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Rivista fondata da Luciano Pasquali Anno XIX•n.

12•Dicembre 2014
Mensile Tecnico Scientifico € 4,50
E.S.S. Editorial Service System Sped. Abb. Post - D.L. 353/2003
(conv. In L. 27/02/2004 n.46) art.1
Fondazione Dià Cultura comma 1, Aut. N.C/RM/036/2010
Museo Archeologico Nazionale di Palestrina

Esposizione permanente dal 6 dicembre 2014

Palazzo Barberini, via Barberini, 22 – 00036 Palestrina (RM)


Tel. 06/9538100
www.archeolazio.beniculturali.it

Il Museo è aperto tutti i giorni 9.00-20.00


Editoriale: Il Lazio antico. Mito, storia e I due distretti Latium vetus et adiectum – i cui confini se- 1
memoria gnano tutt’oggi parte della competenza territoriale della
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, alla cui
cura è affidato questo numero di Forma Urbis sulle antiche
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris/ Italiam, città del Lazio – entrarono in seguito a far parte, insieme
fato profugus, Laviniaque venit / litora, multum ille et terris alla Campania, della Regio prima (nota con il nome di
iactatus et alto / vi superum saevae memorem Iunonis ob Latium et Campania) nella suddivisione territoriale e am-
iram; / multa quoque et bello passus, dum conderet urbem, ministrativa dell’Italia voluta da Augusto.
/ inferretque deos Latio, genus unde Latinum, / Albanique Del territorio laziale, non ancora abbastanza conosciuto
patres, atque altae moenia Romae. eppure così denso di miti, di storia e di suggestioni – meta
Canto le armi, canto l’uomo che primo da Troia / venne poco battuta anche dai viaggiatori del Grand Tour Sette-
in Italia, profugo per volere del Fato / sui lidi di Lavinio. Ottocentesco, attratti da destinazioni più note come Roma
A lungo travagliato / e per terra e per mare dalla potenza e Pompei – ci proponiamo di dare conto in questo numero
divina / a causa dell’ira tenace della crudele Giunone, di Forma Urbis – illustrato in dettaglio nell’introduzione del
/ molto soffrì anche in guerra: finché fondò una città / e Soprintendente Elena Calandra – che, insieme alle pre-
stabilì nel Lazio i Penati di Troia, / origine gloriosa della cedenti monografie su Villa Adriana e sulle ville del Lazio
razza latina e albana, / e delle mura di Roma, la superba si prefigge di essere una guida aggiornata per i Grand
(Verg., Aen., I, 1-7). Tourists di oggi.

Questo l’incipit dell’Eneide in cui Virgilio, nei sette versi del Simona Sanchirico, Direttore editoriale di Forma Urbis – Fondazione
Dià Cultura
proemio, anticipa i filoni portanti del mito di Enea, l’eroe
troiano figlio di Anchise, fuggito dopo l’incendio della città
di Troia e messosi in viaggio per il Mediterraneo fino ad ap-
prodare nel Lazio, dove diventa il capostipite del popolo ro- Bibliografia essenziale
mano grazie all’incontro della sua gente con gli aborigeni.
AA.VV., Italia Omnium Terrarum Alumna. La civiltà dei Veneti, Reti, Liguri, Celti,
La poetica versione virgiliana ha radici profonde; infatti Piceni, Umbri, Latini, Campani e Japigi, Milano 1990
fra i primi a stabilire una connessione ben precisa – pro- L. Quilici, Roma primitiva e le origini della civiltà laziale, Roma 1979
F. Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa. Lingua e storia, Bologna 1997
prio per il tramite della figura di Enea – tra il Lazio e la Dizionario dei nomi geografici italiani, Tea i Dizionari Utet, Torino 1992, s.v. Lazio
piccola città dell’Asia Minore, teatro della terribile guerra
narrata da Omero, furono due scrittori greci del V sec.
a.C., Ellanico di Lesbo e Damaste di Sigeo, la cui tradizio-
ne fu accreditata, qualche secolo dopo, da Fabio Pittore,
Fonti
Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Appiano di Alessandria
e Cassio Dione. Esiodo, Teogonia, trad. it. G. Arrighetti, Milano 1984
Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, trad. it. M. Scandola, Milano 1982
Nel IV sec. a.C. lo storico siciliano Timeo di Tauromenio fa Plinio, Storia Naturale, trad. it. G.B. conte, Bologna 1982
menzione, nelle sue Storie, dell’origine troiana dei Penati Strabone, Geografia: l’Italia (libri V-VI), trad. it. a.M. BiraSchi, Milano 1988
Virgilio, Eneide, trad. it. c. ViValdi, Milano 1990
custoditi in un santuario di Lavinium, città sacra dei Lati-
ni, per la prima volta citati come abitanti del Latium nella
Teogonia di Esiodo che si occupa del loro eroe eponimo
Latino, padre della futura sposa di Enea, Lavinia, conside-
randolo figlio di Odisseo e di Circe (vv. 1011-1016).
Il Latium – il cui coronimo presuppone una base *(s)tl -t- e
iom “pianura” dalla radice indoeuropea stel-, stla-- to-, a
cui è legato anche il latino la- tus “largo, spazioso” – in
origine designava il territorio pianeggiante sito nella parte
meridionale dell’attuale Lazio, a sud del fiume Tevere, che
lo divideva dall’Etruria meridionale (attuale Lazio setten-
trionale), e a nord del fiume Garigliano (presso la città di
Sinuessa), che lo separava dalla Campania, limitato dalla
costa tirrenica ed esteso sulle propaggini degli Appennini
verso l’interno, fino al Sannio (Strabo, V, 2, 1).
Di questa regione la parte denominata Latium vetus, il La-
zio primigenio, era quella abitata da genti di stirpe latina,
mentre nella più ampia ed eterogenea superficie proiettata
verso sud-est, detta Latium adiectum (ossia Lazio “aggiun-
to”, perché era un territorio che i Romani avevano con-
quistato nella loro progressiva espansione verso sud) ed
Enea in fuga da Troia in fiamme (1598), Federico
estesa dai confini del Latium vetus fino alla Campania e al
Barocci (Urbino 1535? – 1612), Galleria Borghese –
fiume Liri presso Sinuessa, erano stanziati Volsci, Ernici e
Roma (immagine tratta da wikimediacommons)
Aurunci (Plin., N. H., III, 5,9).
2 In copertina: Immagini delle città e monumenti del Lazio trattati in questo numero

FORMA VRBIS. Itinerari nascosti di Roma antica


Mensile Tecnico-Scientifico fondato da Luciano Pasquali

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma n°548/95 del 13/11/95

Direttore responsabile
Silvia Pasquali

Direttore scientifico
Claudio Mocchegiani Carpano

Direttore editoriale e curatore scientifico


Simona Sanchirico

Comitato scientifico d’onore


Silvia Aglietti Università degli Studi di Roma III, Fondazione Dià Cultura; Luca Attenni Museo
Civico Lanuvino, Museo Civico di Alatri; Giovanni Attili “Sapienza” - Università di Roma,
Fondazione Dià Cultura; Elena Calandra Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio;
Gianfranco De Rossi Espera Srl; Paola Di Manzano Soprintendenza Archeologica di Roma;
Dario Giorgetti Università degli Studi di Bologna; Emanuele Greco Saia - Scuola Archeologica
Italiana di Atene; Claudio Honorati Fondazione Dià Cultura; Bruno La Corte già Gruppo
Tutela Patrimonio Archeologico del Nucleo Polizia Tributaria di Roma della Guardia di Finanza;
Eugenio La Rocca “Sapienza” - Università di Roma; Raffaele Mancino Reparto Operativo
del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale; Federico Marazzi Università degli
Studi “Suor Orsola Benincasa”, Napoli; Paolo Moreno Università degli Studi di Roma 3;
Davide Nadali “Sapienza” - Università di Roma; Valentino Nizzo Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia Romagna, Fondazione Dià Cultura; Carlo Pavia già Direttore di Forma
Urbis; Francesco Pignataro Fondazione Dià Cultura; Massimiliano Quagliarella Sezione
Archeologia del Reparto Operativo del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale;
Silvana Rizzo Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Massimo Rossi II Sezione del Gruppo
Tutela Patrimonio Archeologico del Nucleo Polizia Tributaria di Roma della Guardia di Finanza;
Paola Salvatori Università degli Studi di Bergamo, Fondazione Dià Cultura; Marco Santucci
Università degli Studi di Urbino, Fondazione Dià Cultura; Patrizia Serafin Petrillo II Università
degli Studi di Roma Tor Vergata; Elizabeth J. Shepherd Istituto Centrale per il Catalogo
e la Documentazione-Aerofototeca Nazionale; Christopher Smith British School at Rome;
Catherine Virlouvet École française de Rome

Editore
Laura Pasquali, amministratore unico della casa editrice
E.S.S. - Via di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Roma
tel. 06 710561

Linea editoriale, progetto scientifico e veste grafica


Fondazione Dià Cultura, www.diacultura.org; info@diacultura.org; via della Maglia-
nella 65 E/H, 00166 Roma, tel. 06 66990385; fax 06 66990422; Square Charles
Maurice Wiser 19, 1040 Bruxelles; tel. +32 02 2304593; fax +32 02 2304593

Redazione
Chiara Leporati, Laura Pasquali, Francesco Pignataro, Simona Sanchirico. Testi
raccolti a cura di Giovanna Rita Bellini

Impaginazione e grafica
Giancarlo Giovine per la Fondazione Dià Cultura

Documentazione fotografica
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio; DAI - Deutsches Archäologisches
Institut Rom; archivio privato

Referenze fotografiche
Foto d’archivio privato e di Enti pubblici e privati

Pubblicità e diffusione
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Amministrazione e segreteria
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Finito di stampare nel mese di Dicembre 2014 © Copyright E.S.S. Editorial Service System

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana


Sommario 3

Editoriale: Il Lazio antico. Mito, storia e memoria 1


di Simona Sanchirico

Città 4
di Elena Calandra

Reate 5
di Giovanna Alvino

Trebula Mutuesca 7
di Giovanna Alvino

Forum Novum 9
di Alessandro Betori

Castra Albana 11
di Silvia Aglietti e Alexandra W. Busch

Tusculum 13
di Valeria Beolchini

Lanuvium 14
di Giuseppina Ghini e Luca Attenni

Norba 16
di Stefania Quilici Gigli

Privernum 17
di Margherita Cancellieri e Nicoletta Cassieri

Praeneste 19
di Sandra Gatti

Signia 21
di Federica Colaiacono

Anagnia 23
di Sandra Gatti

Aletrium 24
di Sandra Gatti

Ferentinum 26
di Sandra Gatti

Verulae 28
di Sandra Gatti

Fregellae 29
di Carlo Molle

Aquinum 30
di Giovanna Rita Bellini con contributo di Giuseppe Ceraudo

Casinum 34
di Alessandro Betori

Fabrateria Nova 36
di Eugenio Polito

Ardea 38
di Francesco Di Mario

Tarracina 40
di Nicoletta Cassieri

Formiae 43
di Nicoletta Cassieri

Minturnae 46
di Giovanna Rita Bellini

Bibliografia essenziale 48
4

Città nella luminosa quiete senza tempo della Sabina, Albano


di Elena Calandra* racchiude nelle forme stabili della pietra gli edifici del
castrum, le città erniche conservano l’orgoglio delle mura
di leggendaria potenza, Aquinum, frazionata oggi fra
Il fascicolo attuale offre al lettore, confidando che diventi Aquino e Castrocielo, vanta un areale intessuto di presenze
in futuro anche un visitatore, il territorio laziale analizza- antiche, mentre la costa laziale offre scorci mozzafiato, che
to attraverso il filtro delle città antiche e della memoria gli antichi, a differenza purtroppo dei moderni, seppero
che ne rimane alla vista di tutti, bisognosa solo di qualche comprendere e valorizzare.
spiegazione: non un percorso per tesori segreti, ma una L’elenco forzatamente non è completo, e per questo si
passeggiata immaginaria che dalla carta facilmente si può rimanda alla lettura integrale del fascicolo, che contiene
proiettare nella realtà, annodando culture diverse, dalla anche la presentazione delle aree archeologiche tutelate
Sabina ai Colli Albani alla Ciociaria alla costa. Se il filo dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio che
conduttore è la città, l’intento è di illustrare, con commenti accolgono città antiche: Palestrina, Cassino, Minturno. Per
essenziali, la ricchezza del Latium, nelle evidenze più co- tutte le città affrontate, si offrono a corollario brevi schede
nosciute e frequentate, ma soprattutto nelle pieghe meno sui musei, statali appunto e civici, a completare il quadro
note e meno pubblicizzate. Su tutto questo i contributi a dell’offerta culturale.
seguire vogliono gettare luce, rivolgendosi a un turismo
colto e selettivo, capace di apprezzare la bellezza non ca-
nonizzata dai grandi flussi di spettatori, e parlando prima *Elena Calandra, Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio
di tutto agli abitanti dei luoghi, assuefatti in certi casi al
punto da non distinguere più l’eccezionalità del patrimo-
nio urbano in cui vivono e delle aree archeologiche con
cui convivono.
I resti monumentali ancora visibili sono sopravvissuti
secondo varie modalità, o perché si sono conservati
attraverso l’immancabile rinnovamento urbano, che
ha fatto sì che le costruzioni più recenti siano intessute
di lacerti antichi, o perché, paradossalmente, la ferocia
dei bombardamenti li ha riportati alla luce, o ancora
perché sono stati scavati e musealizzati: Rieti si staglia
5

1. Rieti, pianta della città con il posizionamento delle presenze antiche (elaborazione F. Lezzi)

Reate
di Giovanna Alvino*

Reate, principale città dei Sabini venne edificata su di


un’altura prospiciente il fiume Velino, l’antico Avens. Lo
sperone di calcare travertinoso su cui sorge la città, gra-
zie a recentissime indagini condotte all’interno di Palazzo
Aluffi, sito nel centro dell’abitato, hanno permesso l’indi-
viduazione di un precedente insediamento riferibile all’età
del Ferro. Per la prima volta sono stati individuati nella
città resti di strutture abitative stabili, anche se realizzate
con materiali deperibili, e numerosissimi manufatti cera-
mici databili all’VIII secolo a.C.
Come ricordano le fonti antiche agli inizi del III sec. a.C.,
oltre alla nuova organizzazione del territorio voluta dai Ro-
mani, venne creata la prefettura di Reate e probabilmente
quella di Cures Sabini. L’occupazione romana interessò
l’intera altura, coprendo una superficie di circa 8 ettari.
Lo schema urbano sembra ancora abbastanza leggibile
nel centro storico di Rieti, infatti una certa ritmicità de-
gli isolati di forma rettangolare potrebbe risalire appunto
all’assetto più antico di età romana. Del resto i documenti
medievali dalla metà del IX alla fine del X secolo, ricor-
dano lotti urbani edificati o edificabili all’interno dell’area
racchiusa dalle mura, con una forte prevalenza della for-
ma rettangolare. La leggera depressione in cui si imposta
la piazza del Foro, odierna piazza Vittorio Emanuele II, ap-
2. Rieti, resti del Capitolium inglobati in un pubblico
pare fiancheggiata da deboli alture di cui quella orientale,
esercizio (foto Archivio SBAL)
più evidente, doveva costituire l’arx originaria.
6 Delle mura, costruite in opera quadrata in grandi blocchi spondente all’odierna via Roma, e la accompagnasse con
di calcare databili nell’ambito del III sec. a.C., si ricono- una pendenza accettabile fino a Porta Romana. Il ponte
scono il perimetro, le torri a pianta quadrangolare total- romano, che è il monumento più noto di Reate, attraver-
mente sporgenti all’esterno, e le tre porte, Porta Romana, sava il fiume con tre archi a tutto sesto ed è ancora oggi
Porta Interocrina e Porta Spoletina, da cui passava la via visibile nel letto del fiume sotto il moderno ponte. Costruito
Curia, costruita da Curio Dentato nel 272 a.C., che, at- in età repubblicana, venne successivamente restaurato da
traversando la piana reatina, metteva in collegamento di- Claudio o da Vespasiano, come testimonia l’iscrizione rinve-
retto Reate con Interamna Nahars (Terni). Dei tratti murari nuta nei lavori di smantellamento cui fu oggetto nel 1932,
meglio conservati e oggigiorno visibili si segnalano il tratto quando si procedette allo smontaggio dei blocchi, per la
nel cortile interno del palazzo dell’INPS, dove restano al- realizzazione di un nuovo ponte.
cuni blocchi inglobati nelle strutture moderne, la torre in I resti del viadotto ad arcate, costruito anch’esso in opera
piazza Oberdan, inglobata nelle costruzioni dell’hotel Mi- quadrata, sono oggigiorno visibili in alcune cantine de-
ramonti, il tratto in via del Vignola con una torre, il tratto, gli edifici ubicati lungo via Roma. Opere di ingegneria di
abbastanza consistente in via Tancredi o via dei Centurio- questo tipo sono piuttosto diffuse nel periodo repubblica-
ni, individuato nel corso della ristrutturazione di uno stabi- no a partire dalla prima metà del III secolo a.C.
le, e il tratto in via Garibaldi, che, forse, potrebbe riferirsi Molto verosimilmente la progettazione della cerchia mura-
alla Porta Interocrina che sappiamo dalle fonti medievali ria, del ponte e del viadotto, sono da attribuire a un unico
essere difesa da una torre. Ancora il tratto, molto piccolo, intervento di pianificazione urbanistica, ricollegabile all’i-
visibile lungo via della Pellicceria edificato direttamente sul stituzione della prefettura, grossomodo contemporanea
banco roccioso, e il tratto visibile in via Roma all’incrocio alla conquista romana.
con via di S. Rufo che, probabilmente, può essere ricono- La città antica appare strettamente collegata al suo terri-
sciuto come la Torre della Porta Romana. torio e agli assi viari a lunga percorrenza. Una posizione
La conformazione orografica del centro abitato dovette preminente in questo senso ha senza dubbio la via Sala-
condizionare le scelte iniziali di pianificazione degli spazi ria, che è anche il principale asse stradale della Sabina.
urbani e degli assi viari di collegamento con il territorio. All’interno della città è il percorso di crinale, che attraversa
L’altura della città che domina la fertile pianura reatina e il l’altura da est a ovest, e che è oggi ricalcato dal tracciato
fiume Velino è caratterizzata da un ripido salto di quota sui di via Cintia – via Garibaldi, che costituisce l’asse origi-
lati sud e nord e da un dolce pendio sul lato est, pertanto nante della viabilità urbana, distribuendo irregolarmente
fu notevole l’impegno per risolvere il problema dei colle- lo spazio a nord e a sud.
gamenti. Fu quindi necessario costruire un ponte – realiz-
zato in opera quadrata – che permettesse di attraversare *Giovanna Alvino, Funzionario archeologo presso la Soprinten-
il fiume, e un viadotto che sostenesse la via Salaria, corri- denza per i Beni Archeologici del Lazio

Museo Civico - Sezione archeologica

I numerosi materiali antichi provenienti da Reate, dal


suo territorio e dall’odierno territorio provinciale si
conservano oggi nella sezione archeologica del Mu-
seo Civico, inaugurata ex novo nel 2001 e ampliata
nel 2007 con l’apertura dell’Ala dei Sabini, sita nell’ex
Convento di S. Lucia.

