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Indice
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• 1 Etimologia
• 2 Contesto storico-sociale
• 3 Positivismo e Illuminismo: affinità e differenze
• 4 I vari aspetti del positivismo
• 5 Positivismo e Romanticismo
• 6 La diffusione del positivismo
• 7 L'eredità del Positivismo
• 8 Note
• 9 Bibliografia
• 10 Altri progetti
• 11 Collegamenti esterni
Etimologia [modifica]
Il termine positivismo deriva etimologicamente dal latino positum, participio passato neutro del
verbo ponere tradotto come ciò che è posto, fondato, che ha le sue basi nella realtà dei fatti concreti.
Auguste Comte
• nella prima metà del XIX secolo, ad iniziare dal periodo della Restaurazione il positivismo
si presenta come il progetto di superamento della crisi politica e culturale seguita
all'Illuminismo e alla Rivoluzione francese, tramite un programma politico antiliberale[2]
In questo periodo il positivismo è messo in ombra dalla preminente cultura romantica e dalla
filosofia dell'idealismo, ma è proprio in questi anni che nasce il termine positivismo ad opera di
Henri de Saint-Simon, che lo usò per la prima volta nell'opera Catechismo degli industriali (1823-
1824) e che venne diffuso da Auguste Comte quando nel 1830 pubblicò il primo volume del Corso
di filosofia positiva.
È in questa fase che il positivismo, messa da parte la filosofia idealistica considerata come un'inutile
astrazione metafisica, si caratterizza per la fiducia nel progresso scientifico e per il tentativo di
applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana.
Il positivismo diviene la cultura predominante della classe borghese. Secondo Ludovico Geymonat
infatti, sebbene non possa stabilirsi una rigida identità tra positivismo e borghesia, in quanto essa ha
incoraggiato il positivismo ma per certi aspetti lo ha anche contrastato, non vi è dubbio che il
positivismo della seconda metà dell' 800, ha rappresentato anche e in modo rilevante gli ideali
borghesi quali l' ottimismo nei confronti della moderna società industriale[4] e il riformismo politico
in opposizione al conservatorismo e nello stesso tempo al rivoluzionarismo marxista fortemente
critico nei confronti del moderno sistema industriale che non teneva conto dei "costi umani"
collegati allo sviluppo economico. Non a caso il positivismo si diffonde soprattutto nei paesi più
progrediti industrialmente mentre è limitatamente presente in quelli meno sviluppati come l'Italia.[5]
Il positivismo si sviluppa in un periodo in cui l'Europa, dopo la guerra di Crimea e quella Franco-
prussiana sta attraversando un periodo di pace che favorisce la borghesia nell'espansione coloniale
in Africa e in Asia e nella contemporanea evoluzione del capitalismo industriale in un fenomeno
economico internazionale.
C'è una profonda trasformazione anche nei modi di vita della città dove si verificano in pochi anni
cambiamenti più incisivi di quelli avvenuti nei secoli precedenti con le innovazioni tecnologiche
dell'uso della macchina a vapore, dell'elettricità, delle ferrovie che mutano profondamente non solo
le dimensioni spazio-temporali ma anche quelle intellettuali. Tutto questo porterà nei primi anni del
'900 a quella esaltazione delle "magnifiche sorti e progressive"[6] raggiunte dall'Europa della Belle
epoque che si avvia al crollo delle illusioni nel baratro della Prima guerra mondiale.
Tempio positivista a Porto Alegre (Brasile) con iscritti sul frontone gli ideali del positivismo: «O
amor por principio, e a ordem por base, o progresso por fin» traduzione del motto di Comte:
«L'Amour pour principe et l'Ordre pour base; le Progrès pour but.» [7](«L'amore per principio,
l'ordine per fondamento, il progresso per fine.») Il motto ordem e progresso si ritrova anche nella
bandiera brasiliana.[8]
Per certi aspetti il positivismo appare una originale riproposta del programma illuministico con cui
presenta delle affinità quali:
• la fiducia nella ragione e nel sapere al servizio dell'uomo come mezzi per conseguire la
"pubblica felicità" [9], obiettivo questo fallito dagli illuministi per cui i positivisti si
propongono di portare ordine, tramite il metodo scientifico applicato in ogni campo delle
conoscienze umane, per una riorganizzazione globale della società resa caotica dalle
rivoluzioni che l'hanno sconvolta.
