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Così come per ogni disciplina scientifica nella sociologia quel che conta all’inizio del suo percorso di ricerca
(qualitativo o quantitativo) è l’atteggiamento di curiosità del ricercatore. Attualmente si sta cercando di
fuoriuscire dalle posizioni contrapposte positivistico-umanistica, oggettivismo-soggettivismo per aprirsi
all’immaginazione sociologica della Serendipity, ossia una “metodologia non esplicita”, perché più inclini ad
utilizzare, sul piano empirico, strumenti di rilevazione meno legati alle evidenze statistiche per accreditare
scientificamente le loro indagini. In questa prospettiva di analisi meno ingessata, L’IMMAGINARIO ha
acquisito un suo statuto scientifico come dimensione interpretativa al pari di altri luoghi sociologici→ La sfera
di questo immaginario ha un ruolo importante nel dare un senso alla realtà umana. Gli elementi della
fantasia, infatti, possono offrire una nuova interpretazione e dati meno neutri perché, il banale e il trascurato
di un fenomeno, a volte possono essere una via fondamentale per la conoscenza. Soprattutto in questo
periodo di mutamenti, di politeismo dei valori il mondo dell’immaginario può facilitare la lettura sociologica
della realtà. Ogni zona geografica, ogni stagione storica e ogni cultura hanno condizionato la molteplicità
delle manifestazioni della vita, le rappresentazioni della realtà e l'immaginario stesso.
L’IMMAGINARIO spiega fenomeni enigmatici e difficili da spiegare perciò la sociologia usufruisce di questo
elemento per interpretare i vari mutamenti. Esso riflette trasformazioni simboliche, sogni, ricordi, leggende,
fantasmi, miti e soprattutto le paure rispetto alla presenza del dolore, al pensiero della morte. Inoltre, a
guardare l’ultima produzione filmico-televisiva, la sensibilità immaginativa pone in luce una sorta di legame
tra razionale e irrazionale, valori e disvalori, orizzonti di senso e non-senso, moderno e post-moderno. A
partire da tali considerazioni e dalla concezione che l’immaginario può essere un elemento prezioso per
interpretare il mutamento continuo (sia sociale che personale), si è portata avanti in una prospettiva
esplorativo-tematica e interdisciplinare, una riflessione sulle Fiction poiché si ritiene che esse consentano di
far isolare elementi culturali tra i quali: Una nuova e diversa comprensione del sé, dell’altro e dell’etica.→
Tra le serie tv di cui si parla di Le Regole del Delitto Perfetto, Transparent, Breaking Bad, analizzate da:
✓ Alessandra Caneva, la quale, oltre a produrre una critica estetico-formale di tali Fiction, tiene conto
della “visione morale” dell’autore della storia che deve essere considerata parte della cultura
contemporanea e che può perciò risultare una chiave di lettura delle nuove tragedie del nostro tempo
(considerate diverse da quelle classiche poiché carenti di costrutti antropologici della mitologia greca).
✓ Francesca Orlando che da un punto di vista psicologico propone una riflessione puntuale delle serie
televisive soffermandosi sull’importanza della narrazione come forma di comunicazione simbolica, sul
tramonto della figura paterna e sulle problematiche che tale tramonto può attivare (provocare disturbo
borderline della personalità). Oltre a questo, si sofferma sul sovvertimento narrativo tradizionale perché
sostiene che oggi, a differenza del passato, il personaggio principale pur essendo anaffettivo o mediocre,
viene eletto nelle nuove produzioni televisive a “personaggio vincente, in linea con il mondo
occidentale”.
✓ Claudia Caneva che analizza il fenomeno delle serie tv con una prospettiva interdisciplinare tra filosofia,
antropologia ed estetica, cercando di comprendere quanto questa “nuova” forma d’arte incida
sull’esperienza umana. Le serie costruiscono discorsi rilevanti e aiutano a capire il mondo in cui viviamo.
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✓ Cecilia Costa analizza le serie tv messe in parallelo con altre narrazioni letterarie, sociologiche e
artistiche del passato e del presente, con l’approccio di una “sociologia della comprensione”.
La poetica televisiva, soprattutto quella americana, sembra svincolata da valori tradizionali e appare più
incline a delineare le condizioni di un nuovo ordine culturale; non a caso in alcune fiction viene messa in
discussione la stessa cifra dell’umano e si intravede una tendenza al post-human. Infatti, se la drammaturgia
televisiva e la cinematografia tradizionale riconoscevano il valore e i limiti dell’essere umano, in molte fiction
americane attualmente emerge spesso un’idea di uomo che si disumanizza per travalicare qualsiasi limite. In
alcune serie è messa in discussione la stessa identità dell’umano e si evidenzia un disagio.
▪ Secondo Kierkegaard→ Don Giovanni può essere stato il riflesso delle debolezze nascoste e della
rivolta contro un pensiero filosofico dominante, troppo rigido.
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2. L’immaginario Tradizionale, I MISERABILI→ Tale romanzo, come il Don Giovanni, può essere
considerato utile per dar conto della potenza rappresentativa dell’immaginario anche rispetto alla
definizione della fase culturale in cui è stato scritto. Nel romanzo “I MISERABILI” emergono nelle azioni e
nelle parole di alcuni personaggi una molteplicità di argomenti, tra i quali:
✓ Il Progresso;
✓ La Dialettica da tesi e antitesi;
✓ L’Amore;
✓ La Speranza;
✓ Il Dolore;
✓ La Giustizia;
✓ La Verità
✓ Dio.
Altri elementi invece sono più storico-culturali e servono più ad Hugo, scrittore del romanzo, per poter
manifestare la sua contrarietà verso la scarsa fede che caratterizzava la sua epoca e verso i principi di
particolarismo propri della società borghese, che condannavano a condizioni di miseria gli strati più debol
della popolazione. Infatti, il tessuto narrativo del romanzo ha preso forma dal credo intellettuale e
personale di Hugo, credo che venga detto Visione Morale dell’autore→ Questa visione è stata da lui
esplicitata in 2 affermazioni:
1. La prima: “credo nell’umanità e ho fiducia nel mio secolo”.
2. La seconda: “Dio. L’anima. La responsabilità. Questo triplice concetto basta all’uomo. A me è
bastato”.
Questa sorta di manifesto civile, intellettuale, spirituale è il sottotesto del romanzo, con sullo sfondo
l’Ananche, ossia la tragica fatalità. Infatti, la fatalità (abisso di imprevedibilità separato dall’idea di
Provvidenza) si presenta improvvisamente nella vita dei personaggi, sconvolgendo la loro esistenza, come
può accadere nella vita reale. L’Ananche può essere anche intesa come Dubbio di fede.
➢ TWILIGHT→ La saga dei vampiri di Twilight, invece, è uno strano miscuglio di romanticismo
ottocentesco, di volontà di superare ogni limite bio-antropologico e di indifferenza religiosa. I vampiri
e gli umani non combattono battaglie contro regole sociali, non hanno posizioni contro la religione,
perché anch’essi, come nella realtà, non fanno nessuna scelta definitiva, neanche contro la fede.
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Altri temi di fondi di questa saga Fantasy sono: un senso orizzontale e a-storico della vita, la pretesa
dell’autosufficienza, il superamento della corruttibilità del corpo e della morte ottenuti con la rinuncia
all’umano per l’artificiosità del sovraumano. C’è anche il tema dell’amore, che sembra offrire all’uomo una
nuova versione dell’eternità. L’amore riesce a dare una così forte valenza all’essenza umana da divinizzarla.
Inoltre, dato che i media non sono riusciti a favorire l’autonomia e la libertà di scelta, né tantomeno le
promesse bio-mediche sono riuscite a superare il confine della morte, agli universi dell’immaginario, in
particolare quelli di Twilight viene attribuita la funzione di adempiere a tali mancate promesse e di mitigare
le ansie fondamentali.
1. LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO→ La storia della serie “LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO” è
destrutturata, in continuo bilanciamento tra Flash back e Flash forward; così come la personalità della
protagonista, Annalise Keating, un avvocato e docente universitario di Diritto penale, non ha una sua
forma definita. Lo stesso impegno professionale di Annalise non è teso all’applicazione della legge, ma ad
aggirare le norme. Si potrebbe cogliere in questo suo comportamento una sottile critica all’ordinamento
giuridico-giudiziario americano, una critica che non si esplica in un’aperta denuncia dell’inefficacia del
sistema americano, ma si consuma all’insegna dell’individualismo narcisistico di Annalise con la sua
spregiudicata dialettica argomentativa. → A proposito di questa denuncia del sistema giuridico americano,
si può fare una comparazione con “I Miserabili”, in cui va in scena un’accusa contro l’impalcatura giuridica
della Francia borghese di quel periodo storico. In questo caso, però, a differenza de “Le regole del delitto
perfetto”, lo scontro non è tra un cinico protagonismo professionale e il sistema giudiziario, ma tra
l’applicazione rigida della legge, che può anche essere causa di “ingiustizia” per i più deboli, e l’amore,
come espressione di redenzione: in sostanza ne “Le regole del delitto perfetto”, invece, non si vogliono
sanare ingiustizie ma viene portata avanti l’idea che non esistono il bianco e il nero e che non c’è una linea
netta di demarcazione tra bene e male.
Nella prima stagione della serie (stagioni sono 5 e gli episodi 60), Annalise dopo aver dato spettacolo di
sé sul palcoscenico pubblico del tribunale e dell’aula universitaria, viene ripresa nel retroscena solitario e
privato della sua camera da letto: si toglie la parrucca, il trucco, appare al naturale, invecchiata e indifesa.
Sempre per fare un parallelo nel “Ritratto di Dorian Gray”, nonostante la volontà di violare l’ordine delle
cose per ottenere l’eterna giovinezza, si riconosce ancora il confine del bene e quello del male. A
differenza di Annalise, Dorian guardandosi allo specchio, riconosce di aver trasgredito ogni principio
spirituale e codice morale. Dorian prova rimorso per aver voluto superare i limiti della natura e, in un
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impeto di dolore, scaraventa al suolo lo specchio. Annalise, invece, non esprime nessun rimorso per il suo
vissuto: rimane semplicemente a guardarsi piangendo, in una manifesta impotenza e forse non
comprende neanche perché piange. Questa sequenza iniziale potrebbe anche essere l’immagine
conclusiva della serie, perché raffigura quello che alla fine rimane di un agire senza uno sfondo ideale e
un ancoraggio spirituale.
3. BREAKING BAD→ “BREAKING BAD” è una serie Tv ancora più esplicita delle altre nel portare avanti
l’idea della dismissione della morale, del sistema di valori e di una rivisitazione del rapporto con il male,
tanto che lo stesso titolo può essere tradotto in: “contro le regole” e “diventare cattivi”. Il protagonista è
un professore universitario di chimica, padre e marito, al quale viene diagnosticato un cancro polmonare.
Questa tragica notizia provoca in lui la voglia di rovesciare completamente i parametri etici del suo vissuto
precedente, arrivando ad utilizzare le sue competenze scientifiche per sintetizzare nuove droghe, al fine
di spacciarle e guadagnare molti soldi. Per il protagonista, idealtipo del nuovo Antierore, valicare le norme
sembra essere l’unica plausibile strategia per opporsi al destino della sua malattia e per sfidare la morte.
Anche in questo caso le similitudini sono rappresentate dal disinteresse per l’agire morale e soprattutto
dalla pervasiva infelicità di fondo che segna le vite dei loro protagonisti, Inoltre, l’inclinazione a non porre
barriere di nessun tipo ai desideri sembra non condurre i protagonisti a maggiori gradi di libertà: vi è
un’interruzione di ogni rapporto con il Trascendente che li lascia in balia del percettibile, dell’immanente
e di se stessi. La perdita della stessa nostalgia di Dio abbandona ciascuno al suo cieco destino.
Conclusioni: A parte le diverse trame, sotto alcuni aspetti, queste fiction potrebbero essere considerate il
riflesso di una volontà di conseguire una trasformazione radicale, che scardini dalle fondamenta i tradizionali
equilibri presenti nei sistemi. Un equilibrio che, nella contemporaneità, si tende a rompere anche tra il
soggetto e la sua interiorità. In linea generale, oggi, si pretende l’ampliamento dello spazio del sé e si rifiuta
di arginare l’inesauribile desiderare. Le strategie messo in atto sembrano, però, non aver conseguito gli esiti
sperati. Si può fermare l’attenzione su un immaginario pittorico, ossia “L’urlo di Munch”. Questo urlo
straziante, tragico, lacerante, sordo potrebbe rappresentare quel che è rimasto dell’identità, dell’interiorità
individuale e della relazionalità con gli altri e con l’altro. Tutto l’insieme del quadro evoca un surreale spazio
senza tempo e senza confini, in cui sono amplificati sentimenti di disarmonia e di smarrimento e di solitudine.
