata, buttato, attaccato. Questa
prevalenza di doppie c'è per sottolineare l'assurdità della guerra che è causa di morte.
Inoltre, lo spazio di silenzio (evidenziato nello stacco tra le due strofe) serve al poeta
per viaggiare fino al fondo della propria anima. Infine, seguendo con la seconda strofa,
si osserva come proprio la guerra constante dimostra di cogliere il senso più profondo
e il valore dell'esistere umano indicando che ogni uomo ha diritto alla vita.

È di fondamentale importanza analizzare che ci sono due campi semantici che si


uniscono tra di loro per mezzo della guerra: la morte e la vita. Per quanto riguarda le
parole del campo semantico della morte evidenziamo: massacrato, bocca digrignata,
congestioni delle sue mani. Da un'altra parte, le parole del campo semantico della vita:
plenilunio, lettere piene d'amore, vita.

Elementi importanti:

Alcuni elementi importanti sono: i versi liberi divisi in due strofe di lunghezza diversa.
L’assenza della punteggiatura come sempre in Ungaretti che è sostituita dagli spazi
bianchi i quali hanno tre funzioni: scandire i momenti separandoli l’uno dall'altro; a
livello semantico le parole acquistano un respiro e, così riescono a esprimere a fondo il
loro significato; a livello visivo creano una pausa di silenzio che marca tutta la lettura
cercando di esprimere tutta la loro forza.

Altre caratteristiche evidenziate sono: la brevità della poesia e dei versi, infatti, ci sono
dei versi formati da una sola parola che diventano parole chiave che sono isolate nel
verso.

Osservando per ultimo adesso le figure retoriche presenti sono: assonanza e metafora.
Riflessione personale:

Giuseppe Ungaretti vive gran parte della Prima guerra mondiale e, infatti, questa
poesia fu scritta proprio durante questo conflitto, a pochi giorni dal giorno di Natale
(capito dall'indicazione « il 23 dicembre 1915»). Il tema trattato è la sofferenza
provocata in guerra, la caducità della vita che è destinata a finire in breve tempo e
l'angoscia della morte che non lascia pensare all’uomo.

Declamiamo che la poesia spiega che l’autore ha trascorso un'intera notte di fianco a
un compagno massacrato con la bocca deformata rivolta verso la luna piena (fatto che
ci fa capire che l’ambiente è mezza notte) e con le dita delle sue mani rigide e gonfie
per la morte, che lasciano un profondo senso di spavento in lui e, impaurito, non può
fare altro che restargli accanto. In questo momento il poeta ha sentito l'esigenza di
scrivere lettere d'amore per il bisogno di dichiarare affetto ai suoi cari e qui, di fronte
alla tragedia della morte, rivela che non si era mai sentito così attaccato alla vita (segno
dell’odio contro la guerra).

Avviene quindi quella cosa più interessante della poesia, quello che i greci chiamavano
eros e thanatos, cioè il momento che quando più ti senti vicino alla morte anche ti
senti legato alla vita e all'amore.

La riflessione che mi permetto di fare è che per quanto possa essere ingiusta la vita
vale certamente la pena di viverla pienamente. Infatti, non è necessario aspettare di
vedercela vicino per incominciare a non goderla. Infine, in maniera più astratta, è
comunque questo il significato che il poeta fante Giuseppe Ungaretti ci ha voluto
trasmettere dall’inizio.

“Soldati”
La poesia Soldati è stata scritta dal poeta Giuseppe Ungaretti nel 1918 quando era un
soldato di trincea verso la fine della prima Guerra. Il suo titolo originario era Militari. È
l'unica del gruppo proveniente non solo dalla sezione “Il Porto Sepolto”, ma anche da
quella intitolata “Girovago”, sempre all'interno del libro L'allegria.

Argomento della parafrasi:

Si sta (si riferisce ai soldati che stanno) come le foglie degli alberi nella stagione
autunnale. Cioè, cadono facilmente a causa delle condizioni in cui vivono (foglie: in
autunno e soldati: in guerra).

