Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Ringrazio di cuore la mia relatrice di tesi Maria Chiara Pettenati per le doti
scientifiche ed umane dimostrate.
Ringrazio Maria Elisabetta Cigognini per avermi donato la sua esperienza e la sua
guida attraverso la condivisione, lo scambio e il confronto costruttivo.
Ringrazio tutti i docenti del master che mi hanno «iniziato» al mondo dell’e-
learning: Giovanni Bonaiuti, Antonio Calvani, Antonio Fini, Maria Ranieri
Ringrazio Chiara Mellini per aver saputo sostenermi e incoraggiarmi anche nei
momenti delicati.
Ringrazio tutti i compagni del master che mai hanno fatto pesare la differenza
generazionale pur esistente fra noi.
3
A Delia e Mila,
mie maestre di vita.
4
«Pace nel tuo cuore
Saluto Maya
5
Indice
Introduzione ............................................................................................................ 7
Capitolo 1: Scenario ................................................................................................ 9
1.1 Società della Conoscenza .............................................................................. 9
1.2 I quattro pilastri dell’educazione................................................................. 11
1.3 Lifelong learning ......................................................................................... 11
1.4 Internet e il World Wide Web ..................................................................... 12
Conclusione di capitolo ..................................................................................... 13
Capitolo 2: Il costruttivismo sociale: .................................................................... 14
costruzione della conoscenza e dell’identità digitale ............................................ 14
2.1 Il costruttivismo sociale .............................................................................. 15
2.2 Web 2.0 ....................................................................................................... 17
2.2.1. I Personal Learning Environment (PLE) ............................................ 19
2.2.2 Personal Research Portal (PRP) ........................................................... 21
2.2.3 Social Networking................................................................................ 22
2.3 Personal Knowledge Management (PKM) ............................................. 22
Conclusione di capitolo ..................................................................................... 24
Capitolo 3: Identità digitale................................................................................... 25
3.1 L’identità digitale allo stato dell’arte .......................................................... 25
3.2 Implicazioni................................................................................................. 29
2.3 Espressioni dell’identità .............................................................................. 33
2.4 Caratteristiche ............................................................................................. 36
Conclusione di capitolo ..................................................................................... 36
Capitolo 4: Alfabetizzazione digitale .................................................................... 38
4.1 Termini ed approcci .................................................................................... 41
4.3 Dimensioni della digital literacy ................................................................. 43
4.4 Definizioni, modelli, contributi ................................................................... 43
Conclusione di capitolo ..................................................................................... 53
Conclusioni ........................................................................................................... 55
Bibliografia ........................................................................................................... 59
6
Introduzione
Questa tesi si occupa dell’identità digitale dei soggetti che operano, lavorano,
imparano con e attraverso la rete: i lifelong learners.
Nasce con l’intento di operare investigazioni su una serie di domande relative a un
tema emergente nella Società dell’Informazione: l’identità digitale. Sono
domande che riguardano le modalità con cui si costruisce l’identità digitale, sono
problemi che richiedono l’individuazione delle competenze necessarie, se non
indispensabili, per il conseguimento dell’obiettivo. Tali quesiti riguardano anche
le modalità attraverso cui si acquisiscono le competenze messe a fuoco, il loro
apprendimento, le strategie e le attività di apprendimento, gli strumenti e gli
ambienti che sostengono le competenze in esame.
Nel 21° secolo Internet e la Rete sono la realtà in cui un individuo interagisce, si
forma e cresce, specie in un'ottica lifelong. In tale cornice l'identità digitale, che
ha valore come quella reale, implica però scenari di complessità ben più specifici
per caratteristiche, dinamiche, linguaggi e prassi peculiari dell'essere in rete.
Essere un lifelong learner 21° consapevole comporta l'avere una piena padronanza
della propria identità digitale; uno degli elementi che caratterizza un soggetto in
rete consapevole (lifelong learner 21°) è il poter contare su un'identità digitale
matura e valorizzata in tutto il suo potenziale, una condizione essenziale all’e-
democracy e e-cityzenship.
L’identità digitale è mezzo di emancipazione, è una componente critica per
consentire la partecipazione nella società globalizzata della conoscenza; è
l'ingrediente da utilizzare per stabilire una rete di contatti (networking) o per
interagire con altre persone in modo digitale.
Poiché identità personale e digitale dipendono dalle azioni e dalle scelte personali,
è auspicabile che il miglioramento di sé, attraverso l’approccio lifelong learning,
sia la risposta al bisogno di autorealizzazione e non una motivazione esterna; che
il senso di responsabilità ispiri le azioni sia nella vita reale che in quella digitale,
nella consapevolezza che le scelte operate esercitano un impatto sulla vita
personale e sull’intersocialità.
Identità e competenze di Personal Knowledge Management, o più brevemente
PKM, concorrono insieme alla costituzione di un soggetto consapevole: sono
processi che si muovono all'unisono in rete. In questa doppia accezione, si
studiano, si approfondiscono e si specificano, attraverso la comparazione della
letteratura e dei modelli di riferimento.
La tesi si articola come segue: il primo capitolo disegna la cornice metodologica
alla ricerca di coerenza, toccando i temi della Società della Conoscenza, i quattro
7
pilastri dell’educazione, forme/approcci all’apprendimento: formale, informale,
non formale; lifelong learning, Internet e il web.
Nel capitolo 2 si presenta la cornice teorica attraverso una rassegna di teorie ed
autori, per illustrare i processi e le dinamiche attraverso cui si costruiscono la
conoscenza e l’identità. Si affronta altresì l’asse delle tecnologie di rete emergenti
per questo studio.
Nel capitolo 3 si operano delle riflessioni sull’identità digitale, descrivendone
prima l'oggetto, attraverso lo studio della letteratura sull’identità personale prima,
e di quella relativa all’identità digitale dopo, discutendo per entrambe
caratteristiche e implicazioni.
Il capitolo 4 fornisce una panoramica del tema sulle competenze digitali che, dal
suo nascere ad oggi, ha visto progressivamente l'arricchimento di importanti e
significativi elementi; propone un tentativo di armonizzazione delle diverse
espressioni e orientamenti, con particolare attenzione alla posizione assunta dalle
Istituzioni (OECD, UE, UNESCO) sul tema; descrive alcuni modelli verso i quali
si guarda con particolare interesse per le implicazioni sulla costruzione
dell’identità digitale; infine passa in rassegna i vari contributi provenienti da
alcuni ricercatori, raccolti nel corso del convegno sulle competenze digitali
tenutosi a Barcellona nel luglio 2009.
8
Capitolo 1: Scenario
9
stata introdotta da uno sviluppo tecnologico. In essa, col fine di assicurare uno
sviluppo economico, sempre più cruciali sono considerate la creazione e la
diffusione delle conoscenze .
Anche l’UNESCO (2005) ha sviluppato una riflessione sul tema nell’ambito delle
politiche istituzionali mirando a integrare la concezione non circoscrivendolo alla
dimensione economica.
10
Nell’emergente economia globale dell’informazione si profila un nuovo motivo di
esclusione: i Paesi con minore capacità di connessione saranno ulteriormente
svantaggiati; il fenomeno, conosciuto con l’espressione digital divide, il divario
infrastrutturale, è il divario esistente tra chi può accedere alle nuove tecnologie
(internet, personal computer) e chi no, imputabile a inadeguatezza di educazione e
a insufficiente formazione tecnologica.
11
1.4 Internet e il World Wide Web
Anche l’Ue dice che l’apprendimento basato sulle tecnologie "e-learning" aiuta a
migliorare la qualità dell'apprendimento agevolando l'accesso a risorse e servizi
nonché gli scambi e la collaborazione a distanza, favorendo l'integrazione delle
ICT nell'istruzione, come fattore di cambiamento, e offrendo un'occasione per
migliorare la qualità, l'accessibilità, la varietà e l'efficacia dell'offerta di istruzione.
Nella sostanza, si tratta di usare le tecnologie didattiche e più in generale le ICT
per arricchire, migliorare, ottimizzare il processo di apprendimento, favorendo i
differenti stili e ritmi di apprendimento e offrendo agli studenti flessibilità in
termini di studio.
12
Conclusione di capitolo
Intendere i processi di apprendimento favoriti dalla rete come estesi per tutto il
corso della vita, è una necessità nella Società della Conoscenza; è un nuovo
paradigma dell’apprendimento. Imparare sempre per sviluppare le competenze
necessarie nei diversi contesti e nelle diverse situazioni. In questa visione il
ricorso all’e-learning diventa pratica per la formazione non solo scolastica ma
anche lavorativa. E-learning è ineludibile se si tratta di fare formazione di tipo
LLL per garantire l’alternanza lavoro formazione. Nella società digitale non si
può prescindere dalle tecnologie di rete per i processi di acquisizione del sapere:
l’e-learning diviene un valore aggiunto e non una scelta di ripiego. Attraverso l’e-
learning si devono necessariamente sviluppare doti trasversali che sostengono il
cittadino nella società digitale, che anzi, non potrebbero non essere sviluppate
facendo tutto senza il supporto delle tecnologie, “come il linguaggio da forma al
pensiero”. (Chomsky, 1975).
