Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
IS.
r Capitolo 4
Le forze spaziali
Parleremo più avanti delle forze insite in ogni forma; prima però
dobbiamo rilevare che il campo stesso possiede delle sue forze
intrinseche.
Esse possono essere di due tipi: bidimensionali o tridimensionali.
Quando posizioniamo le forme vicino al bordo di una composi
zione, le prime (Figura 4.3) tendono a spingerle sempre più verso
l’esterno, verso i margini della superficie. Le altre hanno effetti
diversi a seconda della zona del campo (Figura 4.4). A parità di
condizioni le figure poste in basso a destra subiscono una forza
avanzante, cioè sembreranno venire più incontro all’osservatore
rispetto a quelle poste nelle altre parti del campo; quelle in alto a
sinistra invece sono soggette a una forza retrocedente, appariranno
cioè allontanarsi dall’osservatore; possiamo definire queste aree del
campo zona di massimo avanzamento e zona di massimo
arretramento. Le altre parti del campo, in basso a sinistra e in alto
a destra sono zone neutre; non hanno effetti sulle figure.
Questa teoria è stata esposta nel 1944 da uno studioso del MIT
(Massachusetts Institute of Technology), Gyorgy Kepes2, ma ha
origini più lontane. Già Wassily Kandinsky vent’anni prima aveva
rilevato le asimmetrie presenti nel campo individuando quella che
aveva definito diagonale armonica, che andava dal basso a sinistra
all’alto a destra, e la diagonale disarmonica, quella opposta; quest’ul-
tima univa due parti del campo dove si manifestava una tensione
tridimensionale. Egli ribadiva poeticamente questo concetto di
asimmetria del campo scrivendo: “Il movimento verso ‘sinistra’è
un movimento verso la lontananza, il movimento verso ‘destra’ è
un movimento verso casa”3.
Possiamo osservare che la maggioranza delle opere d’arte svilup-
pano la loro tridimensionalità lungo la diagonale disarmonica, come
avviene in alcune famosissime opere (Figura 4.5), il che suggerisce
che questo schema di composizione sia innato nell’uomo e da
considerarsi quindi una costante vettoriale della percezione.
Studi compiuti sul cervello umano in anni più recenti hanno con
fermato che, per quanto le divergenze anatomiche tra i due emisferi
cerebrali siano relativamente piccole, quelle funzionali sono molto
marcate, cosa che può condizionare la percezione del materiale
ottico. L’emisfero destro è chiamato emisfero visivo e, lo dice il
termine stesso, possiede proprietà visuospaziali; a esso competono
per esempio il riconoscimento delle forme e dei colori, l’orienta-
mento,la Gestalt. Quello sinistro è chiamato emisfero linguistico
e a esso competono, tra l’altro, il controllo del linguaggio e l’analisi
della scrittura. Gli scienziati hanno ultimamente scoperto che, men
tre negli individui maschi questa “specializzazione” degli emisferi
cerebrali è molto evidente, nelle femmine lo è molto meno: per le
stesse
%
operazioni esse utilizzano aree del cervello più ampie.
E chiaro comunque che quello che avevano teorizzato intuitiva
mente Kandinsky e Kepes ha trovato precisi riscontri scientifici.
Lo spazio concavo
e lo spazio convesso
Abbiamo parlato di spazio psicopercettivo e abbiamo detto che
esso può essere bidimensionale (Figura 5.la) o tridimensionale
(Figura 5.1b),a seconda che possa generare o meno una sensazione
di profondità.
Lo spazio però possiede altre qualità: può essere statico o di
namico. Quando esso ha tutte le figure orientate in senso ver
ticale oppure orizzontale rispetto ai margini del campo (quindi è
composto da forme lette come ferme), parliamo di spazio statico;
quando queste forme sono percepite come in movimento parliamo
di spazio dinamico. Un classico esempio di spazio statico si può
trovare nei quadri di Piet Mondrian (Figura 5.2); rappresentazioni
invece tipicamente dinamiche sono quelle dei futuristi, che hanno
fatto del movimento il loro principio ispiratore. Nella copertina di
Filippo Tommaso Marinetti, la composizione dinamica dei caratteri
accentua l’onomatopeia delle parole (Figura 5.3).
Lo spa
L'espressione spaziale
a b
L'uguaglianza
La chiusura