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I PLURALISTI

I filosofi che la tradizione definisce pluralisti (Empedocle, Anassagora e Democrito), tentarono di conciliare le
posizioni contrarie sostenute da Eraclito e da Parmenide, ossia l'assunto del divenire da una parte, e
l'argomento delll'essere immutabile dall'altro. I tre filosofi cercarono di spiegare come l'apparenza
indiscutibile del mutamento delle cose sensibili (la verità del molteplice) può comunque coesistere con il
concetto di una originaria unità del Tutto (l'unità imprescindibile dell'essere). I pluralisti, infatti, devono il loro
nome all'uso di attribuire il motivo della molteplicità e della distinzione delle cose sensibili a una pluralità di
elementi diversi, sempre però ricondotti all'unità di un principio originario.

Il motto dei pluralisti era nulla si crea e tutto si trasforma: la materia che forma tutte le cose è da sempre
presente nell'universo ed è indistruttibile, non può essere generata e nemmeno distrutta (il concetto rimanda
alle qualità all'essere parmendieo), l'universo è un sistema chiuso, ovvero tutto ciò che l'universo contiene
non cresce e non decresce in quantità. Tale quantità costante di materiale cosmico cambia però di aspetto, e
quindi muta, perché i suoi elementi semplici e originari si disgregano e si riaggregano ogni volta in
combinazioni sempre diverse (concetto che rimanda alle qualità del divenire eracliteo).

Tutto si trasforma, quindi, ma l'oggetto (o gli oggetti) interessati da tale trasformazione sono sempre i
medesimi. I fisici pluralisti teorizzarono quindi per la prima volta quel paradigma che verrà poi adottato dalla
fisica moderna: nel principio della ricombinazione degli elementi semplici si può riscontrare l'assonanza con
la teoria atomica, mentre il concetto di permanenza dell'essere rieccheggia invece il principio termodinamico
della conservazione dell'energia.

EMPEDOCLE
(492-432 a.C.)

Per Empedocle, l'uomo è limitato nella sua conoscenza, è consapevole solamente di ciò che può percepire
con i sensi. Per andare oltre ai sensi dovrà fare ricorso alle doti dell'intelletto.

Le radici.
L'essere è eterno, non può crearsi né distruggersi (accettazione del principio parmenideo). L'apparenza della
nascita e della morte va spiegata con l'unione e la separazione delle radici che compongono le cose
(principio del divenire eracliteo). Le radici (più tardi chiamate da Platone "elementi") sono il fuoco (Zeus),
l'aria (Era), l'acqua (Nesti) e la terra (Edoneo).

La forza che unisce le radici è chiamata da Empedocle Amore; quella che le divide, Odio o Contesa. Le due
forze cosmiche, Odio e Amore, dividono e uniscono eternamente e senza sosta le radici, e quindi la materia
(che è in divenire, muta in continuazione a motivo di questa lotta).

In principio L'Amore univa tutto in uno Sfero (ritorna Parmenide): non esisteva il mondo perché tutto era
identico e indistinto (per usare le parole di Empedocle, "[lo sfero] era una divinità che gode della propria
completa solitudine", rieccheggia il concetto di apeiron). In seguito, l'Odio divise lo Sfero e creò il mondo (e
le radici) per come lo conosciamo. Il mondo è quindi un insieme di Amore e Odio, né l'uno né l'altro, ma
entrambi combinati e compenetrati (i due principi sono necessari l'uno all'altro per dare vita al mondo delle
cose distinte e molteplici, senza la loro opposizione, il mondo sarebbe rimasto eternamente indistinto).
Dunque l'Amore e la Contesa muovono e rimescolano incessantemente ogni cosa, ma non ci è dato sapere
quale è la ragione di tale movimento. Empedocle accetta dunque il principio parmenideo come descrizione di
uno stato iniziale del cosmo, dal quale il mondo muove seguendo un principio di contrapposizione tra i
contrari tipicamente eracliteo.
ANASSAGORA
(500-427 a.C.)

I semi (o omeomerie)
Anche Anassagora ritiene che ciò che è presente nel cosmo permanga in quantità costante, ma,
diversamente da Empedocle, non crede che gli elementi originari siano solo quattro. Anassagora ritiene
che tutti gli elementi del cosmo siano costituiti da semi (spèrmata) di numero infinito. Esistono i semi
della carne, della roccia, della terra, del fuoco, e di tutte le sostanze, il fatto che una sostanza sia ciò che è, è
dovuto alla presenza maggioritaria del seme di quella sostanza rispetto agli altri (la roccia è roccia perché in
essa vi sono presenti in modo maggioritario i semi della roccia). Questo significa che in ogni cosa del cosmo
sono presenti tutti i semi di tutte le cose, ma la specificità che la rende una cosa precisa è dovuta alla
maggioranza del numero di semi di quella cosa precisa (ad esempio, nella roccia sono presenti anche i semi
dell'acqua, ma la roccia è ciò che è perché in essa sono maggiori i semi della roccia). I semi saranno
chiamati più tardi da Aristotele omeomerie (parti simili). I semi non hanno un numero definito, sono presenti
nel cosmo in numero infinito, in quanto non sono entità indivisibili, ma divisibili all'infinito.