13
Capitolo 2: Il costruttivismo sociale:
costruzione della conoscenza e dell’identità digitale
È qui proposta una riflessione sul costruttivismo sociale, la cornice teorica viene
analizzata attraverso un breve inquadramento storico, l’evidenziazione degli
elementi di rilevanza e applicabilità, l’osservazione degli aspetti di possibile
debolezza e l’esplicitazione dei contesti in cui questa teoria dell’apprendimento
appare meglio applicabile. Si considera il web 2.0 del quale vengono presentate le
strumentazioni e si esamina il fenomeno dei social networking.
Si prendono in esame ambienti di apprendimento personali e portali personali di
ricerca, espressioni di tendenze in atto relative alla gestione personale della
conoscenza. A tale scopo si considerano i contributi, presentati in e-learning
papers n. 92, di quegli autori che meglio concorrono a descrivere a spiegare questo
concetto.
1
Fonte Sis online pedagogia generale Ipotesi esplicativa di Bruner
http://www.univirtual.it/corsi/fino2001_I/margsis/m02/02_08.htm
2
http://www.elearningpapers.eu/index.php?page=issues
14
2.1 Il costruttivismo sociale
In riferimento alla dimensione temporale il costruttivismo sociale si colloca negli
anni novanta, essendo preceduto dal cognitivismo negli anni ottanta e dal
comportamentismo negli anni cinquanta. Insieme i tre sistemi concettuali
sintetizzano cinquant’anni di storia della tecnologia dell’educazione, nel corso
della quale si sono registrati cambiamenti che hanno riguardato la progettazione
tecnologico-didattica e il concetto d’ambiente didattico (Calvani, 1998).
«I concetti principali che caratterizzano l'attuale costruttivismo possono essere
ricondotti a tre: la conoscenza è prodotto di una costruzione attiva del soggetto, ha
carattere “situato”, ancorato nel contesto concreto, si svolge attraverso particolari
forme di collaborazione e negoziazione sociale (Jonassen, 1994).
In primo piano viene posta la “costruzione del significato” sottolineando il
carattere attivo, polisemico, non predeterminabile di tale attività (Calvani, 2007).
La conoscenza è un prodotto di negoziazione sociale, il risultato dell’interazione
con gli altri, con la cultura che ci circonda. La conoscenza è dunque distribuita:
non si crea soltanto all’interno della mente individuale, ma è debitrice
dell’esterno, di risorse che possono essere nell’ambiente prossimo come di quello
remoto.
Il costruttivismo sociale afferma che la costruzione della conoscenza avviene
all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo, pertanto,
interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo
d’apprendimento. Questa prospettiva accoglie elementi della riflessione di J.
Piaget che aveva incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali e
trascurando l’aspetto sociale ed interpersonale. Il costruttivismo sociale, invece,
considera l’apprendimento come un processo di costruzione di significati
negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono
esternamente allo studente.
15
ambiente d’apprendimento, learning circe, e- learning, CSCW3 (Computer
Supported Cooperative Work).
Nella predisposizione di modelli di progettazione si dà spazio alla dimensione
ricorsiva, al coinvolgimento dell’utente, all’allestimento di un primo prototipo che
poi è implementato e discusso, seguito da una nuova formulazione. Si parla
d’ambiente d’apprendimento sottolineando in tal modo il ruolo attivo dell’allievo;
si dà importanza alla collaborazione tra allievi, alla possibilità di creare sinergie;
l’insegnante diventato facilitatore, colui che aiuta a definire gli obiettivi a mettere
in sinergia risorse; il rapporto più importante nell’ambiente d’apprendimento è
quello tra allievo e scaffolding, risorse esterne che possono essere depositate sia in
ambiente remoto sia nell’ambiente circostante (Calvani1998).
3
G. Bonaiuti così si esprime «si parla di CSCW per indicare un insieme di sviluppi tecnologici ed
organizzativi volti a trasformare le relazioni e le modalità lavorative» Ambienti tecnologici per la
collaborazione online http://62.149.230.165/moodle/mod/scorm/view.php?id=4272
16
rapporti tra i modelli didattici e cognitivi preesistenti e le nuove tecnologie lo
rende un elemento di massimo interesse.
17
Applications
18
Ci si riferisce ad una serie di tecnologie e
servizi disponibili in che consentono ai
singoli di partecipare a vere e proprie
comunità virtuali basate sugli strumenti
d’interazione disponibili in . L’elemento
rilevante di questi servizi è la
connessione tra persone. I servizi di
Social networking social networking rendono possibili certe
attività: sapere da chi si può ottenere una
certa informazione, possibilità di essere
presentati ad altre persone tramite i
propri contatti, far parte di un
determinato network.
Esempio: LinkedIn
19
tecnologia in particolare l’emergere dell’ubiquitous computing4 e lo sviluppo del
software sociale, infine il riconoscimento che l'apprendimento è continuo.
L’autore esplicita i cambiamenti conseguenti all’utilizzo/ricorso al PLE, sono
cambiamenti che riguardano il modo d’uso della tecnologia educativa,
l'organizzazione dell’istruzione, le maggiori responsabilità e indipendenza date ai
learners. Il cambiamento dell’offerta formativa per il ricercatore gallese è
ineluttabile, innescata com’è dal rapido sviluppo e dall’attuazione di nuove
tecnologie oltre che dal cambiamento sociale. Non manca l’autore di considerare i
problemi irrisolti riconducibili ai fornitori di tecnologia, alla sicurezza dei dati
unitamente a quella degli studenti.
Questa modalità comporta modifiche che riguardano diversi aspetti e attori del
processo formativo:
- il ruolo del discente come creatore attivo ed auto-diretto del contenuto;
- la personalizzazione con il supporto e i dati dei membri della comunità;
- il contenuto dell'apprendimento come "bazar" illimitato;
- il ruolo fondamentale della partecipazione sociale;
- la proprietà dei dati del discente;
- il significato dell'apprendimento auto-organizzato per la cultura degli
istituti e organismi educativi
- gli aspetti tecnologici dell'uso di strumenti di social networking e
dell'aggregazione di molteplici fonti.
L'elevato numero di strumenti di aiuto alla collaborazione sul web mostra
chiaramente che i PLE e gli strumenti di social networking portano a una nuova
idea di apprendimento e uno sviluppo delle competenze.
4
Il termine si riferisce a due sviluppi tecnologici. Il primo è il crescente carattere ubiquitario della
connettività Internet con lo sviluppo del wireless e GSM reti, così come la diffusione della banda
larga, risultanti in termini di connettività diventa disponibile quasi everywhere in the future
20
accesso alle tecnologie è alto sia per quanto attiene le abilità informatiche, sia di
strumentazione, sono disponibili alla condivisione e alle interazioni orizzontali.
Consapevoli del fatto che optando per un ambiente collaborativo (Pettenati e
Ranieri, 2006) sanno di dover operare in modo congiunto verso un obiettivo
comune attraverso interventi reciproci e condivisi.
Questo tipo di comunità in genere opta per un e-learning informale in cui
coesistano l’esplorazione individuale ed il networking learning caratterizzati
dall’assenza di tutor e dall’interazione tra pari, dall’assenza di materiale
strutturato e dal libero accesso a risorse internet (Ranieri, 2005). I progetti che
stanno alla base del sorgere della comunità si basano su internet intesa come
piattaforma e su d’un approccio PLE (Fini, 2006) Personal Learning Environment,
che contempli la costruzione attiva ad opera del soggetto che desidera formarsi,
questo grazie alle possibilità offerte dalla varietà di risorse e funzioni del web.
Gli strumenti del web 2.0 offrono ai lavoratori della conoscenza quali sono i
ricercatori opportunità per contribuire a costruire una presenza personale su
internet più ampia e una migliore diffusione del loro lavoro, dei loro interessi o
dello loro pubblicazioni. Ci riferiamo al concetto di Personal Research Portal
(PRP) - una rete di applicazioni di social software per gestire l'acquisizione e
diffusione delle conoscenze - come un mezzo per creare una identità digitale per il
ricercatore e una rete virtuale di colleghi che lavorano nello stesso campo (Peña-
López, 2009).
21
2.2.3 Social Networking
Gli ambienti di social network, fenomeni emergenti, sono degli spazi sociali in
costante sviluppo, le cui regole di funzionamento dipendono in parte dalla
componente tecnologica e dalla dimensione sociale, espandono processi sociali
pre-esistenti, fino a crearne di nuovi.
22
Letteratura su PKM
K. Wright - M . Wö lken - J.
Grundspenkis
M . Wö lken; A . A becker - D.
Sno wden; D J. P auleen -W.
Sheridan - D. P o llard
J.Frand; C. Hixo n J. Zuo peng Zhang - J.