• esaltazione della scienza vista in contrapposizione alla metafisica il metodo scientifico
avrebbe dovuto sostituire la metafisica nella storia del pensiero[10]
• una visione laica e tutta immanente della vita dell'uomo in contrasto con i pensatori cattolici.
Nello stesso tempo il positivismo si caratterizza per incisive differenze con l'illuminismo:
• mentre gli illuministi, come Kant, ancora si preoccupano di dare una giustificazione teorica
del valore limitato di verità delle scienze, i positivisti la danno per scontata e puntano a una
"visione scientifica globale del mondo" cadendo nella metafisica di un'interpretazione unica
e totale della realtà.
• gli illuministi ricorrono alla scienza, pur con il suo limite, contro la metafisica e la religione,
i positivisti rendono la scienza una metafisica di certezze assolute con la fondazione di una
nuova religione scientifica [11]
• Positivismo sociale, nella prima metà del XIX secolo, che ha come rappresentanti Saint-
Simon, Auguste Comte e John Stuart Mill
• Positivismo evoluzionista con Herbert Spencer, il materialismo tedesco e Roberto Ardigò.
Oggi si preferisce identificare i vari aspetti del positivismo attraverso i contesti nazionali per cui si
ha un positivismo francese, inglese, tedesco e italiano.
I due criteri in realtà non sono divergenti ma si fondano tra loro poiché le varie identità nazionali
del pensiero positivista costituiscono lo sfondo su cui si sviluppano, nella prima metà dell' '800, la
concezione di una scienza come risanatrice dei mali sociali, la quale, nella seconda metà del secolo,
dopo la formulazione della teoria dell'evoluzione di Darwin, viene estesa in maniera totalizzante a
strumento di interpretazione della storia dell'intera umanità.
Il positivismo ebbe per le sue concezioni più importanti, una dimensione internazionale: la biologia
darwiniana, si diffuse in Europa e in America settentrionale, e le nascenti scienze della sociologia,
psicologia, antropologia diedero avvio in Occidente a nuovi settori di studio dell'uomo; ma anche
per gli aspetti minori e negativi, come la fiducia acritica e superficiale nella scienza, il pensiero
positivista ebbe vasta risonanza sino a divenire un fenomeno di costume per la borghesia colta
occidentale.
Tra i filosofi seguaci del positivismo in Italia ci furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò. Il
positivismo ebbe anche influenza sulle concezioni pedagogiche di Aristide Gabelli ed in seguito di
Maria Montessori.
Nonostante i suoi aspetti critici il positivismo ha lasciato in eredità alla cultura moderna la
considerazione dell'importanza per la conoscenza e per la trasformazione della società della ricerca
scientifica. Dobbiamo inoltre al positivismo la codificazione delle "scienze umane" della sociologia
e della psicologia.
Il positivismo ha demolito la filosofia intesa come forma di conoscenza metafisica che man a mano
che si realizza il progresso scientifico, non potendosi basare su i fatti concreti, perde ogni capacità
di indagare e risolvere i problemi filosofici. Il positivismo ne indicò un nuovo ruolo consistente non
più nella presunzione di conoscere i fenomeni naturali, umani e sociali ma quello di definizione e
unificazione dei principi generali del metodo scientifico e dei risultati delle singole scienze in una
visione generale dell'uomo. [14] Dal positivismo la filosofia è stata obbligata a riconsiderare
criticamente se stessa e a meglio definire il suo rapporto con le scienze.
Dal positivismo è originato inoltre il fondamento delle nuove forme di neopositivismo che hanno
elaborato un metodo di ricerca che soddisfi il rigore proprio della scienza eliminando gli equivoci e
le incomprensioni derivate anche dall'uso distorto del linguaggio.
