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Testo
Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde
Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
D’ inesauribile segreto.
Parafrasi
Il poeta arriva nel porto sepolto
che poi riemerge con le sue poesie
e le comunica anche agli altri.
Questa poesia resta in me
come un mistero insondabile.
Figure retoriche
anafora
metafora
ossimoro
alternanza dei dimostrativi questa/quel presente anche nell’Infinito di Leopardi -> Ungaretti
apprezzava molto Leopardi
testo ricco di enjambements
Significato
«Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile» (Giuseppe Ungaretti).
Il testo è un richiamo alla funzione del poeta di riportare alla luce ciò che è nascosto, ciò che non
si vede, ciò che è rimasto sepolto dalla dimenticanza e dal tempo. Il poeta ha quasi la funzione di
un palombaro che si inabissa per compiere un processo culturale e psicologico; infatti egli
sprofonda al disotto della superficie della vita per riportare alla luce, con le sue parole, quello
che è rimasto nascosto.
L'uso del pronome "Vi" sta a significare che il poeta viaggia verso il "SUO" porto sepolto, un
luogo familiare, e vi si immerge; esce di nuovo alla luce con i propri versi; e li dona al mondo,
disperdendoli.
La poesia resta, alla fine, qualcosa di inafferrabile e lo stesso termine “porto sepolto” rimane un
paradosso espressivo (il porto è reale, ma essendo sepolto non si vede, non è tangibile).
La poesia, dunque, è ciò che può sopravvivere nel difficile momento della guerra, della
sofferenza, della distruzione, è quel nulla che, però, rimane, in quanto “inesauribile segreto”.
Testo
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Parafrasi discorsiva
Si chiamava Mohammed Sceab, discendente di emiri, di nomadi, suicidatosi perché non aveva
più una patria. Amò la Francia e cambiò nome, si fece chiamare Marcel, ma non era francese e
non sapeva più vivere nella tenda dei suoi compatrioti dove si ascolta ancora la preghiera del
Corano, bevendo il caffè; e non sapeva nemmeno più cantare la canzone della sua lontananza. Io
l'ho accompagnato insieme alla padrona dell'albergo dove abitava a Parigi nel n°5 della Rues des
carmes, una strada tutta in discesa e sfiorita. Adesso è morto e riposa nel cimitero di Ivry, un
sobborgo che sembra sempre stare in un giorno di festa durante una fiera che l’indomani lascia
rifiuti e sporcizia (decomposta). Forse solamente io ricordo ancora che egli visse.
Figure retoriche
metafore:
- cantilena del corano = Corano in arabo significa recitare ad alta voce
- l'ho accompagnato / insieme alla padrona dell'albergo / dove abitavamo = allude al
cimitero
- decomposta fiera = allude alla condizione di morte del protagonista
antitesi
ellissi -> manca il verbo
testo ricco di enjambements
Significato
Nella poesia emergono i due destini a confronto: il destino tragico di Mohammed e il destino,
sempre sofferente, ma con un diverso epilogo, del poeta.
Entrambi i personaggi si ritrovano senza patria, senza radici, tuttavia Ungaretti - come si coglie
nel finale - si salva grazie alla poesia, cioè nel canto, in cui trova una risposta alle sue sofferenze,
perché ha la funzione di conservare nella memoria gli avvenimenti e le persone, mantenendo in
vita il loro significato. Invece, per l'amico la poesia non è intervenuta a costituire un elemento di
aiuto e di risposta ai propri bisogni ed alle proprie ansie. Per Mohammed non basta mutare il
nome per sentirsi francese: a Parigi, lui, figlio di un capo tribù, era un emarginato della società,
era "nessuno"!L'amico ha pagato con il suicidio l'incapacità di uscire da questa condizione
esistenziale di solitudine. Sul piano dello stile, la lirica ha un andamento intimo e affettuoso. I
versi, brevi e rallentati, hanno il tono alto e severo di un'orazione funebre.
I tempi verbali oscillano tra passato e presente, ricordo e cronaca:
i tempi passati (amò, mutò, fu) incalzano il lettore;
gli imperfetti, spesso di forma negativa (si chiamava, non aveva, non sapeva), impongono una
pausa;
per la rievocazione usa il tempo presente: "Riposa / nel camposanto d'Ivry".
Testo
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Parafrasi discorsiva
Ho passato una notte intera sdraiato vicino a un compagno ucciso, massacrato, con la bocca
contratta dalla morte rivolta verso la luna piena, il rossore e il gonfiore delle sue mani che sono
penetrati nel mio intimo. Proprio in quel momento ho scritto lettere piene d’amore.
Non mi sono mai sentito così tanto attaccato alla vita.