Smedley - D. Pauleen
1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
L. Efimo va - D. A pshvalka;
P . Wendo rff - K. Wright
Si fa uso delle espressioni della Cigognini (2009) per far luce su « il concetto di
Personal Knowledge Management (PKM) si radica in un quadro compresso in cui
istanze individuali (sviluppo delle competenze personali) convergono con aspetti
tecnologici e dimensioni sociali dei processi in .» […] È «un asset strategico
(Frand, 2000) per i professionisti, learner e knower della società della conoscenza
(Sorrentino & Paganelli, 2006) in cui le interazioni digitali e in presenza sono
inevitabilmente sempre più intrecciate.» (p.116). «Il concetto di PKM, Personal
Knowledge Management, è una cornice teorica per circoscrivere l’area della
conoscenza personale, quel set di conoscenze proprie di un soggetto» (Cigognini,
2008). Per gestire la personale conoscenza ci si avvale di particolari competenze e
di strumenti e ambienti tecnologici; al fine di facilitare la condivisione delle
conoscenze personali e di gestione dei contenuti sono utilizzati le mappe
concettuali oltre che le tecnologie del web 2.0.
Lo studio sul PKM è stato introdotto in Italia nel 2007 con un articolo di Pettenati,
Cigognini e Sorrentino rispetto allo sviluppo delle competenze per sostenere la
conoscenza personale. Il processo di acquisizione e di sviluppo delle competenze
è un’attività complessa e impegnativa che può essere sostenuta con azioni
formative sia in area accademica che in altri contesti aziendali.
Affinché il processo di sviluppo delle proprie competenze di PKM si realizzi,
sono necessarie diverse condizioni abilitanti: è necessario che il soggetto
interessato si assuma le responsabilità personali; solo se il soggetto si rivela
fortemente motivato interiormente è possibile intraprendere con successo il
5
Per la realizzazione del grafico si è fatto ricorso a Wittwer, J.W., "Come creare una linea temporale in
Excel"Da Vertex42.com, 2 settembre 2005, http://www.vertex42.com/ExcelArticles/create-a-timeline.html
23
processo di acquisizione delle competenze, e quindi essere in grado di gestire
proficuamente la propria conoscenza personale.
L’acquisizione e la gestione della conoscenza personale difatti sono processi che
richiedono da parte del soggetto coinvolto dispendio di tempo ed energia. Per
sostenere il processo di acquisizione di tali competenze, le ricercatrici italiane,
Pettenati e Cigognini, hanno elaborato un modello teorico per i learners della
Società della Conoscenza, suddiviso in abilità di base e di ordine superiore (che
sarà presentato nel capitolo 4); il modello è corredato da una parte formativa, un
set di moduli didattici prototipo per sviluppare le competenze di base e di ordine
superiore, e delle linee guida, strategie formative ed e-tivity per lo sviluppo delle
competenze di PKM.
Conclusione di capitolo
All’inquadramento generale portato a compimento nel primo capitolo si sono
aggiunti due importanti tasselli, costruttivismo sociale e PKM, visioni del mondo,
schemi astratti che interpretano la struttura e le implicazioni della conoscenza (e
dell’identità). Ci si avvia ora all’individuazione dell’identità, da quella personale a
quella digitale, attraverso l’analisi di esempi presi dalla rete.
24
Capitolo 3: Identità digitale
«È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità».
(Antonio Bello)
Figura 4: Visualizzazione dei risultati della ricerca condotta su wikipedia «online digital» ottenuta
con MikiMindMap.
Il concetto introdotto deriva dalla teoria della presenza sociale che riguarda
l’efficacia con cui i mezzi di comunicazione danno l’impressione della presenza
fisica dei partecipanti, utilizzando come standard di valutazione la comunicazione
interpersonale diretta (Short, 1976). Alla teorie sopra indicata si affianca quella
denominata Media richness theory (Daft & Lengel, 1986), che dice che il mezzo
utilizzato nelle comunicazioni determina la potenziale ricchezza delle
informazioni trattate. Ne consegue che la CMC sarebbe una comunicazione
socialmente e relazionalmente povera, essendo basata su testo, strutturalmente
25
caratterizzata dall’assenza di audio e video (Ranieri, 2005). Ciò favorirebbe
l’insorgenza di comportamenti non responsabili da parte degli attori della
comunicazione e alla contraffazione dell’identità personale (Sproull e Kiesler,
1986).
Nel corso degli anni 90 altre riflessioni sono compiute portando al superamento
dell’approccio RSC, Spears e Lea (1992; 1994) sviluppano il modello SIDE,
Social Identity De-individuation, con cui respingono sia la prospettiva
dell’indebolimento o assenza di vincoli normativi sociali e di gruppo indotti dalla
CMC, sia l’idea che la persona che comunica via CMC sia anonima e isolata.
Gli stessi autori partendo dal concetto di SIT, Social Identity Theory, secondo cui
le persone portano dentro di sé il sociale e le sue regole, sostengono che tutto
dipende dal contesto in cui si sviluppa la comunicazione.
Valentina Grion (2009) in una ricerca sulla formazione degli insegnanti, occupandosi
della costruzione dell’identità online, afferma che le ricerche relative al processo di
costruzione dell’identità mediante l’interazione attraverso il computer hanno
riguardato soprattutto la presentazione di sé agli altri, cioè la percezione che gli altri
hanno di noi corrispondente all’autopresentazione. Opportunità di sperimentare
26
autopresentazioni sono offerte dagli ambienti di comunicazione online come MUDs6,
IRC7, BBS8.
Considerando il contributo di altri autori, Galimberti e Cilento Ibarra (2007) la
ricercatrice ci informa sul fatto che i medesimi sono dell’avviso che non è vero che
la CMC produca solo presentazioni frammentate dei vari aspetti dell’identità o di
lati nascosti, sono dell’opinione che si debba credere che il processo di
costruzione del sé online abbia natura dialogica e che fattori legati al contesto
esercitino un peso sulle dinamiche. Nella comunicazione online viene messa in
campo una «sorta di emergenza dinamica» la parte del Sé che viene trattata negli
scambi.
La ricercatrice patavina esamina l’apporto al tema di Hermans e Ligorio riferendo
che essi assumono la teoria del Sé dialogico che prevede la provvisorietà temporale
dell’identità e ritengono che il contesto online possa essere assimilato a una
situazione di dialogo mediato. Come fruitori di molteplici scambi comunicativi si
hanno opportunità di sperimentare più multi voci quelle di altre persone, di comunità
ampliando conseguentemente le relazioni dialogiche.
La costruzione dell’identità sarebbe determinata da più elementi: gli elementi virtuali
collaborativi, rappresentando spazi democratici senza indicatori sociali, facilitano la
sperimentazione identitaria e nuovi posizionamenti; gli ambienti virtuali offrono
possibilità di operare sperimentazioni che nella vita reale non sono accessibili, così
parti profonde di sé verrebbero portate in superficie.
L’esperienza di nuove coalizioni fra diverse posizioni di sé (per esempio: io che si
gode la vita e io scherzoso) rese possibili da internet, e l’intrecciarsi di dialoghi
interni alla persona ed esterni producono conferme o disconferme delle preesistenti
coalizioni tra le varie parti del Sé. Internet e gli ambienti virtuali secondo gli autori,
non assicurano automaticamente l’ampliamento della complessità e dell’eterogeneità
del Sé, ma li possono facilitare, dipendendo essi dai bisogni e dagli scopi di chi li
usano. E-mail, pagine web, blog, ambienti virtuali, sms, televisione sarebbero in
quest’ottica laboratori di sperimentazione di nuove strutturazioni dei vari Sé.
Gli effetti dei media sulla mente non riguarderebbe gli individui ma un aspetto
dell’evoluzione della specie.
Nella sua rassegna la Grion non trascura di riferire l’intervento di Talamo e Ligorio
che suggeriscono che per esplorare le identità dei fruitori di ambienti di
collaborazione online possa essere utile prestare attenzione alle «modalità attraverso
le quali gli interlocutori costruiscono le interazioni discorsive. Questi ultimi infatti
sceglierebbero accuratamente i termini dell’interloquire, in accordo con i propri
specifici obiettivi in specifici momenti; inoltre sceglierebbero categorie verbali
dettagliate e non ambigue per negoziare risorse».
La ricercatrice ci informa che Perrotta (2007) « riconosce l’analisi del discorso come
strumento efficace per cogliere l’emergere e il formarsi dell’identità in e […]
6
L’acronimo individua una categoria di giochi di ruolo su Internet attraverso il computer da più
utenti. (wikipedia)
7
Consente la comunicazione diretta fra due utenti e il dialogo contemporaneo di interi gruppi di
persone in stanze di discussione (wikipedia)
8
Termine correntemente usato per indicare ambienti di forum, guestbooks e newsgroups su
Internet (Grion, 2009)
27
sottolinea il ruolo delle interazioni discorsive online nella creazione di scenari
riflessivi dove le persone possono esplorare diverse traiettorie identitarie».
