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CICLO XXIV
COORDINATORE DOTTORANDO
Chiar.mo Prof. Pier Giuseppe Rossi Dott.ssa Elisa Cipriani
ANNO 2011-2012
1
RINGRAZIAMENTI
2
INDICE
Domanda di ricerca
Cosa si intende per Visual Thinking (VT)? Qual è il metodo più efficace per costruire un Visual Thinking
ovvero per rappresentare la conoscenza? Se è possibile pensare per immagini, è anche possibile
conoscere per immagini?
Introduzione
Il Visual Thinking rispecchia il bisogno naturale dell’uomo di pensare per immagini. L’uomo può
conoscere e apprendere per immagini. Il Visual Thinking è un nuovo metodo di trasmissione del sapere:
che cos’è? Come si costruisce?
Introduzione…………..........…………………………………………..………………….…pag.9
Descrizione dei contenuti e degli obiettivi della ricerca………………..………………….pag.13
Cosa si intende per Visual Thinking? A cosa serve? Quali sono gli autori che ne parlano e che credono in
questo strumento?
Introduzione…………………………...………………..…………………………….………...…….pag.16
3
Capitolo 2 - Lezioni di Visual Thinking
Introduzione………………………….……………………………………………………………….pag.52
4
Capitolo 3 - Alcune esperienze
In questo capitolo si esaminano alcuni esempi ed esperienze concrete di vari autori. Attualmente vi è
confusione su una definizione condivisa di Visual Thinking, non tutti utilizzano (o hanno utilizzato)
questo termine, ma molti lo utilizzano come strumento per i più svariati scopi, e in vari campi di
applicazione.
• Introduzione………………………………………..………………………………………pag.144
• Olaf Breidbach e Federico Vercellone: pensare per immagini tra scienza e arte…..……...pag.145
• Infografica…………………………………………………………………….…….……..pag.148
• VT PS - teorie e sperimentazioni di Dan Roam……………………………………….pag.156
• Le Regole 10-20-30 Di Guy Kawasaki………………………..………………….……….pag.164
• 4 M’s Model (David Armano)………………………………………………........………..pag.166
• Visual Thinking ed editoria……………………………………….……………………….pag.169
In questo capitolo troviamo risposta alla domanda di ricerca. Dopo una breve panoramica sugli strumenti
che possiamo utilizzare per costruire Visual Thinking, si propone il metodo per poterlo costruire.
Introduzione………………………………………………….…………………………..pag.174
Partire dal testo e dargli forma. In questo capitolo si vedrà come, sulla base del metodo individuato nel
precedente capitolo, costruire Visual Thinking. Verrà riportata la sperimentazione messa in atto per
l’aggiornamento del corso multimediale sulla Privacy, facente parte dell’offerta formativa dell’azienda
Amicucci Formazione s.a.s di Amicucci F. & C.
5
Conclusioni………………………………………………………………………………………….pag.207
Bibliografia………………………………………………………………………………………….pag.211
6
Non
avere paura
di essere semplice
7
8
INTRODUZIONE
La mente è un magnifico problema e va alla ricerca di risposte che poi le piace rimettere
in discussione. La mente è un magnifico problema e sottovaluta se stessa e le risposte
che trova. La mente è un magnifico problema, è mossa dalla curiosità infantile che da
adulta rimane tale di fronte all’immensità temporale (e non solo) che la circonda.
***
Il linguaggio testuale è ancora oggi lo strumento più potente usato dall’uomo per la
trasmissione della conoscenza. Attraverso il testo l’uomo è in grado di fermare la
parola, di imprimerla nel tempo e nello spazio con lo scopo di esprimere e di
condividere le proprie associazioni di pensiero, anche le più intuitive e sfuggevoli.
La scrittura è stata una vera e propria rivoluzione per l’evoluzione umana, e nonostante
siano passati secoli dalla sua invenzione, che ha attraversato varie forme e culture,
continua oggi ad essere il veicolo della conoscenza predominante. Il trasferimento del
sapere è passato da una trasmissione orale delle informazioni ad una trasmissione scritta
e questo permette minori interpretazioni. Il libro è ancora oggi lo strumento più
utilizzato per comunicare e trasmettere le idee lontano nel tempo e nello spazio. Il libro
permette ad ogni mittente dei messaggi di rimanere in vita oltre la propria vita e di
comunicare alle generazioni future. Il testo scritto è in grado di vedere e di comunicare
con il futuro, è in grado di influenzarlo, è in grado di connettere passato, presente e
futuro.
9
un nuovo ruolo, un nuovo significato, ma rimane comunque al centro delle pratiche di
apprendimento.
Il testo negli ultimi anni si è trasformato, dimostrandosi ancora una volta al passo con il
progresso umano. Basta pensare all’ipertesto: una nuova forma di organizzazione del
testo molto più vicina alle associazioni naturali del pensiero. Negli ultimissimi anni,
niente in confronto al periodo che va dall’invenzione del segno scritto all’invenzione
della stampa, si sta assistendo ad una nuova rivoluzione. La rete è oggi l’ambiente
principale dove avviene lo scambio, e non più la trasmissione, delle informazioni, del
sapere, della conoscenza. Con i social network le persone vivono una nuova era: i testi
scritti on line si avvicinano sempre più al modello orale, usato tutti i giorni. La velocità
richiede informazioni lampo, scambi veloci, istantanei.
Sempre più spesso accanto al testo scritto si accompagnano informazioni multimediali:
immagini e componenti audio ridiventano, come in passato, protagonisti della
comunicazione e della formazione. Il testo non si estingue, ma si trasforma, e lo fa in
maniera naturale, perché ormai è parte del nostro dna.
STATO DELL’ARTE
Un esempio se vogliamo anche banale, ma in così poco spazio, in così poco tempo, noi
siamo in grado di ricostruire uno stato d’animo più che intenso, vediamo nelle nostri
menti un’intera condizione umana, ogni piccola parola è carica di significati.
10
La formazione oggi ha bisogno di sintesi: le informazioni chiave devono essere subito
evidenziate, i testi formativi vanno organizzati in maniera tale che l’utente possa in
pochi secondi avere una visione d’insieme e allo stesso tempo sapere dove trovare
rapidamente le informazioni che cerca. Il testo deve assumere una forma in grado di
essere scomponibile, assemblabile, a seconda delle esigenze di ognuno.
Possiamo prendere ad esempio, a questo proposito, le avanguardie artistiche del primo
‘900. Con il Manifesto il testo diventa parte integrante dell’immagine: il destinatario del
messaggio è in grado di cogliere l’informazione all’istante.
11
Un esempio più recente lo abbiamo con Edward Ruscha e il word painting. Ruscha è un
artista americano esponente della pop art. Negli anni ’60, nelle sue opere, parole e frasi
diventano protagoniste del quadro:
Edward Ruscha
Il testo ha cercato di prendere altre forme non solo nel campo artistico, ma anche in altri
ambiti, che si ricollegano strettamente al modo di comunicare della rete.
12
DESCRIZIONE DEI CONTENUTI
E DEGLI OBIETTIVI DELLA RICERCA
Chi scrive deve farlo pensando alla nuova finalità: non c’è più consequenzialità, ma
associazione, frammentarietà. E questa è una caratteristica che rappresenta sempre più
le nuove pratiche dell’apprendimento, L’autore di testi formativi deve tenerne conto di
una nuova organizzazione delle informazioni e di un nuovo stile di scrittura.
La trasmissione, o meglio lo scambio, del sapere deve permettere una divulgazione delle
informazioni che:
semplifichi la ricerca
faciliti la memorizzazione dei contenuti
promuova ricerche personalizzate delle informazioni, sulla base delle esigenze
conoscitive personali e professionali di ogni individuo
Primo principio fra tutti è la sintesi fotografica: il testo può assumere diverse forme con
lo scopo di catturare l’attenzione dell’utente per facilitare il reperimento delle
informazioni e la creazione di propri percorsi formativi. A questo proposito è utile far
riferimento alle tag, parole chiave che permettono una classificazione dei contenuti in
grado di garantire ricerche veloci e flessibili. Ecco una delle possibili forme che il testo
può assumere... viene spontaneo associare queste immagini a quelle precedenti,
riguardanti le avanguardie artistiche.
13
La forma del testo in questo caso è molto chiara e veloce, ma c’è il rischio che la parola
chiave possa essere interpretata in diversi modi possibili, e che quindi l’utente non
riesca a trovare facilmente l’informazione voluta.
La ricerca sta proprio nel capire quali forme può assumere il testo, innanzitutto per
creare interfacce e-learning per l’utente semplici da utilizzare, di comprensione
immediata, e d’altra parte per cercare di creare un ambiente che realmente sia utile al
reperimento e allo scambio di informazioni.
Il VT è essenziale per poter rendere “consistenti” gli ambienti formativi. Ogni parola
deve avere un ruolo non scontato, il testo è il protagonista del percorso di
apprendimento.
L’utente potrebbe non avere altri punti di riferimento, come avviene nell’aula
tradizionale, per questo motivo il testo elettronico deve essere in grado di soddisfare le
sue esigenze. Creare un metodo applicabile, condivisibile è molto importante per poter
accompagnare l’evoluzione che la formazione sta percorrendo.
Il linguaggio testuale ha profonde potenzialità che possono esprimersi solo in maniera
consapevole per divenire efficaci, ed attuabili.
E-learning e non di e-training: questa piccola differenza testuale ci fa capire quanto
potere può avere una singola parola. Apprendimento, non formazione: l’utente è il
protagonista del proprio percorso di sviluppo.
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CAPITOLO 1
IL VISUAL THINKING:
CHE COS’È?
15
INTRODUZIONE
Vanno distinte infatti fin da subito due differenti prospettive: definisco la prima
“prospettiva percettivo – cognitiva”, la seconda come “prospettiva applicativo -
strumentale”. Il Visual Thinking, letteralmente “pensare per immagini”, nasce e si
sviluppa all’interno della prima prospettiva. Uno dei primi autori che parla di Visual
Thinking è Rudolph Arnheim1, che così intitola una delle sue maggiori opere. Il Visual
Thinking, secondo questa prima prospettiva, è il canale principale attraverso cui l’uomo
apprende. In questo senso ci si chiede quali siano i meccanismi che stanno alla base
della percezione umana, e come le informazioni della realtà vengano elaborate. Come
ragiona l’uomo? Che ruolo hanno le immagini, che ruolo ha la percezione nel processo
cognitivo? Può avere l’immagine la stessa importanza che ha il linguaggio? Mi viene da
dire che il linguaggio è in realtà, secondo me, un tentativo umano di traduzione delle
immagini. L’uomo percepisce immagini, suoni, odori etc. e li esprime e condivide
attraverso il linguaggio. Non voglio ora addentrarmi in profondità della prospettiva
percettivo- cognitiva di cui parlerò più avanti nel corso di questo capitlo. Vorrei solo
chiarire come questa si differenzia dalla seconda prospettiva applicativo – strumentale,
per forza di cose sua derivata, che è quella oggetto di questa tesi. Il Visual Thinking
visto come strumento, come una modalità universale per la trasmissione della
conoscenza. Rispetto a questa seconda prospettiva molti sono gli autori che ne parlano,
ma non esiste una teoria comune, riconosciuta, di riferimento. Per questo, e ritorno
quindi a definire quali siano gli obiettivi di questo capitolo, cercherò di raccogliere e
1
Visual Thinking, Rudolph Arnheim
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confrontare tra loro le definizioni che attualmente esistono di Visual Thinking (come
strumento e non come processo percettivo – cognitivo) per trarne una descrizione
sintetica e condivisa.
17
IL VISUAL THINKING: UNA PREMESSA TEORICA
Visual Thinking ovvero “pensare per immagini”: non solo viviamo e percepiamo la
realtà attraverso i sensi, ma è attraverso di essi, soprattutto con il senso della vista e
dell’udito, che siamo in grado di elaborare ed organizzare l’informazione; è grazie ad
essi che siamo in grado di pensare.
“Secondo gli studi condotti in psicologia, la percezione risulterebbe essere la ricezione
più o meno passiva di ciò che si presenta come realtà esterna, cui seguirebbe una
seconda fase di elaborazione attiva di quel materiale grezzo. Ma la percezione non può
essere considerata unicamente sotto quest’aspetto di registrazione meccanica
dell’esterno: essa si presenta già modellata sulle possibilità e sulle attitudini del soggetto
a individuare e selezionare ciò che di quella materia maggiormente può rappresentare
peculiarità essenziali. Il processo cognitivo, ossia la metodologia atta a realizzare la
18
conoscenza, ha luogo nel momento stesso della percezione. Percepire e pensare sono
quindi attività, come già sosteneva Goethe2, coincidenti.3
2
Goethe J. W. Von, [1810], 1971, Zur Farbenlehre, Cotta, Tubinga; ed. DTV, Monaco (trad. it. La teoria
dei colori. Lineamenti di una teoria dei colori, Il Saggiatore, Milano 1989)
3
Ave Appiano, 1993, Comunicazione visiva. Apparenza, realtà, rappresentazione. Utet Università
4
Visual Thinking, Rudolph Arnheim
19
Nessun processo di pensiero sembra esistere senza un processo percettivo. Se si parla di
Visual Perception bisogna necessariamente parlare di Visual Thinking. Tutto ciò che
impariamo subisce un processo di generalizzazione. La mente segue due processi: uno è
quello della raccolta di informazioni, l’altro è quello di elaborazione delle informazioni.
Se percezione e pensiero fossero due processi distinti la comprensione sarebbe per noi
impossibile. Per secoli invece si è “strappata” la percezione al pensiero ritenendo che i
dati “grezzi” fossero sì indispensabili ma inferiori rispetto al meccanismo di
elaborazione dell’intelletto. Si è pensato per molto tempo che la creazione di concetti,
l’accumulo di conoscenze, le connessioni, le separazioni, le implicazioni fossero le
funzioni cognitive più alte, pur dipendendo esse dalla raccolta dei dati percepiti. Anche
oggi, afferma Arnheim, c’è questa discriminazione verso la percezione. Le scienze
“vere” si basano su numeri e parole. Se la percezione è fondamentale nella primissima
età del bambino, già dalla prima elementare (e cioè nel momento in cui si dà al
linguaggio testuale il ruolo di maggiore di trasmissione del sapere) essa perde il suo
status quo educativo. L’esercizio creativo di occhi e mani non è più visto come modello
educativo alto, ma è relegato ad un ruolo minore, quasi esclusivamente ludico. La civiltà
occidentale, fin dall’antica Grecia, ha sfiducia nei sensi. I sensi appartengono al mondo
dell’irrazionalità e del disordine. La percezione visiva forse non dice il vero. È la
ragione, è il pensiero che corregge ciò che i sensi vedono e raccolgono. Democrito
sosteneva che colori, forme, sensazioni non esistono, sono solo convenzioni, perché in
realtà esistono solo gli atomi. Stesso vale per i sofisti e il loro scetticismo cosmico. La
civiltà occidentale distingue tra mondo esistente oggettivo e la percezione di esso.
L’ordine e la chiarezza appartengono alla ragione, disordine e caos ai sensi. La rigidità
di questa dicotomia appartiene ad autori più recenti rispetto ai Greci, Aristotele stesso
affermava che “L’anima non può pensare senza un’immagine”.
20
Se la percezione visiva è un processo attivo della mente, significa che attraverso le
immagini siamo in grado di dare significato e di organizzare le informazioni. Un uso
efficace di questa intelligenza percettiva è il risvolto pratico a mio avviso di questa
teoria. Saper sfruttare i vari meccanismi legati alla percezione visiva può certamente
aiutarci a definire modalità di costruzione di modelli di apprendimento efficaci. In altre
parole, l’immagine diventa lo strumento attraverso cui è possibile organizzare le
informazioni al fine dell’apprendimento. Definire un metodo di utilizzo efficace
dell’immagine ai fini dell’apprendimento è l’obiettivo di questa tesi. Qui sconfiniamo
nel terreno della prospettiva applicativo – strumentale.
Oltre Arnheim abbiamo altri autori che parlano di percezione visiva intesa non
solamente come meccanismo passivo di registrazione della realtà ma come processo
cognitivo finalizzato alla conoscenza. Troviamo validi riferimenti teorici nella
psicologia dei processi cognitivi e nelle teorie relative alle immagini mentali e alla
memoria visiva.
5
Eliano Pessa, M. Pietronilla Penna, La rappresentazione della conoscenza. introduzione alla psicologia
dei processi cognitivi
21
Riporto qui uno schema che sintetizza le teorie appartenenti alla psicologia della
percezione6:
6
Eliano Pessa, M. Pietronilla Penna, La rappresentazione della conoscenza. introduzione alla psicologia
dei processi cognitivi
7
Sperling (1960)
22
L’informazione percepita deve poter essere contenuta in questi registri, conservata cioè
un tempo sufficiente all’elaborazione. Tramite alcuni esperimenti, Sperling postula
l’esistenza di questi registri per spiegare che l’informazione proveniente in ingresso
viene conservata per un periodo sufficiente necessario ad eseguire su essa ulteriori
elaborazioni.
“Ognuno ha un magazzino di immagini che fanno parte del proprio mondo, magazzino
che si è venuto formando durante tutta la vita dell’individuo e che l’individuo ha
accumulato; immagini consce e inconsce, immagini lontane della prima infanzia e
immagini vicine e, assieme alle immagini, strettamente legate ad esse, le emozioni. È
con questo blocco personale che avviene il contatto, è in questo blocco di immagini e
sensazioni soggettive che occorre cercare quelle oggettive, le immagini comuni a molti.8
8
Bruno Munari, Design e comunicazione visiva. Contributo ad una metodologia didattica. Edizioni
Laterza, 1993
23
La mente può rivedere con l’occhio della mente immagini che non sono più sotto i
nostri occhi. Con l’immaginazione siamo in grado di ritrovare la sensazione della
percezione, anche se l’oggetto percepito non c’è più. Vari studi dimostrano che le parti
del cervello che impegniamo nel processo di percezione e nell’elaborazione delle
immagini mentali sono le stesse9.
L’immagine mentale è una specie di modello della cosa che rappresenta. Le immagini,
insieme alle parole, rappresentano una costellazione di simboli creati dall’uomo per
comunicare. Figure e parole possono veicolare le stesse informazioni. Ma mentre una
figura rassomiglia all’oggetto che rappresenta e ha delle relazioni non arbitrarie con
esso, la parola non ha alcuna somiglianza con il contenuto che rappresenta.
L’immagine rappresenta, la parola descrive.
9
Cesare Cornoldi, Rossana De Beni
24
Le immagini mentali sono quindi fotografie della nostra mente (immaginisti) oppure
sono descrizioni astratte (proposizionalisti)?10
A sostegno dei primi c’è il fatto oggettivo che è molto più facile ricordare
un’informazione visiva rispetto ad una informazione verbale.
A favore di questa evidenza sono stati fatti alcuni esperimenti negli anni ’60 del XX
secolo. Uno dei più noti è l’esperimento di Shepard.
Nell’esperimento, Shepard faceva vedere ad ogni individuo intervistato 600 foto.
Successivamente ad uno stesso soggetto sottoponeva una nuova sequenza di foto,
alcune appartenenti alla sequenza precedenza già vista, altre totalmente nuove. Il
soggetto doveva riconoscere quali fotografie appartenevano alla prima sequenza, quali
aveva già visto. Ebbene il valore medio di errore si attestava a fine esperimento solo
all’1,5%!
Lo stesso esperimento riproposto con delle frasi anziché con delle immagini dava un
valore medio di errore uguale all’11,5%.
Un altro noto esperimento è quello di Standing (1973), in cui i soggetti riuscivano a
ricordare ben il 73% delle immagini che avevano già visto … ovvero 10.000 immagini!
Altri esperimenti tuttavia dimostrano che la memoria è molto più scadente se si tratta di
ricordare i dettagli delle immagini. Ad esempio nell’esperimento del 1979, Nickerson e
Adams constatarono un valore medio di errore molto alto quando chiesero agli
intervistati di riconoscere tra vari disegni quello contenuto nella moneta da 1 cent.