Note [modifica]
1. ^ Cfr. voce "Positivismo" in Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1981
2. ^ «Ciò che caratterizza il positivismo ottocentesco è, in primo luogo, la consapevolezza di una
profonda crisi storica che ha investito la società europea e che comporta una rottura inseparabile con
il passato e le istituzioni tradizionali» (in P.Rossi, Positivismo e società industriale (antologia),
Loescher, Torino 1973, p.9)
3. ^ Cfr. N.Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nella Italia unita, Marsilio (collana
Saggi. Critica), 1991
4. ^ P.Rossi, op.cit. p.10 e sgg
5. ^ L.Geymonat, Storia del pensiero filosofico-scientifico Editore: Garzanti Libri 1978, p.455 Collana:
Collezione maggiore
6. ^ Giacomo Leopardi, La ginestra, v.51
7. ^ A.Comte, Système de politique positive (1852)
8. ^ G.Allegretti, Porto Alegre tra democratizzazione e ricerca della sostenibilità. Radici locali e
replicabilità di un’utopia realizzata In ‘Democrazia fai-da-te’, Ed. Carta-Cantieri Sociali, Roma-
Napoli, 2000 pag.2
9. ^ Cfr. Ludovico Antonio Muratori, Della pubblica felicità, Donzelli editore 1996
10. ^ A. Comte, Corso di filosofia positiva, a cura di Franco Ferrarotti, Utet, Torino 1967, 2 voll.
Lezione cinquantasettesima, vol. II, pp.481-482
11. ^ Nell'ultimo periodo, all'incirca dal 1850 al 1857, dell'opera di Comte, nel Catechismo positivista,
si evidenziano alcuni aspetti, già del resto presenti nella produzione precedente, di un progetto di una
religione positiva dove vengono trasposti gli elementi dottrinali, etici e liturgici della tradizione
cattolica.(Vedi alla voce Comte, Enciclopedia Garzanti della filosofia)
12. ^ Cfr. G.Fornero, Concetto e critica del romanticismo ottocentesco nel pensiero di Nicola
Abbagnano, in Rivista di storia della filosofia, XXXIX, 1984, fasc.III, pp. 551-570
13. ^ N.Abbagnano, Protagonisti e testi della filosofia, Volume III, Paravia 1999 pag.420
14. ^ Cfr. L.Geymonat, Il problema della conoscenza nel positivismo, Bocca, Torino 1931
Bibliografia [modifica]
• L.Geymonat, Storia del pensiero filosofico-scientifico Editore: Garzanti Libri 1978, Collana:
Collezione maggiore ISBN 88-11-25036-6
• A. Comte, Corso di filosofia positiva, a cura di Franco Ferrarotti, Utet, Torino 1967, 2 voll.
• P.Rossi, Positivismo e società industriale (antologia), Loescher, Torino 1973
• L.Geymonat, Il problema della conoscenza nel positivismo, Bocca, Torino 1931
• N.Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nella Italia unita, Marsilio (collana
Saggi. Critica),1991 ISBN 978-88-317-5435-4
• L.Kolakowski, la filosofia del positivismo, Laterza, Bari 1974
Positivismo logico
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Neopositivismo)
Il positivismo logico, anche noto come neopositivismo, neoempirismo o empirismo logico, è una
corrente filosofica che sorge nella prima metà del Novecento, basata sul principio che la filosofia
debba aspirare al rigore proprio della scienza. Come si deduce dal nome, alla sua base stanno i
concetti di “empirico”, ossia relazionato all’esperienza, e “logico”, dal momento che i suoi
sostenitori ritengono che il sapere debba essere analizzato secondo i criteri logici propri dell’analisi
del linguaggio. Gli empiristi logici sostengono che la risoluzione degli equivoci e delle ambiguità
legate al linguaggio conduca alla risoluzione degli stessi problemi filosofici: il loro sorgere
dipenderebbe da un uso scorretto delle parole. La filosofia deve avere un ruolo chiarificatore: non
può essere un sapere puramente speculativo, ma basarsi sull’esperienza per poter fondare in maniera
rigorosa la conoscenza.