La scelta del dipinto di Munch per riassumere metaforicamente l’atmosfera e gli elementi identitario-culturali
che traspaiono nelle tre serie tv piuttosto cerca di sottolineare che non sembra produrre quella libertà e
quella felicità sperate, ma sembra portare a una condizione anomica del vissuto sociale e a un
disorientamento soggettivo. Problemi questi ultimi annunciati da Durkheim come esito dei processi di
modernizzazione. Tutto si racconta in non luoghi all’insegna di una frammentazione identitaria, di un’assenza
di storia, di un’assenza di realtà. Tutto e tutti sembrano imprigionati nella logica del senso non senso propria
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dello spirito del tempo. L’unica cosa in grado di salvare l’uomo dalla schiavitù di essere figlio del suo tempo
è la tensione verso il Totalmente altro. Al di là delle trasformazioni culturali avvenute e a monte di ogni
immaginario Dio continua a rappresentare l’orizzonte degli orizzonti di senso.
Le SERIE sono considerate lo Specchio Della Realtà→ Si parla di forme di rispecchiamento tra spettatore e
personaggi, di connessione e mescolamento tra reale e virtuale. Sono ispirate al mondo umano e lottano per
renderlo migliore e per questo hanno la capacità di appresentare le molteplici spinte contrastanti e irrazionali
dei nostri giorni. Sembra che si stia avverando la profezia di Peter Sloterdijk per cui la Forma Romanzo,
migrando verso i nuovi media, ha fatto sì che la società stia assumendo caratteristiche post-letterarie e di
conseguenza post-umanistiche. Le serie tv sono attualmente una delle forme d’arte che più sembrano
incidere nella nostra natura di essere umani; invece, secondo Luca Bandirali ed Enrico Terrone le serie tv
rappresentano la sintesi contemporanea delle due grandi forme narrative che hanno dominato i secoli
precedenti, la forma epica del romanzo e la forma drammatica del teatro e del cinema→ Le serie ci aiutano
a capire più in profondità il mondo in cui viviamo e costruiscono dei mondi dei quali lo spettatore fa
esperienza in modo analogo a quello in cui fa esperienza del proprio mondo. L’affermarsi delle nuove
tecnologie di produzione delle immagini ha avuto come conseguenza surplus (residuo) di immaginazione che
rappresenta la crescente capacità di dar corpo a universi e a situazioni di fantasia che rivelano che c’è sempre
più un’esperienza senza realtà. La stessa possibilità di fare esperienza, oggi, deve tenere conto che le
categorie di spazio, tempo e corpo sono diventate anche virtuali e che questo comporta un profondo e
irreversibile mutamento antropologico che coinvolge le relazioni dell’uomo con se stesso, gli altri e il mondo.
Alle SERIE viene attribuito un Ruolo Catartico, di risposta a specifici bisogni dell’uomo contemporaneo e a
questo proposito Matthew Weiner afferma “a volte il pubblico vuole uno specchio in cui riflettersi, altre volte
vuole solo fuggire. Spero che la serie offra la possibilità di sfuggire ai problemi quotidiani, ma che aiuti a
sentirsi anche meno soli vedendo rappresentata la propria vita”.
Ma quale catarsi può realizzarsi di fronte a strutture drammaturgiche come le serie Tv in cui la dimensione
lineare è diventata problematica? Le serie, per come si sono evolute negli ultimi anni, richiedono una
trattazione filosofico-antropologica, se si vuole capire fino in fondo il ruolo che esse svolgono nelle nostre
vite. Alla Filosofia, in particolar modo all’antropologia, spetta il compito di individuare delle chiavi di
interpretazione della complessità contemporanea anche attraverso una lettura diagnostica e critica dei
prodotti dell’immaginario, inoltre non si può rassegnare al ruolo di triste scienza sbiadita e astratta dottrina
della retta via ma deve tornare a dialogare con la realtà storico-culturale. Cercare di interpretare il
personaggio delle serie tv rappresenta un modo nuovo di porsi nei confronti di se stessi, degli altri e della
realtà. In questo senso si può affermare che la verità di un’opera Forma essendo quest’ultima un qualcosa
che è di qualcuno, è inseparabile dalla personale via di accesso attraverso cui è attinta dall’autore e, quindi,
dalla forma socioculturale in cui la presenta nel tempo. Colui che vuole comprenderla e conoscerla, se la
percepisce come imposizione, la subisce, e di fronte a essa si irrigidisce. Lo sguardo di questo saggio, allora,
sarà quello dell’incontro con questo nuovo genere. L’attenzione sarà dunque sulle pro-vocazioni contenute
nel messaggio di alcune serie analizzate che richiamano la filosofia ad una riflessione sul fatto che come
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rappresentazioni di rappresentazioni vive, esse sollecitano a una rivalutazione della dimensione veritativa
dell’immaginario in una realtà complessa come quella contemporanea.
Inoltre, ci si chiede perché vi è il trionfo degli antieroi. Vince Calligan, show runner di Breaking Bad, ha
spiegato che l’attuale successo degli antieroi potrebbe essere una questione del momento. Per molti decenni
i cattivi in tv dovevano sempre essere puniti e i buoni erano coraggiosi, sinceri e, soprattutto, senza conflitti
interiori. Ma questo non è reale in quanto tutti gli uomini hanno un lato cupo e nascosto. In realtà sembra
che i protagonisti di questa serie siano gli spettatori stessi, costretti a confrontarsi con la parte più oscura
della loro anima. Lo sguardo antropologico non potrà prescindere dalla riflessione sull’impatto che queste
serie possono avere sulla formazione dei giovani che ne sono i maggiori fruitori.
→LA FABBRICA DEI SOGNI, L’UOMO IMMAGINARIO, UOMO DELLE COMPLESSITA’: Alla
luce dell’opera “Le cinema ou l’homme immaginaire” di Edgar Morin si pongono le basi della nozione di homo
complexus, come paradigma descrittivo dell’uomo contemporaneo. Morin si inserisce nel vivo del dibattito
sul rapporto tra IMMAGINARIO, REALE e IRREALE→ Dal punto di vista antropologico si sostiene che
l’immaginario sia complementare al reale in quanto esso media con l’alterità, pone in relazione il presente
con l’assente, il qui e l’altrove, il probabile e il possibile. In modo particolare si dichiara che il cinema
rappresenta un sincretismo dialettico tra reale e immaginario. L’immagine cinematografica tanto nella sua
fruizione che nella sua creazione implica quel commercio con il mondo. Il Cinema, quindi riflette il commercio
mentale dell’uomo con il mondo dove per commercio mentale si intende un’assimilazione psichica pratica di
conoscenza o di coscienza da parte dell’autore.
L’uomo fa esperienza del mondo attraverso le immagini che si colorano di immaginario. Anche nello stato di
veglia e anche fuori dello spettacolo l’uomo cammina solitario circondato da una nuvola di immagini, dalle
sue fantasie… la sostanza immaginaria si confonde con la nostra realtà affettiva. Durante tutti i transfert
immaginari l’uomo si arricchisce anche geneticamente (la stessa neurobiologia interpersonale afferma che il
cervello è un organo sociale costruito tramite l’esperienza). Il nostro cervello è costruito dove natura e cultura
diventano una cosa sola. L’IMMAGINAZIONE, quindi, è parte integrante e vitale della natura umana e
contribuisce alla sua formazione: l’uomo immaginario è espressione di quel desiderio rivelato dai Sogni.
L’uomo è un essere che non vuole limiti. Egli è un essere in divenire, che vuole costantemente varcare la
soglia. La Dimensione Immaginaria è, allora, la dimensione costitutiva dell’essere umano, e si proietta verso
il futuro utopico. È un pensiero simbolico che dota l’uomo di quella capacità di trasformazione personale e
sociale. L’uomo sogna continuamente ad occhi aperti, perennemente concentrato su una vita più pura; solo
questo sogno di desiderio crea qualcosa di reale ascoltando la propria profonda voce interiore. I sogni non
sono solo i nostri sogni: essi sono condivisi collettivamente→ Questa è allora per la filosofia un’occasione per
trovare un criterio che tenti di comprendere l’attualità. E poiché il vissuto è sempre più espropriato di
contenuti esperienziali, le serie tv sono diventate il veicolo privilegiato dalle giovani generazioni per attingere
ad una sorta di banca del senso.
❖ L’Illusione di realtà e la doppia coscienza→ Ci si chiede allora come le serie tv si rapportano alla
questione filosofica della verità. Una risposta la suggerisce Bloch, per cui la parvenza artistica è un
significato celato in quelle immagini dove l’esagerazione rappresenta un pre-apparire della realtà e
compresente nello stesso presente in movimento. Nell’esperienza estetica e nella sua fruizione, l’Ideale e
il Reale sono colti nella loro unità. Il materialismo meccanicistico ha la sua verità in quanto è spiegazione
del mondo secondo i suoi principi, ma il suo lato di non verità è l’assenza in esso del fattore soggettivo.
Perciò anche questa oggettività per sé non è mai realismo. Infatti, senza l’uomo il realismo non ha mai
portato con sé nel mondo neppure la metà della realtà effettuale. L’immaginario non può essere una
semplice evasione dal reale. Di fatto sono in molti a sostenere che il fenomeno cinematografico risvegli
l’interrogativo della filosofia e dell’antropologia, ossia “qual è la relazione con la realtà esterna dato che
l’uomo si caratterizza per la sua capacità di immaginazione?” Il cinema sembra aver aperto nuove vie
della conoscenza e del pensiero. Tra il reale e l’immaginario vi è una complessa unità per cui la realtà
esterna è percepita tramite i recettori sensoriali e i reticoli nervosi, stimoli che vengono trasformati in
rappresentazioni, cioè in immagini. L’unica realtà di cui siamo sicuri è la rappresentazione, quella che
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Morin chiama la non realtà, dato che l’immagine rimanda a una realtà non conosciuta. L’immagine è l’atto
costitutivo radicale e simultaneo del reale e dell’immaginario. Oggettività e soggettività si uniscono nella
coincidenza tra immaginazione, immagine e immaginario in un’esperienza estetica che rivela l’umano.
Viviamo, secondo Morin, il cinema in uno stato di doppia coscienza→ Questo stato è evidente, ma non lo
si percepisce perché il paradigma disgiuntivo ci impedisce di concepire l’unità di 2 coscienze antinomiche
in uno stesso essere. La possibilità stessa di vivere in uno stato di doppia coscienza è data dalla capacità
della coscienza di proiettarsi nell’oltre. Il cinema è una testimonianza concreta di come la coscienza umana
sia caratterizzata da quel Pathos Messianico che afferra ogni uomo, lo libera dalla servitù dell’immanente
e lo proietta verso il regno della libertà delineando così l’utopia come un’utopia concreta. Ci si chiede quale
futuro immaginano le serie tv:
▪ Da una parte, sembra che l’uomo “rimpianga il paradiso”;
▪ Dall’altra parte, non avendo più a che fare con un mondo organizzato intorno anestetizza la sua
vulnerabilità attraverso il fascino delle ambientazioni. Si tratta di una fuga, un’esplorazione senza
limiti che tenta di proteggere dall’indicativo di una realtà troppo dura.
La capacità di trascendimento della realtà, l’oltrepassamento è l’espressione di quella volontà di paradiso
che non si rassegna e caratterizza l’uomo. C’è un desiderio umano, una preghiera nella quale si cerca di
dare cittadinanza all’ignoto, alle paure, alle ansie del futuro. L’uomo contemporaneo è alla ricerca: il suo
è un attivo fermento del cuore che non cessa mai di sognare nuovi orizzonti.
Interessante, a tal proposito, la serie Tv “Between”→ Il capitalismo avanzato con la sua strategia di
biopolitica, ha, infatti, generato una forma perversa di post umanesimo che è magistralmente colta e
riprodotta dalla narrazione delle serie tv. Le specie viventi sono imprigionate negli ingranaggi dell’economia
globale. La strumentalizzazione appare piuttosto evidente. Achille Mbembe ha definito la biopolitica e la
necropolitica come le due facce della stessa medaglia. Considerando la Biopolitica come Necropolitica ha
caratterizzato questo potere come una volontà di voler amministrare la morte; esso opera una propaganda
che passa attraverso i mass media dove la strumentalizzazione dell’esistenza umana coinvolge e comporta la
distruzione materiale dei corpi umani e della stessa popolazione umana.
Sono sempre più frequenti argomenti come la Presentazione di Tecnologie di Devastazione Globale e di un
gergo che appartiene alle Pulp Fiction, ai Tabloid e ai videogiochi: guerre, scontri tra civiltà o apocalissi.
