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Rivista fondata da Luciano Pasquali Anno XVIII•n.

12•Dicembre 2013
Mensile Tecnico Scientifico € 4,50
E.S.S. Editorial Service System Sped. Abb. Post - D.L. 353/2003
(conv. In L. 27/02/2004 n.46) art.1
Fondazione Dià Cultura comma 1, Aut. N.C/RM/036/2010
Editoriale nel tempo si arricchisce e si integra di ulteriori scultu- 1
di Elena Calandra* re. L’apparato statuario delle ville deve anzi essere
letto in continua evoluzione, per eredità, aggiunte,
spostamenti, sostituzioni, il che getta luce su un aspet-
to da non trascurare, e comprensibile analizzando in
L’idea di dedicare un fascicolo alle ville costituisce la modo integrato tutti i materiali, dalla ceramica agli
naturale prosecuzione di quello precedente, mono- oggetti d’uso quotidiano: tutte le ville avevano una
graficamente dedicato a Villa Adriana, e scaturisce vita assai lunga, a partire da quelle degli imperatori,
dalla constatazione che uno dei temi portanti nell’a- spesso legate dalla tradizione al solo nome di chi le
rea tutelata dalla Soprintendenza per i Beni Archeo- abitò per primo, ma in realtà continuativamente occu-
logici del Lazio è rappresentato proprio dalle ville, pate dai successori.
imperiali e private. Esse sono per la verità assai nu- Tra le ville imperiali, oltre a quelle analizzate partita-
merose, ma si è ritenuto di proporre un percorso che mente di seguito, vanno infine citate, seguendo la cro-
si concentra solo su quelle aperte al pubblico, che nologia dei regali occupanti, almeno quelle di Anzio
sono, come immaginabile, le più imponenti e le me- (abitata da Augusto e da Nerone, ma anche dopo),
glio conservate nell’ambito di un connettivo fittissimo di Nemi (riferibile a Caligola), di Subiaco (collegabi-
di presenze anche molto significative, considerata la le a Nerone), di Castelgandolfo (Albanum Domitiani,
vicinanza a Roma e alla casa imperiale. legata al nome di Domiziano, ma con attestazioni,
Le attestazioni inerenti le ville laziali, in effetti, ab- discontinue, da Tiberio a Settimio Severo), di Lanuvio
bracciano un arco cronologico che va dall’età repub- o più correttamente Genzano (usata dagli Antonini).
blicana avanzata al tardoantico, come si desume dal- Il fascicolo costituisce dunque un invito alla visita di
le fasi edilizie e dagli arredi scultorei, anche se non dimore di indubbio impatto architettonico, sorte in
necessariamente la data del “contenitore” coincide paesaggi di rara bellezza, appannaggio e privilegio
con quella delle statue esposte. Esemplare è il caso, di pochi un tempo, oggi visitabili per tutti.
qui affrontato, della dimora di Sperlonga, che nella
sua fase iniziale rivela un’unicità di ideazione dei pro- *Elena Calandra, Soprintendente per i Beni Archeologici
grammi scultorei, ascrivibili all’imperatore Tiberio, ma del Lazio

Nella carta - relativa alla competenza territoriale della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio - sono evidenziati i
musei e le aree archeologiche (Licenza, Palestrina, Sabaudia e Sperlonga) di cui si tratta in questo numero
2 In copertina: Veduta della Villa di Tiberio a Sperlonga dall’alto

FORMA VRBIS. Itinerari nascosti di Roma antica


Mensile Tecnico-Scientifico fondato da Luciano Pasquali

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma n°548/95 del 13/11/95

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Direttore scientifico
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Direttore editoriale e curatore scientifico


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di Roma, Fondazione Dià Cultura; Elena Calandra Soprintendenza per i Beni Archeolo-
gici del Lazio; Gianfranco De Rossi Espera Srl; Paola Di Manzano Soprintendenza
Archeologica di Roma; Dario Giorgetti Università degli Studi di Bologna; Emanuele
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del Nucleo Polizia Tributaria di Roma della Guardia di Finanza; Eugenio La Rocca “Sa-
pienza” - Università di Roma; Raffaele Mancino Comandante del Reparto Operativo
del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; Federico Marazzi Università
degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, Napoli; Paolo Moreno Università degli Studi di
Roma III; Davide Nadali “Sapienza” - Università di Roma; Valentino Nizzo Soprin-
tendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Fondazione Dià Cultura; Carlo
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rativo del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; Silvana Rizzo Ministero
per i Beni e le Attività Culturali; Massimo Rossi Comandante della II Sezione del Gruppo
Tutela Patrimonio Archeologico del Nucleo Polizia Tributaria di Roma della Guardia di
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Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione-Aerofototeca Nazionale; Christo-
pher Smith British School at Rome; Catherine Virlouvet École française de Rome

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a cura di Sandra Gatti

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Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana


Sommario 3

Editoriale 1
di Elena Calandra

La Villa di Orazio a Licenza 5


di Maria Grazia Fiore

Gli imperatori a Praeneste 12


di Sandra Gatti

La villa di Domiziano sul Lago di Paola a Sabaudia 18


di M. Crespi; F. Di Mario; C. Pane; V. Petrucci; S. Rasori; D. Ronchi; A. Vivaldi

La “spelunca” di Tiberio a Sperlonga 24


di Nicoletta Cassieri
4

Veduta della Villa di Orazio a Licenza dal lato nord-orientale

Pianta della villa


La Villa di Orazio a Licenza il 1911 e il 1915. Allo studioso si deve il merito della 5
di Maria Grazia Fiore* creazione del primo nucleo della raccolta, allestita
nel bottaio del palazzo baronale, di proposito
restaurato secondo un progetto espositivo che vedeva
Nel 33-32 a.C. il poeta latino Quinto Orazio Flacco i materiali catalogati e ordinati in base alla classe di
ricevette in dono dal suo amico Mecenate una villa appartenenza.
nella bassa Sabina. Il poeta descrive spesso nei Il Museo, dapprima ospitato in un unico locale al
suoi carmi l’ambiente naturale circostante e la vita piano terra, è stato ampliato nel 1993, in occasione
quotidiana che si svolgeva nei campi, fornendo delle celebrazioni per il bimillenario oraziano, nei
elementi utili per la localizzazione della villa tra il tre locali contigui. Il nuovo allestimento si avvale di
mons Lucretilis, il rivus Digentia, il pagus Mandela pannelli e supporti didattici, utili a collocare la villa in
(oggi Mandela) e il villaggio denominato Varia una più articolata lettura storica e archeologica. Sono
(Vicovaro). state realizzate scelte museografiche conservative
La scoperta tra il 1700 e il 1800 di una lapide nella che hanno mirato non solo a salvaguardare i reperti
quale si nomina una massa Mandelana (presso, ma anche a recuperare lo spazio museale, unica
quindi, l’omonimo pago) permise di circoscrivere testimonianza di quei numerosi musei civici formatisi
con maggiore esattezza l’area in cui doveva trovarsi nel particolare clima storico-politico e culturale
la villa. Il rinvenimento dei resti di un edificio vicino dell’Italia postunitaria.
all’area individuata suscitò grande interesse e Nella prima sala sono collocate carte tematiche
incoraggiò nel 1911 l’avvio di una campagna di relative a Licenza, al suo territorio e alle principali
scavi, che accertò l’identificazione della villa romana testimonianze delle fasi preistorica, romano-
rinvenuta con quella di Orazio. La proprietà si repubblicana, imperiale e medioevale. La sezione
estendeva per 40 ettari, che comprendevano anche successiva offre una serie di supporti didattici, grafici
un bosco, un terreno destinato al pascolo, frutteti e e fotografici, dedicati alla planimetria della villa e
oliveti. alle sue fasi edilizie, al fine di evidenziare il rapporto
La villa si presenta come una tipica domus italica di fra struttura architettonica e apparato decorativo, del
età repubblicana a un solo piano, costituita da un tutto trascurato nell’allestimento del Pasqui.
compatto gruppo di stanze raccolte intorno a un La raccolta comprende elementi architettonici in
piccolo atrio: si riconoscono l’ingresso, preceduto marmo, frammenti di pavimenti e mosaici, sculture
da un portichetto, ambienti di servizio, stanze di e rilievi, iscrizioni funerarie, bolli, tubi in piombo
soggiorno e cubicula, questi ultimi pavimentati con (fistulae aquariae), ceramiche e piccoli oggetti d’uso
pregevoli mosaici geometrici bianco-neri tipici del quotidiano e di ornamento personale, a cui vanno
tardo I sec. a.C. aggiunte le preziose gemme raccolte e conservate
Alla fase di età augustea e al periodo giulio-claudio, presso il Museo Nazionale Romano.
in cui l’impianto della villa rimase inalterato, seguì con Tra gli elementi architettonici, di notevole e raffinata
i Flavi (fine I sec. d.C.) una radicale ristrutturazione: fattura risalta un lacunare in marmo, proveniente
all’interno del corpo abitativo fu ricavato un peristilio da uno dei portici, decorato al centro con un cespo
con veranda aperta verso lo splendido panorama di foglie d’acanto popolate da ranocchie e piccoli
dei monti su cui sorgeva l’antico villaggio di Ustica granchi dentro conchiglie.
(Licenza). Il piccolo balneum di età augustea, dotato Dell’apparato scultoreo della villa restano frammenti
di piscina natatoria e vani riscaldati, fu trasformato di statue maschili a tutto tondo, presumibilmente
in una vera e propria therma con l’aggiunta di un destinate all’arredo esterno, e parti di rilievi marmorei.
singolare edificio ellittico, diversamente orientato, La fortunata identificazione della testa di Menade,
interpretabile come impianto per l’allevamento di trafugata dal palazzo baronale Orsini-Borghese
pesci (vivarium) o come sauna (laconicum). nel 1978 e finita attraverso il mercato antiquario
La particolarità della villa licinese però, forse voluta nello Staatliche Museum di Kassel, ha permesso la
dallo stesso Orazio ispirandosi alla celebre Villa restituzione al museo di Licenza di una pregevole
dei Papiri a Ercolano ove era stato ospite, è il vasto scultura, grazie all’eccezionale impegno del Nucleo
quadriportico rettangolare finestrato racchiudente un Tutela Patrimonio Artistico. La testa femminile è stata
giardino con vasca al centro, che costituiva il settore interpretata come Menade (personaggio legato
più esclusivo della dimora, utilizzato per passeggiate al mondo della natura appartenente al corteo di
al fresco e per l’esercizio dell’otium litterarum. I Dioniso) per l’espressione sorridente, la pettinatura
recenti scavi hanno chiarito che piante e aiuole, scelte e la presenza della corona. La frontalità del volto, la
e disposte ad arte, seguivano un elaborato disegno forma degli occhi, l’arcano e semiferino sorriso dal
architettonico, simile a quelli riscontrabili nelle ville di probabile valore apotropaico e la ricercata e irreale
Pompei e del suburbio di Roma. foggia della capigliatura consentono di attribuire
Naturale completamento dell’area di scavo è il la testa femminile alla corrente arcaistica della
Museo Oraziano, allestito nelle sale del palazzo scultura romana che ripropone, rielaborandoli con
baronale Orsini-Borghese di Licenza, che ospita gran un ricercato gusto retrospettivo ed eclettico, elementi
parte dei materiali archeologici rinvenuti nella villa formali dello stile arcaico.
a partire dagli scavi effettuati da Angelo Pasqui tra Gli ultimi scavi realizzati a partire dal 1997 hanno
6

Cubicula della villa

Il pavimento a mosaico del cubiculum orientale

Il c.d. vivarium della villa


7

Lacunare marmoreo. Licenza, Palazzo Orsini, Antiquarium

portato alla luce interessanti reperti scultorei tra destro in avanti nel gesto pudico di coprirsi, comune al
cui spiccano tre frammenti che appartenevano tipo della Afrodite Capitolina. Infine è stata rinvenuta
probabilmente a un unico ciclo statuario in miniatura una testa di giovane dai capelli corti e ricci, eseguiti
esposto in una delle sale delle terme della villa. a trapano, e l’orecchio sinistro molto grande. La
Si tratta di un torso maschile nudo giovanile, da figura rappresentava probabilmente Ercole oppure
identificarsi, per la posizione del braccio destro, un giovane atleta, secondo una ben consolidata
probabilmente con un tipo di Eros adolescente o tradizione che, nella decorazione degli ambienti
preadolescente. È stato ipotizzato che la figura fosse termali, accostava soggetti ideali, come Venere ed
in parte appoggiata a una torcia rovesciata, posta Eros, a figure atletiche maschili.
lungo il lato sinistro. Il tipo ha una forte valenza Durante gli scavi dell’inizio del Novecento furono
funeraria, ma la statuetta mostra alcune differenze inoltre rinvenute decine di frammenti di affreschi che,
rispetto al modello, per la mancanza delle ali e la insieme ai resti dei mosaici pavimentali, costituiscono
posizione delle gambe, normalmente accavallate. la parte più interessante dell’apparato decorativo
Allo stesso apparato decorativo appartiene un busto della villa. I frammenti di intonaco dipinto furono
nudo femminile in marmo di Taso. La figura, stante raggruppati dal Pasqui a seconda dei colori e
sulla gamba destra, portava probabilmente il braccio delle figurazioni ed esposti in 38 pannelli di gesso,
8

