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A. A.

2011- 2012 – Semestre primaverile


Corso monografico di letteratura
moderna:

Lettura dell'Allegria di Ungaretti


Calendario delle lezioni
Merc. 22 febbraio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Gio. 1 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 7 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 14 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 21 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Gio. 22 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3023
Merc. 28 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 4 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 25 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 2 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 9 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 15 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 23 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 30 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Annullate: 29 febbraio 2012
18 aprile 2012
Bibliografia
L’edizione critica dell’Allegria, a cura di Cristiana Maggi Romano, è apparsa nel 1982 (Milano,
Fondazione Mondadori). La raccolta con il relativo apparato di varianti si legge inoltre in G.
Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori,
1969 (ristampata successivamente anche in veste economica); e (con commento) in G.
Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di Carlo Ossola, Milano, Mondadori, 2009. Si
segnala, inoltre, G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 1990.

La bibliografia su Ungaretti e su L’Allegria è vastissima. Si segnalano qui le voci ‘storicamente’


più importanti, utilmente fruibili nella preparazione dell’esame: Luciano Rebay, Le origini della
poesia di Giuseppe Ungaretti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962; Leone Piccioni,
Ungarettiana, Firenze, Vallecchi, 1980; C. Ossola, Giuseppe Ungaretti, Milano, Mursia, 1982;
Mario Barenghi, Ungaretti, Modena, Mucchi, 1999. Su lingua e stile, poi, si ricorda Pietro
Spezzani, Per una storia del linguaggio di Ungaretti fino a «Sentimento del Tempo», nel vol. misc.
Ricerche sulla lingua poetica contemporanea, Padova, Liviana, 1966, pp. 91-160.

Tra i contributi più recenti: Paolo Briganti, Tra inquiete muse. L’Ungaretti dell’Allegria, Milano,
Unicopli, 2008; e (con un taglio decisamente introduttivo) Daniela Baroncini, Ungaretti,
Bologna, Il Mulino, 2010.
Commiato < PS 16 Poesia
Locvizza il 2 ottobre 1916
Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l’umanità
la propria vita 5
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia < PS16 è la limpida meraviglia
di un delirante fermento

Quando trovo < PS16 Quando io trovo


in questo mio silenzio 10
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso
Gen|ti |le 3
Et|to|re | Ser|ra 5
po|e|si|a 4
è il | mon|do | l’u|ma|ni|tà 8
la | pro|pria | vi|ta 5
fio|ri|ti | dal|la | pa|ro|la 8
la | lim|pi|da | me|ra|vi|glia 8
di un | de|li|ran|te | fer|men|to 8

Quan|dO | trO|vO 4
in | que|stO | mi|O | si|len|ziO 8
u|nA | pA|ro|lA 5
scA|vA|tA è | nel|lA | mi|A | vi|tA 9
co|me un | a|bis|so 5
C. Baudelaire, Le Gouffre [1862], trad. it. di G. Raboni
Pascal avait son gouffre, avec lui se mouvant. Pascal aveva il proprio abisso, e sempre
- Hélas ! tout est abîme, - action, désir, rêve, se lo portava dietro. – Abisso è tutto: l’atto e il
desiderio,
Parole ! et sur mon poil qui tout droit se relève
il sogno e la parola. - Quante volte, sfiorato
Mainte fois de la Peur je sens passer le vent. dalla brezza
della Paura, sento che mi si rizzano i capelli!
En haut, en bas, partout, la profondeur, la grève Da ogni parte – su, giù – la riva, il vuoto,
Le silence, l’espace affreux et captivant… il silenzio, lo spazio che affascina e spaventa…
Sur le fond de mes nuits Dieu de son doigt savant Sul nero delle notti, col suo dito sapiente,
Dio mi disegna un incubo multiforme e
Dessine un cauchemar multiforme et sans trêve.
accanito.

J’ai peur du sommeil comme on a peur d’un grand trou, Mi fa paura il sonno, buco immenso,
Tout plein de vague horreur, menant on ne sait où; vago e orrendo, che porta chissà dove;
Je ne vois qu’infini par toutes les fenêtres, da ogni vetro non vedo che infinito,

Et mon esprit, toujours du vertige hanté, e la mia mente, in preda al capogiro,


invidia al Nulla il nulla. – Ah, non uscire,
Jalouse du néant l’insensibilité.
non uscire mai dai Numeri e dagli Esseri!
- Ah ! ne jamais sortir des Nombres et des Êtres !
Mappa cronologica: 1916 e dintorni
1912, D’Annunzio, quarto libro delle Laudi
Marinetti, Manifesto della lett. futurista
Slataper, Il mio Carso
1913, Pirandello, I vecchi e i giovani
Papini, Un uomo finito
Rebora, Frammenti lirici
1914, Campana, Canti Orfici
Palazzeschi, Il controdolore
Sbarbaro, Pianissimo
1915, Govoni, Rarefazioni e parole in libertà
E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, 1916
Meriggiare pallido e assorto Osservare tra frondi il palpitare
presso un rovente muro d’orto, lontano di scaglie di mare 10
ascoltare tra i pruni e gli sterpi mentre si levano tremuli scricchi
schiocchi di merli, frusci di serpi. di cicale dai calvi picchi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia 5 E andando nel sole che abbaglia
spiar le file di rosse formiche sentire con triste meraviglia
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano com’è tutta la vita e il suo travaglio 15
a sommo di minuscole biche. in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
E. Montale, Non chiederci la parola…
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un doloroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro, 5


agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,


sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. 10
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Camillo Sbarbaro, Taci, anima stanca di godere, 1913,
poi in Pianissimo, 1914