28
- identità sociale che un fruitore di Internet stabilisce in comunità
online e siti web, rivelando una quantità variabile di informazioni
personali (wikipedia);
- mezzo di emancipazione, componente critica per consentire la
partecipazione nella società globalizzata della conoscenza (Peña
Lopez, 2009);
- ingrediente da utilizzare per stabilire una di contatti (networking) o
per interagire con altre persone in modo digitale (Peña Lopez, 2009).
3.2 Implicazioni
Nel suo articolo «Dall’identità personale all’identità digitale. Una necessità per il
cittadino del terzo millennio» Brugi (2009) afferma che l’identità digitale non è,
per sua intrinseca natura, la versione digitale di quella fisica, è difatti mediata. La
precisazione è tutt’altro che irrilevante e costituisce oggetto di ricerca e studi.
Danah Boyd (2008) per esempio nel suo articolo dedicato all’analisi dei siti di
social network (MySpace e Facebook) rileva che essi sono usati dai giovani per
socializzare con i coetanei alla stregua dei luoghi pubblici, quasi fossero parchi o
centri commerciali.
Ma i siti di social network sono una forma diversa di spazio pubblico e,
nonostante il ruolo socializzante del tutto analogo agli spazi tradizionali, hanno
quattro caratteristiche, persistenza, ricercabilità, replicabilità, pubblico invisibile
che li rendono unici.
Questi elementi cambiano radicalmente le regole del gioco: si sta forse creando
una società fortemente controllata e monitorabile? Anche se auspicabile non è
detto che la società troverà facilmente un codice di autoregolamentazione.
Gli spazi pubblici mediati sono una realtà destinata a restare, nonostante
complichino molti aspetti della vita quotidiana.
29
diversi aspetti di identità digitale e al tipo di visibilità che ogni piattaforma
fornisce.
Che cosa si esprime di sé agli altri? Come vengono resi visibili i collegamenti
ottenuti di interazione sulle piattaforme? Questi siti consentono ai visitatori di
trovare persone che conoscono e trovarne altre?
La proposta di una tipologia di piattaforme relazionali web 2.0 è organizzata
intorno a diverse dimensioni di identità digitale (esteriorizzazione di sé e
simulazione in sé) e al tipo di visibilità che ogni piattaforma conferisce al profilo
dei suoi membri.
9
Uno dei principali siti di informazioni francesi per l’innovazione nel settore delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
30
Figura 6: Mappatura delle Identità digitale elaborata dal sociologo Dominique Cardon (2008).
Vi sono cinque distinte dimensioni di visibilità: sia sull’asse delle ordinate che su
quello delle ascisse è possibile progettare tre modelli di visibilità, ai quali si
aggiungono due modelli emergenti. Questi modelli corrispondono a diverse forme
di illuminazione che le piattaforme riservano all'identità dei partecipanti e dei loro
collegamenti.
Il sociologo, nel fornire un’interpretazione delle diverse forme di visibilità,
sottolinea come la capacità di esporsi e di controllo dell’esposizione richieda
competenze sociali e interpersonali specifiche.
Il rischio di comportamenti approssimativi è segnalato anche da John Palfrey &
Urs Gasser (2008) che fanno notare che la prima generazione di «Digital Natives»
i bambini che sono nati e cresciuti nel mondo digitale, hanno raggiunto la
maggiore età e presto il nostro mondo sarà rimodellato a loro immagine. La nostra
economia, la nostra politica, la nostra cultura e anche la forma della nostra vita
familiare sarà trasformato per sempre. Preoccupati gli autori si chiedono che cosa
significhi identità per i giovani che hanno decine di profili online e avatar.
Sollevano altri interrogativi legati alle questioni di privacy e di sicurezza; si
chiedono quale possa essere l'impatto di internet sulla creatività e
l'apprendimento, non trascurano inquietudini per la vita sociale, professionale,
psicologica di questa generazione.
31
Mark Bauerlein, (2008) nel suo libro «The Dumbest Generation: How the Digital
Age Stupefies Young Americans and Jeopardizes our Future» sostiene che un uso
pesante di tecnologie collega i più giovani americani al mondo in modo più ampio
ma non genera rapporti migliori. Al contrario, sta diminuendo la loro conoscenza
delle cose che contano di più: la storia, i valori civici e le questioni filosofiche.
Invece di crescere nella conoscenza questi nativi "digitali" sono abili a utilizzare
le tecnologie per interagire con ogni altro genere di cultura popolare e altre
ossessioni dell'adolescenza. La loro abilità però non è rivolta a scoprire fatti vitali
su questioni cruciali, ma al monitoraggio delle cose di scarsa rilevanza.
Bauerlein non sostiene che tali tecnologie rendano i giovani meno intelligenti ma
meno informati, meno curiosi, e meno interessati ad applicare la loro intelligenza
su questioni intellettuali che necessitano di un costante studio dei testi antichi e
l'impegno in pratiche quali le lezioni in aula e le discussioni.
Una delle sue intuizioni particolarmente salienti è che queste tecnologie sono
sempre più radicalmente di interazione peer-to-peer riducendo così i rapporti tra
giovani e anziani. Questa modalità li isola dalla saggezza dei loro genitori, dei
nonni, degli insegnanti e di altri, in particolare della saggezza della storia.
Il peer-to-peer tende a perpetuare una cultura dell'adolescenza, infatti, mentre
l'adolescenza storicamente significava un tempo utilizzato per preparare
seriamente per la responsabilità dell'età adulta, ora le è stato attribuito un valore
autonomo staccato dalla crescita, dalla maturazione.
La valorizzazione dell'adolescenza e conseguentemente delle tecnologie, ormai
inscindibili fra loro, è vista come un’altra espressione della distanza postmoderna
fra le generazioni che equivale ad un misconoscimento di chi non è «techno-
savvy» con conseguente perdita della coesione sociale.
La mancanza di uno spessore culturale impedisce di operare scelte accurate e
indirizza verso una sottovalutazione del materiale, in questo modo il rischio che si
corre è quello di avere una generazione di «well-informed and media hyperactve
ignoramuses». Questa idea di essere allo stesso tempo ben informata e ignorante
non è in contraddizione poiché la conoscenza richiede un particolare orientamento
alle informazioni, riflessione sulla scelta del materiale, capacità di porre le
domande giuste, consapevolezza dei problemi perenni, consultazione corretta
delle fonti.
Questo orientamento verso l'acquisizione della conoscenza non è coltivata
attraverso text-messaging, video di YouTube. Anche l’essere Multitasking,
salutata da molti come una competenza preziosa e necessaria, comporta un
atteggiamento conoscitivo speciale verso il mondo, di certo non l'orientamento
che consente la concentrazione lenta su una cosa sola, necessario per esempio per
un sonetto o un teorema. La preoccupazione principale di Bauerlein è dunque la
perdita della memoria culturale e la conseguente svalutazione delle virtù civiche e
l'impegno consapevole.
Sul tema Torkel Klingberg (2008) in The Overflowing Brain: Information
Overload and the Limits of Working Memory (Hardcover) avverte che l'enorme
peso da sovraccarico d'informazioni e multi-tasking può superare i limiti del
nostro cervello dell'età della pietra dalla lenta evoluzione, mentre l'ambiente
tecnologico avanza a velocità folle. Utilizzando dati che mostrano il sottile
32
aumento nei punti QI nel secolo scorso ed il suo collegamento coi miglioramenti
educativi, Klingberg rileva un divario tra la rapidità dei dispositivi elettronici
high-tech e la capacità relativamente più lenta del cervello nel processare le
informazioni con conseguente malfunzionamento mnemonico.
Sintetizzando alcuni ricercatori credono che il multitasking possa comportare
perdite di tempo per il cambio di contesto provocando apparentemente più errori a
causa di insufficiente attenzione. Altre ricerche riferiscono che il nostro cervello
sia in grado di svolgere alcuni 'dual multiple tasks' allo stesso tempo.
Gli strumenti 2.0 hanno modificato radicalmente il modo di comunicare sul web.
L’identità digitale ha travalicato il sito personale diventando qualcosa di più
complesso. La disponibilità di piattaforme che rendono semplice la pubblicazione
di testi immagini e video stimolano all’uso dei vari servizi con l’inevitabile
33
conseguenza per il fruitore di lasciare ampie tracce sparse della propria identità
online: la presenza online risulta frammentata.
La lettura dell’articolo Identités pérennes ou identités jetables?di Guillaud (2007)
è esemplificativa di come il problema della frammentazione dell’identità digitale
possa trovare soluzioni diverse. Per farlo il redattore confronta il comportamento
degli adolescenti con quello degli adulti. Nel farlo si affida a Danah Boyd (2007),
secondo la ricercatrice gli adolescenti si adattano del tutto all’identità usa e getta,
spiega che molti adolescenti sono contenti (se non felici) di compiere una nuova
registrazione. Se hanno dimenticato la password di instant messaging, si
registrano per una nuova identità. Se hanno dimenticato l’ indirizzo e-mail ne
creano un nuovo. Se hanno dimenticato la password, la cambiano.