Queste avventure intraprese per salvare il mondo civilizzato (homo humanus) dai suoi nemici (homo
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barbarus) sono coperte dalle bandiere della libertà. Sono le nuove forme di Warfare, esperimenti sotto
copertura di aiuti umanitari, i quali filtrano il loro veleno tramite gli effetti speciali dell’industria del cinema
e dei mass media. La tecnologia colpisce l’umano al cuore e cambia i parametri con i quali si usava definire
l’Anthropos: le stesse macchine sono più vive degli umani così inerti. Inoltre, il Capitalismo genera
differenze→ Questa logica innesca una proliferazione e un vampiresco consumo di opzioni quantitative,
grazie anche all’infinita scelta dei generi di consumo: tutti differenti, tutti uguali. Ripensare un modello
antropologico significativo è una sfida difficile. Il capitalismo necessita di una decostruzione della supremazia
della specie, di un anthropos e di un bios distinti dalla vita degli animali. La materia vivente è intelligente e
autogestita e lo è precisamente perché non è separata dal resto della vita organica… la vita non è proprietà
esclusiva di una sola specie, quella umana e viene così destituita la differenza tra bios e zoe. Si tratta di un
cambiamento che può essere interpretato come una sorta di fuga dalla concezione dominante dell’uomo.
Brian Massumi nel 1998 parlò di Ex Uomo come di una generica matrice integrata nella materialità
dell’umano e come tale sottoposta a mutazioni significative, che si avvia verso un processo di un divenire
animale, terra, macchina. Lo stesso corpo sarà presto superato e considerato semplicemente un residuo
arcaico. Ancora il Capitalismo Consumistico avanzato ha ridotto i corpi a una superficie informativa e il vero
capitale oggi sono le banche dati di informazioni biogenetiche degli individui. Il Data Mining comprende
profili pratici che identificano obiettivi strategici specifici per gli investimenti di capitale. Sembrerebbe che le
serie Tv ci stiano preparando a vivere o meglio a sopravvivere, all’idea che l’umano non è più una categoria
trascendentale: vi troviamo forze oscure, animali, piante giganti che prendono vita alla ricerca di vendetta,
per ora solo virtuale, ma presto realtà concreta. Inevitabile conseguenza di un disastro ecologico di cui l’uomo
occidentale è il solo responsabile.
La Sfida→ l’orientamento è quello di riprodurre in modo realistico la nostra vita alla luce di quel principio
post del “tutti differenti, tutti uguali”, così ben descritto dal manifesto ideologico del post antropocentrismo
post umanista che richiede di contrastare le istituzioni dominanti di mascolinità e femminilità, in modo da
spostare la differenza sessuale verso processi del divenire molecolare, e di rivedere nozioni quali quelle di
razionalità morale, identità unitaria. Ciò coinvolgerà la nostra stessa coscienza morale intaccando quel
requisito di “naturalità”. Quindi la macchina madre, di cui parla Morin ha potere sui nostri sogni e si può
affermare che c’è uno strategico tentativo di intorpidimento culturale poiché le serie sono pur sempre il
prodotto di quello che Morin chiama l’Industria del Sogno. I beni immaginari e i bisogni affettivi, infatti,
spesso diventano merce industriale. Il cinema è una industria-tipo e il film è una merce-tipo del mercato
mondiale, espressione dei bisogni delle masse, ma soprattutto dei bisogni dell’industria capitalistica.
La Simulazione Incarnata è un meccanismo funzionale di base del nostro cervello: comprendiamo, infatti, il
comportamento delle esperienze altrui grazie al riuso degli stessi circuiti neurali su cui si fondono le nostre
esperienze emozionali, sensoriali in prima persona. Dicono gli studiosi, la simulazione incarnata si attiva
quando osserviamo l’agire altrui, quando ne consideriamo le conseguenze. La simulazione incarnata è, infatti,
una modalità di accesso diretta al significato dei comportamenti ed esperienze altrui. Secondo Gallese e
Guerra il nostro approccio alla vita reale si fonda su meccanismi percettivi e sottostanti meccanismi
neurofisiologici in gran parte simili. Il fenomeno del rispecchiamento, quindi, sostanzia e nutre dimensione
intersoggettiva della nostra soggettività fornendoci una nuova dimensione conoscitiva che aiuta a definire la
nostra natura umana. Attraverso la consonanza intenzionale noi condividiamo la natura corporea delle
esperienze altrui e il sottostante formato rappresentazionale corporeo a livello neurale: esperire
un’emozione e immaginarsela si fondano sull’attivazione di circuiti cerebrali in parte identici (pathosformel).
Il nostro coinvolgimento, quindi, con le vicende e le emozioni dei personaggi di un film è in parte mediato da
questo meccanismo. Secondo questi studiosi il cinema ha ormai imparato, e utilizza il meccanismo di
simulazione incarnata nella consapevolezza dei suoi effetti, a costruire film che impattino sui sensi e sulla
mente degli spettatori. Le serie Tv, così presenti nell’esperienza delle giovani generazioni, s’insinuano nel
loro immaginario colonizzandolo e operando una profonda trasformazione dello stesso sistema percettivo.
Le serie Tv ridisegnano il nostro modo di interagire con la realtà.
Cosa si vuole trasmettere con la parola scritta delle sceneggiature? Da una parte l’offerta dell’autore,
dall’altra i bisogni dell’utente in uno scambio comunicativo tra natura e cultura. Nella lotta per il predominio
dell’una sull’altra istanza, la natura e la cultura hanno sempre rappresentato un connubio indispensabile per
comprendere l’evoluzione dell’uomo nel suo contesto culturale. La Narrazione diventa un mezzo di
conoscenza della natura umana e del contesto culturale. La natura non deve intendersi come un mero
contenitore di informazioni ma lo spazio in cui diversi gruppi umani lottano tra loro per il controllo
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dell’informazione e per l’espressione di valori. La letteratura rispecchia le trasformazioni. In tal senso, gli
autori possono modificare la propria visione del mondo e/o proporre modelli alternativi cui fare riferimento.
Il processo primario, tipico della produzione dei sogni, caratterizza l’intero sistema inconscio→ l’energia
fluisce liberamente da una rappresentazione all’altra secondo i meccanismi di spostamento e condensazione.
Attraverso la Condensazione e lo Spostamento, le immagini tendono a fondersi e simboleggiarsi a vicenda. Il
sottotesto del sogno va incontro a una deformazione messa in atto dalla censura, che modifica i pensieri
legati a quel desiderio attraverso la condensazione e lo spostamento. In un’immagine deformata il SOGNO
deve liberarsi di tali catene inconsce per essere letto in tutta la sua integrità. I processi primari sono
l’espressione delle forme alogiche del gioco, del sintomo e del sogno in cui sono racchiusi fantasie e conflitti
inconsci del soggetto. L’ARTE, quindi rappresenta la sublimazione di tutti questi contenuti in modo da stabilire
un rapporto tra mondo immaginario e realtà; e mentre conserva l’illusione di onnipotenza che crea
gratificazioni compensatorie che la realtà non offre, trae energia dall’inconscio dell’artista venendo così a
contatto con verità profonde→ Ciò che si crea è una relazione oggettuale tra realtà e la fantasia per ciò che
concernono i contenuti espressi.
Al Modello della RELAZIONE OGGETTUALE si ispirano Freud e Melanie Klein→ L’oggetto creativo, e quindi
la narrazione e il film in particolare, secondo le considerazioni freudiani e kleiniane è la ri-creazione
dell’oggetto (il seno materno) un tempo integro e amato, poi perduto e distrutto dai sentimenti ambivalenti
che il bambino rivolge alla madre, quando si trova nella posizione depressiva. Il bisogno della ricostruzione
interiore è radicato nella posizione depressiva. Nell’esprimere tali sentimenti, l’artista compie un lavoro simile
a quello del lutto, in quanto ricrea internamente un mondo armonioso che viene proiettato nella sua opera
d’arte. Il lettore di identifica con l’autore attraverso l’opera rivivendo le sue personali ansie depressive e
grazie all’identificazione con l’artista, sperimenta e ristabilisce i suoi oggetti interni, e si sente perciò
reintegrato ed arricchito. Allo stesso modo, anche la Narrazione agisce secondo questo tipo di processo, per
cui l’opera letteraria viene considerata una costruzione ottenuta combinando insieme una serie di
proposizioni, soprattutto simboliche di un inconscio che è spesso collettivo.
A chi appartiene quindi il sogno nel cinema? A tutti→ Al personaggio, allo spettatore e al creatore.
In questo modo, la natura del SOGNO FILMICO è certamente duplice:
✓ Da una parte la realtà dei fatti quotidiani
E’ da queste 2 visuali che il sogno filmico
✓ Dall’altra parte c’è la realtà dei fatti immaginari.
può essere considerato come espediente
narrativo in cui il registra si esprime sul
versante fantastico e immaginario.
2 dimensioni: Reale e Onirica→ Esse si distinguono in base alle emozioni che offrono: ciò che nella vita è
bello, nel sogno è sublime; quello che nella vita è brutto, nel sogno diventa un incubo. Purtroppo, non esiste
una via di mezzo tra sogno e realtà. O si sogna o si vive. Pertanto, il cinema altro non è che una forma di
sublimazione della vita reale e il tentativo di avvicinarsi al sogno. In quanto oggetto transizionale, la
Narrazione aiuta il pubblico a effettuare un passaggio (transizione appunto) dalla fase orale (del processo
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primario legato al principio di piacere) a una vera e propria relazione oggettuale. In senso stretto l’oggetto
transizionale costituisce la base per un’attività creativa e spirituale umana per dare valore a ciò che fa e agli
oggetti che produce. La narrazione, inoltre, non attiene solo alla strutturazione del testo che veicola
contenuti emotivi, ma trasmette anche dei valori o ideali culturali. È oltretutto fruibile già dall’infanzia
attraverso le produzioni favolistiche e la letteratura per ragazzi; quindi, in tal caso il testo narrativo risponde
al bisogno di costruire la realtà conferendo un significato proprio di chi scrive e che rientra in precisi schemi
temporali e culturali.
Il coinvolgimento emotivo, scaturente dalla lettura ed elaborazione del testo, viene elicitato dalla descrizione
dei vissuti affettivi che si accompagnano alla narrazione con i quali il lettore o il pubblico, nel corso di una
rappresentazione scenica, si può identificare. Il rispecchiamento si verifica per:
✓ Il riconoscimento di situazioni o strutture familiari;
✓ L’identificazione empatica;
✓ L’acquisizione di conoscenze.
La NARRAZIONE, come linguaggio sebbene rapportata alla cultura di appartenenza di chi racconta, sembra
avere un carattere universale, il modo di organizzare e dare senso alla propria esistenza che vale per l’uomo
di ogni cultura e di ogni tempo.
FIABA: La Fiaba è terapeutica perché il lettore vi trova le MITO: Il Mito si rivolge a creature sovrannaturali e
soluzioni che possono riguardarlo. Il contenuto della fiaba divine, ben più lontane dall’umanità terrena. La prova
ha a che fare con i problemi interiori che sembrano chiesta al bambino di emulare l’eroe è più facilmente
incomprensibili e quindi irrisolvibili. La fiaba rassicura, realizzabile nei confronti di eroi mitici che in quelli dei
contiene e promette un lieto fine e garantisce spesso una personaggi fiabeschi. I miti sono infatti utili alla
pronta e felice soluzione, cosa che invece non accade nel formazione del Super Io: il bambino sa che non potrà
mito. Benché la fiaba offra immagini simboliche fantastiche mai essere all’altezza delle virtù dell’eroe, ma potrà
per la soluzione dei problemi, essi sono sempre presenti: la solo imitarlo. Essi proiettano una personalità ideale
gelosia tra fratelli, le ingiustizie e tutto ciò che rappresenta che risponde alle richieste del Super io.
il mondo del bambino. Ciò invece non interessa il mito.
Queste incarnano i contenuti interni del bambino e
illustrano un’integrazione dell’Io con la soddisfazione delle
pulsioni dell’Es.