Nella teoria del doppio codice, elaborata negli anni ’70, Paivio afferma che il
comportamento è mediato da due sistemi di memoria a lungo termine: uno verbale e
l’altro immaginativo, il primo sequenziale (formato da “logogens”), il secondo
sincronico (formato da “imagens”). Secondo la teoria i due sistemi sono indipendenti
ma interconnessi tra loro. Indipendenti perché ognuno dei due sistemi può lavorare
autonomamente.
10
Cesare Cornoldi, Rossana De Beni
25
Un “item” può essere infatti ricordato se il soggetto:
Ne ricorda il nome
Ne ricorda l’immagine
Ne ricorda il nome e l’immagine
Sono interconnessi perché ogni informazione relativa ad un item può essere tradotta
anche da un codice all’altro. Ad esempio ad ogni parola, in genere, noi associamo
un’immagine. Il sistema immaginativo è comunque superiore infatti:
L’interconnessione non è sempre possibile, pensiamo ad esempio alle parole
astratte, queste non possono essere tradotte in immagini. La traduzione invece da
immagine a parola sembra essere sempre possibile
Si ricordano di più le parole concrete che quelle astratte
Le figure, siano esse astratte che concrete, si ricordano meglio
C’è quindi una netta superiorità, in termini di memoria a lungo termine, del sistema
immaginativo. Tendiamo a ricordare più le immagini (soprattutto quelle concrete)
rispetto alle parole. Questo significa che se vogliamo utilizzare il Visual Thinking come
strumento dovremo prediligere le immagini di oggetti concreti alle parole, se vogliamo
che questi vengano ricordati nel lungo periodo.
La teoria del doppio codice ci suggerisce inoltre che è possibile trasmettere una stessa
informazione attraverso due codici simbolici indipendenti. Alcuni studi evidenziano che
gli stimoli soggetti ad una doppia codifica sono ricordati più facilmente perché la
probabilmente per cui almeno uno dei codici torni alla mente è maggiore. Va tenuto in
considerazione tuttavia che l’immagine è più potente rispetto al codice verbale.
Per cui, quando possibile, dovremmo cercare, nella costruzione di un Visual Thinking,
di:
Prediligere le immagini alle parole (dove possibile)
Utilizzare i due codici per rafforzare la trasmissione del messaggio
26
A sostegno del secondo punto, è il fatto che concetti astratti difficilmente possono
essere tradotti in immagini. Questa è la forza del codice verbale rispetto all’immagine.
Per cui la parola deve essere utilizzata in tutti quei casi dove non è possibile tradurla con
le immagini e dove, inoltre, l’immagine possa trasmettere informazioni ambigue e dare
adito quindi a interpretazioni diverse a seconda dei soggetti destinatari.
A
A
1 2
27
lo scanning. Perlustro una figura da un punto ad un altro. Quanto tempo
impieghiamo?11 Gli studi dimostrano che il tempo di reazione riflette la distanza
spaziale tra gli oggetti, per cui se B è più lontano da A impiego più tempo a
ripercorrere il tragitto:
TRAGITTO 1:
TRAGITTO 2:
11
La cronometria mentale ovvero la misurazione del tempo necessario ad un soggetto per un compito di
immaginazione è il metodo più utilizzato per lo studio relativo alle immagini mentali, a come queste
vengono elaborate, quali sono le loro caratteristiche, qual è il loro funzionamento.
28
Quando immaginiamo cosa succede? Dove vengono formate, mantenute e trasformate
le immagini mentali? La teoria computazionale di Kosslyn cerca di rispondere proprio a
questo. Ecco uno schema che sintetizza il processo:
29
Come vengono formate, mantenute, trasformate le immagini mentali? Attraverso i
meccanismi della memoria visiva a lungo termine. Kosslyn individua tre processi
fondamentali attraverso cui siamo in grado di formare, mantenere e trasformare le
immagini mentali:
1. ispezione: esaminiamo il buffer e riconosciamo oggetti e configurazioni
preesistenti
2. generazione: generiamo le immagini mentali all’interno del buffer
3. trasformazione: modifichiamo le immagini formatesi all’interno del buffer
30
più a lungo nel registro sensoriale / buffer dell’individuo e verranno quindi
ricordate per un periodo maggiore rispetto a configurazioni risultanti da una
registrazione passiva delle informazioni (visive o verbali)
Nel primo caso vedrò il codice una prima volta e cercherò di memorizzarlo:
3752
Fissiamo il codice per alcuni secondi, copriamo il foglio e poi cerchiamo di ripeterlo a
voce alta. Fra qualche minuto con molta probabilità lo ricorderemo, ma fra qualche ora
sarà più difficile.
Ora cerchiamo di trovare il secondo numero del codice. Immagina di eliminare la linea
4 e di spostare la linea 3 perpendicolarmente alla linea 2.
31
Otterrai il numero 7:
Per trovare il terzo numero, porta la linea 3 in basso in modo che il suo vertice sinistro
“tocchi” il vertice basso della linea 2. Fai scorrere la linea 1 fino a che il suo vertice
sinistro non combaci il con vertice alto della linea 2. Ora fai una copia della linea 2, e
fai si che il suo vertice alto corrisponda al vertice destro della linea 3. Riprendi infine la
linea 4 che avevi eliminato e fai si che il suo vertice destro combaci con il vertice basso
della linea 2b. Avrai ottenuto il numero 5.
Ora costruiamo l’ultimo numero del codice. Riporta la linea 1 dove era prima ed elimina
la linea 2b e la linea 4. Otterrai il numero 2.
32
Il codice che ottieni è 3752. Probabilmente ricorderai con più facilità il meccanismo che
ti ha portato al numero 7 e al numero 2, ricorderai meno il processo che ti ha portato a
costruire il numero 5. Questo perché il nostro cervello per ottenere il numero 5 ha
dovuto effettuare più elaborazioni, ha impiegato più tempo. Per migliorare questa
tecnica dovrei trovare spostamenti ancora più semplici, cercando di ottenere i 4 numeri
con il numero minore di spostamenti possibile. Ora prova a ripercorrere i vari passaggi.
Ti accorgerai che:
dal numero 3 al numero 5 il passaggio è semplice, veloce
dal numero 7 al numero 5 fai fatica a ricostruire tutti gli spostamenti ma dopo
“poche mosse” ricordi che il numero che devi ottenere è il numero 5
dal numero 5 al numero 2 il passaggio è nuovamente semplice
Prova ad immaginare nuovamente il processo fra qualche ora, vedrai che ricorderai il
codice facilmente. Perché? Perché non hai registrato passivamente l’informazione, ma
l’hai costruita attraverso l’immaginazione. Le informazioni sono rimaste per un tempo
più lungo nel tuo registro sensoriale / buffer.
Abbiamo visto come informazione visiva e informazione verbale, ognuna con le proprie
caratteristiche, sono protagoniste del nostro processo di apprendimento. Il nostro è
quindi un apprendimento multimediale, perché necessita di entrambi i sistemi. Oltre alle
precedenti teorie, vi sono altre teorie, vicine soprattutto a quella di Paivio, che cercano
di illustrare i meccanismi della nostra percezione ai fini dell’apprendimento e della
memorizzazione. Ecco le principali.
33
Nel comprendere un testo, accade per prima cosa che il cervello elabori una
rappresentazione mentale della struttura superficiale del testo. In secondo luogo vi è
una rappresentazione proposizionale del contenuto semantico, infine elaboriamo un
modello mentale dell’argomento. Questi processi sono guidati sia dalle informazioni
sensoriali che percepiamo sia dalle conoscenze preesistenti.
Nel comprendere una figura, invece, in primo luogo la percepiamo, poi elaboriamo una
rappresentazione mentale visiva, in seguito effettuiamo una elaborazione semantica
(diamo un significato all’immagine), infine ne costruiamo un modello mentale.
34
Il concetto di elaborazione attiva di Mayer (2001)
Il processo di apprendimento richiede una partecipazione attiva del soggetto:
1. selezione delle informazioni
2. organizzazione delle informazioni in una rappresentazione mentale (creo
relazioni tra parole e figure)
3. integrazione delle informazioni con la conoscenza pregressa
35
Principio della ridondanza. Se l’informazione è presentata in troppi formati
l’apprendimento non è efficace
Principio della personalizzazione. La spiegazione deve essere rivolta al soggetto,
non deve essere impersonale (ad esempio l’uso del “tu” è più efficace)
12
Ave Appiano, 1993, Comunicazione visiva. Apparenza, realtà, rappresentazione. Utet Università
36
LA PROSPETTIVA APPLICATIVO-STRUMENTALE
13
Lo stimolo distale è un oggetto presente fisicamente, è quello che noi percepiamo. Differisce dallo
stimolo prossimale che è invece quello stimolo da cui noi dobbiamo ricavare informazioni per arrivare
allo stimolo distale.
37
Secondo Rudolph Anheim quando si parla di percezione visiva (Visual Perception)
bisogna necessariamente parlare di pensiero per immagini (Visual Thinking) ovvero
nessun processo di pensiero sembra esistere senza un processo percettivo. La mente
segue due processi: uno è quello della raccolta di informazioni, l’altro è quello di
elaborazione delle informazioni. Se percezione e pensiero fossero due processi distinti
la comprensione sarebbe per noi impossibile. Questo significa che attraverso le
immagini siamo in grado di dare significato e di organizzare le informazioni.
L’immagine diventa lo strumento attraverso cui è possibile organizzare le informazioni
al fine dell’apprendimento.
Studi relativi alla psicologia della percezione affermano che affinché sia possibile
l’apprendimento e quindi l’elaborazione delle informazioni percepite, è necessario
postulare l’esistenza dei cosiddetti “registri sensoriali”: l’informazione percepita deve
poter essere contenuta in questi registri, conservata cioè un tempo sufficiente
all’elaborazione. Queste informazioni non vengono ritenute esclusivamente nei registri
sensoriali, vengono poi immagazzinate (memoria). Per elaborare e utilizzare la
conoscenza è infatti necessario un sistema in grado di immagazzinare le informazioni e
38
in grado di richiamarle al momento opportuno. L’immagazzinamento delle informazioni
avviene per lo più attraverso immagini mentali ovvero rappresentazioni interne al nostro
organismo che riflettono la strutturazione spaziale.
La mente può rivedere con l’occhio della mente immagini che non sono più sotto i
nostri occhi. Con l’immaginazione siamo in grado di ritrovare la sensazione della
percezione, anche se l’oggetto percepito non c’è più.
Sussiste poi il fatto oggettivo, dimostrato da alcuni esperimenti, che è molto più facile
ricordare un’informazione visiva rispetto ad una informazione verbale.
39
Ecco le conclusioni:
l’immagine è superiore alla parola
l’immagine rappresenta, la parola descrive. Entrambe possono farlo anche in
assenza dello stimolo distale, grazie alla memoria. Grazie a parola e immagine
siamo in grado di comunicare e “ricreare”, anche nei destinatari del messaggio,
l’immagine originaria. L’immaginazione ci permette di ritrovare la sensazione
della percezione e di comunicare con gli altri
40
Ecco invece i risvolti pratici derivanti dalla teoria del doppio codice di Paivio.
Codice verbale e codice immaginativo sono i due sistemi di memoria a lungo termine:
ci permettono di comprendere e di ricordare. Sono interconnessi tra loro, perché è
possibile tradurre le stesse informazioni da un codice all’altro. Alcuni studi evidenziano
che gli stimoli soggetti ad una doppia codifica sono ricordati più facilmente perché la
probabilmente per cui almeno uno dei codici torni alla mente è maggiore.
Queste i principali risvolti pratici:
prediligere le immagini alle parole (dove possibile)
utilizzare i due codici per rafforzare la trasmissione del messaggio (ricordo /
comprensione)
41
Ecco infine la sintesi delle linee guida ricavate a partire dalla teoria computazionale di
Kosslyn.
42
In sintesi, ecco le linee guida pratiche derivanti dalle teorie percettivo-cognitive.
43
VISUAL THINKING: CHE COS’È E A
COSA SERVE
Dopo questa prima premessa teorica sulle teorie della percezione e dei processi
cognitivi, e prima di procedere con il metodo di costruzione di un VT, è fondamentale
dare una definizione di Visual Thinking. Ora abbiamo tutti gli elementi per poter dare
una definizione.
DEFINIZIONE DI VT
Riporto qui alcune definizioni di Visual Thinking già date da diversi autori:
“In fact – as we all know – visual thinking isn’t “new” at all. It’s our oldest problem-
solving toolkit of all, predating verbal communications in the evolutionary chain by
eons, and living us as Kindergartners the ability to explore and explain our ideas long
before we could read and write.”14
Dan Roam
14
D. Roam, “The Back of the Napkin. Solver problems and selling ideas with pictures”, London, Penguin Book, 2008.
44
“Come ben sappiamo, il visual thinking non è nuovo all’uomo. È il nostro più antico
strumento di problem solving, precede la comunicazione verbale nella catena evolutiva
e ci permette di vivere come bambini la capacità di esplorare e di spiegare le nostre
idee, e prima ancora che esse possano essere lette o scritte.”
Il Visual Thinking sfrutta la nostra innata capacità di vedere, sia con gli occhi che con
gli occhi della mente, e ha lo scopo di scoprire idee altrimenti invisibili, svilupparle
velocemente ed intuitivamente, e condividerle con gli altri.
“Un approccio per capire, creare, comunicare. Una collezione di metodi e concetti
basati sulla visualizzazione:
linee guida sulla visualizzazione delle informazioni
mappe mentali
rappresentazioni visuali in sequenza (film, fumetti)
visualizzazione”
“Graphicacy: termine introdotto alla fine degli anni ’60 da due cartografi per descrivere
le competenze intellettuali necessarie per comunicare relazioni che non possono essere
comunicate solo tramite la parola o espressioni matematiche, il che implica la
competenza di comunicare visivamente.”
Michael Twyman
45
Ed ancora:
“Le analisi recenti dei diversi tipi di rappresentazione e di immagine, che sono state
condotte dai diversi ambiti disciplinari, hanno messo in luce l'aspetto selettivo della
rappresentazione e i suoi connotati conoscitivi concettuali, emotivi per i quali
l'immagine non è il doppio o il calco dei reale, ma un processo cognitivo, e cioè una
costruzione, che crea una propria realtà o ci informa delle relazioni che intratteniamo
col reale, ed è pertanto un produttore di significazione. Si tratta, dice G. Anceschi, “di
un caso di autocomunicazione” o anche “di una sorta di fertile simulazione”. “L'io
informatore si maschera da oggetto informatore. O piuttosto estroflette una parte di sé e
instaura con lei un dialogo”.
[…]
Noi siamo degli analfabeti dell'immagine. Anche se l'immagine deborda nella nostra
vita di tutti i giorni e in tutti i suoi aspetti e il nostro mondo è sempre e sempre più
popolato di immagini, sempre più iconico, pittografico e mitografico, permane nella
nostra cultura una sorta di pregiudizio e di abitudine logocentrica, che continua a
privilegiare il linguaggio verbale e la scrittura, rendendoci ciechi o poco consapevoli di
fronte all'immagine. Di fronte all'immagine o rappresentazione vale un realismo
ingenuo, che collega direttamente l'immagine a eventi, processi, oggetti.”
Eleonora Fiorani
46
VANTAGGI E AMBITI DI APPLICAZIONE
Nelle pagine precedenti sono già emersi tra le righe alcuni vantaggi relativi all’uso del
VT, cerchiamo di sintetizzarli e soprattutto di capire perché e quando usare il VT come
strumento di apprendimento e di trasmissione della conoscenza.
1. Perché è facile!
da codificare e decodificare: è una capacità umana naturale, antecedente in
termini evolutivi alla capacità linguistica.
2. Perché è universale
l’immagine va al di là delle differenze linguistiche, è decodificata nel mondo
con lo stesso significato (salvo eccezioni culturali).
4. Perché è efficace
semplifica la comprensione e aiuta a memorizzare i contenuti nel lungo periodo.
5. Perché è veloce
Basta un’occhiata per “inquadrare” l’argomento, tutto è portata di … vista.
47
6. Perché è versatile
Può essere codificato e fruito sia in formato sia analogico che digitale. Può
viaggiare su diversi canali di comunicazione sfruttando i vantaggi di ognuno.
48
49
50
CAPITOLO 2
LEZIONI DI
VISUAL THINKING
51
INTRODUZIONE
Come prima cosa, prenderemo in esame le “Lezioni americane” di Italo Calvino che ci
faranno da premessa e che sono oggi, a distanza di 30 anni dalla loro stesura, un valido
strumento da tenere sempre a mente quando si intraprende un viaggio attraverso
l’avvincente seppur caotica … giungla della comunicazione.
Passeremo poi in rassegna alcune teorie della percezione, in particolare la Gestalt e le
sue leggi per andare poi ad esplorare le principali tecniche di memorizzazione al fine di
trarne utili consigli da tener presenti durante la costruzione dei VT.
Infine prenderemo in esame le teorie e pratiche più recenti a partire dalle mappe mentali
di Tony Buzan, i consigli del buon scrivere di Antonio Lucchini, i principi base
dell’infografica, disciplina che si occupa dell’organizzazione delle informazioni in
forma grafica, le linee guida di Dan Roam sul Visual Thinking e ancora tanti utili
consigli ed esempi dal web e dalla carta stampata.
Al termine del capitolo avremo così una panoramica completa su tutto ciò che riguarda
il Visual Thinking e su come si costruisce. Trarremo quindi da ogni teoria delle regole
pratiche che andranno a costituire il metodo più efficace per creare VT.
52
LE LEZIONI DI ITALO CALVINO
Leggerezza
Rapidità
Esattezza
Visibilità
Molteplicità
Cominciare e finire
Calvino riassume il ben scrivere in queste semplici regole. Ogni regola è descritta con
esempi, citazioni, e i suoi testi si rivelano, capitolo dopo capitolo, testimoni della sue
teorie.
Dalla sintesi di ogni proposta cercherò di trarre una regola (o più di una) da applicare
nella trasposizione del testo scritto in Visual Thinking.
53
LEGGEREZZA
Accezione 1
Un alleggerimento del linguaggio per cui i significati vengono convogliati su un tessuto
verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza […]
Emily Dickinson
54
descritti per primi, così quando l’autrice dice “ed io sono una rosa!” noi ci sentiamo una
rosa in mezzo ad un giardino ampiamente descritto in soli 5 versi. Ogni termine si
aggiunge agli altri senza esserne cancellato.
Accezione 2
La narrazione d’un ragionamento o d’un processo psicologico in cui agiscono elementi
sottili e impercettibili, o qualunque descrizione che comporti un alto grado d’astrazione.
It was as if these depths, constantly bridge dover by a structure that was firm enough in spite of
its lightness and its occasional oscillation in the somewhat vertiginous air, invited on occasion,
in the interest of their nerves, a dropping of the plummet and a measurement of the abyss. A
difference had been made moreover, once for all, by the fact that she had, all the while, not
appeared to feel the need of rebutting hos charge of an idea within her that she didn’t dare to
express, uttered just before one of the fullest of their later discussion ended.
Queste profondità, costantemente unite da un ponte abbastanza solido malgrado la sua levità e
le sue occasionali oscillazioni nell’aria alquanto vertiginosa, richiedevano ogni tanto,
nell’interesse dei loro nervi, la calata dello scandaglio e la misurazione dell’abisso. Una
differenza, inoltre, era stata creata una volta per sempre dal fatto che May, durante tutto il
tempo, non parve sentire la necessità di respingere l’accusa di celare un’idea, che non osava
esprimere, accusa che Marcher le mosse proprio alla fine di una delle loro ultime discussioni.
Accezione 3
Un’immagine figurale di leggerezza che assume un valore emblematico.