Gli adulti invece pensano a costruire la propria identità in modo durevole. Per il
ricercatore il problema non è quello di aiutare i ragazzi a ricordare le loro
password, pensa invece che la tendenza di archiviare la vecchia identità sia
vantaggioso. La tecnologia è un pò troppo ossessionata dal ricordo laddove l’oblio
ha un valore in sé. Se la soluzione adottata dagli adolescenti è rappresentata dalla
frammentazione, quella rappresentata dagli adulti è dall’aggregatore, continua
l’articolista.
La regola che imporrebbe di controllare l’identità sviluppando strategie, a volte
complesse, potrebbe andare bene per gli utenti di livello più avanzato ma forse
non è una soluzione per tutti. Invita a considerare che l’ indirizzo IP è in grado di
indicare in qualsiasi momento la provenienza di un’azione online; una semplice
indagine di polizia permette di sapere da quali computer, telefono o cellulare è
partito un certo messaggio.
Stando così le cose si deve credere forse che una strategia di gestione delle proprie
identità online si appoggia sulla mancanza di strategia?
Prima del blog, fa notare Ranieri (2006), i soggetti pur partecipando a forum o a
gruppi di discussione non «costituivano elementi di identificazione, era piuttosto
la comunità a costituire il dispositivo attraverso cui identificarli» (p. 108). È solo
grazie ai blog che il sé trova un canale di espressione (Granieri, 2005). Attraverso
questa via l’identità di cui è manifestazione può entrare «in una rete di relazioni
tra persone che si connettono e commentano reciprocamente». Rileva la
ricercatrice Ranieri (ibidem, p. 108) che la modalità di entrare in relazione
centrata sul soggetto mette in risalto due aspetti: la multi-appartenenza e la fiducia
(Ranieri, ibidem, p. 109). Su quest’ultima si fonda il concetto di reputazione
grazie al quale l’identità funge da filtro in quanto espressione di responsabilità.
34
Figura 7: Mappa dell’identità digitale10 (fonte Flickr).
Il ricercatore F. Giglietto nel suo weblog (2007) segnala un elenco di termini11 che
non possono mancare nel vocabolario del post-umano per il ventunesimo secolo,
nella lista compare l’espressione «Extended identity», identità estesa. Il
redattore12 dell’elencazione motiva la sua affermazione evidenziando che l'attività
umana è sempre più spostata verso il mondo digitale. L'aumento della popolarità
di MMORPG come Second Life e World of Warcraft dimostrano che l’identità
può, ad un livello non banale, essere trasferita ad un mezzo alternativo.
10
Fonte.Flickr:http://www.flickr.com/photos/fredcavazza/276533601/
11
(2007) Must-know terms for the 21st Century intellectual: Redux in Sentient Developments
Speculations on the future of intelligent life.
12
Stilato dal Canadese futurista, George Dvorsky, consulente e blogger award inning, ha scritto e parlato
ampiamente circa l'impatto del taglio-bordo della scienza e della tecnologia - in particolare per quanto essi
riguardano il miglioramento delle prestazioni e dell'esperienza umana. Egli ricopre attualmente nel Consiglio
di Amministrazione per l’Institute for Ethics and Emerging Technologies e L'umanità +.
35
Con la maturazione di queste tecnologie verranno distribuiti personalità e nuove
tutele legali per garantire la sicurezza e onnipresente attività online.
2.4 Caratteristiche
Da quanto esposto è possibile comprendere l’importanza dell’identità digitale nel
21° secolo in cui Internet e la rete sono la realtà in cui un individuo interagisce, si
forma e cresce, specie in un'ottica lifelong.
In tale cornice l'identità digitale ha pari valore a quella reale, oltre ad implicare
scenari di complessità ben più specifici. Si pensi alla molteplicità di aspetti che ad
essa sono collegati: sicurezza, privacy, ai quali vanno aggiunte le questioni legate
alla persistenza, alla ricercabilità, alla replicabilità propri di ciascuna traccia
lasciata in rete; sono questioni altamente strategiche, che attengono ai diritti e
doveri, alla proprietà intellettuale, al diritto d’autore, alla reputazione. Per riuscire
a gestire e monitorare con consapevolezza e senso di responsabilità tutti questi
aspetti si comprende perché sia necessaria una costruzione attenta ed accorta
dell’identità digitale; altrettanto facilmente è immaginabile come tale costruzione
richieda un processo complesso, che nel 21° secolo diviene prioritario per il
soggetto in rete.
Conclusione di capitolo
36
37
Capitolo 4: Alfabetizzazione digitale
Figura 8: Cristóbal Cobo Romaní La imagen resume las 20,00 palabras del estudio
Report Final E-Competencias (U. Oxford)
È un tema particolarmente avvertito negli ultimi mesi del 2009 a giudicare dalla
cadenza stringente con la quale si sono susseguite le pubblicazioni: si apprende
che Cedefop in una conferenza che si terrà a Bruxelles il 4 febbraio 2010
presenterà i risultati delle più recenti previsioni per la domanda prevista e l'offerta
di competenze fino al 2020; Peña Lopez, uno studioso preso a riferimento, ci
informa attraverso il suo portale di ricerca sull’avvenuta pubblicazione della
bibliografia online relativa a Digital Literacy (dicembre 2009), nel tempo
costruita; è datata novembre 2009 la pubblicazione dell’indagine europea sulle e-
skills da parte dello studioso cileno C. Cobo; risale all’agosto dello stesso anno la
relazione di sintesi che INSEAD eLab ha preparato per la Commissione Europea
e per la Comunità europea e-Skills Forum.
38
Può essere interessante osservare, attraverso la linea del tempo sotto riportata,
come il tema dell’alfabetizzazione digitale dal Trattato di Lisbona (2000) abbia
progressivamente catturato l’attenzione di vari autori, evidenziando il 2007 e il
2008 gli anni in cui la produzione ha raggiunto l’apice.
1
2
3 5
16
25
Figura 913: Linea del tempo della riflessione operata sulla competenza digitale.
articoli
blogs
cap.libri
libri
comunic
conferenze
ma/primer/guide
riviste
mater.appr
art online
onlin reports
online file video
procedings
reports
seminari
write papers
working papes
13
I dati utilizzati per la realizzazione della linea del tempo sono stati reperiti nel portale di ricerca
personale di Ismael Peña-López.
39
Come è stato espresso nel primo capitolo di questa tesi, una delle principali sfide
del vivere in una società che sta cambiando in maniera continua e accelerata è la
necessità di un aggiornamento in tutti i settori, anche quello dell’istruzione e della
formazione avvertono la stessa urgenza.
Per evitare l’insorgere o il perdurare di pianificazioni poco accorte, quali possono
essere quelle che identificano la competenza digitale riducendola all’acquisizione
d’uso di un certo numero di dispositivi tecnologici, il dibattito sulla sua
definizione è andato nel tempo progressivamente vivacizzandosi.
È proposito di chi scrive fornire una panoramica di questa discussione che dal suo
nascere ad oggi ha visto progressivamente l'arricchimento di importanti e
significativi elementi; si intende cercare di armonizzare le diverse espressioni e
orientamenti, con particolare attenzione alla posizione assunta dalle Istituzioni
(OECD, UE, UNESCO) sul tema; si vuole descrivere alcuni modelli verso i quali
si guarda con particolare interesse per le implicazioni sulla costruzione
dell’identità digitale; infine si passerà in rassegna i vari contributi provenienti da
alcuni ricercatori, raccolti nel corso del convegno sulle competenze digitali
tenutosi a Barcellona nel luglio 2009.
Sul tema la letteratura è copiosa e diversificata, vi compiano differenti termini:
abilità digitale, e-skills, e-competenze, abilità per la società dell'informazione.
Sono usati vocaboli per descrivere concetti simili gli uni agli altri, ma con
sfumature e sottigliezze che attribuiscono loro significati diversi (Peña Lopez,
2009).
40
4.1 Termini ed approcci
Nell’operare una rassegna della letteratura può essere utile visualizzare attraverso
una tabella i diversi termini e approcci riconducibili a differenti ambiti applicativi.
14
CILIP è il principale organismo professionale per i bibliotecari, specialisti dell'informazione e
dirigenti della conoscenza http://www.cilip.org.uk/about-us/pages/default.aspx
41
stessa, la sua infrastruttura tecnica e il suo contesto sociale, culturale e filosofica e
l'impatto.
Digital Literacy - alfabetizzazione digitale è la capacità di individuare,
organizzare, capire, valutare e creare informazioni utilizzando tecnologia digitale.