Lacunare marmoreo, particolare del cespo di acanto popolato da ranocchie e piccoli granchi in conchiglie. Licenza, Palazzo
Orsini, Antiquarium
corredati attualmente da una ricostruzione grafica 9
dei soggetti raffigurati e dalla campionatura dei
principali motivi decorativi. Tra queste raffigurazioni
si distinguono: un prospetto architettonico a fondo
rosso tipico del IV stile, caratterizzato nella parte
superiore da un’edicola con soffitto a cassettoni.
Questa doveva ospitare in origine una figura
centrale di cui rimane solo il piede destro sollevato
che non consente un’attribuzione del personaggio,
identificabile comunque con una figura eroica o
una divinità. Nella parte inferiore è rappresentata
un’altra edicola di uguali dimensioni ma ripresa da
un angolo interno, arricchita dalla presenza di un
bacino bronzeo con orlo perlinato sospeso come un
oscillum; un’edicola con grifi acroteriali e festoni di
vite. Lo studio e i numerosi confronti con le pitture
romane e campane hanno consentito una restituzione
grafica dello schema decorativo classificabile nel
IV stile. La scena rappresenta due grifi ritratti ad
ali spiegate e con la zampa destra sollevata. I grifi,
speculari e in posizione araldica, sono posti sotto le
due estremità di un festone ondulato ricco di foglie di
vite e grappoli d’uva. Il tema dei grifi si ispira a una
lunga tradizione iconografica che trova confronti in
decorazioni parietali più antiche e coeve da Roma,
Pompei ed Ercolano. Infine va citata un’edicola con
timpano concluso da monstra femminili desinenti in
girali d’acanto. L’abbondante uso del rosso cinabro,
raro e prezioso nell’antichità, e l’accostamento del
rosso e dell’azzurro, tipico del periodo augusteo,
conferiscono una prima nota di pregio a questa
pittura di IV stile. La figura femminile conservata
mostra un volto ritratto di tre quarti e coperto da un
copricapo o retina da cui fuoriescono riccioli; il collo
è adornato da una collana. Questo tipo di figura
ricorda le teste nascenti da cespi d’acanto raffigurate
in alcuni edifici di Pompei di età augustea, anche se il
motivo dell’edicola sormontata da acroteri fantastici
è diffuso nel repertorio pittorico romano di II, III e IV
stile.

*Maria Grazia Fiore, Funzionario archeologo presso


la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e
Direttore dell’Area Archeologica di Licenza

Bibliografia essenziale

B. FRISCHER, J. CRAWFORD (a cura di), The “Horace’s Villa” project, 1997-


2003. Report on new fieldwork and research, Oxford 2006
G. LUGLI, “La villa d’Orazio nella valle del Licenza”, in Monumenti
antichi pubblicati dall’Accademia dei Lincei 31, 1926, pp. 453-598
Comitato nazionale per le celebrazioni del bimillenario della morte
di Quinto Orazio Flacco, Atti del convegno di Licenza (19-23 aprile
1993), Venosa 1993
In Sabinis. Architettura e arredi della villa di Orazio (catalogo della
mostra, Licenza, Palazzo Orsini, 19 aprile-settembre 1993), Roma 1993
Ai confini di Roma: tesori archeologici dai musei della provincia
(catalogo della mostra, Roma, Complesso del Vittoriano, 13 maggio-20
giugno 2010), Roma 2010
10

Torso maschile nudo. Tivoli, Santuario di Ercole Vincitore,


Testa femminile. Licenza, Palazzo Orsini, Antiquarium magazzino

Torso femminile. Tivoli, Santuario di Ercole Vincitore, Testa maschile. Tivoli, Santuario di Ercole Vincitore, magazzino
magazzino
11

Pannello con grifi acroteriali e festoni. Licenza, Palazzo


Orsini, Antiquarium

Pannello con figure fantastiche su timpano a volute. Licenza,


Palazzo Orsini, Antiquarium

Pannello con prospetto architettonico. Licenza, Palazzo


Orsini, Antiquarium

Notizie utili

Indirizzo: Area Archeologica di Licenza - Villa di


Orazio, via Licentina s.n.c., 00026, Licenza (RM).
Info e prenotazioni: Tel. 0774-330329 (Tivoli-Santuario
di Ercole Vincitore); sba-laz@beniculturali.it
Orari di apertura: La Villa rimane chiusa un giorno alla
settimana e non oltre 5 giorni ulteriori durante l’anno.
Gli orari vanno dalle ore 9.00 a un’ora prima del
tramonto.
Servizi e attività: Visite didattiche su prenotazione.
Modalità di accesso: L’ingresso all’area archeologica
è gratuito.
Servizi al pubblico: Parcheggio gratuito.
12 Gli imperatori a Praeneste
di Sandra Gatti*

Alcuni autori antichi ricordano l’esistenza di una


importante proprietà imperiale a Praeneste, che
per secoli era stata una fiorente e orgogliosa,
persino ribelle, città latina, fiera delle proprie origini
e tradizioni, in competizione con Roma a partire
dall’epoca degli ultimi re Tarquini fino alla tarda
Repubblica. Ma, all’inizio del I secolo a.C., anche
Praeneste, dopo aver pagato duramente il suo
schierarsi dalla parte del democratico C. Mario con la
vita di molti cittadini che furono brutalmente trucidati
per ordine di Silla, dovette piegarsi all’inarrestabile
espansione di Roma e divenne uno dei tanti centri
dell’Impero.
Il clima ottimale e la vicinanza a Roma contribuirono
a renderla meta del soggiorno di imperatori o di
membri della famiglia imperiale, che probabilmente,
grazie a eredità, espropri o altre diverse forme
di acquisizione, arrivarono a disporre di ampie
proprietà nei pressi di Praeneste. Svetonio, biografo
ed erudito vissuto nella prima età imperiale (70-126
d.C.), ricorda (Aug. 72 e 82) che Augusto preferiva
per la sua villeggiatura non solo i luoghi marittimi e le
isole, ma anche le piccole città vicino a Roma, fra cui
Praeneste, che raggiungeva con due giorni di viaggio
in lettiga. Poi il successore Tiberio, secondo Gellio
(Notti Attiche, XVI, 13), guarì da una grave malattia
proprio soggiornando nella città, nella residenza che
si trovava “sub ipso oppido” (proprio sotto la città).
Meno fortunato, invece, a quanto pare, Vero Cesare,
il figlio di Marco Aurelio, che a Palestrina morì all’età
di 7 anni (Historia Augusta, Iul. Capit. in Antonino
XXI).
E proprio a valle della città, poco più a sud della zona Veduta di Palestrina (foto M. Letizia)
per secoli destinata alla necropoli della città antica,
si conservano i resti imponenti di un vasto complesso
edilizio, attualmente in parte compreso nell’area del almeno, fra il I sec. a.C. e la fine del II d.C. All’epoca
cimitero comunale che fu qui collocato nel 1879 e che tardo-repubblicana risale, infatti, un nucleo costruito
ne ha causato la parziale distruzione. in opera incerta di calcare, che può essere riferito
Il sito, nel tempo, ha restituito molti importanti reperti a una villa più antica e di estensione limitata che fu
archeologici; in particolare fu oggetto di scavi di probabilmente in seguito inglobata e assorbita nella
rapina nel 1792 da parte di Lord Gavin Hamilton, un proprietà imperiale. Sono poi individuabili importanti
nobile inglese “cacciatore di tesori”, in occasione dei interventi edilizi in opera reticolata di tufo, databili
quali venne alla luce la splendida statua di Antinoo, al I sec. d.C., comprendenti alcuni ambienti e una
che fu subito acquistata per il suo palazzo da papa grande cisterna; infine gli edifici più grandiosi e
Pio VI (dal quale prese il nome di Antinoo Braschi) e meglio conservati, realizzati in opera mista, sono
poi trasferita da Gregorio XVI nel Museo Lateranense della prima metà del II sec. d.C. appunto dell’epoca
dove ancora oggi è esposta. degli imperatori Traiano e Adriano.
Da questa statua, soprattutto, deriva la tradizionale Dell’intero complesso, che doveva essere molto
attribuzione del complesso a una villa di Adriano, esteso e imponente, tanto che ancora nei primi anni
che sembra confermata dal ritrovamento di una testa del XIX secolo una viaggiatrice inglese, Cornelia
di Amazzone in marmo greco, oggi nella collezione Knight, scrive che si poteva camminare tra le
Torlonia, databile appunto all’età adrianea, e di bolli rovine della villa “per almeno mezzo miglio”, sono
laterizi della stessa epoca. visibili oggi solo alcuni settori e edifici conservati
Ma, rispetto alla tradizionale attribuzione dei resti all’interno dell’attuale cimitero comunale e nei suoi
della villa ad Adriano, sia le strutture sia altri reperti immediati dintorni, che comunque colpiscono per la
nel tempo venuti in luce dimostrano che la cronologia loro imponenza. Altre aree della villa - mai scavate
del complesso è molto più articolata, compresa, - sono state oggetto qualche anno fa di indagini
13

Palestrina, villa imperiale: gli ambienti sostruttivi

Pianta degli ambienti sostruttivi

geofisiche e magnetometriche, che hanno consentito


di individuare l’esistenza di strutture sepolte e dunque
di ricostruire in modo migliore il tessuto planimetrico
della residenza imperiale.
Il settore principale è quello inglobato nell’area
cimiteriale ed è formato da due piani sovrapposti.
Il piano inferiore (visibile dal piano stradale e
accessibile dal parcheggio esterno) si compone di
una complessa e articolata serie di gallerie e ambienti
sotterranei, muniti di finestre e feritoie, con pareti e
pavimenti ricoperti di spessi rivestimenti in cocciopesto
che isolano dall’umidità e dalle infiltrazioni di acqua.
Questo sistema indica la volontà di mantenere asciutti
e agibili gli spazi, che forse erano utilizzati come
depositi o cantine. Contemporaneamente il piano
inferiore costituisce una possente sostruzione per i
vani residenziali del piano superiore, realizzata con
lo scopo di rialzare la costruzione, e in particolare
le parti abitative, rispetto al livello del pianoro su cui
sorge la villa. Al piano superiore si conservano, infatti,
grandiosi ambienti residenziali, con ampie finestre; in
particolare, proprio accanto alla chiesetta di Santa Interno degli ambienti sostruttivi
14

Gli ambienti del piano superiore Sala con esedre del piano superiore

Maria della Villa, edificata anch’essa su un’ampia conoscenza ancora frammentaria e incerta, appare
sala della villa imperiale e risalente almeno al XIV caratterizzata senza dubbio da un’architettura
secolo, si conserva una vasta aula con due esedre, complessa e articolata e da volumi grandiosi, anche
forse due fontane, adibita probabilmente a sala di se, allo stato attuale, non vediamo certamente le
ricevimento ufficiale e di rappresentanza. geniali invenzioni architettoniche della più famosa
A poca distanza da questo nucleo, a est del cimitero, villa di Tivoli.
si conservano altri importanti resti della villa In particolare il monumentale nucleo edilizio
(raggiungibili percorrendo un breve tratto della strada conservato all’interno del cimitero appare frutto
sterrata che costeggia il lato nord del cimitero). Si tratta di un progetto che, evidentemente, attraverso
di un nucleo di strutture in opera mista, inglobate in un la realizzazione dei possenti ed estesi ambienti
antico casaletto, che mostrano una planimetria mossa, sostruttivi, ha volutamente inteso rialzare la
ad andamento curvilineo, con prospetti architettonici residenza rispetto al livello naturale del terreno. La
a nicchie ed esedre, in cui si può forse riconoscere conformazione pianeggiante del sito, infatti, non
il settore termale della residenza imperiale. Questa poneva problemi di spazio edificabile, né richiedeva
possibile identificazione sembrerebbe confermata di regolarizzare dislivelli. Il grande basamento,
dalla presenza, immediatamente a fianco, di una dunque, fu probabilmente edificato per sottolineare,
grande cisterna in opera mista e opera vittata, attraverso i caratteri architettonici, il valore simbolico
articolata su due livelli, di cui l’inferiore coperto e ideologico della residenza imperiale, in relazione
a volta e il superiore scoperto, con funzione di al ruolo di prestigio del proprietario.
impluvium. All’esterno le pareti sono caratterizzate È possibile, inoltre, che con tale soluzione progettuale
da un doppio ordine di strette nicchie voltate. Cisterne si sia voluta valorizzare appieno la visibilità del
di questo tipo sono note in altre ville di età imperiale, panorama, non solo verso la campagna circostante,
tutte appartenute a personaggi importanti e di elevato ma soprattutto verso nord, dove lo scenario della
livello sociale, come per esempio la villa in loc. Le città di Praeneste, nella quale un ruolo assolutamente
Vignacce, lungo l’Appia Antica a Roma, complesso dominante era svolto dal complesso edilizio delle
databile tra il 120 e il 130 d.C. terrazze del santuario della Fortuna Primigenia,
Nell’insieme la villa degli imperatori di Palestrina, pur costituiva, allora come oggi, una suggestiva quinta
nello stato di conservazione così discontinuo e nella architettonica sul pendio della collina. E forse proprio
15