Ma tanto s'era egli fitto in capo che fossero giganti, che non udiva più le parole di Sancio, né per
avvicinarsi arrivava a discernere che cosa fossero realmente; anzi gridava a gran voce: «Non fuggite,
codarde e vili creature, che un solo è il cavaliere che viene con voi a battaglia.» In questo levossi un po'
di vento per cui le grandi pale delle ruote cominciarono a moversi; don Chisciotte soggiunse: «Potreste
agitar più braccia del gigante Briareo, che me l'avete pur da pagare.» Ciò detto, e raccomandandosi di
tutto cuore alla Dulcinea sua signora affinché lo assistesse in quello scontro, ben coperto colla rotella, e
55
posta la lancia in resta, galoppando quanto poteva, investì il primo mulino in cui si incontrò e diede della
lancia in una pala.
Il vento in quel mentre la rivoltò con sì gran furia che ridusse in pezzi la lancia, e si tirò dietro impigliati
cavallo e cavaliere, il quale andò a rotolare buon tratto per la campagna.
Anche qui l’immagine del mulino e del vento che lo muove si accostano rispettivamente
all’ingenuità e alla forza del cavaliere.
RAPIDITÀ
Calvino termina il capitolo sulla “rapidità” con una storia cinese che ben “fotografa” il
concetto:
Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d’un granchio.
Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo
cinque anni il disegno non era ancora cominciato. “Ho bisogno di altri cinque anni” disse Chuang-Tzu.
Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo
gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto.
56
prima energie, pensiero e strategie quanto più possibile. Più grande è il ragionamento
alla base della perfezione, più la cosa perfetta è solida e inattaccabile.
Io paragono la vita umana ad un vasto palazzo dalle molte stanze, delle quali solamente due posso
descrivere, rimanendo le porte delle altre a me chiuse - La prima di cui varchiamo la soglia la
chiamiamo la camera dei bambini, o la camera senza pensieri, in cui noi rimaniamo fino a che non
pensiamo - Ci rimaniamo un lungo tratto, e nonostante la porta della seconda camera rimanga aperta
mostrando un aspetto luminoso, non ci interessa affrettarci verso di essa; ma vi siamo impercettibilmente
spinti una buona volta dal risvegliarsi del principio di pensiero - dentro di noi. Non appena entriamo
nella seconda stanza, che chiamerò la stanza dei pensieri vergini, siamo pervasi dalla luce e
dall'atmosfera, non vediamo nient'altro che piacevoli meraviglie, e pensiamo di attardarci lì per sempre
estasiati.
Non ebbi una disputa, ma una disquisizione con Dilke su vari soggetti; parecchie cose si sono biforcate
nella mia mente e all'improvviso compresi quali qualità vadano a formare un Uomo di Successo,
particolarmente in letteratura, e che Shakespeare le possedette così largamente - intendo la "Capacità
Negativa", cioè quando un uomo sia capace di rimanere in incertezze, Misteri, dubbi senza alcun
irritante raggiungimento a seguito di fatti e raziocinio.
Questa teoria può tradursi in ogni nostra attività. Anche nella costruzione di un Visual
Thinking è importante prima di tutto ragionare sulle informazioni a disposizione, sulla
struttura, sugli obiettivi, su cosa si vuole trasmettere, su cosa si vuole far ricordare. Si
deve dedicare molto tempo alle ipotesi. Da queste affiorerà in un solo momento
15
Architetti di apprendimento
57
l’immagine rappresentativa finale, carica e densa di significato, eppur percepibile in un
istante.
ESATTEZZA
[…]
Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la
caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza
conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più
generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni
scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.
[…]
Vorrei aggiungere che non è soltanto il linguaggio che mi sembra colpito da questa peste. Anche le
immagini, per esempio. Viviamo sotto una pioggia ininterrotta di immagini; i più potenti media non
fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di
specchi: immagini che in gran parte sono prive della necessità interna che dovrebbe caratterizzare ogni
immagine, come forma e come significato, come forza d’imporsi all’attenzione, come ricchezza di
significati possibili. Gran parte di questa nuvola d’immagini si dissolve immediatamente come i sogni
che non lasciano traccia nella memoria […]
58
Esattezza dunque significa precisione, sintesi, immagine, colpo d’occhio, né più né
meno.
VISIBILITÀ
Possiamo distinguere due tipi di processi immaginativi: quello che parte dalla parola e arriva
all’immagine visiva e quello che parte dall’immagine visiva e arriva all’espressione verbale.
[…]
Questo “cinema mentale” è sempre in funzione in tutti noi e non cessa mai di proiettare immagini alla
nostra vista interiore.
[…]
Quando ho cominciato a scrivere storie fantastiche non mi ponevo ancora problemi teorici; l’unica cosa
di cui ero sicuro era che all’origine d’ogni mio racconto c’era un’immagine visuale. Per esempio, una di
queste immagini è stata un uomo tagliato in due metà che continuano a vivere indipendentemente; un
altro esempio poteva essere il ragazzo ce s’arrampica su un albero e poi passa da un albero all’altro
senza più scendere in terra, un’altra ancora un’armatura vuota che si muove e parla come ci fosse dentro
qualcuno.
Dunque nell’ideazione d’un racconto la prima cosa che mi viene alla mente è un’immagine che per
qualche ragione mi si presenta come carica di significato, anche se no saprei formulare questo
significato in termini discorsivi o concettuali. Appena l’immagine è diventata abbastanza netta nella mia
mente, mi metto a svilupparla in una storia, o meglio, sono le immagini stesse che sviluppano le loro
potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé. Attorno a ogni immagine ne nascono
delle altre, si forma un campo di analogie, di simmetrie, di contrapposizioni.
59
nostra fonte di conoscenza. Non è possibile spiegarla né condividere l’esperienza di
percezione con gli altri … se non attraverso il linguaggio. Ed ecco che parola e
immagine si completano affinché una possa essere il complemento dell’altra.
L’immagine arriva subito, non ha bisogno di spiegazione, ma d’altra parte può essere
portatrice di più significati che si livellano sull’esperienza e sulle caratteristiche
percettive dell’uomo. Per questo l’immagine ha bisogno della parola, per poter essere
educata e diventare significante secondo le intenzioni di chi la manda, secondo il volere
del mittente del missaggio.
La parola ha bisogno di parole, un termine dietro l’altro, ogni sillaba scorre a comporre
un flusso armonioso e sensato. Le parole sono precise e il significato si costruisce lettera
dopo lettera, fino a quando il punto finale della frase completa e dona significato alla
lettura. Alla parola manca dunque l’istante, il colpo d’occhio, ed è per questo che
interviene l’immagine. L’immagine interviene comunque nel pensiero di chi legge, ma
se il mittente stesso sceglie e accompagna al testo l’immagine più adatta, il suo
messaggio sarà esatto e senza interpretazione. Questo lo scopo di un testo formativo,
altro discorso naturalmente vale per il testo letterario in cui l’interpretazione è a mio
avviso l’essenza stessa dello scrivere.
MOLTEPLICITÀ
[…] chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture,
d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario
di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.
60
Molteplicità è la lezione da cui si capisce che il MULTIMEDIA vince. È utile sommare
tra loro i vantaggi che ogni media comunicativo presenta per poter sfruttare al massimo
le potenzialità arricchendo ogni media con le caratteristiche dell’altro. Questo non
significa solo parola + immagine ma comprende anche altri canali comunicativi come
ad esempio il sonoro, il tatto etc. Il risultato sarà più della somma dei singoli vantaggi.
COMINCIARE E FINIRE
[…] Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra diposizione il
mondo – quello che per ognuno di noi costituisce il mondo, una somma di informazioni, di esperienze, di
valori – il mondo dato in blocco, senza un prima né un poi, il mondo come memoria individuale e come
potenzialità implicita; e noi vogliamo estrarre da questo mondo un discorso, un racconto, un sentimento.
O forse più esattamente vogliamo compiere un’operazione che ci permetta di situarci in questo mondo.
Abbiamo a disposizione tutti i linguaggi. Quelli elaborati dalla letteratura, gli stili in cui si sono espressi
civiltà e individui nei cari secoli e paesi, e anche i linguaggi elaborati dalle discipline più varie,
finalizzati a raggiungere le più varie forme di conoscenza: e noi vogliamo estrarne il linguaggio adatto a
dire ciò che vogliamo dire, il linguaggio che è ciò che vogliamo dire. […]
61
Abbiamo bisogno dunque di “estrarre il significato”, di sintetizzare, di mostrare ciò che
vogliamo mostrare. E questo racchiude un po’ tutte le lezioni precedenti. Quello di cui
abbiamo bisogno è la sintesi.
62
LA REGIA
63
LA GESTALT, OLTRE L’ILLUSIONE
OTTICA
VEDERE E PENSARE
“[…] Questo processo globale, che partendo dall’input sensoriale porta al mondo fenomenico coerente e
significativo nel quale posso agire con sicurezza in modo adattato, può essere chiamato, ed è stato
chiamato, “percezione”. Si vuole così evitare di compiere una separazione troppo netta tra vedere e
pensare, in quanto non è agevole distinguere in questo processo dove finisce il versante sensoriale e dove
iniziano le operazioni che più propriamente possono chiamarsi intellettive.” 16
Pensare e vedere sono quindi due processi mentali similari che ci permettono di
conoscere il mondo.
D’altra parte è necessario non cadere nel “realismo ingenuo” ovvero nel credere che ciò
che percepiamo è ciò che realmente è.
Kanizsa propone numerosi esempi per cercare di capire, di “fotografare” quale tipo di
elaborazioni sono alla base del pensare e del vedere.
16
Gaetano Kanizsa, Grammatica del vedere, Saggi su percezione e Gestalt
64
Ad esempio, in entrambi casi, è possibile andare oltre l’informazione data, andare oltre
il dato percepito:
Nel primo caso, vado oltre l’informazione data attraverso il vedere. Come dato ho solo
delle figure nere su fondo bianco, ma percepisco (vedo) una “B”. Attribuisco allo spazio
bianco un significato che nella realtà non ha.
Nel secondo caso, invece, vado oltre l’informazione data attraverso il pensiero. Anche
qui, come dato esperienziale ho solo delle figure nere su fondo bianco e un linea nera
che elaboriamo come il perimetro di un rettangolo verticale. Tuttavia anche in questa
figura percepisco (penso a ) una “B”.
Anche se il risultato percepito è identico, in questa seconda figura interviene il pensiero,
che mi fa immagine una “B” nascosta dietro la sagoma del rettangolo bianco.
65
Eppure, in un altro esempio, Kanizsa mostra come, anche con il “vedere”, sia possibile
ad arrivare alle stesse conclusioni del pensare. Nella figura seguente, riesco a percepire
che il punto non è al centro del quadrato, e so farlo senza prendere le misure.
(triangolo impossibile)
66
E d’altra parte, il “pensare” è in grado di farci percepire cose impossibili da “vedere”.
Tutti questi esempi ci servono, nell’ambito di questa tesi che non vuole andare nel
dettaglio di tali teorie spesso controverse tra loro, per capire come il “vedere” sia
importante, come sia simile per meccanismo cognitivo al “pensare”. E questa
importanza è sottolineata anche da altri autori, primo fra tutti R. Arnheim, che nella sua
opera sul “Visual Thinking”, cerca di ridare fiducia ai sensi per cui afferma che “nessun
processo di pensiero sembra esistere senza un processo percettivo”. Anche per Arnheim
dunque percezione e pensiero, che in genere vengono studiati separatamente,
interagiscono nella pratica: i nostri pensieri influenzano ciò che vediamo e viceversa.
Su questo tema le teorie sono controverse tra loro. Ad esempio Kanizsa scrive:
“Di fronte a questo atteggiamento dicotomizzatore si sono avuti tentativi opposti, tendenti a eliminare o a
minimizzare la drastica distinzione tra percezione e pensiero, mediante la dimostrazione che, almeno in
via di principio, il loro funzionamento è analogo. Si può ad esempio con Piaget, vedere nella percezione
la matrice del pensiero, nel senso che l’attività percettiva sarebbe un fase primordiale dell’attività di
pensiero. Oppure si può affermare, come fa Arnheim, che nell’atto del vedere sono impliciti tutti i
67
procedimenti tipici del pensiero, come la comprensione di relazioni, le inferenze, la formazioni di
concetti. E così per Helmholtz e per i neo-helmholtziani odierni, le percezioni possono venir considerati
come il risultato di un’attività di pensiero, in particolare di processi inferenziali o di giudizi inconsci.”
Tutte queste teorie (in questa sede) servono più che altro - al di là delle differenze,
dell’importanza, dei meccanismi propri del “vedere” o del “pensare”, e a prescindere del
prevalere dell’uno sull’altro processo - a capire come la visualizzazione sia centrale ai
fini della conoscenza e dell’apprendimento. Facilitare il “vedere” e il “pensare” è
possibile intervenendo sui dati, sugli stimoli prossimali. Ed ecco come le leggi della
Gestalt possano aiutarci a elaborare regole pratiche da applicare nella costruzione dei
testi formativi per l’apprendimento.
L’articolazione figura-sfondo
Come far emergere la figura dallo sfondo? Quali sono le condizioni che ne determinano
tale ruolo? Nel Vitual Thinking è importante capire tale distinzione perché dovremo
esser capaci di dare il ruolo di figura a ciò che vogliamo sia percepito come importante
e dovremo quindi evitare che le informazioni e i concetti più importanti passino in
secondo piano. La figura ha infatti “carattere oggettuale”, viene percepita come un cosa,
lo sfondo è invece vissuto come uno spazio vuoto. La figura cattura la nostra attenzione,
è ciò a cui diamo importanza e significato.
Edgar Rubin17, psicologo danese a cui si devono i maggiori studi rispetto a questo tema,
individua alcune condizioni che determinano quali “zone” dello sfondo assumeranno
con più probabilità il ruolo di figura:
La grandezza relativa delle parti: la figura è in genere la zona più piccola
I rapporti topologici delle parti: la figura sta davanti o sopra lo sfondo
I tipi di margine delle parti: il margine appartiene alla figura e non allo sfondo
La convessità o la concavità dei margini: la parte con i margini convessi tende
ad essere figura
17
Edgar Rubin, Visuellwahrgenommene Figuren: Studien in psychologischer Analyse
68
L’orientamento spaziale: le parti i cui assi coincidono con le direzioni principali
dello spazio (la verticale, e l’orizzontale) tendono ad essere figure
L’impostazione soggettiva dell’osservatore: quando le precedenti condizioni non
sono determinate prende luogo una condizione di ambiguità dove vi è una
situazione di reversibilità tra figura/sfondo. La soggettività in questi casi è ciò
che determina i due ruoli.
Le due condizioni che possiamo “governare”, che possiamo cioè sfruttare nella
costruzione di un Visual Thinking sono quelle della convessità/concavità dei margini e
quella dell’orientamento spaziale. Cercheremo quindi di far si che il messaggio a cui
vogliamo dar rilevanza sia posto su una “zona” che abbia margini convessi e che sia
posta sulla verticale od orizzontale dello spazio. Ecco due esempi presi dal web:
Immagine 1
69
Immagine 2
La prima immagine18 è uno sfondo, tutto ha la stessa importanza, non c’è una zona in
particolare che cattura la nostra attenzione, nulla emerge. Ognuno di noi, in maniera
soggettiva, esplora l’immagine saltando da una parte all’altra. In realtà c’è una figura lì
sotto, ma non la percepiamo a colpo d’occhio (ovviamente l’effetto voluto da chi ha
realizzato quest’immagine è proprio questo). Per gli obiettivi che ha il nostro VT
(trasmettere conoscenza in maniera facile e veloce) è invece da evitare questo effetto
collage … non andiamo ad inserire nel nostro Visual Thinking tutte le informazioni
indiscriminatamente, facciamo un lavoro di selezione. Non temiamo di omettere
qualcosa, cerchiamo di veicolare il messaggio principale. Questo significa quindi che un
Visual Thinking può veicolare un’informazione alla volta! La seconda immagine19 è
chiaramente efficace: il messaggio è uno solo, chiaro, semplice … bianco su nero.
18
http://computer-acquisti.com/blog/la-pubblicita-online-marketing-del-futuro/
19
http://www.apple.com/it/mac/
70
La legge della vicinanza
Gli elementi vicini, piuttosto che gli elementi lontani, sono vissuti come costituenti
un’unità20. Assume inoltre il ruolo di figura la zona delimitata da margini che sono tra
loro più vicini.
Le parole sono una vicino all’altra, percepiamo il blocco di testo come un’unica figura e
leggiamo la frase dall’inizio alla fine senza interruzioni. È una modalità di lettura
normale, la figura è al centro dello sfondo, è tutto molto chiaro, senza ambiguità. Le
20
Max Wertheimer, Experimentellen Studienüberdas Sehen von Bewegung" (Studi sperimentali sulla
percezione del movimento)
71
lettere sono legate, oltre che dalla vicinanza, ovviamente, anche dalle connessioni
logico/verbali del linguaggio stesso.
Questo ci suggerisce quindi che potremmo usare la legge della vicinanza a nostro
favore, “mettendo vicini” i concetti principali della definizione. La definizione di VT
esprime infatti 3 concetti principali: che cos’è il VT, quali sono i suoi componenti, qual
è il suo scopo. Proviamo a fare di ogni concetto una figura …
72
Ogni figura ha vita propria: la lettura è lineare come nella prima ipotesi, ma in questo
caso, costruendo 3 figure grazie alla legge di vicinanza, senza spezzare le connessioni
logico/verbali ma anzi accentuandole, diamo maggior visibilità ad ogni passaggio
chiave della definizione. Se poi esplicitiamo questa “categorizzazione” ovvero diamo ad
ogni figura un nome, facciamo sì che si capisca che le 3 figure fanno parte dello stesso
insieme (ad esempio inserendo un margine esterno), “asciughiamo” la frase eliminando
ad esempio “attraverso”, “con lo scopo di..” etc.) …il risultato è molto più efficace:
Abbiamo dato maggiore visibilità ai 3 concetti chiave che nella prima ipotesi erano
“nascosti” nella definizione stessa.
73
La legge della somiglianza
Tendono ad unificarsi tra loro elementi che possiedono un qualche tipo di somiglianza
(ad esempio somiglianza cromatica, di forma, grandezza, e altri attributi). Un caso
particolare di somiglianza è quello del “destino comune” ovvero di quelle porzioni di
figura che sembrano muoversi verso la stessa direzione.
74
Questa legge può essere applicata facilmente attraverso la formattazione dei testi di un
Visual Thinking. Potremmo ad esempio utilizzare uno stesso carattere (font,
dimensione, colore) per le porzioni di testo tra loro assimilabili o per significato o per
livello di importanza. Prendiamo ad esempio questa pagina di wikipedia:
Anche se non riusciamo a leggerne il testo, comprendiamo subito, a colpo d’occhio che
le parole in grassetto e con una dimensione del carattere più grande rispetto al resto
rappresentano i titoli dei paragrafi. Inoltre alla fine riconosciamo subito che i testi scritti
in blu sono dei link ipertestuali che rimandano ad altre pagine:
75
Un altro esempio che invece riguarda il principio di “destino comune” è ben
rappresentata da queste due figure:
L’occhio umano tende ad evitare bruschi di cambiamenti di direzione: nel caso più
segmenti si intersechino tra loro, tendiamo a seguire il segmento che presenta la stessa
direzione del precedente. Ad esempio nella figura leggiamo nell’ordine: “a”, “b”, “c” e
non “a”, “b”, “d”.
76
Questo principio trova applicazione anche nella disposizione dei concetti in una pagina.
Cerchiamo di dare un ordine, una continuità tra argomenti correlati, evitiamo
confusione e disordine.
Questo principio si collega a mio avviso alle modalità di lettura dell’occhio umano: ad
esempio noi tendiamo a leggere da sinistra verso destra, e dall’alto verso il basso.
Cerchiamo di essere lineari nella disposizione degli argomenti all’interno di uno stesso
spazio. Cerchiamo di disporre i contenuti in relazione alle loro correlazioni concettuali:
l’ordine spaziale deve rispecchiare l’ordine di significato. Un esempio significativo è la
disposizione delle notizie all’interno di un quotidiano.