Riflessione generale:

Questa poesia è stata scritta quasi alla fine della guerra: è brevissima e interamente
basata su una similitudine. Dice che tutti siamo come le foglie che stanno sugli alberi in
autunno. Dando intendere che la vita è fragile e precaria come le foglie in autunno.
Il titolo è fondamentale nella poesia, in caso contrario non si può capire il senso
completo della narrazione. Essa, infatti, è costruita tutta su una similitudine tra una
forma impersonale (SI STA) riferita ovviamente ai soldati che implica anche l’inclusione
del poeta in questo gruppo. Guardiamo quindi alle foglie dagli alberi d’autunno come i
soldati, cadute da dei soffi forti di vento, o caduti da un proiettile nel caso degli uomini.
Il tema è quello della precarietà fisica e psicologica dei soldati costretti a lottare, che
sono appesi a un filo tra la vita e la morte. Quindi troviamo come la precarietà e la
fragilità dell’uomo sono di fronte al suo destino.

Elementi importanti:

Alcuni elementi importanti sono i versi liberi, l’assenza della punteggiatura come
sempre in Ungaretti che è sostituita dagli spazi bianchi i quali hanno tre funzioni:
scandire i momenti separandoli l’uno dall'altro; a livello semantico le parole acquistano
un respiro e, così riescono a esprimere a fondo il loro significato; a livello visivo creano
una pausa di silenzio che marca tutta la lettura cercando di esprimere tutta la loro
forza.

Inoltre evidenziamo la figure retorica della similitudine (come d'autunno).

Riflessione personale:

È tra i componimenti più brevi di Ungaretti. In questo caso le parole valgono non in sé,
ma per le immagini che evocano, per la loro forza che tramettono. Ci sono poche ma
intensissime parole in questa brevissima poesia che esprimono il modo drammatico
nel quale vivono i soldati in trincea. La poesia appunto fa un paragone tra le foglie in
autunno ed i soldati in guerra intendendo che le foglie sono così deboli nella stagione
autunnale che basta un lieve soffio di vento per farle cadere, mentre ai soldati in
guerra basta un colpo di un fucile per essere uccisi. Infatti, in entrambi i casi, le due
vite sono attaccate a un filo magro rendendo meglio il concetto di precarietà della
condizione umana durante la guerra.

Quindi, questa rappresentazione della vita umana che è fragile come le foglie ed è un
motivo molto presente già nella poesia antica (Omero), medievale (Dante) e moderna
(Shakespeare). Il poeta che anche è soldato prova a rinnovare questa similitudine
letteraria inserendola nel contesto della guerra mediante lo stile di frasi ogni volta più
semplici ma con un significato più ricco. Per fare questo, il poeta rende evidente,
attraverso un'inversione sintattica, il concetto delle foglie. Tale elemento che,
collegandosi al titolo (Soldati) e al contesto (siamo nel 1918, sul finire dei della prima
guerra), vuole rappresentare la condizione di precarietà fisica ed esistenziale degli
uomini in guerra.
“Girovago”
La poesia "Girovago" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti nel maggio 1918 e fa parte
della raccolta L'allegria, nella sezione intitolata Girovago.

Argomento della parafrasi:


In nessun posto al mondo posso andare a vivere
A ogni nuovo clima che incontro mi sento più indebolito mentre una volta mi ci abituavo
E ne prendo sempre le distanze come uno straniero
Rinascendo da epoche troppo vissute
Vorrei godere il momento della creazione
Cerco un luogo puro

Riflessione generale:

Il titolo fa riferimento alla condizione esistenziale del poeta, che, privo di radici, non è
in grado di trovare un punto di riferimento stabile o un luogo sicuro che possa
accoglierlo. È un tema già affrontato nella poesia "In memoria", attribuita all'amico
arabo Moammed Sceab. Stavolta la ricerca di una “nazione” è riferita a se stesso,
Ungaretti la trasforma metaforicamente in un percorso verso la sua ricerca poetica.
Appunto le prime tre strofe contengono, in forma autobiografica, delle dichiarazioni di
estraneità dell'individuo rispetto alle cose.