Schizzo assonometrico degli edifici del nucleo orientale della villa (G. Troja)

Schizzo assonometrico del nucleo della villa conservato all’interno del cimitero comunale (G. Troja)
16 con l’antico e grandioso santuario repubblicano volle
entrare in una sorta di simbolica competizione la
mole alta e imponente del palazzo imperiale.
Se la posizione, la grandiosità delle strutture e la
congruenza con le notizie di autori antichi quali
Svetonio e Gellio non sembrano porre dubbi
sull’appartenenza del complesso alla casa imperiale,
fin dalla dinastia giulio-claudia, per quanto riguarda
invece in particolare la tradizionale attribuzione ad
Adriano essa deriva sostanzialmente dal ritrovamento
della statua di Antinoo, un’immagine che è quasi una
firma, un marchio di possesso dell’imperatore filosofo.
In realtà non possiamo dire se egli la frequentò
davvero: forse no, vista la vicinanza e la bellezza
della residenza tiburtina, che era divenuta una sorta
di sede distaccata del potere. Dobbiamo ricordare
inoltre che le fonti antiche su Adriano, e in particolare
l’Historia Augusta, non ricordano affatto la villa di
Praeneste.
Possiamo forse immaginare che la proprietà sia servita
solo come soggiorno del tutto occasionale, magari
per ospiti o familiari, e che sia stata mantenuta come
semplice possedimento della casa imperiale, ma in
realtà gestita da fidati liberti.

*Sandra Gatti, Funzionario Archeologo presso la


Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, Direttore
del Museo Archeologico Nazionale di Palestrina

Bibliografia essenziale

TH. ASHBY, “The Classical Topography of the Roman Campagna, I”, in


Papers of the British School at Rome, I, 2, 1902, pp. 127-281
TH. ASHBY, The Roman Campagna in Classical Times, Londra 1927
S. GATTI, “La villa imperiale di Palestrina”, in La forma della città e del
territorio, 2, Atlante Tematico di Topografia Antica 14, 2005, pp. 67-89
C. KNIGHT, Description of Latium; or, La campagna di Roma, Londra
1805

Notizie utili

Indirizzo: via Santa Maria, Palestrina(RM).


Info: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio:
sba-laz@beniculturali.it
Museo Archeologico Nazionale di Palestrina:
tel. 06 9538100;
e-mail: sba-laz.palestrina@beniculturali.it
Comune di Palestrina: tel. 06 953021
www.comune.palestrina.rm.it
Comitato di Quartiere “Villa di Adriano”:
www.villadiadriano.it; e-mail: info@villadiadriano.it
Orari di apertura:
Per il settore all’interno del cimitero comunale: tutti i
giorni 7.30-12.30 e 14.30-16.30 (custode sul posto);
per il settore delle sostruzioni: apertura su richiesta
rivolgendosi al Comune di Palestrina.
Modalità di accesso: l’ingresso all’area archeologica è
gratuito.
Servizi al pubblico: Parcheggio gratuito.
17
18 La villa di Domiziano sul Lago di Paola
a Sabaudia
di Milena Crespi; Francesco Di Mario; Caterina Pane;
Valentina Petrucci; Serena Rasori; Diego Ronchi; Alessia
Vivaldi*

“Questo, sia che tu goda dei Colli di Alba sacra a


Minerva (…), o Cesare, (…) sia che Caieta, nutrice di
Enea, oppure Circe, figlia del Sole, oppure Terracina
dalle bianche acque salutari ti diano piacere,
questo libro a te (…) io mando, a te che, vivendo,
fai piacere – credo – a Giove” (Mart., Epigr. V,1,1-
8). Nel primo epigramma del quinto libro della sua
opera Marziale, elencando i luoghi degli otia cari a
Domiziano, menziona il Circeo, lasciando intendere
che l’imperatore vi possedesse una Villa.
L’importante sito archeologico, oggi noto come “Villa
di Domiziano”, occupa, quasi per intero, una peniso-
la di 46 ettari di forma grosso modo triangolare, pro-
spettante da est sul Lago di Paola. L’area, attualmente
riserva naturale integrale, presenta una situazione
orografica piuttosto omogenea, caratterizzata da una
dorsale centrale allungata digradante verso la costa.
Un sito di tale rilievo divenne presto, nel corso del
XVIII secolo, oggetto di interesse per il mercato anti-
Posizione della Villa di Domiziano quario: i primi sterri di cui si abbia notizia presso la
villa, con lo scopo di rinvenire materiale da edilizia
e tesori d’arte, furono intrapresi durante il papato di
Innocenzo XIII (1721-1724). Questi lavori, che si pro-
trassero dal 1720 al 1728, portarono all’importante
scoperta dell’Apollo ora a Kassel e a grandi distruzio-
ni. Altri sterri vennero effettuati nel 1798 da Petrini; di
tali “ricerche” l’esito più eclatante fu il rinvenimento
del Faunetto del Vaticano. I primi scavi con regolare
permesso furono effettuati presso la villa dall’ispettore
onorario Pio Capponi attorno al 1901; sempre in que-
sto periodo i materiali dello scavo confluirono presso
il Museo Civico di Terracina. Primo a identificare la
villa con una residenza imperiale, e segnatamente
con quella di Domiziano, fu La Blanchère. Tale sco-
perta non fu però coronata da esiti editoriali. Fu Tho-
mas Ashby, dopo l’infruttuoso tentativo di Marie René
de La Blanchère, a realizzare la prima pianta della
Villa di Domiziano. Quantunque precise, le piante di
Ashby non l’aiutarono a interpretare correttamente il
sito, che lo studioso volle leggere come “espansione
tardo-repubblicana di Circeii”. Perché l’errore venis-
se emendato, e di questo Ashby si rallegrò nella sua
recensione della Forma Italiae, bisognerà aspettare il
lavoro del Lugli, che unì alla completezza della pian-
ta la correttezza dell’interpretazione.
Nel 1934, per dotare la neonata Sabaudia di un
“polo culturale”, Jacopi condusse sterri sistematici,
presso la porzione meridionale della villa, portando
alla luce una vasta area termale.
Dal 1977, e poi altre volte a più riprese, la So-
printendenza per i Beni Archeologici del Lazio
Foto Aerea della Villa di Domiziano. In evidenza altimetria, ha condotto lavori di pulizia e restauro, ai quali si
Area nord e Area Termale deve il notevole stato di conservazione della Villa.
La Villa di Domiziano, oltre ad essere un sito archeo- 19
logico di eccezionale importanza, risulta spiccare an-
che per il fatto di essere inclusa entro i limiti del Parco
Nazionale del Circeo, uno tra i parchi italiani il cui
patrimonio archeologico compete con quello natura-
listico. Questa ricchezza di testimonianze del passato
rende infatti il Parco Nazionale del Circeo unico. Tale Esempio di point cloud da rilievo fotogrammetrico (dettaglio
situazione particolare, ma non isolata nel panorama di alcuni ambienti presso la zona nord)
delle aree protette italiane, venne già evidenziata
con la legge istitutiva del 1934, nello stesso anno del-
lo scavo di Jacopi, allorquando si preferì affidarne
l’amministrazione alle cure congiunte della “Milizia
Forestale” e del “Ministero della Cultura e suoi orga-
ni territoriali”.
Questa situazione di stretta interconnessione, quasi
coevoluzione, tra attività antropiche e ambiente na-
turale, è stata recepita dal Piano del Parco (2012), il
quale, oltre a disporre di una Sezione Heritage tra le
più innovative, pone, tra i suoi obiettivi prioritari, al Esempio di mesh da rilievo fotogrammetrico (dettaglio di
n. 21: “la conservazione e valorizzazione dei princi- alcuni ambienti presso la zona nord)
pali beni archeologici e storici del Parco, primo tra
tutti in ordine di priorità il complesso della Villa di
Domiziano”.
A partire dal 2007, uno sforzo congiunto del Parco
Nazionale del Circeo, della Soprintendenza per i
Beni Archeologici del Lazio, del Corpo Forestale del-
lo Stato e dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha

Fase di studio dei materiali

Esempio di mesh texturizzata da rilievo fotogrammetrico


(dettaglio di alcuni ambienti presso la zona nord)

permesso, centrando l’attenzione sui valori storici e


archeologici, di muovere un nuovo e importante pas-
so verso la definizione dei valori del Parco, e quin-
di verso la definizione di questo come motore dello
sviluppo economico, culturale e sociale. Il progetto
comune, che era già cominciato sulla base di accordi
bilaterali, è stato formalizzato nel 2010 con la sigla-
tura di un Protocollo di Intesa tra le parti nato al fine
di rilanciare, su basi sistematiche, lo studio, la ricerca
scientifica e i progetti di valorizzazione.
Studio dei materiali Gli anni trascorsi da allora sono stati scanditi da
serrate campagne di indagine condotte da un’équi-
pe di ricerca della “Sapienza”, campagne orienta-
te alla miglior conoscenza dei molti siti archeologici
presenti nel Parco e, specialmente, volte alla cono-
scenza e documentazione del complesso della Villa
di Domiziano. Il progetto di ricerca, tuttora in cor-
so, ha come oggetto il rilievo sistematico, strumen-
tale, fotogrammetrico, aerofotogrammetrico e laser
scanner delle numerose strutture visibili presso il sito,
lo studio dei contesti ceramici, dell’instrumentum e
degli intonaci provenienti dalla villa, al fine di defi-
nire una cronologia relativa delle attività edilizie e,
ove possibile, recuperare informazioni utili ad an-
corare cronologicamente le varie fasi individuate.
Prima di procedere nella descrizione della villa biso-
20

