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Antropologia
Claude Lévi- Strauss
Claude Lévi Strauss è stato un antropologo, psicologo, e filosofo
francese. Tra i suoi contributi alla psicologia scientifica c'è
l'applicazione del metodo di indagine strutturalista agli studi
antropologici. Fondamentali i suoi studi sulle civiltà del mondo e
sull'analisi del "selvaggio". Cercò di applicare la linguistca strutturale di
Soussure all'antropologia. I suoi studi riguardano la famiglia e il mito.
Lévi Strauss connetendo cognitivismo e antropologia arricchisce il
tema dell' anti- etnocentrismo e del relativismo dell'antropologia.
Attraverso la ricerca di strutture logiche comuni che poi si manifestano
in molteplici forme di concettualizzazione umana, comprensibili solo
nel contesto etnografico di riferimento, riconosce il carattere di
sistematicità e razionalità del modo di vivere e pensare dei popoli
tribali. Durante la Seconda guerra Mondiale Lèvi-Strauss scelse la via
dell'esilio negli Stauti Uniti. Rientrare non fu facile perchè le tracce
della tragedia erano ovunque soprattutto nelle idee. Al momento di
affrontare la ricstruzione del continente, gran parte del mondo politico
e intellettuale e i rappresentanti delle Resistenze concordano che il
ripristino della pace tra i popoli doveva passare per la condanna del
razzismo biologico e della nozioni "biologica" di razza. Claude Lèvi
Strauss fu tra gli intellettuali europei più attivi in questa operazione
culturale guidata dall'UNESCO. La condanna morale e scientifica del
razzismo è strettamente collegata alla fondazione delle Nazioni Unite.
Il presidente americano Roosevelt e Churchill durante la formazione
delle Nazioni Unite hanno sottoscritto La Carta Atlantica, un documento
nel quale l'idea di ugualianza dei diriti compare tra i principi che
avrebbero dovuto ispirare la collaborazione internazionale al fine del
mantenimento della pace. I principi della carta saranno alla base della
nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Per la prima volta si
afferma l'uguaglianza dei diritti tra uomo e donna. Si afferma il
principio dell'uguaglianza dei diritti e si rigetta qualsiasi forma di
discriminazione in base alla razza. Nasce quindi nel 1945 l'UNESCO.
Uno dei primi obiettivi dell'organizzazione è dunque promuovere la
presa di coscienza dei pericoli dell'intolleranza e del razzismo.
L'UNESCO lanciò un programma per combattere il razzismo, di cui fu
inizialmente responsabile Arthur Ramos. La sua prematura morte non
fermò comunque i lavori del gruppo e nel 1952 esce il primo
documento approvato dall'UNESCO in cui si nega qualsiasi correlazione
tra la differenza fenotipica nelle "razze" umane e la varietà delle
caratteristiche psicologiche, intellettive e comportamentali. Dopo
questa dichiarazione l'UNESCO pubblicò una serie di testi dedicati al
problema del razzismo. Per l'occasione Claude Lévi-Strauss scrisse
"Race et Histoire". Il volume in realtà comprende due scritti: "Razza e
storia" e "Razza e cultura." I due testi sono stati scritti in circostnze
diverse. Il primo come abbiamo già visto fu pubblicato per la lotta
contro i pregiudizi razziali. "Razza e cultura" invece fu pubblicato per
una conferenza del 1971 contro il razzismo sempre voluta dall'UNESCO
ma questo testo fu accusato perchè contraddiceva l'altro, ma i due
periodi storici sono diversi. Secondo Strauss "Razza e storia" cerca di
conciliare la nozione di progresso con il relativismo culturale, nozione
di progresso che indica soprattutto l'Occidente, ma siccome la diversità
equivale alla diseguaglianza il relativismo può essere considerato solo
in generale. La diversità è funzione non tanto dell'isolamento dei
gruppi quanto delle relazioni che li uniscano; il relativismo non
considera le culture come universali chiusi, ma come " coalizioni"
perchè la storia dell'umanità è segnata dal contributo di tutte le
Riassunto capitoli.
1) Razza e cultura
Si è dimostrato che allo stato attuale della scienza non si può
dimostrare la superiorità o l'inferiorità intelletuale di una razza rispetto
ad un'altra. Quando si cerca di caratterizzare le razze biologiche in
base a priorità psicologiche particolari ci si allontana dalla verità
scientifica sia se definita in modo positivo sia in modo negtivo.
