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07/02/23, 10:23 Chi si rivede, il señor Sorolla!

- La rassegna di Palazzo dei Diamanti - Il Sole 24 ORE

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Chi si rivede, il señor Sorolla!


Fernando Mazzocca

La rassegna di Palazzo dei Diamanti rappresenta una grande occasione. Dopo un secolo si rivede in Italia un
pittore che era stato tra i protagonisti delle prime Biennali di Venezia, cui partecipò con assiduità sino al 1905,
quando venne esposto e acquistato per la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro uno dei suoi
capolavori, Cucendo la vela del 1896. Nel 1911 un dipinto di soggetto analogo, e dello stesso anno, ma di
dimensioni ridotte, Ritirando le reti fu acquisito all'esposizione internazionale di Roma per la Galleria Nazionale
d'Arte Moderna. Nel 1914 ebbe infine l'onore, riservato ad altri protagonisti come Boldini, von Stuck e Klimt, di
una sala individuale ancora alla Biennale veneziana.
Bentornato Sorolla! Genio per troppo tempo dimenticato, travolto dalla fama di Picasso, di Dalí, di Miró. Ma
questo di Ferrara è un ritorno discreto, quasi in punta di piedi. Non quella marcia trionfale, in un giusto tuonare
di grancassa, che era stata l'indimenticabile e visitatissima rassegna del Prado del 2010 basata su una orgogliosa
parata dei dipinti di grandi dimensioni con cui Sorolla aveva trionfato, ogni volta premiato, alle esposizioni
universali in giro per il mondo tra Parigi e Berlino, Monaco, Vienna e Venezia, da Cichago a New York, da
Buffalo a Boston a Philadelphia.
Niente di tutto questo qui a Ferrara dove, messa da parte la dimensione eroica e ufficiale, emerge un altro
Sorolla, quello intimo e sperimentale, dei dipinti di medio e piccolo formato eseguiti en plein air nei luoghi del
cuore, i giardini dove egli amava, come altri grandi pittori del suo secolo -pensiamo soprattutto a Monet o a
Liebermann - , immergersi per abbandonarsi alle impressioni mutevoli dell'aria, della luce, dei colori. Sono stati
realizzati nelle più diverse situazioni climatiche e atmosferiche, nelle differenti ore del giorno alla Granja,
nell'Alcàzar di Siviglia, all'Alhambra e al Generalife di Granada, e soprattutto nel giardino della sua casa di
Madrid, diventata dopo la sua morte un suggestivo museo a lui dedicato. Le opere presenti a Ferrara provengono
in gran parte da qui e da diverse collezioni private. Il pittore stesso ha definito questi dipinti, che rispetto ai
quadri grandi sembrano addirittura non finiti, «ricordi o impressioni», caratterizzati dal «gusto di poter
contemplare ciò che ci piace». Il modo migliore per capire questo Sorolla intimo è quello di seguirne la biografia,
soprattutto nei momenti più privati che emergono dalle lettere, quelle scritte quotidianamente alla moglie, per
alleviare la solitudine dei continui viaggi in giro per il mondo, dove ha esposto una gran parte delle quattromila
opere che ci ha lasciato.
Le circa mille lettere, conservate nella casa museo di Madrid, hanno consentito a una discendente dell'artista
Blanca Pons-Sorolla (curatrice insieme a Tomàs Llorens, Maria Lòpez-Fernàndez e Boye Llorens di questa
mostra incantevole) di intrecciare alla sequenza dei dipinti queste testimonianze dirette. Le opere esposte vanno
dal 1906 al 1920, quando venne colpito da un'emorragia celebrale che lo porterà tre anni dopo alla morte, e
riguardano soprattutto la fase finale di una lunga carriera. Era nato a Valencia nel 1863 e aveva cominciato a
dipingere nel 1880. Per lui la pittura era subito diventata e rimarrà per sempre qualcosa di esclusivo, una sorta
di ragione di vita che però non escluse un amore totale per la famiglia. La moglie capì subito questo suo dissidio
esistenziale e nel 1908, in occasione di una delle molte separazioni, gli scrisse, non senza una vena di amarezza,
ma dimostrandogli come sempre tutta la sua comprensione e il suo affetto: «Capisco che un uomo come te, che
prima di essere marito e padre è pittore, debba preferire la sua arte a ogni altra cosa».
Sorolla è il pittore dell'aria, della luce, degli effetti ogni volta sorprendenti, eseguiti anche sotto la suggestione
della fotografia, praticata presto quando lavorò nei primi anni come tecnico delle luci nello studio di un noto
fotografo valenciano che aveva avuto il merito di scoprire il suo talento. La sua grandezza è quella di aver saputo
conciliare questa visione fotografica, quindi moderna, della realtà, e il gusto, condiviso con gli Impressionisti, di
dipingere en plein air. «Il lavoro in atelier - dichiarò - se non per dipingere un certo genere di ritratti, è una cosa
artificiale, qualcosa di simile a un inganno. Non mi piace dipingere in studio, lo confesso; lo detesto con tutta
l'anima».

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07/02/23, 10:23 Chi si rivede, il señor Sorolla! - La rassegna di Palazzo dei Diamanti - Il Sole 24 ORE

I dipinti qui esposti, eseguiti in gran parte nella solitudine dei giardini fioriti da lui frequentati negli anni,
diventavano una sorta di confessione, di superamento delle convenzioni che pur dovevano caratterizzare le opere
di ben diverso impegno acclamate alle esposizioni. Una dimensione di cui egli stesso sembra diventare sempre
più consapevole, quando nel 1903 cominciava a riflettere sul fatto di aver «iniziato senza timore a sviluppare un
mio modo di dipingere, buono o cattivo, non so, ma vero e sincero, riflesso reale di ciò che vedevo con i miei
occhi e sentivo nel mio cuore …».
Di questa nuova poetica, ben documentata nella mostra, è una sorta di manifesto il dipinto scelto come
testimonial, il bellissimo ritratto della prediletta figlia Maria vestita da contadina valenciana. Eseguito con una
tecnica pittorica a sciabolate luminose di colore, che evocano ma non riproducono esattamente le cose viste, è il
primo ritratto eseguito in un giardino cui ne seguiranno altri, alternati a visioni, dove non è presente la figura
umana ed emergono come motivi dominanti i cespugli, le aiuole, le siepi fiorite, isolati in primo piano o
inquadrati da elementi architettonici riflessi nelle acque delle fontane.
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Sorolla. Giardini di luce, Ferrara, Palazzo dei Diamanti, sino al 17 giugno. Catalogo Ferrara Arte

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