Indice
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• 1 Il Circolo di Vienna
• 2 Concetti fondamentali
• 3 Influenza
• 4 Critiche
I membri del Circolo avevano una grande ammirazione per pensatori come Bertrand Russell, il
giovane Wittgenstein e Albert Einstein, e furono in rapporti più o meno stretti con Kurt Gödel e
altri personaggi di spicco del mondo scientifico e filosofico della prima metà del secolo. Il pensiero
del Circolo di Vienna ebbe diffusione nel mondo di lingua inglese soprattutto grazie agli scritti di
A. J. Ayer, che aveva studiato a Vienna, e che viene quindi spesso considerato come un positivista
di rilievo benché non appartenesse al Circolo. Ayer in un secondo momento abbandonò
l’empirismo logico per seguire la filosofia analitica, sotto l’influsso del pensiero del “secondo
Wittgenstein”.
Un circolo con le stesse idee sorse nel frattempo a Berlino, sotto la guida di Hans Reichenbach che,
assieme a Carnap, diresse la rivista Erkenntnis (“conoscenza”) che univa gli intellettuali di Vienna e
Berlino.
Con l’avvento del nazismo molti scienziati e filosofi si trasferirono negli Stati Uniti d'America.
Carnap e Neurath non rinunciarono al loro progetto e fondarono la rivista Journal of Unified
Science lavorando per creare una scienza unificata che si basasse sul metodo dell’analisi logica.
Nacque allora l' Enciclopedia internazionale della scienza unificata, che venne pubblicata a
partire dal 1938 sotto la direzione di Carnap e Neurath, e con la collaborazione di filosofi di varia
provenienza. Nonostante l’intenzione di fondo l’idea di scienza unificata non era affatto unitaria.
Per Neurath consisteva in un sistema unico di assiomi che comprendesse i risultati di tutte le
scienze; per Dewey in un controllo maggiore della scienza sulla vita, per Russel era unità di
metodo, ecc. Fu così che l’impresa si arrestò dopo pochi volumi.
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v·d·m
• le verità analitiche, come tutti i mariti sono sposati o la somma degli angoli interni di un
quadrilatero convesso è 360 gradi, che sono vere per definizione; questa categoria include
le proposizioni matematiche.
Tutte le altre proposizioni, incluse quelle di natura etica ed estetica, sull'esistenza di Dio, e via
dicendo, non sono quindi "dotate di significato", e appartengono alla "metafisica". Le questioni
metafisiche sono in effetti falsi problemi e non meritano l'attenzione dei filosofi.
Influenza [modifica]
L'approccio del Circolo di Vienna ebbe una profonda influenza sulla filosofia in genere, sulla
logica, sulla filosofia del linguaggio e soprattutto sulla filosofia della scienza, ambito nel quale il
positivismo logico si può considerare come la posizione dominante per tutto il periodo che va dalla
Prima Guerra Mondiale alla guerra fredda. Sebbene pochissimi dei suoi tenet abbiano ancora
séguito oggi, il ruolo del positivismo nella nascita della filosofia contemporanea è importantissimo.
Molti dei commentatori tendono a dare di questa corrente una visione semplificata, senza dar conto
delle numerose differenze e dei numerosi disaccordi fra gli stessi positivisti.
Il positivismo logico fu una delle prime manifestazioni della filosofia analitica. Nella prima metà
del XX secolo, le due espressioni divennero praticamente interscambiabili.
Critiche [modifica]
Una delle principali obiezioni formulate dai critici del positivismo è un'accusa di contraddittorietà; i
suoi tenet fondamentali, infatti, sono proposizioni evidentemente non verificabili per via empirica e
altrettanto evidentemente non tautologiche. La risposta dei positivisti a questa critica è che il
positivismo logico non pretende di essere un sistema di assiomi capace di provare la propria
coerenza (vedi teorema di Gödel).
Altre obiezioni possono essere formulate rispetto al criterio di verificabilità. In particolare, solo
proposizioni esistenziali positive (esiste almeno un corvo bianco) o proposizioni universali negative
(non tutti i corvi sono neri) sono caratterizzate da un metodo di verifica chiaro (trovare un corvo
bianco); non altrettanto si può dire delle proposizioni esistenziali negative o universali positive.
