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Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nacque l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto


(Africa) Nel 1912 si trasferì a Parigi e dopo in Italia, dove, arruolatosi
volontario come soldato semplice di fanteria, partecipò alla Prima guerra
mondiale combattendo sul fronte del Carso. Dall’esperienza diretta della
guerra, prese forma la prima parte della sua produzione poetica.
Nacquero così le raccolte Il porto sepolto (1916) e Allegria di naufragi
(1919); le poesie furono poi riunite nel volume L’Allegria (1931). Al
termine del conflitto, Giuseppe Ungaretti visse a Parigi e nel 1936
Giuseppe Ungaretti accettò la cattedra di Lingua e letteratura italiana
presso l’Università di San Paolo, in Brasile, dove andò a vivere con la
moglie e i due figli. Qui lo colpirono due gravi lutti familiari: la morte del
fratello Costantino e quella del figlio Antonietto. Il ritorno in Italia nel
1942 coincise con la Seconda guerra mondiale. Alla tragedia privata si
sovrappose così quella pubblica e questo duplice dramma ispirò la
raccolta intitolata Il Dolore (1947). In Italia ottenne la cattedra
all’Università di Roma. Nel 1970 fu colto da malore durante un viaggio
negli Stati Uniti e, rientrato in Italia, morì a Milano per broncopolmonite
all’età di ottantadue anni.

Poetica

Ungaretti appartiene alla corrente letteraria dell'Ermetismo. Il termine


"ermetico" significa "chiuso", "oscuro". La poesia di Ungaretti è poesia
pura, essenziale, liberata da ogni schema metrico, che esprime soltanto
ciò che il poeta, con la sua fantasia e la sua sensibilità, intuisce. Poesie
brevi , veri e propri frammenti, elimina del tutto la punteggiatura. Il poeta
rifiuta anche i vincoli della metrica e della rima, non più strofe
tradizionali, ma versi liberi, talvolta costituiti da una sola parola dotata di
grande significato. Le opere L’Allegria, pubblicata nel 1931 e poi rivista e
pubblicata nel 1942, comprende le poesie scritte durante l’esperienza
della Prima guerra mondiale, che Ungaretti visse in prima persona,
combattendo nelle trincee del Carso. Sono fortemente autobiografiche,
quasi come fogli di diario, tanto che ognuna reca l’indicazione del luogo e
del giorno in cui è stata concepita.
I temi: le sofferenze patite in guerra: la solitudine - la fragilità della vita: il
dolore - l'angoscia della morte che si avvicina: il desiderio di pace, di
serenità - la fratellanza umana: di sentirsi in armonia con la natura...

Opere

Veglia, è uno dei componimenti più celebri presenti nella raccolta


l’Allegria di Giuseppe Ungaretti. Qui il poeta ripercorre una delle tanti
notti passate in trincea durante la guerra; questo momento però è
particolare poiché il poeta sta dormendo con accanto a sé il cadavere di
un soldato.

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Veglia – Riassunto

Il componimento è estremamente semplice e breve; il poeta si trova in


trincea e veglia per una notte intera il cadavere di un compagno. La morte
e la vita sono avvicinate dalle mani contratte del soldato ucciso, ma anche
nel silenzio solidale e assorto dell’animo del poeta.

Analisi. Si tratta di versi liberi, composti in due strofe e senza rima. Il


componimento perciò può essere suddiviso in due parti:

 nella prima parte si ha la descrizione del cadavere del compagno; il


poeta sembra partecipare al dolore tenendo vicine le sue mani; una
nuova figura è la Luna (plenilunio) che rimarca la lontananza dal
cielo.
 la seconda parte invece è per Ungaretti la ribellione e la rivolta pur
avendo di fianco il compagno massacrato, durante la lunga notte in
trincea, scrive lettere piene d’amore e dichiara un sentimento di
attaccamento alla vita: non solo alla propria vita personale, ma a
quella che è un bene comune.

Fratelli (Ungaretti)La poesia Fratelli è contenuta nella maggiore raccolta


ungarettiana L’allegria (1942). Fu composta, come riporta la data scritta in
calce, il 15 luglio 1916 a Mariano, nei pressi del Carso, dove Ungaretti era
impegnato a combattere con il proprio reggimento di fanteria. Di fronte
alla guerra non ci sono amici né nemici, vinti o vincitori, ma solo fratelli,
gli uomini sono fratelli soprattutto perché accomunati da un'identica
condizione di precarietà e miseria. In questi pochi versi il poeta racconta
l’incontro di due reggimenti di soldati, che gli appaiono «fratelli», per e
nonostante l’esperienza di morte e distruzione che stanno vivendo. La
parola «fratelli» è, per analogia, una «foglia appena nata» (v. 5): una sorta
di richiamo alla speranza e alla vita, nonostante la distruzione e la morte.
Il poeta accosta i due termini, «fratelli» e «foglia», che appartengono a
due campi semantici differenti, stabilendo un collegamento logico che al
lettore suggerisce sia la fragilità sia la forza vitale del sentimento di
fratellanza.
Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante

nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante

involontaria rivolta

dell’uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli.

Il porto sepolto: dà il titolo alla raccolta omonima del 1916

Il poeta arriva nel porto sepolto

che poi riemerge con le sue poesie


e le comunica anche agli altri.

Questa poesia resta in me

come un mistero insondabile

La poesia è tra le più importanti della raccolta perché enuncia la poetica


dell’autore. Il poeta trae spunto da un antico porto di Alessandria
d’Egitto, inabissatosi per via di movimenti bradisismici, ma ne fa un
motivo simbolico: infatti, immergendosi nel porto sepolto allude alle
profondità dell’animo umano, a quel che resta dell’origine perduta,
inabissatasi e diventata inesplorabile. Grazie alla poesia.

San martino del Carso

L’immagine di un paese distrutto dalla guerra, San Martino del Carso, è


per il poeta l’equivalente delle distruzioni che sono celate nel suo cuore,
causate dalla dolorosa perdita di tanti amici cari. Ancora una volta il poeta
trova nelle immagini esterne una corrispondenza con quanto egli prova
nei confronti dell’uomo, annullato dalla guerra. La lirica, di un’estrema
essenzialità è tutta costruita su un gioco di rispondenze e di
contrapposizioni sentimentali, ma anche verbali: di San Martino resta
qualche brandello di muro, dei morti cari allo scrittore non resta nulla;
San Martino è un paese straziato, più straziato è il cuore del poeta. Così,
eliminando ogni descrizione e ogni effusione sentimentale, l’Ungaretti
riesce a rendere con il minimo di parole la sua pena e quella di tutto un
paese, e dà vita a una lirica tutta nuova.

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