Taci, anima stanca di godere Invece camminiamo. 15


e di soffrire (all'uno e all'altro vai camminiamo io e te come sonnambuli.
rassegnata). E gli alberi son alberi, le case
Nessuna voce tua odo se ascolto: sono case, le donne
non di rimpianto per la miserabile 5 che passano son donne, e tutto è quello
giovinezza, non d'ira o di speranza, che è, soltanto quel che è. 20
e neppure di tedio. La vicenda di gioia e di dolore
Giaci come non ci tocca. Perduta ha la sua voce
il corpo, ammutolita, tutta piena la sirena del mondo, e il mondo è un grande
d'una rassegnazione disperata. 10 deserto.
Noi non ci stupiremmo, Nel deserto 25
non è vero, mia anima, se il cuore io guardo con asciutti occhi me stesso.
si fermasse, sospeso se ci fosse
il fiato...
C. Rebora, Sciorinati giorni dispersi, in FL, 1913
Sciorinati giorni dispersi, mentr'echeggia la via
cenci all'aria insaziabile: consueti fragori e nelle corti
prementi ore senza uscita, s'amplian faccende in conosciute voci,
fanghiglia d'acqua sorgiva: e bello intorno il mondo, par dileggio 20
torpor d’àttimi lascivi 5 all'inarrivabile gloria
fra lo spirito e il senso; al piacer che non so,
forsennato voler che a libertà e immemore di me epico armeggio
si lancia e ricade, verso conquiste ch'io non griderò.
inseguita locusta tra sterpi; Oh per l'umano divenir possente 25
e superbo disprezzo 10 certezza ineluttabile del vero,
e fatica e rimorso e vano intendere: ordisci, ordisci de’ tuoi fili il panno
e rigirìo sul luogo come cane, che saldamente nel tessuto è storia
per invilire poi, fuggendo il lezzo, e nel disegno eternamente è Dio:
la verità lontano in pigro scorno; ma così, cieco e ignavo, 30
e ritorno, uguale ritorno 15 tra morte e morte vil ritmo fuggente,
dell'indifferente vita, anch'io t'avrò fatto; anch'io.
F. T. Marinetti, L’immaginazione senza fili
e le parole in libertà, “Lacerba” 1913
Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per
effetto delle grandi scoperte scientifiche. […] Il lirismo è la facoltà rarissima di
inebbriarsi della vita e di inebbriarla di noi stessi. […]
[Il poeta lirico] comincerà col distruggere brutalmente la sintassi […]. Non perderà
tempo a costruire i periodi. S’infischierà della punteggiatura e dell’aggettivazione.
Disprezzerà cesellature e sfumature di linguaggio e in fretta vi getterà
affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, secondo la loro
corrente incalzante. L’irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le
valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell’aggettivazione. Manate di parole
essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione, rendere tutte le
vibrazioni del suo io. […] E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha
vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. […] Io inizio una
rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di
versi passatista e dannunziana. […] La mia rivoluzione è diretta contro la così detta
armonia tipografica della pagina. […] Combatto l’estetica decorativa e preziosa di
Mallarmé e le sue ricerche della parola rara, dell’aggettivo unico insostituibile,
elegante, suggestivo, squisito. Non voglio suggerire un’idea o una sensazione con delle
grazie o delle leziosaggini passatiste: voglio anzi affermarle brutalmente e scagliarle in
pieno petto al lettore. […] La nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare,
riplasmare le parole, tagliandole, allungandone, rinforzandone il centro o le estremità.
[…] Avremo così la nuova ortografia che io chiamo libera espressiva. Questa
deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale verso
l’onomatopea.
Ungaretti ‘egiziano’: 1888-1912
• Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da
Antonio e Maria Lunardini
• Frequenta fino al 1906 l’Ecole Suisse Jacot
• Legge il “Mercure de France”
• Frequenta il circolo anarchico della ‘Baracca
Rossa’ fondato da Enrico Pea, insieme all’amico
Mohammed Sceab
In memoria [Il Porto Sepolto] - Locvizza il 30 settembre 1916
Si chiamava del suo abbandono
Moammed Sceab
L’ho accompagnato
Discendente
insieme alla padrona dell’albergo
di emiri di nomadi
5 suicida dove abitavamo
perché non aveva più 25 a Parigi
Patria dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Amò la Francia
e mutò nome PS16 e mutò nome in
Marcel Riposa
10 Fu Marcel nel camposanto d’Ivry
ma non era Francese 30 sobborgo che pare
e non sapeva più sempre PS16 continuamente
vivere
in una giornata
nella tenda dei suoi
15 dove si ascolta la cantilena di una
del Corano decomposta fiera
gustando un caffè
35 E forse io solo
E non sapeva
so ancora
sciogliere
che visse PS16 Saprò / fino al
20 il canto mio turno / di morire
G. Ungaretti, Lezioni su Leopardi, 1945-46
“In quanto a Baudelaire e a Mallarmé, essi davano occasione a un
litigio senza fine tra me e il mio più caro compagno d’allora, quel
Moammed Sceab a cui ho dedicato il mio Porto Sepolto. Uscivamo
di scuola accesi nella lite e, spinti dal diverbio, invece di tornare a
casa si andava verso il lungomare ch’era a due passi. Saltavamo
sul parapetto del molo, e andando in su e giù sbracciandoci e
gridando, chissà come a uno di noi non sia accaduto mai di
cascare nell’acqua, che a diversi metri giù si spezzava contro gli
scogli. Sceab era un positivo e sottile argomentatore, come
sanno esserlo gli Arabi, e difatti, purtroppo, doveva finire suicida
per motivi filosofici. Non ero un loico, non lo sono mai stato, ma
un poeta, un invasato, e non trovavo se non repliche immaginose
e passionali. Sceab, per darmi il colpo di grazia, non diceva di
non capire Mallarmé; per dirlo avrebbe dovuto essere meno
pazzo d’orgoglio; ma diceva: è un poeta bello all’orecchio”.
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969
Baudelaire era l’argomento di discussioni interminabili con uno dei
miei compagni, che un giorno trovarono morto, perché in nessun
paese si poteva accasare, in una stanza dello stesso albergo che
abitavamo, in rue des Carmes a Parigi: Moammed Sceab. A lui è
dedicata la poesia che apre Il Porto Sepolto. Era un ragazzo dalle idee
chiare e prediligeva Baudelaire. Non dico che Baudelaire sia uno
scrittore chiaro; è uno scrittore che ama aggirarsi nelle sue caverne, ed
è difficile esser chiari e introspettivi nello stesso tempo, ama è di sicuro
più chiaro di Mallarmé, è insomma uno scrittore che può affrontarsi
subito senza tirocinio. L’altro suo autore era Nietzsche, che lo aveva
addirittura soggiogato. I suoi autori erano Baudelaire e Nietzsche; io
rimanevo fedele a Mallarmé e a Leopardi, a Mallarmé che sentivo
anche se non tutto capivo, a Leopardi che capivo un po’ di più benché
anche lui abbia, nel punto sublime, la necessaria sostanza ermetica.
G. Ungaretti, Chiaroscuro
Anche le tombe sono scomparse Rifà giorno

Spazio nero infinito calato Tornano le tombe


da questo balcone appiattate nel verde tetro
al cimitero delle ultime oscurità
nel verde torbido
Mi è venuto a ritrovare del primo chiaro
il mio compagno arabo
che s’è ucciso l’altra sera Nota d’autore: Osservando dall’alto
il Cimitero Monumentale di
Milano è evocato per analogia il
camposanto d’Ivry, dove riposa
Moammed Sceab.
G. Ungaretti, Chiaroscuro, red. « Lacerba » aprile 1915
Il bianco spazio delle tombe se lo è sorbito la notte
Spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo
che si è suicidato
che quando m’incontrava negli occhi
parlandomi con quelle sue frasi pure e frastagliate
era un cupo navigare nel mansueto blu
È stato sotterrato a Ivry
con gli splendidi suoi sogni
e ne porto l’ombra
Rifà giorno
Le tombe ricompariscono
appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità
nel verde torbido del primo chiaro
Le annate dopo le annate
trovatelle a passeggio
in uniforme
accompagnate da suore di carità.
Ma ora mi reggo tra le braccia
le nuvole che il mio sole mantiene
e all’alba non voglio sapere di più.
Ungaretti commenta Ungaretti, 1963
“In memoria, rievocazione del suicidio del mio
compagno Moammed Sceab, è il simbolo di
una crisi delle società e degli individui che
ancora perdura, derivata dall’incontro e scontro
di civiltà diverse e dall’urto e conseguenti
sconvolgimenti tra le tradizioni politiche e il
fatale evolversi storico dell’umanità”.
G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969
“Soltanto la poesia, l’ho imparato terribilmente,
lo so, la poesia sola può recuperare l’uomo,
persino quando ogni occhio s’accorge, per
l’accumularsi delle disgrazie, che la natura
domina la ragione e che l’uomo è molto meno
regolato dalla propria opera che non sia alla
mercé dell’Elemento”.
Ungaretti a Parigi: 1912-1921
• Conosce gli scrittori raccolti intorno ai “Cahiers de la
Quinzaine” di Charles Péguy
• Frequenta artisti come Picasso, Braque, Modigliani, o
altri italiani residenti a Parigi (De Chirico, Savinio,
Palazzeschi)
• Si lega di profonda amicizia a Papini e Soffici, fondatori
della rivista “Lacerba”
• Conosce Guillaume Apollinaire
• Frequenta le lezioni di Henri Bergson al Collège de
France (→ L’estetica di Bergson e Lo stile di Bergson, “Lo
Spettatore italiano”, 1924)
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969