Un'affermazione come tutti i gravi cadono verso il centro della Terra, infatti, non può essere
dimostrata assolutamente vera.
In effetti, questa obiezione non tende a mostrare una contraddittorietà interna dell'approccio
positivista, ma solo a mettere in luce una sua potenziale debolezza come filosofia, ovvero
l'impossibilità di pronunciarsi in modo definitivo sulla verità di determinate proposizioni dotate di
senso. Per Ayer e altri positivisti (ma su questo vi fu un certo dibattito) questo limite era
assolutamente accettabile e anzi necessario. In Language, Truth and Logic, Ayer pose una
distinzione fra verifica forte e debole. La verifica forte consiste nello stabilire conclusivamente la
verità di una proposizione; quella debole, nel verificare che tale proposizione è probabilmente vera
(per esempio, perché non si è mai osservato un grave alzarsi spontaneamente da terra). Secondo
Ayer, in filosofia, esattamente come nella scienza, "no proposition, other than a tautology, can
possibly be anything more than a probable hypothesis" (nessuna proposizione, eccetto una
tautologia, può mai essere più di una ipotesi probabile).
Il filosofo Karl Popper, generalmente citato fra i critici del positivismo, presentò una variante del
criterio di verificabilità basata sul criterio di falsificabilità. Per Popper, una proposizione scientifica
ha significato solo se può essere dimostrata falsa. Lo scopo di Popper non era, tuttavia, quello di
distinguere fra proposizioni filosofiche dotate di senso e proposizioni filosofiche "metafisiche",
bensì fra scienza e pseudoscienza (per esempio, egli sostenne sulla base di questo criterio che la
psicoanalisi non poteva essere considerata scientifica).
Willard Van Orman Quine (Akron, 25 giugno 1908 – Boston, 25 dicembre 2000) è stato un
filosofo e logico statunitense.
Quine ha ricoperto la cattedra Edgar Pierce di filosofia della Harvard University dal 1956 al 2000.
Chiamato da taluni "il filosofo del filosofo", è il modello quintessenziale del filosofo analitico. Tra
le sue maggiori opere Two Dogmas of Empiricism (1951, 1953, 1961), influente attacco alla
concezione dei positivisti logici sulle proposizioni analitiche e sintetiche e Word and Object (1960).
Indice
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• 1 Vita
• 2 Opera
o 2.1 Rifiuto della distinzione analitico-sintetico
o 2.2 La indeterminatezza della traduzione
o 2.3 Olismo della conferma e relatività ontologica
o 2.4 Citazioni
• 3 Opere di Quine in italiano
• 4 Testi su Quine
• 5 Voci correlate
• 6 Altri progetti
• 7 Collegamenti esterni
Vita [modifica]
Cresciuto ad Akron, nell'Ohio, ottiene un B.A. dall'Oberlin College e un Ph.D. dalla Harvard
University nel 1932. Ad Harvard ha studiato logica con Alfred North Whitehead. Nei due anni
successivi viaggia in Europa grazie ad una generosa borsa di studio e viene a contatto con i logici
polacchi e con il Circolo di Vienna, in particolare con Rudolf Carnap.
Dal 1942 al 1946 lavora presso la United States Navy Intelligence, raggiungendo il grado di
Lieutenant Commander.
Tra i suoi studenti di Harvard molti sono diventati filosofi di fama: tra questi Donald Davidson,
David Lewis e Daniel Dennett.
Opera [modifica]
La maggior parte delle prime pubblicazioni di Quine hanno riguardato la logica formale.
Successivamente egli ha gradualmente spostato i suoi interessi verso questioni di ontologia,
epistemologia e linguaggio; dagli anni 1960 sostanzialmente egli ha sviluppato un suo progetto di
"epistemologia naturalizzata" avente lo scopo di dare risposte a tutte le questioni sostanziali della
conoscenza e del significato utilizzando metodi e strumenti delle scienze naturali. Quine ha
decisamente rifiutato la visione secondo la quale c'è una "prima filosofia", costituente un punto di
vista teoretico in qualche modo precedente la scienza e capace di giustificarla. Entrambi queste
prese di posizione generali fanno parte del naturalismo filosofico di Quine.