77
Se dovessimo tracciare una linea per dividere la figura … probabilmente tracceremo una
linea verticale che separa le T inclinate dalle T dritte21. Questo perché hanno un
orientamento spaziale diverso, per cui lo percepiamo maggiormente rispetto alla
differenza tra T dritte ed L. Queste ultime infatti, anche se differenti per forma,
presentano una stessa direzionalità. Come possiamo applicare questo principio alla
costruzione del nostro Visual Thinking?
Ad esempio dovremmo cercare di dare direzionalità diverse ad uno stesso testo, oppure
potremmo sfruttare questa legge proprio per distinguere argomenti differenti.
La frase seguente è illeggibile! Utilizziamo ben 4 orientamenti di testo differente per
uno stesso contenuto:
21
J. Beck, Effect of Orientation and of Shape Similarity on Perceptual Grouping
78
Proviamo invece ad usare l’orientamento del testo a nostro favore:
La chiusura prevale sulla legge di vicinanza che su quella di direzionalità. Per cui
dovremmo cercare di utilizzarla soprattutto quando vogliamo “raggruppare” nello
spazio concetti assimilabili tra loro.
La pregnanza
È la cosidetta buona forma che si esprime nei concetti di semplicità, ordine, simmetria,
regolarità.
Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino unità e oggeti percettivo per
quanto possibile equilibrati, armonici, costruiti secondo un medesimko principio in tutte
79
le loro parti, che in tal modo “si appartengono”, “si richiedono” reciprocamente, stanno
bene insieme.22
Figura A
22
Gaetano Kanizsa, Grammatica del vedere
23
Daniela Fogli. Progettazione di sistemi interattivi. Alcuni aspetti di della progettazione fisica
80
Figura B
Nella figura B ci sono 4 blocchi, 4 forme. La legge della vicinanza vince per cui la
figura B risulta molto più pulita rispetto alla figura A, dove il numero di blocchi è
maggiore e dove è presente un blocco dominante, risultato della legge di chiusura.
In quest’altro esempio, nella figura C sembra che i numeri al centro della pagina
corrispondano ai titoli di destra anziché a quelli di sinistra come dovrebbero.
Figura C
Questo avviene a causa della legge di vicinanza. È possibile risolvere questa apparenza
sfruttando altre leggi della Gestalt, come la legge della direzionalità e della chiusura.
Nella figura D, i punti tra titoli e numeri fanno si che questi vengano percepiti associati,
81
inoltre grazie alla legge della chiusura percepiamo due blocchi principali all’interno
della pagina:
Figura D
24
Dan Saffer, Designing for interaction
82
Griglia utilizzata per siti web:
IL PARADIGMA DELLA NEW LOOK OF PERCEPTION
Mentre in Europa si sviluppava la Gestalt, negli Stati Uniti andava diffondendosi negli
anni ’50 la scuola del New Look of Perception. Diventa centrale il valore che l’oggetto
percepito ha per l’individuo, una prospettiva trascurata dalla Gestalt. Le forme non sono
innate ma sono ancorate ai bisogni e agli scopi dell’individuo: l’esperienza e il
background culturale sono gli elementi chiave che modellano ogni processo percettivo.
Motivazione ed emozione (momentanee o persistenti) determinano la sensibilità del
soggetto verso la forma. Contributo importante di questa prospettiva fu senz’altro
Jerome Seymour Bruner, psicologo statunitense che affermò scientificamente il
cognitivismo rispetto al comportamentismo in quegli anni predominante.
La New Look of Perception a mio avviso non contrasta tuttavia con le leggi della
Gestalt, tra le quali è presente quella dell’esperienza passata formulata da Wertheirmer.
Anzi si può dire che la Gestalt fece proprio da ponte tra l’approccio comportamentista
diffuso in quel periodo e il sorgere nella nuova prospettiva cognitivista. La Gestalt
stessa aveva già messo in crisi le teorie comportamentiste quando già dagli anni ’30
Kurt Koffka e Wolfgang Kohler iniziarono a diffondere la psicologia della forma negli
Usa, dove ripararono per sfuggire alle persecuzioni naziste. La Gestalt infatti proponeva
un’idea di individuo molto più dinamica di quella comportamentista. La mente umana
non era una tabula rasa che riceveva stimoli in maniera passiva e ad essi reagiva in
83
maniera meccanica. Si postulava invece un modello di interazione tra schemi mentali
intrinseci e percezioni estrinseche.
Il soggetto per la Gestalt percepisce le forme attraverso schemi mentali innati, che
organizzano il materiale percepito in una forma determinata. Certamente vanno presi in
considerazione, oltre alle capacità innate dell’individuo, anche il suo background
culturale, gli scopi, le aspettative, le motivazioni, le emozioni, i progetti etc. tutto quel
complesso dinamico di azione e pensiero che determina un soggetto in un dato
momento della sua vita … e lo distingue dagli altri. È difficile se non impossibile
ottenere una percezione univoca di uno stesso oggetto. Ognuno di noi percepisce le cose
in modo differente.
Ovviamente non ha senso costruire Visual Thinking differenti a seconda della persona
destinataria, ma certamente nella progettazione dovremmo tener conto del target di
riferimento a cui ci rivolgiamo, del contesto in cui il VT verrà utilizzato, dello scopo a
cui mira. Dovremmo essere consapevoli del fatto che ogni individuo percepirà la il VT a
modo suo e farà proprio questo strumento. Potremmo quindi sfruttare questa possibilità
tramutandola in un vantaggio ovvero lasciando al Visual Thinking una componente
interattiva.
84
IL SOGGETTO
85
LA MEMORIA
“Ogni ricordo, ogni forma, non è semplicemente depositata dei nostri archivi mentali,
ma è legata da numerosi “fili” ad altre “forme”; per esempio, “1769” a “1789”; ma
1769 è anche legato a ciascuna delle cifre che lo compongono: “1”, “7”, “6”, “9”, e
ognuna di queste cifre agli elementi sonori che la costituiscono e ai segni grafici che la
rappresentano…”.25
25
Françoise Gauquelin, Sviluppare la propria memoria. Metodo Richaudeau
86
“Il circuito della “domanda risposta” è indipendente dal circuito “risposta
domanda”. Il primo può funzionare mentre il secondo può trovarsi in panne. E tutto il
problema del richiamo alla memoria consiste nell’assicurare e nel ristabilire questo
secondo circuito.”
Tra un nodo e l’altro avremo quindi due tipi di “circuiti” di collegamento, uno di
domanda e uno di risposta. Non sempre riusciamo a “richiamare” il circuito di risposta:
sappiamo che esiste, che c’è una relazione tra i due nodi, ma non ricordiamo la “strada”,
il “collegamento” che ci porterebbe al nodo “risposta”.
87
“Questa tesi è confermata da quello che sappiamo sulle strutture biologiche della
memoria. […] le cellule più importanti del cervello sono i neuroni, il cui insieme
costituisce una gigantesca rete […] Possiamo assimilare l’unità puramente
operazionale del nodo mnemonico all’unità biologica che è la cellula nervosa, il
neurone? È possibile che ogni nodo mnemonico sia materializzato da un neurone?
Oppure ogni nodo mnemonico dipende da una gerarchia strutturale superiore
corrispondente a un sottoinsieme, a una configurazione di neuroni? Non credo che le
conoscenze attuali sulla fisiologia del cervello permettano di rispondere con sicurezza a
queste domande. Ma possiamo avanzare l’ipotesi che ogni nodo mnemonico
corrisponda almeno a un neurone e che, di conseguenza le leggi fondamentali
riguardanti i collegamenti fra i neuroni siano applicabili ai collegamenti fra i nodi
mnemonici. Ora, è accertato da numerosi studi scientifici che ogni neurone comunica
con altri neuroni attraverso due tipi di “fili”: i dendriti che ricevono informazioni, e gli
assoni, che inviano informazioni. Non solo questi due “fili” differiscono per natura e
funzione, ma anche i loro itinerari, i loro percorsi in seno alla rete cerebrale sono
diversi. Questo spiega l’apparente paradosso del “vuoto di memoria”: sebbene io
sappia di conoscere la risposta a una domanda, non sempre sono in grado di
88
richiamare tale risposta al livello cosciente della memoria: il filo ( o i fili) che
convoglia la risposta non funziona.”26
Il cervello è formato da neuroni, collegati tra loro attraverso una rete. I fili che
collegano i neuroni sono di due tipi. I dendriti che ricevono informazioni e gli assoni
che inviano informazioni. Possiamo ipotizzare quindi che ogni nodo mnemonico
corrisponda almeno a un neurone e che quindi, le leggi biologiche riguardanti i
collegamenti fra neuroni siano applicabili anche ai collegamenti fra nodi mnemonici. I
percorsi di trasmissione e ricezione delle informazioni sono diversi. Il classico “vuoto di
memoria” lo dimostra.
I nodi e i circuiti mnemonici più efficaci sembrano essere quelli di natura visiva,
concreta e tangibile.
La memoria di una forma presuppone la percezione di una forma: per cui la forma
percepita, se di natura visiva, concreta e tangibile, sarà con più probabilità ricordata nel
lungo periodo. Il richiamo non è altro che il circuito di ricezione: l’itinerario tra i nodi
deve essere chiaro, in modo che possa essere ripercorso facilmente. Già durante il
momento percettivo devo prevedere l’associazione mentale. Per memorizzare
26
Françoise Gauquelin, Sviluppare la propria memoria. Metodo Richaudeau
89
un’informazione devo stabilire una tecnica di richiamo fin dal momento della sua
registrazione.
“Your brain’s thinking pattern may thus be seen as a gigantic, Branching Association
Machine (BAM!) – a super bio-computer with lines of thought radiating from a virtually
infinite number of data nodes. This structure reflects the neuronal networks that make
up the physical architecture of your brain. […] the more you learn/gather new data in an
integrated, radiating, organized manner, the easier it is to learn more […]From this
gigantic information processing ability and learning capacity derives the concept of
Radiant Thinking of which the mind map is a manifestation.”
Il nostro pensiero deve essere pensato come una gigantesca macchina di associazioni,
un super bio-computer con linee di pensiero radiali che associano tra loro un infinito
numero di nodi. Questa struttura riflette i collegamenti neuronali che danno forma
all’architettura del nostro cervello. Da qui deriva il concetto di Pensiero Radiale a cui
poi Buzan si baserà per la costruzione delle sue mappe mentali.
27
Tony Buzan, Barry Buzan, The mind map book
90
In sintesi quindi dobbiamo immaginare la nostra memoria come un’enorme rete in cui
ogni ricordo, ogni informazione è associata ad un’altra attraverso due canali di
trasmissione, uno di domanda ed uno di risposta ovvero di richiamo.
Da questa struttura Buzan ricava il metodo per la costruzione della mappa mentale,
immaginando il meccanismo di pensiero come radiale. Si parte da un punto centrale per
poi avanzare nei successivi nodi della rete. Radial Thinking.
Per ora ricordiamoci che i circuiti più efficaci e che quindi permettono richiami più
stabili sono quelli di natura visiva e concreta. Teniamolo a mente. Alla fine del capitolo
vedremo come sfruttare questo meccanismo a rete e a doppio circuito della memoria.
In questa sede non possiamo non prendere in considerazione anche la distinzione tra
memoria a breve termine e memoria a lungo termine.
91
Ecco uno schema esemplificativo28:
Quando percepiamo una “forma” per prima cosa interviene (1° livello) un meccanismo
automatico di ritenzione, rappresentato dai registri sensoriali di cui abbiamo parlato
anche nella pagine precedenti. Il tempo di ritenzione è brevissimo, qualche secondo. Poi
l’informazione viene perduta. Si pensa che esistano differenti registri per ogni tipo di
ricettore, per cui dobbiamo distinguere tra registro visivo, registro uditivo etc.
Subito dopo il 1° livello, subentra la memoria a breve termine (2° livello) che ha la
funzione di elaborare le informazioni provenienti dal registro sensoriale. Anche qui il
cervello ha disposizione pochi secondi. Il cervello controlla le informazioni ricevute, le
ripete re-inviandole al registro sensoriale, le replica quindi, le elabora, definisce la
strategia di recupero per richiamarle e infine le invia alla memoria a lungo termine.
L’obiettivo quindi del Visual Thinking sarà quello di far si che le informazioni siano
immagazzinate nel 3° livello, tenendo presente la struttura a rete e a doppio codice che
abbiamo visto prima.
28
FrançoiseGauquelin, Sviluppare la propria memoria. Metodo Richaudeau
92
Molti sono gli studiosi che hanno elaborato tecniche per aumentare questa capacità di
ritenzione dell’informazione. Fin dai primi studi sulla memoria ci si è interrogati su
come aumentare la nostra capacità mnemonica. Tra i pionieri c’è sicuramente Hermann
Ebbinghaus, filosofo e psicologo tedesco.
Arrivò a formulare la presente relazione imparando a memoria una lista di sillabe senza
significato, in seguito controllò ad intervalli di tempo variabili di 20 minuti, 1 ora, 8 ore
e trenta minuti, un giorno, due giorni, un mese in che misura era riuscito a ritenere le
93
informazioni; disegnò, quindi, il suo grafico in base al numero di ripetizioni necessarie
per riapprenderle. L'importanza della scelta delle sillabe da memorizzare era
fondamentale, infatti esse rappresentavano un materiale "neutro", perché non
provocavano associazioni mentali.
Con la legge dell’oblio Ebbinghaus affermava che la memoria dei dati appresi in una
determinata sessione diminuisce con il passare delle ore e dei giorni. L'oblio è più
marcato nelle prime ore e meno dopo un certo numero di ore. Le tracce, passato il primo
indebolimento, diventano più tenaci. Il metodo che lo studioso propose per ovviare a
questo problema fu il SRS, Spaced Repetition System ovvero il sistema di ripetizione ad
intervalli. Aumentando il numero di ripetizioni la memorizzazione cresce fino ad una
certa soglia (effetto del superapprendimento). Ebbinghaus utilizzava il metodo del
riapprendi mento per cui imparava la sequenza di sillabe in due sedute successive e a
distanza di tempo. L'apprendimento della lista nella seconda seduta era naturalmente
facilitata. Il risparmio di lavoro nella seconda seduta, restituiva la misura della memoria
accumulata nella prima.
94
poco sul significato del materiale da memorizzare. Ebbinghaus imparava a memoria
sillabe senza senso! Nella vita reale, in effetti, l'apprendimento è strettamente legato ad
altri fattori, come la motivazione, il significato, la preparazione culturale del soggetto ed
altro.
Un altro approccio è invece quello strutturalista seguito dallo psicologo inglese Frederic
Bartlett.
Secondo questo approccio tutti i ricordi memorizzati sono caratterizzati dal fatto di
essere dotati di senso per la persona che ricorda. Bartlett individuò le strategie
individuali, messe in atto nell'atto del ricordare e dell'apprendere, insieme a tutti i
processi di aggiustamento, razionalizzazione ed ancoraggio, che caratterizzano questi
processi.
Molti sono stati gli studi sul campo, Gauquelin29 ne sottolinea con precisione i principi
fondamentali che la determinano e possono contribuire a migliorarla.
1 – Predisposizione
Per memorizzare bene una forma, un’informazione, dobbiamo essere predisposti sia
fisicamente che mentalmente affinché sia massima la nostra capacità di registrazione, di
ricettività. Potremmo quini pensare di precedere il VT con un momento di
predisposizione, con qualcosa che ci renda disposti all’ascolto: una musica, un esercizio
di rilassamento, un’animazione etc.
2 – Buona forma
La forma deve essere idonea ad essere percepita efficacemente. Questo è un po’ quello
che abbiamo visto con la Gestalt, quello che abbiamo definito nella regola precedente.
3 – Il richiamo
29
Françoise Gauquelin, Sviluppare la propria memoria. Metodo Richaudeau
95
un’informazione e l’altra, proprio come proposto da Tony Buzan nelle sue mappe
mentali.
4 – L’ordine
96
5 – L’immagine
6 – La ripetizione
Questi sono solo alcuni principi che possono favorire la memorizzazione delle
informazioni. Le mnemotecniche sono numerose, e sono state studiate dall’uomo fin
dall’antichità. Ne riporto qui alcune, le principali:
LA TECNICA DEI LOCI. Ideata da Cicerone, la tecnica dei loci è una delle più
note. Cicerone la utilizzava per memorizzare le sue arringhe. Per non scordare
gli argomenti del suo discorso, associava ogni tema ad un “luogo”. Il luogo
poteva essere una stanza della sua abitazione, una parte del corpo dell’ippogrifo,
un animale fantastico. Se ad esempio ci chiediamo: quante finestre ci sono nella
nostra casa? Che cosa facciamo? Probabilmente ognuno di noi ripercorre la sua
cosa, stanza dopo stanza.
LA TECNICA DELLA RIPETIZIONE. Chi di noi non ha ripetuto una lezione
per prepararsi ad una interrogazione? La ripetizione rafforza l’apprendimento.
97
Più volte ripeto una cosa, preferibilmente ad alta voce, maggiore sarà la
probabilità che io la ricordi. È un po’ come una filastrocca.
LA TECNICA DELLA VISUALIZZAZIONE MENTALE. Con la
visualizzazione mentale associo ad un termine, ad un argomento una determinata
immagine. Proprio perché siamo in grado di memorizzare più facilmente le
immagini che le parole, sarà più immediato per noi richiamare prima l’immagine
alla nostra mente. Una volta “trovata” l’immagine ricorderò il tema ad essa
associato.
LA TECNICA DELLA CONCATENAZIONE. Associo un tema ad un alto. Se
ad esempio devo memorizzar un elenco di parole, cerco di associare ogni
termine al successivo attraverso una concatenazione.
LO STORYTELLING. Utilizzo il racconto, la narrazione. Se devo ricordare dei
nomi ad esempio, posso inventarmi una storia e dare un nome ai protagonisti. Il
racconto è una delle forme più antiche con cui l’uomo tramanda il sapere di
generazione in generazione.
CONCETTI CHIAVE. Individuo i concetti chiave, le parole chiave. Sarà più
facile poi ricondurre ogni concetto secondario al primario. È un po’ come
costruirsi una mappa mentale.
AFFETTIVITÀ. Associo gli argomenti e temi ad un’emozione.
La forza dell’immagine
Più volte abbiamo visto come l’immagine sia un’informazione più forte rispetto alle
altre. Siamo in grado di memorizzare molto meglio un’informazione visiva rispetto ad
una verbale.
Sono stati fatti più esperimenti che lo dimostrano. Dobbiamo quindi cercare ti utilizzare
immagini capaci di restare il più a lungo possibile nella memoria. Ci riusciremo
formando immagini che ci colpiscono in modo particolare, non troppo numerose, né
vaghe, ma efficaci: possiamo ad esempio conferire loro una bellezza o una bruttezza
eccezionali. Oppure ancora possiamo tentare di conferire alle nostre immagini un
aspetto comico. Anche questo può garantire una maggiore facilità di richiamo. Quel che
98
ricordiamo facilmente quando è reale, lo ricorderemo altrettanto facilmente se
immaginario.30
Dalla definizione stessa di Visual Thinking emerge che il suo scopo è, oltre a quello di
comprensione delle informazioni, quello di memorizzazione. La memorizzazione
abbiamo visto che presuppone comprensione, nel senso che l’uomo, secondo
l’approccio strutturalista e non quello associazionista, ricorda meglio informazioni che
hanno un significato. È inutile imparare a memoria informazioni che non hanno senso,
che non comprendiamo, associate tra loro sempre grazie a collegamenti privi di
significato. Anche se possibile ricordarle e comunicarle e nostra volta, per forza di cose
nel tempo le dimenticheremo perché inutili. Anche se utilizziamo mnemotecniche più
avanzate, il nostro cervello etichetterà quelle informazioni superflue, perché prive di
fondamento.