→Vi è quindi un contrasto tra il pessimismo dei Miti e l’ottimismo delle Fiabe. È attraverso la trasposizione
simbolica dei personaggi animali su quelli umani che si crea l’immaginario e la realtà del bambino. Personaggi
positivi e negativi offrono al bambino la possibilità di immedesimarvisi ed iniziare un percorso di
rielaborazione dei propri aspetti positivi e negativi. Vedere i personaggi negativi (orchi, mostri e tutto ciò che
fa paura) rappresentati in un racconto permette al bambino di riconoscerli, accettarli e prenderne le distanze
senza venirne sopraffatto. È perciò un ottimo modo per guardare dentro di sé e per comprendere il mondo
esterno. Il racconto rappresenta quindi la mediazione tra il soggetto e la realtà. Ai bambini viene data l’offerta
di cogliere dalle vicende di personaggi più o meno viventi quanto accade nel mondo di tutti i giorni e di crearsi
quindi un’idea di come fare per affrontarlo. L’uomo vuole cambiare il corso del destino o cercando il dono
magico o fuggendo alle condizioni di miseria che lo aspettano. Ciò è possibile solo attraverso la fantasia che
il racconto gli consente. Nelle fiabe può accadere veramente di tutto. Tutto è possibile. L’impossibilità che
diventa possibilità rende il bambino più sicuro almeno in questo suo spazio immaginario.
3. Linguaggio e narrazione→ Come ebbe a dire Lacan, noi siamo fatti di linguaggio, quello stesso
linguaggio sostanza del nostro inconscio. Lecan applica il modello linguistico alla struttura psichica
rintracciando in essi molte similitudini, rappresentando una rete di significati che aumentano; Il simbolo e il
linguaggio costituiscono un mezzo per conoscere noi stessi. Il Linguaggio media, mentre la Parola nella sua
tendenza verso l’altro è fondata sulla risposta che riceve dall’altro, per cui il desiderio dell’uomo è desiderio
di riconoscimento→ La parola è dunque diversa dal linguaggio perché è immediatezza e diventa una forma di
linguaggio condiviso ed assume carattere soggettivo esprimendo contenuti particolari e propri di chi li crea.
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Per Hillman, la natura della mente umana non si fonda solo sul linguaggio in sé per sé ma sulla sovrastruttura
delle storie che costituiscono i modelli dell’agire umano, ovvero i miti; perciò, il meccanismo che regola le
narrazioni di massa è simile a quello del mito. Fiction, serie tv, cinema, reality show creano miti,
rappresentano un racconto cui uniformarsi. Il mito si lega al potere che la narrazione opera nella cultura. Essa
ha infatti il potere di generare valori, di creare modelli in cui immedesimarsi. L’esistenza dei miti è
subordinata alla necessità dell’uomo di raccontare e raccontarsi: un bisogno per liberare aspetti di sé. Per la
psicoanalisi, nel linguaggio si concretizza il processo di soggettivazione per cui raccontare di sé ristruttura il
proprio Sé. In ambito clinico, la parola dà vita alla conoscenza e alla ristrutturazione dell’organizzazione
mentale.
4. Cinema e Psicoanalisi: un nuovo filone di ricerca → Alla luce di quanto espresso finora, si ravvedono
importanti similitudini tra il prodotto cinematografico e il contenuto onirico di maggiore pertinenza
psicoanalitica. L’analogia tra la struttura filmica e quella analitica è molto evidente nel mascheramento della
realtà, nella modalità espressiva come sostiene Gabbard, secondo il quale i film usano lo stesso linguaggio
inconscio, quel locus ambiguo tra realismo e finzione, che è il mondo onirico di cui sia i film che i sogni
condividono. La censura consapevole rappresenta una ferma e precisa volontà di agire sui contenuti. La
censura trasforma i contenuti immorali o comunque inaccessibili ai bambini in modo che essi non ne vengano
a contatto in alcun modo. C’è la censura di tipo etico ma anche quella religiosa. C’è la censura sui contenuti
paurosi. C’è la censura su alcune dinamiche familiari in modo da presentare sempre unito il nucleo familiare.
Ma troppo spesso ai bambini si propongono racconti brevi o mini fiabe che, svuotate del loro contenuto, non
permettono al bambino di elaborarne il senso e cogliere il fascino dell’opera letteraria. Come le fiabe, i film
richiamano aspetti legati alla produzione soggettiva del regista o dello sceneggiatore. La narrazione aiuta
quindi a dare un’organizzazione del proprio mondo interiore e per dare significati all’esperienza umana in
generale. La visione di un film è paragonata alla pratica dei sogni: assistere alla rappresentazione,
comodamente seduti in poltrona in una condizione che non è solo attentiva ma anche fisica di passività,
induce ad associare alla immobilità conseguente il sonno. La stessa sensazione di disorientamento che si
prova alla fine della visione del film, quando sullo schermo scorrono i titoli di coda, è attribuibile alla
riattivazione sistemica psicofisica del risveglio. Abbiamo così un nuovo caso: la struttura narrativa della
produzione filmica del cinema. La cineterapia oggi viene utilizzata per una ricerca più psicosociale che vede
nella produzione filmica il veicolo di trasmissione di uno spaccato sempre più in balia di cambiamenti che
investono l’uomo. Il film è dunque considerato il mezzo per capire il livello psicologico e sociale, i contenuti
psicologici tipici dell’inconscio del paziente.
indifferenziato a quello di un’identità separata e definita. I confini sono segnati e non resta che cominciare
ad adattarsi a un modo nuovo→ Freud, quindi considera la FELICITÀ come un limite posto dalla nostra
costituzione ovvero quando l’Io deve distinguersi dall’altro. La felicità si situa nel cosiddetto Principio Di
Piacere che tende a ridurre il dispiacere delle tensioni istintuali, mediante l’esaudimento del desiderio. Questo
principio domina il funzionamento dell’apparato psichico fin dall’inizio ma è irrealizzabile. Pertanto, è felicità
il prodotto del soddisfacimento di bisogni fortemente compressi. Per evitare il dolore, il Principio Del Piacere
si trasforma nel Principio Di Realtà, riducendo il dispiacere della tensione istintuale mediante un
comportamento adattivo dell’Io al mondo esterno→ La felicità diventa dunque serenità dove i toni appaiono
più smorzati e si mettono nel gioco del compromesso anche i desideri e i bisogni.
Freud suggerisce la Sublimazione Delle Pulsioni, come compromesso in grado di offrire nuove strategie di
felicità. In questo modo, Bauman illustra come il sentimento principale che affligge l’uomo postmoderno sia
un sentimento di disagio che, pur nascendo dalle stesse considerazioni dei tempi di Freud ne assume un
carattere completamente diverso→ La natura di un tale disagio dipende infatti dalla questione dell’identità
che partendo da un progetto di stabilizzazione si trova oggi ad evitare completamente ogni sorta di fissazione.
Ciò che causa essenzialmente questa paura postmoderna è il Progresso Tecnologico. Nell’ultimo decennio,
Internet e la tecnologia hanno sfruttato l’esistenzialismo narcisistico umano, diventando una delle tecniche
efficaci per cogliere un minimo di felicità che consenta di appagare il bisogno di quell’attimo. In relazione a
quanto affermato da Freud, l’uomo non riesce a bastare a se stesso ma sente il bisogno di regolarsi su quanto
dall’esterno gli viene rimandato, in una sorta di rispecchiamento passivo. Un tale rispecchiamento che
risponde soltanto in merito al soddisfacimento delle sue pulsioni trova nella televisione uno strumento in
grado di creare un modello di felicità approssimativa. Questa approssimazione genera, nell’uomo, la ricerca
ulteriore di qualcosa che lo soddisfi producendo un tasso di frustrazione. Ma la tecnica non può essere il vero
rimedio. La tecnica è hybris (prevaricazione), che dopo il suo momentaneo successo è destinata alla rovina;
essa è dunque l’esasperazione della pulsionalità che governa la tecnologia e che da essa è guidata. La
tecnologia risponde quindi alla motivazione di irrinunciabile ricerca della felicità. Internet diventa, quindi,
solo uno dei tanti cambiamenti della rivoluzione digitale, perciò, non è solo uno strumento ma un ambiente
da abitare ed una realtà che si mischia col virtuale e che determina vere e proprie ristrutturazioni cognitive,
emotive e sociali dell'esperienza.
2. Verso una definizione del limite→ connessa alla scoperta del fuoco e agli eventi che hanno fatto
seguito, l’uomo fin dall’inizio è sempre stato esposto ad una serie di pericoli che ne scalfivano l’incolumità.
Nei confronti spesso troppo ravvicinati con la fine della sua esistenza, quindi con la morte, l’uomo si è reso
sempre più conti di dover affinare le tecniche di sopravvivenza al fine di evitarla. La lotta dell’uomo contro i
limiti si chiama “Hybris”, una sfida che è soprattutto prevaricazione della soggettività umana. L’uomo
occidentale è diventato il soggetto in sé che si ritrova da solo davanti a se stesso, che si costituisce come
unico suo limite e come tale decide di scagliarsi contro il suo stesso involucro storico e naturale. Tale
atteggiamento si riscontra nelle trasgressioni giovanili e nell’antagonismo crescente fra individui, popoli e
umanità. È lo spettro narcisistico in cui l’altro viene usato a sostegno del proprio ego una sorta di appendice
in grado di gratificare ogni minima soddisfazione della struttura narcisistica; In questo modo si tende a negare
l’altro proprio per affermare se stessi.
Là, oltre il suo sguardo, c’è il limite che apre all’infinito generando disorientamento, confusione e timore.
L’uomo è in perenne attesa di riuscire a fare un salto nel vuoto, come Icaro, ignorando i rischi connessi,
perché il Volo è anche superamento dei propri limiti individuali ovvero delle proprie frustrazioni difetti e
sconfitte che ci dicono chi siamo→ è sempre sui propri LIMITI che si costruisce la propria identità e realtà
umana. Da un punto di vista più psicologico il limite non definisce solo la limitatezza psicologica ma anche e
soprattutto quella corporea di un essere in divenire. L’individualità di ciascuno di noi culmina al momento
della nascita quando l'esperienza di definizione si fa sempre più netta. Quant'è la gestazione, il bambino vive
in un ambiente in cui le sensazioni proprie materne vengono mescolate quindi questo spazio è collegato a
quello materno anche grazie al cordone ombelicale; è con l'esperienza della nascita che il soggetto prende
forma e conoscenza della sua identità e realtà, tale cambiamento causa un trauma. Il momento della Nascita
costituirebbe, secondo Rank, il fattore traumatico generatore d’ansia perché costringerebbe il bambino ad
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abbandonare la protezione dal grembo materno per venirsi a trovare in uno spazio freddo ed estraneo: dalle
frustrazioni dei primi adattamenti esterni e dei bisogni non soddisfatti.
A primo impatto il bambino non si percepisce come entità separata dalla madre e scambia la dipendenza da
essa per sua onnipotenza; con la crescita e l'allargamento a realtà familiari e sociali il bambino viene a
contatto con altre individualità diverse dalla sua e tramite esse impara a convivere secondo le regole della
comunità.
→Dallo Stadio Narcisistico Primario della formazione dell’Io non ancora differenziato, il bambino vive
immerso in una condizione in cui vi è il predominio del piacere, al punto da scaricare la tensione in modo
diretto senza tener conto delle esigenze della realtà. Con le prime frustrazioni la tangibilità dei propri limiti si
fa sempre più forte ed egli comincerà a percepire una realtà esterna ancora più imponente e a vivere la sua
prima situazione traumatica che è la separazione. Negando la percezione di questa separazione, il bambino
si riappropria della sua onnipotenza, reintroiettandola in sé.
→In questa fase di Narcisismo Secondario, l’Io prepara il bambino a percepirsi capace di soddisfare
autonomamente ogni suo bisogno. Un tale passaggio comporta l’acquisizione di essere una realtà distinta e
indipendente, dotata di una propria autonomia.
Il fallimento di un solo passaggio della crescita psicologia del bambino comporterà l’inevitabile arresto o
fissazione ad uno degli stadi evolutivi, perciò, il bambino si ritroverà costretto a disinvestire sull’esterno a
causa della sua sofferenza interna e a reinvestire l’apporto su di sé come difesa dalla separazione. L’illusione
di potercela fare da sé crea relazioni sociali insoddisfacenti tese all’affannosa ricerca di qualcosa in grado di
colmare vuoti affettivi ed emozionali. Queste modalità relazionali creano false rappresentazioni di sé, fino al
rifiuto dell’esistenza dei propri limiti. Al contrario, la concezione del limite e la sua esperienza sono motori di
conoscenza di sé e del mondo, quindi motori di crescita.
La sofferenza, il dolore, la morte, sono i freni più concreti alla nostra sfida contro la vita. Le reazioni più
comuni che l’uomo opera sono la:
➢ NEGAZIONE→ l’uomo non considera il problema della finitezza dell’essere, in quanto inconsapevole;
➢ RIMOZIONE→ si tratta di eludere la situazione, di non considerare la possibilità di affrontarlo o di
elaborarlo. In tal modo l’uomo tradisce la sua esperienza rimanendo bambino ovvero uomo
irresponsabile e inconsapevole di ciò che lo circonda.