Via Sant’Anna 4 - Rieti


Tel. 0746/287280 - 287240 - 287456

Orario di apertura:
dal martedì al sabato 8,30-13,30

3. Rieti, resti del ponte romano (foto Archivio SBAL)

4. Rieti, parte del viadotto su cui passava l’antica via 5. Rieti, cinta muraria di età medievale (foto Archivio
Salaria (foto Archivio SBAL) SBAL)
7

2. Trebula Mutuesca, veduta aerea dell’anfiteatro (foto


1. Trebula Mutuesca, iscrizione del II sec. a.C. in cui Archivio SBAL)
Trebula compare ancora come vicus (foto Archivio SBAL)

Trebula Mutuesca
di Giovanna Alvino*

I resti del municipium di Trebula Mutuesca sono stati


individuati a circa 1,5 Km dall’odierno abitato di
Monteleone Sabino (RI), sorto in età altomedievale.
Nonostante le testimonianze archeologiche rinvenute fino
ad oggi si riferiscano a fasi di vita successive al IV sec.
a.C., diversi indizi suggeriscono l’esistenza di un abitato
ancora più antico. Solo in seguito alla conquista romana
3. Trebula Mutuesca, corridoio di servizio al di sotto
della Sabina, avvenuta nel 290 a.C., il territorio di Trebula
dell’arena dell’anfiteatro (foto Archivio SBAL)
entrò a far parte del mondo romano. Nel II sec. a.C.,
infatti, il centro era ancora un semplice vicus (villaggio) la
cui importanza era legata agli antichi santuari cantonali
come è testimoniato da due iscrizioni nelle quali viene
ricordato il console Lucio Mummio che, dopo aver
conquistato Corinto nel 146 a.C., offrì all’antico centro
alcune statue riportate dalla Macedonia come bottino di
guerra. Solo nel I sec. a.C., dopo la guerra sociale, e
probabilmente in seguito alla riorganizzazione augustea
dell’Italia, Trebula acquisì lo status di municipium, con un
collegio di 8 magistrati.
Tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C. Trebula conobbe un periodo
di intensa attività edilizia, soprattutto in ambito pubblico,
promossa dalle famiglie di maggior rilievo della città: i
Plaetorii e i Critonii. Furono eseguiti lavori nel Foro, vennero
erette statue in onore di Claudio e Agrippina, si sviluppò
il culto di Silvano, si costruì un sacello dedicato alla dea 4. Trebula Mutuesca, chiesa di S. Vittoria (foto Archivio SBAL)
Angitia etc. Durante la prima metà del II sec. d.C. l’antico
centro fu interessato da un’importante risistemazione
urbanistica e monumentale a seguito dell’intervento della
famiglia dei Bruttii Praesentes – ricchi proprietari terrieri
della zona – e in particolare di Laberia Crispina. In questo
periodo vennero realizzati l’anfiteatro, le terme, le grandi
cisterne e altri importanti interventi caratterizzati dall’uso
della tecnica edilizia dell’opus mixtum (muratura di pietre
e mattoni).
L’area urbana dell’antica Trebula è da localizzarsi nella
valle denominata “Pantano” delimitata dalle tre alture di
“Castellano”, “Colle Foro” e “Colle Diana”. Tra le antiche
strutture conservate di notevole rilievo sono gli imponenti
resti dell’anfiteatro e di un tempio.
Del complesso anfiteatrale, i cui assi minore e maggiore
misurano rispettivamente 66 e 94 metri circa, si conservano
i resti della cavea, i due ingressi monumentali posti alle

5. Trebula Mutuesca, catacomba al di sotto della


chiesa di S. Vittoria (foto Archivio SBAL)
8 estremità dell’asse maggiore dell’ellissi e un sistema di a più divinità: Apollo, Mercurio e, sicuramente dal II sec.
corridoi e vani ipogei posti in corrispondenza dell’arena. a.C., Feronia. Altre attestazioni della religio trebulana
Sebbene l’analisi della tecnica costruttiva renda possibile provengono sia dalle fonti letterarie, che documentano il
l’identificazione di una fase edilizia unitaria, il rinvenimento culto del dio Marte, sia dal deposito votivo di S. Vittoria.
di due imponenti iscrizioni dedicatorie in marmo di Ancora nel 1958, infatti, nel piazzale antistante la chiesa
Carrara – recanti lo stesso testo che indica la realizzazione fu rinvenuto un deposito, probabilmente legato al culto
di un intervento, non meglio specificato, sull’edificio – fa della dea Angitia, costituito per lo più da ex voto anatomici
ipotizzare che il complesso sia stato oggetto di ulteriori e ceramica, databile tra la metà del IV sec. a.C. e la prima
lavori, eseguiti sotto il regno dell’imperatore Traiano. A metà del III secolo a.C.
confermare l’accuratezza planimetrica del monumento, Numerose sono le presenze antiche attestate nel territorio,
realizzato in opera mista, concorre la presenza di un come strutture murarie e grandi cisterne presenti in diverse
articolato sistema di gallerie e di ambienti di servizio località. In età tardo imperiale la zona subì un progressivo
sotterranei. L’edificio era, inoltre, dotato di un complesso abbandono per essere più tardi prescelta quale luogo
sistema di condotti fognari ancora oggi in gran parte destinato ad accogliere il sepolcro di Santa Vittoria che
esplorabili. Gli scavi dell’anfiteatro hanno restituito molti fu martirizzata, intorno alla metà del III sec. d.C., sotto
reperti interessanti tra i quali frammenti di iscrizioni tra cui l’imperatore Decio. In età romanica, sulla tomba della
quelli in marmo di Carrara riferibili a una epigrafe in onore Santa, venne eretta una splendida chiesa a lei dedicata
del senatore trebulano T. Prifernius Petus, attivo durante la dove sono riutilizzati numerosi materiali antichi. Al di
prima metà del II secolo d.C. sotto della chiesa si trova una catacomba al cui interno
Non distante dall’anfiteatro, in località “Pantano”, sono è collocato un sarcofago strigilato che, secondo la
stati individuati i resti di un grande edificio porticato, tradizione, custodì il corpo della martire fino al IX secolo,
già parzialmente indagato nel 1958 ad opera dei noti quando fu traslato a Bagnoregio per preservarlo dal
archeologi Coarelli, La Regina, Torelli e Zevi e oggigiorno pericolo dei Saraceni.
ricoperto per motivi di conservazione. Si tratta di un
edificio sacro, costruito dopo la metà del III sec. a.C., che
si sviluppa su due terrazze e nel II sec. a.C. fu oggetto di *Giovanna Alvino, Funzionario archeologo presso la
un importante rifacimento. Gli ex voto ritrovati presso il Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
santuario documentano la pratica di diversi culti afferenti

Museo Civico “Trebula Mutuesca”

I materiali provenienti dai vecchi e dai nuovi scavi


dell’antico sito si conservano nel Museo Civico “Trebu-
la Mutuesca” sito nei locali del Comune.

Via Lucio Mummio 11- Monteleone Sabino (RI)


Tel. 0765/884014
www.comune.monteleonesabino.ri.it

Orari di apertura:
dal martedì al venerdì 9,45-12,45
sabato 9,00-13,00
domenica e festivi 9,00-13,00, 14,30-18,30 (dal 1 ot-
tobre al 30 marzo); 9,00-13,00, 15,00-19,00 (dal 1
aprile al 30 settembre).
Chiuso il giorno di Pasqua, Ferragosto, Natale,
Capodanno

Catacombe di Santa Vittoria nel Santuario


omonimo

Il Santuario è aperto al pubblico tutte le domeniche e i


giorni festivi, a esclusione del giorno di Pasqua, Ferra-
gosto, Natale e Capodanno, con gli orari del museo.
La visita è possibile anche nei giorni feriali per gruppi
di almeno 8 persone previa prenotazione al numero
342/1987590
6. Trebula Mutuesca, interno della chiesa di S. Vittoria dove
sono visibili materiali di reimpiego (foto Archivio SBAL)
9

1. Vescovìo, veduta degli scavi con sullo sfondo la Cattedrale sabina (foto Archivio SBAL)

Forum Novum
di Alessandro Betori*

Il sito di Vescovìo del comune di Torri in Sabina, in un’area


pianeggiante attraversata dal corso del torrente Aia, fulcro
di una numerosa serie di centri abitati posti sulle alture
vicine, su una via collegata con la viabilità fluviale a mezza
strada tra le consolari Salaria e Flaminia, è connotato
dalla presenza delle vestigia dell’antica Forum Novum,
che si giustappongono simbolicamente, in una visibile
successione di forme e funzioni, al complesso dell’antica
Cattedrale sabina.
Essa doveva esistere in loco sin dall’epoca paleocristiana,
come attesta la presenza di un Paulus Foronovanus al
sinodo di Papa Ilaro del 465, mentre sarcofagi, iscrizioni e
la Passio Sancti Antimi con la narrazione del martirio di un
Bassus in “mercatum populi, in locum qui appellatur forum
novum”, sembrano far risalire il cristianesimo foronovano 2. Vescovìo, sacello di culto con dedica di Gaio Vibio
almeno al IV secolo. La diocesi durò come sede dei Celere (foto Archivio SBAL)
vescovi sabini, allargata fino ai confini dell’Urbe con la
soppressione di quella di Nomentum nel corso dell’Alto
Medioevo, sino al 1495, quando l’insalubrità dei luoghi
costrinse allo spostamento della cattedra a Magliano e in
seguito a Poggio Mirteto.
La città romana, le cui più antiche evidenze risalgono
alla prima metà del I sec. a.C., fu fondata quale centro
direzionale di un ampio territorio, le cui genti convenivano
sul luogo per ragioni amministrative, di incontro e
commercio. Gli scavi della Soprintendenza Archeologica
del Lazio, durati dal 1969 al 1976 e continuati
dall’Università di Perugia nel 2004, hanno messo in luce
parte dell’area forense con la Basilica e un tempietto,
databili a età augustea. Preesistenti erano due sacelli, uno
dei quali dedicato a Giove Statore da un C. Vibius Celer
in seguito a un decreto del senato locale (centumviri),
provvisto di interessanti affreschi ancora di primo stile,
l’altro (definito aedes), obliterato dalla Basilica, da un L.
Volsienus liberto di Publio, che lo fece decorare e ne fece 3. Vescovìo, sacello di culto con dedica di Lucio
realizzare il pavimento (aedem pingenda(m) pavimentu(m) Volsieno (foto Archivio SBAL)
de sua pequnia coeravit).
10

4. Vescovìo, planimetria degli scavi (rilievo Archivio SBAL)

Le ricerche di un’équipe della British School at Rome scavi 1999-2004 dietro l’abside della Basilica medievale
insieme al British Museum e all’Università di Birmingham hanno messo in luce una complessa stratificazione
(1997-2004) hanno inoltre portato all’individuazione di edilizia, nell’ambito della quale si è ipotizzata la presenza
altri edifici pubblici: un anfiteatro realizzato in struttura delle vestigia del palazzo vescovile, con fasi tra il IV e il VII
piena di terra costipata (del tipo a terrapieno) e un secolo e un abbandono ancorato a una data precisa, il
probabile magazzino tra di esso e la Basilica. La particolare 1295, quando esso dovette essere ricostruito in un luogo
tipologia dell’insediamento, aperto al territorio e dove più salubre, forse sulla vicina altura occupata oggi dai
dovevano risiedere stabilmente solo poche casate di resti di un convento tardo rinascimentale.
grandi proprietari, è dimostrata dalla vicinanza di alcune
tombe monumentali agli edifici pubblici e il rapporto di
alcune di esse con una grande villa, pure essa vicinissima *Alessandro Betori, Funzionario archeologo presso la
al Foro, scavata dagli archeologi inglesi, che Filippo Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
Coarelli ha legato, come le terme e altre sistemazioni
idrauliche, all’evergetismo dell’unico personaggio illustre
legato al centro antico, il Faianius modicus eques citato
Visita a richiesta rivolgendosi direttamente al Comune
da Tacito (Ann. I, 73), identificato nel P. Faianius Plebeius
di Torri in Sabina.
del quale si conserva nel costituendo Museo dell’Agro
Tel. 0765/62004
Foronovano un’interessante lista di benemerenze verso la
sua piccola patria. La cittadina, in abbandono già nel II-
Orari di apertura:
III sec. d.C., venne scelta per le memorie martiriali e la
sabato e domenica 10,00-12,00, 15,00-18,00
posizione strategica come sede della Diocesi Sabina: gli
Castra Albana 11
di Silvia Aglietti* e Alexandra W. Busch*

Situato lungo la via Appia, circa 20 km a sud di Roma,


il centro storico della città di Albano Laziale sorge sui
resti dei castra Albana, il primo e unico accampamento
di legionari costruito sul suolo italico. Priva in antico di
un insediamento urbano, l’area albana dal II sec. a.C.
vide il sorgere di numerose ville di ozio e produzione.
Parte di queste furono in seguito inglobate nella proprietà
imperiale che dall’odierna Castel Gandolfo si estendeva
sino ad Albano, e che Domiziano scelse per la costruzione
della sua grande villa. Nel III secolo si assistette alla
trasformazione che maggiormente incise sulla formazione
della città. Sotto Settimio Severo fu qui alloggiata un’intera
legione in pianta stabile, la Legio II Parthica, circa 5.000
legionari e le loro famiglie, e per essa furono costruiti i 1. Albano Laziale, pianta dei castra Albana e degli
castra Albana. Dal 2009 il DAI Rom ha avviato il progetto edifici monumentali delle canabae legionis (Anja
“Dalla villa imperiale ai castra Albana”, in collaborazione Buhlke-Richter, Stefan Arnold, Matthias Nieberle DAI -
con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio,
Deutsches Archäologisches Institut Rom)
con lo scopo di conoscere la sequenza d’insediamento

2. Albano Laziale, facciata della chiesa di S. Maria della Rotonda (foto S. Aglietti)
12

3. Albano Laziale, l’anfiteatro severiano (foto S. Aglietti)

dall’età repubblicana alla nascita della città. È infatti individuata e disegnata da Giuseppe Lugli, venne in luce
subito dopo l’abbandono dell’installazione militare da nel 1944 quando un bombardamento alleato distrusse il
parte dei soldati, alla fine del III secolo o agli inizi del palazzo che la inglobava. La sua struttura monumentale, di
IV, che le fonti riferiscono di Albano come sede vescovile, quasi 36 m di larghezza per un’altezza massima conservata
quando Costantino vi fece erigere una basilica dedicata a di 14 m, è singolare nel panorama dell’architettura militare
S. Giovanni Battista.
degli accampamenti legionari. Certamente va legata al
L’integrazione degli edifici della villa imperiale e dei
resti monumentali dei castra nella civitas, nel castellum ruolo che essa rivestì nella propaganda imperiale, così
medievale e quindi nella città, è testimoniata dal loro come lo stesso alloggiamento della Legio II Parthica nel
riutilizzo con, per la gran parte dei casi, cambiamenti di cuore dell’impero. Ogni viaggiatore che andava da Roma
destinazione d’uso. L’anfiteatro severiano, situato a nord- al sud, o che entrava a Roma dal sud, aveva la percezione
est dei castra Albana, costruito con un doppio ordine di dei cambiamenti voluti dall’imperatore Settimio Severo: essi
arcate di cui oggi è conservato solo il primo, e capace erano esplicitati attraverso il grande impatto visivo della
di contenere circa 14.800 spettatori, fu sottoposto a una cinta muraria dei castra Albana e della loro porta praetoria.
intensa attività di spoliazione e in parte utilizzato come
luogo di sepoltura. La più significativa testimonianza
del periodo domizianeo, la sala a cupola, riutilizzata *Silvia Aglietti, progetto “Albano” - DAI Rom
probabilmente a scopo termale nel III secolo, fu trasformata *Alexandra Busch, Römisch-Germanisches Zentralmuseum -
nel medioevo nella chiesa di S. Maria della Rotonda. Forschungsinstitut für Archäologie (RGZM)
Nello stesso periodo l’imponente impianto termale delle
canabae legionis, detto di “Cellomaio”, costruito sotto
l’impero di Caracalla a sud-ovest della via Appia, divenne Museo archeologico di Villa Ferrajoli
un quartiere abitativo e una delle sale fu trasformata in
chiesa dedicata a S. Pietro. Oggi alcuni ambienti delle Viale Risorgimento 3 - Albano (RM)
sostruzioni ospitano il Museo della Legione II Partica. 06/9325759; 06/9323490
L’approvvigionamento idrico delle terme era garantito
museo@comune.albano.laziale.rm.it
da una grande cisterna, i “Cisternoni”, che sorge nella
parte alta dell’accampamento, tuttora funzionante. Fu
probabilmente costruita per servire edifici della villa Orari di apertura:
imperiale e nel III secolo, per l’aumento delle necessità, dal lunedì al sabato 9,00-13,00
conseguente alla costruzione dei castra, fu ampliata fino a mercoledì e giovedì 16,00-18,30
contenere 10.000 m3 d’acqua. Per questo, all’acquedotto 1a e 3a domenica del mese 9,00-13,00
originale che la alimentava, le “Cento Bocche”, fu aggiunto
un braccio secondario della condotta di “Malaffitto Alto”, Museo della Seconda Legione Partica
entrambi provenienti da sorgenti situate nella conca
craterica del lago Albano. Via Volontari del Sangue 11-13 - Albano (RM)
Visibile in diversi punti della città, la cinta muraria dei Tel. 06/9325759; 06/9323490
castra Albana è il corpo edilizio più impressionante
dell’accampamento. Di forma rettangolare (circa 240 m Orari di apertura:
x 438 m), con gli angoli stondati, fu realizzata in opera dal lunedì al sabato 9,00-13,00
quadrata di blocchi in peperino su un terreno in forte mercoledì e giovedì 16,00-18,30
pendenza, con un dislivello di circa 40 m tra il piano 2a e 4a domenica del mese 9,00-13,00
del lato nord-est e quello prospiciente la via Appia. Era
accessibile da porte affiancate da torri rettangolari, di cui
sono ancora visibili la porta principalis sinistra e la porta
praetoria, che consentiva l’accesso dalla via Appia. Già
Tusculum si estese al sottostante pianoro, sul quale poi si sviluppò 13
di Valeria Beolchini* l’area monumentale composta da foro e teatro, oggetto di
una serie di campagne di scavo condotte fra il 1994 e il
2010 dall’Escuela Española de Historia y Arqueología en
Antica e potente città del Lazio situata a circa 30 km a Roma (CSIC) e oggi visitabile grazie a un percorso attrez-
sud-est di Roma, Tusculum sorge in una posizione strate- zato recentemente allestito dall’XI Comunità Montana dei
gica a controllo della Valle Latina, sul punto più alto della Castelli Romani e Prenestini, ente proprietario dell’area.
cinta vulcanica esterna che delimita il complesso dei Colli Dal 2012 la EEHAR ha inaugurato un nuovo progetto di
Albani. Se da un lato tale ubicazione garantì alla città un ricerca dedicato alla ricostruzione dell’abitato di epoca
ruolo di primo piano sia in epoca romana che medievale, medievale: dopo un apparente abbandono insediativo fra
dall’altro fu però anche all’origine di una costante rivalità il IV e la fine del X sec., Tusculum tornò infatti ad essere un
con Roma, che sfociò nel 1191 nella radicale distruzione centro di primaria importanza nella regione, in quanto roc-
dell’insediamento. caforte dinastica del potente casato aristocratico dei Conti
Le origini di Tusculum affondano nel mito, che, nella ver- di Tuscolo, fino al definitivo abbandono di fine XII secolo.
sione più diffusa, vuole che la città sia stata fondata da Te-
legono, figlio di Ulisse e della Maga Circe. Ciò che è certo
è che l’acropoli risulta stabilmente occupata fin dall’età del *Valeria Beolchini, Escuela Española de Historia y Arqueología
Ferro (X-VIII sec. a.C.) e che, dal VII-VI sec. a.C., l’abitato en Roma-CSIC