Come prima cosa devo predisporre il destinatario del VT alla registrazione delle
informazioni. Questo posso farlo, abbiamo detto, attraverso tecniche di rilassamento,
oppure attraverso una musica iniziale, una domanda etc. devo riuscire a catturare la sua
attenzione. Dobbiamo far sì che la sua capacità ricettiva sia massima, devo evitare
distrazioni. Devo coinvolgerlo affettivamente e fargli capire che il VT sta per
comunicargli informazioni per lui importanti.
Immagine e ordine: queste le due regole fondamentali. Devo dare un significato alla
rappresentazione delle informazioni che comunico, devo dar un significato
30
F. Yates, The Art of Memory
99
all’associazione tra le informazioni. Posso dare un significato anche alla struttura base
di un VT.
Dai vari studi sulla memoria emerge anche che per favorire la memorizzazione
dobbiamo:
100
Una prima ipotesi: il Metodo PMR
Posso tradurre questi principi nel metodo che potremmo chiamare PMR
(predisposizione, metafora visiva, ripetizione).
101
Cerchiamo di fare un esempio, ipotizziamo di dover costruire un VT relativo alle
istruzioni d’uso di un telefonino.
1 – Predisposizione
102
2 – Metafora visiva
Possiamo utilizzare come metafora visiva l’immagine del telefonino stesso e utilizzare
le varie parti dell’immagine associando ad ognuna un’informazione. Cerchiamo di dare
significato alle scelte che facciamo, ad esempio ogni “pulsante” della tastiera potrebbe
rappresentare una funzionalità del telefono. Non assegniamo gli spazi casualmente!
Immaginiamo poi il Visual Thinking come fosse un ipertesto: diamo prima le
informazioni principali, rimandiamo i dettagli al secondo livello. Immaginiamo il VT
come fosse un’interfaccia interattiva.
103
3- Ripetizione
104
LA SCENOGRAFIA
105
TESTO E IPERTESTO
Il testo di un Visual Thinking deve per forza di cose avere determinate caratteristiche,
anche perché deve condividere la scena con una prima donna: l’immagine.
E non può permettersi di passare in secondo piano. Il testo e l’immagine nel VT devono
sostenersi e valorizzarsi a vicenda. La struttura che li tiene insieme e che contribuisce
alla loro determinazione è l’ipertesto (in questo caso dovremmo parlare anche di iper-
immagine).
L’ipertesto
Il Bruco e il grillo31
Il primo a parlare di ipertesto è Vanner Bush, che nel 1945 sperimenta il MEMEX, un
nuovo sistema di archiviazione dei dati che vuole facilitare la ricerca delle informazioni.
Il MEMEX ha lo scopo di rendere più efficiente e veloce l’archiviazione e il
trasferimento del sapere. Già negli anni ’30 la mole di informazioni che investe l’uomo
106
è sproporzionata rispetto alla capacità di comprensione e memorizzazione. È richiesta
sempre maggiore velocità nello stare al passo con i tempi, le biblioteche diventano
archivi dove inizia a diventare difficile il reperimento dei dati. Le informazioni a
disposizione diventano troppe.
“Nelle nostre attività professionali siamo ancora attaccati in modo piuttosto stretto a
metodi di rivelare, trasmettere e recensire i risultati, che sono vecchi di generazioni ed
oramai inadeguati per i loro scopi.”
Vanner Bush
107
nuove figure professionali, i trailblazers (to blaiz a trail), individui specializzati nel
tracciare nuovi percorsi associativi per l’organizzazione della grande massa di
informazioni.
“Appariranno forme totalmente nuove di enciclopedia, già confezionate con una rete di
percorsi associativi che le attraversano, pronte per essere immesse nel MEMEX ed ivi
potenziate.”
Vanner Bush
Un altro pionere dell’ipertesto fu Ted Nelson, negli anni ’60. Nelson coniò il termine
durante lo sviluppo del suo progetto XANADU, un software il cui scopo era quello di
permettere il collegamento tra più computer, garantendo comunque all’utente
un’interfaccia semplice da utilizzare.
“Un'interfaccia utente dovrebbe essere così semplice da poter essere compresa, in caso
di emergenza, nel giro di dieci secondi da un principiante.”
Ted Nelson
Nelson sosteneva lo sviluppo di una scrittura non sequenziale, che avrebbe permesso ad
ogni individuo di seguire un proprio percorso personale.
108
XANADU non riuscì a decollare come progetto, per un insieme di ragioni ancora oggi
in discussione. Nelson tuttavia oggi ammette che il World Wide Web di Tim Berners-
Lee soddisfa alcuni aspetti del suo progetto, ma al contempo aborrisce il sistema:
“I software più utilizzati di oggi simulano i supporti cartacei. Il World Wide Web
(un'altra imitazione cartacea) banalizza il nostro modello di ipertesto originale con
collegamenti monodirezionali in continua interruzione e senza possibilità di gestione
della versione o dei contenuti."
Ted Nelson
Pierre Levy
109
Con l’ipertesto è possibile organizzare le informazioni in maniera non sequenziale, ed è
possibile utilizzare codici e linguaggi diversi: oltre ai testi scritti sul web e su ambienti
formativi, possiamo trovare documenti audio, schemi grafici, illustrazioni, filmati,
immagini, attività interattive, simulazioni. Utilizzando linguaggi diversi è possibile
coinvolgere maggiormente l’utente e stimolare in lui più interesse, coinvolgimento,
motivazione. Con l’ipertesto è possibile connettere tra loro i documenti, selezionare le
informazioni voluti, creare percorsi personalizzati di apprendimento. Il testo elettronico
è fluido, sintetico, modulare, non rigido ed è organizzato per permettere l’interattività.
Nel Visual Thinking non possiamo permetterci di abbandonarci al ritmo e alle cadenze
proprie della narrativa! Lo stile di scrittura dipende anzitutto dalla struttura che diamo ai
contenuti: quanto spazio abbiamo a disposizione? Come sono associate le informazioni
tra loro? Quanti livelli di profondità ho scelto di utilizzare? Per prima cosa quindi devo
definire l’architettura dell’informazione.
110
Architettura dell’informazione
L’IA è quella disciplina che oggi serve a dare l’architettura ai siti web, è doveroso
citarla perché in essa troviamo spunti interessanti per la costruzione dei Visual
Thinking. Prima di dare forma al testo, dobbiamo capire perché abbiamo scelto quella
determinata forma. Insieme all’IA, un’altra disciplina nell’ambito dello sviluppo dei siti
web è il CMS ovvero il Content Management system. Se l’architettura
dell’informazione dà una visione immediata delle informazioni (sincronica), il CMS
inserisce le informazioni in un flusso cronologico (diacronica). Peter Morville definisce
così l’architettura dell’informazione33:
111
“progettazione” che dipende ovviamente dal tipo di informazioni che si vogliono
veicolare. Esistono diversi strumenti per la presentazione delle informazioni…
storyboard, storytelling, presentazioni, e aggiungerei… Visual Thinking. Le
informazioni possono poi essere classificate secondo vari criteri34:
***
Trovo che questa citazione di Don Murray sia perfetta per esprimere la centralità e
l’importanza del testo:
Più scriviamo, più ci chiariamo le idee e più elementi acquisiamo per andare avanti.36
Anche quando scriviamo non facciamo altro che passare da un punto ad un altro,
proprio come fa un grillo. Il processo non è lineare, andiamo avanti e torniamo indietro,
più e più volte, fino a che non raggiungiamo l’espressione che più si avvicina al
significato che abbiamo in mente.
Luisa Carrada, citando Don Murray, negli appunti del suo sito scrive questo:
34
http://webdesign.html.it/guide/leggi/44/guida-architettura-dellinformazione/
35
Don Murray, lessons from America’s greatest writing teacher
36
http://www.mestierediscrivere.com/
112
Murray descrive la scrittura come una conversazione tra due artigiani al bancone da
lavoro. Uno parla, l’altro ascolta. Uno fa una proposta, l’altro ci riflette. Uno agisce,
l’altro controlla. Attraverso questa collaborazione si individuano, si discutono e si
definiscono i problemi; si propongono, si suggeriscono, si respingono e si accettano
soluzioni. Imparare a osservare questa concitata collaborazione nella nostra testa è
incoraggiante, perché ci fa sentire meno soli e con molte più risorse. All’inizio non è
facile sintonizzarsi, perché si tratta di una lettura interiore sottile e sofisticata, che
osserva ed esamina le parole anche un attimo prima che siano consegnate alla pagina.
Nelle diverse fasi, si intrecciano infatti almeno quattro attività:
raccogliere
come esseri umani siamo cacciatori e magazzinieri: non facciamo altro che
raccogliere dati e informazioni, in maniera consapevole e mirata o inconscia,
attraverso i nostri sensi e le nostre ricerche; mentre prepariamo un testo
diventiamo una specie di calamita che attira tutto ciò che ha a che fare con il
nostro tema
connettere
appena aggiungiamo anche una piccola informazione al nostro magazzino, scatta
il bisogno di collegarla con ciò che già abbiamo e sappiamo: discriminiamo,
selezioniamo le informazioni più significative, costruiamo catene di
informazioni, le proiettiamo nel futuro, scopriamo nuove griglie con cui
cerchiamo nuove informazioni e vediamo cose che non avevamo visto prima
scrivere
appena il disegno, anche solo abbozzato, emerge, sentiamo il bisogno di metterci
a scrivere per fissarlo, osservarne la forma, ascoltarne il suono
leggere
non leggiamo solo alla fine, ma anche mentre prendiamo appunti e scriviamo;
anche una sola nuova frase fa scattare il bisogno di verificare subito come si
inserisce con quanto viene prima e quanto viene dopo.
Murray propone un nuovo termine, che sposo in pieno perché definisce meglio quello
che ci succede prima di mettere concretamente mano a un testo. Il termine è rehearsing:
recitare, fare le prove, come a teatro.
113
In effetti, nella fase di prewriting si scrive, cioè si mettono insieme le informazioni e i
materiali, si fanno mappe e scalette, ma la vera attività iniziale - senza pc e senza penna
- è quel continuo parlare con se stessi in cui un'idea si fa strada nella mente, in cui anche
una piccola frase viene ripetuta e limata più e più volte con l'ascolto interiore. Può
essere l'idea di un libro, un titolo, alcune battute di un dialogo, un post.
Vi siete mai sorpresi a mormorare prima di scrivere? Proprio come fanno i bambini che
annunciano ad alta voce quello che vogliono scrivere o disegnare?
“Non voltarti indietro! Sì, la prima bozza ha bisogno di essere sistemata, ma prima
ancora ha bisogno di essere scritta.” raccomanda Murray.
Se siete animali visivi, la potete anche rigirare così: prevision (immagino come sarà) >
vision (mentre scrivo la guardo dall'alto come una mappa) > revision (la esploro nei
particolari e ne raddrizzo i percorsi più tortuosi).
114
Lo stile di scrittura
Navigando sul web, da un sito all’altro, cercando di capire come il linguaggio testuale si
debba trasformare per facilitare il reperimento, la comprensione, la condivisione e la
memorizzazione delle informazioni, ho trovato un articolo (che ho già citato) che
riassume a mio avviso alcuni concetti chiave che vogliono essere oggetto di studio della
mia ricerca.
Lucchini descrive come sia possibile determinare una forma di scrittura tipica dell’e-
learning, così come è stato per il web-writing. L’autore di testi di e-learning, oltre
all’abilità nella scrittura, deve conoscere i meccanismi psicologici e didattici che
regolano l’apprendimento.
Ecco una sintesi dei principi fondamentali che, secondo Lucchini, un buon e-learning
writer deve conoscere ed applicare:
qualità del testo (evitare errori grammaticali e di forma)
formato del testo (contenuti formativi compatti)
centralità del testo: il modo in cui sono scritti ed erogati i contenuti è
fondamentale, il testo è veicolo e conduttore della conoscenza, a differenza
dell’aula, dove è il docente a guidare il percorso di apprendimento
3C- testi chiari, concreti, coinvolgenti
brevità e lunghezza ben combinate: testi brevi, sintetici e diretti. Evitare inutili
ripetizioni
37
E-learning e scrittura professionale, Alessandro Lucchini, I quaderni del MdS
115
linguaggio attivo e interattivo: sollecitare l’utente all’azione, utilizzando verbi
come “ascoltare, usare, guardare etc.)
reader focused writing: realizzare testi ben calibrati sull’utente
attenzione ai principianti: non dare nulla per scontato
solidità dei contenuti: fare riferimento all’esperienza
tono adeguato: adeguato all’argomento e al target di utenti
emotività e meraviglia: dare valore al contatto umano, al valore delle emozioni
auto consistenza: ipertestualità, ma usata con giudizio. Ogni blocco, ogni
learning object deve essere fruibile singolarmente
riscrittura continua: autocritica, pazienza, tempo. Non dare per buono il primo
risultato
collaborazione: un collega, un familiare, un amico posso darci aiuto con qualche
consiglio
questioning: porre domande per ottenere risposte
esempi ed esercizi: proporre esempi pratici per ancorare la teoria alla realtà
allenamento: neanche un giorno senza scrivere una riga!
116
***
Non so scrivere. Questo è quello che ho sempre pensato. Quando ero piccola mi
dicevano “scrivi malissimo”; “forse - pensavo - si riferiscono alla mia calligrafia”. Ma
anche al Liceo non brillavo di certo, raggiungevo la sufficienza a fine anno, ma nulla
più. Mi ostinavo tuttavia a scrivere qualcosa, tenendolo affettuosamente nascosto.
Peccato, perché devo averlo nascosto così bene che oggi non riesco più a trovarlo, e ora
mi farebbe davvero piacere rileggere i primi tentativi di una tenace testarda.
Tutti noi siamo stati e saremo nella vita sporadici scrittori. Cercherò qui di riassumere
quello che ho interiorizzato in questi anni di lettura e di pratica e che troverete
facilmente in manuali, libri, guide, articoli etc. Non posso certamente imbrigliare questa
mia passione nelle regole seguenti, che tuttavia possono essere una buona lanterna da
accedere di fronte al buio di un foglio bianco.
1° regola – perché?
Perché devi scrivere questo testo? Qual è il tuo obiettivo? A cosa serve? E soprattutto, a
chi è rivolto? Chi sono i tuoi lettori? Li conosci? Non hai idea di chi sono? Perché
dovrebbero leggere il tuo testo?
2° regola – passione
Prima di scrivere qualsiasi cosa, appassionati ad essa. Ma non cadere nell’errore che
spesso fanno gli artisti, non scambiare la tua arte con la tua vita. Viceversa attingi alla
vita per appassionare la tua arte.
La prima cosa da fare in un testo è quella di catturare l’attenzione di chi legge. Puoi
parlare di te, puoi citare qualcuno, puoi raccontare, puoi descrivere un’emozione etc.
Una buona partenza...
Una volta fatte le presentazioni, non fare un passo indietro, non distaccarti mai dal tuo
lettore. Tendigli sempre la mano per cui: utilizza il “tu” o il “noi”, evita le forme
117
impersonali. Coinvolgi tutti i sensi. Con la parola richiama immagini, colori, sensazioni,
rumori etc.
3° regola- organizza
Ah quante cose da dire! Cosa metto prima? Cosa metto dopo? A cosa devo rinunciare?
Pensa al tuo lettore, a cosa è importante per lui. Cosa si aspetta. Suddividi le
informazioni che hai in categorie, in paragrafi. Una delle regole che puoi utilizzare è
quella delle 5 W e 1H ovvero nel tuo testo deve emergere: What? Who? Why? When?
Where? How? Questa regola base del giornalismo è preziosa e per niente banale. Può
semplificarti enormemente la vita. Altra regola, proveniente sempre dal giornalismo, è
quella di inserire nelle prime righe la sintesi del tutto. Dai una panoramica generale
all’inizio, un breve abstract con le informazioni essenziali. Rimanda agli
approfondimenti nelle pagine successive, o se necessario, in documenti allegati.
4° regola – chiarezza
È quello che si definisce Plain Language. Altro non è che scrivere chiaro. Sii semplice.
Preferisci frasi coordinate, limita al minimo quelle subordinate. Utilizza verbi in forma
attiva, e all’indicativo presente. Specifica sempre chi è il soggetto della frase. Cerca di
essere sintetico.
5° regola – comprensione
Il tuo lettore non deve rileggere due volte il testo per capirlo. Mettiti nei suoi panni. Usa
parole comuni, non dare nulla per scontato, evita tecnicismi e sigle (questo dipende da
chi ti legge ovviamente). Fai sempre alla fine una revisione del testo per verificare il suo
grado di comprensibilità, chiedi a qualcuno di leggerlo.
6° regola – brevità
Non c’è tempo da perdere. Evita le ripetizioni, elimina il superfluo. Vai al sodo, non
fare giri di parole. Dai un’informazione alla volta, sii sintetico. Usa parole brevi e frasi
brevi.
118
7° regola – ritmo
Dai ritmo a quello che scrivi, utilizza per questo la… punteggiatura. Rileggi a voce alta
quello che hai scritto, per sentire come suona.
8° regola – visibilità
Vesti il tuo testo, utilizza la grafica, i colori e le immagini per animarlo e dargli
un’identità. Usa gli elenchi puntati, gli schemi, grafici e tabelle. Usa i grassetti. Dividi
in paragrafi in modo che il lettore possa trovare a colpo d’occhio ciò che gli interessa. I
blocchi di testo facilitano la lettura, ma non superare le 30 righe perché altrimenti
l’occhio si affatica. Cerca anche di evitare righe di testo molto lunghe.
9° regola – credibilità
Sii coerente. Evita di fare errori, assicurati che le informazioni che dai siano corrette e
che le tue fonti siano attendibili. Non accontentarti mai, non fermarti al primo tentativo,
fai sempre una revisione finale per verificare che tutto sia al posto giusto.
“In una libreria dell’università di Harvard c’è uno striscione che dice “To wonderis to
know”: meravigliarsi è conoscere. Lo diceva già Metastasio: “la meraviglia
dell’ignoranza è figlia, e madre del saper”.
Quando diventiamo adulti non sappiamo più meravigliarci come quando eravamo
bambini. Eppure il bambino impara così velocemente proprio perché sa meravigliarsi
del mondo, esplora una realtà sempre nuova e nella mente rimangono impresse le
informazioni che registra.
119
“fu un pomeriggio a lezione che un’immagine mi folgorò …
La cosa che più condivido nelle pagine della Buzzacchino, è il fatto di attingere alla vita
in ogni momento, anche quando crediamo che lo scopo sia grigio, freddo, troppo
razionale … uno scopo che riteniamo vada tenuto lontano dal nostro vivere quotidiano.
E invece la nostra vita non è fatta a scompartimenti stagni, ne siamo immersi
completamente, e nei momenti più improbabili ci sorprendiamo a trovare idee, spunti,
chiarificazioni utili.
38
Roberta Buzzacchino, Scrivere una metafora organizzativa, i quaderni del MdS
120
“Conservare l’infanzia dentro di sé, per tutta la vita, vuol dire: conservare la
curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare” (Bruno Munari).
LA SCENEGGIATURA
121
LE MAPPE MENTALI
DI TONY BUZAN
Abbiamo già visto, nel capitolo sulla memoria, come Tony Buzan39 affermi:
“Your brain’s thinking pattern may thus be seen as a gigantic, Branching Association
Machine (BAM!) – a super bio-computer with lines of thought radiating from a virtually
infinite number of data nodes. This structure reflects the neuronal networks that make
up the physical architecture of your brain. […] the more you learn/gather new data in
an integrated, radiating, organized manner, the easier it is to learn more […]From this
gigantic information processing ability and learning capacity derives the concept of
Radiant Thinking of which the mind map is a manifestation.”
39
Tony Buzan, Barry Buzan, The mind map book
122
Il nostro pensiero deve essere pensato come una gigantesca macchina di associazioni,
un super bio-computer con linee di pensiero radiali che associano tra loro un infinito
numero di nodi. Questa struttura riflette i collegamenti neuronali che danno forma
all’architettura del nostro cervello.
