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MARSHALL MCLUHAN

BRUCE R. POWERS

“Il villaggio globale”


XXI secolo:
trasformazioni
nella vita e nei media

Relazione svolta da:


Patrizia Arcangeli
Elisa Gho
Barbara Lippo
Francesca Piccinini
Maria Sanna
MARSHALL MCLUHAN, BRUCE R. POWERS
“IL VILLAGGIO GLOBALE”

Titolo originale “The Global Village”, Oxford University Press


Edizione italiana della Sugarco Edizioni
Periodo di elaborazione 1976/1984.
Anno di pubblicazione 1988.

INTRODUZIONE

Marshall McLuhan e Bruce Powers hanno strutturato il libro a partire da due punti di
vista: quello estetico e quello tecnologico. Una parte del libro è costituita dalla
meditazione estetica di come McLuhan sia giunto alla tedrade (concetto chiave che
verrà successivamente chiarito) attraverso l’arte e la retorica. L’altra parte del libro
si occupa delle tecnologie di comunicazione, limitandosi a quelle collegate al video.
“Il villaggio globale“ è un libro che vuole riportare il passato nel presente per fare
intravedere un futuro alternativo.
Un tempo si passava la vita a trarre ispirazione da ciò che venne fatto in età
precedenti, si vedeva il mondo tramite il passato. L’uomo d’oggi non può più riportare
qualsiasi novità al passato a causa della velocità e continuità del mutamento. Vi è la
necessità di prevedere il futuro con le modalità dell’artista: affrontare il presente
come se fosse un compito da analizzare per vedere il futuro con chiarezza.
Il modo di lavorare di McLuhan, cioè di perfezionarsi attraverso le opinioni degli altri,
aveva contagiato anche Powers. Insieme registravano e riascoltavano le loro
conversazioni, giungendo alla conclusione che le tecnologie collegate al video
avrebbero potuto portare ad una morte psicologica.
Per entrare nel vivo della questione partiamo appunto dal dialogo tra i due autori
riportato nel testo, soffermandoci e commentando le parti che riportano ai concetti
centrali del libro.

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DAGLI ANGELI AI ROBOT:
DALLO SPAZIO EUCLIDEO ALLO SPAZIO EINSTENIANO
(dialogo tra gli autori, 1978)

BP Ora che il lettore ha letto il materiale sugli emisferi e sui media, sullo spazio
visivo e acustico, quali sono, a tuo parere, le idee principali che dovrebbe
conservare?

Il nostro cervello è formato da due emisferi, l’emisfero sinistro e l’emisfero destro,


congiunti da una spessa fascia di fibre nervose detta corpo calloso il quale ha funzioni
connettive e coordinative tra i due (vedi figura 1). L’emisfero sinistro è preposto
all’organizzazione di capacità di calcolo, scrittura e linguaggio; è caratterizzato da
linearità, sequenzialità, analiticità, dall’attenzione al quantitativo. A livello sensoriale
utilizza lo spazio visivo per mezzo del quale riesce a trattare opportunamente le
informazioni diacroniche.
L’emisfero destro invece organizza funzioni spaziali e il senso della
pluridimensionalità; tratta il pensiero artistico/simbolico, simultaneo, sintetico e
qualitativo. A livello sensoriale utilizza lo spazio acustico, il quale meglio soddisfa le
sue esigenze sincroniche.
Lo spazio acustico è multisensoriale perché c’è la compresenza di tutti i sensi, lo
spazio visivo invece nasce dalla predilezione di un unico senso a discapito degli altri: la
vista. Questo distacco è tipico della cultura occidentale e trova le sue radici nella
nascita del pensiero filosofico greco.
La cultura orientale invece è caratterizzata dall’utilizzazione dello spazio acustico.
Ma “L’attuale epoca elettronica […] presenta la prima seria minaccia al predominio,
durato 2500 anni, dell’emisfero sinistro” all’interno della cultura occidentale.

Figura 1
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MM La consapevolezza di non vivere in un ambiente naturale. Se è civilizzato, vive in
uno spazio euclideo– chiuso, controllato, lineare, statico– astratto dal mondo
che lo circonda. Si tratta, come nel caso del linguaggio, di un tentativo di
manipolare come pure di interpretare il mondo.

BP Un po’ come un neonato nella culla. Hai notato come il bambino cerchi di
mettersi tutto in bocca: tazze, sonaglini o palle?