L'alfabetizzazione digitale comprende computer hardware, software l’Internet,
telefoni cellulari, PDA, e altri dispositivi digitali.Wikipedia)
L’espressione Digital Literacy è stata usata per la prima volta da Gilster (1997),
nella sua definizione evidenzia le capacità di pensiero critico e di valutazione
dell’informazione più che le abilità tecniche. Nel concetto di digital literacy
confluiscono altre literacies (Calvani et alii).
15
Abstract tesi di laurea parte I: La costruzione del Web 2.0 Concept Giger
http://www.dissertations.se/dissertation/9ff70fd7a9/
16
Mark Warschauer Electronic Literacies: Language, Culture, and Power in Online Education
http://search.barnesandnoble.com/Electronic-Literacies/Mark-Warschauer/e/9780805831191
42
4.3 Dimensioni della digital literacy
L’UE e gli Stati membri nel 2006 hanno cominciato ad attuare un insieme
organico di politiche volte a migliorare i livelli di alfabetizzazione digitale tra i
popoli europei. Analisi specifiche dicono che i gruppi particolarmente colpiti da
analfabetismo digitale sono i disoccupati, le donne disabili e anziani. Le misure si
concentrano sul fornire competenze di base delle ICT e garantire che tutti gli
allievi al momento di lasciare la scuola abbiano una cultura digitale.
Per l’Unione Europea
La Competenza digitale consiste nel saper utilizzare con
dimestichezza e spirito critico le Tecnologie della Società
dell’Informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la
43
comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC:
l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre,
presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e
partecipare a reti collaborative tramite Internet.
A tale competenza sono associate conoscenze, abilità e attitudini essenziali; essa
prevede la consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità
delle TSI nella vita personale e sociale e al lavoro.
UNESCO (2008) «Strategy framework for promoting ICT literacy in the Asia-
Pacific region».
Il documento, commissionato dall'Ufficio dell'UNESCO a Bangkok, prevede
un’analisi della situazione di utilizzo delle ICT nella regione Asia-Pacifico;
esamina le attuali spinte dominanti in materia di istruzione ICT. Sintesi: quasi
universalmente è accettata l’idea che le tecnologie dell'informazione e della
comunicazione (ICT) influiscono positivamente sullo sviluppo. Ad esempio, in
materia di istruzione gli educatori e i responsabili politici concordano sul fatto che
le ICT sono di fondamentale importanza per il futuro della formazione.
Queste tecnologie, soprattutto quelle che richiedono la connessione a internet,
sono in grado di fornire informazione online in tempo reale, favorire
l'apprendimento a distanza, attivare una di conoscenze per gli studenti e gli
insegnanti, ampliare la disponibilità di materiali didattici di qualità, possono
migliorare anche l'efficienza e l'efficacia della politica di amministrazione
dell'istruzione. Questa posizione è condivisa da genitori e insegnanti.
La mera disponibilità delle ICT nelle scuole è quasi sempre identificata con il
progresso. L’introduzione delle ICT nelle scuole suscita grandi speranze e grandi
aspettative per ampliare gli orizzonti personali e nazionali.
Uno specialista ha sottolineato che il ruolo delle ICT nel settore agricolo, pur non
essendo una panacea per i problemi dello sviluppo rurale e la sicurezza
alimentare, attraverso internet può aprire nuovi canali di comunicazione che
portano nuove conoscenze e fonti di informazione per le comunità rurali.
Lo stesso può essere detto a proposito del ruolo delle ICT nel settore
dell'istruzione. Oltre a modificare radicalmente le modalità di distribuzione delle
informazioni di istruzione, le ICT possono svolgere un ruolo critico nella
costruzione della conoscenza, rendendone possibile la creazione, la gestione e la
condivisione.
UNESCO (2009)
L’UNESCO ha elaborato alcuni standard relativi alle competenze ICT, quindi
tecnologia ed informatica che gli insegnanti dovrebbero possedere, ha prediposto
inoltre linee guida che dovrebbero contribuire al miglioramento della qualità
dell’istruzione a livello mondiale. Gli standard servono ad identificare le
competenze di cui gli insegnanti necessitano per utilizzare le nuove tecnologie nel
settore dell’educazione.
Gli standard UNESCO prevedono tre diversi livelli di obiettivi: il primo di
“semplice” alfabetizzazione digitale, il secondo e più complesso, vede l’uso delle
ICT per un approfondimento culturale: saper risolvere problemi reali e anche
44
complessi, il terzo obiettivo, quello più alto, cioè l’uso creativo e innovativo delle
ICT: saper produrre nuova conoscenza, di cui beneficiare direttamente.
45
Le tecnologie di rete sono ormai mature per poter supportare percorsi
d'apprendimento in finalizzati allo sviluppo delle competenze di PKM, che nel
loro insieme corrispondono al Learning to learn. Solo un approccio informale però
non può supportare i leaners allo sviluppo delle competenze di PKM di ordine
superiore, servono situazioni formative più strutturate, specialmente dove non c'è
l'abitudine all'uso delle ICT. La competenza "imparare ad imparare" fa prendere
coscienza del come e perché si acquisiscono, si elaborano e si memorizzano
diversi tipi di conoscenze» (Pettenati & Cigognini, 2009).
I risultati qui presentati prendono spunto dall'elaborazione della teoria relativa alle
competenze di gestione delle conoscenze personali, introdotta in lavori precedenti.
Le e-tivity presentate possono costituire un quadro di riferimento iniziale, sia per
la definizione degli oggetti di apprendimento sia per la macro-concezione dei
moduli di sviluppo delle competenze nella quale le competenze di PKM devono
essere insegnate. In tabella la loro sintesi:
Definire i bisogni
Tabella 3: Nell’elaborazione delle tabelle si è utilizzata quale fonte Tecnologie Didattiche (Cigognini,
Mangione e Pettenati, 2007).
46
Le competenze di PKM di Ordine Superiore
Abilità
comunicative, Capacità di Sviluppo delle Uso creativo nell'uso della
relazionali, gestione delle capacità, rete , dei suoi strumenti e
sociali e di fasi e dei competenze e dei suoi ambienti, dalla
condivisione processi in per abilità per scrittura alla realizzazione/
la creazione e ricercare e condivisione/organizzazione
"Essere a rete " condivisione di selezionare le delle risorse multimediali,
come modalità conoscenza informazioni per poter elaborare concetti
di approccio e le risorse. e informazioni in modo
per la efficace.
condivisione, lo
scambio e la
costruzione di
conoscenza per
comprendere e
gestire le
dinamiche e i
flussi di
comunicazione
e di relazione
della rete .
Tabella 4: Nell’elaborazione delle tabelle si è utilizzata quale fonte articolo siel 2009 (Cigognini, Pettenati &
Paoletti, 2008).
47
Modello di Ismael Peña Lopez (2009)
Il ricercatore catalano Peña Lopez affida a un’efficace immagine la
rappresentazione del modello da lui elaborato:
Spiega che si sta andando «verso una definizione esauriente di abilità digitale»;
definendo al contempo i concetti nel modo che segue:
Technological
Alfabetizzazione
tecnologica
48
È possibile individuare anche un livello inferiore,
multimedia, nel quale l’interazione sarebbe più
meccanica; ed uno più alto, crossmedia, dove
Media Literacy Dove l’interazione e l’integrazione non rispondono alle
possibilità tecniche, ma ad un disegno strategico: la
Alfabetizzazione costruzione d’un ecosistema di diversi media (e non
mediatica un semplice output multimediale).
49
Figura 13 fonte (Peña Lopez, 2009)
Si tratta d’un approccio non ancora completo, spiega l’autore, essendo ancora
essenzialmente un’esplorazione: manca dunque in completezza. È, pur tuttavia, un
riflesso di cosa egli ritiene stia avvenendo a livello applicato quando talvolta
troppe cifre concettuali devono essere fatte funzionare a casa, a scuola, a lavoro o
nell’impegno sociale e politico. Altrimenti detto, come vanno messi gli strumenti
(ed i problemi e le questioni) della società dell’informazione nelle mani delle
guide e di quanti prendono decisioni ed attuano politiche? L’autore ritiene che
occorrano non tanto cornici statiche quanto dei percorsi dinamici: We need not
static frames, but dynamic paths. From 0 to 100. From the simplest needs to the
deepest understanding. And build bridges amongst them stages. (Peña-López, I.
2009).
Si esamina ora lo scritto dello studioso cileno C. Cobo Romani (2009) in cui
analizza l'efficacia delle politiche, delle strategie e dei programmi che favoriscono
l'acquisizione di e- competenze, concentrandosi in particolare sulle giovani
generazioni che faranno parte della forza lavoro nei prossimi cinque- dieci anni.
Il saggio di Cobo Romani si basa su un'analisi comparativa di diversi studi a
proposito dell'impatto delle ICT per l'apprendimento degli studenti. È qui proposta
una nuova definizione del termine "e-competences". Contiene inoltre un insieme
di buone pratiche per lo sviluppo del futuro e-competenti forze di lavoro sono
identificati.
