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Violenza e bullismo
Uno degli aspetti più preoccupanti della crisi della scuola contemporanea è la violenza che in vari casi si respira. Negli
stati uniti cresce l’allarme dell’uso delle armi a scuola, e sono stati gli studenti stessi a ribellarsi contro i produttori e le
lobby delle armi che ne facilitano l’uso. Bisogna distinguere le forme delle culture anti scolastiche. In molti casi si è di
fronte a forme di maleducazione degli alunni, comportamenti aggressivi, non rispetto delle regole. Si assiste a una de-
ritualizzazione e alla scomparsa di gesti formali di rispetto verso insegnante visto come parte di habitus di
comportamento necessario per la vita sociale. La cultura della violenza è in realtà assorbita da un mondo conflittuale
che li mette alla prova della competizione, impone modelli irraggiungibili. Ce disagio vita sociale che si riflette in
classe. La scuola perpetua una violenza simbolica sui bambini che da un lato trasmette modelli di autorità per
insegnare controllo e disciplina dall’altro rischia di vedere al centro di questi modelli il principio di potere e non quello
di responsabilità. Il sistema educativo e formativo dovrebbe formare alla cultura della non violenza. Due esempi per
capire come esterno della scuola può rischiare di contagiare le nuove generazioni: da un lato le politiche dell’identità,
che creano un falso noi contro gli altri dall’altro le ideologie della sicurezza. Violenza come forma di autodifesa e di
anticipazione nel ristabilimento dell’ordine. Ideologia della sicurezza senza l’altro si eserciti in modo estremo occorre
la disumanizzazione. Per evitare una pedagogia nera nella scuola occorre cogliere un progetto di scuola del dialogo e
della cittadinanza.
Il conflitto iscritto del desiderio umano di prevalere o possedere ma non per questo si traduce in violenza. Ha come
obiettivo rinforzare la propria posizione all’interno di una relazione ma non di liquidare la relazione stessa.
La Violenza chiude invece la discussione, la ricerca di soluzioni, di dibattito. La violenza dei pari→ bullismo che vede
come luogo privilegiato la scuola.
Il Bullismo riguarda violenze fisiche o psicologiche compiute da un singolo o gruppo ripetutamente verso una vittima
designata. Le forme di prevaricazione possono essere dirette (compiute sulla vittima) o indirette (attraverso la
diffamazione, esclusione). Si manifesta fin dai primi anni della scuola primaria con picco alle superiori. Diventano bulli i
ragazzi con problemi di socializzazione, i figli di famiglie con scarsa coesione, monogenitoriali; bullo è maschio con
forza fisica superiore ai coetanei. Profili dei bulli e delle vittime possono essere: leader, coloro che aiutino, gli
spettatori passivi, ma anche chi interviene attivamente per difendere il compagno. Le vittime presi di mira per
timidezza o aspetto fisico entrano nel circolo vizioso della paura e vittimizzazione. Considerano una strategia perdente
affidarsi ad adulti distratti, incapaci di cogliere i segnali del bullismo.
Immoralità del bullismo, messa in atto di meccanismi di disimpegno morale che permettono la disattivazione della
riprovazione da parte della propria coscienza quando si fa qualcosa che è percepito come male. Come intervenire?
Azioni compiute solo dall’esterno e sanzionatorie sono inefficaci mentre sono validi progetti e interventi. Educatori
non devono chiudere gli occhi davanti alle prepotenze, senza sottovalutarli. Ogni alunno respira il curricolo morale
nascosto della scuola cioè i codici impliciti sapendo se in quell’ambiente passeranno impuniti i comportamenti
scorretti. Incompetenza relazionale dei bulli che non sanno gestire i conflitti. Occorre coinvolgimento di tutti gli alunni
che integra bullo e vittima in una relazione ampia. Compito educatori sostare nel conflitto, usando il gruppo come
risposta. Se alcune forme di violenza dei bulli nascono da una mancanza di controllo degli impulsi emozionali e delle
reazioni immediate, sono perciò i progetti che potenziano il controllo di sé o aumentano le competenze sociali e di
comunicazione a funzionare meglio. Notare che bullismo si manifesta davanti ad un pubblico. Il ruolo chiave degli
spettatori è quello che possono trasformarsi in comunità in cui ricreare relazioni di amicizia e aiuto, disapprovando il 9
bullismo e sostenendo la vittima. In questo senso si colloca la mediazione tra pari. Mediazione come forma alternativa
alle misure disciplinari utilizzate nella scuola.
Una particolare forma di bullismo è il cyberbullismo (bullismo attuato via web, insieme alle forme di cyberstalking e
sexting). Anche se avviene con mezzi tecnologici, la scuola si deve occupare di questo problema. Distinzione tra
cyberbullying (avviene tra minorenni) e cyberharassment (avviene tra adulti o tra adulto e minorenne; si parla di
molestie compiute con mezzi informatici tra pari di minori età). Cyberbullismo non è la semplice persecuzione in rete
dei comportamenti persecutori attuati di persona. Internet rappresenta un luogo di incontro/scontro in cui le
questioni di merito possono passare in secondo piano rispetto ai meccanismi invasivi che può creare; si consideri il
fenomeno di flaming (fiammata, esplosione di commenti negativi intorno a un evento). Il desiderio di essere popolari
tra adolescenti facilita il cyberbullismo. Va individuato il devil effect, cioè la tendenza delle persone ad attribuire
all’impressione e agli stereotipi negativi un peso sproporzionato rispetto alle informazioni positive. La possibilità
dell’anonimato porta a un distanziamento tra vittima e aggressore.