Sono gli anni del consumo e dell’approvazione del sé che caratterizzano i vari aspetti della vita come la politica
o la tecnologia, lo spettacolo o persino le relazioni affettive. Si vengono a rafforzare i meccanismi narcisistici
di un Io non ancora pronto a darsi all’Altro. Nella clinica psichiatrica sono frequenti alcune problematiche
relazionali di chi lamenta disagi esistenziali, rapporti improntati a insoddisfazione o senso di vuoto e mancata
progettualità; si tratta del Disturbo Narcisistico Di Personalità e il mito in questo caso ha davvero
un'importante significato psicologico→ Narciso, non sente il bisogno di rispondere alla chiamata dell'altro
(Eco), ma ha l’esigenza di perfezionare la sua immagine, alimentando le aspettative magiche di un ritorno nel
mondo paradisiaco della vita prenatale. Le spinte narcisistiche presenti nella nostra società dell’apparire
sembrano spingere l’uomo di oggi verso esperienze di apparente superamento del limite. Non esistono sogni
o fantasie, ora tutto può diventare realtà. È il caso dei sensation seekers in lotta con se stessi per dimostrare
di non avere paura, di essere invincibili, di essere immortali. Vorremmo scavalcare lo spazio finito per tuffarci
nell’incognito, e la garanzia di lasciarci vivere nell’illusione. L’illusione di una relazione che è ideale di fatto e
che connette il bambino con l’oggetto materno, mancando di fatto la relazione con il padre. Il Padre, che
contribuirebbe alla separazione dalla Madre, costituirà nel futuro del bambino un ruolo nella formazione del
complesso edipico.
Per secoli l’autenticità del padre era data dal legame biologico e dal potere economico da cui dipendeva tutta
la famiglia, era difatti un’autorità riconosciuta attraverso il risetto; quindi l’uomo di un tempo era impegnato
all’esterno ed era meno coinvolto alla cura dei figli (al contrario della madre), invece con il mondo moderno
la figura maschile subisce dei cambiamenti. La crisi della società attuale è quella di assistere al declino della
figura paterna come espressione dell’interruzione della trasmissione della cultura materiale e istintuale
maschile. La più grande illusione degli ultimi tempi è quello di credere di poter fare a meno del padre come
espressione del limite e quindi dei valori etici che esso riporta con sé.
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3. Teoria psicoanalitica della dimensione paterna→ la figura che maggiormente conta per il bambino
e per l’adulto è quella del PADRE. Il bambino vede nel PADRE l’esempio da seguire, il forte, il migliore, il
saggio. Quando il bambino avrà raggiunto anche l’ultimo stadio della sua fanciullezza, uscendo dal mondo
infantile e affacciandosi al mondo esterno, potrà rendersi conto della realtà delle cose. Il ragazzo sarà in grado
di ridimensionare il suo ideale paterno. Il padre, che aveva rappresentato il confine come punto di
riferimento, diventa ora il trampolino da cui partire per viversi l’esterno, grazie al senso di fiducia e stima
ricevuta. Secondo Freud, vivere l’attualità dei legami sociali comporta sacrificare la possibilità di una scarica
diretta ed immediata della pulsione da parte del soggetto coinvolto nel programma sociale della civiltà.
Perché la civiltà, in quanto rappresentazione dell’istanza superegoica, non può che limitare il
soddisfacimento. Tale istanza viene indicata come “Super-Io sociale” che orienterebbe il legame sociale.
L’idea di un Comandamento Morale non solo sul singolo ma proprio sulla collettività→ La definizione di
questo comandamento si inscrive nel monito della rinuncia all’appagamento illimitato delle pulsioni e nella
conseguente ricerca di un’identificazione all’ideale edipico, ovvero la figura del padre, come forma di
compensazione. Questa forma di compensazione è, per Freud, l’unica possibilità per una vera umanizzazione
della vita. Il Padre rappresenta quindi la Legge che limita il godimento. Nel processo evolutivo del figlio, il
padre deve essere in grado di continuare la funzione del limite e del contenimento, pur mantenendo un grado
di vicinanza tale da esprimere il suo affetto.
❖ L’ESPERIENZA DELL’ASSENZA DEL PADRE: L’EVAPORAZIONE→ L’analisi del nostro tempo ha riscontrato
una vera e propria crisi della figura e della funzione paterna nei termini della natura del comandamento.
Il senso della vita è ora affidato all’affermazione di un godimento senza legge e senza limiti, e non più
all’identificazione all’ideale edipico, come sosteneva Freud. Ciò che colma il divario tra queste due
opposte posizioni è ciò che Lacan chiama Discorso Del Capitalista, ovvero l’idea con cui si riscrive il
disagio della civiltà. Alla base di questo sistema sta la produzione sta la produzione di oggetti di
godimento artificiali e compensatori dietro la cui offerta vige un cinismo privo di ideale che risponde a
una domanda sempre più grande. L’aspetto paradossale di tutto questo meccanismo è che la
gratificazione non è mai assoluta. Il vuoto interiore percepito è una condizione che non conferma
l’esistenza del desiderio, ma anzi la sua caduta e la presenza dell’angoscia. L’universo del desiderio non
è mai un universo chiuso, perché si apre alla relazione con l’altro; il godimento invece è fine a se stesso.
La clinica del vuoto è dunque la clinica del godimento senza desiderio che si alimenta di oggetti e che
chiude il soggetto in uno spazio definito. È il vuoto che non è mancanza perché necessita di essere
riempito, fino all’infinito. L’oggetto non basta più, è sufficiente a colmare lo spazio del bisogno, ed è in
questa circolarità mortifera che nasce il godimento: quando la mancanza diventa vuoto, il desiderio
muore.
✓ Le Relazioni appaiono superficiali e transitorie improntate ad una percezione del sé che non rispecchia
veramente se stessi ma che ricalca le sembianze dell'altro. I Rapporti con l'ambiente sono condizionati
dall'idea di doversi modellare alle aspettative esterne, gratificando l'altro e godendo di un effimero
senso di autoefficacia che svanisce presto.
✓ E’ forte la percezione che manchi effettivamente qualcosa per sentirsi completi, per poter stare bene.
L’altro cui si appoggiano serve così a compensare una mancanza, che però non soddisfa pienamente il
disagio in quanto successivamente alla idealizzazione segue una completa svalutazione.
✓ I soggetti vivono la disillusione per la persona cui sono state eccessivamente idealizzate certe qualità
con sentimenti conseguenti di rabbia e frustrazione. Egli può passare dal ruolo di bisognoso aiuto a
quello di vendicatore crudele nei confronti dell’altro.
✓ L’impulsività e la mancanza di controllo determinano l’agito in attività potenzialmente pericolose per
sé come il gioco d’azzardo, lo spendere i soldi, le abbuffate, l’abuso di sostanze, la guida pericolosa e
le esperienze sessuali promiscue; sono presenti anche i comportamenti auto mutilanti e tentativi di
suicidio, precipitate da minacce di abbandoni o rifiuti o dall'aspettativa di doversi assumere maggiori
responsabilità.
✓ Le espressioni emotive di rabbia sono inappropriate e comunque suscitate dal percepire l’altro come
disattento, o abbandonante e rifiutante, a cui seguono espressioni emotive di vergogna e colpa che
incentivano la percezione di essere cattivi e inadeguati.
❖ IL PUNTO DI VISTA GENETICO→ Gli “Stati Limite” sono appunto quella categoria diagnostica di non
facile interpretazione che trovano nello spazio vuoto tra le linee strutturali nevrotica e psicotica la loro
posizione. Tali soggetti presentano in momenti alternati immagini di sé e dell’oggetto buone e cattive
consce e quindi non soggette ad azioni difensive, in modo da poter essere mantenute per sempre
separate. Il conflitto del borderline sarebbe rappresentato da una visione verticale della struttura
psichica in cui la divisione di tali immagini è causata da meccanismi difensivi di natura primitiva. Ciò che
impedisce al borderline uno sviluppo edipico normale è la presenza di un importante trauma psichico
nel senso più affettivo del termine. Un turbamento pulsionale avvenuto in un momento in cui l’Io non
è ancora organizzato e quindi troppo immaturo per difendersi. Questo trauma rimarrà nascosto per un
certo periodo per poi slatentizzarsi in occasione di eventi esterni importanti. Si chiama secondo trauma
psichico disorganizzatore che sopraggiunge in occasione dell’apertura di una vecchia ferita. Da un punto
di vista relazionale, il borderline trova espressione nella cosiddetta malattia del narcisismo in cui la
relazione oggettuale genitale non si è formata per dare avvio invece ad una dipendenza anaclitica nei
riguardi dell’altro. La relazione anaclitica è una relazione in cui il borderline si appoggia all’altro di cui
teme l’abbandono.
in particolare, la difesa dei suoi assistiti, criminali incalliti, la rende spregiudicata. Ma è nella seconda stagione
che si fa luce sul personaggio di Annalise la quale mostra tutta la sua fragilità psicologica. La seconda serie,
infatti mostra l’Aspetto Femminile e Materno di questa donna. Il cosiddetto secondo trauma disorganizzativo
che si verifica nella struttura personologica di Annalise è il delitto di una giovane donna incinta che richiama
il suo lutto infatti, tempo fa, Annalise perse il bambino a seguito di un incidente doloso da parte dell’assistito
della controparte. Questa risonanza esperienziale riaccende quel senso materno violato ancor prima di
essere espresso; quel senso materno che emerge nella sua gravidanza e in uno dei suoi allievi, Wes (richiama
un senso materno adottivo). La ricerca di allievi per attualizzare questo bisogno di maternità è molto forte in
tutta la serie. Gli allievi hanno dei vissuti negativi, e non possono che nutrire una qualsiasi forma di
gratitudine, e fanno di tutto per aiutarla. La morte del suo bambino deve essere esorcizzata nel suo aggirare
la legge, violare le regole contro chi ha perso davvero tutto. Aiutando i cattivi, cerca di difendere sé stessa
dalle parti di sé malevoli e colpevolizzanti che l’hanno accompagnata nella sua carriera a definirsi artefice
della morte di suo figlio. Seguendo il filo genetico del Disturbo Borderline, è nel rapporto col padre che si
inserisce il disturbo: il padre che viene odiato ma anche ricercato per appoggiarvisi. Reagire gratificando le
pulsioni aggressive significa cercare di sopportare la realtà esterna malvagia, capovolgendola: perciò l’attacco
giustifica la sopravvivenza mentre la resa ne conferma l’inadeguatezza (motivo per cui Annalise parte
all’attacco anche nelle sue cause).
3. BREAKING BAD→ “BREAKING BAD” è una serie il cui significato sostanziale consiste nella rottura delle
regole e di quei confini morali e legali che sancisce la convivenza civile; tale serie si incentra sulla crisi
profonda della morale che trasforma la rettitudine in qualcosa che ostacola il soddisfacimento dei propri
bisogni. Un professore di chimica, padre affettuoso e marito impeccabile scopre di avere un tumore ai
polmoni e questo gli cambia radicalmente la vita. Decide così di servirsi delle sue conoscenze per sintetizzare
nuove droghe e spacciarle. Ma qualcosa va storto e il professore compie il suo primo omicidio. Le regole
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morali ed umane sono infrante ed egli inizia la sua carriera da criminale e si forma una propria morale. Il
sistema delle regole comuni si è rivelato inaffidabile infatti egli è malato ed è destinato a morire e a lasciare
moglie e figli in un modo che non avrebbe mai scelto; perciò non si dispera ma opera una progettazione di
ciò che è immorale ma fecondo ossia fare i soldi a discapito della salute altrui→ L’altro non esiste più, la vita
non conta, solamente la propria. Questa che potrebbe sembrare più una vendetta folle, è vista come un
comportamento inevitabile. Il PROTAGONISTA è un ANTIEROE perché è malato, ha un figlio disabile e perché
è destinato a morire senza aver dimostrato il suo talento, vivendo in una società che non gli ha permesso di
farlo. Andare oltre le regole significa oltrepassare il pensabile e sfidare la morte, del resto, egli è destinato a
morire, così da solo accelerando i tempi, ma lo sta facendo a modo suo, per non accettare la sorte. Non
avrebbe potuto fare questo se non avesse trasgredito le regole e oltrepassato i confini: la legge ostacola il
soddisfacimento dei propri bisogni e per questo va violata. Ed in questo delirio onnipotente si inserisce la
sua ostinata voglia di non morire, di rimanere eterno. Le Droghe costituiscono il mezzo per colmare il vuoto;
egli non ne fa uso personale, le costruisce per diventare la figura che dona il benessere effimero ad altri come
lui, persi nel vuoto esistenziale. Il protagonista non accetta di elaborare la propria malattia, ma anzi rimuove
l’evento ponendo al suo posto un atteggiamento reattivo di tipo aggressivo. È un padre che si comporta come
un figlio, incapace di mentalizzare la disperazione ma anzi di agirla attraverso questa condotta criminale. I
suoi figli avrebbero bisogno di genitori in grado di gestire e sopportare il conflitto. Il desiderio del protagonista
è quindi quello di trovare una sopravvivenza contro ogni regola e di rispecchiarsi nel narcisismo di essere
amati dagli altri.