1. Tusculum, il teatro (foto EEHAR, Archivio Tusculum)


14 Lanuvium di quello che fu poi il borgo medievale, che ha inglobato
di Giuseppina Ghini* e Luca Attenni* la maggior parte del tessuto urbano e dei monumenti
antichi. È verosimile che, all’esterno della fortificazione
dell’acropoli, nella parte nord-est del colle San Lorenzo e
Il Comune di Lanuvio è situato in provincia di Roma, 33 km ai piedi di questo dovessero sorgere, a partire dal II sec.
a sud-est della capitale. L’odierno centro urbano insiste sul a.C., una serie di impianti residenziali di notevole livello,
sito dell’antica Lanuvium, ben identificato grazie alle testi- come hanno dimostrato i rinvenimenti effettuati nella metà
monianze di Strabone (V, 3, 12) e di Appiano (Civ. II, 20). degli anni ’60 e negli anni ’90 del secolo scorso in più
Le prime notizie attendibili attestano che, sul finire del VI punti, lungo la via Laviniense.
sec. a.C., Lanuvium faceva parte della lega delle città lati- L’angolo settentrionale della cinta muraria medievale ingloba
ne, che si riuniva nel lucus di Diana Nemorense, sul lago le strutture del teatro da cui proviene una statua colossale
di Nemi. Diede i natali al console del 62 a.C. L. Licinio dell’imperatore Claudio, esposta nei Musei Vaticani.
Murena, legato di L. Licinio Lucullo, e agli imperatori An- Sulla seconda terrazza della città, in piazza Tempio
tonino Pio e Commodo. Con l’editto di Teodosio del 381 d’Ercole, si vedono i resti imponenti della sostruzione in
d.C., che sanciva il cristianesimo come unica religione opera quadrata di peperino (lunghezza m 33, altezza
dell’impero romano, iniziò la decadenza e l’inesorabile m 9,35) su cui sorgeva il tempio dedicato alla seconda
abbandono dell’antica Lanuvio. L’editto comportò infatti divinità per importanza della città latina, Ercole.
l’immediata chiusura di tutti i templi pagani, tra cui anche Anche se il sito non fu abbandonato nei secoli successivi
quello di Giunone Sospita (Salvatrice), attivo fin dall’VIII all’editto di Teodosio, notizie certe di esso si hanno soltan-
sec. a.C., che era stato l’elemento propulsore della cit- to a partire dal IX sec. d.C., quando, secondo lo studioso
tadina per 10 secoli. La centralità del santuario lanuvino, lanuvino Alberto Galieti, rinacque grazie all’opera dei mo-
collocato sull’acropoli della città, nel sito dell’odierno col- naci Benedettini col nome di Civita Novina.
le San Lorenzo, è dovuta a un antico culto, in un primo I secoli dall’XI fino alla seconda metà del XVI videro sac-
tempo di carattere pastorale e, successivamente, agricolo, cheggi, assedi, donazioni. Agli inizi del XV secolo la città
andando di pari passo con l’economia della popolazione passò nelle mani dei Colonna, a cui rimase fino al 1564,
lanuvina. Gli scavi, condotti dalla fine del XIX secolo, han- anno in cui venne venduta, insieme ad Ardea, a Giuliano
no riportato in luce progressivamente, oltre al grandioso Sforza Cesarini al prezzo di 105.000 scudi.
complesso architettonico santuariale, con i portici e le bot- Nella seconda guerra mondiale, per l’importanza della
teghe per la vendita degli ex voto, anche pregevoli reperti sua posizione strategica, fu bombardata dal mare e sot-
quali le antefisse a testa femminile con nimbo traforato toposta alle incursioni aeree delle armate alleate sbarcate
terminante a palmetta che un recente studio attribuisce a ad Anzio.
maestranze urbane, e numerosi frammenti di un gruppo Completamente distrutto, il paese risorse grazie allo spirito
scultoreo equestre attribuito a Lucio Licinio Murena. di iniziativa della popolazione lanuvina, ed esso è, allo stato
Il culto continuò con riti dal sapore preistorico fino alla attuale, uno dei più incantevoli luoghi dei Castelli Romani.
piena età imperiale e oltre. Un esempio è offerto dalla
processione annuale di vergini, con le focacce propiziato-
rie, dal tempio fino a una grotta cui era custodito il serpen- *Giuseppina Ghini, Funzionario archeologo presso la Soprinten-
denza per i Beni Archeologici del Lazio
te sacro a Giunone. Sappiamo infatti sia da Properzio che
*Luca Attenni, Direttore del Museo Civico Lanuvino
da Eliano che nel Santuario, ogni anno all’approssimarsi
della primavera, si svolgeva una cerimonia nel corso della
quale alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce a
un grosso serpente che si trovava all’interno di un antro; se Gli scavi della “Sapienza” - Università di
l’animale accettava il cibo offertogli dalla fanciulla (indizio Roma e del Museo Civico Lanuvino
della verginità di quest’ultima), si prospettavano raccolti
fecondi; in caso contrario, la fanciulla (rivelatasi impura) Da settembre 2006 a settembre 2011 sono state
veniva sacrificata per scongiurare la carestia. realizzate 5 nuove campagne di scavo, da parte
L’ubicazione dell’antro è ancora incerta: un’ipotesi è che della “Sapienza” - Università di Roma e del Museo
possa essere localizzato, in base a dati toponomastici, in Civico Lanuvino, all’interno della cella del Tempio
località Stragonello, il cui nome deriverebbe da Dragone e, di Giunone Sospita e nell’area dell’ex uliveto Fre-
non a caso, nelle fonti antiche si parla di draco e di dracon; diani-Dionigi, i cui risultati sono stati recentemente
alcuni studiosi propongono invece la localizzazione in una pubblicati. Gli scavi hanno portato interessanti no-
serie di cunicoli che si dipartono da una porticina sul fondo vità: nell’area del tempio, al di sotto degli strati di
del portico del Santuario; tuttavia il recente rinvenimento età arcaica, sono stati rinvenuti, sul banco tufaceo,
in località Pantanacci, a poche decine di metri a nord- i solchi di una capanna databile al IX sec. a.C. e
ovest del Santuario, di una stipe votiva all’interno di una sepolture con corredi funerari di VIII secolo a.C.
grotta alimentata dall’acqua proveniente da cunicoli Nell’area dell’ex Uliveto Frediani-Dionigi, situata sul
potrebbe aprire nuove ipotesi sull’ubicazione dell’antro versante sud-orientale della Villa Sforza Cesarini e mai
del serpente, anche in considerazione del fatto che, tra indagata prima, sono invece emerse strutture murarie,
i materiali, si sono rinvenute quelle che sembrano poter pavimenti a mosaico e battuti che coprono un arco
essere identificate come parti di un serpente in peperino. cronologico che va dal II sec. a.C. al IV d.C.
La città si sviluppava nella parte bassa, in corrispondenza
15
Museo Civico Lanuvino una raccolta di fotografie storiche raffiguranti i vari siti
archeologici di Lanuvio, emersi dagli scavi avvenuti ri-
Il Museo Civico Lanuvino è stato inaugurato nel 2001. spettivamente nel 1884-1892 e nel 1914-1915, espo-
Tra i reperti esposti si segnalano un affresco di età ste nel Museo accanto ai rilievi effettuati recentemente
augustea raffigurante tematiche dionisiache; alcuni in occasione delle ultime campagne di scavo nell’area
frammenti marmorei del I sec. a.C. pertinenti al grup- santuariale del Tempio di Giunone Sospita. Infine, di
po scultoreo equestre di L. Licinio Murena (del quale notevole interesse sono anche i resti del balineum e
esistono altri frammenti custoditi in parte in Inghilterra di una strada realizzata in basoli dell’antica Lanuvium
nel British Museum di Londra e nel Museo di Leeds); un inglobati all’interno degli spazi espositivi del Museo. È
parapetto marmoreo di età antonina raffigurante un stato infine recentemente inaugurato un nuovo spazio
grifone alato proveniente dal teatro romano dell’antica espositivo nel centro storico di Lanuvio dedicato intera-
Lanuvium; una porzione di pavimento in mosaico del mente ai reperti provenienti dalla stipe votiva in località
I sec. a.C. proveniente da una domus romana; due Pantanacci, rinvenuta nel 2012 all’interno di una grot-
frammenti combacianti di kylix in bucchero che reca- ta situata a NO del colle S. Lorenzo (Sala della Stipe
no incisa la seconda parte del più antico alfabetario votiva. Piazza Antonino Pio 24, visitabile a richiesta ri-
in lingua latina (fine VI - inizi V sec. a.C.); una serie volgendosi al Museo).
di lastre architettoniche e votive di età arcaica ed el-
lenistica provenienti dall’area santuariale di Giunone Piazza della Maddalena, 16 - Lanuvio (RM)
Sospita; frammenti di decorazioni cosmatesche tra cui Tel. 06/93789237; 06/93789217
due leoni, provenienti dalla chiesa medievale preesi-
stente alla Collegiata di S. Maria Maggiore situata nel Orari di apertura:
centro storico di Lanuvio. Degna di menzione è anche tutti i giorni 10,00-19,00

1. Lanuvio, veduta notturna del portico dopo la


ristrutturazione (foto Museo Civico Lanuvino)

2. Ricostruzione della processione annuale di vergini dal tempio


fino all’antro del serpente (ricostruzione F. Benetti)

3. Lanuvio, loc. Pantanacci, la grotta e alcuni reperti (foto Archivio SBAL)


16

1. Norba, interno del parco archeologico: la 2. Norba, veduta aerea obliqua della città 3. Norba, le mura e la Porta Maggiore
strada centrale (foto S. Quilici Gigli) (foto S. Quilici Gigli) (foto S. Quilici Gigli)

Norba All’interno delle mura si riconosce un impianto urbanistico


di Stefania Quilici Gigli* ad assi ortogonali, scandito da terrazzi in opera poligo-
nale, che regolarizzano i dislivelli. Punti focali dell’assetto
urbano appaiono due balze, convenzionalmente chiamate
Posta su un alto pianoro dei Monti Lepini che domina la Acropoli Maggiore, sulla quale sorge il Tempio di Diana, e
piana Pontina, Norba deve la sua fama alla spettacolare Acropoli Minore, con due templi; l’area del Foro, posta a
conservazione delle mura e alle tragiche vicende che ne valle dell’Acropoli Maggiore; il complesso del Santuario di
hanno fermato l’esistenza all’81 a.C. Le fonti antiche, con Giunone. Un elemento di particolare rilevanza nella pianifi-
incisività, tramandano le vicende essenziali della sua sto- cazione urbana per assi ortogonali è costituito da una lunga
ria: Livio ne restituisce la posizione e il ruolo, ricordando strada, che attraversava in rettifilo la città, attestandosi da
che nel 491 a.C. Roma vi avrebbe dedotto una colonia, un lato scenograficamente su una scalinata che saliva all’A-
roccaforte nel territorio pontino. Appiano, con grande cropoli Minore, dall’altra su una delle porte urbane.
efficacia, ne descrive la fine, nell’81 a.C., quando Nor- La peculiare storia di Norba, distrutta nell’81 a.C., ha
ba, che si era schierata dalla parte di Mario, fu presa per permesso di leggere le abitazioni rimesse in luce ferme
tradimento dal luogotenente di Silla e i suoi abitanti pre- all’inizio del I sec. a.C.: una occasione rara, dato che in
ferirono dare fuoco alle loro case, uccidersi l’un l’altro genere le abitazioni di tale epoca appaiono trasformate se
piuttosto che cadere nelle mani dei vincitori. non cancellate dai cambiamenti che segnarono l’edilizia
Dopo questi tragici eventi, la città fu solo episodicamente privata delle città romane dopo le guerre tra Mario e Silla.
rioccupata, in settori definiti, con maggiore consistenza in Le case, nella loro impostazione planimetrica, rispondono
epoca altomedievale. Con lo spostamento dell’abitato nel agli schemi più consueti della casa romana organizzata
sito della attuale Norma, subito dopo, il pianoro sul quale intorno all’atrio con impluvio al centro, ambienti sui lati e
sorgeva è rimasto abbandonato e intatto. stanze di rappresentanza sul fondo. Interessanti i pavimen-
La eccezionale conservazione dei luoghi ha attirato su ti, diversi secondo gli ambienti, in relazione alla gerarchia
Norba, fin dall’inizio del Settecento, l’attenzione degli stu- di funzioni, che rientrano nel repertorio diffuso specie nel II
diosi. Gli scavi dell’inizio del 1900, condotti con criteri sec. a.C.: in battuto o in cocciopesto negli atri, in battuto
scientifici eccezionali per i tempi, valsero a un primo cor- o piastrelle laterizie nelle stanze di servizio, in cocciopesto
retto inquadramento dell’allora tanto discusso problema decorato con tessere disposte secondo motivi geometrici o
della datazione delle mura in opera poligonale e portaro- piccoli inserti figurati nelle stanze di rappresentanza.
no in luce 4 templi. Per iniziativa della Regione Lazio e del All’ultima fase di vita della città vanno riferite le terme,
Comune di Norba, in accordo con la Soprintendenza per i situate sul principale asse urbano. La loro realizzazione, in
Beni Archeologici del Lazio, tutta la città antica costituisce opera incerta, si può inquadrare tra gli ultimi decenni del II
ora un parco archeologico, di particolare significato per sec. a.C. o al più tardi all’inizio del I sec. a.C.: nell’edificio
impostazioni e contenuti. Si tratta infatti di un parco “aper- si può cogliere il riflesso di una società che precocemente
to” alla visita, concepito per una fruizione libera, senza esprime nuovi sentimenti civici aprendosi a nuove tipolo-
biglietto di ingresso e cancelli, che continua ad accogliere gie monumentali, a innovazioni architettoniche ed esibisce
la popolazione locale, pastori e greggi, e sta sempre più in questo modo il benessere sociale, l’urbanitas raggiunta
attirando i visitatori per i contenuti archeologici legati a o che comunque vuole significare.
quelli del paesaggio e dell’ambiente.
*Stefania Quilici Gigli, Seconda Università di Napoli
Norba si presenta con un aspetto di scenografica monu-
mentalità, caratterizzata da possenti mura in opera poli-
gonale, che cingono un’area di circa 44 ettari. Sul loro Museo Civico Archeologico “Padre Annibale
percorso si aprono 4 porte e diverse posterule. Le mura Gabriele Saggi”
costruite con una tecnica più rozza, riconoscibili in alcuni
tratti, si datano alla metà o seconda metà del IV sec. a.C. Via della Liberazione snc - Norma (LT)
e correvano in origine lungo tutto il perimetro. Queste, Tel. 0773/353806
probabilmente nella prima metà del III sec. a.C., furono cultura@comune.norma.lt.it
poi rinnovate o sostituite da nuove fortificazioni, in opera museociviconorma@gmail.com (solo per prenotazioni)
poligonale più curata.
Orari di apertura:
martedì e giovedì 10,00-13,30, 15,00-18,30
mercoledì e venerdì 10,00-13,30
sabato e domenica 10,00-14,00, 15,30-19,00
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1. Priverno, Museo archeologico: testa marmorea di Dioniso proveniente dall’area del teatro di Privernum, I sec. d.C. (foto L. Renzi)

Privernum Il settore maggiormente indagato della città, limitato da


di Margherita Cancellieri* e Nicoletta Cassieri* un tratto delle mura urbiche, corrisponde alla sua area
centrale e conserva monumenti, edifici e infrastrutture che
Privernum, antica città dei Volsci conquistata da Roma nel segnano la vita di Privernum dalla sua fondazione fino
IV sec. a.C, fu rifondata come colonia romana nel tardo all’abbandono, avvenuto fra il XII e il XIII secolo quando la
II sec. a.C. in un luogo di pianura al centro della valle città, con il nome Piperno, fu trasferita sul colle che ancora
dell’Amaseno, nell’attuale località Mezzagosto, 5 km a oggi ospita Priverno.
nord di Priverno. Di particolare rilievo tre domus di età repubblicana ca-
Il sito conserva cospicui resti della città, rimessi in luce ratterizzate da impianti planimetrici incentrati su grandiosi
soprattutto in quest’ultimo ventennio grazie a un proget- atri e peristili di stampo ellenistico e arricchite da una no-
to di ricerca e di scavo promosso dall’Amministrazione tevole varietà di pavimentazioni a mosaico; gli esemplari
comunale di Priverno in sinergia con la Regione Lazio, la figurati sono stati distaccati e sono ora esposti al Museo
“Sapienza” - Università di Roma e la Soprintendenza per archeologico ma in situ rimangono oltre 30 mosaici che
i Beni Archeologici del Lazio e finalizzato alla realizzazio- propongono i più svariati decori e intrecci geometrici.
ne e al potenziamento dei Musei archeologici cittadini: L’edilizia pubblica è documentata da diverse opere infra-
l’Area Archeologica Privernum, il Museo Archeologico di strutturali fra cui fa spicco un’imponente opera idraulica,
Priverno e il Museo Medievale di Fossanova. unica nel suo genere, formata da una galleria larga 4 me-