Ricostruzione 3D fase I area nord

gna menzionare un ultimo aspetto di grande impor- prospettante lungo il lago di Paola, significativamen-
tanza per la definizione del paesaggio attuale, ov- te più complesso rispetto a quello tradizionalmen-
vero l’introduzione nell’area, nel 1944, della coltura te proposto, che vedeva la fase di maggior monu-
del pinolo. Tale forma di sfruttamento del suolo, attec- mentalizzazione opera dell’imperatore Domiziano.
chendo con particolare vigore, finì con il trasformare L’elemento più appariscente di questo primo comples-
l’intera penisola in un bosco estremamente fitto. Tale so è certamente la grande peschiera rettangolare. La
improvvido intervento ha avuto due conseguenze si- peschiera è articolata in due zone: il bacino vero e
gnificative ai fini della lettura del complesso: in pri- proprio, ampio circa 1200 m2 e ricolmo d’acqua, do-
mo luogo la difficoltà materiale che ha imposto una tato di 7 vasche comunicanti tramite cunicoli, e una
maggiore lentezza delle operazioni di rilevamento. zona accessibile tramite scale e quindi frequentabi-
In particolare non potendo per ragioni di segnale, le. Una fossa raccoglieva l’acqua salmastra del lago
pur in un’area così vasta, adoperare GPS, ma solo alimentando la vasca, mentre tre aestuaria, dotati di
la stazione totale, è stato necessario spesso aprire grate di piombo, garantivano il ricircolo dell’acqua
varchi per decine di metri nei cespugli di rovi ado- non consentendo al contempo il passaggio dei pesci.
perando il machete. In secondo luogo, pur avendo La peschiera è già in questa prima fase circondata su
speso molto del tempo dei totali 10 mesi di campagna tre lati da un portico, che creava intorno al bacino un
nelle attività di pulizia dei corpi di fabbrica individuati grande ambulacro, forse sistemato a giardino. Lungo
nella boscaglia, non sempre è stato possibile stabilire i lati lunghi, il portico era fiancheggiato da due ampi
una continuità funzionale o cronologica con le strut- corridoi, coperti probabilmente con capriata lignea,
ture più vicine, con ovvie conseguenze sull’interpreta- e divisi forse già da questa fase in due navate da file
zione globale di quanto individuato. Ciononostante di colonne.
le indagini presso la villa di Domiziano hanno restitu- Altro elemento saliente della topografia di questa
ito un quadro legato all’occupazione della penisola zona nella prima fase è costituito da una grande ci-
sterna, nota come “Cisterna a Pilastri”, che doveva costruisce invece un curioso edificio di forma quasi 21
costituire la principale riserva d’acqua della villa. circolare, caratterizzato da muri radiali. Si tratta pro-
L’ambiente rettangolare è coperto da 7 volte a botte, babilmente di un odeon o un ninfeo prospettante sul
che s’impostano su file di pilastri unite da piattaban- lago, ma niente di più può essere detto sulla struttura,
de. L’acqua era raccolta da 7 aperture quadrate che giacché sorge in un’area che non è stata ancora og-
attraversano per intero lo spessore delle volte. Non getto di scavo.
ci dilungheremo oltre in questa sede, sul sistema di Nella pars rustica la cisterna a pilastri è foderata lun-
copertura, che tuttavia si segnala per la modernità e go il lato corto a est e lungo il lato nord da murature,
l’arditezza nelle soluzioni costruttive. alle quali, almeno sul lato settentrionale, è addossata
Sul lato occidentale della cisterna furono addossate una serie di ambienti. La presenza di murature di par-
in questa fase una serie di vaschette rivestite di coc- ticolare spessore in corrispondenza degli ambienti
ciopesto e funzionali ad attività di tipo artigianale. più occidentali lascia supporre l’esistenza già in que-
L’acqua risultante defluiva attraverso una canaletta sta fase di un secondo piano, in connessione con la
all’interno di un canale scoperto che correva a ridos- terrazza della cisterna, probabilmente coperto. Pos-
so del corridoio meridionale. siamo inoltre associare a questa fase alcuni pavimenti
Non disponiamo per questa fase di nessun elemento in mosaico, rinvenuti sopra il cocciopesto di rivesti-
utile alla datazione delle strutture, che collochiamo mento della terrazza.
ipoteticamente tra la fine del II e il I secolo a.C. È Per la datazione di questa fase si è rivelato di fonda-
possibile comunque affermare che già in questa fase mentale importanza lo studio dei bolli laterizi rinvenu-
esiste sul promontorio una villa marittima dotata di ti in situ e presso i magazzini della Soprintendenza.
un quartiere riservato alla produzione, appartenente Un dato di particolare interesse è costituito dalla
probabilmente a un personaggio di spicco dell’aristo- rilevante presenza tra i materiali di questa fase di
crazia urbana. Il nome del personaggio non è pur- un bollo laterizio molto particolare (CIL X 6314). Di
troppo noto dalle fonti. questo bollo, ancora fino agli anni ’90 erano noti
Con la seconda fase edilizia, realizzata in opera reti- pochi esemplari, provenienti soprattutto dalla Villa
colata di tufo e con blocchetti di tufo per le aperture di Domiziano al Circeo e da Pompei, ma anche dal
delle porte, abbiamo nell’area Nord la prima atte- territorio di Formia e da Terracina. Lo studio dei ma-
stazione di una domus, che prende probabilmente il teriali custoditi nel magazzino della Soprintendenza
posto di un precedente edificio. Diversi ambienti di ha permesso di accertare la presenza di ben 19 esem-
forma quadrata e rettangolare si dispongono intorno plari provenienti con certezza dall’area nord della
a un ambiente con impluvium centrale per la raccolta villa. Il numero poi cresce fino a 60 esemplari, se si
delle acque. L’ampiezza e l’importanza della strut- considerano anche tutti i bolli laterizi schedati, giunti
tura, così come la sua articolazione interna sono al a noi privi di qualunque indicazione sulla provenien-
momento poco chiari, in assenza di uno scavo che ne za, ma che furono probabilmente recuperati durante
riveli l’intera estensione.
È con la terza fase di vita della villa che le costruzioni si
estendono per la prima volta al di fuori dell’area nord, Fotointerpretazione della villa di Domiziano
e che il sito assume dunque l’aspetto monumentale
che lo contraddistinguerà per i secoli a venire. Le
strutture esaminate, realizzate in filari alternati di cu-
bilia di calcare e tufo e dotate di catene in laterizio,
sono state identificate sia nell’area nord, sia in diversi
punti dell’area centrale e molto diffusamente in tutta
la penisola. L’abbondanza e la dislocazione di questi
elementi testimoniano l’esistenza in questa fase di un
progetto edilizio strutturato e coerente, volto all’occu-
pazione dell’intera penisola.
Nell’area centrale va riferita a questa fase la realiz-
zazione di due grandi strutture, la “Cisterna dell’Eco”
e la “Cisterna di Raccolta”, situate in posizione sopra-
elevata. Le due costruzioni rettangolari sono divise
internamente in due navate da file di pilastri. Erano
alimentate direttamente da un braccio dell’acquedot-
to e dotate di camere di manovra per regolare il flus-
so delle acque, così da servire utenze diverse.
Nell’area nord, gli interventi sembrano focalizzati so-
prattutto a incrementare l’impatto scenografico della
villa e a curarne la decorazione. Nella pars urbana,
è attestato l’inserimento di un grande peristilio, cir-
condato da un portico e accessibile da Ovest attra-
verso un ingresso a pilastri. In prossimità del lago si
22 i restauri della villa. Si tratta di un bollo di estremo datazione, che si colloca quindi, sulla base della se-
interesse per le sue caratteristiche peculiari. La formu- quenza stratigrafica, tra l’età giulio-claudia e l’età
la è, infatti, un unicum nei bolli laterizi. Evidentemen- domizianea.
te si allude a un’opera pubblica, costruita a spese e La quinta grande fase edilizia, che attribuiamo all’età
con materiale di Domizio Calvino. Non bisogna tut- domizianea, è caratterizzata da murature in opera
tavia pensare necessariamente a una deduzione di reticolata di tufo con ricorsi e catene angolari in late-
colonia: è possibile che l’ex console fosse in qualche rizio e comporta un consistente e organico riassetto
modo legato alla produzione laterizia e che avesse di tutta la villa. Si assiste inoltre a un importante rifaci-
fabbricato uno stock di mattoni per destinarlo agli mento dell’apparato decorativo, con impiego diffuso
edifici della colonia o che avesse costruito un’opera di marmi sia per i rivestimenti parietali sia per la rea-
pubblica a proprie spese e con i propri materiali, o lizzazione dei pavimenti.
ancora che avesse donato una figlina cui avrebbero Il progetto prevedeva innanzitutto l’ammodernamen-
attinto diverse civitates. to dell’apparato di adduzione dell’acqua mediante
Al momento non possediamo ancora dati sufficienti l’inserimento di una nuova serie di fistulae di piombo;
a dirimere la questione. In ogni caso, l’abbondanza ne abbiamo la certezza dal momento che quasi tutti
di materiali in quest’area sembrerebbe suggerire un gli esemplari rinvenuti in situ risultano bollati con la
rapporto preferenziale di Calvino con i coloni di Cir- titolatura imperiale. I lavori comportarono quindi la
ceii, rapporto tuttavia non attestato altrimenti dalle trasformazione di tutte le strutture preesistenti che si
fonti antiche. Non possiamo dire con certezza quali prestavano a essere riutilizzate in senso monumenta-
fossero gli interessi di un tale personaggio per il sito le, e la demolizione invece di quelle obsolete o non
della villa di Domiziano. Sappiamo però che si trat- più inseribili nel nuovo progetto di villa imperiale.
tava di un personaggio molto legato all’aristocrazia Nella pars urbana è inserito un piccolo edificio ter-
della tarda Repubblica e in seguito alla casa impe- male completamente rivestito di opus sectile. Sempre
riale. Calvino, infatti, detentore d’importanti comandi in opus sectile sono rivestiti anche gli altri ambienti
militari durante la Guerra Civile, fu molto vicino a Ce- di questo settore della villa, così come la vicina pe-
sare, che lo ricompensò in vario modo. Si legò quindi schiera, che è inoltre dotata di due nuove scalinate
a Ottaviano, sostenendolo contro Bruto e Cassio, e di accesso.
da questi fu inviato come governatore in Hispania, da Nell’area centrale si attribuisce a Domiziano la rea-
dove fece ritorno a Roma nel 36 a.C. lizzazione di una serie di ambienti con pavimento
Alla luce di questi dati appare affascinante ipotizzare in opus spicatum che si addossano alla cosiddetta
che la vera fase di prima monumentalizzazione della “Cisterna dell’Eco” e di cui al momento ci sfugge la
“Villa di Domiziano” sia da attribuire alle necessità funzione, in assenza di uno scavo che ne indaghi la
di fornire una dimora adeguata per Lepido negli anni parte meridionale.
del suo esilio al Circeo. La presenza di Calvino po- Nell’area meridionale sono inseriti in questa fase un
trebbe aver avuto funzione di controllo del triumviro, grande complesso termale, che presenta la canonica
alla morte del quale la villa sarebbe confluita nelle successione di ambienti, e una palestra. Il ritrovamen-
proprietà imperiali. Il record storico non è pieno ab- to di numerosi bolli in situ in quest’area conferma pie-
bastanza da dirci se esistesse davvero tale legame. namente l’attribuzione a Domiziano della struttura,
Tuttavia, se quest’ipotesi fosse confermata, ci trove- probabilmente relativa al periodo conclusivo del suo
remmo di fronte a una ricca e grandiosa villa ma- regno. La realizzazione di un impianto termale così
rittima in mano alla famiglia imperiale già 100 anni lontano dal nucleo principale della villa, rientra per-
prima di Domiziano. fettamente nel progetto imperiale di accrescimento
Più discontinuo, stando allo stato attuale delle cono- degli spazi destinati al passeggio e al relax.
scenze, il tessuto delle strutture pertinenti alla quarta Le ultime fasi di vita della villa, per le quali non di-
fase. Nell’area nord sono realizzati in questa fase sponiamo di elementi utili alla datazione sembrano
importanti interventi di revisione e manutenzione caratterizzarsi per una marcata predominanza delle
dell’impianto idraulico originale. attività di produzione. Nelle diverse aree del sito è
Nell’area centrale è probabilmente da attribuire alla attestato infatti l’inserimento di vasche, legate for-
stessa fase la costruzione della cosiddetta “Cisterna se allo sfruttamento delle risorse ittiche della zona.
delle Navi” rettangolare e a una sola navata, coper- Nell’area sud, in prossimità dell’impianto termale, un
ta da una volta a sesto ribassato, al centro della qua- piccolo ambiente originariamente adibito a ninfeo è
le è un’apertura quadrata per convogliare l’acqua utilizzato ora per la produzione del vetro, come sem-
piovana. brerebbe provare il ritrovamento di numerose scorie
Anche nell’area meridionale si riscontrano, in questa vetrificate, di palline di fritta e di una macina per la
fase, le prime costruzioni. Viene infatti realizzato un frantumazione del vetro.
prospetto a esedre aperto sul lago tramite un fronte In conclusione, al termine di questa panoramica dei
colonnato, probabilmente come parte di un più vasto principali momenti costruttivi, possiamo dire che lo
complesso di natura residenziale, che possiamo im- studio dettagliato delle evidenze ci ha permesso di
maginare proseguisse fino a ricongiungersi con l’area superare la semplice identificazione della villa con
nord. la figura dell’imperatore Domiziano, ampliando la
Non disponiamo per questa fase di elementi utili alla conoscenza delle fasi più antiche e testimoniando
Ricognizione nel bosco una maggiore articolazione di vita del sito, rispetto 23
a quanto ritenuto in passato. Una datazione più pun-
tuale sarà in ogni caso possibile, e noi lo auspichia-
mo, solo con la ripresa di una campagna sistematica
di scavi stratigrafici.