“Fra Apollinaire e me era avvenuto un


avvicinamento insolito. Sentivamo in noi il
medesimo carattere composito e quella difficoltà
che l’animo nostro aveva di trovare la via di
assomigliare a se stesso, di costituire la propria
unità. Quell’unità non l’avremmo mai trovata
altrove se non ricorrendo alla poesia. Era la
ricerca, era il ritrovamento di un linguaggio
liberatore se riusciva a manifestare l’angosciosa
ricerca di sé”.
G. Apollinaire, Les fiançailles, da Alcools
Je n’ai plus même pitié de moi
Et ne puis exprimer mon tourment de silence
Tout les mots que j’avais à dire se sont changés en étoiles
[…]
Jadis les morts sont revenus pour m’adorer
Et j’espérais la fin du monde
Mais la mienne arrive en sifflant comme un ouragan

J’ai eu le courage de regarder en arrière


Les cadavres de mes jours
Marquent ma route et je les pleure
[…]
H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la memoria

La memoria non consiste nella facoltà di ordinare i ricordi come in


cassetti o di iscriverli in un registro […] perché una facoltà opera in
modo intermittente, quando vuole o può, mentre invece l’accumulo
del passato sul passato prosegue senza soste. In realtà il passato si
conserva da sé solo, automaticamente e, certo, ci segue tutt’intero
costantemente. […] Anche se non ne abbiamo un’idea distinta,
sentiamo pur sempre vagamente che il nostro passato ci rimane
presente: infatti, che cosa siamo, che cos’è il nostro carattere, se non
la storia condensata di quanto abbiamo vissuto? […] Certo, noi
pensiamo soltanto con una piccola parte del nostro passato, ed è
invece con tutt’intero il nostro passato, ivi compresa la particolare
curvatura della nostra anima all’origine, che desideriamo, vogliamo
ed agiamo.
H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la personalità

La nostra personalità, che ad ogni istante cresce con l’accumularsi


dell’esperienza, muta continuamente e, mutando, impedisce che uno
stato, apparentemente identico ad un altro in superficie, ne sia
davvero, in profondità, una ripetizione: pertanto la nostra durata è
irreversibile, né potremmo riviverne la benché minima parte, perché
bisognerebbe cominciare col cancellare il ricordo di tutto quanto è
venuto poi. […] La nostra personalità, in tal modo, spunta, cresce,
matura senza posa, ed ogni suo momento è un elemento nuovo che
va ad aggiungersi a quanto essa era prima: meglio ancora, non solo
nuovo, ma imprevedibile.
C. Ossola, Ungaretti, p. 119:
sul rapporto con Bergson

In Bergson è racchiusa l’ideologia, l’episteme se si vuole, che sta


alla base di Allegria di naufragi: negare significa prospettare, sopra
la realtà che si giudica insufficiente o insoddisfacente, una “realité
inconnue” invocata a sostituire il presente: ma questa possibilità
non è profezia alternativa allo stato di cose attuale, non è
promessa d’apocalissi […]. La negazione insomma s’inflette su se
stessa e sogna l’assenza, la mera disparizione, non offre e non
attende “remplaçant”, non si proietta sul futuro, s’involge sul
passato. La sostituzione è sempre ciò che si lascia, mai ciò che si
potrebbe prendere.
Il Porto Sepolto
Mariano il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta 5
quel nulla
d’inesauribile segreto
Il Porto Sepolto
Mariano il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta 5
quel nulla
d’inesauribile segreto
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969
“Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il porto
sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho
conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile.
Entrambi scrivevano. [...] Quegli amici avevano ereditato dal padre
una biblioteca raccolta con precisione di curiosità e di gusto, una
biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti
e degli scrittori contemporanei. [...] Abitavano fuori d’Alessandria,
in mezzo al deserto. Mi parlavano d’un porto, d’un porto
sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che
Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima
d’Alessandro era una città. […] Non se ne sa nulla, non ne rimane
altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico
documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del
mio primo libro deriva da quel porto”.
Il Porto Sepolto
Mariano il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta 5
quel nulla
d’inesauribile segreto
Quel nulla / d’inesauribile segreto (I)
• Ung AL, Eterno: Tra un fiore colto e l’altro donato /
l’inesprimibile nulla.
• Rebora FL, Cielo, per albe e meriggi e tramonti: Ma qui fra nebbie
andiamo, e a chi non vede / sterile nulla è il cielo (vv. 10-11).
• Montale OS, Ma dove cercare la tomba: Tra quelle cerca un
fregio primordiale / che sappia pel ricordo che ne avanza /
trarre l’anima rude / per vie di dolci esigli: / un nulla, un
girasole che si schiude / ed intorno una danza di conigli (vv.
17-22).
• Montale OS, Forse un mattino: Forse un mattino andando in
un’aria di vetro, / arida, rivolgendomi, vedrò compiersi il
miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro (vv. 1-3).
Quel nulla / d’inesauribile segreto (II)

• Zanzotto V, Da un’altezza nuova: Il ricchissimo nihil, /


che incombe ed esalta, dove / beatificanti fiori e venti
gelidi / s’aprono dopo il terrore.
• Zanzotto V, Esistere psichicamente: Da tutto questo che
non è nulla / ed è tutto ciò ch’io sono: / tale la verità
geme a se stessa.
• Zanzotto P, Codicillo: No nessun nume né umano
allontaniamo / grazie sono i certami con lui-ciascuno /
perché ciascuno infinitamente / ci avvezzò ci svezzò /
al lucore di questo nostro insieme / e del niente.
Quel nulla / d’inesauribile segreto (III)
• Leopardi Z 85 (gennaio 1820): Io era spaventato nel trovarmi in
mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come soffocare
considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla.
• Leopardi L a Giordani (6 marzo 1820): Questa è la miserabile
condizione dell’uomo, e il barbaro insegnamento della ragione, che i
piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che
deriva dalla certezza della nullità delle cose, sia sempre e solamente
giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta la nostra vita
secondo il sentimento di questa nullità, finirebbe il mondo e
giustamente saremmo chiamati pazzi, in ogni modo è formalmente
certo che questa sarebbe una pazzia ragionevole per ogni verso, anzi
che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie, giacché tutto a
questo mondo si fa per la semplice e continua dimenticanza di
quella verità universale, che tutto è nulla.
Quel nulla / d’inesauribile segreto (IV)

• Tolstoj, Racconti autobiografici, Adolescenza, cap. 19:


Da nessuna corrente filosofica fui affascinato come dallo
scetticismo, che ad un certo momento mi portò ad uno stato
vicino alla follia. Immaginavo che fuori di me nessuno e nulla
esistesse in tutto il mondo, che gli oggetti non fossero oggetti,
ma immagini, le quali mi apparivano solo quando vi fissavo
l’attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle immagini
subito svanissero. In una parola mi trovavo d’accordo con
Schlegel nel ritenere che esistono non gli oggetti ma il nostro
rapporto con essi. C’erano momenti, quando sotto l’influenza di
questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al punto che
rapidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di
sorprendere il vuoto/il nulla là dov’io non ero.
G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969

“Nessuno sente più dell’artista, se si tratta d’un vero


artista, la pena che la sua parola rimanga indecifrabile a
tanta parte degli uomini, come se la sua arte fosse opera
straordinaria per la sua specie: la sua arte stessa porta la
ferita sanguinante d’un’impotenza così ingiusta. [...]
La vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua
segretezza. È sempre accaduto così. Più giungiamo a
trasferire la nostra emozione e la novità delle nostre
visioni nei vocaboli, e più i vocaboli giungono a velarsi
d’una musica che sarà la prima rivelazione della loro
profondità poetica oltre ogni limite di significato”.
Maurice de Guérin, Journal, 28.IX.1834

Si je m’âbime dans votre sein, vagues mystérieuses,


m’arrivera-t-il comme à ces chevaliers qui,
entraînés au fond des lacs, y recontraient de
merveilleux palais, ou, comme ce pêcheur de la
fable, en tombant dans la mer deviendrai-je un
dieu?
Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto,
“Lacerba” 7 febbr. 1915, poi in Poesie disperse

La verdura estenuata dal sole. Stese verso terra come le braccia di Gesù.
Il fellà canta
Il bove bendato prosegue il suo giro Gorgoglio di passione di piccione innamorato
Accompagna il congegno tondo stridente. Nenia noiosa delizia
Si ferma alle pause regolari. - Anatra vieni.
- E chi se ne frega.
L’acqua mesciuta si distende barcollante. - Al letto di seta colore di sfumature di
Si risotterra durante il viaggio. poesia.
- E chi se ne frega.
Le gocciole attimo di gioia trattenuto - T’insegnerò la frescura di tramonto delle
Brillano sulla verdura rasserenata. astuzie.
- E chi se ne frega.
Il fellà è accoccolato nell’antro - Lo possiedo duro grande e grosso.
Del sicomoro ritto sulle proboscidi - E chi se ne frega.
Che escono di terra come vermi mostruosi
Col moto uguale di anelli in su e giù. Il mio silenzio di vagabondo indolente
Giuseppe Ungaretti, L’Allegria
Storia della raccolta
1916, Il Porto Sepolto, Udine, STU (32 testi)
1919, Allegria di Naufragi, Firenze, Vallecchi (105 testi,
alcuni in francese); struttura molto articolata: 11 sezioni con al
centro PS
1923, Il Porto sepolto, La Spezia, St. Apuana (67 testi)
Divisione in 4 sezioni: Sirene+Elegie e madrigali+AN+PS
Pref. di B. Mussolini: “Una testimonianza profonda della
poesia fatta di sensibilità, di tormento, di ricerca, di
passione e di mistero”
1931, L’Allegria, Milano, Preda (74 testi)
Ungaretti, L’Allegria, 1931: Premessa

Questo vecchio libro è un diario. L’autore non ha altra ambizione, e


crede che anche i grandi poeti non ne avessero altre, se non quella
di lasciare una sua bella biografia. Le sue poesie rappresentano
dunque i suoi tormenti formali, ma vorrebbe si riconoscesse una
buona volta che la forma lo tormenta solo perché la esige aderente
alle variazioni del suo animo, e, se qualche progresso ha fatto come
artista, vorrebbe che indicasse anche qualche perfezione raggiunta
come uomo.
Giuseppe Ungaretti, L’Allegria
Struttura della raccolta 1931

Ultime → 12 testi
Il Porto Sepolto → 33 testi
= Il Porto Sepolto 1916 con varianti nei titoli, nella disposizione dei
testi, e lo sdoppiamento di La notte bella > La notte bella + Universo
Naufragi → 17 testi
Girovago → 5 testi
Prime → 7 testi
G. Ungaretti, L’Allegria: Ultime (I sezione)

• Eterno LA 8.V.1915 • Ricordo d’Affrica CM 15.III.’15


• Noia LA 8.V.’15 • Casa mia CM 15.III.’15
• Levante LA 13.III.’15 • Notte di maggio CM 15.III.’15
• Tappeto CM 15.III.’15 • In Galleria LA 8.V.’15
• Nasce forse LA 28.II.’15 • Chiaroscuro LA 17.IV.’15
• Agonia CM 15.III.’15 • Popolo LA 8.V.’15

LA “Lacerba”
CM “La Critica Magistrale”
Eterno [Ultime]
da A31 poesia incipitaria della raccolta, con il titolo Eternità

Tra un fiore colto e l’altro donato


l’inesprimibile nulla
< I red. (1915) Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile vanità
Fiore doppio
nati in grembo alla madonna
della gioia
U. Foscolo, Alla sera, vv. 9-12
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto rugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge.

Cfr. commento di Gavazzeni (p. 406): “Il nulla eterno non è tanto
entità fisica quanto la percezione del definitivo scomparire della
propria identità individuale”.
G. Ungaretti, L’estetica di Bergson, 1924

[Il poeta] indovina la perennità del tempo e noi in essa,


parvenze fuggitive certo, ma – ci dirà Bergson teso a far
della coscienza la realtà unica, a identificarla con
quell’assoluto ch’egli chiama slancio vitale –
incarnazione momentanea dell’eternità, per quel passato
di cui siamo lo slancio, e quell’avvenire che rampollerà
dal nostro passaggio. Il nostro atomo di tempo non è
perduto nell’eternità, è una goccia del gran fiume.
Noia [Ultime]
Anche questa notte passerà

Questa solitudine in giro


titubante ombra dei fili tranviari
sull’umido asfalto

Guardo le teste dei brumisti


nel mezzo sonno
tentennare
Noia [Ultime] < Sbadiglio (L 1915)
L vv. 1-37 > AN19 vv. 1-20 > A31 vv. 1-7

AN vv. 13-20 A31/A42

Anche questa notte passerà

Questa vita in giro solitudine


titubante ombra dei fili tramviari
sull’umido asfalto

Guardo i faccioni dei brumisti tentennare


A 31 i testoni…/ nel mezzo sonno / tentennare
A 42 le teste
Il sonno arriva
così prudente
a portarmi un po’ via
Agonia
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
AN 1919
O come la quaglia < O come le quaglie
passato il mare < traversato il mare
nei primi cespugli < nei primi cespugli incontrati
perché di volare
non ha più voglia < non ne hanno più voglia