2. Priverno, Area archeologica: panoramica del complesso termale di età imperiale che ingloba le strutture repubblicane
della domus dell’Emblema figurato (foto Musei Archeologici di Priverno)
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Musei Archeologici di Priverno

Il Museo Archeologico, completamente rinnovato


nella sede e nell’allestimento e arricchito nei suoi con-
tenuti, è ospitato dal 2013 nel Palazzo Valeriani-Gua-
rini-Antonelli, una dimora storica di grande prestigio
che affaccia sulla bella piazza principale di Priverno, di
fronte alla cornice medievale disegnata dal Duomo e
dal Palazzo Comunale.
Il Museo è dedicato a Privernum, città che fu volsca
e poi romana, e accompagna il visitatore a scoprire
le più antiche fasi di vita del territorio, dall’età pro-
tostorica al nascere e alla vita della colonia romana.
Oltre 1000 oggetti, fra mosaici, statue, ritratti, iscrizio-
ni, terrecotte, ceramiche da cucina e da mensa, decori
architettonici e tanto altro ancora, accompagnati da
un efficace apparato didattico, sono “messi in mostra”
3. Priverno, Area archeologica: il raffinato pavimento per raccontare frammenti di storia e ricomporre l’im-
a mosaico policromo che decora un ambiente di magine di Privernum antica, plasmata nei variegati e
rappresentanza della domus dell’Emblema figurato, molteplici aspetti di quella che fu la sua vita cittadina
inizi I sec. a.C. (foto Musei Archeologici di Priverno) dal II sec. a.C. a tutta l’età romana.
L’elevato tenore dell’edilizia pubblica si materializza so-
prattutto nel sontuoso decoro marmoreo del Foro e del
teatro, con statue e ritratti della famiglia imperiale - di
tri che si allunga ad attraversare tutto l’abitato e serviva a
Claudio, di Livia, di Tiberio, di Germanico, di Agrippina,
incanalare un fiume e a metterne a regime le acque.
di Nerone fanciullo, di Domiziano - che si assommano a
Considerevoli sono poi i resti del teatro con una grande
elementi architettonici in marmi pregiati.
piazza porticata contornata da 32 tabernae, e quelli di un
Raffinati mosaici figurati policromi di stampo ellenistico
edificio termale costruito dopo il II sec. d.C. sulle strutture
sono invece gli autorevoli testimoni del lusso delle an-
ormai abbandonate di una domus.
tiche domus patrizie: fra questi spicca un emblema con
Scavi recentissimi hanno inoltre rimesso in luce la fase al-
il “Rapimento di Ganimede” e una lunga soglia che si
tomedievale della città che, racchiusa all’interno di una
snoda per quasi 5 metri a illustrare un paesaggio am-
poderosa cinta muraria, trovava uno dei suoi poli princi-
bientato in Egitto, lungo il fiume Nilo. È questa un’o-
pali in un edificio ecclesiastico, quasi certamente la catte-
pera di straordinario pregio artistico che, grazie a un
drale. Questo, costruito intorno al VI secolo, attraverso più
sapiente gioco a incastro di minuscole tessere dai colori
fasi edilizie, giunse, nel IX secolo, a una completa ristruttu-
ora tenui e ora vivaci, offre uno spaccato di tutta la
razione che ha restituito un sontuoso apparato scultoreo e
brulicante e multiforme vita lungo il grande fiume, con
pittorico ora in mostra al Museo Medievale di Fossanova.
il suo ambiente palustre, la sua fauna e la sua flora che
accompagnano curiose vignette animate da Pigmei.
*Margherita Cancellieri, “Sapienza” - Università di Roma
*Nicoletta Cassieri, Funzionario archeologo presso la Soprinten- Piazza Giovanni XXIII - Priverno (LT)
denza per i Beni Archeologici del Lazio Tel. 0773/912306
www.musarchpriverno.it

Orario di apertura:
giovedì e venerdì 10,00-13,00
sabato, domenica e festivi 10,00-13,00, 15,00-18,00

Area Archeologica Privernum

SR 156 dei Monti Lepini (vecchio tronco), km 28.800


loc. Mezzagosto - Priverno (LT)

Visite su prenotazione:
info 0773/911087 - 912306

Museo Medievale di Fossanova

Antica Foresteria Cistercense - Fossanova di Priverno (LT)


Tel. 0773/938006

4. Priverno, Museo archeologico: particolare della Orario di apertura:


soglia musiva con paesaggio nilotico distaccata dal sabato, domenica e festivi 10,00-13,00, 15,00-18,00
tablino della domus della Soglia nilotica di Privernum,
metà I sec. a.C. (foto A. Pagliari)
19

2. Palestrina, santuario della Fortuna Primigenia: la terrazza degli


1. Palestrina, veduta aerea (foto M. Letizia) Emicicli (foto Archivio SBAL)

Praeneste La potenza e la floridezza di Praeneste nell’età


di Sandra Gatti* orientalizzante è dimostrata dai ricchi corredi di tombe
principesche i cui preziosi oggetti dimostrano contatti con
tutte le popolazioni del Mediterraneo, dalla Grecia alle
Nell’antichità la città rivestì un ruolo di assoluto rilievo nel coste fenicie fino all’Egitto.
Lazio e anche nell’Italia centrale, poiché fu una delle più L’età arcaica (VI-V sec. a.C.) è l’epoca nella quale la città
importanti città latine che restò indipendente da Roma subisce la definitiva evoluzione: le aree sacre e quelle
fino alla guerra sociale (90 a.C.), quando ricevette la pubbliche si distinguono nettamente dalle zone abitative,
cittadinanza romana. si costruiscono le mura in opera poligonale che cingono
Difesa da una potente e imprendibile acropoli, oggi l’acropoli e l’abitato. Si consolida insomma e si porta a
occupata dal paese di Castel San Pietro Romano, Praeneste pieno compimento il fenomeno di formazione della città.
occupava una posizione altamente strategica, a dominio La fase medio repubblicana (IV-III sec. a.C.) è documentata
di due fondamentali vie di comunicazione dell’Italia sia dai numerosissimi corredi funerari della necropoli,
centrale: la valle del Sacco era il principale collegamento sia dai doni votivi deposti nei santuari, che denotano
interno fra Etruria e Campania, mentre la seconda, con l’emergere di una vasta classe media e la fioritura di
un articolato sistema di valli, rappresentava uno dei più officine locali per la produzione di bronzi, terrecotte
importanti collegamenti fra le zone appenniniche e il mare. architettoniche, originali sculture a destinazione funeraria
Questa posizione nodale fu alla base della fortuna della e ceramiche.
città, la cui ricchezza è testimoniata dai monumenti Ma il suo ruolo primario va situato soprattutto nella tarda
conservati e dall’abbondante materiale archeologico di età ellenistica (II sec. a.C.), quando Praeneste diventa un
alto livello artistico. centro nodale della elaborazione artistica, in particolare
Tra la media età del Bronzo e la prima età del Ferro, cioè nella scultura, e di realizzazione di progetti architettonici
tra XIV e VIII sec. a.C., l’area che diventerà Praeneste era innovativi per edifici civili e sacri, derivati dai modelli del
occupata da alcuni villaggi non troppo distanti gli uni Mediterraneo ellenistico che i Prenestini ben conoscevano
dagli altri. Alla metà circa dell’VIII secolo questi villaggi per la loro partecipazione ai commerci aperti in quelle
sparsi si fusero in un unico grande insediamento. terre dalle guerre di conquista di Roma.
I racconti degli storici antichi ci hanno conservato, velato L’esempio più significativo è il santuario della Fortuna
dal mito, il ricordo di questa fase: secondo la più antica Primigenia, divinità oracolare e protettrice della fertilità,
delle leggende che essi trasmettono il fondatore di grandiosa creazione architettonica, strutturata su terrazze,
Praeneste sarebbe stato Caeculus, figlio del dio Vulcano, sovrastante l’area urbana. Ma in questa fase anche altri
che avrebbe riunito attorno a sé in un’unica, potente città edifici imponenti furono costruiti nel Foro e tutta la città
tutti gli abitanti dei villaggi della zona. fu ristrutturata secondo un vasto progetto urbano, che
20 comportò la sistemazione dell’abitato in terrazzamenti su
poderosi muraglioni in opera poligonale (in gran parte
ancora oggi visibili), che ospitavano ninfei, fontane e forse
un bosco sacro.
Di qui si scendeva alla piazza del Foro, al di sotto della
quale, dopo un paio di terrazze dalla fisionomia non
più riconoscibile, il complesso degli Arcioni, animato da
fontane e mosaici, costituiva una cerniera monumentale
con la città bassa sorta fuori dalle mura.
Il Foro, dove già dalla fine del IV sec. a.C. esisteva
un imponente tempio dedicato a Giove, il cui podio
è oggi visibile sotto la Cattedrale di S. Agapito, fu
monumentalizzato con la costruzione della basilica civile
(l’aula dove si discutevano affari e processi) e dell’Erario,
cioè la cassa cittadina in cui confluivano i proventi della
tassazione, dove è ancora leggibile nel muro di fondo
l’iscrizione dei magistrati che ne decisero la costruzione.
Infine furono realizzati due grandiosi edifici posti ai lati
della basilica, detti Antro delle Sorti e Aula Absidata, che 3. Palestrina, il mosaico dei pesci, particolare (foto
avevano certamente funzione pubblica, decorati ciascuno Archivio SBAL)
da preziosi mosaici policromi: quello raffigurante il fondo
marino, ancora in posto nel primo, e il famoso mosaico
raffigurante il paesaggio lungo il Nilo, situato in origine
come pavimento della grotta dell’Aula Absidata e oggi Museo Archeologico Nazionale di Palestrina
visibile nel Museo Archeologico.
In seguito l’abitato cominciò a estendersi a valle, Il Museo Archeologico Nazionale di Palestrina,
occupando tra la tarda età repubblicana e l’età imperiale ospitato nel rinascimentale palazzo Barberini sulla
il vasto pianoro sottostante il nucleo più antico. sommità dell’antico santuario della Fortuna Primigenia,
Nell’area dell’attuale cimitero si trovano i grandiosi resti espone le opere più rilevanti dell’antica Praeneste,
della villa dell’imperatore Adriano. Qui venne rinvenuta la presentate attraverso la successione di diversi temi
famosa statua dell’Antinoo Braschi, ora ai Musei Vaticani, che abbracciano i principali aspetti della storia, della
insieme a pregevolissimi mosaici, molto vicini per lo stile a cultura e delle produzioni artistiche della città antica.
quelli che ornano l’altra, più famosa, residenza di Adriano Nelle sale del primo piano vi sono opere relative
presso Tivoli. al culto della dea Fortuna, sculture ellenistiche,
statue onorarie, ritratti e rilievi di età repubblicana e
*Sandra Gatti, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza imperiale. Il secondo piano è dedicato alle necropoli e
per i Beni Archeologici del Lazio ai santuari, con preziosi oggetti in bronzo e terrecotte
votive. Al terzo piano un’unica sala ospita il celebre
mosaico policromo con l’inondazione del Nilo e il
plastico ricostruttivo del santuario della Fortuna.
Nell’area archeologica antistante il Museo è possibile
visitare gli imponenti resti del santuario della Fortuna
Primigenia.

Via Barberini, 22 - Palestrina (RM)


Tel. 06/9538100
www.archeolazio.beniculturali.it

Orari di apertura:
tutti i giorni 9,00-20,00 (la biglietteria chiude alle ore
19,00).

Area archeologica del santuario della


Fortuna Primigenia

Orari di apertura:
gennaio e febbraio 9,00-16,00; marzo 9,00-17,00;
aprile 9,00-18,00; maggio 9,00-18,30; giugno-
agosto 9,00-19,00; settembre 9,00-17,30; ottobre
9,00-17,00; novembre e dicembre 9,00-16,00.
L’area archeologica degli edifici del Foro di Praeneste
(Piazza Regina Margherita 1) è visitabile gratuitamente
su richiesta.

4. Palestrina, la basilica romana (foto Archivio SBAL)


21

1. Segni, veduta della chiesa di S. Pietro ricavata nella cella del Tempio di Giunone Moneta (foto Museo Civico
Archeologico di Segni)

Signia e, sino alla distruzione di quella città nell’82 a.C., Norba.


di Federica Colaiacono* Della Signia romana rimangono, quale monumento
simbolo, le poderose mura in opera poligonale,
probabilmente risalenti a un momento non lontano ma
Lo stemma della città di Segni si fregia a buon titolo del distinto dalla prima deduzione di coloni (IV sec. a.C.?),
motto “Signia prima Romanorum colonia”, a ricordare ancora oggi visibili per quasi tutto il perimetro attraverso
come le fonti storiche (Liv., II, 21: “Eodem anno (495 a.C.) uno stradello pedonale allestito all’esterno dell’intero
Signia colonia, quam rex Tarquinius deduxerat, suppleto circuito. Il grande complesso archeologico dell’Acropoli,
numero colonorum iterum deducta est”) attribuiscano con i resti del maestoso tempio dedicato a Giunone
la fondazione della città a età regia, dato pienamente Moneta e della grande vasca circolare, costruita mediante
confermato dai risultati degli scavi condotti negli anni l’utilizzo di un calcestruzzo molto particolare, che sembra
Novanta del secolo scorso e più recentemente nei pressi abbia avuto il nome proprio dalla città di Segni: l’opus
di Porta Foca, a breve distanza dall’Acropoli, con evidenti signinum, pur risalendo come fondazione ai primi tempi
tracce di un’occupazione strutturata risalente alla piena della città, si presenta nella veste assunta nella tarda
età arcaica (VI sec. a.C.), peraltro sottentrata a una Repubblica (II sec. a.C.).
importante frequentazione databile al Bronzo Finale (XI-X Meritano una menzione anche i monumenti dell’area del
sec. a.C.). I Tarquini, e in seguito la Repubblica Romana, Foro, attorno all’attuale piazza della Cattedrale di Santa
erano allora impegnati in acerrime lotte, oltreché con gli Maria, tra cui il criptoportico costruito nella seconda
Etruschi, contro i popoli del Lazio meridionale interno, metà del I sec. a.C. da due magistrati della famiglia dei
Equi, Volsci ed Ernici, alleati o in lotta con la stessa Volumnii e le grande sostruzioni di Largo Pericle Felici -
Lega Latina. L’importanza strategica del sito, vero nido via San Lorenzo, che mostrano un variegato e interessante
d’aquila posto a dominio della sottostante Valle Latina su palinsesto di tecniche costruttive. Tra i monumenti visitabili
uno snodo del sistema viario dei Monti Lepini, giustifica anche il complesso ellenistico di Santa Lucia, conservato
l’ubicazione della città sulle pendici di un imponente al di sotto dell’attuale sede della XVIII Comunità Montana
massiccio roccioso, circostanza che determinò, da un lato dei Monti Lepini, probabilmente attribuibile a un santuario
la necessità di recingerlo quasi interamente di un circuito affacciato scenograficamente lungo il margine dell’abitato.
murario, dall’altra di realizzare poderosi terrazzamenti per Appena fuori la porta principale di accesso alla città,
la costruzione dell’abitato. Dopo la distruzione dell’altra Porta Maggiore, sono, nascosti nelle cantine dei fabbricati
città ubicata lungo il margine settentrionale dei Monti moderni, i resti di un santuario di Ercole, in un’area che
Lepini, rimasta senza nome, le cui imponenti rovine ha conservato nei millenni la destinazione a mercato
occupano il sito del Piano della Civita di Artena (ca. 300 della città. L’eccezionale Ninfeo Repubblicano, decorato
a.C.), e l’incorporazione del suo territorio, Segni giunse con la tecnica dell’incrostazione di pomici, che reca in
a controllare una parte rilevante del Lazio meridionale greco la firma dall’architetto Quinto Mucio, recentemente
interno, in direzione di Praeneste, Velitrae, Anagnia, Cora, acquistato dal Comune di Segni e reso fruibile grazie ai
22 primi interventi di pulizia e di valorizzazione, si pone anche
esso in area periurbana, forse in corrispondenza di una
fonte sacra, cosicché si è incerti sulla natura stessa del
monumento (annesso di una ricca domus o elemento di
un santuario salutare).
Nel Medioevo la città, che aveva vissuto il suo momento
migliore nella tarda età repubblicana, quando vi affluirono
gli ingenti profitti di alcuni suoi cittadini impegnati nel
commercio con il Mediterraneo orientale, continuò
ad essere fiorente: attestata dal V secolo come sede di
diocesi, fu scelta come residenza da molti pontefici, tra
i quali fa spicco Lotario dei Conti di Segni, papa col
nome di Innocenzo III (1198-1216). Numerose strutture
conservate nel cuore del centro storico mostrano ancora
tutto il fascino e la bellezza dell’architettura dell’epoca,
2. Segni, Porta Saracena (foto Museo Civico Archeologico di Segni) come l’antico Palazzo Comunale, oggi sede del Museo
Archeologico Comunale, o il palazzo del Vescovado.