Questo si conferma quando si passa da un tono negativo ("in nessuna") a un tono


positivo ("a ogni"), cercando di esprimere la condizione spirituale di non appartenenza
e di simbolico esilio dell’autore. Tutto questo carattere sofferto e faticoso di questa
esperienza è reso comprensibile grazie alla funzione del “che” nel verso 10 che svolge
un compito di cerniera.

In aggiunta si parla della penultima strofa che inizia con il verbo all'infinito ("godere")
ed ha un valore ottativo perché esprime un desiderio, il desiderio di poter vivere "un
solo minuto di vita iniziale". Il gerundio e i participi iniziali, usati nel poema creano
un’idea insoddisfacente della vita basata su un desiderio sempre assistente e mai
completamente appagato. Da un'altra parte si vede come l’infinito quasi nella fine del
poema ha, infatti, un’intensione di creare un valore desiderativo, dunque, la voglia di
vivere.

L'idea della nascita, o meglio della rinascita, è da associarsi a quella dell'Eden, di un


paradiso terrestre in cui l'individuo possa ritrovare la propria identità, perduta insieme
con l'innocenza. La ricerca di "un paese innocente" allude così al motivo del viaggio
verso una felicità naturale che non è stata ancora raggiunta.
Elementi importanti:

Troviamo al suo interno l’anacoluto (che una volta già gli ero stato assuefatto, si
chiama cosi dal fatto che non è rispettata la coesione tra le varie parti della frase).

Riflessione personale:

Mi piacerebbe iniziare questa riflessione con una frase di Paulo Coelo: “la maggiore
pace sta nel dormire nella notte tranquillo”. Dico queste parole perché per quanto
riguarda Ungaretti, è semplicemente lo stesso pensiero che, infatti, lo porta a viaggiare
spesso per cosi trovare questa tranquillità che non raggiungeva in tutti i posti che
visitava.

In questa poesia Ungaretti si sente come un girovago, la cui definizione del termine è
"privo di un'attività definitivamente fissata in un dato luogo". Infatti, la sua vita fu
caratterizzata da continui spostamenti, che lo portarono dalla sua nascita ad
Alessandria d'Egitto, dove trascorse la sua infanzia fino a quando viaggia a Parigi. Infine
possiamo dire che è di notevole importanza il suo passaggio sulle montagne del Carso,
dove visse la sua esperienza di combattente.

Sin dalla prima strofa è visibile l'ansia del poeta che non riesce a trovare un posto
stabile, visto che tutti questi luoghi che lui visita non lo fanno sentire come a casa
propria e questo non gli consente di raggiungere la serenità che voleva, anzi, si sente
ancora più debole rispetto a quanto era partito. Per mezzo delle sue opere come
questa ci fa capire che ricorda i periodi della guerra dove pareva un nomade, a causa di
tutti questi spostamenti che erano frequenti e i climi diversi che gli provocavano un
tipo di sofferenza.

La relazione che creo ora, invece, e basata nel fatto che se lui, Ungaretti, provasse ad
allungare la sua permanenza in uno di questi nuovi luoghi, non riuscirebbe ad abituarsi,
finendo a lasciare il luogo come lo farebbe uno straniero.

La Francia, quindi, sarebbe questo luogo che egli cerca dove possa ricordare la sua
infanzia cioè la sua innocenza. Appunto, dopo averlo trovato, sarebbe bastato soltanto
un minuto per capire che in quel luogo dove si trovava, esisteva la distruzione e si
viveva spesso il dolore della guerra.

Infine, tutto questo pensiero del pubblico si conclude con l’analisi appunto
dell’interpretazione personale del poeta nella quale fa riferimento all’emozione che
sente al non appartenere a un particolare luogo.

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