*Milena Crespi, Scuola di Specializzazione in Beni Archeo-


logici, Università del Salento
*Francesco Di Mario, Funzionario Archeologo presso la
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
*Caterina Pane, Laurea in Scienze Archeologiche,
“Sapienza” - Università di Roma
*Valentina Petrucci, Scuola di Specializzazione in Beni
Archeologici, Università del Salento
*Serena Rasori, Laurea in Scienze Archeologiche,
“Sapienza” - Università di Roma
*Diego Ronchi, dottorato di ricerca, Università degli Studi
di Roma “Torvergata”
*Alessia Vivaldi, dottorato di ricerca, Pontificio Istituto di
Archeologia Cristiana

Bibliografia essenziale
Preparazione alle fasi di rilievo nel bosco
T. ASHBY, “Monte Circeo”, in MEFR XXV, 1905, pp. 157-209
G. JACOPI, “Sabaudia. Scavi nella villa di Domiziano in località Palazzo
sul lago di Paola”, in NSa 1936, pp. 21-50
V. LIVI - R. RIGHI (a cura di), “Studi e ricerche sul patrimonio archeolo-
gico del Parco Nazionale del Circeo”, in Atti del Convegno promosso
dall’Ufficio Gestione Beni ex ASFD di Sabaudia in occasione del settan-
tennale del Parco Nazionale del Circeo (Sabaudia, 27 marzo 2004)
G. LUGLI, Forma Italiae, Regio I (Latium et Campania – I: Ager Pompti-
nus, pars II: Circeii), Roma 1928, pp. 65-76
D. RONCHI, “La Villa di Domiziano sul lago di Paola a Sabaudia (Latina):
le nuove indagini presso la zona Nord” in Lazio & Sabina, 8, 2011, pp.
393-401
A. VIVALDI, “Il rilievo dei Balnea ad esedre della Villa di Domiziano sul
Lago di Paola a Sabaudia (Latina), acquisizioni preliminari: le fasi co-
struttive del complesso” in Lazio & Sabina, 9, 2012, pp. 367-374

Notizie utili

Indirizzo: Strada Palazzo, loc. Molella – 04016 Sabau-


Mesh in color vertex da rilievo aerofotogrammetrico dia (LT).
realizzato con drone Ingresso esclusivamente per gruppi organizzati (con
guida propria ogni 25-30 persone max.) su prenotazio-
ne. Per informazioni e prenotazione gruppi: +39 0773
510768; archeoparcocirceo@libero.it. Essendo obbliga-
toria la prenotazione non ci sono tempi di attesa.
L’accesso è gratuito. Orario di visita: ore 8.30-13.30,
dal martedì al sabato e seconda e quarta domenica di
ogni mese. Chiusura: festività religiose e civili nazionali,
festa del Patrono (25 marzo). Informazioni dettagliate
sulle aree sono disponibili on line sul sito istituzionale
della Soprintendenza all’indirizzo:
www.archeolazio.beniculturali.it
ovvero all’indirizzo del sito istituzionale dell’Ente Parco
Nazionale del Circeo:
www.parcocirceo.it/ita_197_Archeostoria.html
24

Veduta della villa di Tiberio a Sperlonga dall’alto

La “spelunca” di Tiberio a Sperlonga dovevano provare i contemporanei dell’imperatore


di Nicoletta Cassieri* Tiberio dinanzi a quella grotta che, in parte
mantenuta allo stato naturale e in parte sapientemente
strutturata, costituiva l’elemento caratterizzante di
Per chi, seguendo la via Flacca da Terracina a una grande villa, oggi comunemente identificata
Gaeta, si lascia alle spalle il borgo di Sperlonga, il con quella posseduta dall’augusto personaggio nel
mare appare d’improvviso largo all’orizzonte tra le golfo di Amyclae. Unica, tra le numerose residenze
isole pontine e il Circeo, a ridosso di un’insenatura sorte dal II secolo a.C. su questo tratto di litorale
chiusa a mezzogiorno da un promontorio roccioso e attribuite dalla tradizione a illustri esponenti
chiamato Ciannito. In questa estrema propaggine dell’aristocrazia urbana e locale (da Cicerone
degli Aurunci si apre un gigantesco antro che non a Mamurra, da Munazio Planco a Faustina), ad
manca di suscitare, nel turista meno distratto, un senso essere uscita dall’anonimato grazie alle sensazionali
di stupore e di inquietudine. Lo stesso stupore che scoperte avvenute nel sito a partire dal 1957.
25

In effetti, quella che si estende a levante del pittoresco caduta improvvisa di alcuni massi provocò la morte
abitato moderno presenta caratteri di singolarità di diversi astanti; egli invece, contro ogni speranza,
senza pari. riuscì a salvarsi. Tacito (Ann. IV,59), appena più
La sua esistenza era nota dagli storiografi antichi circostanziato, situa la dimora tra il mare della
che ricordano una villa denominata “Spelunca” di leggendaria Amyclae e i montes Fundani, ossia gli
proprietà di Tiberio per un drammatico episodio Aurunci. Racconta poi lo stesso incidente precisando
avvenuto nell’ottobre del 26 d.C. Narra Svetonio che Tiberio fu salvato dal praefectus praetorii Elio
(Tib. 39) che l’imperatore, in seguito alla drammatica Seiano, il quale lo protesse col proprio corpo durante
morte del figlio Druso, forse ucciso col veleno in la frana, traendo da questo gesto fiducia illimitata e
un intrigo di corte, decise di allontanarsi da Roma ulteriori onori. Secondo le fonti, l’imperatore però
per rifugiarsi nella sua residenza, qui definita sarebbe rimasto così impressionato da non voler più
anche “praetorium” (palazzo), presso Terracina; tornare a Sperlonga preferendo le residenze di Capri.
e aggiunge che, mentre cenava in una grotta, la L’imponente caverna, ubicata insieme ad altre due
26

Planimetria del complesso residenziale in loc. Angolo e dei resti in loc. Bazzano (elaborazione F. Cioffi)

minori presso il mare, fin dal XVII secolo appare un’adeguata conoscenza archeologica: la limitatezza
legata al nome di Tiberio nelle descrizioni degli delle esplorazioni degli anni Sessanta, circoscritte al
studiosi e dei viaggiatori del Grand Tour. settore sud-orientale, l’interesse preminente rivolto ai
La certezza dell’identificazione è stata raggiunta reperti statuari più che al contesto di appartenenza
però solo alla fine degli anni Cinquanta quando nonché le molteplici trasformazioni subite dall’impianto
alcune indagini di scavo, effettuate all’interno della nella sua secolare durata, fanno sì che sfuggano
cavità maggiore allora utilizzata come ricovero sia i rapporti di carattere topografico con le altre
per barche, condussero al ritrovamento dei famosi testimonianze presenti nella zona, sia quelli cronologici
gruppi scultorei di soggetto epico, che si ammirano e funzionali tra i diversi nuclei edilizi dell’insediamento.
nell’annesso Museo appositamente edificato. Ad oggi sembra certo che la dimora imperiale sia stata
Alla vasta notorietà del complesso non fa riscontro preceduta da una villa tardo-repubblicana dei primi
27

decenni del I secolo a.C. come attestano le murature Le diverse fasi edilizie riconoscibili e i materiali
in opera incerta, la ceramica a vernice nera e la testimoniano un arco di vita che perdura fino
tipologia di alcuni apparati decorativi. È probabile all’età tardo-antica con caratteristiche di vasta
che essa sia pervenuta a Tiberio per via ereditaria proprietà fondiaria amministrata da un fiduciario
dall’avo materno Aufidio/Alfidio, possessore di imperiale, il Procurator Fundis, Formiae, Caietae,
vasti praedia nell’agro di Fondi (Tib. 5), la cui figlia e con occupazioni, non si sa quanto continuative,
aveva sposato un nobile romano, Marco Livio Druso ancora nell’VIII secolo da parte di una comunità
Claudiano: da questa unione nacque Livia, moglie di cristiana insediatasi in un settore della villa che
Ottaviano Augusto (Suet. Cal. 23), il fondatore del adeguò alle proprie esigenze per poi abbandonarla
Principato, che dalle sue prime nozze con Tiberio definitivamente, forse nel IX secolo, sotto la spinta
Claudio Nerone aveva appunto generato Tiberio. delle incursioni saracene. In ogni caso, al tardo
28

La Grotta in un disegno “ad acqua tinta” di Carlo Labruzzi, 1814

Impero e oltre, è riconducibile una notevole quantità sabbia o sommersi dal mare, posti lungo allineamenti
di lucerne a canale e di vasellame da mensa in precisi che delimitano grandi ambienti. Alcune delle
ceramica sigillata, entrambi di produzione africana strutture potrebbero appartenere a un impianto
(IV-VII secolo d.C.) dove, accanto ai consueti motivi termale edificato in prossimità della spiaggia,
geometrici e figurati, compare un’ampia gamma di dislocazione non infrequente nelle ville marittime della
temi e simboli del repertorio cristiano. costa tirrenica, come suggeriscono i numerosi avanzi
Dal punto di vista tipologico il complesso costituisce nel murari foderati di cocciopesto, forse da identificare
territorio pontino una delle più significative espressioni con vasche, emergenti dal terrapieno retrostante.
di architettura privata e il primo esempio di “villa Al balneum apparteneva una pregiata vasca ovale
maritima” propriamente detta, caratterizzata cioè di alabastro decorata sulla fronte da due protomi
dalla stretta connessione con il mare, dalla presenza ferine, confrontabile con manufatti analoghi utilizzati
di peschiere e di un porticciolo o, almeno, di un molo in piena età imperiale (II-III secolo d.C.) soprattutto
di attracco. Dai resti attualmente visibili, si ricostruisce nei tepidaria.
un impianto distribuito su vari livelli, raccordati da
scale e piani inclinati, con gli edifici disposti in modo C) nell’area scavi i ruderi si dispongono su due livelli:
da offrire scorci panoramici e prospettive ottiche in quello superiore, i primi visibili dal viale di accesso
assai varie secondo uno schema aperto al paesaggio sono relativi a un piccolo quartiere triangolare, il
e pienamente inserito nell’ambiente circostante. più alterato dall’insediamento tardo-antico, come
Le strutture consistono in tre diversi nuclei distribuiti indicano i molteplici rifacimenti di fattura grossolana,
su un’ampia superficie che si estende dal pendio sovente eseguiti con materiali di recupero, quali
collinare fino alla battigia occupando quasi metà il rozzo muro di confine che doveva delimitarlo
della spiaggia denominata l’ “Angolo”: verso monte. Tale settore edilizio, differenziato per
allineamenti e cronologia dal rimanente contesto
A) gruppo di ruderi in opera incerta a monte residenziale, comprende vani di limitate dimensioni ed
dell’odierna strada Flacca, che compongono eterogenei nel disegno planimetrico, di problematica
diversi ambienti paralleli rivestiti di cocciopesto, identificazione.
forse identificabili con un sistema di cisterne per
l’approvvigionamento idrico. Sulla platea superiore Le trasformazioni finali di questo settore vanno
è stato ipotizzato un piccolo edificio adibito a a interessare strutture, già modificate nel II-III
“belvedere”. Questo corpo edilizio, da riferire secolo d.C., che, nella configurazione di prima
all’iniziale fase tardo-repubblicana, venne in età imperiale, erano servite da un lungo corridoio
seguito modificato con murature in opera reticolata obliquo in opera reticolata di calcare: su un suo
e raccordato, mediante una rampa in laterizi, a un ideale prolungamento verso ovest, tale passaggio,
quartiere sottostante della villa. escludendo il vicino cortile quadrangolare, sembra
connettere direttamente questa parte della villa a
B) resti assai deteriorati lungo l’arenile, su una fronte un settore prossimo al mare ancora inesplorato.
lunga oltre 300 m, per la gran parte affioranti dalla All’estremità orientale dell’area rimangono invece
le tracce di una scala in laterizi che, assecondando Scodella in sigillata con figura di “santo”, con la croce e 29
la morfologia del terreno, termina a ridosso della vestito di dalmatica. Prima metà VI secolo
balza montuosa. L’evidente mancanza di ogni
funzionalità e, viceversa, la presenza di cocciopesto
che riveste tanto i gradini quanto le pareti laterali,
inducono a ritenere che essa facesse parte della
monumentale sistemazione architettonica delle
pendici del promontorio, in questo tratto forse
movimentata da zampilli e giochi d’acqua, come
conferma l’esistenza di un lungo canale di raccolta.
Alla stessa quota, il vasto cortile occupa probabilmente
il luogo dell’iniziale impianto tardo-repubblicano. Esso
è il risultato del radicale intervento di ristrutturazione
eseguito in età augusteo-tiberiana che determinò
l’edificazione di una duplice o anche triplice fila di
ambienti, sviluppati su due piani che, a loro volta,
subirono fino alla tarda antichità un’ininterrotta
sequenza di adattamenti sì da renderli oggi di difficile Lucerna di produzione africana con cristogramma e medaglioni
lettura. Quasi del tutto scomparso è invece il portico riproducenti moneta di Teodosio II (402-450 d.C.)
con colonnato in muratura che precedeva i locali
lungo il perimetro interno. Quanto alla destinazione,
è probabile che vi si debba riconoscere un quartiere
di servizio, con ambienti di lavoro, alloggi e depositi
per gli addetti alla gestione quotidiana del complesso.
Accanto ai vari cubicula, anonimi e ripetitivi, oggi
privi di piani pavimentali e di qualsiasi rivestimento
alle pareti, si individuano nell’angolo sud-ovest
i resti di una latrina (forica) con il pavimento in
spicatum, collegata tramite un condotto a un
vicino collettore idrico e, sul lato nord, un piccolo
impianto termale, ricavato in una fase tarda della
villa, composto dai due ambienti essenziali del
frigidarium e del caldarium, quest’ultimo con tubuli