Ma non vivere di lamento < Ma non morire di lamento


come un cardellino accecato
Il Porto Sepolto • Fratelli 15 luglio 1916
• In memoria 30 sett. 1916 • C’era una volta 1 agosto 1916
• Il porto sepolto 29 giugno 1916 • Sono una creatura 5 agosto 1916
• Lindoro di deserto 22 dic. 1915 • In dormiveglia 6 agosto 1916
• Veglia 23 dic. 1915 • I fiumi 16 agosto 1916
• A riposo 27 aprile 1916 • Pellegrinaggio 16 agosto 1916
• Fase d’Oriente 27 aprile 1916 • Monotonia 22 agosto 1916
• Tramonto 20 maggio 1916 • La notte bella 24 agosto 1916
• Annientamento 21 maggio 1916 • Universo 24 agosto 1916
• Stasera 22 maggio 1916 • Sonnolenza 25 agosto 1916
• Fase 25 giugno 1916 • San Martino del Carso 27 ag. 16
• Silenzio 27 giugno 1916 • Attrito 23 sett. 1916
• Peso 29 giugno 1916 • Distacco 24 sett. 1916
• Dannazione 29 giugno 1916 • Nostalgia 28 sett. 1916
• Risvegli 29 giugno 1916 • Perché 1916
• Malinconia 10 luglio 1916 • Italia 1 ott. 1916
• Destino 14 luglio 1916 • Commiato 2 ott. 1916
Il Porto Sepolto: cronologia
• Dicembre 1915 2
• Aprile 1916 2
• Maggio 1916 3
• Giugno 1916 6
• Luglio 1916 3
• Agosto 1916 10
• Settembre 1916 5
• Ottobre 1916 2
Veglia [Il Porto Sepolto]
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata delle sue mani
buttato vicino penetrata 10
nel mio silenzio
a un compagno
ho scritto
massacrato lettere piene d’amore
con la bocca 5
digrignata Non sono mai stato
volta al plenilunio tanto 15
attaccato alla vita
con la congestione
Otto Dix, Der Krieg, 1924
Veglia [Il Porto Sepolto]
Un’intera notTATA delle sue mani
butTATO vicino penetraTA 10
nel mio silenzio
a un compagno
ho scritTO
massacraTO lettere piene d’amore
con la bocca 5
digrignaTA Non sono mai sTATO
volTA al plenilunio TAnTO 15
aTTAccaTO alla viTA
con la congestione
Veglia: sul finale
• “È il punto dal quale scatta quell’esultanza d’un attimo, quell’allegria che, quale fonte,
non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare. Non si
tratta di filosofia, si tratta d’esperienza concreta” (G. Ungaretti).
• “L’alternarsi regolare, ossessionante ed angoscioso, della assonanza ta-to sembra
scandire il fluire del tempo, dopo essere stata introdotta da suoni nasali: non sono mai.
Se consideriamo gli apici si ha il passaggio ascendente da una vocale grave, la o, ad
una media, la a, che si ripete prima di cedere alla i. Nell’alternarsi di alte e basse
troviamo nell’ultimo verso un rafforzamento in bassa prima dell’esplosione finale in
vita” (F. Musarra).
• “È la consacrazione della funzione del poeta come il testimone degli eventi e come
colui che ha in sé tutte le croci dei morti, per consacrarli all’eternità del canto. È un
bell’esempio di restaurazione dell’idea tradizionale del poeta come colui che interroga
tombe, rovine, morti, per riferirli ai tempi futuri, per sempre. Accanto al compagno
massacrato il poeta scrive lettere piene d’amore: la scrittura poetica segna un’altra
volta, in un’altra occasione, dopo quella di Moammed Sceab, la salvezza dall’orrore
della morte” (G. Bàrberi Squarotti).

Stasera [Il Porto Sepolto]
Versa il 22 maggio 1916

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia

I red. Finestra a mare (PS 1916 > AN 1919, Sera)


Balaustrata di brezza
per appoggiare la mia malinconia > per appoggiare la malinconia
stasera
C. Govoni, Il saluto delle rondini, da L’inaugurazione della
primavera, Firenze, La Voce, 1915

Sono qui che cammino


solo e triste a capo chino
per una strada di montagna
sulla riva del mare […].
Da una balaustrata
le rose traboccanti
son come languide signore
appoggiate al parapetto d’un palco
nel teatro d’un giardino
con le candide braccia ignude
abbandonate mollemente
lungo la freschezza del marmo
che godon lo spettacolo del chiaro di luna.
E. Montale, Riviere, 1920, vv. 26-37
Oh allora sballottati
come l’osso di seppia dalle ondate
svanire a poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata…
Erano questi,
riviere, i voti del fanciullo antico
che accanto ad una rosa balaustrata
lentamente moriva sorridendo.
Silenzio [Il Porto Sepolto]
Mariano il 27 giugno 1916

Conosco una città Dal bastimento


Che ogni giorno s’empie di sole verniciato di bianco
E tutto è rapito in quel momento ho visto
la mia città sparire 10
Me ne sono andato una sera lasciando
un poco
Nel cuore durava il limio 5 un abbraccio di lumi nell’aria torbida
delle cicale sospesi
Si lenzio
Conosco una città
Che ogni giorno s’empie di sole
E tutto è rapito in quel momento

Me ne sono andato una sera PS 1916 = AN 1923 > PS 1923

Nel cuore durava il limio 5 e dal bastimento


delle cicale [verniciato di bianco urtante come un cigolio
lontanando lucente di solitudine]
Dal bastimento con in cuore un estremo limio di cicala
Verniciato di bianco strappata all’albero della sua scalmana
Ho visto [col fresco miraggio di quel suo diadema
La mia città sparire 10 di rubini al sole]
Lasciando avevo visto
Un poco
Un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi
1914-1915 (1932), in Sentimento del tempo
Ti vidi, Alessandria, Sono d’un altro sangue e non ti persi,
Friabile sulle tue basi spettrali Ma in quella solitudine di nave
Diventarmi ricordo Più dell’usato tornò malinconica
In un abbraccio sospeso di lumi. la delusione che tu sia, straniera,
La mia città natale.
Da poco eri fuggita e non rimpiansi […]
L’alga che blando vomita il tuo mare,
Che ai sessi smanie d’inferno tramanda.
Né l’infinito e sordo plenilunio
Delle aride sere che t’assediano,
Né, in mezzo ai cani urlanti,
Sotto una cupa tenda
amori e sonni lunghi sui tappeti.
Dannazione [Il Porto Sepolto]
Mariano il 29 giugno 1916
Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perché bramo Dio?


NB Il punto interrogativo finale:
compare in PS 1916 e AN 1919 [v. 2, gran cielo]
viene eliminato – come le parentesi a v. 2 – in PS 1923, A 1931 e A 1936 [da A 1931,
gran cielo > cielo]
viene reintrodotto – come le parentesi – in A 1942
P.P. Pasolini, Un poeta e Dio, in Passione e ideologia, 1960
Si osservino i tre versi, che sono piuttosto tre clausole, tre pezzi di lingua
autonomi, calati nel silenzio, ognuno (un ottonario, un endecasillabo, un
senario) con un’articolazione propria e aperta non sulla continuazione logica
o ritmica del discorso, ma sullo spazio bianco, ossia sul silenzio che conchiude
le cose espresse compiutamente, eppure così poderosamente stretti fra loro
dal nesso grammaticale (apposizione, proposizione principale, proposizione
causale) e dal giro ritmico culminante nella tronca dell’endecasillabo e
rallentato in un senario solenne e conciso. […] Si noti come l’essenzialità in
accezione di verginità linguistica non risieda né nell’isolamento della parola,
né nell’isolamento del verso, intesi come puri nuclei fonetici dotati come tali
di contenuto non logico, ma risieda nella forte e scolpita semanticità della
parola, estremamente disadorna, il cui incanto nasce da una straordinaria
coerenza prima ancora logica che musicale. Certo è che proprio con questa
lirica Ungaretti è in piena “allegria”, proprio nell’interpretazione data a questa
parola-tesi dal Contini, che cita una “allegrezza” da Leopardi, come momento
attivo dell’attivo liberatorio della poesia, come passaggio dal piano della
vicissitudine umana al piano linguistico.
G. Contini, Ungaretti, o dell’allegria [1932], in Esercizi di lettura