2. Il Carattere Profetico di alcune serie tv americane→ Una parte dei capolavori stilistici
d'oltreoceano sembrano rappresentare le nuove tragedie del nostro tempo con delle differenze rispetto
a quelle classiche (ex: non è presente la concezione mitologica, il rapporto con il sacro). In alcuni degli
attuali capolavori stilistici americani non si avverte più una chiara identità dell’umano da cui partire.
Parlando di Post Umanesimo, ci concentriamo su un’idea che l’uomo, per guadagnare un’unione più
profonda con il tutto, debba perdere i propri confini. Tutto ciò ha delle conseguenze.
Non vi è più spazio lasciato all’immaginazione e non sono gli argomenti trattati a determinarlo (anche
perché nella drammaturgia greca sono stati affrontati temi come l’incesto, il matricidio ecc. senza
ricorrere allo Choc visivo) → Ad oggi un omicidio viene descritto come se a girare la scena fosse il serial
killer; uno stupro ci viene mostrato come realmente avviene in tutti i dettagli più agghiaccianti; il corpo
umano viene mostrato come martoriato o torturato, soprattutto nei generi crime.
In un ambito drammaturgico, superare il limite rende i nostri personaggi destinati a essere dei falliti.
L’individuo in sé appare limitante.
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Ad esempio:
✓ Nella serie “LEGENDS”, Martin Odum è un agente dell’FBI che lavora in missioni sotto copertura,
trasformandosi di volta in volta in una persona diversa in base al singolo caso. Martin ha una
personalità multipla, per questo è il migliore.
✓ Nella serie “LIMITESS”, Brian Finch, il protagonista, non accetta quelli che sono i limiti della sua
specifica natura. Tramite un farmaco sperimentale riesce ad acquistare capacità sovraumane in
termini d’intelligenza e memoria.
✓ Ne “LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO”, la protagonista, Annalise Keating ha una personalità
talmente frammentata da sfociare nella psicopatia.
✓ Nella serie “THE FALL” l’agente Stella Gibson è la più brava tra i profiler, ma è una donna la cui forma
di pensiero ondeggia tra la sanità mentale e la follia omicida del killer. Non solo la personalità
strutturata, ma anche la coscienza appare limitante.
✓ Nella serie americana “BREAKING BAD”, Walt il protagonista, compie un percorso di redenzione
all’inverso, si libera dalla coscienza.
La coscienza come limite si manifesta anche quando a essa viene negato un ruolo drammaturgico.
L’accostamento tra opere contemporanee come “Gomorra” e la Tragedia Greca appare improprio. Infatti,
nei grandi testi il male era sempre contestualizzato; nello specifico della tragedia greca, mentre venivano
messe in scena scene come l’incesto, il Coro rappresentava una coscienza collettiva condivisa che dava un
ruolo drammaturgico a un’idea di bene condivisa. In un’opera come il “MACBETH” shakesperiano, la
Coscienza ha un ruolo drammaturgico nel momento in cui il protagonista impazzisce, niente di simile appare
nei personaggi delle serie citate. La coscienza appare un limite addirittura per superare il dolore. Questo
quanto emerge dalla serie americana “THE STAR” nel quale il protagonista rifiuta ogni forma di compassione
nei confronti del ragazzo che ha ucciso il figlio. Sebbene il giovane omicida implori il suo perdono, lo uccide
senza alcuna esitazione. La tematica della storia sembra tessere un elogio della vendetta: è più facile
vendicarsi che affrontare il dolore. Se la morte sembra essere l’unico limite accettato, la serie “ALTERED
CARBON” sembra aver superato anche quest’ultimo. Una nuova rivoluzionaria tecnologia permette agli esseri
umani di essere praticamente immortali, semplicemente trasferendo la propria identità (anima, psiche) da
un corpo all’altro una volta che il proprio involucro cessa di funzionare. Tale serie ribalta un principio
fondamentale dell’antropologia cristiana secondo il quale, in base all’unità tra anima e corpo, c’è un essere
umano lì dove siamo in grado di cogliere la presenza di un corpo umano. Singolare la chiara provocazione nei
confronti di quella che nel 2384 appare la setta dei cattolici che in nome della salvezza dell’anima rifiutano
di albergare in un altro corpo. Si evince una sorta di strisciante profezia dove niente è certo a parte una
profonda, drammatica infelicità dei protagonisti.
3. La Struttura Narrativa di una storia→ Nell’ambito della teoria della sceneggiatura, gli autori
accreditati vengono principalmente dagli Stati Uniti, le loro teorie sono acquisite nell’ambiente americano
e lo stanno diventando anche nel nostro paese tra i creativi (Editor e Script Consulant) tra cui: John Truby,
Robert Mckee, Syd Field, Linda siger La Dino Audino editore ha pubblicato per ogni autore manuali efficaci
e di grande supporto a chi della drammaturgia televisiva e drammaturgica vuole farne una professione.
TRUBY, il docente accreditato in tutto il mondo, sostiene l’importanza del tema, della visione morale
dell’autore. Nella composizione di una storia, Truby parla di Step:
▪ La Premessa Drammaturgica→ La premessa drammaturgica, per un autore, consente di osservare la
storia nella sua interezza, prevedere le varie forme che assumerà prima ancora di cominciare a
scriverla;
▪ I sette passi della struttura narrativa;
▪ Il personaggio;
▪ Il tema;
▪ Il mondo narrativo;
▪ La rete dei simboli;
▪ La trama;
▪ La scaletta;
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Le buone storie sono per Truby quelle che nascono da un profondo lavoro di introspezione dello scrittore.
Raccontando, egli esprime una propria identità artistica e questo può avvenire solo se si chiede “cos’è
importante per me?”. Una serie tv è una storia interpretata da esseri umani che trasmettono sistemi di
valori, ferite, concezioni del mondo, risposte ai grandi temi dell’esistenza.
4. I Sette Passi Chiave della struttura narrativa→ John Truby definisce la struttura di una storia
come il suo sviluppo narrativo lungo un arco temporale. La struttura proposta da docente è talmente
studiata che potrebbe adattarsi a qualsiasi tipo di storia. I sette passi sono impliciti in ogni premessa
drammaturgica. Sono:
1) La Debolezza e Il Need→ Il protagonista non lo sa ma dentro di lui c’è un vuoto interiore che gli
rende la vita difficile. Il need e la debolezza sono i fondamenti di una storia, sono loro a garantire
al protagonista un cambiamento finale, a dare senso alla storia. Il problema che nasce nella vita del
protagonista dà l’avvio alla narrazione.
2) Il Desire→ Una volta individuati la debolezza e il need, arriva il Desiderio che è diverso dal Need
poiché è ciò che desidera il protagonista nella storia ma non nella vita e nella sua interiorità.
Confondere il need con il desire è uno degli errori più frequenti tra gli autori. Nelle Regole del Delitto
Perfetto, per Annalise il desire è la volontà di vincere i processi per omicidio a tutti i costi.
3) L’Avversario→ Colui che è in competizione con il protagonista e impedisce la realizzazione del suo
desire, facendo leva sulla debolezza del protagonista.
4) Il Piano che il protagonista elabora per raggiungere il suo scopo.
5) La Battaglia che costituisce la parte centrale del film dove i due avversari sono uno contro l’altro.
6) L’Autorivelazione→ è il prodotto dello scontro. Il protagonista diventa cosciente del need.
7) Il Nuovo Equilibrio che rappresenta il compimento del desire e il ritorno alla normalità. A seguito
della prova subita, il protagonista si trova ad un livello superiore o inferiore e si è innescato in lui
un cambiamento.
5. Qualcosa è cambiato→ Negli ultimi dieci anni, scrive Truby, si è sviluppata una grande rivoluzione
nelle storie delle serie televisive. Con la forma seriale, ogni storia ha diversi personaggi principali, con le
loro debolezze e i loro desideri, che non risolvono i loro problemi alla fine di un episodio e nemmeno dopo
quindici; in termini di storia ciò significa che diverse linee narrative si intrecciano nel corso di molti episodi.
Questo ha avuto un’enorme ricaduta sulla struttura delle storie televisive, perché ha significato che l’unità
di misura dello spettacolo televisivo fosse non più lunga quanto un episodio, ma quanto un’intera
stagione.
Ma in che modo precisamente la forma seriale ha rivoluzionato le serie televisive sia nei personaggi che
nelle trame? Molto è dovuto al fatto che le serie hanno prodotto uno spostamento fondamentale
dall’eroe all’antieroe→ Tecnicamente, un ANTIEROE è per certi versi semplicemente l’opposto del classico
eroe. Ma il modo con cui molti critici definiscono il termine è che gli antieroi sono cattivi soggetti; non
diabolici, ma cattivi, e quindi per certi versi antipatici. Ma questi personaggi non sono solo cattivi (questo
è semplicistico e alla lunga non produrrebbe grandi storie), essi sono complessi. Molte persone pensano
che il termine si riferisca alle contraddizioni psicologiche, che tutti i personaggi certamente posseggono.
Ma ciò che il termine davvero significa è che questi personaggi hanno delle contraddizioni morali. In
questa forma seriale, si assiste all’aumento radicale del numero di personaggi che conducono diverse
linee narrative mostrando al pubblico una sorta di società in miniatura e lo spettatore potrebbe perdersi,
se l’intreccio dei personaggi non fosse ben organizzato. Gli autori costruiscono un campo in cui tutti i
personaggi devono attraversare pericolosi piani morali. Ciò dà allo spettacolo 2 punti di forza in più:
✓ In primo luogo, anche il minore dei personaggi ha una sua complessità morale.
✓ In secondo luogo, ogni episodio è confezionato con una trama.
Serie come “Game of Thrones” mostrano la novità di questa tecnica drammaturgica. L’aspetto più
interessante, che mette in evidenza Truby, è che queste storie non trattano di come vivere una buona vita in
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un mondo moralmente impegnativo, ma di come si vince la partita e finiscono con il sostenere che nell’agire
orale ci sia una buona dose di stupidità. L’aspetto di cambiamento è che dagli Eroi si è passati agli Antieroi
che difatti non sono perfetto anzi, sono pasticcioni, con personalità al limite dell’equilibrio mentale o
perfettamente lucidi, esprimono indifferenza morale. Nelle varie serie tv con i vari Antieroi (ex: Annalise
Keating), c’è qualcosa che accomuna i personaggi, però, nessuno di loro ci vuole insegnare come vivere in un
modo moralmente corretto. Molti di loro sono profondamente infelici, molti di loro non credono che la
felicità sia possibile, ma cominciano ad apparirne altri che invece felici lo sarebbero se qualcuno non si
mettesse sulla loro strada. Tutto ciò rivela un cambiamento di una nuova forma d’arte che va a braccetto con
la profonda crisi dell’umanesimo personalista.
1. LA PRIMA STAGIONE→ ANNALISE KEATING, è una docente di diritto penale presso la scuola di legge della
Middleton University e un avvocato brillante che difende i criminali più incalliti. Ad Annalise Keating non
interessa che i soggetti da difendere siano colpevoli o innocenti, è disposta a tutto per vincere una causa.
Ogni anno sceglier cinque dei suoi migliori studenti dando loro la possibilità di lavorare ai suoi casi e imparare
e stabilisce che al più bravo spetti il possesso della statuetta di bronzo della dea della giustizia. L’evento
scatenante che fa partire la storia è qualcosa che scuote l’opinione pubblica, l’assassino di Lila, una
studentessa che viene ritrovata in una cisterna. L’autopsia rivela che la ragazza aspettava un bambino.
Gli ALLIEVI e la Storia:
▪ Wes è un ventenne che credeva di non essere ammesso alla facoltà di legge; invece, non solo la sua
domanda d’iscrizione viene accettata ma viene subito scelto dalla professoressa Keating tra i fortunati
cinque.
▪ Connor è intelligente e astuto, è il gay dichiarato del gruppo; intreccia una relazione con Oliver un
abilissimo informatico che sarà molto utile nelle indagini dello studio legale.
▪ Michaela sta per sposarsi quando scopre che il fidanzato è bisessuale. Come Wes, anche lei è adottata.
Perde facilmente il controllo. È terrorizzata dall’idea che gli uomini che attira abbiano tendenze
omossessuali.
▪ Asher, anche lui ambizioso, ha un padre giudice con il quale non ha mai avuto un buon rapporto.