Da questa struttura Buzan ricava il metodo per la costruzione della mappa mentale,
immaginando il meccanismo di pensiero come radiale. Si parte da un punto centrale per
poi avanzare nei successivi nodi della rete. Radial Thinking.
“The mind map is an expression of radian thinking and is therefore a natural function of the human mind.
It is a powerful graphic technique which provides a universal key to unlocking the potential of the brain.
The mind map can be applied to every aspect of life where improved learning and clearer thinking will
enhance human performance. The mind map has four essential characteristics:
123
Quindi la mappa mentale altro non è che l’espressione del nostro pensiero radiale. La
nostra attenzione si cristallizza sull’immagine centrale che la rappresenta, i temi
principali esplodono dal centro, ognuno è caratterizzato da un’immagine o da un titolo
rappresentativo. Il risultato è una struttura connessa tra più nodi associati tra loro, tutti
connessi al concetto centrale rappresentato da un’immagine.
124
Per costruire una mappa mentale Buzan individua queste attività principali:
Lasciamo la mente il più libera possibile. La mente genera idee più rapidamente
di quante siamo in grado di scriverne, non dovremmo mai fermarci40
Usiamo l’enfasi. È uno dei fattori maggiori che sviluppa memoria e creatività. È
il concetto di meraviglia che abbiamo citato nel precedente capitolo!
Usiamo sempre un’immagine centrale, e arricchiamo la mappa con altre
immagini. L’immagine, lo abbiamo già detto, cattura la nostra attenzione
Usiamo i colori e la dimensione del carattere rispettivamente per differenziare i
contenuti e per dare enfasi ai concetti più importanti
Usiamo la sinestesia. Riferiamoci ai sensi
Organizziamo gli spazi, cerchiamo di creare un’immagine “pulita”
“Le mappe mentali sono una “fotografia” esterna delle complesse interrelazioni fra i
pensieri in ogni momento. Consentono al cervello di “vedersi” più chiaramente, e
accrescono notevolmente la gamma vostre capacità di pensiero: danno maggiore
competenza, piacevolezza, eleganza e divertimento alla vita.”
40
Tony Buzan, Usiamo la testa. Il libro che ha rivoluzionato lo studio della mente
125
Ecco alcuni strumenti che Buzan ci suggerisce per la costruzione di una mappa mentale:
Le frecce
Indicano i collegamenti fra i concetti
I codici
126
Figure geometriche
Servono a circoscrivere aree o parole di natura simile (pensiamo alla legge di chiusura
della Gestalt)
Tridimensionalità
Immagini creative
127
Colore
Dobbiamo far tesoro di questi consigli, perché la mappa mentale di Buzan è di per sé un
Visual Thinking.
Tuttavia penso che oltre alla mappa mentale esistano altre forme di Visual Thinking, ad
esempio grafici, tabelle, fotografie, schematizzazioni, diagrammi etc. tutto ciò che
rappresenta graficamente un concetto è un VT. La mappa mentale è certamente uno dei
più innovativi strumenti di visualizzazione, ma a mio avviso vi sono delle differenze.
128
1° differenza
Riprendendo il concetto relativo alla rappresentazione della memoria come fosse una
rete composta da più nodi interconnessi tra loro, possiamo associare la mappa mentale
al circuito di trasmissione delle informazioni (domanda), mentre il VT è associabile al
circuito di ricezione delle informazioni (risposta). Nel primo caso infatti io utilizzo la
mappa mentale per ritenere l’informazione che assimilo in quel momento. Nel secondo
caso invece io utilizzo il VT per trasmettere informazioni ad un altro soggetto, il
destinatario del mio messaggio ricorderà l’informazione associandola al VT.
129
2° differenza
Probabilmente è chiarissima anche a distanza di tempo per chi l’ha costruita, ma non per
noi che non la conosciamo. Abbiamo bisogno di contestualizzarla per comprenderla,
abbiamo bisogno di una breve descrizione testuale di quello che rappresenta.
Proprio a causa della 1° differenza riportata sopra, la mappa mentale spesso non è
comprensibile se non a chi l’ha costruita. Affinché la mappa mentale sia un Visual
Thinking devo renderla comprensibile anche agli altri.
41
Tony Buzan, The mind map book
130
3° differenza
La mappa rappresenta in un’unica pagina tutte le connessioni esistenti fra i nodi della
rete, nel Visual Thinking invece possiamo utilizzare l’ipertesto evitando quindi di
sovraccaricare la pagina.
131
La mappa è una fotografia che lo sguardo “cattura”, il Visual Thinking è una fotografia
che lo sguardo “esplora”.
132
LA FOTOGRAFIA
133
VISUAL FABER
42
Ave Appiano, 1993, Comunicazione visiva. Apparenza, realtà, rappresentazione; Utet Università
134
“L’arte è un’esperienza fondamentale. Essa deriva dall’innato desiderio dell’uomo di
sviluppare un mezzo che gli permetta di esprimere la sua vita interiore.”43
Osservare. La regola più importante, su cui mi sono già soffermata, è proprio quella di
osservare. Non commettiamo l’errore di chiuderci all’interno dei nostri progetti, ma
guardiamoci intorno. Guardiamo soprattutto a cose fatte da altri più bravi di noi,
guardiamo a soluzione applicate in passato, a esperienze in campi diversi dal nostro,
facciamo tesoro di tutto quello che ci circonda. Il nostro magazzino di immagini si
arricchirà inconsciamente, e quando ne avremo bisogno, proprio quando meno ce lo
aspettiamo, il nostro intuito e la nostra sensibilità artistica (che ognuno di noi ha)
affioreranno.
43
Giedion S., 1962, The Eternal Present: the Beginning of Architecture, Bpllingen Foundation-Pantheon
Books, New York (trad. It. L’eterno presente, Feltrinelli, Milano, 1967)
135
“Questa è la vita, la materia prima di ogni artista, ed è importante osservarla e assorbirla
costantemente.”44
Struttura. Tutto, ogni cosa, nel mondo in cui viviamo è (o pare che sia) regolato dalle
strutture. Queste sono in realtà sempre a quattro dimensioni poiché le forme delle cose
si trasformano continuamente […] noi per ora non consideriamo questa quarta
dimensione che è data dal tempo, considereremo invece le altre tre dimensioni:
larghezza, lunghezza, altezza. […] le strutture altro non sono (credo) che un equilibrio
di forze.45
La prima cosa da fare, di fronte allo spazio bianco, futuro contenitore del nostro Visual
Thinking, è quello di immaginarne la struttura. Cerchiamo per prima cosa di assegnare
gli spazi a parole e immagini che vogliamo far comparire. La fase di progettazione è
molto importante, e in questo momento dobbiamo aver perfettamente chiaro tutto ciò
che vogliamo mostrare. Questo è necessario perché anche una piccola integrazione
successiva potrebbe disarmonizzare la pagina e rompere l’equilibrio che abbiamo
creato. Per determinare gli spazi dobbiamo decidere in parallelo l’ordine di lettura,
derivante ovviamente dalla gerarchia tra le informazioni.
Alcuni esempi di struttura: ordine alfabetico, categorie di significato, ordine
cronologico, continuum, blocchi di contenuto etc. Nel determinare la struttura possiamo
inoltre scegliere tra una composizione simmetrica, che trasmette ordine, tranquillità,
armonia, oppure una composizione asimmetrica, che al contrario trasmette instabilità
ma anche movimento, dinamismo.
44
David Barner, Sheena Calvert, Anoki Casey. Graphic design. Principi di progettazione e applicazioni
per la stampa, l’animazione e il Web, Hoepli, 2011
45
Bruno Munari. Design e comunicazione visiva. Contributo ad una metodologia didattica. Editori
Laterza, 1993
136
Inoltre linee orizzontali suggeriscono l’esistenza di orizzonti, quelle verticali
trasmettono energia, potenza.
137
Immagini. “Il privilegio dell’immagine, opposta in questo alla scrittura, che è lineare, è
di non obbligare ad alcun senso di lettura: un’immagine è sempre prima di vettore
logico”.46
Possiamo scegliere tra fotografie, icone, disegni a mano, illustrazioni etc. la scelta è
ampia. Cerchiamo di essere coerenti: utilizziamo sempre uno stesso stile all’interno di
uno stesso Visual Thinking.
Colori. Il colore si percepisce ancora prima della forma e dei dettagli, per questo è bene
utilizzarlo con criterio per sfruttarne tutte le peculiarità. “Gli abitanti della Polinesia
posseggono un sapere cromatico ricchissimo, riuscendo a distinguere e a usare per
comunicare un numero molto elevato di colori48; le tribù maori utilizzano quasi un
centinaio di rossi e gli eschimesi riconoscono sette tipi di bianco49. Per l’uomo
metropolitano delle società opulente, invece, l’assuefazione agli spazi urbani
tendenzialmente monocromi, produce una generica e quasi totale difficoltà di
differenziare i colori, di sentirne le possibili suggestioni “poetiche”.”
46
R. Barche, il grado zero della scrittura
47
Ave Appiano, 1993, Comunicazione visiva. Apparenza, realtà, rappresentazione; Utet Università
48
Berlin B., Kay P., 1969, Basic Color Terms, University of California Press, Berkeley-Los Angeles
49
Brusatin M., 1978, “Colore”, in “Enciclopedia”, Einaudi, Torino, vol. 3
138
Queste sono le tre caratteristiche che determinano ogni colore:
Tonalità. È la qualità percettiva di ogni colore. È la stessa qualificazione del
colore (es. rosso, giallo etc.)
Luminosità. Riguarda le variazioni di intensità del colore
Saturazione. È il grado di purezza del colore
In generale i colori caldi (rosso, arancio, giallo) stimolano i sensi, sono capaci di
suscitare emozioni quali gioia, benessere, aggressività etc. i colori freddi invece (blu,
verde) trasmettono calma, serenità, pace. Mentre i colori caldi si avvicinano a chi
osserva, quelli freddi si allontano. Anche in questo caso utilizzare il contrasto tra più
colori è strategico… ad esempio in una pagina in bianco e nero, un piccolo puntino
rosso spiccherà senz’altro rispetto a tutto il resto. Ricordiamoci sempre che il colore
stampato non sarà uguale a come lo vediamo sullo schermo del nostro pc.
139
Movimenti oculari
Infine una piccola annotazione rispetto ai movimenti oculari. Tutti noi, in genere e salvo
eccezioni, procediamo con una lettura a Z dello spazio che abbiamo davanti. Per prima
cosa percepiamo ciò che è situato in alto a sinistra dello spazio, poi scendiamo verso il
basso lungo una curva a z, per infine fermare l’occhio in basso a destra. IN BASSO A
DESTRA: questa è la parte dello spazio che ognuno di noi tende a ricordare
maggiormente, anche perché l’ultima su cui si sofferma.
140
salto riga.
IL CAST
141
142
CAPITOLO 3
ALCUNE ESPERIENZE
143
INTRODUZIONE
Sintesi fotografica: il testo può assumere diverse forme con lo scopo di catturare
l’attenzione dell’utente per facilitare il reperimento delle informazioni e la creazione di
propri percorsi formativi.
Affinché non vi siano incomprensioni e ambiguità, dobbiamo capire come dare forma al
testo e come rappresentare la conoscenza. La ricerca sta proprio nel capire quali forme può
assumere il testo, innanzitutto per creare interfacce per l’utente semplici da utilizzare, di
comprensione immediata, e d’altra parte per cercare di creare un ambiente che realmente sia
utile al reperimento e allo scambio di informazioni.
Quali forme può assumere il testo?
Quale stile comunicativo deve essere utilizzato?
Quale grado di sinteticità è più adatto?
Come individuare le parole chiave?
Come creare un ambiente familiare, sicuro, facilmente navigabile e comprensibile?
Ecco in questo capitolo alcune esperienze relative a vari studi effettuati in questi campo.
144
OLAF BREIDBACH E FEDERICO
VERCELLONE: PENSARE PER
IMMAGINI TRA SCIENZA E ARTE
Se non pensassimo per immagini non ci capiremmo. L’immagine può rappresentare l’universalità, ovvero
la responsabilità del sapere. L’immagine rende certa la nostra comprensione delle cose.
Oggi siamo dominati dall’immagine, si riaffaccia la potenza della rappresentazione iconica, oggi, che
già l’antichità aveva conosciuto.
l’immagine è dotata di un’identità operativa: essa configura le nostra visione del mondo e delle cose.
Ad esempio Ernst Haeckel (Jugendstil) intuiva già dentro la natura le forme proprie
dello stile liberty, le vedeva già dentro la natura stessa. O anche Warhol non ha fatto
altro che manifestare in immagine la società americana degli anni ’60.AbyWarburg
afferma che non è che ci portiamo dentro delle immagini così come in un archivio, ma
ce ne appropriamo. Per questo non è sufficiente intenderle semplicemente come
immagini. Le immagini sono il nostro modo di vedere il mondo e di conoscerlo, ma
anche di comunicarlo:
Cézanne, con la sua opera, esemplificò la peculiarità dell’immagine e così, nel dipingere una campagna,
non tematizzò semplicemente una campagna ma la sua immagine di campagna.
145
E ancora:
Quando vediamo è come se avessimo una “preveggenza” del mondo, l’immagine è una porta di accesso
verso il mondo. Non è tanto importante sapere cosa si rispecchia in un’immagine, ma è importante
sapere che cosa ci viene restituito da essa. Afferriamo un’immagine e la facciamo nostra, diventa
un’immagine interiore, e mano a mano creiamo un ordine interno.
Quello che traspare da queste teorie è che noi facciamo proprie le immagini,
trasformiamo immagini esterne in immagini interne. Il nostro stesso essere è fatto di
immagini. Questa riflessione filosofica mi colpisce soprattutto per il fatto che evidenzia
come ognuno di noi abbia un proprio “essere” fatto di immagini. Le immagini risiedono
in noi e attraverso di esse siamo in grado di conoscere il mondo. Attraverso di essere
siamo in grado anche di comunicare. Vi è una citazione che riassume secondo me tutto
questo pensiero e che i due autori suggeriscono:
“Il nostro pensiero non sta prima del nostro agire. Calciatori come il leggendario Gerd Müller potevano
esprimere tutto questo dicendo: “Se ci pensi prima, la palla è andata”.
146
mano, in un processo che sembrerebbe assurdo … dalla mano nascono nuovi pensieri. È
un circuito in cui le idee affiorano dalle precedenti.
147
INFOGRAFICA
Elmer Wheeler disse negli anni ’40: “Sell the sizzle, not the steak” ovvero “vendi il
fumo, non l’arrosto”. Questa era pubblicità.
“l’infografica è la più nuova disciplina del design. È un segno del nostro tempo: quando il messaggio e il
significato sono così centrali, l’infografica non solo è importante ma fondamentale. Con le tecnologie di
comunicazione sempre più sofisticate, abbiamo imparato che chi produce informazione illustrata è
soggetto a subirne gli effetti quanto il destinatario, in positivo e negativo.”50
L’infografica è utile, importante, significativa e funzionale: è una potente forma di design che dovrebbe
parlare in modo chiaro e non ambiguo, mettendo al primo posto il messaggio senza sacrificare la
bellezza e l’innovazione del design. Se funziona bene, lo si nota appena. Rende la vita più facile e può
illustrarci un argomento che prima si ignorava del tutto. Se non funziona, può distorcere l’informazione,
50
Saul Wurman, Robert Jacobson, Information Design
148
creare confusione, o non passare alcune informazione. […] gran parte del lavoro di chi fa infografica è
invisibile. 51
Uno dei precursori dell’infografica è Otto Neurath che negli anni ’30 del novecento
ideò una serie di pittogrammi universali che vediamo ogni giorno nelle comunicazioni
attuali. A lui si deve l’ISOTYPE (International System of Typographic Picture
Education), una serie di pittogrammi ideati originariamente con lo scopo di facilitare
l’apprendimento dei bambini, poi invece utilizzati universalmente per ogni tipo di
comunicazione.
51
Graphic design, principi di progettazione e applicazioni per la stampa, l’animazione e il web, David
Dabner, Sheena Calvert, Anoki Casey
149
EDWARD TUFTE
“Una rappresentazione visuale di dati dovrebbe essere abbastanza semplice da stare sul portellone di un
furgone”.
150
Mappa dell’epidemia del colera di John Snow
151
In questo ultimo esempio Tufte sottolinea come l’elenco dei nomi in ordine cronologico
piuttosto che alfabetico sia molto più impattante. Infatti l’ordine cronologico
contestualizza ogni sacrificio nell’ottica globale di tutta la guerra.
152
D’altro canto critica fortemente le presentazioni in Powerpoint perché permette
l’utilizzo e la proiezioni di grafici spesso inutili a causa della bassa risoluzione, perché
le slide hanno poco spazio a disposizione, perché spesso il poco spazio a disposizione
viene riempito da titoli, loghi, firme etc. perché il ppt determina per forza di cose una
rigida gerarchia nella presentazione dei vari argomenti.
153
Il VT è infografica. L’informazione viene comunicata attraverso l’immagine.
L’immagine è il media dell’informazione. Ma come ben sappiamo, il medium è il
messaggio52.
Per cui l’immagine deve essere esaustiva, non deve avere bisogno di spiegazioni, deve
essere diretta. L’immagine deve essere a prima vista comprensibile, senza lasciare
eventuali interpretazioni o distorsioni del significato.
Il nostro è un continuo scambio con il mondo, più recepiamo stimoli, più siamo in grado
di crearne di nuovi. Il mondo arricchisce il nostro animo, e con la giusta
predisposizione, saremo a nostra volta in grado di arricchirlo con un po’ del nostro
essere. Non scordiamo mai di essere curiosi, di guardare al di fuori con l’infantile voglia
di scoperta che ci segue fin dall’inizio.
52
Marshall McLuhan
154
155
VT PS
TEORIE E SPERIMENTAZIONI DI DAN
ROAM
Dan Roam è oggi forse l’autore che più di altri sperimenta le potenzialità del Visual
Thinking.
Egli ha compreso come la forza delle immagini possa essere utilizzata dall’uomo per
risolvere i problemi. Roam utilizza quindi il Visual Thinking non solo come strumento
di rappresentazione delle informazioni ma anche come strumento di problem solving
(VT PS).
I problemi che affronta sono problemi attuali, come quello di lanciare un nuovo
prodotto sul mercato, definire strategie di mercato, individuare la mission di una grande
multinazionale … Roam sostiene che se il problema è difficile da visualizzare, anche la
soluzione resta invisibile. Per cui ecco la funzione del Visual Thinking.
Ogni problema può essere reso chiaro grazie alle immagini, ogni figura può essere
creata utilizzando uno stesso insieme si strumenti e regole.
Le immagini sono in grado di semplificare concetti complessi, sono in grado di
sintetizzare grossi sistemi di informazioni. Grazie ad esse riusciamo a vedere, a
comprendere, e dunque a risolvere!
The basics of VT have nothing to do with creating charts on a computer. Vt is learning o think with our
eyes and it doesn’t require any advanced technology at all. […] There are really only three tools that
156
we’ll need to become great at solving problems with pictures: our eyes, our mind’s eye, and a little hand-
eye coordination. I call theseour “built-in” visual thinking tools”.53
Ok, questi 3 elementi possono bastare per risolvere i problemi con le immagini, ma
forse dovremo affidarci oltre che ad occhi, occhi delle mente, e coordinazione occhio-
mano anche a degli software avanzati, probabilmente difficili da gestire? La risposta è
no, ognuno di noi secondo Roam è in grado di costruire Visual Thinking, è una capacità
innata, ed è per questo, egli afferma, che la mano è più potente del mouse.
“Visual thinking i san extraordinarily powerful way to solve problems, and though it may appear to be
something new, the fact is that we already know how to do it.”