“Quantunque chi non ha provato la sventura non sappia nulla, è certo che
l’immaginazione e anche la sensibilità malinconica non ha forza senza un’aura
di prosperità e senza un vigor d’animo che non può stare senza un
crepuscolo, un raggio, un barlume d’allegrezza” (Zibaldone, 24 giugno 1820).
Compare dunque nella nostra letteratura un antenato illustre, ma ben diretto
dell’allegria di Ungaretti. […] È allegria il perenne ricominciare e riprendersi,
dopo ogni naufragio della propria storia. […] E nulla vieta d’interpretare questa
“favola” vitale come allusiva dell’intera produzione poetica. […] Da questi
appunti storici dovrebbe riuscire illuminata l’incomparabile fertilità dell’allegria
di Ungaretti come parola; e insieme il punto in cui la sua etica diventa poesia.
[…] La “consolazione” specifica di Ungaretti sta nel puntare tutt’i significati,
tutte le possibilità liriche sopra una parola, la quale resta ricca e carica
abbastanza perché in essa s’esaurisca il “motivo” o “situazione” poetica, e
s’annulli qualsiasi necessità di ricorso a un’enunciazione logica o storica.
P. P. Pasolini, Un poeta e Dio

Come un lettore attento capisce bene, non si tratta qui di una


questione meramente filologica; al contrario è l’intero problema
religioso ungarettiano, isolato come elemento della sua poesia, che
viene investito. È chiaro che se il poeta ha riammesso nell’edizione
definitiva la lezione del 1916, ciò non è dovuto a una preferenza
tecnica, ma alla coscienza di inserire meglio la lirica nel corso della
sua evoluzione interiore. Domandarsi perché si brama Dio è
indubbiamente diverso che affermare che lo si brama; tra queste due
situazioni psicologiche, che diventano poi due liriche, Ungaretti si è
probabilmente ritenuto costretto a scegliere la prima perché meglio
corrispondente alla particolare atmosfera della sua religiosità
giovanile.
Risvegli [Il Porto Sepolto] (Mariano il 29 giugno 1916)

Ogni mio momento cogli occhi attenti


io l’ho vissuto e mi rammento
un’altra volta di qualche amico
in un’epoca fonda morto
fuori di me
Ma Dio cos’è?
Sono lontano colla mia memoria
dietro a quelle vite perse E la creatura
atterrita
Mi desto in un bagno sbarra gli occhi
di care cose consuete e accoglie
sorpreso gocciole di stelle
e raddolcito e la pianura muta

Rincorro le nuvole E si sente


che si sciolgono dolcemente riavere
P. P. Pasolini, Un poeta e Dio

A parte la tenue fatuità della domanda, coerente del resto con il


tono della lirica in cui le cose mortali si sono mutate nel bagno di cose
consuete che sorprendono e raddolciscono, è chiaro che qui il “Dio”
[…] è un Dio metafisico il cui pensiero può lenire l’angoscia di
trovarsi tra cose dannate all’imperfezione e al peccato […].
Nell’Allegria un Dio ignoto aspetta il poeta silenziosamente, oggetto
e identificazione della speranza, simbolo di stasi al cui pensiero la
vita sentimentale del poeta si ingorga fino a ripudiarsi, a disgustarsi,
ma non ancora fino a creare una strada di salvezza: Dio è soltanto
l’eterno. La religiosità ungarettiana è ancora, dunque, a una fase
molto giovanile, poco più che inquietudine; ma se ne osserviamo gli
effetti linguistici, non possiamo non convincerci che è già un
motivo vitale.
Destino [Il Porto Sepolto]
Mariano il 14 luglio 1916

Volti al travaglio
come una qualsiasi
fibra creata
perché ci lamentiamo noi?
Travaglio in Leopardi
• Zibaldone 68-69: Il nascere istesso dell'uomo cioè il
cominciamento della sua vita, è un pericolo della vita, come
apparisce dal gran numero di coloro per cui la nascita è
cagione di morte, non reggendo al travaglio e ai disagi che il
bambino prova nel nascere. E nota ch'io credo che
esaminando si troverà che fra le bestie un molto minor
numero proporzionatamente perisce in questo pericolo,
colpa probabilmente della natura umana guasta e indebolita
dall'incivilimento.
• Il sabato del villaggio 40-42: Diman tristezza e noia / recheran
l’ore, ed al travaglio usato / ciascuno in suo penser farà
ritorno.
Travaglio in Rebora e Montale
C. Rebora, Cielo, per albe e meriggi e tramonti 10-14 (in FL
1913): Ma qui fra nebbie andiamo, e a chi non vede /
sterile nulla è il cielo: / ma qui, anelo, ciascun dalle
piazze alle case / per l’imminente pungolo / del
travaglio si sfa.

E. Montale, Meriggiare pallido e assorto (1916) 13-17: E


andando nel sole che abbaglia / sentire con triste
meraviglia / com’è tutta la vita e il suo travaglio / in
questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci
aguzzi di bottiglia.
Perché ci lamentiamo noi?

• Leopardi, Canto notturno, 39-60:


Nasce l’uomo a fatica, / ed è rischio di morte il
nascimento/ […] / perché reggere in vita / chi
poi di quella consolar convenga? / Se la vita è
sventura, perché da noi si dura?
Fratelli [Il Porto Sepolto]
Mariano il 15 luglio 1916
Di che reggimento siete PS 1916 Di che reggimento siete
fratelli? Titolo: Soldato fratelli?

Parola tremante Fratello


nella notte tremante parola
nella notte
Foglia appena nata 5 come una fogliolina
appena nata
Nell’aria spasimante Saluto
involontaria rivolta accorato
dell’uomo presente alla sua nell’aria spasimante
fragilità implorazione
sussurrata
Fratelli 10 di soccorso
all’uomo presente alla sua
fragilità
tremante
• Ungaretti, Levante, 6-8: e il mare è cenerino / trema
dolce inquieto / come un piccione
• Ungaretti, Perché? 1-5: Ha bisogno di qualche ristoro / il
mio buio cuore disperso // Negli incastri fangosi dei
sassi / come un’erba di questa contrada / vuole tremare
piano alla luce
Sono una creatura [Il Porto Sepolto]
Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata 5
così refrattaria
così totalmente
disanimata