*Federica Colaiacono, Curatrice del Museo Civico Archeologico


di Segni

Segni Project

Il Segni Project, realizzato negli anni 2012-2014, di-


scende da un accordo tra il Comune di Segni, tramite
il suo Museo Archeologico, e la British School at Rome.
Il progetto, attuato su concessione del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali grazie all’attenzione dimo-
strata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Lazio, è stato sostenuto da alcuni sponsor economici.
Esso è stato indirizzato all’analisi delle due principali aree
pubbliche della città, il Foro (attuale piazza S. Maria), e
l’Acropoli; a queste si è poi aggiunta una terza area nota
3. Segni, Ninfeo Repubblicano (foto Museo Civico Archeologico come “Prato Felici”, vasto settore sgombro di costruzioni
di Segni) all’interno delle mura non lontano dall’Acropoli.
Le ricerche hanno preso il via nel giugno 2012 con
una campagna di prospezioni geo-fisiche, che hanno
indirizzato il successivo posizionamento dei saggi. Le
due aree i cui risultati sono stati più eclatanti sono state
quelle di piazza Santa Maria e di Prato Felici. In piaz-
za Santa Maria lo scavo ha rivelato l’esistenza di una
complessa sovrapposizione di fasi murarie. Il livello in-
feriore, corrispondente alla fase romana e altomedie-
vale, è segnato dalla presenza di una vasta porzione di
uno splendido mosaico policromo, databile nella pri-
ma metà di I sec a.C., che indizia, con la sua raffina-
tissima esecuzione, la presenza nella zona della piazza
forense di strutture di alto livello. A Prato Felici la pulizia
di uno dei muraglioni emergenti dal suolo ne ha mo-
strato l’appartenenza a una grande cisterna, realizzata
nella tecnica dell’opus signinum (calcestruzzo battuto
privo di paramento e copertina in cocciopesto). Presso
la cisterna, durante le operazioni di pulizia dell’area,
sono stati individuati livelli contenenti materiali riferibili
all’età del Bronzo Finale (ca. XI-X sec. a.C.), mentre un
secondo lotto di materiali, assegnabile a età arcaica
4. Segni, mosaico policromo con motivo a pale di mulino dagli scavi (tardo VII - inizi V sec. a.C.), apre importanti prospet-
di piazza Santa Maria (foto Museo Civico Archeologico di Segni) tive di ricerca.
Anagnia Lazio e in Italia, ma, alla fine del IV sec. a.C., la città fu 23
di Sandra Gatti* definitivamente sconfitta e annessa allo stato romano.
Risale proprio a questo momento la costruzione del
circuito murario che circonda la città e che segna il
La fama di Anagni è legata soprattutto al Medioevo (XII- configurarsi dell’abitato, fino ad allora probabilmente
XIV secolo), quando la città visse un periodo di grande circoscritto a un’area meno estesa intorno all’acropoli,
prosperità grazie al fatto che divenne a lungo residenza come vero centro urbano. Le mura sono realizzate in
papale. Molti importanti edifici risalgono a questo periodo, opera quadrata di travertino e sono rinforzate da un
tra cui la Cattedrale, il palazzo della Ragione e il grandioso poderoso terrapieno retrostante; in più punti sono visibili
palazzo detto di Bonifacio VIII, sede del famoso episodio tratti pertinenti a restauri più tardi, in cementizio e cortina
noto come “lo schiaffo di Anagni” (7 settembre 1303), in in reticolato, databili probabilmente all’inizio del I sec.
occasione del quale il pontefice fu pubblicamente umiliato a.C. A questo stesso periodo risale probabilmente il
da Sciarra Colonna durante il dissidio sorto con il re di poderoso muraglione, sempre in opera quadrata, visibile
Francia Filippo IV, detto Il Bello. lungo via Maggiore e via Dante, che sostruisce il margine
Ma la città fu importante e prospera anche nell’antichità, tanto sud-occidentale dell’acropoli e che costituiva anche una
che Virgilio la ricorda come “dives Anagnia”, la ricca Anagni. sorta di fortificazione interna collegata a quella esterna.
In epoca preromana fu il centro politico e religioso degli Ma il tratto più significativo del circuito difensivo è quello
Ernici, popolazione che occupava la zona del Lazio noto come “gli Arcazzi”, sul versante meridionale. Qui le
meridionale compresa fra i monti Lepini e i monti Ernici, le mura, conservate fino a 16 metri di altezza, descrivono
cui città principali erano Alatri, Ferentino e Veroli. due grandi archi di cerchio con la concavità volta verso
Nel periodo arcaico (VII-VI sec. a.C.) questo gruppo etnico l’esterno, il primo dei quali ha sulla fronte 4 archi a tutto
fu molto vicino ai confinanti Latini, sia politicamente sia sesto che poggiano su tre pilastri: lo scopo di tale articolata
culturalmente. Le fonti antiche ricordano in particolare sistemazione – raccomandata anche dagli antichi trattati
un personaggio di Anagni, Laevus Cispius, che con le di poliorcetica (l’arte di assediare ed espugnare una città)
sue truppe avrebbe portato aiuto al terzo re di Roma, – era quello di poter controllare e colpire in modo più
Tullo Ostilio; in seguito gli Ernici, votando all’unanimità, ampio, senza angoli morti, tutto il territorio sottostante.
avrebbero deciso di allearsi con il re Tarquinio il Superbo. Della topografia della città antica si conosce poco, anche
Proprio da Anagni e dal suo territorio proviene la più a causa della continuità di vita dell’abitato fino ad oggi:
consistente documentazione archeologica di questo appare evidente, tuttavia, il perpetuarsi della maglia
periodo che mostra l’esistenza di rilevanti luoghi di culto, stradale principale, come via Maggiore, via Dante, via
aperti anche alla frequentazione e devozione dei popoli San Michele e via di Bagno. Proprio lungo quest’ultima si
confinanti, quali Etruschi e Latini. Il santuario principale (da conserva uno dei nuclei più imponenti della città romana: si
cui proviene una raffinata testina di guerriero che faceva tratta di una struttura in opera quadrata e opera reticolata,
parte della decorazione fittile) si trovava sull’acropoli, nei databile tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C., che si
pressi della Cattedrale, mentre un secondo luogo di culto, ergeva per tre piani. Il piano inferiore aveva la funzione
molto frequentato dalla fine dell’VIII all’inizio del IV sec. di possente sostruzione per la spianata superiore, nella
a.C. e dedicato a una ignota divinità femminile protettrice quale va probabilmente riconosciuto il Foro della città.
della fertilità della terra, era situato appena fuori dalla città. La grandiosa struttura costituisce un esempio di quella
Le coeve necropoli della zona di Anagni, poi, oltre a monumentale e scenografica architettura ellenistica,
documentare l’importazione di materiali da tutta l’Italia diffusa ampiamente in Italia centrale, di cui si conoscono
centro-meridionale, indicano, attraverso gli oggetti del i più eclatanti esempi nei santuari di Palestrina e Tivoli o,
corredo delle tombe, l’esistenza di una classe agiata, che per l’architettura civile, nell’acropoli della vicina Ferentino.
ostenta, nelle sepolture femminili, una sovrabbondanza di
ornamenti e, in quelle maschili, molte armi a sottolineare
il ruolo di valenti guerrieri. *Sandra Gatti, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
In seguito Anagni guidò reiterate ribellioni contro Roma, per i Beni Archeologici del Lazio
che andava affermando la propria supremazia nel

1. Anagni, testina fittile 2. Anagni, tratto del circuito 3. Anagni, i cosiddetti “Arcazzi” 4. Anagni, sostruzione in opera
di guerriero rinvenuta murario in opera quadrata (foto Archivio SBAL) reticolata lungo via di Bagno (foto
sull’acropoli (490-480 a.C.) (foto Archivio SBAL) Archivio SBAL)
(foto Archivio SBAL)
24 Aletrium Ad Alatri sono imponenti i resti delle fortificazioni in opera
di Sandra Gatti* poligonale, che rappresentano uno dei circuiti difensivi
meglio conservati di tutto il Lazio meridionale.
La cinta muraria si compone di un doppio anello che
La città, che fu uno dei principali centri ernici, è posta su circonda l’acropoli e l’abitato. Forse in epoca arcaica
un colle isolato dei monti omonimi, fra la valle del Sacco era fortificata solo l’acropoli che fungeva da punto di
e l’alta valle dell’Aniene, quindi un importante passaggio avvistamento e di controllo del territorio e da rifugio in
trasversale fra le valli appenniniche e la costa, sfruttato caso di pericolo. Solo successivamente, forse verso il
fino a epoche recenti dalla transumanza. IV sec. a.C., in concomitanza con il periodo più caldo
Scarsamente ricordata nelle fonti antiche, durante l’epoca di eventi bellici tra Roma e gli Ernici e con la definitiva
tardo repubblicana Alatri dovette godere di un particolare urbanizzazione della città, deve essere stata realizzata la
benessere economico, grazie alla partecipazione dei cinta muraria che circonda tutto il perimetro urbano.
suoi cittadini alle attività commerciali connesse allo Ancora oggi sono conservati i numerosi accessi alla città:
sfruttamento delle province e ai traffici con l’Oriente, Porta S. Nicola e Porta Portati, in origine a camera, Porta
secondo un fenomeno che ben si conosce per numerose San Pietro, Porta Portadini e infine Porta S. Benedetto,
altre città antiche del Lazio. munita di un architrave monolitico e all’interno di un
La topografia della città romana è poco nota, ma si può piccolo corridoio protetto da muri in opera incerta.
ipotizzare che la struttura urbana antica sia stata ricalcata L’acropoli è circondata da una fortificazione che ha
con notevole fedeltà da quella medievale. Il Foro si regolarizzato la sommità del colle, racchiudendola in
trovava in corrispondenza di piazza S. Maria Maggiore, una specie di trapezio di opera poligonale realizzata con
dove la chiesa ha inglobato un tempio di cui si conserva il blocchi enormi, ma a giunzioni quasi perfette, uno degli
basamento in opera poligonale, forse dedicato a Giove. esempi migliori di questa tecnica che si siano conservati. La
I monumenti principali della città in età tardo repubblicana porta principale dell’acropoli, Porta Maggiore, è coperta
(fine del II sec. a.C.) sono ricostruibili grazie a una da un enorme architrave monolitico e conserva ancora
iscrizione, conservata nel Museo Civico, in cui i cittadini di sugli stipiti i fori per i cardini.
Alatri ringraziano il censore Lucio Betilieno Varo per una
serie di opere pubbliche che egli aveva fatto realizzare
ad Alatri. Di tutte le opere elencate nel testo epigrafico *Sandra Gatti, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
per i Beni Archeologici del Lazio
sono oggi ancora visibili il portico, una cisterna accanto
all’acropoli e i resti del monumentale acquedotto.

1. Alatri, veduta aerea (da Google earth)

2. Alatri, Porta San Benedetto (foto


Archivio SBAL)
25

5. Iscrizione onoraria di Lucio Betilieno Varo (foto


Archivio SBAL)

4. Alatri, la fortificazione dell’acropoli (foto Archivio SBAL)

6. Alatri, l’acropoli e Porta Maggiore (foto Archivio SBAL)

Museo Civico di Alatri

Il Museo Civico di Alatri è ospitato nel medievale Pa-


lazzo Gottifredo: comprende una sezione archeologica
e una demoantropologica. La parte relativa al periodo
romano conserva reperti provenienti dalla città e una
interessante raccolta di iscrizioni di carattere sacro, pri-
vato e pubblico.

Corso Cavour 5 - Alatri (FR)


Tel. 0775/459009
www.officine.it/alatri

Orario di apertura:
martedì, mercoledì, giovedì, sabato, domenica 9,00-
13,00, 15,00-19,00
3. Alatri, il circuito murario esterno (foto Archivio SBAL) lunedì chiuso
26

2. Ferentino, il cd. “Mercato


1. Ferentino, l’acropoli romano”, inizi del I sec. a.C. 3. Ferentino, il teatro romano del II sec.
(foto Archivio SBAL) (foto Archivio SBAL) d.C. (foto Archivio SBAL)

Ferentinum La lunga iscrizione che corre lungo la facciata, ripetuta sul


di Sandra Gatti* lato destro e nell’ambulacro interno, ricorda che l’edificio
fu opera dei censori Aulo Irzio e Marco Lollio, magistrati
locali della città fra il 160 e il 120 a.C. appartenenti a due
Prima della definitiva conquista da parte di Roma, l’area delle principali famiglie aristocratiche della città, impegnate
della valle del Sacco e dei monti che la chiudono a est nelle attività commerciali verso l’Oriente attraverso i porti
e ovest era occupata dalla popolazione degli Ernici, dei campani: possiamo così attribuire ad alcune gentes locali
quali Ferentino, insieme ad Anagni, Alatri e Veroli, era una l’impegnativo intervento edilizio nella città.
delle città principali. Posta nella zona di confine del loro Se per l’acropoli conosciamo dunque non solo l’epoca
territorio, rappresentò un avamposto spesso conteso fra della sua grandiosa sistemazione, ma anche i committenti,
i due popoli e Roma. Gli Ernici, dopo reiterate ribellioni, problemi ben più complessi pone la datazione del circuito
alle quali non sempre Ferentino partecipò, furono murario esterno.
definitivamente assoggettati dalla potenza romana nel Le mura di Ferentino – che presentano la caratteristica,
306: Ferentino, per la sua fedeltà, conservò la propria tutta particolare, della doppia tecnica poligonale in basso
indipendenza come alleata di Roma fino al 90 a.C. In e opera quadrata in alto – sono di datazione controversa,
età imperiale dovette godere di una certa vitalità, come come accade per gli altri centri del Lazio meridionale difesi
documentano iscrizioni e resti monumentali. da circuiti in opera poligonale quali Alatri, Veroli, Arpino,
La via Latina, che in origine attraversava il centro abitato Atina, Cassino. Il problema è oggetto di discussione fra gli
formando l’asse principale, in seguito passò a valle della studiosi fin dal XIX secolo, quando si pensava a Pelasgi o
città, dove forse sorse in età imperiale un nuovo nucleo Ciclopi; oggi si tende a riferire questi circuiti a momenti
abitato, come sembra documentato da alcune iscrizioni diversi compresi fra il V e il II secolo a.C.
con la menzione di Ferentinates Novani e, più tardi, di Per Ferentino gli studi più recenti si orientano concordemente
Ferentinum Novum. verso un progetto unitario, databile nell’ambito del III o al
Oltre ai molti monumenti dell’antichità che si sono massimo all’inizio del II sec. a.C., che comprenderebbe
conservati nella città, fra cui l’acropoli, il cd. mercato (in anche il grande terrazzo dell’acropoli, prova e simbolo
realtà imponenti ambienti sostruttivi dell’acropoli), il teatro della uniformità e contemporaneità delle tecniche utilizzate.
di epoca imperiale, colpisce a Ferentino la sopravvivenza
dell’impianto urbano romano, perpetuato in epoca *Sandra Gatti, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
medievale, che ha consentito anche la conservazione del per i Beni Archeologici del Lazio
circuito murario antico e della grandiosa acropoli.
La cinta esterna misurava ca. 2400 metri. Vi si aprono 7
porte principali, alcune delle quali conservate nell’aspetto
antico, oltre ad alcune porte minori.
Gran parte del circuito delle mura è visibile grazie a
La tecnica prevalente è l’opera poligonale di calcare per
percorsi pedonali con visita libera.
un’altezza che varia dai 5 ai 9 metri dal piano di spiccato;
Per la visita del teatro e del cd. Mercato Romano ci si
gran parte della cerchia è poi sopraelevata in opera
può rivolgere al Comune di Ferentino:
quadrata di travertino, per un’altezza massima totale di 13
www.comune.ferentino.fr.it
metri. Le mura seguono il percorso più favorevole sui fianchi
Tel. 0775/248251
del colle, fondandosi direttamente sullo sperone di calcare.
serviziallapersona@comune.ferentino.fr.it
L’acropoli è strutturata in un’ampia terrazza, regolarizzata
su tre lati da potenti sostruzioni, e si articola in un
oppure alla Pro Loco:
grandioso avancorpo che colpisce per l’imponenza delle
Tel. 0775/24577
murature, ma anche e soprattutto per l’altezza, con pochi
info@proloco.ferentino.fr.it
uguali nell’architettura di età romana repubblicana.
27

4. Ferentino, Porta Sanguinaria (foto Archivio SBAL) 5. Ferentino, il circuito murario in opera poligonale (foto Archivio SBAL)

6. Ferentino, Porta Stupa con il saliente tondeggiante delle mura (foto Archivio SBAL)
28

Veroli, la sostruzione in opera


2. Veroli, le mura in opera poligonale (foto poligonale sotto il palazzo comunale
1. Veroli, la galleria sotterranea (foto A. Grella) Archivio SBAL) (foto Archivio SBAL)

Verulae dei quali è visibile nell’ambiente sotto il Palazzo Comunale.


di Sandra Gatti* Sempre dall’interno del Comune è possibile accedere alla
visita di una struttura sotterranea, a pianta rettangolare
stretta e allungata, realizzata in opera cementizia e divisa
La più meridionale delle città erniche, Veroli, pare che in 4 ambienti successivi e comunicanti da tre setti murari
tragga il suo nome da una parola dell’antica parlata in opera incerta con blocchi di grandi dimensioni, in cui si
osco-umbra, “vera”, che significa “porta”, forse proprio in aprono dei passaggi coperti ad arco. La funzione specifica
connessione con la sua posizione al confine fra il territorio della costruzione è discussa e alcuni studiosi ritengono che
ernico e quello dei Volsci. si tratti di una cisterna; di certo essa è coerente con i muri di
La città, distesa su un colle di forma stretta e allungata, ha sostruzione della piazza del Foro, insieme ai quali costituisce
origini sicuramente molto antiche, risalenti al VII sec. a.C., un grandioso intervento di sistemazione urbana che si può
come dimostrano ceramiche rinvenute in diversi punti verosimilmente riferire alla fine del III-II secolo a.C.
dell’area urbana. Ma nel complesso ben poco si conosce Del tessuto abitativo della città romana sono ancora leggibili
della fase preromana di questo centro, fatta eccezione per gli allineamenti di due impianti urbani regolari, il primo a
alcune importanti terrecotte di decorazione architettonica ovest della cattedrale, il secondo nel settore meridionale
risalenti alla fine del VI-inizi del V sec. a.C. (purtroppo oggi della città, con isolati rettangolari che si attestano secondo
disperse), che dimostrano l’adesione di questo distretto del assi diversi. Recentemente sono stati scoperti i resti di una
Lazio meridionale interno alle medesime tendenze e mode ampia domus di epoca tardo-repubblicana, situata a poca
decorative ampiamente adottate a Roma e fra i Latini per distanza dell’area del Foro. L’edificio, decorato da raffinati
gli edifici di culto. pavimenti in cementizio a base fittile, con inserti in tessere
Dagli autori antichi sappiamo che Veroli, come del resto di calcare, e munito di una capiente cisterna sotterranea,
le altre città erniche di Alatri e Ferentino, si dissociò dalla si inserisce perfettamente all’interno della pianificazione
rivolta contro Roma sollevata e guidata dalla capitale urbana su assi ortogonali riferibile al pieno II sec. a.C.,
Anagni alla fine del IV sec. a.C.: come premio questi quando anche Veroli partecipa a quel fenomeno di
centri mantennero l’indipendenza e la condizione di rinnovamento urbano che, grazie alla disponibilità di
città foederatae (alleate); poi, dopo la guerra sociale, sostanziosi capitali delle nuove élites emergenti, investì le
Veroli diventò un municipio, governato da un collegio città del Lazio meridionale, con la definizione degli spazi
di magistrati detti quattuorviri, come sappiamo da una attraverso la realizzazione di grandiose strutture terrazzate
iscrizione del I secolo a.C. e di imponenti edifici scenografici, ispirati alle tendenze e
Il segno meglio percepibile dell’antichità della città è ai modelli dell’architettura ellenistica.
oggi il circuito murario in opera poligonale di calcare,
che protegge l’abitato, racchiudendo l’altura di San
Leucio, verso nord, dalla forma stretta e allungata, dove *Sandra Gatti, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
doveva trovarsi l’acropoli, e l’altura di Castello, verso sud, per i Beni Archeologici del Lazio
ampia e pianeggiante, dove si trovava l’abitato. Sul lato
occidentale non ci sono tracce della struttura difensiva,
forse perché questo lato del colle, ripido e scosceso, era
difeso naturalmente. Le mura sono realizzate in una tecnica
per lo più molto rozza, che alcuni studiosi hanno datato
in epoca arcaica (VI-V sec. a.C.), mentre altri ritengono
che non risalgano a prima del IV sec. a.C.; si individuano
anche tratti di restauro in opera reticolata che rispetto alle
mura in poligonale seguono un andamento più interno,
del I sec. a.C., quando sembra che la città abbia subito
una riduzione della sua estensione.
Il Foro era situato nella zona centrale, in corrispondenza
dell’attuale piazza Mazzoli; probabilmente la Cattedrale
di Sant’Andrea sorge sul sito di un tempio, attribuito in
passato a Ercole oppure a Roma e Augusto. Lo spazio
pubblico occupava una grande terrazza, sostruita a valle
da due poderosi muraglioni in opera poligonale, un tratto