MM Sì, egli cerca di inghiottire il suo mondo immettendolo in se stesso allo scopo di
controllarlo. Hai notato che non si possono visualizzare figure geometriche se
non nel vuoto? Questa caratteristica è una chiave essenziale per capire lo
spazio euclideo. Non é il tutto di natura, è un’astrazione, un’invenzione
dell’immaginazione. Per oltre duemilacinquecento anni, il concetto ha talmente
condizionato il nostro pensiero che siamo costretti virtualmente a vivere in cubi
e rettangoli – stanze e case quadrate, strade tutte uguali. In architettura il
cerchio ci dà un senso di disagio finchè non ne otteniamo la quadratura. La linea
retta o il piano euclideo hanno avuto il sopravvento sul nostro cervello, o almeno
su parte di esso, l’emisfero sinistro.

Figura e sfondo sono le componenti di ogni situazione culturale: la figura è un’area di


attenzione, lo sfondo è un’area di disattenzione. In termini logici lo sfondo viene prima
della figura in quanto lo sfondo può diventare figura: uno sfondo diventa figura quando
viene sostituito da un nuovo sfondo.
Per capire il rapporto intercorrente tra figura e sfondo bisogna ricordare che questi
due termini provengono dalla Gestalttheorie per cui lo sfondo è qualcosa di più della
somma delle varie figure di cui è composto. Ciò accade perché l’incontro delle
interfacce di figure e sfondo è un’iterazione in eterno conflitto per mantenere la
separazione: cioè c’è sempre un intervallo che è detto intervallo di risonanza. Il fatto
che questo intervallo sia detto “di risonanza” ci indica già che si tratta di un qualcosa
di dinamico, il cui movimento nasce dalla pressione che le interfacce esercitano tra
loro creando una condizione di trasformazione continua, potenziale.
Il rapporto figura- sfondo può essere ricondotto al rapporto tra gli emisferi del
cervello e quindi al rapporto spazio visivo- spazio acustico.
Lo spazio visivo predilige la figura: per soddisfare la legge di causa –effetto non si può
fare altro che concentrarsi su una figura e sul suo incontro con altre figure. Esempio
tipico di ciò è la geometria euclidea in cui si considera la figura come un assoluto
statico indipendente dallo spazio e dal tempo. Lo spazio acustico predilige lo sfondo.
Infatti prevede un tutto in cui siamo immersi, un tutto senza un centro.

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BP Come ha avuto origine tutto questo?

MM Con l’alfabeto. I fenici lo portarono in Occidente, in Grecia, probabilmente


dall’Oriente. I fenici esportarono anche l’idea di calcolo decimale, ma, come sai,
la manipolazione numerica, che ha le sue radici nell’alfabeto, non funzionò molto
bene finchè il concetto dello zero non arrivò a completarla. Considera il nostro
alfabeto; ha i quattro aspetti simultanei di un quadrato. L’alfabeto, in ognuno
dei suoi segni, è continuo, connesso, omogeneo e statico. Queste sono anche le
caratteristiche dello spazio visivo. Una successione di frammenti che non hanno
alcun significato effettivo al di fuori di quello che vi si legge dentro. Il miglior
modo di capire l’essenza dell’alfabeto è il suo movimento progressivo di
sequenzialità.

Prima dell’invenzione della scrittura la parola era vista come evento che poteva
modificare la realtà con il suo potere: la sua dinamicità poteva creare o distruggere,
per questo aveva un valore magico.
La transazione della parola percepita come suono bruto, evento magico al linguaggio
umano organizzato è un passaggio comune a tutte le civiltà orali: ciò ha consentito nel
tempo la creazione della società civile, che si è concretamente realizzata con
l’invenzione della scrittura. Questo trauma culturale è stato pienamente vissuto dalla
civiltà greca quando i Fenici esportarono dall’Oriente l’alfabeto.
Come afferma McLuhan la società primitiva è acustica e orale.
Il mondo orale è primordiale e corrisponde al simultaneo.
Essere non civilizzati significa dunque essere fuori del centro perché la civilizzazione
è euclidea.

BP Allora, sembra che la domanda più ovvia possa essere: se l’alfabeto ha originato
lo spazio euclideo e lo spazio euclideo non è un modo completo di visualizzare la
totalità del mondo, come si può immaginare la natura?

MM Ebbene, esaminiamo come prima cosa la parola “ natura”. È di per sé


un’astrazione. Sappiamo che i greci alfabetizzati dovettero reperire un termine
per descrivere la loro capacità di astrarre l’ordine visivo dall’ambiente
circostante che li circondava. Avendo identificato così numerosi equilibri di
causa ed effetto, li chiamarono natura (physis) e tutto il resto fu caos. […]

BP La definizione moderna di natura non è la stessa di quella degli antichi greci?