Il saggio si articola in sette idee chiave:
1. Dopo dieci anni di sforzi coerenti per migliorare il livello d'istruzione
infondendo notevoli quantità di capitale in ICT, la ricerca attuale dimostra
costantemente che l'accesso e l'uso delle ICT sono garanzie di successo maggiore
di studenti.
2. Ci sono precedenti di diversi paesi che dimostrano che non vi è alcuna
correlazione tra il livello di accesso alle ICT e la percentuale di utilizzo delle ICT.
3. C’è invero poca ricerca con base scientifica che permetta di misurare l’efficacia
della tecnologia nell’ottenimento dell’apprendimento.
4. Questi risultati indicano la necessità di adottare una vasta gamma di
miglioramenti nel sistema di istruzione, anche in termini di politiche pubbliche,
che dovrebbe andare ben oltre l'acquisizione delle ICT.
5. Questo lavoro presenta prove del fatto che le politiche pubbliche, che avrebbero
dovuto portare notevoli miglioramenti nel raggiungimento di istruzione attraverso
l'adozione delle ICT, sono state errate o parzialmente errate.
6. E-competence vanno oltre l'uso di ICT specifici, compreso l'uso competente
delle informazioni e l'applicazione delle conoscenze per lavorare individualmente
e in collaborazione all'interno di contesti mutevoli.
7. Per evitare qualsiasi prospettiva riduzionista, in relazione all’integrazione delle
ICT nel settore dell'istruzione, sarà necessario avere un approccio flessibile e
dinamico, al fine di equilibrare l'adozione delle tecnologie digitali con le altre
competenze critiche.
50
Figure 14 E-competencies and the five underlying concepts. Immagine tratta da Cobo Romani
(2009).
Le risorse17 che seguono, reperibili nel PRP (Personal Reseach Portal) di Peña -
Lopez riguardano il convegno di Barcellona del 2009 su «Competenze digitali:
conoscenza, competenze ed attitudini per la società in rete ».
I relatori affrontando il tema da angolazioni diverse, concordano nel ritenere
indispensabile l’acquisizione di competenze capaci di rispondere alle istanze poste
dalla Società della Conoscenza, considerano altresì necessari l’addestramento e la
diffusione di competenze che richiedono un cambiamento nel modo di
relazionarsi, di comunicare, d’educare, d’istruire, di partecipare, di governare.
In estrema sintesi si tratta di addivenire a un cambiamento culturale, di mind-set.
Una panoramica dei diversi contributi potrà essere utile alla comprensione dei
termini del dibattito.
Boris Mir (2009), attraverso un intervento dal titolo The digital competence as a
methodological competence descrive il sistema educativo catalano, e identifica
alcune caratteristiche connotate negativamente, in quanto latrici di problemi o di
aspetti negativi; l'autore evidenzia la mancanza di un syllabus per competenze ma
l’esistenza di un programma di studio per discipline al cui interno si devono
sviluppare le competenze comunicazionali; metodologiche; personali e
17
Dal titolo Course on Digital Competences dal corso tenutosi a Barcellona nel luglio del 2009.
Nella rassegna non vengono riportati i contributi di Cobo e Peña-López ai quali è dedicato altro
spazio per la descrizione della loro visione.
51
d’interrelazione. Si interroga su chi sia responsabile per lo sviluppo di queste
competenze e su quali siano le competenze generiche. Definisce la competenza
digitale come «la combinazione di conoscenza e capacità, assieme a valori ed
attitudini, miranti all’ottenimento di risultati con efficacia ed efficienza in contesti
digitali e con strumenti digitali». È dell’opinione che la competenza digitale si
ottenga con l’uso strategico di differenti capacità in svariati campi d’azione che
portano alle rispettive dimensioni della competenza digitale: il campo
dell’apprendimento: apprendere e generare conoscenza; il campo
dell’informazione: recuperare, valutare e gestire l’informazione; il campo della
comunicazione: come ci si mette in relazione con gli altri, si comunica ecc in
contesti digitali; il campo della cultura e della cittadinanza digitale:
comportamento civico, partecipazione politica, sicurezza ecc.
José Manuel Pérez Tornero, già autore del famoso saggio sull'alfabetizzazione
digitale Comprender la alfabetización digital (2003) nel suo intervento dal titolo
Criteri per i livelli di alfabetizzazione mediatica, rileva l’esistenza di un bisogno
urgente di trovare indicatori d’alfabetizzazione mediatica che dovrebbero essere
utilizzati per misurare progetti nell’ambito d’alfabetizzazione mediatica.
Componenti dell’alfabetizzazione mediatica per l’autore sono l’educazione
mediatica, la partecipazione e cittadinanza attiva, le abilità e competenze critiche e
creative. Suggerisce quali obiettivi strategici lo sviluppo delle politiche
d’alfabetizzazione mediatica, la connessione tra l’alfabetizzazione mediatica con
l’innovazione tecnologica ed economica, lo stimolo la creatività come parte
essenziale dell’alfabetizzazione mediatica; la promozione dell’alfabetizzazione
mediatica come strumento di cittadinanza attiva; il rinforzo della ricerca e
dell’educazione nell’alfabetizzazione mediatica.
L’alfabetizzazione mediatica consentirebbe di sentirsi a proprio agio coi media
esistenti, utilizzarli attivamente e creativamente; avere un approccio critico ai
media; comprendere l’economia dei media; essere coscienti del diritto d’autore.
Rileva l’esistenza due dimensioni nell’alfabetizzazione mediatica, una legata
all’abilità: uso, comprensione e comunicazione; l’altra legata all’ambiente:
disponibilità, educazione mediatica.
(Peña-López, 2009).
52
e lavoro riconoscendo che il cambiamento tecnologico è influenzato dalle abilità
elettroniche (e-SBTC). Per il relatore i flussi d’informazioni e di conoscenza
saranno la base per lo sviluppo nelle prossime decadi, sottolinea che per la prima
volta nella storia, una tecnologia aiuta gli esseri umani nelle loro attività mentali.
Rileva che le implicazioni di questa nuova economia nella società della
conoscenza generano diversi effetti: complementarità, sinergie, cambi di chip
mentale, sviluppo e espansione di nuove reti.
Conclusione di capitolo
53
In generale si constata che molti sono gli autori e le istituzioni che hanno
contribuito al dibattito sul tema delle competenze (digitale), focalizzando
l’attenzione sui processi cognitivi, sulle peculiarità della rete, sulle interazioni
della rete , sulle tipologie dei media, sugli aspetti tecnologici legati all’uso
strumentale delle tecnologie e degli ambienti di rete. Tutti concordano sul fatto
che nel concetto di digital literacy (alfabetizzazione digitale), confluiscono altri
tipi di literacy legate alle ICT, ai media e ad altre abilità. Questo dimostra la
complessità della materia.
L’attenzione di chi scrive si focalizza in particolare sulle implicazioni di tre
apporti, quello delle ricercatrici, studiose di PKM, Pettenati & Cigognini, e quelli
dei ricercatori di lingua spagnola, Peña-López e C. Cobo Romani.
Il modello delle prime individua delle competenze che se possedute, possono
plasmare profondamente l’identità digitale, ci si riferisce alle competenze di
ordine superiore al senso di rete, all’abilità nel mediare i contesti formali e
informali e al senso critico nell’uso della rete. Irrinunciabile è anche la parte
formativa del modello, un set di moduli didattici prototipo per sviluppare le
competenze di base e di ordine superiore, e delle linee guida, strategie formative
ed e-tivity per lo sviluppo delle competenze di PKM.
Il modello del ricercatore catalano identifica un’apposita competenza per l’identità
digitale che, come si è visto, viene definita come Presenza digitale, costituita
dalle competenze digitali per monitorare e stabilire un’identità digitale e le
competenze per definirla attivamente ed utilizzarla per lo stabilimento d’una di
contatti (networking) o per interagire con altre persone in modo digitale.
54
Conclusioni
55
Perché il tema dell'identità digitale?
Perché oltre ad essere una questione di ricerca attuale e stringente (basti pensare
alla linea del tempo della letteratura della mia analisi) che ne fanno il punto
strategico attuale, posso introiettare la riflessione e l'expertise accumulata sulla
mia personale esperienza e posizione: chi scrive ha mutato negli anni la propria
identità digitale, scolpendola esperienza dopo esperienza a tutto tondo, forgiando
con potenzialità e criticità tutti i colori dell'arcobaleno sfaccettato del proprio
prisma dell'identità digitale.
A condurre l’indagine è un’immigrata e vissuta digitale che, dopo trentasette anni
di insegnamento nella scuola secondaria di primo grado, ha deciso di rassegnare le
dimissioni volontarie per dedicarsi a qualcosa che fosse in grado di restituirle la
soddisfazione e l’appagamento conosciuti in molti anni del suo lavoro e che col
tempo si erano dissolti.