Figure retoriche
metafora + metonimia ( congestione delle sue mani = mani congestionate)
suoni duri con allitterazione della t
testo ricco di enjambements
Significato
Annotazioni di Ungaretti : “ Ero in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura
che imparavo a conoscere in modo nuovo, in modo terribile. Dal momento che arrivo ad essere
un uomo che fa la guerra, non è l’idea di uccidere o di essere ucciso che mi tormenta: ero un
uomo che non voleva altro per sé se non i rapporti con l’assoluto, l’assoluto che era
rappresentato dalla morte, non dal pericolo, che era rappresentato da quella tragedia che
portava l’uomo a incontrarsi nel massacro. Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il nemico,
né per nessuno: c’è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini
nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione. C’è volontà d’espressione,
necessità d’espressione, c’è l’esaltazione, nel Porto sepolto, quell’esaltazione quasi selvaggia
dello slancio vitale, dell’appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla quotidiana
frequentazione della morte. Viviamo nella contraddizione”.
Testo
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
Figure retoriche
personificazione -> la parola “Fratelli” diventa una persona che trema per l’emozione e per la
paura (le parole non tremano, siamo noi a far tremare la voce), che quasi non osa essere
pronunciata perché parlare di fratellanza nel mezzo di una guerra dove ci si uccide tra pari pare
un’assurdità
analogia e metafora -> si riferisce alla parola fratelli che trema come una fogliolina appena nata
nel buio della notte
anastrofe
allitterazioni+enjambements
Significato
Con una forte ed efficace analogia, la parola “Fratelli” viene paragonata a “una fogliolina appena
nata”, rimarcando così la fragilità della vita, sconvolta dalla follia drammatica della Prima
guerra mondiale.
Le immagini sono accostate apparentemente senza alcuna connessione logica: è infatti il lettore
che coglie ne “la foglia tremante” una rappresentazione della parola “Fratelli”, tra i due termini
non vi è alcun segno di congiunzione. L’unione per analogia tra due termini appartenenti a
campi semantici differenti, “foglia” e “fratelli”, stabilisce una stretta connessione che suggerisce
al lettore sia la fragilità sia la forza vitale del sentimento di solidarietà umana.
In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba
Ungaretti
uomo di pena
ti basta un'illusione
per farti coraggio
Un riflettore
di là
mette un mare
nella nebbia
Parafrasi e figure retoriche
1 Nascosto in agguato tra questi cunicoli come budella (budella di macerie – metafora) per tante
ore ho trascinato (ho strascicato – trascinato come se fosse un morto) il mio corpo (carcassa -
metonimia) logoro (usata – francesismo da usèe – usato, consumato) dal fango come una suola
o come un seme di biancospino (seme di spinalba – similitudine - riferimento all’Egitto, lo
stesso Ungaretti precisa che “prospera in ogni giardino di Alessandria”).
2 Ungaretti (Ungaretti: auto-apostrofe) uomo di pena (uomo di pena – uomo che sopporta la
fatica di vivere) ti basta un’illusione (per sopravvivere l’uomo si attacca a delle illusioni) per
trovare il coraggio (coraggio di vivere, di affrontare questo viaggio di pena, questo
pellegrinaggio)
3 Un faro (riflettore) dal fronte nemico (di là) illumina la nebbia trasformandola in un mare
(mette un mare nella nebbia – la luce fa sembrare la nebbia un tratto di mare – metafora di un
luogo vitale- richiamo a Baudelaire “une mer de brouillards” – Le crepuscule du matin).
Significato
Emerge la poetica dell’analogia. Le tre strofe rappresentano tre momenti distinti, tre immagini
che si susseguono senza nessun legame logico.
La poesia rappresenta un viaggio nell’animo del poeta attraverso la guerra, considerata come
esperienza limite che porta alla conoscenza più profonda di sè.
Il pellegrinaggio del poeta è il cammino dell’uomo nella sofferenza che porta alla consapevolezza
della propria fragilità, l’unico rimedio consiste nell’illusione, che permette di intravedere uno
spiraglio di vitalità.
Testo
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato.
Significato
L’analogia creata da Ungaretti è doppia:
- da un lato, quel poco che resta delle case (con una metafora, il poeta umanizza le
costruzioni: non calcinacci e macerie, ma "brandelli", v. 4, come fossero state di carne) è
associato ai tanti cari scomparsi e abbattuti dalla guerra, anch’essi ridotti in cenere;
- dall’altro Ungaretti instaura un rapporto strettissimo e circolare fra la distruzione del
paese di San Martino e la distruzione del proprio cuore, devastato dalla guerra e dalle
perdite subite.
Testo
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
Questi sono
I miei fiumi
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
Contati nelll'Isonzo
Testo
È compresa ne
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Significato
Soldati esprime il dramma e la precarietà del momento storico e della condizione umana. I
soldati vengono qui paragonati a foglie autunnali che, ancora appese agli alberi, procedono
inevitabilmente verso la caduta e la morte, vittime dello scorrere del tempo.
Al termine “soldati” è però facilmente sostituibile quello di uomini, e alla guerra è applicabile la
più ampia nozione di vita.