4. Veroli, pavimento di una domus tardo repubblicana


(ex tipografia Reali, cortile interno) (foto R. Frasca)
Fregellae 29
di Carlo Molle*
1. Fregellae, uno scorcio del parco
archeologico; in primo piano
siepi che riproducono la pianta 2. Fregellae, la grande domus
Fregellae fu dedotta come colonia di diritto latino nel degli edifici sottostanti reinterrati 7 nel suo allestimento attuale
328 a.C. presso la confluenza dei fiumi Liri e Sacco, (foto Università di Perugia) (foto Università di Perugia)
tra gli attuali comuni di Arce e Ceprano (FR). La città
riprese il nome da un preesistente insediamento volsco
distrutto qualche tempo prima dai Sanniti, la cui acropoli
è identificabile con le fortificazioni in opera poligonale nonostante la pesante spoliazione subita nei secoli,
poste sulla sommità dell’impervia collina di Rocca d’Arce. l’aspetto originario di una fondazione coloniale nel
L’abitato romano fu invece dislocato su una modesta altura periodo altrove poco documentato che va dalle guerre
alla sinistra del Liri, che a quel tempo doveva segnare sannitiche all’epoca dei Gracchi.
il confine tra i territori soggetti a Roma e quelli sotto il Le ricerche sistematiche a Fregellae, iniziate nel 1978
controllo sannita; proprio la sua fondazione sulla riva per opera delle Università di Perugia e di Cambridge, in
sinistra, ossia in territorio sannita, costituì una delle cause stretta collaborazione con la Soprintendenza per i Beni
dello scoppio della seconda guerra sannitica. Dopo una Archeologici del Lazio, sono tuttora in corso sotto la guida
prima distruzione intorno al 320 a.C. ad opera dei Sanniti, di Filippo Coarelli.
Fregellae fu rioccupata nel 313 a.C. e si avviò a divenire Gli scavi hanno finora riguardato alcune aree di culto,
una popolosa e opulenta città lungo la via Latina, nonché tra cui l’imponente santuario extraurbano di Esculapio,
uno dei centri protagonisti della inarrestabile conquista la zona del Foro e parte dei quartieri abitativi, uno dei
romana del Mediterraneo. quali, particolarmente ricco, è stato musealizzato nel
I Fregellani si distinsero infatti per virtù militari e lealtà parco archeologico. Qui, percorrendo uno dei decumani,
verso Roma in alcune delle circostanze più drammatiche è possibile seguire l’evoluzione della casa romana da
della sua storia: nel 211 a.C. essi tagliarono i ponti sul Liri un rarissimo esempio di dimora risalente all’epoca della
per rallentare la marcia su Roma di Annibale, provocando fondazione della città fino alle grandiose domus ad atrio
una violenta rappresaglia del generale cartaginese del II sec. a.C.; l’edificio più esteso visitabile nel parco
sul territorio della città; nel 209 a.C. fu un fregellano, è costituito da un vasto impianto termale di carattere
Marco Sestilio, a rappresentare le 18 colonie che, a pubblico, tra i più antichi conservati nel mondo romano.
fronte di numerosi defezionamenti, dichiararono fedeltà
incondizionata all’Urbe; l’anno seguente uno squadrone *Carlo Molle, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
di 40 cavalieri fregellani difese eroicamente i consoli di per i Beni Archeologici del Lazio
Roma da un attacco di truppe numidiche.
Manifestazioni di fedeltà così intense dovettero essere ben
ripagate dopo la vittoria su Cartagine, come si deduce
Museo Civico
dalla monumentalizzazione degli edifici pubblici e privati
di Fregellae, chiaramente percepibile dagli scavi, a partire Nel Museo, ospitato nel Palazzo Comunale di
dai primi decenni del II secolo a.C. Ceprano, sono esposti alcuni dei reperti più significativi
Già prima della metà del II sec. a.C., un massiccio rinvenuti, tra i quali l’altare iscritto e le pitture in primo
trasferimento di genti italiche, testimoniato da Livio, stile del santuario di Esculapio, un cospicuo gruppo
deve aver però profondamente alterato la compagine di ex voto fittili, porzioni di pavimenti in “cocciopesto”
sociale della città, come risulterebbe anche dalle indagini con decorazioni a tessere musive e varie tipologie
archeologiche, che evidenziano una generalizzata di vasellame e oggetti domestici. Non mancano
trasformazione delle ricche domus in strutture produttive, una serie di telamoni di terracotta che abbellivano
le terme, nonché raffinati fregi fittili: uno di questi
quali fulloniche e officine per la lavorazione dei metalli.
riproduce una teoria di maschere teatrali, mentre
Furono probabilmente questi nuovi immigrati i promotori altri contengono riferimenti allusivi a vittorie contro
principali della rivolta del 125 a.C., causata dal rifiuto del eserciti ellenistici e frammentarie scene di battaglia tra
Senato di concedere la cittadinanza agli Italici. La reazione soldati romani e orientali. Questi ultimi sembrerebbero
di Roma fu implacabile e la città, dopo una serie di scontri, dunque riflettere la partecipazione, peraltro avvalorata
venne rasa al suolo dall’esercito del pretore Lucio Opimio; anche dal racconto liviano, di truppe fregellane nelle
alla distruzione seguì, secondo Macrobio, il rito della guerre macedoniche o nella prima guerra siriaca e
devotio, ossia la consacrazione agli dei inferi, che avrebbe costituirebbero la più antica attestazione di rilievo
comportato il totale abbandono dell’area. Solo un anno romano a soggetto storico.
dopo, nel 124 a.C., venne di conseguenza fondata la
Corso della Repubblica 2 - Ceprano (FR)
colonia di Fabrateria Nova sulla sponda opposta del Liri, Tel. 0775/9174200
dove dovette trasferirsi una parte dei Fregellani superstiti. Ingresso a richiesta
Dal punto di vista archeologico Fregellae costituisce
dunque una sorta di “contesto chiuso”, in quanto tutte Parco archeologico di Fregellae
le testimonianze riportate alla luce si inquadrano, con
poche eccezioni, tra le due date della fondazione (328 Località Isoletta d’Arce (FR), SS. 82 Valle del Liri, km
a.C.) e della distruzione (125 a.C.). Il sito preserva cioè, 84,600 - Arce (FR)
Tel. 0776/1603011
Ingresso a richiesta

Nel parco è stato realizzato anche un efficace apparato


didattico per bambini.
30 Aquinum
di Giovanna Rita Bellini*

Aquinum, colonia triumvirale sorta sul sito di un precedente


centro italico, civitas foederata di Roma durante la guerra
annibalica e municipium dopo la guerra sociale, patria
del poeta Giovenale, è una città romana del Lazio
meridionale, oggi in provincia di Frosinone, ricadente per
tre quarti nel comune di Castrocielo, per un quarto nel
comune di Aquino.
L’area dell’antica città non ha subito trasformazioni
sostanziali nel corso dei secoli, mantenendo la piena
leggibilità della strutturazione urbanistica e del territorio
centuriato, in un paesaggio agrario che la realizzazione
di importanti infrastrutture quali la ferrovia Roma-Napoli
via Cassino, l’autostrada Roma-Napoli, la linea ferroviaria
ad Alta Velocità e l’espansione edilizia non sono riusciti a
cancellare.
Aquinum sorge al centro della valle del Liri, alla confluenza
in essa della valle del Melfa, in un punto strategico di
convergenza di collegamenti vallivi nord-sud tra l’area
laziale e la Campania, e di percorsi montani est-ovest
tra la catena appenninica e la costa tirrenica. Questa
posizione rende il sito, ricco di sorgenti e posto su un
pianoro delimitato sul lato orientale da una depressione
valliva occupata da tre laghi (prosciugati alla fine del
XVI secolo), un luogo di sosta ideale lungo le vie della
transumanza.
In prossimità dei laghi, a partire dall’età del Ferro, si
svilupparono due importanti luoghi di culto: uno nell’area
del futuro Capitolium della città romana e l’altro, poco più
a nord, in contrada Mèfete, luoghi sacri di convergenza e 1. Aquinum, area urbana a monte della via Latina (foto G. Murro)
di scambio commerciale tra i vari gruppi transumanti che
trasferivano stagionalmente le greggi dalle aree montane
fino alle pianure costiere.
Intorno ai santuari gradualmente si coagula un
insediamento antropico stabile che porta, alla fine del
IV sec. a.C., grazie all’avanzata romana e all’apporto
demico ed economico di popolazioni di origine campana
(i Sidicini), alla nascita della città.
Nel 211 a.C. il condottiero cartaginese Annibale, nella
marcia verso Roma, risalì con il suo esercito la penisola
italiana seguendo la via Latina attraverso i territori di
Casinum, che per due lunghi giorni fu saccheggiato, di
Interamna Lirenas e di Aquinum, fino a giungere nell’agro
di Fregellae, dove tagliò il ponte sul fiume Liri.
Lo scavo della necropoli occidentale di Aquinum (in
corrispondenza dell’Area di servizio autostradale Casilina
est, ove i rinvenimenti sono illustrati nel corner archeologico
Archeomall) ha evidenziato come le sepolture della fine
del III sec. a.C. siano da riferire proprio agli abitanti che
subirono il terribile passaggio di Annibale.
Nella seconda metà del II sec. a.C., nell’ambito della
riforma agraria di Caio e Tiberio Gracco, il territorio di
Aquinum fu suddiviso in appezzamenti di terreno, stretti e
allungati con orientamento nord-sud.
Tale organizzazione del territorio ricalca l’orientamento
2. Aquinum, Terme Centrali. Veduta aerea di “via delle
degli antichi percorsi di transumanza e determina
Terme” e del settore settentrionale dell’edificio termale
l’impostazione urbanistica della città.
(foto G. Murro)
Il Liber Coloniarum ricorda la costruzione della cinta
31

3. Aquinum, la Porta San Lorenzo (foto G. Murro)

muraria in occasione della deduzione della colonia


triumvirale (Ottaviano, Antonio, Lepido) dopo la metà
del I sec. a.C., ma molto probabilmente questo circuito
ricalcava il sistema difensivo della città italica, di cui resta
una torre in grossi blocchi di travertino sul bordo di via Santa
Maria Maddalena che ripercorre l’antica strada lungo le
mura, così come la forma dell’insediamento preromano
condiziona l’impianto coloniale, determinandone la
caratteristica forma a parallelogramma, perfettamente
leggibile dalla fotografia aerea. Sul terreno, solo
parzialmente edificato, si conservano il tracciato del circuito
murario, i ruderi del Capitolium, le murature radiali in opera
reticolata del teatro e una imponente struttura absidata,
il tratto urbano della via Latina tra le due porte Romana
a ovest e San Lorenzo a est (pervenuta nelle forme della
ricostruzione in età medievale). Sono in corso di scavo le
terme urbane.
4. Aquinum, planimetria schematica degli ambienti
delle Terme Centrali (elaborazione grafica I. Ferrari) *Giovanna Rita Bellini, Funzionario archeologo presso la
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
32
Le terme centrali di Aquinum (FR)
di Giuseppe Ceraudo*

L’area urbana di Aquinum è stata oggetto di indagini


aero-topografiche, geofisiche e di scavo archeologico,
effettuate nel corso di questi ultimi anni dall’Università
del Salento nell’ambito del Progetto “Ager Aquinas”.
A partire dai dati acquisiti sul campo, dal 2009 al
2014 ad Aquinum sono state condotte sei campagne
di scavo archeologico. L’area di scavo, di proprietà del
Comune di Castrocielo, è disposta su una superficie
pianeggiante estesa per quasi sette ettari. Posta
all’interno del perimetro urbano della città romana, in
uno degli isolati centrali, è collocata a est del teatro,
dal quale, in antico, era separata dal cosiddetto
Cardo Maximus (via Montana) che grossomodo aveva 5. Aquinum, torre del circuito murario della città italica (foto G. Mu
l’andamento dell’attuale via Vicinale Civita Vetere e
subito a nord dell’antica via Latina, che, attraversando
Aquinum da ovest a est, divideva la città in due metà.
All’interno del saggio esplorativo, che copre ad oggi
uno spazio di oltre 5.000 mq, sono state riportate in
luce strutture murarie pertinenti a numerosi ambienti
riconducibili a un imponente edificio termale di
carattere pubblico: le Terme Centrali di Aquinum,
databili a partire dal I sec. a.C., del tipo cosiddetto
“pompeiano” perché inserite all’interno di un’insula
delimitata a nord e a sud da due strade basolate,
perfettamente conservate, parallele alla via Latina.
In relazione a quanto sopra riportato, notevoli
sono stati i risultati raggiunti, fondamentali per la
conoscenza di un settore centrale dell’abitato antico,
caratterizzato da edifici pubblici già noti come il teatro,
l’edificio absidato, l’anfiteatro, il cosiddetto Capitolium
e di nuova acquisizione al patrimonio culturale come
appunto le Terme Centrali.
L’auspicio è che tutto questo lavoro possa costituire
un volano per svolgere un’efficace attività di tutela del
sito, anche in previsione della valorizzazione strategica
dell’area archeologica che il Comune di Castrocielo
sta cercando di realizzare, in collaborazione e sotto 6. Aquinum, il Capitolium (foto G. Murro)
il coordinamento della Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Lazio e dell’Università del Salento.

*Giuseppe Ceraudo, Università del Salento

7. Aquinum, i blocchi della Porta Romana (foto G. Murro)


33
Aquino - Museo della Città

Il museo è collocato all’interno dell’ex mattatoio


comunale che si trova davanti alla chiesa di Santa
Maria della Libera, nel punto di raccordo tra la città
romana e il successivo insediamento medievale.

Via Latina Antica - Aquino (FR)


Tel. 0776/729061

Orario di apertura:
dal martedì alla domenica 9,30-13,00
giovedì, sabato e domenica 15,00-19,00
lunedì chiuso

Castrocielo - In Domo Publica


urro)
Al piano terra della Casa Comunale di Castrocielo
è allestita una esposizione permanente dei reperti
relativi alla fase preromana di Aquinum, in particolare
alle origini e alla formazione dell’ethnos sul quale si
sovrapporrà la romanizzazione.

Via Roma 44 - Castrocielo (FR)


Tel. 0776/79001

Orario di apertura:
lunedì, mercoledì, venerdì 8,00-13,00
martedì e giovedì 8,00-13,00, 15,30-18,30
sabato e domenica chiuso

Autostrada A1 RM-NA - Castrocielo, Area di


Servizio Casilina Est (Archeomall)

All’interno della struttura del MALL nell’area di Servizio


Casilina Est la Soprintendenza dispone, a seguito
degli accordi con Autostrade, di un corner chiamato
ARCHEOMALL che costituisce un’occasione unica per
coniugare informazione archeologica e comunicazione
relativamente al contesto archeologico dell’A.d.S.
(necropoli occidentale di Aquinum, ager di Aquinum,
fase arcaica, corredi sepolcrali).
Sempre aperto
34

2. Cassino, circuito difensivo della


città antica su Montecassino, lato
nord (foto E. Pistilli)

1. Cassino, topografia dell’antica città (rilievo SBAL su base fotogrammetrica


Regione Lazio)

4. Cassino, Museo, spada da San


3. Cassino, tomba cd. di Ummidia Quadratilla (foto Archivio SBAL) Vittore del Lazio (foto D. Sacco)

Casinum famiglia destinata a imparentarsi con la casa imperiale.