Negli anni 1920 e 1930, le discussioni con Carnap, Nelson Goodman, Alfred Tarski e altri hanno
condotto Quine a dubitare della tenuta della distinzione, fondamentale per il positivismo logico, fra
"enunciati analitici" -- quelli veri o falsi semplicemente in relazione ai significati dei termini che li
compongono come Tutti gli scapoli non sono ammogliati -- ed "enunciati sintetici", veri o falsi in
relazione ai fatti del mondo come "C'è un gatto sullo zerbino."
Un enunciato è analitico quando è vero solo grazie al significato dei suoi termini, senza
riferimento ai fatti del mondo.
Questa definizione dipende però dalla definizione della nozione di significato. Difatti, dice Quine,
se comprendessimo a che cosa "il significato di T" fa riferimento, capiremmo anche cosa significa
dire che i due termini T1 e T2 sono sinonimi: vorrebbe dire che i loro significati sono identici.
Ad esempio la proposizione Tutti gli uomini non ammogliati sono scapoli è considerata analitica
perché si intende che il significato di "scapolo" ed il significato di "non sposato" siano identici. Se
cosi fosse, potremmo dire che una proposizione è analitica se può essere trasformato in una verità
logica rimpiazzando sinonimo con sinonimo.
Quindi Tutti gli uomini non ammogliati sono scapoli si trasformerebbe in Tutti gli uomini scapoli
sono scapoli, che è una verità logica.
Ma qui risiede il problema. Secondo Quine è la nozione di significato che va attaccata nella sua
definizione classica. Egli rifiuta infatti il mentalismo che vuole che i significati siano determinati
nella mente prima e oltre a ciò che è implicito nelle disposizioni al comportamento.
In altre parole, secondo Quine, non si può fare riferimento al significato di una proposizione senza
fare riferimento ai fatti del mondo.
In essenza, per Quine le proposizioni analitiche e sintetiche non possono essere distinte –- e la
distinzione deve essere dissolta.
Il libro Word and Object riassume molto del precedente lavoro di Quine al di fuori della logica
formale. Quine esamina i metodi che sarebbero disponibili a un "linguista sul campo" che cercasse
di tradurre un linguaggio a lui prima sconosciuto. Egli osserva che ci sono molti modi per
suddividere una frase in parole e diversi modi per distribuire funzioni tra le parole. Ogni ipotesi di
traduzione potrebbe essere difesa solo ricorrendo al contesto: osservare quali altre sentenze un
parlante nativo pronuncerebbe. Ma una analoga indeterminatezza comparirebbe ancora: ogni ipotesi
di traduzione può essere difesa se si adottano abbastanza ipotesi compensatorie riguardanti altre
parti del linguaggio.
L'esempio proposto da Quine in proposito, ora divenuto leggendario riguarda la parola "gavagai"
pronunciata da un nativo in presenza di un coniglio. Il linguista potrebbe tradurla con "coniglio", o
con "Guarda, un coniglio", o "mosca del coniglio" (nome di un supposto genere di insetto che non
abbandona i conigli), oppure "cibo" oppure "Andiamo a caccia", o "Stanotte ci sarà una tempesta"
(se i nativi hanno particolari credenze sui collegamenti conigli-tempeste), o anche "momentaneo
stadio del coniglio", "sezione temporale di una estensione tetradimensionale spazio-temporale di un
coniglio", "massa di coniglità", o "parte di coniglio non individuata". Alcune di queste ipotesi alla
luce di ulteriori osservazioni possono diventare meno probabili -- cioè ipotesi meno maneggevoli.