MM Qui c’è una sfumatura da tener presente. Il mondo euclideo o meccanico è


diventato così familiare e confortevole per l’uomo occidentale moderno che egli
considera ciò che sta fuori delle finestre di casa propria come selvaggio. […]

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BP L’uomo moderno occidentale può avere veramente esperienza di che cos’è la
landa selvaggia?

MM Non proprio. Perché i suoi sensi sono squilibrati.

BP Quando parli di sensi, ti riferisci al significato più antico di sensorio? [...]

MM Sì, ma forse con una differenza. I quattro sensi sono allora: la vista, l’udito, il
tatto e l’odorato. [...] Ogni tecnologia è un’estensione di queste quattro capacità
sensoriali.

BP Il mondo dell’uomo moderno è un mondo meccanico perché si basa sulla linea


retta o sul piano.

MM Tuttavia non esiste un continuum in natura, o, meglio ancora, non esiste


l’ambiente totale, l’universo materiale. [...] I riferimenti euclidei tuttavia non
hanno alcuna funzione nello spazio. La vera natura, come dovrebbe essere
intesa, è acustica. Lo spazio acustico non ha un centro. Consiste di risonanze
casuali illimitate. […]

BP Quando parli di acustica ti riferisci all’esperienza del riverbero del suono?

MM Sì l’eco. L’acustica è Ecolandia. E la nostra corteccia cerebrale è divisa in due


emisferi, uno dei quali riguarda lo spazio visivo o euclideo e l’altro lo spazio
acustico. […] Siamo impegnati nella fatica erculea di elaborare percezioni
dell’emisfero destro attraverso l’emisfero sinistro. In altre parole, ogni cosa
che noi sperimentiamo deve avere in qualche modo un rapporto logico di causa
ed effetto o noi siamo infelici. [...] Il costrutto euclideo è controllabile. Il
“centro” dello spazio acustico è ovunque e, quindi, apparentemente caotico. [...]
Essere “non civilizzati” significa essere fuori del centro. La civilizzazione è
euclidea. La società primitiva è acustica e orale. Il mondo orale è primordiale.
[…]

BP Marshall, a proposito del modello del chiasmo, o metamorfosi, bisogna notare


come, in un arco di tempo di duemilacinquecento-tremila anni, esso assuma un
‘aurea mitica “irreale”. Il processo sembra aver luogo in una durata troppo lunga
per essere capito da comuni mortali. Il modello è allora riconoscibile in periodi
di tempo più brevi. [..]

MM Certo che lo è … a tutti i livelli d’esperienza. Prima di discutere questi esempi,


tuttavia, devo ripetere ancora una volta che il modello del chiasmo è in realtà
un gioco di metafore (tetrade), che l’intensificazione di ogni processo umano,

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artefatto, o creazione, avrà quattro conseguenze simultanee: intensificherà
qualcosa, farà diventare qualcos’altro obsoleto, recupererà qualcosa e, se
condotto all’estremo, si capovolgerà producendo l’effetto opposto. […]

La tedrade (vedi figura 2) è una metafora quadripartita, chiasmo, che rivela a


struttura della comunicazione e degli artefatti (=”estensione delle quattro capacità
sensoriali”) spiegando le quattro conseguenze simultanee di:
A. intensificazione: intensificherà qualcosa in una cultura;
B. obsolescenza: farà diventare obsoleto qualcos’altro;
C. riscoperta: recupererà una fase o un fattore a lungo accantonato;
D. inversione: subirà una modificazione o capovolgimento se sarà spinto oltre i
limiti (l’uso eccessivo produce esattamente il contrario dell’intenzione
originaria).
Questa struttura non descrive nei particolari il mutamento tecnologico, ma evidenzia i
tratti salienti dell’innovazione. Per McLuhan rappresentare graficamente un artefatto
potrebbe servire a prevedere il possibile uso e gli effetti futuri di una nuova
invenzione. La tetrade infatti trasporta l’attenzione della nostra percezione dal
passato al presente per prevedere il futuro. In essa è riscontrabile la consapevolezza
integrale, cioè la capacità di capire simultaneamente, la figura e lo sfondo, lo spazio
visivo e lo spazio acustico che stanno impattando alla velocità della luce.
Come esempio di tetrade riportiamo l’analisi fatta da McLuhan dell’aeroplano
A. “amplifica la locomozione verticale e orizzontale;
B. rende obsolete la ruota e la strada, la ferrovia e la nave;
C. ripristina la prospettiva aerea con l’aura di miniaturizzazione;
D. si tramuta in un proiettile guidato: trasforma il pianeta in città estesa; urbi et
orbi.”

