Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
METRO RITMO
- numero di versi (14) - scelta effettiva degli accenti obbligatori
- misura dei vv. (endecasillabi) - scelta effettiva di schemi rimici
- segmentazione in 2 quartine e 2 terzine - rapporto tra unità sintattiche e metriche
attraverso lo schema delle RIME - rapporto tra suoni, ecc.
ENDECASILLABO
(ultimo accento cade sulla decima sillaba)
Dell-ul-ti-moo-riz-zon-teil-guar-doe-sclude [11
Dell-ul-ti-mo-o-riz-zon-te-il-guar-do-e-sclu-de [14
G. Pascoli
Orfano da Mirycae
E. Montale
In limine da Ossi di seppia
[…]
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato, − ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
(E. Benveniste)
Io definisco il ritmo nel linguaggio come l’organizzazione delle marche attraverso cui i
significanti, linguistici ed extralinguistici (nella comunicazione orale, in particolare),
producono una semantica specifica, distinta dal senso lessicale, e che io chiamo significanza,
ossia i valori propri di un discorso e di uno solo. Queste marche si collocano a tutti i “livelli”
del linguaggio: accentuali, prosodici, lessicali, sintattici. Esse costituiscono una
paradigmatica e una sintagmatica e, tutte insieme, neutralizzano proprio la nozione di
livello. Contrariamente alla riduzione corrente del “senso” al lessicale, la significanza
appartiene a tutto il discorso. Essa è in ogni consonante, in ogni vocale e, in quanto
paradigmatica e sintagmatica, mette capo a delle serie. Così i significanti sono tanto
sintattici quanto prosodici. Il “senso” non è più, lessicalmente, nelle parole. Nella sua
accezione ristretta, il ritmo è l’accentuale, distinto dalla prosodia-organizzazione vocale,
consonantica. Nella sua accezione più larga, quella cui più spesso faccio riferimento, il ritmo
ingloba la prosodia e, oralmente, l’intonazione. Organizzando insieme la significanza e la
significazione del discorso, il ritmo è l’organizzazione stessa del senso di esso. E poiché il
senso è l’attività del soggetto dell’enunciazione, il ritmo è l’organizzazione del soggetto del
discorso nel e attraverso il suo discorso.
G. d’Annunzio
Alcyone (1903)
Meriggio
[…]
Bonaccia, calura,
per ovunque silenzio.
L'Estate si matura
sul mio capo come un pomo
che promesso mi sia,
che cogliere io debba
con la mia mano,
che suggere io debba
con le mie labbra solo.
Perduta è ogni traccia
dell'uomo. Voce non suona,
se ascolto. Ogni duolo
umano m'abbandona.
Non ho più nome.
E sento che il mio vólto
s'indora dell'oro
meridiano,
e che la mia bionda
barba riluce
come la paglia marina;
sento che il lido rigato
con sì delicato
lavoro dell'onda
e dal vento è come
il mio palato, è come
il cavo della mia mano
ove il tatto s'affina.
Ugo Ojetti
Alla scoperta dei letterati
(1899)
«Ogni coordinazione di parole − nella quale l’artista scrittore, secondando il genio della
lingua e obbedendo alle leggi fisiologiche del respiro, sia riuscito a rappresentare con la
lettera e col suono l’apparenza, l’essenza e la movenza dell’oggetto − ha di per sè il valore
d’un organismo vitale. L’aggregato d’una moltitudine di questi organismi [...] forma un
organismo d’ordine superiore, egualmente vitale. [...] Secondo questo assioma, l’artista
scrittore è colui che possiede la facoltà di creare la vita. Una tale facoltà non gli è data
se non dallo stile. Lo stile è dunque inviolabile come la vita. Le forme dello stile sono
innumerevoli come le forme della vita. Non vi è limite alla varietà degli organismi verbali.»
Ch. Baudelaire
Lo spleen di Parigi
(1869)
Perdita d’aureola
«Oh! Come! Voi qui, mio caro? Voi in questo luogo malfamato! Voi, il bevitor di quintessenze!
Voi, il mangiator d'ambrosia! Davvero, ne sono sorpreso!».
«Mio caro, vi è noto il mio terrore dei cavalli e delle carrozze. Poc'anzi, mentre attraversavo
il boulevard in gran fretta, e saltellavo nella mota, in mezzo a questo mobile caos, dove la
morte arriva al galoppo da tutte le parti ad un tempo, la mia aureola ad un movimento
brusco che ho fatto, m'è scivolata giù dalla testa nel fango del selciato. Non ho avuto il
coraggio di raccoglierla. Ho giudicato meno sgradevole il perdere la mia insegna che non il
farmi fracassare le ossa. E poi, ho pensato, non tutto il male vien per nuocere. Ora posso
andare a zonzo in incognito, commettere delle bassezze e abbandonarmi alla crapula come
i semplici mortali. Ed eccomi qui, assolutamente simile a voi, come vedete!».
«Dovreste almeno far affiggere che avete smarrita codesta aureola, o farla reclamare dal
commissario».
«No davvero! Qui sto bene. Voi solo mi avete ravvisato. D'altronde, la grandezza m'annoia.
E poi penso con gioia che qualche poetastro la raccatterà e se la metterà in testa
impudentemente. Render felice qualcuno, che piacere! E soprattutto render felice uno che
mi farà ridere! Pensate a X, o a Z!... Eh? Che cosa buffa, sarà!...».
G. Gozzano,
I Colloqui (1911)
VI
V.
[…]
Le Stagioni camuse e senza braccia,
fra mucchi di letame e di vinaccia,
dominavano i porri e l’insalata.
G. Ungaretti
Il Porti Sepolto (1916)
La morte
si sconta
vivendo
I
O Vita, o Vita,
dono terribile del dio,
come una spada fedele,
come una ruggente face,
come la gorgóna,
come la centàurea veste;
o Vita, o Vita,
dono d’oblìo,
offerta agreste,
come un’acqua chiara,
come una corona,
come un fiale, come il miele
che la bocca separa
dalla cera tenace;
[…]
E. Montale
Ossi di seppia (1925)