Alle persone piace vedere i disegni fatti da altre persone. Durante una presentazione il
pubblico risponde meglio a disegni fatti a mano che a icone grafiche. I disegni fatti a
mano sono più veloci da fare e da cambiare. Spesso l’immagine che alla fine scegliamo
è diversa da quella che avevamo in mente, per questo dobbiamo avere il coraggio di
tornare indietro e di cambiare. Con il computer rischiamo di scegliere una figura
sbagliata. Questi i motivi per cui Visual Thinking per Dan Roam significa trasporre
delle immagini su carta, a mano.
53
The Back Of The Napkin: Solving Problems And Selling Ideas With Pictures, Dan Roam
157
Come quando attraversiamo la strada:
158
Seeing (selecting and clumping)
L’analisi si fa più dettagliata. Selezioniamo gli elementi e raccogliamoli in categorie.
Filtriamo le informazioni rilevanti: vedere significa selezionare ciò che è importante.
Diamo un senso a ciò che abbiamo raccolto.
Imagining
Bisogna iniziare a manipolare le informazioni. Vediamo cosa ancora non c’è. Emergono
nuove connessioni tra le informazioni che ho raccolto nelle fasi precedenti?
159
Showing (making it all clear)
Dobbiamo sintetizzare tutto ciò che abbiamo visto per mostrarlo agli altri. Dobbiamo
trovare la migliore struttura per rappresentare le nostre idee, mettere su carta ciò che
nella nostra immaginazione, e rispondere alle domande dei nostri interlocutori.
Nel mostrare dobbiamo assicurarci vi siano queste informazioni: chi/che cosa, quanto,
dove, quando, come, perché.
Dobbiamo per prima scegliere una struttura: esiste una struttura corrispondente ad ogni
tipo di informazione rilevata.
Per cui avrò un ritratto per il chi / che cosa, un diagramma per il quanto, una mappa per
il dove, una timeline per il quando, un diagramma di flusso per il come, un grafico a
più variabili per il perché.
Oltre a questi schemi proposti da Roam è possibile affidarsi, anche ad altri tipi di
struttura.
160
Riporto qui una tavola periodica di differenti metodi di visualizzazione.54
Anche qui quindi il tipo di struttura scelte dipende dal tipo di “informazione” che
abbiamo.
54http://www.visual-literacy.org/periodic_table/periodic_table.html
161
Tornando a Roam, una volta individuata la struttura bisogna su di essa creare
un’immagine, e infine spiegarla. Come il pocker, il VT si esprime attraverso un
linguaggio formato da pochissimi elementi. Non servono capacità grafiche elitarie, tutti
possiamo fare VT. Gli elementida utilizzare sono semplici ed elementari:
162
poi di trascrivere gli elementi del problema in termini visivo-spaziali, mantenendo un
rapporto di somiglianza con le situazione reali, e quindi permette di operare su questi
elementi in modo più produttivo rispetto ai simboli logico-verbali (che implicano un
maggior livello di astrazione ed un maggior numero di mediazioni concettuali9,
restando così più aderente alla realtà.
163
LE REGOLE 10-20-30 DI GUY
KAWASAKI
Kawasaki, noto imprenditore statunitense nel campo della tecnologia moderna, ha
individuato alcune linee guida per sviluppare presentazioni in powerpoint efficaci.
Ricordiamo ce il powerpoint è uno degli strumenti principali con cui costruire Visual
Thinking: è facile ed universale. Kawasaki ha chiamato il suo metodo in “10/20/30
PowerPoint rules”, vediamo come funziona.
10 per le slide totali della tua presentazione. So che stai scuotendo la testa ma continua a
leggere.
30 come la grandezza verticale del font del testo nelle tue slide.
Da questo metodo possiamo capire come la sintesi sia centrale in una comunicazione
efficace. Non solo sintesi, ma anche precisione. Bisogna selezionare anzitutto le
informazioni principali, quelle che si vogliono tradurre in slide … ovvero in immagine.
Escludere le altre non significa perdere qualcosa, significa scegliere un diverso mezzo
di comunicazione. Selezioneremo i concetti che vogliamo comunicare con le slide e che
più si prestano a questo: idee, concetti, facilmente traducibili in schemi, diagrammi,
figure, colori, parole chiave etc. Con le slide, riusciremo a veicolare l’essenza, quello
che voglio rimanga impresso come immagine nelle mente di chi mi sta ascoltando.
Questo non significa perdere tutto il resto! Posso comunicare a voce le informazioni che
arricchiscono la mia presentazione e collocarle all’interno della slide mano a mano che
parlo (ma senza trascriverle). Oppure posso predisporre delle dispense di
164
approfondimento da consegnare. L’importante è che quelle 10 slide rimangano impresse
nelle mente: saranno queste a fare da connettori con le informazioni comunicate
attraverso altri mezzi. Le slide fungeranno da link agli argomenti di approfondimento.
Oltre la sintesi, capiamo grazie alla seconda regola, che in una presentazione non
possono essere riversati troppi concetti. Il cervello andrebbe in confusione. Pochi
concetti chiave alla volta, non possiamo bombardare chi ci ascolta con troppe
informazioni, molte si perderebbero. Infine la grandezza dei caratteri: la parola deve
diventare quasi un’immagine. È inutile utilizzare powerpoint come se fosse un
documento di testo o come fosse un foglio elettronico!
165
4 M’S MODEL
DAVID ARMANO
Armano individua alcune linee guida per creare Visual Thinking. Si affida ad un
modello che egli definisce delle 4 M, ovvero:
166
Le 4 M del modello sono:
Metafora
Modello
Mappa mentale
Manifesto
Va ricercata quindi per prima cosa una metafora che possa tradurre la nostra idea in
un’immagine universalmente condivisa. Va poi individuato un modello, ovvero una
struttura in cui organizzare le informazioni relative all’idea che vogliamo trasmettere.
Metafora e modello devono fondersi in un’unica immagine.
Attraverso la mappa mentale è necessario raccogliere tutte le informazioni, anche quelle
non “visibili” fin dall’inizio. Infine il “manifesto”, ovvero manifestare ciò che abbiamo
raccolto nella mente. L’idea deve tradursi in rappresentazione visiva. Questo deve
accadere sia attraverso la pianificazione sia attraverso l’improvvisazione.
167
Per seguire questo schema dobbiamo guardare il mondo come fossimo dei bambini,
osservare anche i più piccoli dettagli che spesso vengono trascurati, chiedere, fare
domande, ed esplorare, stimolare la nostra curiosità. Dobbiamo memorizzare le
informazioni, analizzare, sintetizzare. Infine visualizzare e poi fare.
168
VISUAL THINKING ED EDITORIA
Oggi si parla di Visual Thinking soprattutto nel web, e per il web. Visual Thinking
sembra essere fatto su misura per il mondo digitale. È certo che il supporto digitale si
presta benissimo alla natura e alle potenzialità del VT. Basti pensare che la modalità di
lettura di un utente del web è assai differente di quella di un comune lettore. Nel web o
al computer la lettura si fa veloce, salta da una pagina all’altra, l’utente scrolla la pagina
su e giù, si leggono frammenti di informazioni, poi si passa velocemente ad altro. Si
clicca su un link che riporta ad un’altra pagina, poi se si vuole si torna indietro, o si va
ancora più in profondità. Il VT è perfetto per questo mondo veloce e iperstrutturato. Ma
non dobbiamo scordare che il VT può essere utilizzato anche per la carta stampata, e in
editoria ci sono già esempi noti e ampiamente diffusi. Un esempio è quello di Compact
Visual ovvero dei dizionari visuali. L’immagine qui diviene centrale perché è
un’informazione universale. Diviene “Stele di rosetta” tra una lingua ed un’altra. In
questi dizionari è fondamentale l’associazione tra immagine e parola, ma altrettanto
importante è la categorizzazione concettuale in vari argomenti.
169
Un altro esempio è il NEOLIBRO®, un nuovo formato per la comunicazione delle
informazioni, pensato sia per la carta che per il digitale. Canale sia i informazione che di
formazione. La rappresentazione dei concetti in core contents e in subcontents facilita la
memorizzazione. Si basa su:
- La granularizzazione dei contenuti
- Espressione totalmente visiva
170
l’ordine di acquisizione degli argomenti secondo la sua predisposizione e il suo bisogno
formativo. Ogni tavola è poi formata da vari subcontents che costituiscono un livello
più approfondito di lettura. In ogni tavola inoltre è presente una mappa che mostra il
contesto in cui è inserita, per cui si ha sempre una visione generale, l’individuo sa
sempre in che punto si trova.
171
172
CAPITOLO 4
LA FORMULA DEL VT
173
INTRODUZIONE
Al termine di questa panoramica teorica e pratica, abbiamo ora tutti gli elementi
necessari per delineare un metodo guida per la costruzione di Visual Thinking.
Abbiamo visto come nel capitolo precedente vi siano già stati esperimenti in questo
campo, ma in generale vi è ancora confusione, e il Visual Thinking spesso viene inteso
secondo prospettive differenti e utilizzato per vari scopi.
In questo capitolo dunque si risponde finalmente alla domanda di ricerca, ovvero qual è
il metodo più efficace per costruire un Visual Thinking?
Quali sono le linee guida da seguire, che strumenti utilizzare, in che ambito, in quale
contesto, secondo quale procedura? Ovviamente va determinato prima fra tutti lo scopo
di un Visual Thinking. Abbiamo visto come la rappresentazione visiva possa essere
utilizzata per il problem solving, oppure a fini comunicativi, pubblicitari, informativi
etc. In questa sede lo scopo è definire un metodo in ambito formativo: quindi come
costruire VT con lo scopo di veicolare una certa informazione. Come strutturarlo e
predisporlo affinché i concetti che si trasmettono siano facilmente compresi, appresi,
memorizzati? Il VT viene qui considerato quindi come uno strumento di erogazione del
sapere, uno strumento capace di tradurre concetti spesso complessi, difficili, o
semplicemente “noiosi” in una modalità più easy, facile, veloce ed efficace allo stesso
tempo. VT come strumento di edutainment.
174
In questo capitolo troviamo la risposta alla domanda di ricerca, riprenderemo infatti la
definizione di VT, ne definiremo gli obiettivi ma soprattutto individueremo un metodo
per la sua costruzione.
175
IL KIT DEL VISUAL THINKING
Per fare Visual Thinking non servono strumenti ricercati e difficili da reperire/gestire. Il
kit si compone di strumenti semplici ed intuitivi e che spesso ci troviamo ad utilizzare
già nel nostro ambito professionale. Non serve nemmeno avere capacità “artistiche”
elevate. Con l’esperienza svilupperemo senz’altro la nostra creatività e il nostro modo di
associare i concetti che vogliamo esprimere con delle immagini e delle interconnessioni
significative.
Nel nostro kit innanzitutto non devono mai mancare… carta e penna. Può sembrare
riduttivo e scontato, ma fare un veloce schizzo su carta si permettere di cogliere appieno
l’embrione delle nostre idee. L’intuizione si posa facilmente sul foglio di carta, ed anche
se ad altri può sembrare un disegno informe e privo di significato, per noi rappresenta
sicuramente la concretizzazione di quello che stavamo pensando in quel preciso
momento. Inoltre lo schizzo su carta ci permette di fare ordine, di avere una visione
d’insieme su tutto quello che vogliamo esprimere. Se ci esercitiamo, vedremo come un
semplice disegno possa aiutarci a chiarirci le idee, e a comunicare ad altri quello che
intendiamo dire. Spesso, almeno a me accade, per esprimere un’idea, formulare un
piano di attività, definire l’ordine e la struttura di un testo, mi capita di prendere come
prima cosa carta e penna. Comincio a scrivere, a dare forma al pensiero, e tutto diventa
subito più chiaro, e più concreto. Posso procedere in varie maniere. Il metodo che
preferisco è quello di annotare con velocità e senza pensarci troppo le parole chiave che
mi vengono in mente. Dispongo ogni parola nello spazio bianco del foglio, dopodiché
inizio a cercare una forma, un’immagine che le leghi. E l’immagine viene da sé.
Successivamente è molto semplice descrivere quel che ho disegnato, perché devo solo
descrivere a parole quello che ho già rappresentato. Ben diverso invece è cercare di
afferrare tutto in una volta quello che ci passa per la testa. Quindi, carta e penna sono gli
strumenti che non devono mai mancare ad un Visual faber.
Certo è che siamo nell’era del digitale, ed oggi l’informazione viaggia su questo
meraviglioso ed istantaneo canale di trasmissione. Sarebbe stupido quindi non sfruttare
le potenzialità e gli strumenti che oggi troviamo sul web, o anche software che
176
difficilmente mancano in un personal computer. In questa sede voglio descrivere
brevemente 3 programmi con cui realizzare Visual Thinking. Sono semplicissimi da
utilizzare, a basso costo e facilmente reperibili.
Microsoft Powerpoint. Seppure criticato da alcuni autori, come abbiamo visto nei
capitoli precedenti, Microsoft Powerpoint è lo strumento più flessibile e più facilmente
utilizzabile da un Visual Faber. Ci permette di gestire immagini e testo con estrema
semplicità. Ogni slide ci obbliga a strutturare gli argomenti in modo da evitare di
“ammucchiare” insieme troppe informazioni ed evitare così schemi caotici. Inoltre è
possibile inserire animazioni, ed oltre a testi e immagini, è semplicissimo linkare a
video, documenti esterni di approfondimento, file audio, link a siti web. È possibile poi
selezionare il formato che si preferisce, per cui non siamo limitati al più diffuso A4,
bensì possiamo progettare la slide anche in formati più grandi (es.A3), che una volta
stampati sono più di forte impatto. Infine, ma non meno importante, non bisogna
scordare che il ppt è facilmente convertibile in formato pdf, e questo significa minimo
peso del documento finale, e non problematicità nella sua diffusione. Il pdf è infatti un
file letto da qualunque pc, senza il rischio che le sue componenti si spostino o non siano
visibili ad alcuni utenti. Ovviamente qui non possiamo fare un corso su Microsoft
Powerpoint, ma è talmente semplice ed intuitivo utilizzare questo software che
trasformare il nostro schizzo analogico su carta in un Visual Thinking digitale sarà un
gioco da ragazzi.
Prezi - The zooming presentation editor. Questo programma è disponile sul web e si
può acquistare facilmente con carta di credito o carta prepagata.
177
È possibile scaricarlo sul proprio pc per un determinato periodo di tempo. Online sono
disponibili la guida d’uso e numerosi esempi. Chi utilizza questo programma infatti è
ben disposto a condividere con la community online i propri esperimenti, da quelli
meglio riusciti a quelli migliorabili. Dal confronto nascono idee e nuove modalità di
rappresentazione. Prezi funziona per connessioni. Si seleziona un tema di fondo su cui
lavorare, poi all’interno di questa immagine di primo livello, si posizionano altri temi,
di secondo livello, successivamente si scelgono quelli di terzo livello e così via. Si
ragiona dunque con una struttura ad ipertesto, dove ogni hub della rete è connesso ad
altri (i concetti da legare tra loro). Per cui una volta determinati tutti gli elementi della
rete, che possono consistere in immagini o in un testo, si passa a determinare l’ordine di
lettura.
Al termine di questa fase si ottiene una presentazione simile a quella del powerpoint ma
diversa per funzionamento. Mentre nelle presentazioni, si procede in maniera lineare, e
quasi “statica”, su Prezi si procede “a salti”. Il tema di primo livello è sempre presente,
ed è navigabile in maniera interattiva. Per cui cliccando sulle varie parti del tema a cui
abbiamo associato un significato, si dà vita alla presentazione. Il rischio in questo caso è
questo: la presentazione può anche essere di un impatto elevato (superiore certamente al
178
risultato che si ottiene con Microsoft Powerpoint), ma se facilmente comprensibile a chi
l’ha creata, può invece generare confusione nel destinatario del messaggio, che ignora le
ragioni e l’obiettivo del progetto. Bisogna quindi essere molto bravi nella fase di
progettazione affinché il significato sia compreso anche da chi naviga i temi della rete
senza conoscerne il meccanismo latente. Prezi inoltre rende disponibili format pronti da
utilizzare, icone, colori, font etc. per cui è facilissimo creare presentazioni “armoniche”
e graficamente piacevoli.
Altri programmi ovviamente sono, per chi sa usarli, quelli utilizzati dalla maggior parte
dei grafici (es. Illustrator, Photoshop, InDesign), ma in questo caso bisogna avere altre
competenze ed essere professionisti del settore se si vogliono ottenere risultati
all’altezza delle nostre idee.
Trasversalmente non dimentichiamo, ma questo lo abbiamo già visto nel capitolo del
Visual Faber, che nel costruire Visual Thinking abbiamo a disposizione, oltre al testo, e
all’immagine, anche altri strumenti: i colori innanzitutto, i font, le dimensioni del
carattere, librerie di icone a cui associare significati standard, fotografie (che potremo
pensare anche di auto realizzare) etc..
Non dimentichiamo che il kit di un Visul faber in realtà non smette mai di arricchirsi.
Per cui dentro la nostra cassetta degli attrezzi, dovremo collezionare nel tempo
179
esperimenti altrui, esperienze nostre ben riuscite ( o mal riuscite), film che abbiamo
visto e immagini che ci hanno particolarmente colpito, linee dell’orizzonte che abbiamo
trovato notevolmente armoniche e significative, inquadrature spettacolari, ricordi
infantili, racconti e storie, capi di abbigliamento, etc. Ricordiamoci sempre di attingere
da tutti i campi della nostra vita, solo così sapremo non assopire nella routine e sfociare
in rappresentazioni che si somigliano tutte.
180
IL MODELLO
VT
strumento di rappresentazione della conoscenza
OBIETTIVO VT
erogare il sapere in ambito formativo aziendale
VT COME CORTOMETRAGGIO
Nelle pagine precedenti abbiamo visto come tutti gli elementi presi in considerazione
fossero come parte di una pellicola cinematografica. Nella costruzione di un film vanno
presi in considerazione vari aspetti: la regia, la sceneggiatura, il soggetto, il cast etc.
possiamo paragonare il Visual Thinking ad un cortometraggio. Ne ha tutte le
caratteristiche. Entrambi sono strumenti di comunicazione visiva, ed entrambi, per
181
funzionare e catturare attenzione, ma soprattutto per fissare nell’animo degli “spettatori”
l’idea centrale che li genera, devono rispondere a determinate regole. Nessun dettaglio
può essere trascurato.
1 – UN’IDEA
Cosa dobbiamo comunicare? Scegliamo un concetto, uno solo, e costruiamo il tutto
intorno a questo unico messaggio. Se l’idea è complessa ed è composta da più
argomenti, suddividiamola, predisponiamo più VT. Non possiamo veicolare troppe
informazioni insieme. Un visual thinking può veicolare una sola idea alla volta.
2 – IL CASTING
Selezioniamo tutte le informazioni inerenti il messaggio che vogliamo trasmettere.
Raccogliamo tutta la documentazione disponibile, anche tutti quegli elementi e dati che
potrebbero essere accessori.
182
3 - ORGANIZZAZIONE
Selezioniamo le informazioni principali che determinano e illustrano il messaggio,
definiamo una gerarchia. Individuiamo le categorie in cui raggruppare le informazioni e
determiniamo una struttura che definisca una gerarchia tra gli argomenti. In questa fase
non scartiamo nulla. Dobbiamo creare un ordine di lettura del messaggio.
4 – SELEZIONI - LA SCREMATURA
Immagina ora il VT come fosse il primo livello di un
ipertesto. Tra tutte le informazioni che hai raccolto seleziona
quelle principali, solo quelle che vuoi far apparire.
Determina quali sono quelle secondarie, e ipotizza come
poterle rappresentare. Puoi costruire tanti VT quanti sono
gli argomenti, oppure posso affidarmi ad altri mezzi di
comunicazione. Per argomenti lunghi e dettagliati posso
rimandare a documenti di approfondimento. Oppure posso
utilizzare il canale uditivo e quindi prevedere una guida
audio che arricchisca il VT con ulteriori informazioni o che
ne spieghi l’ordine migliore per la lettura.