di Alessandro Betori* A questa figura ovvero a quella di Varrone, del quale è
celebre la villa posseduta sub oppido Casini, è riferito
tradizionalmente l’edificio forse più interessante della città,
La città volsca di Casinum, la cui antichità è testimoniata un sepolcro a pianta centrale in apparecchio di blocchi
dal significato del toponimo (“mercato vecchio” secondo squadrati di calcare coperto a cupola e foderato da una
l’etimologia varroniana: De l.L., VII, 29), entrò al termine struttura in opera mista, ottimamente conservato a causa
delle guerre sannitiche nei domini di Roma, prima come della trasformazione in chiesa avvenuta nel medioevo,
prefettura, senza autonomia politica, poi come municipio, quando l’antica città, divenuta centro fortificato, conviveva
infine con la definizione onorifica di colonia. con il nuovo centro di San Germano, fondato per
Il piccolo centro, recinto da una poderosa muraglia in opera impulso dei Monaci di Montecassino. Al di fuori dell’area
poligonale di seconda maniera comprendente l’acropoli archeologica, a dominio della pianura si eleva il teatro,
di Montecassino, era articolato su terrazze sistemate scavato dal Carettoni prima della seconda guerra e
nei primi decenni del dominio romano. In scenografica successivamente sistemato. Di datazione controversa ma
successione sul pendio si dispongono i monumenti rimessi munito di decorazioni architettoniche, sculture e dediche
in luce, restaurati o liberati dalle superfetazioni moderne epigrafiche riferibili alla tarda età augustea, dovette
tra gli anni Trenta e Settanta del Novecento, quando la essere restaurato meno di un secolo dopo da Ummidia
Borgata del Crocifisso, distante poco più di un chilometro Quadratilla. A poche decine di metri dal teatro uno
dalla attuale città di Cassino, fu oggetto di ingenti lavori scavo intrapreso alla fine degli anni Novanta ha messo
finalizzati alla costituzione di un’area archeologica in luce un Ninfeo convenzionalmente noto come Ponari,
aperta al pubblico, coronati nel 1974 dall’apertura del lussuosa pertinenza di una domus databile alla seconda
Museo Archeologico Nazionale. Fuori dalle mura sorge metà del I sec. a.C., dotato di notevoli partiti decorativi
l’anfiteatro, fatto costruire ovvero restaurato nel I sec. parietali e pavimentali, che testimoniano un lungo uso del
d.C. dalla matrona Ummidia Quadratilla, erede di una monumento sino alla piena età imperiale. Del templum
dedicato anche esso da Ummidia, citato nella epigrafe Alcuni notevoli elementi architettonici, già riutilizzati nella 35
relativa all’anfiteatro, si potrebbe pensare si trovasse al chiesa di Santa Maria delle Cinque Torri, eretta nell’Alto
di sopra dell’edificio per spettacoli, ove alcune notevoli Medioevo nella città di nuova fondazione discosta dalla
strutture sostruttive si sono rinvenute durante la costruzione Cassino romana e distrutta nell’ultima Guerra, sono visibili
del Museo, a meno di non volerlo identificare nella cd. nel Palazzo Badiale: alcuni di essi dovevano appartenere
Tomba, che sarebbe in tal caso da interpretare quale alla decorazione della scenae frons del teatro, alcune altre
cenotafio del padre Durmio Quadrato, morto in Siria parti della quale sono conservate nel Museo Archeologico.
nel 60 d.C. Immediatamente al di sopra del Museo,
in una villa privata, si conservano labili tracce di una *Alessandro Betori, Funzionario archeologo presso la
piazza lastricata di notevole impegno monumentale, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
probabilmente da identificare con il Foro. Al di fuori
della Porta Settentrionale o Romana delle Mura tracce di
tombe, di alcune delle quali si possono leggere le iscrizioni
Museo Archeologico Nazionale “G. Carettoni”
tracciate sul pendio roccioso, sono a stento visibili sulla via
Pedemontana, direttrice di antica origine che, riunitasi alla
Il Museo fu inaugurato nel 1974 al termine della si-
via Latina, doveva entrare da nord in città. Nulla rimane,
stemazione dell’area archeologica. I materiali rinvenuti
nella pianura sottostante, delle rovine degli edifici, a
negli scavi, già ricoverati nella cd. tomba di Ummidia,
probabile vocazione termale, illustrati da disegni di celebri
trovarono definitiva sistemazione in un edificio costruito
architetti del Rinascimento, nei quali si sono volute a torto
in un’area libera da costruzioni, sebbene si incontras-
riconoscere le vestigia della villa di Varrone, che doveva in
sero nei lavori imponenti concamerazioni antiche, che
ogni caso sorgere presso il corso dei fiumi Rapido e Gari.
vennero inglobate nella struttura (in due ambienti di
esse si è allestito di recente un lapidario). Lo spazio
espositivo, caratterizzato da una notevole integrazio-
ne con la sottostante area archeologica, è un rimar-
chevole esempio di architettura razionalista, mentre
l’avancorpo che ospita biglietteria e accoglienza dei
visitatori è aggiunta recente. I pannelli presenti in esso
orientano alla visita, con brevi cenni alla topografia
dell’area archeologica. Sulla parete di fondo una ve-
trina ospita i materiali del santuario di Fondo Decina
a San Vittore del Lazio, tra cui una spada in ferro con
iscrizione (“Trebio Pomponio mi fece a Roma”) e de-
corazioni in agemina di bronzo, risalente a ca. il 300
a.C. Nella Sala Ottagona l’esposizione illustra il po-
polamento di Cassino e del territorio dalla Preistoria
alla vigilia della conquista romana, con al centro la
statua del cd. Eroe, rinvenuta nel Teatro. Tra i mate-
riali spiccano i corredi di età orientalizzante e arcaica
della necropoli scavata nei pressi dell’Anfiteatro, non-
5. Cassino, veduta aerea dell’anfiteatro (foto Archivio SBAL) ché le novità emerse da scavi recenti (santuario in loc.
Agnone; santuario di Venere-Mefete in loc. Solfegna).
Integrano i materiali locali alcuni importanti artefatti
di ambito sannitico (cinturone e panoplia da S. Biagio
Saracinisco) o provenienti dalla vicina Aquinum (de-
dica a Popluna su frammento di bacino marmoreo).
Nella grande sala sulla sinistra, accanto ad altri ma-
nufatti databili all’epoca della romanizzazione, quali il
letto funebre in osso da Aquinum, si passa ai materiali
scultorei provenienti da Cassino, i quali illustrano culti,
spettacoli e usi funerari della città. Tra di essi elementi
della decorazione architettonica e scultorea del teatro
(frammenti di colosso di Augusto).

Via di Montecassino s.n.c. - Cassino (FR)


Tel. 0776/301168

Orario di apertura:
invernale (27 marzo – 27 ottobre) ore 9,00-17,00
estivo 9,00-19,00
6. Cassino, Ninfeo Ponari (foto Archivio SBAL) chiusura: 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre
36

1. S. Giovanni Incarico, veduta del Pianoro


della Civita dal Santuario della Madonna
della Guardia (foto Archivio SBAL)

2. Fabrateria Nova, tempio A (foto Archivio


DAI Abteilung Rom)

Fabrateria Nova coperto da una volta a botte, anche esso in opera


di Eugenio Polito* incerta, riconosciuto come criptoportico di sostruzione di
una piazza santuariale, e infine resti di ambienti termali
in opera laterizia, oltre a un piccolo anfiteatro di incerta
Percorrendo la S.R. Valle del Liri che collega Ceprano datazione al centro del pianoro e uno dei decumani, con
a S. Giovanni Incarico, poco dopo il ponte sul Liri, probabilità tratto urbano della via Latina.
si raggiunge a sinistra il bivio da cui si diparte una via
vicinale che conduce al Piano della Civita. Il pianoro è
circondato oggi su tre lati dal lago di S. Giovanni Incarico, *Eugenio Polito, Università di Cassino
un invaso artificiale creato nel 1925 con la costruzione
di una diga, situata a valle della confluenza del Sacco
nel Liri; il lago ha sommerso una parte del piano
originario, già in antico abbracciato da un’ansa del Liri:
sull’ampia superficie superstite, oggi quasi totalmente
sgombra di edifici moderni e utilizzata a scopi agricoli,
sorgeva la città romana di Fabrateria Nova. La città
fu fondata da Roma nel 124 a.C. (Vell. Pat., I, 15, 4),
all’indomani della distruzione della vicina colonia latina
di Fregellae, ribellatasi a Roma e perciò rasa al suolo
l’anno precedente. Di Fregellae fu cancellato anche il
nome: la nuova città prese invece quello di un altro centro
non lontano, da allora noto come Fabrateria Vetus, sito
nei pressi dell’odierna Ceccano. La nuova città prosperò
fra la fine della Repubblica e i primi secoli dell’Impero;
fu presumibilmente abbandonata fra la fine dell’Antichità
e l’Alto Medioevo, e mai più rioccupata stabilmente. Il
toponimo sopravvive nel vicino paese di Falvaterra, uno
dei luoghi di rifugio degli abitanti di Fabrateria Nova nel
Medioevo. L’importanza del sito archeologico si affianca
all’indubbia suggestione paesaggistica e naturalistica
del luogo, che ha caratteristiche fluviali-lacustri e un
ricco patrimonio floro-faunistico, tanto da essere inclusa
nella Riserva naturale delle Antiche Città di Fregellae e
Fabrateria Nova e del Lago di San Giovanni Incarico, area
protetta istituita nel 1997.
Sino ai recenti interventi di scavo, della città antica
si vedevano solo alcuni resti emergenti dal piano di
campagna: sulla destra della strada regionale un tratto delle
mura in opera incerta, sull’altro lato della città, seguendo
3. Fabrateria Nova, testata del criptoportico liberata nel 2011 (foto
la via vicinale, i ruderi di un lungo edificio originariamente
37
Il progetto di ricerca “Fabrateria Nova”

Dopo un primo intervento condotto dall’Università


di Perugia negli anni Novanta, dal 2007 un gruppo
di università e istituti scientifici (Università di Cassino
e del Salento, Istituto Archeologico Germanico), in
collaborazione con la Soprintendenza e con il Comune
di S. Giovanni Incarico, ha avviato un progetto di
ricerca sulla città antica.
Premesse necessarie sono state le campagne di
ricognizione topografica e di analisi delle foto aeree,
realizzate dall’Università del Salento, e le prospezioni
geognostiche condotte a cura dell’Istituto Archeologico
Germanico, i cui risultati combinati hanno permesso di
delimitare l’abitato e di individuare la planimetria di
alcuni complessi, fornendo un quadro di riferimento
sicuro per gli scavi.
La campagna 2014 della città ha chiarito l’articolazione
di una delle due grandi piazze porticate, presso il
limite orientale, al centro della quale era un tempio
maggiore affiancato sul lato ovest da due tempietti.
La cronologia del complesso è da fissare ai decenni
immediatamente successivi alla fondazione della città.
Il restauro del tempio maggiore, programmato per i
prossimi mesi insieme alla ripulitura dell’anfiteatro,
4. Fabrateria Nova, pianta del quadriportico
renderà comprensibile ai visitatori l’articolazione del
repubblicano aggiornata al 2014 (Archivio DAI
complesso e del grande criptoportico correlato.
Abteilung Rom - SBAL, Roma, elaborazione S.
Marandola)

o Archivio SBAL)
38 Ardea cui Livio, e relativo a una presunta decadenza, con
di Francesco Di Mario* conseguente impoverimento, dell’antico abitato a partire
approssimativamente dal IV secolo a.C. I ritrovamenti
sinora effettuati, infatti, sembrano indicare proprio nel IV
I Rutuli erano una antica popolazione del Lazio e la città di secolo e in quelli immediatamente successivi, un periodo
Ardea ne era il centro urbano principale. Il loro territorio, estremamente vitale, ricco di scambi commerciali e di
situato tra il mare Tirreno e le pendici dei Colli Albani, era rapporti culturali con l’Etruria, la Magna Grecia e il mondo
più ampio di quello dell’attuale Comune di Ardea, situato punico. Anche dal punto di vista religioso Ardea ebbe una
in provincia di Roma e a circa 30 chilometri a sud della ragguardevole importanza: le fonti storiche ci danno notizia
capitale. Si trattava di una popolazione appartenente alla dell’esistenza di un grande santuario dedicato a Venere (il
cd. “stirpe latina”. cd. Aphrodisium), Cicerone racconta dell’esistenza del culto
Le campagne di ricerca archeologica svolte in passato, della dea Nascio o Natio, Plinio del tempio di Giunone,
come anche quelle recenti effettuate dalla Soprintendenza Servio di quello di Castore e Polluce. Nel 217 a.C., durante
per i Beni Archeologici del Lazio, hanno consentito di la seconda guerra punica, il collegio sacerdotale romano
effettuare interessanti ritrovamenti di strutture e di reperti, scelse il Foro di Ardea per eseguire grandi sacrifici allo
dimostrando come il territorio ardeatino, legato tra scopo di riconquistare il favore degli dei.

1. Ardea, territorio: 1) acropoli di Ardea; 2) sepolture ipogee presso la chiesa di S. Marina e la soprastante area archeologica
di Colle della Noce; 3) area archeologica in località “Le Salzare”, Fosso dell’Incastro; 4) area archeologica in località “La
Fossa”, Fosso dell’Incastro; 5) area archeologica in località “Casarinaccio” (disegno ed elaborazione cad: F. Cioffi)

l’altro al mito dell’arrivo di Enea nel Lazio, sia ancora Nell’età del Ferro il territorio ardeatino era caratterizzato
straordinariamente ricco di elementi antichi il cui studio dalla presenza di piccoli villaggi di capanne, di cui
sta iniziando a fornire dati interessanti per una maggiore sono stati ritrovati i resti sui diversi rilievi tufacei che
conoscenza di questa parte del Lazio antico. contraddistinguono geologicamente l’area. In seguito
Si può, comunque, affermare che le ricerche archeologiche fu scelta l’altura dove sorge tuttora il moderno abitato
sinora effettuate hanno tutte confermato quanto riportato per costruirvi l’acropoli: si tratta di un pianoro di forma
da fonti antiche che, in maniera unanime, ci informano allungata, i cui fianchi, naturalmente scoscesi, furono
sia dell’importanza che Ardea con il suo territorio aveva probabilmente regolarizzati da azione umana per rendere
nell’antichità, che del benessere di cui godevano i suoi più difficilmente raggiungibile la sommità. La sua parte
abitanti e della ricchezza e sontuosità dei loro edifici. settentrionale era difesa da un profondo fossato e da un
Occorre, invece, alla luce dei nuovi dati, riesaminare terrapieno rinforzato con una imponente struttura muraria
quanto riferito da alcuni autori greci e romani, tra realizzata con grandi blocchi parallelepipedi di tufo.
39

2. 1) acropoli di Ardea; 2) l’area della cd.


“Civitavecchia”; 3) l’aggere situato tra
la Civitavecchia e Casalazzara; 4) area
archeologica in località “Casarinaccio”;
5) sepolture ipogee presso la chiesa di S. 3. Ardea, area archeologica in località 4. Ardea, struttura muraria difensiva
Marina; 6) area archeologica in località “Casarinaccio”: 1) il tempio; 2) la basilica; dell’acropoli realizzata con grandi blocchi
“Colle della Noce” (foto F. Di Mario) 3) il deposito votivo (foto F. Di Mario) parallelepipedi di tufo (foto F. Di Mario)

Anche la vasta area pianeggiante circostante, denominata sono le testimonianze archeologiche sinora rinvenute, tutte
Civitavecchia (in cui è situata l’area archeologica di di particolare valore, tra cui si segnala l’area archeologica
Casarinaccio, con i resti del tempio dedicato a Giunone situata presso la foce del Fosso dell’Incastro, o Fosso
e di una grande basilica di età repubblicana), era difesa, Grande, in cui è stata rinvenuta una importante area sacra
nel versante settentrionale, da un grande terrapieno con tre templi di cui uno di età arcaica e tardo arcaica
con antistante fossato che la divideva dal successivo (VI-V sec. a.C.) dedicato al dio Inuus, straordinariamente
pianoro di Casalazzara. Quest’ultimo presenta sul lato conservato, a cui era annesso un impianto portuale, che
settentrionale pareti naturalmente ripide e scoscese, rese possibili scambi commerciali marittimi e notevoli
mentre la parte meridionale degrada più dolcemente contatti culturali.
verso la valle sottostante. A nord-est un ulteriore sistema
difensivo, composto da aggere e fossato (ora attraversato
da via di Campoleone), delimitava l’intero territorio e *Francesco Di Mario, Funzionario archeologo presso la
costituiva una solida linea difensiva e di protezione che Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
controllava l’accesso di chi proveniva da est. Numerose

5. Ardea, tempio di età arcaica e tardo arcaica (VI-V sec. a.C.) (foto F. Di Mario) 6. Testa a tuttotondo (alta 10 cm) pertinente a un
piccolo altorilievo frontonale, in cui è raffigurato un
personaggio barbato, con elmo coperto da pelle
bovina con corna. È estremamente verosimile, dato
anche il luogo di ritrovamento, che si tratti della
raffigurazione del dio Inuus (foto F. Di Mario)
40

1. Terracina, antica piazza del Foro con il lastricato originario e il tracciato dell’Appia (attuale Piazza Municipio) (foto AION s.n.c)

Tarracina di Monte S. Angelo – uno dei grandi complessi di culto


di Nicoletta Cassieri* del Lazio repubblicano, l’unico sul mare – comprendente
diversi gruppi di edifici e almeno un tempio, dove erano
venerate una o più divinità non ancora note con certezza.
Delle città del Lazio con continuità di vita dall’antichità ai L’area sacra, protetta da una nuova linea di mura con tor-
nostri giorni, Terracina vanta un patrimonio archeologico ri circolari, venne allora collegata all’acropoli della città
tuttora di straordinaria consistenza che ben documenta (oggi colle di S. Francesco) in cui sorgeva almeno un’altra
la sua storia millenaria. Impiantata all’interno di un vasto importante struttura religiosa.
golfo su uno sperone dei Monti Ausoni che, scendendo La città alta era attraversata in senso est-ovest dalla via
fino al mare, separano la Pianura Pontina dalla Piana di Appia che assumeva la funzione di decumano, fiancheg-
Fondi, per la posizione strategica che la metteva al centro giato da costruzioni di carattere pubblico e privato, come
delle vie di comunicazione terrestri e marittime tra Lazio e la “Casa sillana” e il cd. ”Capitolium”, un tempio di tipo
Campania, già nell’età regia dei Tarquini fu sotto l’influen- italico a tre celle in reticolato bicromo (43 a.C. circa).
za di Roma che la conquistò una prima volta nel 406 a.C. Tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’età imperiale fu
sottraendola ai Volsci; in seguito nel 329 a.C. vi dedusse avviata la ricostruzione in senso monumentale del vec-
una colonia marittima, nel 315 a.C. la liberò da un lungo chio Foro (Foro Emiliano) che vide gli edifici circostanti
assedio dei Sanniti e, infine, nel 312 a.C. vi fece giungere ristrutturati o eretti ex novo, mentre veniva realizzato un
la via Appia. Da allora Tarracina, la volsca Anxur, assunse secondo Foro di carattere più prettamente commerciale. A
un crescente ruolo economico e commerciale e il suo por- tali opere grandiose che riguardarono il Tempio Maggiore
to divenne il secondo della regione dopo Ostia. L’afflusso poi inglobato nella Cattedrale, il teatro-portico, un attiguo
di ricchezze derivanti dai traffici mediterranei e l’affermarsi edificio colonnato, la “basilica”, portici e l’arco quadri-
dei ceti imprenditoriali determinarono già alla fine del II- fronte meridionale di accesso all’area, non rimasero estra-
primi decenni del I sec. a.C. una notevole trasformazione nei notabili locali e famiglie di rango che avevano interessi
urbanistica e lo scenografico rinnovamento del santuario nella zona, come l’Aulo Emilio che curò a proprie spese
41

2. Terracina, Museo Civico di Terracina (foto Archivio SBAL) 3. Terracina, Rupe del Pisco Montano (foto Archivio SBAL)

4. Terracina, area del Santuario del Monte Sant’Angelo cd. Giove Anxur (foto Archivio SBAL)
42
Museo Civico Archeologico “Pio Capponi”

Il Museo Civico Archeologico di Terracina, istituito nel


1894 e dedicato al suo fondatore Pio Capponi, è si-
tuato al piano terra della medievale Torre frumentaria
dei Rosa, svettante sulla piazza del Municipio, il Foro
Emiliano della città romana.
La collezione, prevalentemente scultorea (soprattutto
ritratti e raffigurazioni di divinità) ed epigrafica, è di
primissimo livello per l’importanza e la qualità artisti-
ca delle singole opere, provenienti dal centro storico,
dalla città bassa e dal territorio circostante. Tra di esse
spiccano una grande testa femminile appartenuta a un
acrolito, riferibile a una statua di culto, e un ritratto
maschile maggiore del vero (cd. “principe”), forse di
un generale romano, entrambi originali tardo-elleni-
stici (II-I sec. a.C.). Parte integrante del percorso espo-
sitivo museale sono le cd. “Favisse”, antichi ambienti
ricavati nelle sostruzioni del Tempio Maggiore ingloba-
to nella Cattedrale di S. Cesareo e di recente allestiti
per ospitare sia gli splendidi mosaici accuratamente
ricomposti e restaurati, appartenenti al peristilio di una
ricca domus scoperta nella vicina via dei SS. Quattro (II
secolo), sia reperti decorativi e d’uso quotidiano resti-
tuiti da altri contesti abitativi del quartiere occidentale,
come la domus di via Greggi, di prima età imperiale.
Il Museo, in stretta connessione con lo straordinario
patrimonio archeologico della “città alta”, svolge un
ruolo cruciale per la sua comprensione e costituisce
5. Ritratto maschile tardo-ellenistico cd. Principe una tappa importante di un itinerario di cui fanno parte
ellenistico (foto Archivio SBAL) il cd. Capitolium ‒ un tempio a tre celle di tipo italico
‒, la via Appia con l’arco quadrifronte di accesso da
sud, la piazza forense con i resti dei prestigiosi edifici
che la contornavano e, in un prossimo futuro, l’area
la pavimentazione della piazza affidandone il ricordo a
del Teatro romano in corso di scavo.
un’iscrizione in grandi lettere di bronzo i cui solchi sono vi-
sibili nelle lastre di calcare. La sopravvivenza dell’origina-
Piazza del Municipio - Terracina (LT)
rio lastricato costituisce un caso unico tra i Fori dell’Italia
Tel. 0773/707313 (museo); 0773/707278 (uffici)
antica, esaltato ulteriormente dallo straordinario contesto
storico e architettonico che, in maniera sorprendente, ha
Orari di apertura:
perpetuato attraverso i secoli le originarie funzioni religio-
aperto tutti i giorni
se, politiche, amministrative e sociali del luogo.
settembre – giugno: lunedì 9,00-14,00, martedì –
Nella città bassa, accanto alle strutture del porto e agli
sabato 9,00-20,00, domenica 9,00-13,00; 15,00-
impianti termali già noti (Terme Nettunie e Terme alla Ma-
18,00 (domenica di luglio – agosto 10,00-13,00;
rina), gli scavi stanno rivelando altre terme, strade e interi
17,00-21,00)
quartieri con edifici e magazzini per lo stoccaggio delle
merci e dei prodotti agricoli, mentre nel rimanente territo-
rio si conservano resti di sepolcri, di ville e di acquedotti
anche di recente scoperta. Forse in età traianea Tarracina
ricevette ulteriore impulso dal grandioso taglio della rupe
del Pisco Montano, celebrato da apposite iscrizioni incise
sulla roccia, che consentiva un più diretto percorso costie-
ro dell’Appia, e dalla sistemazione del porto, poi restau-
rato da Antonino Pio. Un ultimo intervento urbanistico si
registra nel V secolo quando, dopo i saccheggi dei Visigoti
e dei Vandali, la città venne cinta da una poderosa cerchia
di mura che ne ridefinì il perimetro.