Durante una festa organizzata a casa sua, una ragazza ha subito uno stupro di gruppo. La responsabilità
di Asher è stata quella di non essere intervenuto per difenderla perché troppo ubriaco, e più tardi, con
la complicità del padre ha insabbiato tutto.
▪ Laurel messicana, proviene da una famiglia molto ricca ma dalla quale si è voluta affrancare. Ha una
profonda aspirazione a una vita pulita (mentre suo padre si è arricchito illegalmente), ma finisce con il
ritrovarsi nello studio della Keating, i cui metodi sono tutt’altro che onesti, e a intrecciare una relazione
con Frank, assistente della professoressa, che negli anni si è macchiato di orrendi crimini.
Nello studio legale troviamo anche Bonnie, una donna incolore completamente succube della Keating. Sam
è il marito di Annalise. Infine, presente in modo determinante è Nate, amante della Keating. Rebecca è un
altro personaggio chiave di questa stagione; è la vicina di casa di Wes, nonché amica della vittima e tra i
principali sospettati. I sospetti si concentrano sempre di più su di lei, in quanto si viene a sapere che è stata
sorpresa da Lila a letto con il proprio fidanzato a poche ore dall’omicidio. Wes, innamorato di Rebecca, chiede
ad Annalise di difenderla. La Keating vede una foto ritrovata nel cellulare di Lila che ritrae le nudità di suo
marito. Annalise teme che suo marito Sam sia coinvolto in qualche modo nell’omicidio. Rebecca ha sempre
saputo della relazione tra Sam e Lila, ed indica alla Keating Sam come responsabile dell’omicidio. Con la
complicità dei ragazzi, Rebecca si introduce in casa della professoressa per scaricare i messaggi dal portatile
di Sam e per avere prova degli spostamenti dell’uomo la notte del delitto. Sam la sorprende e l’avrebbe uccisa
se non fosse Wes che lo colpisce in testa con la statua della dea della giustizia. Gli altri ragazzi si rendono
complici dell’omicidio scaraventando Sam dalle scale, l’unico a non essere presente è Asher.
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Sorprendentemente, Annalise li copre, e ripulisce il salotto mentre i ragazzi sono impegnati ad occultare il
cadavere. Infine, per avere lei stessa un alibi, va a trascorrere la notte dal suo amante Nate. Quest’ultimo,
però, viene accusato dell’omicidio di Sam e messo in carcere. Per quanto riguarda l’omicidio di Lila, il
responsabile è ritenuto Sam. In un’ultima scena della prima serie vediamo che a compiere l’omicidio è stato
però Frank. Il presente viene alternato con i Flash Forward che al contrario dei noti Flash Back rivelano gli
eventi futuri.
▪ Annalise Keating→ nella parte iniziale della serie, quando, nella penombra della sua stanza, Annalise
Keating si toglie la parrucca, si stacca le lunghe sopracciglia nere, rimuove il sofisticato make-up e piange,
lo spettatore comprende di trovarsi di fronte a un personaggio spiazzante; infatti se in una scena
precedente l’avevamo vista in tribunale smontare i capi d’accusa come un ciclone, di fronte alla donna
che piange e che supplica amore e comprensione dall’uomo che dice di amare, capiamo che Annalise
Keating ha spinto l’archetipo dell’antieroe ben oltre. Nel nostro caso, affinché un delitto sia perfetto, un
crimine deve supportarsi con altri delitti, le persone devono essere manipolate. Inutile aggiungere che
anche il pubblico deve subire la stessa sorte, difatti in un Legal Thriller come questo, ogni convinzione
appena elaborata viene smontata da una nuova rivelazione, un nuovo colpo di scena. Pur usando le
persone, manipolando la realtà e fingendosi vittima per svolgere il ruolo di carnefice, Annalise riesce a
suscitare compassione nello spettatore perché conserva tratti di umanità che la fanno apparire come
una creatura ferita. Quando è da sola e si toglie il trucco, piange e muove a compassione un pubblico
che forse, senza queste scene strazianti, la condannerebbe, la disprezzerebbe. I personaggi di contorno
sono personaggi complessi perché vivono forti contraddizioni morali, esattamente come Annalise.
Wes è l’unico che sembra convinto ad andare avanti, mentre Annalise nei suoi confronti ha un
comportamento materno fino all’inverosimile→ Annalise ha conosciuto la madre di Wes durante il caso
importante che lei seguì dieci anni prima, era un testimone chiave per scagionare il suo cliente. Capiamo che
si sente responsabile di qualcosa, capiamo che vuole proteggere il ragazzo, ma da chi?
Tramite Eve, Annalise tira fuori di prigione Nate. Scopriamo che Eve è innamorata di Annalise e che le due
hanno avuto una relazione omosessuale che nel presente riallacciano ma senza impegno da parte di Annalise
che sostiene di non sentirsi lesbica. La Sinclair (il PM che aveva tentato di incastrare Annalise nella prima
stagione) cerca di agire su Asher ritirando fuori la storia dello stupro di gruppo ai danni della studentessa.
Prepara un accordo che vede coinvolto anche il padre di Asher, l’immunità è garantita se Asher testimonierà
contro Annalise, ritenuta colpevole dell’omicidio di Sam. Ma si presenta da lui Bonnie con la quale Asher ha
iniziato una relazione sentimentale. Mentendo, Bonnie gli dice che è stata lei a uccidere Sam. Asher si ferma,
ma desideroso di rappacificarsi con suo padre, e di liberarsi dalle spire di Annalise, decide di denunciare
Bonnie alla Sinclair. E allora, prima che lo faccia, entra in scena Annalise: mostra ad Asher un video dove si
racconta di lei, di Bonnie, bambina abusata dal padre. Asher si ferma e non accetta più l’accordo con la
Sinclair. Il padre del ragazzo è rovinato e si suicida. Intanto Nate viene accusato di aver praticato l’eutanasia
alla moglie. L’amica e collega di Annalise, Eve, lo fa assolvere. Nate è un altro succube di Annalise, infatti, in
fondo, è stata lei in modo subdolo a convincerlo ad aiutare la moglie a morire.
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Il caso giudiziario principale della seconda serie è quello di Caleb e Catherine, accusati di aver ucciso i loro
genitori adottivi. Lo studio legale ha ritrovato un figlio illegittimo della coppia su cui scaricare la colpa. La
causa è vinta. Quando tutto sembra sistemato, le carte in tavola si rimescolano. Catherine conosceva il figlio
illegittimo, Caleb trova l’arma del delitto in casa. Asher uccide la Sinclair ritenendola responsabile della morte
del padre e chiama Bonnie, che a sua volta chiama Annalise, che aveva convocato la Sinclair a casa di Caleb
e Catherine per rivelare la presenza dell’arma. Caleb viene allontanato dalla sua casa e Catherine viene rapita
da Frank. Il cadavere della Sinclair viene riportato nella villa dei due fratelli e viene inscenato un omicidio.
Annalise non ha finito. Vuole che uno dei ragazzi le spari così che possa attribuire a Catherine la colpa
dell’omicidio della Sinclair. Nessuno dei ragazzi spara, solo Wes lo fa perché lei gli dice di aver ucciso Rebecca.
Il colpo rischia di farla morire e, se lei non lo chiamasse Christof lui la finirebbe; Wes capisce che Annalise ha
molto da raccontargli riguardo il suicidio della madre e si ferma. Intanto Catherine si risveglia drogata in un
bosco, confusa e si autoaccusa di aver sparato alla Keating e di aver ucciso la Sinclair.
Andiamo a conoscere la storia di Annalise e della madre di Wes→ Torniamo indietro di dieci anni. Annalise
sta seguendo un caso importante di un potente uomo di affari, Charles Mahoney in Ohio. La madre di Wes
deve apparire come testimone, se lo facesse però avrebbe guai con il permesso di soggiorno. Annalise deve
convincerla, ma poi si accorge che la donna è minacciata dalla potente famiglia. La madre di Wes è ricattata,
lei lo capisce, scopre che è stata stuprata dal capostipite dei Mahoney che minaccia di fare del male a Wes
se lei non testimonia il falso. Tanta è la sua angoscia che finisce con il suicidarsi davanti agli occhi di Annalise,
non prima di averle chiesto di proteggere suo figlio Wes, il quale viene accusato responsabile della morte
della madre (convinzione che lui stesso ha finché non scopre la verità). Annalise decide di denunciare il suo
cliente alle autorità, ma ha un incidente stradale che uccide il bambino che ha in grembo. Lei saprà solo alla
fine che quello non è stato un incidente, ma un attentato alla sua vita. Il suo assistente Frank, in cambio di
una valigia stracolma di denaro che non ha mai toccato, ha tradito Annalise. Annalise viene a saperlo tramite
Bonnie. Frank, desideroso di costruire qualcosa di solido con Laurel le confida di aver ucciso Lila; Laurel
aggredisce Annalise, convinta che lei abbia commissionato l'omicidio ed Annalise capisce che è stato Sam a
commissionarlo e, se c'è riuscito, aveva qualcosa in mano per ricattare Frank. Infatti Sam sapeva del
tradimento di Frank ma ha impedito che lui confessasse ad Annalise la sua colpa e lo ha ricattato spingendolo
ad uccidere la studentessa. Annalise dice a Wes che dal giorno del suicidio della madre ha cercato sempre di
proteggerlo. Wes viene a sapere che suo padre è Mahoney e che lui è il frutto di uno stupro. Annalise sparisce
e va da sua madre. Si confida con lei, piange, affronta se stessa. Ma Nate la va a prendere perché stanno per
spiccare un mandato di arresto nei suoi confronti per l’omicidio della Sinclair. Annalise torna e dimostra che
il serial killer è Caleb. Frank sparisce, Annalise non vuole vederlo mai più. Wes va ad incontrare suo padre ma
riesce a scambiare solo due parole con l’uomo perché viene ucciso davanti a lui.
3. ANALISI STRUTTURALE DELLA SERIE→ Il riferimento allo schema di Truby ci servirà per individuare alcuni
meccanismi drammaturgici:
1) La Debolezza e il Need→ Per arrivare a individuare in modo plausibile il need bisogna porsi delle
domande. Perché la Keating difende criminali della peggior specie? Si può provare a fare un’ipotesi.
Annalise, infatti, prima di conoscere la verità, è convinta che sia stata la sua ambizione a provocare la
morte del nascituro, si sente un’assassina. Vuole proteggere i cattivi perché lei si sente cattiva? Ci
troviamo di fronte non soltanto ad una complessità psicologica ma a una personalità frammentata e
traumatizzata. Probabilmente è questa la risposta: vincere le cause a tutti i costi, farla franca da un
omicidio perché lei si sente colpevole di un omicidio che le ha sconvolto la vita, quella del suo bambino.
Annalise cerca dei figli adottivi, per sostituirli al proprio che non ha saputo proteggere, li cerca tra i suoi
studenti, tra i più problematici possibili, che non hanno figure genitoriali alle spalle, se non fosse così
non avrebbero bisogno della sua protezione. È a causa sua se i ragazzi si cacciano nei guai, ma non ne
sembra consapevole, tuttavia per proteggerli a tutti i costi viola le più elementari basi della giurisdizione.
Drammaturgicamente è come se la Keating ricreasse il momento del trauma e si mettesse sempre alla
prova per vincere laddove in passato ha perso.
2) La linea del Desiderio→ La linea del desiderio per Annalise è vincere i processi, mettere agli imputati di
farla Franca quando hanno ucciso, ai suoi clienti ma poi anche ai suoi allievi.
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→TRANSPARENT:
1. LA PRIMA STAGIONE→ MORTON L.PFEFFERMAN è un docente universitario in pensione; divorziato da
anni, convoca i tre figli, Sarah, Josh e Ali, per uno scioccante coming out: vuole finalmente vivere come una
donna. La reazione dei ragazzi è tra il sorpreso e il divertito anche se la decisione del padre li spingerà a
intraprendere un cammino verso una conoscenza più profonda del proprio io. I genitori, Mort e Shelly, non
hanno voluto imporre alcuna restrizione educativa ai figli, inoltre, sebbene ebrei di nascita, non hanno
trasmesso loro alcun principio morale e religioso.
▪ Sarah, la figlia maggiore, lascia il marito per tornare con la sua vecchia fiamma, Tam, la compagna del
college con la quale, tra morbosità e gelosia, consuma sesso lesbico.
▪ Josh, molestato dalla babysitter nel periodo della pubertà, ha problemi gravi di relazione con le donne.