Area della villa. Sullo sfondo, il borgo di Sperlonga


30 inseriti nelle pareti e suspensurae sotto il pavimento.
Il praefurnium è situato in un minuscolo vano
adiacente ove era probabilmente collocata anche
la caldaia per l’acqua. Alle spalle di questo corpo
di fabbrica si sviluppano altri ambienti affacciati su
un lungo corridoio, anch’essi in seguito largamente
rimaneggiati, mentre sul lato opposto si allinea
una serie di stanze, di cui una dozzina pressoché
identiche per pianta e dimensioni, con varco
d’accesso decentrato rispetto all’asse mediano,
tutte addossate a un comune muro di fondo che
svolgeva anche la funzione di sostegno di questo
livello della villa separandola nettamente da quello
inferiore. A causa della scarsa consistenza in elevato,
la specifica destinazione d’uso dei locali non è
chiara; risulta tuttavia evidente da molti dettagli il
loro carattere di servizio che è stato variamente
identificato: secondo un ultimo studio, che riconosce
nel quartiere la caserma dei pretoriani, si tratterebbe
delle stalle per i cavalli della guardia imperiale.
Alla quota più bassa, coincidente con quella del mare,
si sviluppa la zona della Grotta e dei triclini estivi che fu
in massima parte espressione del grande rifacimento
di prima età imperiale, come testimonia il largo
impiego di opera reticolata di tufo nell’edificazione
di spazi inediti in grado di soddisfare le esigenze
d’otium dei proprietari. Il nuovo quartiere vide,
oltre alla rielaborazione “strutturale” di due delle
cavità naturali (dette “grotticella minore” e “grotta Testata del portico. Ninfeo a facciata. Nicchie con rivestimento di mo
maggiore”) e all’impianto di un articolato sistema di muratura in opera reticolata
peschiere, la creazione di un lungo doppio portico,
ancora sconosciuto nell’intera estensione, composto Testata del portico. Ninfeo a facciata. Prospetto architettonico. Ultima
da due ambulacri affiancati e sorretto da pilastri
nella facciata meridionale verso il mare, che ben
rispondeva alla richiesta di ambulationes finalizzate
alla salubritas e al godimento del paesaggio in ogni
stagione dell’anno, tema centrale nella cultura romana
tra il I secolo a.C. e il I d.C. La testata orientale della
porticus mostra i resti di un allestimento architettonico
di particolare effetto scenografico che subì diverse
modifiche oggi solo in parte riconoscibili.
Inizialmente la parete rocciosa di fondo venne
trasformata in un prospetto formato da un ordine
di piccole nicchie rettangolari alternate ad altre
semicircolari di maggiori dimensioni, e da una
sottostante struttura in reticolato che ne costituiva
una sorta di podio decorato da una cornice
modanata. Tale apprestamento, riferibile a un
ninfeo che si sviluppava per circa 8 m di lunghezza,
è sopravvissuto solo in parte: infatti, la metà
meridionale che doveva comprendere nicchie non
ricavate nella roccia ma costruite in muratura, è
andata perduta sia per la franosità della rupe che
per gli impropri utilizzi del sito nel corso dei secoli.
L’impianto era interamente ricoperto da una vivida
decorazione musiva, poco conservata. Un recente
intervento di pulitura ha messo per la prima volta
in evidenza tale rivestimento ottenuto con materiali
eterogenei: tessere di blu egizio, vetro, paste vitree
e marmi colorati, oltre a zone in “finta roccia” in
tritume di pietra pomice. Per sottolineare le cornici
31

osaici e conchiglie e sottostante


Testata del portico. Ninfeo a facciata. Nicchie con rivestimento di mosaici e conchiglie. Particolare

a fase Testata del portico. Ninfeo a facciata. Tralcio vegetale con bacche sovradipinto
32 Corpo di fabbrica della coenatio
e i bordi dei campi decorati vennero impiegati Ancora da approfondire è la decorazione delle 33
gusci di conchiglie, soprattutto cardium edule, strutture che si sviluppano tra questo nucleo
allettati su uno strato di intonaco di colore rosso e architettonico e la “grotticella minore”, la cui apertura
contornati da tesserine di marmo bianco, secondo appare preceduta da due ali simmetriche che, al di
una moda molto diffusa nel Lazio centro-meridionale sopra di una tribuna impreziosita da pannelli musivi,
e in Campania a partire dalla tarda Repubblica. si articolano in nicchie alternate a semicolonne rifinite
I piedritti e la superficie interna delle nicchie in stucco. Anche qui il rivestimento in tessere e filari
presentano pannelli a fondo blu o verde con motivi di conchiglie, spesso sovrapposti in due o più strati
figurati di prevalente gusto naturalistico (crocette a causa di riparazioni e rinnovamenti successivi,
o fiori, palmette ecc.). Piccoli elementi scultorei, venne applicato in maniera estensiva, evidentemente
poggianti sulle basette addossate ai pilastrini divisori continuando a incontrare il gusto della committenza.
tra le nicchie e all’angolo superstite, contribuivano ad Stando alle ultime acquisizioni, è probabile che le
arricchire ulteriormente tale policromo insieme. Nella squadre di esperti musivarii, forse di provenienza
fascia alta della muratura si svolgeva sul fondo blu campana, abbiano sperimentato nella villa della
egizio un fregio di piccoli fiori in tessere gialle e turchesi, “Spelunca” soluzioni tecniche innovative e il precoce
racchiuso tra un filare di conchiglie e due file di tessere impiego su larga scala delle tessere vitree, in
per lato, oggi quasi del tutto mancante. Preziosi tocchi concomitanza con le prime attestazioni del nuovo
di colore purpureo venivano conferiti alla cornice gusto ornamentale offerto dalle grotte tiberiane di
del fregio da alcune tessere di un particolare vetro Capri, in particolare quella dell’Arsenale.
rosso opaco, considerato uno dei materiali antichi più Oggi possiamo avere solo una pallida idea dello
pregiati e un interessante indicatore cronologico dato splendore e della vastità di tale apparato decorativo,
il suo utilizzo in un arco di tempo ben definito tra la dove scintillanti superfici a mosaico interessavano
prima metà del I secolo a.C. e gli anni 50-60 d.C. quasi senza interruzioni le pendici del Ciannito
Tale assetto era preceduto a poca distanza (m fino alla punta, foderando rientranze e sporgenze
0.75) da una struttura architettonica composta opportunamente sagomate, rocce naturali e murature
da pilastri intonacati di rosso collegati tra di artificiali, in cui si moltiplicavano in un gioco infinito i
loro da un basso muro con ripiano marmoreo. riflessi della luce.
Attraverso questa costruzione, con un effetto di La piccola grotta naturale venne trasformata in
sfondamento della parete, si scorgeva il sistema un’aula rettangolare, con copertura a botte e
delle nicchie nella loro esuberanza cromatica, del muri in reticolato di tufo, illuminata da un’unica
tutto conforme al gusto dominante per le scenografie finestra che si apriva sopra la porta di ingresso. A
illusionistiche. Lo schema risultante sembra quello di terra, è un fine tessellato monocromo bianco, mai
un ninfeo del tipo “a facciata”, piuttosto diffuso in rinnovato. Sull’ampio soffitto gli elementi superstiti
ambiente italico anche nelle case private. di blu egizio, vetro, paste vitree e talvolta marmo,
In una fase successiva, gli spazi tra i pilastri vennero insieme alle impronte lasciate dalle tessere cadute,
chiusi ottenendo in tal modo 5 grandi nicchie rivelano che la volta era completamente ricoperta da
rettangolari: la precedente partitura era di fatto mosaico policromo incorniciato dai consueti filari di
obliterata. L’intero apprestamento, comprese le pareti conchiglie annegate nello strato di intonaco rosso. Di
laterali, ricevette allora un’omogenea decorazione esso rimangono purtroppo solo pochi residui della
pittorica costituita da un alto zoccolo nero su plinto cornice che riquadrava la zona centrale andata
rosso e da una soprastante zona di colore giallo. In completamente perduta. Le caratteristiche tecniche
facciata, pilastri gialli interrompevano la zoccolatura della stesura, la scelta dei materiali e il repertorio
nera, mentre sui lati essi erano resi in parte attraverso iconografico indicano chiaramente che i rivestimenti
la pittura. Su due riquadri scuri il restauro ha del “ninfeo” e della “grotticella” appartengono a un
evidenziato un tralcio vegetale con bacche rosse e unico programma decorativo messo in opera dalle
un altro con margherite, riconducibili al IV stile per i maestranze che lavorarono nella villa nei primi anni
numerosi confronti con contesti di Pompei restaurati del I secolo d.C.
dopo il terremoto del 62 d.C. Come termine ultimo Sulla volta la decorazione musiva venne mantenuta
della caduta in disuso del prospetto a nicchie è da a lungo, mentre sulle pareti e nelle lunette fu
considerare l’inizio del periodo flavio, o qualche progressivamente sostituita dalla pittura. L’odierno
anno prima, quando vennero certamente eseguiti stato di compromissione del vano non consente di
nella villa lavori manutentivi e di ridecorazione. riconoscervi alcun motivo ornamentale: tuttavia,
Invece, il rivestimento in mosaico e conchiglie, per la soprattutto nella parete di fondo è stata accertata
presenza di tessere di vetro, è da collocare al più l’importante presenza di bastoncini ritorti in pasta
tardi in età tiberiana. vitrea di cui si conferma anche a Sperlonga l’uso
La suggestiva sistemazione, che si manifestava come elementi di finitura dei pannelli musivi. Le scarse
al termine del portico ombroso, componeva un testimonianze pittoriche superstiti mostrano motivi
ambiente, non si sa se scoperto, dotato di un unico piuttosto comuni e poco indicativi sotto l’aspetto
accesso e forse di finestre sulla parete sud, adibito a cronologico che comunque sembrano orientare verso
gradevole luogo di sosta, all’accoglimento di ospiti l’età neroniano-flavia.
ed eventualmente al consumo di pasti. Il viale di accesso alla “grotticella minore” costeggia
34 Planimetria del quartiere “a mare”

un ampio bacino alimentato da polle di acqua dolce dell’Antro attraverso alte aperture strombate. Qui,
e da acqua marina, il cui sviluppo planimetrico è tra i locali conservati di modesta ampiezza, spicca
oggi difficilmente ricostruibile. Su di esso prospettano un ambiente con affreschi alle pareti e un pavimento
le imponenti strutture della cosiddetta coenatio in cocciopesto ancora di età repubblicana, abbellito
riconducibile per la tecnica in opera incerta alla fase da un riquadro centrale con disegni geometrici
iniziale della villa. in tesserine bianche di calcare. Altri vani sono
L’impostazione assiale, in parte divergente da quella pavimentati in spicatum o in semplice cocciopesto.
del cortile, denota che, già nell’impianto tardo- Nel generale intervento di ristrutturazione, anche
repubblicano, la visione della Grotta costituiva la questo padiglione non rimase esente da modifiche
ragion d’essere di questo organismo architettonico. che riguardarono la realizzazione di nicchie sul lato
Esso si sviluppava su due piani con vari ambienti del basamento prospiciente la Grotta e di una cucina
di diverse dimensioni: i maggiori dovevano essere (culina) per la preparazione dei cibi con il bancone
destinati a sale da pranzo dotate di ampie finestre per la cottura sostenuto da piccoli spazi voltati.
attraverso le quali la vista poteva spaziare a tutto A sud-est della coenatio si apre la celebre “spelonca”
orizzonte. L’esistenza di molteplici triclini in una che fu trasformata in un sontuoso ninfeo-triclinio
stessa residenza utilizzati a seconda delle stagioni è diventando parte integrante della residenza.
ben documentata dalle fonti: Plinio il Giovane, per L’ingresso si inseriva in un prospetto architettonico
esempio, nella sua villa di Laurento aveva una coenatio – una sorta di grandioso frontescena teatrale – che
molto apprezzata che si protendeva sulla spiaggia ed fasciava la rupe fino a notevole altezza e che era
era delimitata su tre lati dal mare. Anche alla quota funzionale e decorativo al tempo stesso. Sopravvivono
inferiore, il piano di calpestio sopraelevato rispetto al solo esigui avanzi di questa quinta scenografica a
livello di campagna, permetteva una veduta radente causa dei ripetuti smottamenti delle rocce: un’ampia
35