*Nicoletta Cassieri, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza


per i Beni Archeologici del Lazio
43

1. Formia, sepolcro noto come “Tomba di Cicerone” all’interno del suo giardino funerario recintato da alte mura.
Seconda metà I sec. a.C. (foto N. Cassieri)

Formiae
di Nicoletta Cassieri*

Se le origini di Formia sono avvolte nel mito, anche sul


periodo preromano le informazioni sono molto scarse seb-
bene le fonti tramandino la presenza di Ausoni e Aurunci,
genti italiche dal profilo tuttora incerto, che sarebbero sta-
te soppiantate dai Volsci agli inizi del V secolo a.C.
Le prime notizie storiche si devono a Tito Livio (Liv. VIII
14,10) secondo il quale la città, entrata nell’orbita roma-
na, ricevette nel 338 a.C. la cittadinanza senza diritto di
voto e nel 188 a.C. quella piena optimo iure.
La felice posizione geografica all’interno del Golfo di
Gaeta (sinus formianus), la bellezza del luogo e la sua im-
portanza come nodo centrale delle comunicazioni terrestri
e marittime tra l’Urbe e la Campania, grazie al passaggio
della via Appia e ai facili approdi del suo litorale, ne de-
terminarono un rapido sviluppo: ben presto divenne una
delle mete di soggiorno più ambite della costa tirrenica da
insigni esponenti dei ceti dominanti che vi edificarono nu-
merose e splendide dimore (Scipione Emiliano, C. Arrio,
Cicerone, Pompeo ecc.)
Posta al centro di un vasto territorio, la città era composta
da due nuclei, l’arx, corrispondente allo storico quartiere
di Castellone, e l’abitato di pianura, racchiusi in un cir-

2. Formia, particolare della monumentale cisterna a


navate, il cd. “Cisternone” (foto M. Treglia)
44

3. Formia, fontana pubblica di età tardo-repubblicana lungo la


via Appia (foto A. Di Nucci)

4. Formia, frammento di affresco di giardino dalla “Basilica” del


Foro (foto Archivio SBAL)

6. Statua maschile di sacrificante di età augustea


dall’area del Foro (foto Archivio SBAL)

5. Formia, una sala del Museo Archeologico Nazionale (foto


Archivio SBAL)
cuito difensivo in opera poligonale (IV-II sec. a.C.) realiz- 45
zato presumibilmente dopo l’annessione a Roma: se ne Museo Archeologico Nazionale di Formia
vedono lunghi tratti ‒ spesso rinforzati o integrati da opera
incerta ‒ sia a Castellone sia nella parte bassa lungo il Il Museo archeologico di Formia è ospitato al piano
fronte-mare. terra del Palazzo Municipale, in pieno centro cittadino.
Nel II secolo Adriano le conferì il rango di colonia (Co- Dopo la distruzione bellica di un iniziale Antiquarium
lonia Aelia Hadriana Augusta Formiae) e rimase fiorente civico risalente agli anni Trenta del Novecento, nel
ancora a lungo. Il suo declino coincise con quello dell’Im- 1968 è stato istituito il primo nucleo dell’attuale istituto,
pero romano. ampliato e riallestito nel 1997 nella sede odierna.
Le testimonianze archeologiche sono tuttora numerose In questa circostanza sono tornate nel luogo di origine
malgrado le vicende storiche successive e le profonde al- alcune opere molto pregevoli rinvenute agli inizi del
terazioni determinate dalla disordinata espansione edilizia secolo scorso in diversi punti della città e trasferite
del dopoguerra. Si tratta soprattutto di ruderi isolati, ma nel Museo Nazionale di Napoli, consentendo così di
anche di cospicui complessi mai indagati e perciò di dif- riunificare importanti contesti.
ficile interpretazione. Ancora esigui rispetto alla quantità All’esterno del Museo sono allineate 9 basi di statue
dei resti sono i siti visitabili: la monumentale porta di ac- con dediche in onore di personaggi locali, tutte databili
cesso settentrionale all’arce, l’imponente cisterna ipogea nel II sec. d.C. Nelle sale espositive sono conservate
a navate (lungh. m 65; largh. m 25) creata nel I sec. a.C. sculture provenienti dal Foro cittadino, per la massima
sull’altura del Castellone, alle cui pendici si conservano le parte riferibili all’età augustea e giulio-claudia,
strutture dell’antico teatro romano evidenziato dall’anda- corrispondente al periodo di maggiore splendore della
mento ricurvo di un caseggiato insediatosi in epoca ba- città, prodotti di maestranze specializzate attive tra
rocca sulla cavea. All’architettura pubblica si riferiscono le l’Urbe e la zona flegrea; rappresentazioni in marmo
arcate dell’acquedotto di Mola, una rampa monumentale di soggetti ideali legati al mondo del mito e degli dei
coperta di collegamento tra l’area del Foro e l’acropoli, (gruppo di Leda col cigno, Marte, personificazione di
una grande fontana (II-I sec. a.C.) lungo l’Appia all’in- Stagione, satiri, sfinge ecc.); reperti riconducibili alla
gresso ovest della città. All’edilizia privata vanno ricondotti sfera funeraria (cippi, iscrizioni e statue); elementi
cospicui basamenti di ville spesso dotate di moli e di gran- architettonici, soprattutto capitelli, oltre a manufatti
di peschiere per l’itticoltura pregiata (es. criptoportici sotto collegati alla rete delle comunicazioni (colonne miliarie
i giardini pubblici), in successione ininterrotta soprattutto della via Appia) e dei commerci terrestri e transmarini
nell’insenatura di Caposele, dove in una proprietà privata (anfore di diversa forma e cronologia).
si conservano i famosi “ninfei” di una grandiosa residenza Per la presenza di interessanti testimonianze di
signorile della tarda Repubblica identificata dalla tradizio- decorazione pittorica ad affresco e di stucchi ‒ di recente
ne locale con il Formianum di Cicerone. Altrettanto co- scoperta o ricomposte attraverso pazienti restauri ‒ che
spicui sono i resti del complesso edificato su diversi livelli impreziosivano le pareti di opulenti complessi pubblici
prospicienti il mare sul promontorio di Gianola, da alcuni e privati, il Museo si avvia a diventare un fondamentale
attribuito al ricchissimo cavaliere L. Mamurra. Notevoli riferimento per la conoscenza della pittura antica nel
anche i monumenti funerari tra cui spicca la celebre “Tom- Lazio meridionale.
ba di Cicerone”, che sorge al km 139.400 dell’Appia al
centro di un vasto hortus perimetrato da muri in opera re- Via Vitruvio 184 - Formia (LT)
ticolata (per la visita, rivolgersi al Museo). Un’interessante Tel. 0771/770382; 346/7960417
necropoli con sepolture pagane e cristiane a partire dal
I sec. d.C., infine, è stata scoperta in via degli Olivetani Orari di apertura:
sotto la Chiesa di S. Erasmo. aperto tutti i giorni (salvo 1 gennaio,1 maggio e 25
dicembre) 8,30-19,30
*Nicoletta Cassieri, Funzionario archeologo presso la Soprintendenza
per i Beni Archeologici del Lazio

7. Formia, complesso di ambienti voltati , le cd. “Grotte di S. Erasmo”, riferibili a un quadriportico monumentale (foto
A. Di Nucci)
46 Minturnae il quartiere nord-occidentale si connotò come residenziale
di Giovanna Rita Bellini* con la costruzione di varie case (domus del teatro, domus
delle tabernae, domus del portico, domus del mercato,
domus delle terme); le strade vennero abbellite con
La colonia di Minturnae fu dedotta nel 296 a.C. sulla fontane e ninfei.
sponda destra del Liris (attuale Garigliano), in prossimità Per i secoli successivi le vicende e le fortune di Minturnae
della foce, con la finalità di controllare sia il facile approdo sono narrate dagli interventi di rifacimento e restauro che
costituito dalla foce stessa, sia la via d’acqua che consentiva si susseguono fino al VI secolo d.C.
la penetrazione verso le zone più interne del Lazio centrale. Alla fine del IV sec. d.C. inizia la decadenza causata dalle
La fondazione concorse alla rapida creazione di una invasioni barbariche e dalla mancanza di rifornimenti
lunga linea di difesa costiera che si estendeva dall’Etruria sicuri. La vita si restringe probabilmente nell’area centrale
sino alla Campania e che comprendeva le altre colonie della città, forse intorno alla sede episcopale ancora non
romane di Ostia, Anzio, Terracina e Sinuessa, nonché individuata (l’ultimo vescovo di Minturnae romana di cui si
quelle latine di Cosa e Paestum. ha memoria nelle fonti antiche è il Rusticus Episcopus che
Per la nuova colonia i Romani non utilizzarono il sito partecipò al Sinodo di Roma nel 499 d.C.).
occupato dall’antica omonima città aurunca distrutta,
bensì un’area pianeggiante circondata da terreni paludosi *Giovanna Rita Bellini, Funzionario archeologo presso la
posta a circa 2 km dalla costa. La forma della primitiva città Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
è quella dell’impianto castrale con perimetro quadrato,
delimitato da mura in opera poligonale di pietra calcarea,
suddiviso all’interno dagli assi ortogonali del cardo e del „
Il progetto di ricerca Minturnae Forma Urbis“
decumano (la via Appia).
Favorita da una posizione che ne faceva il mercato La collaborazione, in corso dall‘anno 2010, tra
privilegiato per gli scambi commerciali tra Lazio e Campania Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e
e che consentiva di controllare un fiume navigabile per Istituto Archeologico Germanico a Minturnae si colloca
buona parte del suo corso, Minturnae conobbe un così nell’ambito dell’attività di ricerca coordinata dalla
rapido sviluppo da imporre, probabilmente tra la fine del stessa soprintendenza che vede in campo anche istituti
III e i primi decenni del II sec. a.C., un ampliamento della scolastici come il Vitruvio-Tallini di Formia (rilievo diretto
colonia verso ovest. In questa occasione le vecchie mura dei monumenti, esame delle fonti storiche, ricostruzioni
furono in parte abbattute e sostituite da una cinta difensiva virtuali), la Seconda Università di Napoli cattedra di
in opera quadrata. rilievo (tesi di laurea di rilievo e analisi tecnica dei
A questa fase sono pertinenti il Foro delimitato da portici monumenti), l’Università di Padova (progetto TESS sulla
con pilastri in opera quadrata di tufo, il Capitolium più catalogazione e studio dei rivestimenti pavimentali).
antico, le domus ad atrio documentate al di sotto delle Il progetto dello IAG (coordinato da Henner von
successive stratificazioni, il primo impianto del teatro Hesberg), finanziato dall‘Istituto Archeologico
cui sono pertinenti alcune statue di Muse in calcarenite Germanico, dal Deutsche Forschungsgemeinschaft
esposte nel Museo. di Bonn, dall‘Università di Colonia, dal Fritz-Thyssen-
La radicale trasformazione urbanistica di età augustea, Stiftung, ha portato al rilievo integrale della parte
a seguito della nuova deduzione coloniale, comportò la della città romana di proprietà demaniale a cura di
monumentalizzazione del tratto urbano della via Appia Hansgeorg Bankel; a indagini geofisiche nell’area
mediante portici in uno scenario che evoca quello delle urbana ancora in proprietà privata e nell’area del
vie porticate delle grandi città provinciali romane dell’Asia santuario emporico alla foce del Liris, condotte
Minore o dell’Africa settentrionale, la costruzione di dall’équipe di Michael Heinzelmann; allo studio del
un tempio dedicato ad Augusto nel Foro repubblicano, Tempio di Cesare sul castrum effettuato da Tanja
la sistemazione di una nuova piazza affrontata a quella Kohlberger-Schaub; allo studio del Foro e della
più antica, la costruzione della Basilica forense, la Basilica condotto da Patric Kreuz; al rilievo del teatro
riedificazione del teatro, la realizzazione sul castrum di un nell’ambito della tesi di dottorato di Stefan Arnold;
complesso sacro ricco di ninfei e fontane ove l’acqua (nei allo studio dell’acquedotto e della distribuzione
suoi vari aspetti ornamentali, lustrali, sacrali) ha un ruolo idrica in città comprensivo del sistema di pozzi e
intrinseco, che richiama inevitabilmente i culti ancestrali cisterne precedente la realizzazione dell’acquedotto.
celebrati nel santuario emporico alla foce del fiume, Quest‘ultimo studio, condotto nell‘ambito di un ulteriore
collegati alla divinità femminile identificata con Marica/ specifico progetto (curato da Hubertus Manderscheid
Diana/Afrodite-Venere, ed evoca ‒ per il grande santuario „L‘approvvigionamento idrico di Minturnae e l’architettura
che sorge in posizione privilegiata e ben visibile dal fiume dell’acqua“ con il supporto degli speleologi della
sui resti dell’antico castrum ‒ il culto di Venere, genitrice „
Associazione Sotterranei di Roma – Centro di Ricerche
della dinastia giulio claudia (da qui proviene l’iscrizione CIL Speleo-Archeologiche“) ha portato alla scoperta e alla
I 2972 Deivo Iulio/ iussu populi romani/ e lege Rufrena). documentazione della città sotterranea.
Alla città in tufo di età repubblicana e a quella in pietra È stata inoltre condotta una campagna fotografica
di età augustea si sostituì ‒ nel nuovo assetto urbanistico coordinata da Sylvia Diebner delle sculture e dei reperti
adrianeo ‒ una città in muratura: si eressero il mercato e le presenti nel Museo.
terme urbane, fu ampliato il teatro, riedificata la Basilica;
47

1. Minturnae, panoramica (foto A. Zarattini)

4. Minturnae, panoramica del Foro Repubblicano e del


2. Minturnae, via Appia (foto G. M. Matullo) Teatro (foto G. Murro)

3. Minturnae, la via Appia, il Macellum, il Foro


Imperiale (foto G. Murro) 5. Minturnae, panoramica (foto A. Zarattini)

Comprensorio Archeologico di Minturnae la ritrattistica (il ritratto di Gaio o Lucio Cesare figli
di Agrippa, la bellissima testa di Faustina maggiore
Il Museo fu inaugurato nel 1984, negli ambulacri del moglie di Antonino Pio, un ritratto femminile di età
teatro ove i reperti scavati negli anni 1931-1933 erano traianea), la rappresentazione di divinità (Afrodite
stati ricoverati durante gli ultimi anni di guerra. Pontia e Diana tipo Palatino dal santuario emporico
Nell’ambulacro sinistro sono esposte le epigrafi che alla foce del fiume; Cibele frammentaria, da un
narrano la storia di Minturnae: la dedica a Cesare prototipo di Agoracrito di Atene; Atena tipo Giustiniani
divinizzato e lege rufrena; l’iscrizione che ricorda la da una ricca villa sul mare; Artemide tipo Versailles
colonia hadriana; i 29 cippi con i nomi dei membri dei dalla decorazione del teatro di età antonina; Tyche
collegia di Venus, Spes, Ceres, Mercurio, intaccati dal copia di età romana da un originale di Chephisodotos
fuoco delle sommosse nel Foro, e religiosamente inseriti il Vecchio dal tempio del Divo Iulio), il culto imperiale
nel podio del tempio che Augusto volle affiancare al (statue di Augusto-Giove e di Livia-Giunone); torsi
Capitolium come testimonianza della pax ristabilita; il loricati, Muse, ninfe e satiri, fino alla gamba colossale
“…consumptum iacebat…” evocatore del rifacimento pertinente a statua forse di atleta con la firma degli
di un edificio monumentale; la dedica di una stadera artisti ateniesi Callimacos e Gorgias.
nel mercato della città; e altre con nomi, dediche,
indicazioni di incarichi e di magistrature ricoperte, fino Via Appia, km 156 - Via Puntafiume (ingresso visitatori)
alla tabula patronatus del vir clarissimus Flavio Teodoro - Marina di Minturno (Minturno - LT)
patrono della colonia ormai cristiana. Tel. 0771/622239 (Direzione); 0771/680093 (Biglietteria)
Una sezione con ancore, anfore, pesi e aghi da rete,
ami, racconta la vita economica della città in un sistema Orario di apertura:
produttivo che vede coesistere cantieri navali, pesca, saline, invernale ore 9,00-17,00, estivo ore 9,00-19,00
integrato con un porto aperto alle rotte mediterranee. chiusura: 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre
L’ambulacro destro è dedicato alla statuaria, attraverso
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Bibliografia essenziale
Reate Casinum
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