Altre possono essere scartate solo ponendo ai nativi delle domande. Una risposta affermativa a "È
questo lo stesso gavagai di quello precedente?" farà scartare "momentaneo stadio del coniglio", e
così via. Ma queste domande possono essere poste solo dopo che il linguista ha imparato a
padroneggiare una buona dose della grammatica e del vocabolario astratto dei nativi; questo a sua
volta può essere fatto sulla base di ipotesi derivate da più semplici frammenti di linguaggio
collegate a osservazioni; e quelle sentenze, per parte loro, consentono interpretazioni multiple,
come abbiamo constatato.
Non c'è modo di sfuggire a questa circolarità. Infatti, essa interviene in forma analoga anche nella
interpretazione di discorsi pronunciati nella lingua del linguista e anche nell'interpretazione delle
proprie espressioni. Questa considerazione, contrariamente a una diffusa interpretazione meramente
caricaturale di Quine, non porta allo scetticismo sul significato -- o questo significato è nascosto e
inconoscibile, oppure queste parole sono prive di significato. Quine giunge a concludere che c'è e ci
può essere non più significato di quello che potrebbe essere imparato da un comportamento di un
parlante. In realtà non c'è proprio alcuna necessità di sostenere tali entità come "significati", in
quanto la nozione di uguaglianza di significato non può ottenere alcuna spiegazione utilizzabile, ma
dire che non ci sono "significati" non equivale a dire che le parole non significano. Di conseguenza
a proposito di una traduzione da un linguaggio all'altro non si possono porre dilemmi di "giusto" o
"sbagliato". Ci sono solo questioni di "meglio" e "peggio". E la scelta fra questi attributi non pone
questioni di "accuratezza" come quella che sarebbe ordinariamente costruita: le teorie della
traduzione sono migliori o peggiori, in relazione al migliore o peggiore successo con il quale
predicono successivi enunciati e traducono secondo un più o meno semplice schema di regole.
La tesi centrale che sta alla base della indeterminatezza della traduzione e di altri sviluppi dell'opera
di Quine è costituita dalla relatività ontologica e dalla teoria correlata dell'olismo della conferma. La
premessa dell'olismo della conferma è che tutte le teorie di quello che esiste (e le affermazioni
derivate nel loro ambito) non sono sufficientemente determinate dai dati empirici (dati, dati
sensoriali, evidenza); ogni teoria con la sua interpretazione dell'evidenza è ugualmente
giustificabile. Così la Weltanschauung degli dei omerici secondo gli antichi greci è credibile quanto
le onde elettromagnetiche del mondo dei fisici.
Per quanto riguarda la sua personale credenza, Quine chiarisce alla fine di Two Dogmas of
Empiricism:
« In quanto empirista io continuo a pensare lo schema concettuale della scienza, in definitiva, come
uno strumento che serve a prevedere le future esperienze alla luce dell'esperienza passata. Gli oggetti
fisici sono concettualmente importati nella situazione come convenienti intermediari non per
definizione in termini di esperienza, ma semplicemente come presupposti irriducibili che possono
essere confrontati, sul piano epistemologico, agli dei di Omero. [...] Da parte mia, in quanto fisico
laico, io credo negli oggetti fisici e non negli dei di Omero; e considero un errore scientifico pensarla
diversamente. Ma nel momento di stabilire un fondamento epistemologico, gli oggetti fisici e gli dei
differiscono solo per il loro grado e non per il loro genere. Entrambi i tipi di entità entrano nelle
nostre concezioni solo come presupposti culturali. »
Il relativismo ontologico di Quine lo conduce a concordare con Pierre Duhem quando ritiene che
per ogni collezione di evidenza empirica ci sarebbero sempre molte teorie in grado di renderne
conto, di inquadrarla. Quindi non è possibile verificare o falsificare una teoria semplicemente
confrontandola con l'evidenza empirica; la teoria può sempre essere salvata con qualche modifica.
Per Quine il pensiero scientifico ha formato una rete coerente nella quale ogni parte potrebbe essere
alterata alla luce dell'evidenza empirica e nella quale nessuna evidenza empirica potrebbe
costringere alla revisione di una parte.
L'opera di Quine ha contribuito a una larga accettazione dello strumentalismo nella filosofia della
scienza.
Citazioni [modifica]
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