Legge 71/2017→ permette agli ultraquattordicenni di chiedere di oscurare o rimuovere i dati personali; legge istituisce
un tavolo tecnico che redige un piano di azione integrato per contrasto e prevenzione del cyberbullismo e prevede un
codice di regolamentazione per la prevenzione del fenomeno. Il ministero istruzione deve adottare linee di
orientamento, formare sull’argomento il personale scolastico e promuovere la peer education (prevenzione e
contrasto dal cyberbullismo ad opera di studenti stessi). Le scuole possono avvalersi di norme dello statuto degli
studenti e studentesse del 2007, che prevedono sanzioni per questo tipo di comportamenti in un contesto segnato da
finalità educative e ispirate al principio di gradualità (principio di riparazione del danno); sono tenuti a inserimento di
piani antibullismo, educazione alla cittadinanza digitale come formazione di nuovi cittadini online consapevoli dei loro
doveri e capaci di empatia verso gli altri.
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La famiglia accogliente
In questo quadro di nuove tecniche di procreazione, nuclei familiari ristretti e cultura della singolarità non sorprende
che anche l’accoglienza di bambini o ragazzi di altri genitori stia progressivamente diminuendo. Infatti, cala ogni anno
il numero delle adozioni nazionali e internazionali. Si tratta di un fenomeno mondiale. Per quanto riguarda le adozioni
di bimbi sul territorio nazionale si registra media costante: accanto alla positiva degli stati di abbandono del nostro
paese parallelamente riduzione del numero di coppie disponibili. Anche se l’adozione in passato aveva caratteristiche
diverse. Si trattava di perpetuare il nome e eredità di famiglia, trasmettendoli ad un figlio che doveva essere grato del
dono ricevuto. I diritti del bambino ad avere una famiglia sono stati affermati i diritti dei genitori ad avere un erede.
Dal punto di vista psicosociale era un fenomeno sconvolgente, un segreto da nascondere perché la cultura del tempo
viveva come una vergogna la sterilità e tutto ciò che violava la normalità della filiazione biologica. L’adozione oggi ha
conquistato uno statuto di legittimità nell’ambito della società. Dolto e altri psicoterapeuti hanno infatti sottolineato
non solo l’importanza della gestazione e del rapporto madre-bambino, ma anche la centralità dei legami di sicurezza
creati dai genitori adottivi. Si è trasformata da diritto della famiglia di avere un erede a diritto del bambino di trovare
ambiente di affetti in cui crescere.
La formazione può aiutare la famiglia a potenziare le loro risorse, per apprendere e ascoltare i figli senza cedere a una
narrazione. Molti bambini hanno avuto storie difficili, tutti esperienze di abbandono.
Un modello multidimensionale, lo stress e coping che considera fattori di sviluppo e ambiente sociale. L’assunto
centrale è che l’adozione è comunque legata ad eventi che possono provocare ansie, paure, confusione, tristezza. Un
aspetto particolare dell’adozione internazionale è quello della possibilità di dotare anche i genitori adottivi di
competenze interculturali. Il bambino adottato di un’altra cultura è persona in crescita, con alcuni tratti innati, varie
esperienze assorbite già nei primi mesi e anni, ma soprattutto aperto al cambiamento e alle influenze dall’esterno. Le
differenze culturali vengono sfumate in un contesto di vita trasversale con caratteristiche comuni da un capo all’altro
del mondo. La famiglia adottiva costruisce una base sicura attraverso routines e rituali, mette a punto nuovi legami,
ascolta le domande. Con la formazione e sostegno dei servizi è possibile rafforzare le risorse della famiglia. Forma di
accoglienza è affidamento familiare (legge 184/1983) che consente di non interrompere legami con la famiglia
d’origine nel caso pregiudicasse interesse del bambino. Relazione a tre. Affidamento è consensuale e temporaneo
gestito dai servizi sociali territoriali. L’affido professionale prevede che uno dei genitori diventi referente con
contratto di lavoro all’interno di un progetto ad hoc per bambino. Famiglie accoglienti ma bisognose di intervento.
Prevista la temporaneità e il forte coordinamento dei servizi sociali attraverso tutor.
L’affido omoculturale, inserimento di bambini di figli migranti in famiglie dello stesso paese. L’affido di minori stranieri
non accompagnati (legge 47/2017 prevede o inserimento in una comunità per minori o affidamento famiglia o
rimpatrio assistito) presenta in Italia un alto numero. Anna Granata ha descritto la complessità del loro percorso.
Negli ultimi anni si è cercato di gettare un ponte tra le diverse forme di tutela dei bambini fuori dalla famiglia d’origine.
Si discute di forme alternative all’adozione attuale che recide in modo irrevocabile i legami e crea una nuova status di
filiazione.
Si parla di adozione mite perché ha una interpretazione rigida come seconda nascita che può portare a scelte non
sempre nell’interesse del bambino. Ci si chiede se non vada coltivato il diritto del bambino a una bifamiliarità, ad avere
una famiglia senza cancellare la prima.
Un altro aspetto della famiglia accogliente è il tema della condizione anziana. Il sistema previdenziale ha richiesto lo
spostamento in avanti dell’età pensionabile. Gli anziani soli patiscono un peggioramento delle condizioni di vita e
aumento esclusione sociale. Si pone urgente il tema del contrasto della solitudine, della permanenza anziani nella
famiglia e del sostegno a caregiver che si prendono cura di parenti non autosufficienti. Le politiche per anziani
dovrebbero contrastare isolamento, potenziando la cultura della domiciliarità (assistenza domiciliare), forme di
residenzialità mite. La rete sociale può prevenire istituzionalizzazione costruendo collegamenti con servizi e
opportunità intorno all’anziano. Quando la soluzione è ricovero negli istituti, case di riposo o rsa è possibile ricostruire
familiarità sia favorendo creazione di comunità alloggio o case albergo.