“Grotta maggiore” e antistante specchio acqueo

“Grotta maggiore” e vasca circolare interna


36

“Grotta maggiore” e antistante sistema di peschiere

esedra semicircolare al di sopra dell’entrata e alcune dettagli costruttivi e i dispositivi idraulici, oggi la
murature ubicate a mezza costa su entrambi i lati sua comprensione presenta parecchi aspetti non del
ma soprattutto a destra dove compongono un breve tutto chiari. Ad ogni modo, l’ottimale dislocazione
ambulacro coperto a volta, interamente intonacato. presso la battigia e la presenza di sorgenti di acqua
L’Antro, composto da uno spazio centrale (diam. dolce rispondevano in pieno ai precetti di Columella
ca. m 30) e da due profonde appendici laterali (m e di Varrone per ottenere la massima efficacia
25 e m 12), è preceduto da un articolato sistema di produttiva. Tuttavia, se paragonato ad altri impianti
piscinae, di diversa forma e comunicanti tra di loro, di allevamento della zona, l’aspetto utilitario risulta
in cui si deve riconoscere uno di quei costosi impianti alquanto marginale rispetto all’intento scenografico
per l’itticoltura pregiata, cari ai ricchi proprietari che è alla base della concezione d’insieme.
delle ville del litorale medio-tirrenico. Persi molti Il sistema è composto da un grande bacino circolare
37

che occupa quasi tutta l’abside della Grotta, La metà anteriore dalla forma a U poteva essere
collegato di lato con una vasca più piccola ovale e, usata come triclinio estivo, opportunamente allestito
anteriormente, con una rettangolare esterna. e raggiungibile con piccole imbarcazioni o tramite
Al centro di quest’ultima sorge una struttura pontili lignei, eventualmente rimovibili, anche per il
“insulare” nelle cui pareti sono inseriti fondi d’anfora disbrigo della mensa da parte del personale addetto.
come ricettacolo per i pesci contro il calore. Essa La superficie abbastanza limitata risponde al carattere
è ripartita in due settori, di cui quello posteriore è intimo ed esclusivo del banchetto cui era ammesso
a sua volta suddiviso in 4 scomparti collegati da solo un ristretto numero di commensali. Nell’ala
aperture munite di scanalature entro cui scorrevano le anteriore sinistra (cornu sinistro) del triclinio si è
saracinesche metalliche (cataractae) che impedivano proposto di riconoscere il posto d’onore riservato al
la mescolanza delle specie ittiche. dominus che, da questa posizione, poteva ammirare
38 la visione della Grotta nel suo splendore di luci, una serie di interventi:
rivestimenti marmorei, mosaici e grandiose sculture. - nella cavità principale, realizzazione della grande
La monumentalizzazione della caverna (un vasca circolare che, al momento dello scavo, si
vero antrum Cyclopis) avvenne probabilmente rivelò costipata dei resti dell’arredo scultoreo,
in occasione di un evento particolare da alcuni frantumati intenzionalmente. Il piano circostante
identificato con la collocazione del ciclo statuario venne pavimentato con spesse lastre di marmo;
raffigurante episodi dell’epos omerico, che - nell’appendice nord-orientale, creazione di un’aula
aggiunse ulteriore fasto alla suggestione del luogo. semiellittica anch’essa lastricata in bardiglio e
Al centro della piscina circolare fu ubicato il circondata da una bassa banchina rivestita di
gruppo di Scilla; sul fondo della cavità destra mosaico in tessere vitree. La sua destinazione è
quello dell’accecamento di Polifemo, mentre discussa: secondo alcuni studiosi fu utilizzata come
negli apici che dividono la piscina circolare da sala triclinare, quella in cui avvenne il famoso crollo,
quella rettangolare trovarono posto il gruppo e/o come luogo di rappresentazioni musicali e
di Ulisse e Diomede e il cosiddetto “Pasquino”. teatrali, cui alluderebbero le tre maschere marmoree
In quest’epoca l’utilizzo di grotte e ambienti qui rinvenute, ovvero – secondo un’ultima ipotesi
sotterranei naturali per ricavarvi freschi triclini estivi – come spazio destinato ad accogliere un quinto
era ormai consolidato. Anche nella regione pontina gruppo scultoreo. In un retrostante anfratto della
tali apprestamenti non dovevano essere infrequenti: roccia fu ricavato un piccolo ambiente composto
è probabile che Strabone possa aver alluso da tre nicchie rettangolari che ampliano uno spazio
all’allestimento della villa sperlongana quando, centrale coperto da volta a crociera ribassata. Il
descrivendo nella sua Geografia (18-23 d.C.) il golfo pavimento delle nicchie è in tessellato di minute
tra Terracina e Formia, cita “gigantesche caverne che tessere bianche incorniciate da due sottili fasce nere,
hanno accolto grandi e magnifici alloggi” (V,3,6). diffuso dall’età augustea. Sulle superfici verticali la
D’altra parte, va ricordato che la disposizione di decorazione si articolava in campi sovrapposti che
composizioni marmoree entro uno scenario naturale riproducevano la canonica tripartizione della parete:
o appositamente creato sembra rifarsi a esperienze come si osserva nella nicchia di destra, la meglio
rodie di epoca ellenistica e, proprio nell’isola egea, conservata, il rivestimento, realizzato in tessere di
Tiberio aveva soggiornato a lungo tra il 6 a.C. e il 2 d.C. vetro e di marmo, è costituito da un plinto di colore
Per il raggiungimento della grandiosa scenografia gli scuro e da due soprastanti pannelli incorniciati dai
abili architetti chiamati a lavorare nel sito eseguirono soliti gusci di conchiglie. Ognuno dei riquadri della

Ricostruzione dei gruppi scultorei nella Grotta: A) Cd. Pasquino. Ulisse e Achille; B) Scilla; C) Ratto del Palladio; D) Ganimede
39

Cubicolo interno alla “Grotta maggiore”. Decorazione di una parete in mosaici e conchiglie prima e dopo l’intervento di
restauro. Età neroniano-flavia

Pannello musivo distaccato in tessere di vetro. Età neroniano-flavia


40 parte inferiore presenta un cespo di foglie allungate,
rese in tre tonalità di verde, che trovano un diretto
confronto nelle pitture parietali di III e soprattutto di
IV stile. In alto correva una modanatura aggettante
riccamente decorata. Anche per i materiali impiegati
questo apparato ornamentale è da ricondurre ai
primi decenni della seconda metà del I secolo,
epoca cui potrebbero appartenere anche alcuni
pannelli musivi a suo tempo distaccati e ora esposti
nel Museo. Non mancano però, pure in questo vano,
sopravvivenze di una più antica fase decorativa,
dominata dall’impiego di blu egizio, che fu messa
in opera al momento della sistemazione originaria
dell’anfratto e dunque quasi cinquant’anni prima;
- nell’appendice sud-orientale, regolarizzazione delle
diverse quote attraverso la costruzione di un podio
su due livelli, coperto nella parte anteriore da un
contromuro a nicchie, su cui fu sistemato in diagonale
il gruppo di Polifemo. Il piano superiore, pavimentato
anch’esso con lastre marmoree, era attraversato da
un canale che convogliava le acque sgorganti dal
fondo della cavità nella vasca circolare;
- rivestimento delle nuove murature con pomici e
stalattiti tinte in rosso o in colore ocra a imitazione delle
superfici naturali per dissimulare l’intervento costruttivo; Resti in opera reticolata tra gli scogli a sud–est della
- su ciascun lato dell’apertura, creazione di 5 sedili “Grotta maggiore”
semicircolari forse per gli ospiti di riguardo, in origine
rivestiti di fine intonaco chiaro;
- all’ingresso dell’Antro, sagomatura di una roccia Rapimento di Ganimede. Marmo pavonazzetto. I secolo d.C.
a forma di una prua di nave che sembrava fendere
le onde, posta com’era in un’invasatura in cui
scorreva dell’acqua, recante un riquadro a mosaico
con la scritta Navis Argo P H, palese riferimento
al mito degli Argonauti, conservato nel Museo.
Il fastoso allestimento scultoreo era completato da
ulteriori opere alcune delle quali, di epoca più tarda,
attestano come il patrimonio ornamentale fosse stato
incrementato dai successivi proprietari della villa.
In alto, sull’estradosso dell’entrata, su una base in
muratura era installata la statua di Ganimede rapito
dall’aquila di Zeus, di controversa datazione, oggi
sostituita da una copia.
Oltre l’attuale area di visita, diverse strutture in
opera quasi reticolata impostate tra gli scogli e la
roccia, spesso rivestita di cocciopesto, suggeriscono
un’estensione della residenza verso sud-est; qui,
nell’antistante tratto di mare, agli inizi del Novecento
fu rinvenuta una statua marmorea di Andromeda
incatenata alla rupe, in attesa di essere liberata
dall’eroe Perseo (I secolo d.C.) che, verosimilmente,
dava vita a una delle tante composizioni plastiche
di ambientazione naturalistica così apprezzate dai
Romani.
Se l’esame del complesso monumentale trova al
momento forti limiti nella parzialità degli scavi, gli
approfondimenti futuri non potranno prescindere
dall’analisi della villa di Bazzano sul versante opposto
del Monte Ciannito (D nella pianta generale), risalente
nel suo nucleo originario alla fine II - inizio I secolo
a.C. che, presto confluita nel demanio imperiale,
potrebbe avere avuto – almeno per un periodo
– strette connessioni col nostro impianto: è stato 41
suggestivamente ipotizzato che lì avesse alloggio il
seguito di Tiberio o addirittura che essa costituisse
l’organismo residenziale della “Spelunca”, lasciando
al complesso della Grotta la funzione di dilettevole
triclinio estivo e di quartiere di servizio.