Mi sono posta domande su come gestire positivamente la seconda metà della mia
vita a conclusione di un percorso che mi aveva visto dapprima studentessa e
successivamente insegnante, su come sviluppare le mie competenze nei processi
formativi, garantendomi allo stesso tempo la soddisfazione del bisogno di
autorealizzazione.
Ho deciso di rimettermi in gioco, di riprendere lo studio formale iscrivendomi ad
un master da lungo tempo esplorato a distanza. Al termine del percorso di studio
ritrovo la mia vita cambiata perché io stessa sono cambiata, avendo davanti a me
prospettive inaspettate in relazione a forme di partecipazione che in altri momenti
avrei considerato impensabili.
Ho sperimentato tutte le fasi che la letteratura della formazione a distanza
descrive: la prima è riconducibile all’anno in cui sono stata titolare di funzione
obiettivo. Per lo svolgimento del compito erano obbligatorie ore di formazione di
cui parte di autoformazione su materiale prodotto dalla Biblioteca Pedagogica di
Firenze e parte in aula organizzate dall’Ufficio Scolastico Provinciale. Di
quell’esperienza ricordo il grande entusiasmo riconducibile al senso di
esplorazione del mezzo telematico, la riflessione su possibili usi didattici delle
risorse con cui ero venuta a contatto, il confronto con i colleghi proprio
utilizzando gli stessi strumenti. Ricordo un unico difetto: le carenze tecniche
hanno scoraggiato la buona volontà degli insegnanti (nella fase della
registrazione).
La seconda esperienza è legata a un progetto RAI Educational e Ministero della
Pubblica Istruzione (Multimedi@Scuola) realizzato attraverso un sito Internet e
un CD-ROM. Con quel corso ho acquisito in parte le capacità operative da
utilizzare nella didattica quotidiana, ho acquisito una maggiore consapevolezza
sulla valenza didattica specifica di alcune tecnologie, ho avuto la possibilità di
confrontarmi con colleghi più esperti.
La terza esperienza mi ha visto alle prese con il corso di formazione a distanza
RAI-MPI sull'educazione interculturale mediante il sito internet dedicato allo
stesso tema. Fra gli aspetti positivi segnalo la ricca documentazione, la continua
ed aggiornata riflessione su una delle sfide più significative delle contemporanee
società multiculturali e postmoderne e una ricca serie di proposte e di progetti.
56
La quarta esperienza risale al 2002, periodo in cui ho iniziato un corso per
l’apprendimento dello spagnolo in un itinerario lungo i paesi dell’America ispana,
basato prevalentemente su testi presi dal web. L’adesione al corso è stata
puramente casuale e dettata dalla mia inguaribile curiosità: un’insegnante di
nazionalità argentina, residente in Slovenia, avviava un’attività didattica online
facente parte di un progetto di tesi per il conseguimento del Master in didattica
dello spagnolo lingua straniera dell’Universidad de Nebrija (Madrid). La
formazione seguiva il modello della Correspondance Education: proponeva la
metodologia didattica che usa la lingua straniera per l'apprendimento di altre
discipline (CLIL - Content Language Integrated Learning).
L’arricchimento personale e professionale che ne è derivato è stato rilevante,
avendo io avuto modo di entrare in contatto con approcci educativi, campi di
ricerca e di attività vari e disparati. Dal punto di vista dell’apprendimento della
lingua posso dire di aver acquisito abilità di comprensione ed espressione scritte,
lessico e conoscenze grammaticali; di aver lavorato su svariati generi testuali. Tra
gli svantaggi annovero la mancanza di un luogo di interazione, di dibattito e di
collaborazione in rete.
Nel biennio 2006- 2008 ho partecipato al corso di perfezionamento in didattica
assistita dalle nuove tecnologie proposto dal Politecnico di Milano, interamente a
distanza. Al momento dell’iscrizione non avrei mai immaginato che un giorno
avrei scritto un diario sul web perché mi sembrava di non avere niente da dire a
nessuno. Ho messo da parte però le resistenze interiori ritenendo irragionevole da
parte mia non sperimentare anche questo strumento di relazione sociale. Essendo
molto affezionata all’origami, che esprime la considerevole pazienza di cui sono
dotata, ho pensato di farne il punto di partenza per il mio blog. Non volendo però
circoscrivere il mio raggio di riflessione, ho pensato di creare una sorta di
zibaldone in cui annotare riflessioni, pensieri e altre cose. Prendendo a modello le
scelte di stimati docenti mi sono affidata a una delle maggiori piattaforme di
blogging e mi sono lanciata. Anche se non lo aggiorno con regolarità sono
soddisfatta dell’esperienza, principalmente per due motivi: per essere riuscita a
vincere le resistenze che mi avevano impedito fino allora di imbarcarmi
nell’avventura e per essere il blog uno stimolo a pensare, ad agire e a esprimere.
57
Riflettendo su quanto ho fino ad ora esposto ritengo di poter indicare gli elementi
su cui ho costruito la mia identità digitale:
- Curiosità insaziabile, apertura al nuovo, ricerca di diversi punti di vista.
- percezione del bisogno di autorealizzazione
- approccio lifelong learning
- E-learning
- apprendimento formale, non formale, informale
- PKM, che ho esperito in tutti i gradini del possibile
- valori etici
58
Bibliografia
Boyd D. M., Ellison, N. B. (2007. Social Network Sites: Definition, History, and
Scholarship Journal of Computer-Mediated Communication, 13(1), articolo 11
http://jcmc.indiana.edu/vol13/issue1/boyd.ellison.html
(verificato in data 10/01/2010).
Boyd.D. “Why Youth Social Network Sites: The Role of Networked Publics in
Teenage Social Life." Youth, Identity, and Digital Media. Edited by David
59
Buckingham. The John D. and Catherine T. MacArthur Foundation Series on
Digital Media and Learning. Cambridge,
MA: The MIT Press, 2008. 119–142. doi: 10.1162/dmal.9780262524834.119
http://www.mitpressjournals.org/doi/pdf/10.1162/dmal.9780262524834.119
(verificato in data 06/02/2010).
60
Cigognini, M.E., Mangione G.R. & Pettenati M.C. (2007). E-Learning in
progettazione (in) formale. TD-Tecnologie Didattiche, 41 (2) -. Edizioni Menabò,
Ortona. http://www.itd.cnr.it/tdmagazine/ricerca.php
(verificato 20/01/2010)
Dvorsky G. (2007) Must-know terms for the 21st Century intellectual: Redux in
Sentient Developments Speculations on the future of intelligent
http://www.sentientdevelopments.com/2007/01/must-know-terms-for-21st- century_11.html
(verificato in data 10/01/2010).
Fini, A. & Cigognini, ME (a cura di) (2009). Web 2.0 e networking sociale. Nuovi
Paradigmi per la formazione. Trento: Erickson.
61
Frand e Hixon (1999) "Personal Knowledge Management: Chi, Cosa, perché,
quando, dove,come?", Working paper, UCLA Anderson School of Management;
(verificato in data 10/01/2010).
62
http://www.eskills-pro.eu/files/cepis/20090930113519_e- SkillsEcompCurriculum.pdf
(verificato 20/01/2010)
Peña Lopez Ismael (2009). Peña-López, I. (2009). “The personal research portal:
web 2.0 driven individual commitment with open access”. In Hatzipanagos, S. &
Warburton, S. (Eds.), Handbook of Research on Social Software and Developing
Community Ontologies, Chapter XXVI, 400-414. Hershey: IGI Global.
(verificato il 3/01/2010)
Peña-López, I. (2009) “Digital Competences (IV). Jesús Martínez & Dolors Reig:
Communities of Practice in Public Administrations. Compartim programme and
digital competences” In ICTlogy, #70, July 2009. Barcelona: ICTlogy.
Retrieved month dd, yyyy from http://ictlogy.net/review/?p=2521
(verificato il 3/01/2010)
Peña Lopez I.“Digital Competences (I). Boris Mir: The digital competence as a
methodological competence” In ICTlogy, #70, July 2009. Barcelona: ICTlogy.
Retrieved month dd, yyyy from http://ictlogy.net/review/?p=2490
(verificato il 3/01/2010)
63
(verificato il 3/01/2010)
64
(verificato in data 10/01/2010)
Spears R. e Lea M. (1992) Social Influence and the Influence of the «Social» in
Computer-Mediated Communication. In M, Lea ( a cura di), Contextes of
Computer Mediated Communication, Hemel Hempstead, Harvester Whearsheaf)
Sproull e Kiesler1986, Reducing Social context Cues: electronic Mail in
Organizational Communication, in “Management Science”, 31, 11, pp. 1492-
1512.
65
UNESCO (2008) Strategy framework for promoting ICT literacy in the Asia-
Pacific region. Bangkok: UNESCO Bangkok Strategia quadro per promuovere
l'alfabetizzazione ICT nell'area Asia- Pacifico (Pernia,UNESCO)
Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/World_Wide_Web).
(verificato in data 10/01/2010).
66
67