Gabineau, considerato il padre delle teorie razziste, intendeva la
diseguaglianza delle razze in senso qualitativo, le grandi razze
primitive che formavano l'umanità agli inizi non erano tanto diversi per
vaolore assoluto quanto diverse nelle loro attitudini. Il peccato
dell'antropologia consiste nella confusione fra il concetto puramente
biologico di razza e le produzioni sociologiche e psicologiche delle
culture umane. Quando parliamo di contributo delle razze umane delle
civiltà non vogliamo dire che gli apporti culturali traggano una qualsiasi
originalità dal fatto che questi continenti siano popolati da abitanti di
ceppi razziali diversi. Se questa originalità esiste dipende da
circostanze geografiche non da abitudini ditinte connesse alla
costituzione anatomica dei negri, dei gialli o dei bianchi. La diversità
estetica, intellettuale e sociologica non è unita da nessuna relazione
casuale a quella che,sul piano biologico, esiste fra alcuni aspetti dei
ragguruppamenti umani. Le culture umane sono molto più numerose
delle razze umane: due culture elaborate da uomini appartenenti alla
stessa razza possono diferire quanto di due appartenenti a gruppi
razzialmente lontani. La diversità fra culture pone numerose problemi,
perchè ci si può chiedere se costituisca per l'umanità un vantaggio o
un inconveniente.
3) L'etnocentrismo:
Sembra che la diversità delle culture sia raramente apparsaagli uomini
primitive.
Abbiamo suggerito che ogni società può, dal proprio punto di vista,
suddividere le culture in tre categorie: quelle che le sono
contemporanee, ma che si trovano situate in un altro punto del globo;
quelle che si sono manifestate approssimativamente nello stesso
spazio, ma che l'hanno preceduta nel tempo; quelle che sono esistite
sia in un tempo anteriore sia in uno spazio diverso da quello in cui essa
si colloca. Questi tre gruppi sono riconoscibili in modo diseguale. Per
contro, è estremamente allettante cercare di stabilire tra le culture del
primo gruppo, relazioni equivalenti a un ordine di successione nel
tempo. Delle civiltà scomparse, noi conosciamo solo alcuni aspetti e
questi aspetti sono tanto meno numerosi quanto più è antica la civiltà
considerata. Il procedimento consiste quindi nel prendere la parte per il
tutto, e nel concludere,in base al fatto che certi aspetti di due civiltà
offrono rassomiglianze, con l'antologia di tutti gli aspetti. Questo modo
di ragionare è smentito dai fatti. Il filo del ragionamento è il seguente:
le popolazioni primitive attuali hanno riti di caccia, che ci sembrano
spesso privi di valore utilitario; le pitture rupestri preistoriche pure ci
sembrno prive di valore, i loro autori erano cacciatori quindi esse
servivano a riti di caccia. In generale tutte le società umane hanno
dietro di loro un passato che è approssimativamente dello stesso
ordine di grandezza, si parla di "popoli senza storia", cioè che la loro
storia rimarrà sconosciuta. Le società umane hanno utilizzato in modo
diverso un tempo passato che per alcune sarebbe stato persino tempo
perso. Finiremmo così per ditinguere fra due specie di storie; una
progressiva che accumula i ritrovamenti e le invenzioni per costruire
grandi civiltà e un'altra storia in cui ogni innovazione si è dissolta.
5) L'idea di progresso
8) Caso e civiltà
Si legge in trattati di etnologia che l'uomo deve la conoscenza del
fuoco al caso del fulmine o di un incendio nella boscaglia. Si direbbe
che l'uomo sia vissuto in un primo in una specie di età dell'oro
tecnologica, in cui le invenzioni si sceglievano con la stessa facilità dei
frutti e dei fiori. All'uomo moderno sarebbero riservate le fatiche del
lavoro e le illuminazioni del genio. Questa teoria deriva da una totale
ignoranza della complessità e della diversità delle operazioni che le
tecniche più elementari implicano. Tutte le scoperte dell'uomo sono
davvero troppo numerose e troppo complesse per essere spiegate dal
caso. Solo la loro combinazione immaginata,voluta, cercata e
sperimentata permette il successo. Il caso certo esiste, ma di per sè
non dà nessun risultato. Dobbiamo dunque distinguere con cura la
trasmissione di una tecnica da una generazione all'altra, che avviene
sempre con relativa facilità grazie all'osservazione e all' allenamento
quotidiano, e la creazione o il miglioramento delle tecniche in seno a
ogni generazione. Ritroveremo il caso e la probabilità, ma su un altro
piano e con un'altra funzione. Li utilizzeremo non per spiegare la
nascita di invnzioni già fatte ma per interpretare un fenomeno che si
colloca a un altro livello di realtà. Per spiegare le differenze nel corso
delle civiltà si arriverebbe quindi ad invocare insieme di cause così
complessi e discontinui da essere inconoscibili, non solo per ragioni
pratiche ma anche per ragioni teoriche. Per sbrogliare una matassa
formata di fili tanto numerosi e tenui, bisognerebbe sottoporre la
società considerata a uno studio etnografico globale e di tutti gli
istanti. E' noto che gli etnografi sono spesso limitati nelle loro
osservazioni dai sottili mutamenti che la loro pura e semplice presenza
basta a introdurre nel gruppo umano oggetto del loro studio. E' vero
che, quando alle invenzioni tecniche la civiltà occidentale si è rivelata
più comulativa delle altre che dopo aver disposto dello stesso capitale