Il Museo

Le vicende che portarono alla sua costruzione e la


tipologia della raccolta archeologica, caratterizzata
dalla provenienza dei reperti da un unico sito – il
complesso della villa – rendono il Museo di Sperlonga
una realtà atipica nel quadro degli istituti museali
della regione.
Lo stato di frammentazione in cui furono rinvenute le
opere nel grande bacino della Grotta alla fine degli
anni Cinquanta richiedeva un meticoloso lavoro di
studio, catalogazione e ricomposizione che non
poteva essere svolto sul posto. La monumentalità
delle sculture, la presenza di mostri anguiformi,
il dinamismo di alcune figure e, soprattutto, il
ritrovamento di un’iscrizione greca menzionante
i nomi di Hagesandros, Athanodoros e Polydoros
di Rodi, già citati da Plinio (Nat. hist. XXXVI,37)
come i “sommi artisti” del celebre Laocoonte (Musei
Vaticani), rinvenuto nel 1506 sul colle Oppio nell’area
Testa di Ganimede. Marmo I secolo d.C. del Palazzo di Tito, avevano reso evidente da subito
l’eccezionalità della scoperta. La decisione di trasferire
i marmi a Roma assunta dall’allora Soprintendente
Giulio Iacopi suscitò però una tale opposizione da
parte della comunità locale, che non esitò a mettere
in atto forme di energica mobilitazione, da trovare
risonanza anche nella stampa nazionale. Dinanzi
alla fermezza degli sperlongani, alle autorità non
restò che considerare una soluzione in loco affidando
all’ingegnere Giorgio Zama il progetto di costruzione
del Museo. L’onere dei lavori venne assunto in parte
dal Ministero della Pubblica Istruzione/Direzione
Generale Antichità e Belle Arti e, in misura maggiore,
dalla Cassa per il Mezzogiorno. Il nuovo istituto, il
primo statale nella provincia di Latina, fu inaugurato
il 26 novembre 1963, esattamente cinquant’anni fa.
La struttura architettonica, a pianta romboidale
frastagliata e su livelli differenziati, venne concepita
in stretta connessione con i pezzi rinvenuti e con le
conoscenze allora raggiunte dal paziente restauro.
Col tempo, l’edificio è stato progressivamente
adeguato alle esigenze di fruizione e di organica
esposizione delle ulteriori acquisizioni scaturite sia
da nuove scoperte che dalla interpretazione delle
sculture. Epicentro della raccolta museale e degli
studi sono i 4 gruppi marmorei raffiguranti le imprese
di Ulisse a Troia e le peregrinazioni del nostos, la
cosiddetta “Odissea di marmo”, tutti prodotti da una
stessa bottega. Se dopo lunghi dibattiti ogni dubbio
sembra ormai dissipato sulla loro dislocazione
all’interno dell’Antro e sull’individuazione dei
soggetti, è ancora viva la discussione sulla cronologia
e l’origine dei reperti. Rimane aperta, infatti, la
42 questione nodale se ci si trovi dinanzi a originali fondata dai Laconi, tra la vicina Formiae, l’omerica
greci ellenistici, a copie o varianti di essi o a più tarde terra dei Lestrigoni, e l’isola di Eea, il favoloso regno
composizioni eclettiche ideate espressamente per la di Circe dove Ulisse aveva affrontato una delle più
decorazione della caverna, e di conseguenza con pericolose avventure.
una datazione oscillante tra il periodo medio-tardo Numerose altre opere d’arte si affiancavano al
ellenistico e l’età flavia (II/I secolo a.C. - I secolo ciclo scultoreo, come il Ganimede posto in alto
d.C.). Un contributo decisivo non proviene nemmeno a coronamento dell’ingresso, o l’Andromeda
dalla firma degli autori - peraltro di incerta datazione incatenata, forse aggiunte posteriori, componendo
- presente sul gruppo di Scilla visto che a Rodi, uno un vero “paesaggio di statue”. Oltre un secolo più
dei centri culturali più attivi del Mediterraneo, in tardi un tale Faustinus, forse un amico del poeta
questa famiglia di famosi artefici, i nomi, in specie Marziale o forse un ospite occasionale, compose
quelli tradizionali, sono ricorrenti e si trasmettono alcuni esametri che esaltavano la magnificenza del
di nonno in nipote ponendo inestricabili problemi complesso scultoreo e che nella loro relativa modestia
identificativi. Una parte degli studiosi, persuasa lasciano trapelare accenti di genuina meraviglia.
che le sculture siano degli originali, ritiene che non Versi che, databili tra l’età augustea e il II secolo
possano essere state eseguite oltre gli inizi dell’età d.C., hanno costituito una testimonianza preziosa per
augustea, visto che da questo periodo a Rodi cessano l’identificazione dei soggetti raffigurati.
i documenti epigrafici che riguardano gli artisti Del ciclo scultoreo senza dubbio il più stupefacente
facendo presumere la fine dell’attività dell’atelier. per monumentalità e virtuosismo tecnico è il gruppo
Su questa linea, altri ipotizzano che gli scultori più di “Scilla che assalta la nave di Ulisse”, ad oggi
famosi emigrarono a Roma dopo la conquista e il la più grandiosa trasposizione nella scultura a
saccheggio dell’isola egea nel 43-42 a.C. operato tutto tondo dell’episodio omerico pervenutaci
da Cassio, che provocò la decadenza di numerose dall’antichità. Proprio la straordinaria complessità
botteghe e dunque riferiscono i gruppi sperlongani della composizione marmorea, articolata su numerosi
alla primissima età augustea (40-20 a.C.); altri livelli a diverse profondità, unita alla frammentazione
ancora li considerano ugualmente degli originali, dei resti, ha reso particolarmente difficoltoso il
ma eseguiti tra l’età di Claudio(41-54) e quella di restauro. Nel XII libro dell’Odissea (vv. 245-259),
Nerone (54-68). Infine, alcuni esegeti sostengono Ulisse racconta alla reggia di Alcinoo il drammatico
che si tratti di copie di originali ellenistici bronzei assalto del mostro, che emergeva da una caverna a
probabilmente ammirati dallo stesso Tiberio nei suoi metà di una rupe a sterminio dei naviganti, di fronte
viaggi in Oriente e da lui commissionate a espertissimi a Cariddi, in cui aveva perso 6 compagni, “i più
maestri per l’allestimento della “Spelunca”. vigorosi”. Sebbene la maggior parte della figura
Certo è che in Italia le basi di statue recanti il nome sia mancante, è probabile che Scilla, in conformità
di questi artisti sono numerose tanto da rendere con la tradizione iconografica medio-ellenistica,
verosimile che i più apprezzati abbiano preferito avesse le sembianze di una creatura marina che
lasciare la loro terra per trasferirsi nella Penisola dove abbinava un torso di donna a una cintura di 6 cani
lavorarono intensamente per la nuova committenza azzannanti e due terminazioni serpentine. La nave,
tra Roma e la Campania nella prima età imperiale, presente per la prima volta rispetto agli altri gruppi
soprattutto in contesti riconducibili a Tiberio. noti, è simbolicamente rappresentata dalla poppa
Indubbia sembra l’unitarietà del programma con il suo ornamento curvo in alto. Da qui sporge
scultoreo dell’Antro sotto l’aspetto stilistico e la tavoletta iscritta con i nomi degli autori, cui gli
concettuale. La particolare esaltazione di Ulisse esegeti attribuiscono anche i gruppi non firmati.
potrebbe trovare una ragionevole spiegazione non Del busto, andato distrutto nell’Ottocento, si
soltanto nell’interesse intellettuale di Tiberio per la conservano solo pochi frammenti, la mano destra
cultura ellenica, ma nella precisa volontà di celebrare che afferra la testa del nocchiero e la sinistra
il mitico progenitore della sua casata, la nobile e che probabilmente stringeva il timone strappato
antichissima gens Claudia, originaria di Tusculum, dall’imbarcazione.
che riportava la propria discendenza a Telegono, Nel groviglio di spire anguiformi, uomini e belve,
nato dall’unione dell’eroe di Itaca con la maga Circe. si individuano 5 compagni di Ulisse a mezz’aria o
Per essa rivendicava un ruolo almeno pari a quello già caduti in mare, azzannati o stretti dalle code, in
della gens Giulia - di cui era entrato a far parte nel movimento esagitato nell’inutile tentativo di salvarsi.
4 d.C. dopo essere stato adottato da Augusto come L’ultima vittima è il vecchio pilota, agguantato per
figlio e successore al trono - che invece si riferiva i capelli dal mostro proprio quando la nave ha
al troiano Enea. Nei marmi sperlongani dunque si quasi superato la caverna. Il viso è una maschera
estrinsecava in dimensione eroica l’autocelebrazione segnata dall’orrore; per la forza d’inerzia il corpo,
della committenza imperiale nel solco della ormai privo di equilibrio, è schiacciato contro la
propaganda dinastica avviata dallo stesso Augusto. poppa mentre le gambe vengono sollevate in aria.
È altrettanto vero che il colto e raffinato Tiberio non L’intensa drammaticità della figura risultava in origine
poteva sottrarsi alla forte suggestione evocativa del ulteriormente enfatizzata dalla policromia. Indubbie
paesaggio in cui il luogo si inseriva, in quel tratto di affinità stilistiche con il personaggio di Laocoonte,
costa dove veniva collocata la leggenda di Amyclae soprattutto nel volto, oltre alla menzionata citazione
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Gruppo di Scilla
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pliniana, confermano la comune paternità delle due residenze aristocratiche: non a caso, un gruppo simile
opere. è testimoniato nella sala absidata del palazzo di
Ulisse, in base ai frammenti superstiti non ricomposti, Claudio di Punta Epitaffio a Baia, un altro nella grotta
doveva essere raffigurato in armi con lo scudo nella detta Ninfeo Bergantino nella villa di Domiziano
sinistra, nell’atto di scagliare inutilmente una lancia a Castel Gandolfo, mentre un altro ancora è stato
contro Scilla, in un estremo gesto di coraggio coerente riconosciuto nella Villa Adriana a Tivoli grazie
con la sua personalità. alla presenza di tre teste di compagni di Ulisse, di
Altrettanto terribile doveva presentarsi agli occhi degli raffinata esecuzione.
antichi la scena dell’“accecamento di Polifemo” posta La composizione, articolata in profondità e di
sul fondo della Grotta, così come è narrata nel IX libro struttura piramidale, si concentra sulla figura di
dell’Odissea: mentre il ciclope giace addormentato Polifemo semisdraiato di traverso sulla roccia, in un
in preda all’ubriachezza per il vino che gli è stato atteggiamento aperto di forte effetto teatrale tipico
più volte porto, con la testa riversa all’indietro e il di altre grandi opere di tradizione ellenistica, su cui
braccio sinistro abbandonato a sfiorare terra, Ulisse, convergono gli sguardi dei vari personaggi. Su tutti
aiutato da due compagni e alla presenza di un emerge però la celebre testa di Ulisse che assomma i
terzo con l’otre ormai vuoto che assiste atterrito, si caratteri enfatici di matrice barocca che sostanziano
accinge a conficcare un palo dalla punta arroventata l’Altare di Pergamo con il quale le analogie sono
nell’unico occhio del gigante, il solo mezzo per evidenti: il trattamento vibrante della barba - da
uscire dalla caverna la cui entrata è stata sbarrata immaginare impregnata di sudore e salsedine - che
da un enorme macigno. L’affascinante avventura del si confonde con le ciocche dei capelli scomposti, la
Ciclope trovò notevole fortuna in ambiente romano, fronte aggrottata, la bocca dischiusa e l’accentuato
dove però fu privilegiato il momento dell’offerta espressionismo, seppure stilemi ricorrenti nella resa
del vino rispetto a quello dell’accecamento, di pari del pathos, concorrono a fare di questo volto un
passo con un rinnovato interesse per la personalità vero capolavoro. Sui riccioli disordinati poggia, con
dell’eroe omerico. Il racconto epico si prestava efficace contrasto coloristico, il levigato berretto
soprattutto all’allestimento degli operosa antra, da marinaio, il pileus. Nonostante la controversa
ossia i ninfei allestiti, che corredavano le prestigiose assegnazione della testa a questo gruppo, mai nessun
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Gruppo dell’Accecamento di Polifemo. Ricostruzione della scena. Accanto, alcune sculture originali

dubbio è sorto sull’identificazione con Ulisse, uomo barbata indossante l’elmo, che trascina il cadavere
sfinito ma non piegato dalle disavventure, spossato di Achille. Lo schema compositivo deriva da un
dalla fatica eppure indomito, sostanzialmente solo prototipo più antico (160 a.C.) noto da diverse
di fronte all’ignoto, figura-simbolo senza tempo opere ellenistiche, ma solo qui compare il dettaglio,
nell’immaginario di tutti noi. un unicum finora, di un’anomala torsione del piede
È Ovidio con le sue Metamorfosi (XIII,337-349) a sinistro. Attraverso questa postura è probabile
guidarci invece nell’esegesi del “ratto del Palladio” che gli artefici abbiano inteso rendere la ferita
dal tempio della dea a Troia, compiuto da Ulisse e mortale arrecata dalla freccia di Paride al tallone,
Diomede, cui erano legate le sorti dell’esercito acheo: l’unico punto vulnerabile di Achille, e la recisione
secondo un’antica profezia, infatti, la città nemica del tendine, in origine accentuata attraverso
sarebbe caduta solo se privata della statua divina. la pittura, con il sangue sgorgante dalla ferita.
Durante il ritorno all’accampamento, il re di Itaca Nei rimanenti spazi museali sono presentati reperti
medita di colpire il compagno per assumersi tutto il riferibili all’aspetto tecnico-costruttivo e a quello
merito dell’impresa. Secondo le diverse tradizioni decorativo della villa (tegole, antefisse, lastre fittili,
letterarie è il brillare della lama della spada al frammenti di affreschi e di stucchi), gli oggetti del
chiarore della luna oppure l’ombra proiettata sul vivere quotidiano (vasellame da mensa e da cucina,
terreno a mettere sull’avviso Diomede che, stringendo lucerne, contenitori da trasporto) con particolare
vigorosamente il simulacro, sventa con prontezza riguardo al mondo femminile (pesi da telaio, aghi
l’agguato mortale. L’attimo prescelto è quello che da cucito e spilloni per le acconciature), nonché due
precede l’azione essendo probabile che Ulisse stesse vasi attici a figure rosse (metà V secolo a.C.) decorati
ancora portando la mano destra all’arma nascosta con temi dionisiaci, che, assai più antichi della
lungo l’avambraccio sinistro da un viluppo del mantello. residenza, testimoniano il gusto per l’antiquariato
In posizione speculare al precedente, stava il degli antichi proprietari. La sontuosità del complesso
quarto gruppo, estremamente lacunoso - noto come è oggi a malapena percepibile dai materiali restituiti
“Pasquino”- raffigurante un eroe che trasporta dagli scavi. Le spoliazioni del sito nel corso dei
il corpo esanime di un compagno, recentemente secoli e l’intenzionale distruzione dei marmi hanno
riconosciuto come Ulisse, di cui rimane solo la testa depauperato un patrimonio decorativo di enorme
46 dovizia che si era formato durante la prolungata
fruizione della dimora. Tra i numerosi reperti scultorei
che rivestirono una funzione prettamente decorativa
(ritratti, oscilla, teste di divinità, putti e statuette) si
sono però salvati significativamente due pezzi che
riconducono allo spirito celebrativo del tempo:
un’erma raffigurante un giovane personaggio
indossante un particolare copricapo orientale,
identificato da alcuni studiosi con il troiano Enea
o, più verosimilmente, con suo figlio Iulus Ascanius,
mitico progenitore dei Latini, che va associata a un
bassorilievo marmoreo di Venere Genitrice, madre di
Enea e divinità protettrice della gens Giulia.
Entrambi costituiscono i capisaldi dell’origine eroica e
divina di questa casata, rivendicata con efficacia già
da Cesare. Quasi un doveroso omaggio alla stirpe di
Augusto, il Divi filius, il cui avvento al potere aveva
segnato per Roma l’inizio di una nuova era.

*Nicoletta Cassieri, Funzionario archeologo presso


la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio

Bibliografia essenziale

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F. BURANELLI - P. LIVERANI - A. NESSELRATH (a cura di), Laocoonte. Alle origini
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Sperlonga (Itinerari dei Musei, Gallerie, Scavi e Monumenti d’Italia,
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S. SETTIS, Laocoonte. Fama e stile, Roma 1999
L. STORONI, Tiberio o la spirale del potere, Milano 1981

Notizie utili

Indirizzo: Via Flacca, km 16.300 – 04029 Sperlonga (Lt).


Info e prenotazioni: Tel. 0771- 548028;
sba-laz.sperlonga@beniculturali.it
Orari di apertura: tutti i giorni ore 8.30-19.30.
Servizi e attività: Visite didattiche su prenotazione.
Modalità di accesso: biglietto d’ingresso.
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Gruppo di Scilla. Testa del nocchiero

Gruppo del “Ratto del Palladio”. Testa di Diomede e simulacro della dea
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Rilievo con Venere Genitrice. Marmo inizi età imperiale

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