Figura 2

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CONCLUSIONI

Il mondo del ventunesimo secolo funziona secondo i meccanismi dell’emisfero destro, è


quindi immerso nello spazio acustico, è dominato dallo sfondo.
Lo sfondo però arriva al punto di fagocitare la figura e ciò avviene anche per l’uomo:
egli viene assorbito dallo sfondo per cui si ritrova all’interno dello spazio acustico.
Come si è precedentemente detto, lo spazio acustico non ha centro e le informazioni
non sono più ordinate e sequenziali ma sono ovunque nello sfondo, così anche l’uomo,
come afferma McLuhan, non è più fatto di carne e sangue ma diventa un elemento di
una banca dati che riesce a ricevere dati provenienti da tutto il mondo ad una velocità
iperbolica rimanendo fermo con il corpo in un luogo e viaggiando con la mente nel vuoto
elettronico, avvertendo la sensazione di essere ovunque nel flusso della banca dati.
Tutto questo può portare all’implosione dell’uomo cioè il suo corpo cede, è schiacciato
da una pressione esterna, quella dell’informazione.
Ma l’implosione individuale non può non essere vista come un’implosione sociale. A
questo riguardo, secondo McLuhan, la società sarà divisa in due gruppi di persone: chi
monopolizza l’informazione e quindi non si preoccupa dei cambiamenti perché ne ha il
controllo e le persone comuni che, quando non comprendono la propria funzione nel
sistema, diventano ansiose e violente. Si creeranno nuovi emarginati che potranno
alimentare terrorismo e conflitti servendosi dei media che governano il mondo.
Si creerà una guerra d’informazione, di immagine, una guerra disincarnata il cui centro
sarà ovunque, dove tutti saranno coinvolti perché tutti fanno parte del villaggio
globale. E chi è più disincarnato di un terrorista? Potrà colpire in ogni momento e
potrà sfruttare le immagini per ripetere ad libitum i suoi gesti, per creare sempre
maggior inquietudine.
Ma allora la fine dell’uomo è inevitabile?
No, risponde McLuhan: l’uomo deve prendere consapevolezza di non poter controllare
tutte le informazioni provenienti dal mondo alla velocità della luce perché l’uomo non è
stato concepito per vivere a questa velocità . Deve imparare a usare la tecnologia a
proprio servizio per migliorare la vita e avere più tempo libero per se stesso, non deve
trascurare l’ambiente reale, ossia spaziale e temporale, in cui poter stare in unione di
mente e corpo. Una soluzione proposta da McLuhan è quella di decidere di vivere
nell’intervallo di risonanza, entro quel confine invisibile che sta tra spazio visivo e
spazio acustico, tra figura e sfondo.

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RIFLESSIONI E QUESTIONI APERTE

Le riflessioni di McLuhan sul genere umano del XXI secolo non possono certo non
toccarci: ci riguardano e come esseri umani e come aspiranti insegnanti.
Come essere umani perché siamo parte del villaggio globale, perché ormai viviamo
quotidianamente occasioni di aspazialità e atemporalità e quindi di scissione corpo-
mente e spesso vi siamo così abituati da non esserne consapevoli e non fermarci a
riflettere. Non possiamo inoltre ignorare di appartenere alla parte occidentale del
mondo alla parte ricca, alla parte che crea le nuove tecnologie in base alle sue
esigenze, alla parte che dopo secoli di esclusiva permanenza nello spazio visivo, sta
entrando ora nello spazio acustico. Non essere consci di questo cambiamento significa
non vivere pienamente il nostro tempo e subire i prodotti della nostra epoca invece di
usarli e dominarli.
Da questi presupposti non si può negare il ruolo centrale dell’educazione e
dell’istruzione, che, essendo i paradigmi culturali in continuo movimento, devono
essere anch’esse in continuo progresso, ed è in questo progresso che sta la nostra
responsabilità di futuri insegnanti, sia ora a livello formativo che domani nella
professione.
Lasciamo quindi come questione aperta una riflessione sull’educazione e sull’istruzione
che innanzitutto dovrebbe partire dall’analisi del “villaggio globale” attuale e della
nostra collocazione e coscienza all’interno di esso (in termini di spazio visivo, spazio
acustico, figura, sfondo), cercando non tanto di guardare al passato, quanto di
prospettare un futuro possibile, entrando nel meccanismo della tetrade.

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