Come questa pietra


è il mio pianto 10
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo
Sono una creatura
• Pietra: Lettera di Ungaretti a G. Papini, 28 aprile 1916,
“Ti ho scritto ieri, amaro, non per nessuno, per me che
non mi posso sciogliere in qualche modo; mi contraggo
in un pianto ch’è una pietra, e dei giorni lunghi così è
terribile”.
• Disanimata: Dante, Purg. XV 133-135, “ Non dimandai
‘Che hai?’ per quel che face / chi guarda pur con
l’occhio che non vede, / quando disanimato il corpo
giace”.
• Sconta: Lettera di Ungaretti a G. Papini, luglio 1916,
“Pensavo: c’è qualche cosa di gratuito al mondo, Papini,
la vita; c’è una pena che si sconta, vivendo, la morte”.
Gli espedienti dell’Allegria
• Radicale assenza di punteggiatura
• Rarissime occorrenze di metri tradizionali e di rime, compensate da
una finissima intelaiatura fonica
• Disgregazione della sintassi, determinata dall’adozione del ‘versicolo’
(con intonazione sillabante e performativa)
• Dilatazione della forza evocativa del singolo vocabolo
(espressionismo)
• Grammatica elementare: frequente adozione di I persona, presente
indicativo, deittici questo e quello
• Impiego sistematico della comparazione (come): a congiungere
situazioni che si spiegano dimostrandone la specularità (Si sta come /
d’autunno / sugli alberi / le foglie; Avrò / stanotte / un rimorso come un /
latrato / perso nel / deserto)
L’incessante processo variantistico
• PS 16 > AN 19 (Vallecchi) > PS 23 (La Spezia,
pref. Mussolini) > A 31 (Milano, Preda) > A 36
(Roma, Novissima) > A 42 (Mondadori)
• Varianti macrostrutturali: tra ‘canzoniere’ e
‘raccolta’ (con movimenti di dilatazione da PS 16
a AN 19 e contrazione sublimante verso A 42)
• Varianti microstrutturali: ristrutturazione di
lessico, sintassi e metrica alla ricerca di
essenzialità e concentrazione
Lasciatemi così Natale (1918) Lasciatemi così Natale (1936)
come una come una
cosa cosa
posata in un posata
angolo in un
e dimenticata angolo
e dimenticata

Stanotte Nostalgia (1917) Ho sognato Nostalgia (1936)


ho sognato stanotte
una gran piana una
striata piana
di verde striata
di fresc’alga d’una
immersa freschezza
in varianti in veli
veli varianti
azzurr’oro d’azzurr’oro
alga
I temi dell’Allegria
• La dialettica silenzio-parola + il movimento di discesa-ascesi
→ (I) discesa nelle frenetiche impurità della vita; (II) ascesi di
segno platonico verso il miracolo dell’arte = “La complessità
dell’esperienza vissuta si contrae nella sua essenza” (Mengaldo)
• La cruda denuncia dell’atrocità della guerra + la riscoperta del
desiderio di vita, “dell’appetito di vivere che è moltiplicato dalla
quotidiana frequentazione della morte. Non si tratta di filosofia, si
tratta di esperienza concreta” (Ungaretti)
“L’orrore viene redento, la storia sublimata” (Luperini)
“Nel suo urto col senso onnipresente della catastrofe va forse
cercato il segreto della poesia di Ungaretti, del suo chiaroscuro,
dell’energia risorgente ogni volta: la sua allegria” (Sereni)
Due testimonianze d’autore
• Lettera a G. De Robertis, 4 settembre 1942
“Era naturale ch’io procedessi per isolamento della parola o
dell’emistichio, dal momento che la parola doveva riacquistare per le
stesse esigenze interne della mia poesia, e la sua innocenza e la sua
memoria. Quelle poesie, nate dal cuore, mi si scolpivano nella mente,
parola per parola, come epigrafi, e come in un granito durissimo”.
• Ungaretti commenta Ungaretti, 1963
“La guerra improvvisamente mi rivela il linguaggio. Cioè io dovevo
dire in fretta perché il tempo poteva mancare, e nel modo più
tragico… in fretta dire quello che sentivo, e quindi se dovevo dirlo in
fretta lo dovevo dire con poche parole, e se lo dovevo dire con poche
parole lo dovevo dire con parole che avessero avuto un’intensità
straordinaria di significato”.
In dormiveglia [Il Porto Sepolto]
Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la notte violentata Mi pare
che un affannato 10
L’aria è crivellata nugolo di scalpellini
come una trina batta il lastricato
dalle schioppettate di pietra di lava
degli uomini 5 delle mie strade
ritratti ed io l’ascolti 15
nelle trincee non vedendo
come le lumache nel loro guscio in dormiveglia
In dormiveglia
v. 8, come le lumache nel loro guscio
Sbarbaro, Pianissimo, 16, vv. 1-2 e 9-12
Sempre assorto in me stesso e nel mio mondo
come in sonno tra gli uomini mi muovo.
[…]
M’irrita tutto ciò ch’è necessario
e consueto, tuttociò che è vita,
com’irrita il fuscello la lumaca,
e com’essa in me stesso mi ritiro.
In dormiveglia
• Dormiveglia: C. Sbarbaro, Io che come un sonnambulo
cammino, vv. 16-20, “Una luce si fa nel dormiveglia /
della mia vita. / Tutto è sospeso come in un’attesa. /
Non penso più. Sono contento e muto. / Batte il mio
cuore al ritmo del tuo passo”; U. Saba, Dormiveglia
(titolo di due poesie del Canzoniere 1921, una nella sez.
Poesie dell’adolescenza, l’altra nella sez. Poesie scritte durante la
guerra), II vv. 3-6, “Se tutta aveva il dormiveglia tutta /
l’anima mia nell’incanto allettata? / lei che già navigava
in strano mare, / da dolcezze indicibili cullata?”
Mi tengo a quest’albero mutilato
Mi sono accoccolato
abbandonato in questa dolina
vicino ai miei panni
che ha il languore
sudici di guerra
di un circo
e come un beduino
prima o dopo lo spettacolo 5
mi sono chinato a ricevere 25
e guardo
il sole
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
Stamani mi sono disteso
mi sono riconosciuto
in un’urna d’acqua 10
una docile fibra 30
e come una reliquia
dell’universo
ho riposato

Il mio supplizio
L’Isonzo scorrendo
è quando
mi levigava
non mi credo
come un suo sasso 15
in armonia 35

Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato I fiumi [Il Porto Sepolto]
come un’acrobata Cotici il 16 agosto 1916
sull’acqua 20
Ma quelle occulte Questo è il Nilo
mani che mi ha visto
nascere e crescere
che m’intridono e ardere d’inconsapevolezza 55
nelle estese pianure
mi regalano
la rara 40 Questa è la Senna
felicità e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
Ho ripassato e mi sono conosciuto 60
le epoche
Questi sono i miei fiumi
della mia vita contati nell’Isonzo

Questi sono 45
Questa è la mia nostalgia
i miei fiumi
che in ognuno
mi traspare 65
Questo è il Serchio ora ch’è notte
al quale hanno attinto che la mia vita mi pare
duemil’anni forse una corolla
di tenebre
di gente mia campagnola 50
e mio padre e mia madre
I fiumi: schede intertestuali
• v. 3, languore: Rebora, FL (1913), XLIII, vv. 41-44: Ora tace sospeso il
firmamento; / e la notte d’adagia in un languore, / in un fluir di pace e
sentimento / che dà non lieto non triste dolore
• v . 4, di un circo: Quasimodo, AT (1930), E la tua veste è bianca, vv. 7-11: Ti
rivedo. Parole / avevi chiuse e rapide, / che mettevano cuore / nel peso d’una
vita / che sapeva di circo.
• vv. 30-31, docile fibra dell’universo: Corazzini, D, Il fanciullo suicida (1903),
vv. 12-14: Il bimbo disperò perdutamente / e la debole fibra derelitta / sentì
costretta da insaziabil angue
• v. 55, inconsapevolezza: Gozzano, La via del rifugio (1907), vv. 42-44: Non
agogno / che la virtù del sogno: / l’inconsapevolezza
• vv. 68-69, corolla di tenebre: Pascoli, PC (1904), Il poeta degli iloti, vv. 240-242
(E sfavillante un polverio si sparse / nel nero spazio, come la corolla / d’un
fior di luce), e Poemi di Ate, vv. 98-99 (Fiore che apriva tutta la corolla / tutta la
notte, e si chiudea su l’alba); Montale, OC, Stanze (1929), vv. 31-32: In te
m’appare un’ultima corolla / di cenere leggera che non dura
Mi tengo a quest’albero mutilato
Mi sono accoccolato
abbandonato in questa dolina
vicino ai miei panni
che ha il languore
sudici di guerra
di un circo
e come un beduino
prima o dopo lo spettacolo 5
mi sono chinato 25
e guardo
a ricevere
il passaggio quieto
il sole
delle nuvole sulla luna