183
5 – ASSEGNAZIONE DEI RUOLI - I PROTAGONISTI
6 –LA BOZZA
Disponi a mano le informazioni su carta, secondo l’ordine che hai individuato.
[…] il meccanismo interno che ci percorre quando il pensiero si traduce in immagine. Non so perché,
non so se è una caratteristica umana che andremo perdendo con l’avanzare del digitale, animali come
siamo abituati alla carta, ma mi succede che quando voglio tradurre il mio pensiero in immagine, devo per
prima cosa farlo con carta e penna. Il messaggio che dal cervello passa alla carta attraverso il mio braccio
è istantaneo, e la mia mano destra afferra le immagini del pensiero traducendole in immagini del mondo.
Se dovessi fare lo stesso con entrambe le mani sulla tastiera del computer perderei molte informazioni ed
idee, od anche il mouse distorcerebbe le linee che il mio pensiero disegna. È proprio questo il punto:
quando concepisco inizialmente un VT, la scintilla che lo crea deve per forza di cosa contemplare un
tempo “0” dove pensiero ed agire si fondono. Mentre disegno penso! Ed anzi succede anche che
scrivendo, disegnando, formando su carta linee, figure, parole … andando avanti secondo il ritmo dettato
dal mio cervello, il pensiero vada dietro alla mano, in un processo che sembrerebbe assurdo … dalla
mano nascono nuovi pensieri. È un circuito in cui le idee affiorano dalle precedenti. […]
184
rappresenti tutte le informazioni raccolte. Definisci le associazioni. Ricorda che vale
essere banali: scegli immagini universali.
“Ho detto loro, e lo ripeto spesso, di non pensare prima di fare. Di non cercare un’idea
per fare la composizione. Spesso un’idea preconcetta mette in difficoltà l’operatore.”55
Ora noi partiamo in realtà proprio da un’idea, ma non stiamo facendo arte… quando
arriviamo a questo punto del progetto tuttavia cerchiamo di scordarci del “contorno”,
lasciamo andare, ascoltiamo i nostri pensieri e il nostro intuito. Ci guideranno
improvvisamente e inaspettatamente lungo la giusta strada.
7- CAPTURE
Nel cinema esiste una struttura di fondo nella costruzione del film, che serve a catturare
e a mantenere viva l’attenzione dello spettatore. In generale i “colpi di scena” vengono
posizionati all’inizio del film, a metà e alla fine.
All’inizio infatti l’attenzione degli spettatori è maggiore, mentre alla fine è maggiore il
ricordo. A metà film invece bisogna scuotere e recuperare l’attenzione. Ecco uno
schema che descrive l’andamento di un film:
55
Bruno Munari. Design e comunicazione visiva. Contributo ad una metodologia didattica. Editori
Laterza, 1993
56
David Barner, Sheena Calvert, Anoki Casey. Graphic design. Principi di progettazione e applicazioni
per la stampa, l’animazione e il Web, Hoepli, 2011
185
Possiamo distinguere in due tipi di VT: VT statici, in cui abbiamo a disposizione un
solo fotogramma. VT animati, in cui abbiamo a disposizione più fotogrammi. Tra i VT
animati non rientrano solo i filmati, ma anche presentazioni in powerpoint dove i
fotogrammi a disposizione corrispondono alle singole slide.
I primi li utilizzeremo nel caso in cui le informazioni da comunicare sono poche,
immaginiamoci un poster. I secondi li utilizzeremo nel caso in cui le informazioni sono
molte.
8 – COMPRENSIONE
Ora torna indietro: il VT è comprensibile? È auto consistente oppure ha bisogno di
essere spiegato? Puoi fare delle prove somministrandolo ad alcune persone. Se non si
capisce cosa vuole comunicare è il caso di tornare allo step n. 5 e ricominciare da capo.
186
META VISUAL THINKING: come costruire VT
1. UN’IDEA
qual è il messaggio
da comunicare?
2. CASTING
raccogli tutta la
documentazione
relativa all’idea
3. ORGANIZZAZIONE
individua categorie di argomenti e
definisci una gerarchia, un ordine
di lettura
5.RUOLI
assegna il ruolo di protagonisti a parole e
immagini determinate. La parola descrive,
l’immagine rappresenta
4. SCREMATURA 6.BOZZA
affida alla carta le tue
seleziona gli argomenti intuizioni, lasciati trascinare
dalla creatività
7. CAPTURE
scegli tra VT statico o VT animato, poi
assegna spazi, concedi rilievi. Dai
emozione. Cattura e mantieni
l’attenzione dei destinatari con le regole
base del graphic design, della fotografia,
. del cinema
8. COMPRENSIONE
verifica che il VT non abbia bisogno
di spiegazioni, altrimenti ricomincia
dal punto 5
187
188
CAPITOLO 5
LA COSTRUZIONE DEL VT
189
CORSO MULTIMEDIALE SULLA
PRIVACY
A partire quindi da un modulo formativo esistente seguirò punto per punto il metodo di
lavoro individuato nel capitolo precedente per trasformare lezioni audio video in lezioni
audio che usano la tecnica del Visual Thinking.
1. UN’IDEA
L’idea è quella di trasformare il corso multimediale sulla normativa per la protezione
dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003), prodotto da Amicucci Formazione, utilizzando
la tecnica del Visual Thinking. Il corso attuale è composto da vari learning objects, ed è
stato costruito sulla base del modello di emotional-learning secondo il quale la fruizione
costante di messaggi a piccole dosi vince su interventi formativi più forti ma isolati nel
tempo. Il corso è quindi strutturato in più moduli, ognuno dei quali formato da brevi
lezioni audio video in cui una guida vocale illustra i principali punti della legge,
accompagnata da parole chiave e immagini che compiono a schermo. Oltre a questo, si
aggiungono al corso elementi di edutainment che veicolano i messaggi con un
linguaggio caratterizzato da autoironia e humor. Gli elementi di edutaiment utilizzati in
questo corso sono vignette umoristiche, un cartoon, un gioco interattivo, letture
consigliate. In questo modo i contenuti sono ricordati nel tempo perché si agganciano
alla realtà e coinvolgono emotivamente l’utente.
57
Le peculiarità che caratterizzano il modello e lo rendono particolarmente efficace nella fase di
apprendimento sono:
massima esemplificazione di ogni contenuto, attraverso un linguaggio semplice, la
schematizzazione visiva, il continuo ancoraggio alle esperienze vissute
57
© Amicucci Formazione s.a.s di Amicucci F. & C.
190
leggerezza, piacere, humour. Attraverso queste modalità, che sono alla base dell’ideazione
dei contenuti, l’apprendimento viene facilitato, perché associato a stimoli piacevoli. Con un
pizzico di umorismo si abbattono le resistenze e si superano le paure
una progettazione molto rigorosa, con una cura approfondita dei messaggi formativi, del
ritmo della presentazione di tutti gli oggetti e del coordinamento degli stessi e metodologie
di editing dei contenuti studiate appositamente per la resa multimediale
coinvolgimento emotivo. La creazione dello stupore e della sorpresa, un pizzico di
trasgressione, l’ancoraggio all’esperienza concreta coinvolgono il discente e ne catturano
l’attenzione
memorizzazione dei contenuti, facilitata da modalità di presentazione che coinvolgono
tutti i canali sensoriali, dall’utilizzo di metafore e dal coinvolgimento emotivo
2. CASTING
La prima cosa da fare è quindi raccogliere tutta la documentazione necessaria: testi,
immagini, libri, saggi, immagini, articoli, aggiornamenti della normativa etc.
191
Immagini e video:
Libreria di icone
Vignette
Foto
Video sul web
Registrazioni sul web
Testimonianze:
Esempi forniti da un esperto del settore
Testimonianze sul web
3. ORGANIZZAZIONE
Una volta aver raccolto e studiato tutti i materiali di lavoro è possibile sviluppare una
mappa dei contenuti per avere in una sola schermata tutto ciò che abbiamo a
disposizione. Avremo così la visione d’insieme del corso e di tutte le informazioni
disponibili.
Per costruire questa mappa possiamo fare prima uno schizzo a mano su carta e poi
riportarlo in versione digitale, in modo che sia facilmente aggiornabile mano a mano
che ci documentiamo.
192
Ecco, questa è la nostra mappa dei contenuti. Se per l’introduzione, il cartoon, il gioco, i
libri l’aggiornamento del corso sarà prettamente grafico, per le lezioni audio video, e
quindi per il cuore del corso stesso, l’aggiornamento consisterà nel trasformare la
lezione esistente in un VT. Ogni unità che compone una lezione (es. obiettivi del codice
della lezione “introduzione”), corrisponderà ad un singolo VT. Infatti non possiamo
sviluppare un VT che raccolga ancora più informazioni, altrimenti rischiamo di fare
confusione.
193
Ecco alcuni immagini del corso multimediale esistente:
194
Ecco come ho applicato il metodo per costruire Visual Thinking, trasformando le
lezioni audio visive non semplicemente attraverso un aggiornamento della grafica.
1. L’IDEA
Come abbiamo fatto per il corso in generale, dobbiamo riorganizzare le lezioni a partire
dalle sue unità elementari. Ogni lezione è formata da varie unità didattiche che sono
composte da un testo letto da una guida vocale e da icone e parole chiave che, in
sincronia con la guida, compaiono a schermo. L’idea è quella di semplificare la lezione,
di renderla maggiormente comunicativa, più immediata, e più facilmente
memorizzabile. Ogni unità deve veicolare un solo messaggio, e questo deve essere
rappresentabile tramite VT.
Prendiamo come esempio una delle lezioni del corso: “Adempimenti”. Il testo della
lezione attualmente esistente è il seguente:
ALERT
Per saperne di più… vai alla lezione “Trattamento
dei dati”.
195
5.2 Consenso al Per il trattamento dei dati sensibili di regola è necessario il consenso
trattamento e scritto da parte dell’interessato, oltre all’autorizzazione del
autorizzazione Garante.
del Garante
ALERT
Per saperne di più… vai alla lezione “Trattamento
dei dati”.
Pdf di approfondimento n1
Autorizzazioni generali rilasciate dal Garante
Pdf di approfondimento n2
Notificazione obbligatoria del trattamento
ALERT
Per effettuare la notifica del trattamento o per consultare
il registro pubblico dei trattamenti, accedi alla pagina:
https://web.garanteprivacy.it
ALERT
In ambito sanitario, ad esempio, le finalità di cura
potrebbero essere alla base sia di un trattamento di
elaborazione dei dati sia di un trattamento di
diffusione degli stessi dati.
196
5.4. Obblighi di Il Titolare del trattamento deve comunicare preventivamente al
Doveri comunicazion Garante le seguenti circostanze:
e la comunicazione di dati personali da parte di un soggetto
pubblico ad un altro soggetto pubblico non prevista da una
norma di legge o di regolamento, effettuata in qualunque
forma anche mediante convenzione;
ALERT
Per contattare il Garante:
e-mail:
garante@garanteprivacy.it
indirizzo:
Piazza di Monte Citorio n. 121 00186 ROMA
centralino telefonico:
(+39) 06.69677.1
fax:
(+39) 06.69677.785
Pdf di approfondimento n3
Modalità di comunicazione
5.5. Richieste di Il trattamento dei dati deve essere preceduto dall’Autorizzazione del
Doveri autorizzazione Garante per determinate categorie di Titolari o trattamenti,
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
ALERT
L’autorizzazione del Garante è necessaria quando
si effettua un trattamento di dati sensibili.
ALERT
Per contattare il Garante:
e-mail:
garante@garanteprivacy.it
indirizzo:
Piazza di Monte Citorio n. 121 00186 ROMA
centralino telefonico:
(+39) 06.69677.1
fax:
(+39) 06.69677.785
Pdf di approfondimento n4
Modalità di comunicazione
197
2. CASTING
La prima cosa da fare è raccogliere tutta la documentazione.
Oltre al testo della lezione attuale, ricavata a suo tempo da vari materiali grezzi, è
ricercare possibili documenti di approfondimento, notizie o aggiornamenti su internet
etc. vanno recuperate informazioni aggiuntive che potranno o meno sostituire
informazioni già esistenti, oppure che rappresentano aggiornamenti della legge etc.
Oltre a testimonianze testuali è importante in questa fase raccogliere anche immagini
sull’argomento, foto, testimonianze, articoli etc. etc. in questo modo ci si costruisce una
visione d’insieme completa.
3. ORGANIZZAZIONE E LINGUAGGIO
Una volta raccolte tutte le informazioni aggiuntive, ho determinato, tra le informazioni
trovate, una gerarchia, un ordine. Ho scelto uno stile del linguaggio più semplice, ho
dato del “tu” all’utente, per cercare di rendere il corso meno freddo, più diretto ed
immediato.
4. SCREMATURA
Ho eliminato il superfluo, ad esempio il testo originale della legge (che può essere un
rimando un semplice approfondimento esterno). Tutte le informazioni di
approfondimento sono state eliminate oppure, se ritenute importanti, sono state inserite
in pdf di approfondimento.
198
Definizio Titolo unità Testo letto dallo speaker Note
ne/
doveri
5.1 L’Informativa Ogni trattamento di dati ha inizio con il rilascio di Immagine
all’Interessato una informativa all’Interessato. informativa
L’informativa deve riportare:
a) le finalità e le modalità del trattamento; Immagine
b) la natura obbligatoria o facoltativa del interessato
conferimento dei dati; ad esempio il rifiuto
dell’Interessato viene considerato spesso come un
ostacolo alla conclusione di un determinato contratto.
c) le conseguenze di un eventuale rifiuto al
conferimento dei dati;
d) i soggetti (o le categorie di soggetti) ai quali i dati
personali possono essere comunicati e l'ambito di
diffusione degli stessi;
e) i diritti dell’Interessato;
f) gli estremi identificativi del Titolare e, se
designati, del rappresentante nel territorio dello
Stato italiano e del Responsabile.
Diritti dell’interessato:
Art. 7 – D. Lgs. 196/2003
Pdf di approfondimento
Rilascio dell’Informativa
199
Pdf di approfondimento Immagine
Consenso dell’Interessato e autorizzazione del Garante
Garante
Autorizzazioni generali rilasciate dal Garante Immagine
dati
sensibili
5.3. Notifica La notifica del trattamento al Garante deve essere Immagine
Doveri effettuata dal Titolare solo nei casi previsti dal notifica
Codice. Questa viene inserita nel registro pubblico
dei trattamenti consultabile da chiunque sul sito web Immagine
del Garante. titolare
Pdf di approfondimento n3
Modalità di comunicazione
5. I RUOLI
Una volta definito il testo della guida vocale, ho scelto le parole chiave che voglio
compaiano a schermo, ho scelto le immagini, le foto o le icone da utilizzare. Con i
grassetti ho evidenziato le parole che dovranno comparire a schermo, nelle note ho
inserito le immagini corrispondenti.
200
I ruoli:
Una volta individuati i ruoli ovvero i protagonisti del VT, li ho disposti tutti su un'unica
slide di powerpoint mi sono chiesta se fossero troppi. È possibile eliminarne qualcuno?
6. BOZZA
Ok, ora avevo i protagonisti del VT relativo a quella unità didattica. Come disporli nello
spazio? Come collegarli tra loro? Ho fatto per prima cosa la bozza su carta. In questa
fase mi sono resa conto che è possibile trovare altri “protagonisti” ed è possibile anche
rendersi conto che alcuni individuati in precedenza potessero essere superflui. Essendo
questo un VT dinamico, per fare la bozza su carta ho letto mano a mano il testo letto
201
dallo guida vocale (quello in tabella), e in parallelo ho iniziato a collegare tra loro i
“protagonisti” trovati.
7. CAPTURE
A questo punto ho fatto “la bella”. Con il powerpoint, essendoci una guida vocale (ma
questo accade ad esempio anche per una presentazione in aula), posso simulare le
animazioni. Qui posso semplificare, aggiungere, togliere, colorare, ingrandire,
rimpicciolire. Devo creare una pagina ordinata, armonica, non caotica, equilibrata.
202
Una volta impaginate su ppt tutte le unità didattiche, secondo questo procedimento, ho
selezionato alla fine due colori . Ho scelto il blu e l’arancio perché sono uno è freddo e
il secondo caldo. Stanno bene insieme, le note in arancio risaltano sullo schermo, le note
blu danno un serietà e “credibilità”. Oltre ai colori, ho sostituito le icone utilizzate per i
soggetti della Privacy (Garante, interessato, responsabile etc.) con delle vignette
colorate realizzate ad hoc. In questo modo ogni personaggio è immediatamente
identificabile, anche da una lezione ad un’altra, e il tone of voice del corso diventa più
easy, più piacevole.
Ogni singola unità didattica aveva quindi sia una tabella in cui si riportava il testo letto
dallo speaker, sia un ppt in cui si visualizzava l’anteprima della animazioni a schermo.
8. COMPRENSIONE
Una volta realizzato il corso, ho verificato infine che il tutto fosse comprensibile,
modificando dove necessario le animazioni.
203
Ecco alcune immagini relative all’editing dei testi, prima e dopo la definizione delle
linee guida grafiche.
Prima:
Dopo:
204
Ecco invece di seguito la comparazione tra una vecchia unità didattica e una nuova:
Vecchio corso:
205
Nuovo corso:
206
Conclusioni
[1] 58
D. Roam, “The Back of the Napkin. Solver problems and selling ideas with pictures”, London, Penguin Book, 2008.
207
genere. Sia in aula che nelle prima esperienze di formazione e-learning, il testo scritto
(inteso come questo di questa tesi ad esempio) ha sempre predominato. Quindi anche
nelle piattaforme LMS si è dato spazio più che altro a documenti di testo scaricabili o
comunque a corsi dove il testo predominava. Il Visual Thinking può costituire un nuovo
modo di fare formazione. Ricordiamo comunque che ha innumerevoli campi di
applicazione, che vanno dall’ambito formativo a quello comunicativo: metodi di studio,
procedure aziendali, manuali di istruzioni, presentazioni in aula, risorse multimediali
pensate per la formazione e-learning, manuali e guide cartacee, comunicati pubblicitari,
comunicazioni aziendali ed istituzionali, campagne informative, etc. ma perché
preferirlo ad altre modalità? Riporto qui i vantaggi individuati:
1. Perché è facile!
2. Perché è universale
per codificare un VT bastano pochi strumenti, dal semplice carta e penna a software
oggi ampiamente diffusi come ad esempio Microsoft Powerpoint o Prezi.com. Vedremo
più avanti nel dettaglio gli strumenti e i programmi che si possono utilizzare per
costruire VT. Inoltre il VT non deve essere necessariamente stampato, ma può essere
costruito e fruito in formato digitale per cui si abbattono eventuali costi di stampa che in
genere sono elevati quando immagini e colori iniziano ad essere considerevoli
all’interno di un documento.
4. Perché è efficace
5. Perché è veloce
208
6. Perché è versatile
Può essere codificato e fruito sia in formato sia analogico che digitale. Può viaggiare su
diversi canali di comunicazione sfruttando i vantaggi di ognuno.
Per rispondere alla domanda di ricerca, e capire quindi come trasformare un determinato
concetto in Visual Thinking, abbiamo preso in considerazione più teorie, che spaziano
dalle teorie percettive, a quelle sulla memorizzazione dei contenuti, al linguaggio
scritto, all’ipertesto, alle mappe mentali etc. abbiamo poi preso in esame alcune
esperienze e casi pratici. Attualmente non esiste una letteratura condivisa, si sfocia nel
campo della grafica, dell’interazione uomo-macchina, nella capacità di problem solving.
Siamo arrivati comunque a definire un modello da seguire per la costruzione di un
Visual Thinking. Gli strumenti da utilizzare sono molto semplici: possiamo utilizzare
carta e penna e software disponibili sul mercato e facilmente usabili. Ecco in sintesi le
fasi per la costruzione di VT:
209
8. Comprensione. Verificare che il VT non abbia bisogno di spiegazioni, altrimenti
ricominciare dal punto 5.
210
Bibliografia
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