Il 'Nous'. Ma qual è la forza che permette ai semi di comporre le cose in parti diverse e dare così origine
alla molteplicità delle cose? Mentre per Empedocle tale forza erano l'Amore e la Contesa, Anassagora
chiama questa forza nous, ovvero Mente, Intelletto. Il nous è l'anima che muove ogni cosa e permette ai
semi di aggregarsi nelle cose in parti diverse secondo un ordine voluto e non casuale

DEMOCRITO
(460-360 a.C. circa)

L'atomo, ovvero l'indivisibile


Per ribattere le argomentazioni di Zenone sull'infinita divisibilità dello spazio, Democrito propose la teoria
degli atomi: La materia non è divisibile all'infinito, ma si può dividere in particelle piccolissime e
invisibili fino alle dimensioni di un atomo (in greco, àtomoi, senza divisione) e non oltre. L'atomo è
dunque quell'entità minima della materia le cui diverse combinazioni danno origine a tutte le sostanze del
cosmo.

L'atomo implica l'esistenza del vuoto entro il quale le particelle si muovono, e questo è in aperto
contrasto con il concetto di non-essere parmenideo. Gli atomi si muovono in alto e in basso, si urtano e
rimbalzano nel vuoto, intrecciandosi per andare a formare nuove sostanze. Democrito intende l'essere come
pienezza dello spazio esteso, come riempimento dello spazio, e il non-essere come vuoto, con estensione
non occupata dello spazio. Democrito afferma così che la verità è l'atomo e il vuoto, tutto il resto è
opinione. Ente e niente (atomo e vuoto) sono le sole cose che esistono, le percezioni, le sensazioni di caldo
e freddo, dolce e amaro, luce e buio, non sono la verità, ma solo l'apparenza sostenuta da una realtà di
atomi e di vuoto.

Il vuoto esiste in quanto, se lo spazio fosse pieno in tutta la sua estensione, i corpi non si potrebbero
muovere, rimanendo come imprigionati nella densità del pieno, così come le cose non potrebbero essere
divisibili in parti, perché per dividere occorre avere a disposizione lo spazio vuoto necessario per la divisione
(ad esempio, tagliando un albero occorre avere attorno abbastanza vuoto per permettere all'ascia di entrare
nel legno).

Gli atomi sono infiniti, un vortice cosmico seleziona gli atomi secondo la loro grandezza e genera i quattro
elementi: fuoco, acqua, aria e terra. Le sostanze sono combinazioni di atomi, i quali sono indivisibili e
inalterabili per la loro solidità (i seguaci di Epicuro li ritenevano incorruttibili per la loro durezza, quelli di
Leucippo per la loro piccolezza). I mondi sono infiniti, generati e corruttibili, combinazioni infinite di atomi. Il
Sole e la Luna sono composti di atomi, l'universo stesso e tutte le cose rispondono a questo principio.
Il materialismo democriteo
Se tutto è composto di atomi e di vuoto, anche l'anima è composta da atomi, quindi è materiale, come gli
dei, e come le sensazione e le emozioni. Mentre le cose materiali sono però facilmente quantificabili, le cose
spirituali, seppur materiali, possono solamente essere giudicate secondo qualità. Quindi l'essere, secondo
Democrito, può essere concepito solo in senso materialista, ovvero solo come occupazione e riempimento
continuo dello spazio.

Il vortice atomico
Prima della divisione degli elementi l'universo si presentava come un'unica mescolanza che aveva un solo
aspetto. In seguito, gli atomi più leggeri andarono verso l'alto (gli atomi dell'aria e del fuoco), gli atomi più
pesanti (della terra e dell'acqua) rimasero in basso. Da questo movimento si generò un vortice che è la
causa permanente dell'aggregazione e della disgregazione degli atomi.

La genesi della vita è la conseguenza dell'azione primigenia del vortice atomico: il caldo del fuoco solare
scaldò l'aria e cominciò a fare fermentare le paludi umide. Le paludi (analogamente alla teoria moderna del
brodo primordiale) cominciarono così a dar vita a tutte le forme animali.
Gli animali che ebbero in dote la maggioranza di atomi dell'aria divennero volatili, quelli con maggioranza di
atomi di terra divennero terricoli, quelli con maggioranza di atomi d'acqua, pesci ed anfibi. Il calore e il vento,
col tempo, scaldarono la terra a tal punto che diventò dura, così da non poter più generare alcun animale,
animali che popolarono la terra per successiva unione tra le speci.

Si può notare come il vortice atomico si sia generato per cause meccaniche autosufficienti: secondo
Democrito non vi è Amore o Contesa e nemmeno Nous, il vortice atomico, che permette la distinzione delle
cose da un'originario stato indistinto, si è generato in modo indipendente e autonomo, senza che vi sia stato
un atto intenzionale di una qualche forza o di una qualche entità.

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