Questo è l’Isonzo
Stamani mi sono disteso
e qui meglio
in un’urna d’acqua 10
mi sono riconosciuto 30
e come una reliquia
una docile fibra
ho riposato
dell’universo

L’Isonzo scorrendo
Il mio supplizio
mi levigava
è quando
come un suo sasso 15
non mi credo 35
in armonia
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un’acrobata (S23 giocoliere) I fiumi [Il Porto Sepolto]
delle acque 20 Cotici il 16 agosto 1916
Ma quelle occulte e questo è il Nilo 55
mani che mi ha visto
che m’intridono nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
mi regalano 40
nelle estese pianure
la rara protette d’azzurro 60
felicità e questa è la Senna
e in quel suo torbido
Ho ripassato mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
le epoche
della mia vita 45 Questi sono i miei fiumi 65
contati nell’Isonzo
Questi sono e questa è la mia nostalgia
i miei fiumi che in ognuno
mi traspare
questo è il Serchio
ora ch’è notte 70
al quale hanno attinto che la mia vita mi pare
duemil’anni 50 una corolla
forse di tenebre
di gente mia
campagnola
e mio padre e mia madre
Pellegrinaggio [Il Porto Sepolto]
Valloncello dell’Albero Isolato il 16 agosto 1916
In agguato Ungaretti
in queste budella uomo di pena
di macerie ti basta un’illusione
ore e ore per farti coraggio
ho strascinato 5
la mia carcassa Un riflettore 15
usata dal fango di là
come una suola mette un mare
o come un seme nella nebbia
di spinalba 10
Cartolina postale di G. Ungaretti a G. Papini,
27 agosto 1916

Soldato Rischiaro
Tra due pareti di macerie Quel riflettore
ore e ore mette un mare
ho strascinato sul cielo
la mia carcassa torbido
affardellata.
Basta un’illusione
a farti coraggio.
Non mancano
le illusioni
ai poeti.
Universo [Il Porto Sepolto]
Devetachi il 24 agosto 1916

Col mare
mi sono fatto
una bara
di freschezza
La notte bella [Il Porto Sepolto]
Devetachi il 24 agosto 1916 = PS16 > PS23
Quale canto s’è levato stanotte Comparso allo spazio > Ora mordo
che intesse l’ho morso > come un neonato
di cristallina eco del cuore come un neonato > la mammella
l’illuminazione del cielo? > le stelle la mammella > lo spazio

Quale festa sorgiva 5 Ora sono delicato > om.


di cuore a nozze? > a nozze
Sono ubriaco d’universo > Ora sono ubriaco
D’ora in poi d’universo
confidenziale
mi genera Col mare 20
ogni attimo d’universo > om. 10 mi son fatto
una bara
Sono stato di freschezza
uno stagno
di buio > uno stagno di buio
San Martino del Carso [PS]
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti 5
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca 10

È il mio cuore
il paese più straziato
San Martino del Carso [PS]
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Redazione Il Porto Sepolto 1916

Di queste case Innalzata


non c’è rimasto di sentinella
che qualche a che? 15
brandello di muro
esposto all’aria 5 Sono morti
cuore malato
Di tanti
che mi corrispondevano Perché io guardi al mio cuore
non è rimasto come a uno straziato paese
neppure tanto qualche volta 20
nei cimiteri 10

Ma nel cuore
nessuna croce manca
San Martino del Carso
«È di nuovo la celebrazione dell’idea di poesia come,
foscolianamente, colei che interroga le urne e fa loro raccontare
le vicende di coloro che furono vivi e gloriosi e della città due
volte rasa al suolo e due risorta non diversamente, nella sostanza,
da San Martino del Carso, ridotta dalla storia a muri smozzicati,
ma perennemente viva nella parola del poeta. [...] Al fondo,
infatti, di Il porto sepolto sta l’idea della poesia come celebrazione e
memoria di tutti i morti di cui non rimane neppure più la traccia
[...] oggetto della memoria della poesia sono dunque le rovine del
piccolo paese del Carso e i molti morti ignoti, che pure erano
con il poeta in corrispondenza di sentimenti, di opinioni, di
uguale amore per la scrittura» (G. Barberi Squarotti)
Allegria di Naufragi [Naufragi]
Versa il 14 febbraio 1917

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite 5
lupo di mare
Natale [Naufragi]
Napoli il 26 dicembre 1916
Non ho voglia in un
di tuffarmi angolo
in un gomitolo e dimenticata
di strade
Qui 15
Ho tanta 5 non si sente
stanchezza altro
sulle spalle che il caldo buono

Lasciatemi così Sto


come una con le quattro 20
cosa 10 capriole
posata di fumo
del focolare
Dolina notturna [Naufragi]
Napoli il 26 dicembre 1916
Il volto
di stanotte
è secco
come una
pergamena 5

Questo nomade
adunco
morbido di neve
si lascia
come una foglia 10
accartocciare

L’interminabile
tempo
mi adopera
come un 15
fruscio
Mattina [Naufragi]
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

M’illumino
d’immenso
Dormire [Naufragi]
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve 5
Un’altra notte [Naufragi]
Vallone il 20 aprile 1917
In quest’oscuro
colle mani
gelate
distinguo
il mio viso 5

Mi vedo
abbandonato nell’infinito
Rose in fiamme [Naufragi]
Vallone il 17 agosto 1917

Su un oceano
di scampanellii
repentina
galleggia un’altra mattina
Vanità [Naufragi]
Vallone il 19 agosto 1917
D’improvviso sorpresa
è alto dal sole 10
sulle macerie si rinviene
il limpido stupore un’ombra
dell’immensità 5
Cullata e
E l’uomo piano
curvato Franta 15
Sull’acqua
Prato [Girovago]
Villa di Garda aprile 1918
La terra
s’è velata
di tenera
leggerezza

Come una sposa 5


novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore 10
sorridente
di madre
Sereno [Girovago]
Bosco di Courton luglio 1918
Dopo tanta che mi lascia
nebbia il colore del cielo 10
a una
a una Mi riconosco
si svelano 5 immagine
le stelle passeggera

Respiro Presa in un giro


il fresco Immortale 15
Soldati [Girovago]
Bosco di Courton luglio 1918

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Preghiera [Prime]

Quando mi desterò
dal barbaglio della promiscuità
in una limpida e attonita sfera

Quando il mio peso si farà leggero

Il naufragio concedimi Signore 5


di quel giovane giorno al primo grido

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