▪ La più giovane delle figlie, Ali passa dal sesso perverso a una relazione con un trans. Successivamente lo
lascia e alterna il suo vestire da donna provocante a quello da uomo in giacca e cravatta. Eppure, è l’unica
che provi compassione per l’attuale marito di Shelly, malato terminale. Mort prova un affetto particolare
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per Ali, che condivide con lui il gene della depressione. Nell’ultima puntata, per la prima volta, Mort alza
la voce contro la figlia e quel rimprovero duro a lei fa bene, inconsciamente lo desiderava da tempo.
Mort fa finalmente il padre, sebbene ora sia vestito da donna. Josh si innamora di una rabbina e nell’ultima
puntata appare un figlio già adolescente (nato anni prima dalla sua relazione con la baby sitter) di cui lui vuole
occuparsi seriamente. Sarah decide di sposarsi con Tam.
Già dalle prime puntate della prima stagione, si comprende che la serie rappresenta un’interpretazione
inappuntabile dell’ideologia gender. “Siamo solo corpi, alcuni hanno il pene altri no”. Nella storia, i vari
personaggi hanno bisogno di perdere i loro confini culturali e biologici per essere se stessi e per dare voce al
bisogno di conformità con il mondo che li circonda. Tutto questo a scapito dei sentimenti e delle emozioni,
infatti, ogni aspetto della realtà viene vissuto con fredda indifferenza. Non esiste il desiderio, non esiste
l’amore, non esiste la relazione con l’altro, non esiste l’altro. Nel finale della prima serie appare un
miglioramento, una prospettiva affettiva più alta nei giovani Pfefferman, ma non è poi così credibile. La
rabbina non vuole impegnarsi seriamente con Josh perché non si fida e Tam sembra troppo egocentrica per
innamorarsi. Le immagini che fanno da sfondo ai titoli di testa sembrano voler dire che l’uomo rimane solo,
smarrito, infelice, tutto il resto appartiene al passato. “Essere vivi è essere tristi” dice il tassista ad Ali. Le
immagini del vecchio mondo sono presentate come antiche; non c’è una critica esplicita e non è intenzione
della narrazione metterne in luce le ipocrisie. Quel mondo è morto e sepolto e appartiene al passato che non
tornerà più.
2. LA SECONDA STAGIONE→ Dopo la scossa emotiva provocata dal coming out di Mort/Maura i figli iniziano
quindi un percorso difficile per scoprire il loro io più profondo. Ma qual è il punto di arrivo di tale ricerca?
Una scena finale della seconda serie mostra i tre fratelli, Sarah, Josh e Ali insieme, sereni, giocare in piscina
come ai vecchi tempi. Sarah ha mandato all’aria il suo matrimonio con Tam e ha scoperto che le piace il sesso
sadomaso; Josh non ha saputo conciliare l’affetto per il figlio avuto dalla baby-sitter che lo molestava con la
nuova famiglia che intendeva fondare con la rabbina, per cui ha perso il figlio naturale, il figlio in arrivo e la
compagna; Ali dopo una breve relazione lesbica è di nuovo single. Mort/Maura lega con una donna incontrata
al festival femminista, con la quale ha un rapporto umano e sessuale, forse reso possibile dal fatto che a lei
hanno asportato i seni a casa del cancro (quella parte della corporeità più emblematica della femminilità). La
donna incoraggia Mort/Maura ad incontrare sua madre Rose. La storia presente si ricollega al passato, grazie
alla ricerca storica di Ali che la porta sulle tracce della zia uomo deportata dai nazisti negli anni 30, zia che
Mort/Maura non ha mai conosciuto. Si può ereditare un dolore? Si chiede Ali? La seconda serie si chiude con
l’incontro tra Mort/Maura e la madre Rose che molti anni prima si era dovuta separare dall’amato fratello
transessuale, Gittel.
3. ANALISI STRUTTURALE DELLA SERIE→ la tecnica del Set Up e del Pay Off, semina e raccolta, usata per
mantenere il ritmo del racconto, ha in questa serie una caratteristica particolare, infatti, ci lascia la sensazione
che non mantenga quello che promette. Se nell’ottica della ricerca della felicità i personaggi sono tesi ad
esplorare il loro io più profondo, le Autorivelazioni non soddisfano le aspettative.
1) La Debolezza E Il Need→ Le scene di maleducazione e di sordine intorno alla tavola, che precedono il
coming out, ci fanno pensare che, oltre a voler vivere liberamente la sua transessualità, Mort voglia
mettere ordine nella vita dei figli, i quali infatti hanno sofferto del suo disagio esistenziale. La conclusione
della prima stagione sembrerebbe realizzare questa sua aspirazione nel momento in cui Mort afferma
la propria autorità su Ali. Il Need non è tanto quello di voler/poter vivere pienamente la femminilità,
negata dal dato biologico, ma è quello di volere vedere cambiato il mondo e la società. Inoltre, il need si
scopre andando avanti nella storia ma non ci sono reali ferite dalle quali esso è scaturito, se non
l’imposizione sociale che ha costretto Mort a vivere da uomo. Alla fine della seconda serie, in un flash
back che ci catapulta nella Germania nazista degli anni ’30, assistiamo alla tragica ricostruzione della
deportazione di Gittel, la zia uomo di Mort. Ali lo ha scoperto per caso ed è lei stessa a lanciare
un’ipotesi: si può ereditare un dolore? Come se il triste destino di Gittel cerchi un compimento in Mort.
Ma è solo un’ipotesi che conferisce una parvenza di chiusura alla storia.
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Diverso è il caso dei figli→ Josh presenta una vita inconcludente sul piano affettivo a causa del trauma
subito all’interno di una famiglia priva di regole. La ferita aumenta ancora di più quando scopre che i
genitori sapevano del bambino. Josh sente un bisogno profondo di creare una stabilità affettiva. Inoltre,
è colui che risulta più disorientato dal coming out del padre. Per Ali i problemi personali derivano dal
fatto che Mort non ha saputo svolgere un ruolo educativo nei confronti della figlia. Nella seconda serie
non vi un percorso di riconquista dell’autorità paterna. Tutto ciò che può sembrare un limite va bandito
e sia per Mort che per Ali è così; questo lo vediamo quando Ali lascia Syd e afferma che essere lesbica
significa non avere limiti ma una convivenza che è diventata un’unione simile a quella degli etero diventa
un limite. Per Sarah invece essere gay è un limite perché vuole scoprire se stessa fino in fondo e lo
vediamo quando al suo matrimonio con Tam chiede a Raquel di non registrare civilmente l’unione.
Capisce infatti che la sua sessualità si muove nella sfera del sadomaso quindi l’affettività, le relazioni non
fanno per lei.
2) Desire→ Il desiderio di Mort è quello di essere accettato dalla società, dagli amici, dalla madre e dalla
sorella. Questo desiderio si realizza nella seconda serie. Capiamo che tutto ciò è possibile perché la
madre da ragazzina si è dovuta separare dal fratello perché transessuale e deportato dai nazisti.
3) L’avversario→ L’avversario è la società che non accetta la sua transessualità. Ma in realtà Mort non
subisce particolari discriminazioni. Lo scontro forte è quello che avviene al festival delle femministe,
sono donne lesbiche che odiano gli uomini anche se transessuali. Mort/Maura è costretto ad andarsene
e lo fa imprecando contro di esse. Questo rifiuto ci porta ad intuire il Need di Mort ossia che il mondo
deve cambiare, e prima che ciò avvenga, è inutile sperare di essere felici.
4) Il Piano→ Mort/Maura si addentra sempre più nel mondo femminile attraverso gli abiti, la cura nel vestir
le acconciature e si rende conto che, negli anni, ha assunto modi di pensare che deve contrastare. Ad
esempio, chiede scusa al transessuale che lo ospita per essersi mostrato scettico nei confronti della
chirurgia plastica. Mort/Maura è impacciato, la nuova identità è qualcosa che richiede un difficile
cambiamento personale. Il suo atteggiamento coincide con l’attesa. Assiste alle vite dei figli che vanno
in pezzi, ma non interviene e pensa che il loro è un cammino necessario che si carica inevitabilmente di
sofferenza. Questo è il prezzo per essere veramente se stessi.
5) Lo Scontro→ Gli scontri più significativi sono due. Con Ali quando alza la voce e impone la sua autorità
alla figlia, incapace di assumere atteggiamenti adulti; con il gruppo femminista, da questo scontro ne
esce perdente anche se capisce che la sua felicità dipende da un cambiamento del mondo. Alla fine della
seconda puntata, Mort ha un rapporto sessuale con una donna a cui hanno asportato il seno a causa del
cancro, e capisce che non ha bisogno del chirurgo plastico. Da questa esperienza capisce che lui non
vuole relazionare con la femminilità (il seno ne è una espressione forte), ma vuole, mostrando il suo
reggiseno vuoto, interpretare la parte femminile in un rapporto sessuale nel quale il pene non
rappresenta un elemento di differenziazione. In effetti è transessuale non gay.
6) L’autorivelazione→ L’autorivelazione principale è quella legata allo scontro perdente nel villaggio
femminista. Il mondo deve cambiare affinché uno come lui possa realizzarsi.
7) Il Nuovo Equilibrio→ Il nuovo equilibrio è la rassegnazione nell’attesa che si realizzi il nuovo mondo. Ma
non siamo sicuri che il nuovo mondo arriverà. La piega amara del viso di Mort sembra esprimere una
condanna eterna all’infelicità.
APPENDICE
ALTERED CARBON (Alessandra Caneva)
Il Corpo Ridotto a Custodia→ ALTARED CARBON ci racconta un futuro inquietante nel quale gli esseri umani
riescono a conquistare l’immortalità. Ci troviamo a San Francisco nel 2834. Con i suoi complicati snodi
narrativi, Altared Carbon sembra aver trasformato in racconto la cultura del post umano.
Da un corpo all’altro→ una nuova tecnologia trasmessa dagli alieni, permette agli esseri umani di diventare
immortali trasferendo la propria identità da un corpo all’altro una volta che il proprio cessa di funzionare. I
corpi finiscono con il ridursi in semplici custodie simili a computer nei quali si applicano memorie portatili.
Ma pur avendo distrutto la morte, le differenze sociali non sono state eliminate.
L’ambientazione di Altered Carbon→ questa serie riesce a conciliare più generi: Il poliziesco, il noir, l’action
fantascentifico. La storia si muove in un universo parallelo futuristico moralmente spiazzante. Il corpo, il
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sesso, la tortura e le scene di forte impatto emotivo, sono inserite in un contesto nel quale è difficile seguire
una logica narrativa. In questa serie il corpo umano è un involucro. E i personaggi non esitano a martoriarlo,
violarlo e sottoporlo a infinte torture. I neo cattolici rifiutano di trasferire la propria pila corticale in un’altra
custodia per salvare la propria anima e, di fronte alla questione etica e antropologica, rispondono in modo
convenzionale citando i comandamenti o il diavolo. Non hanno preparazione e danno solo risposte non
soddisfacenti.
La vera storia di Collateral→ “Collateral” fotografa un’intera nazione alle prese con la crisi dei rifugiati e le
pressioni dell’emigrazione dal Medio Oriente dopo la catastrofe umanitaria in Siria. Ci mostra come tutto è
collegato; un omicidio di un giovane musulmano finisce con il coinvolgere le istituzioni britanniche, il governo
ecc.
Un pure drama→ “Collateral” non è solo un poliziesco e un thriller ben costruito, è un dramma allo stato
puro. Il tema centrale della serie è l’immigrazione clandestina.
I protagonisti di Collateral→ Kip, una donna incinta esprime una forza umana che getta una luce di
speranza in una società profondamente corrotta e in crisi. Kip è un personaggio che incarna i valori di un
Europa cristiana che nel Regno Unito non c’è più. Per contrasto c’è Sandrine Shaw, la donna soldato, che è
un personaggio simbolo del dramma della guerra, della corruzione e della violenza assistita.
di comportamento: prendersi cura degli orfani, scoprire la verità di quanto è successo, lottare per liberare e
salvare i bambini.
Between: un tema non scontato→ la serie non è di certo un lavoro stilistico e la faccenda degli esperimenti
sul controllo demografico appare deludente e passata di moda, ma manda comunque un messaggio
interessante. La linea di filo spinato, i campi minati e i soldati delimitano 2 mondi: da una parte i ragazzi che,
nonostante tutto, non sono dominati totalmente dal cinismo e dalla sete di potere; dall’altra gli adulti,
compresi i padri che hanno disprezzo per la vita umana, che sono pronti a seminare cadaveri in nome del
potere.
Dal finito all’illimitato→ il mito dell’immortalità è diventato sempre meno mito e sempre più realtà grazie
ai ritrovati scientifici della biotecnologia che aprono ad una nuova concezione della vita umana che tenta di
rendere eterna ed immutabile ciò che non è passabile di trasmutazione. Oltre il corpo dunque, anche i robot
e i software possono avere delle emozioni.