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Bisogna intendere la legge, che guarda all’uomo quale è per farne buoni usi nella società: Quindi la
legge va a riciclare la feccia. Ossia i tre vizi dell’uomo quali avarizia, ferocia e ambizione e cosi
dalla ferocia arriva l’esercito per la preservazione dell’entità politica, dalla ambizione ha origine la
corte (ogni forma di istituzione che guarda alla cultura ha la corte, ossia qualunque istituzione
culturale) e dalla avarizia ha origine il commercio, nelle abilità di scambiare e quindi un regime
economico, vico è la chiave per la conoscenza e la comprensione del capitalismo.La parte barbara e
primitiva dell’essere umano viene trasformata e riciclata.
Importanza di Mandevill la favola delle api, modello per comprendere come ci si possa salvare dalla
ferocia delle passioni attraverso un meccanismo che apre alla razionalità, alle teorizzazioni di adam
smith. Vico appartiene all’illumismo napoletano in cui vi è importanza dell’economia e quindi
dell’esistenza di un meccanismo intrinseco attraverso il quale si arriva ad un ordine economico,
politico e culturale. L'opera di mandevill essere la critica di una società ipocrita, avviata
allo sviluppo industriale, che vuol presentarsi come virtuosa nascondendo i suoi vizi, i quali,
paradossalmente, sostiene Mandeville, sono necessari per il benessere collettivo della società.
ASSIOMA 8= da mettere in relazione al numero 14 in quanto entrambi hanno come protagonisti la
natura, la natura per vico è NASCIMENTO, cominciamento delle cose una lettura etimologica che
vede come natura deriva da nascor e quindi dal momento che vico conosce bene la tradizione greca
ma fa anche valere l’importanza della tradizione latina, del resto “italorum sapientia” una sua opera
parte proprio da riflessioni etimologiche. La natura è una idea di sviluppo che non è casuale né
arbitrario e quindi la natura è parte di questo ordinamento generale. Quando parliamo di natura in
latino ci viene in mente il de rerum natura di lucrezio che possiamo tradurre anche “essenza delle
cose” mentre in greco phisis significa “divenire”: quindi due culture diverse che riflettono sulla
natura: da una parte i greci che guardano il divenire, aristotele “natura principio del movimento” e i
romani e vico che invece sottolineano l’aspetto della nascita. La natura è comunque qualcosa di
intrinseco, spontaneo.
Vico dopo aver parlato dei problemi dell’uomo e della necessità di un ordine riflette sulla natura,
che nelle filosofie pagane è considerato il principio dell’ordine secondo il finalismo. Epicuro,
grozio e carneade discutono il rapporto tra diritto/legge e natura: tema tra i più antichi ma anche
contemporaneo. Per vico c’è un rigore deduttivo ma basata sulla cultura umana.
Vico riprende aristotele e la teoria dei luoghi il mondo sublunare, IL QUALE è infatti diviso in
quattro sfere corrispondenti agli elementi terra aria acqua e fuoco, l’elemento della terra è il più
pesante e tende ad andare al centro. Quando qualcosa è composto da elementi differenti vi è un
disagio che descrive vico proprio come l’assioma numero 8: “le cose fuori dal loro stato naturale
non durano”: la terra va in alto il fuoco in basso: il mondo sublunare è transitorio e non durevole.
Pertanto questa instabilità della realtà con cui stiamo a contatto ha anche una valenza sociale, una
tendenza a soddisfare appetiti.
Vico usa una definizione premoderna di natura, vico conosce la fisica cartesiana ma non la
condivide: bisogna pensare a una idea di energia, sforzo che rivela la spontaneità delle cose che
altrimenti sarebbero a disagio. Vengono citati Epicuro (ben conosciuto come gli atomisti, epicuro e
lucrezio fanno parte di una cultura che inizia nel rinascimento che cercando di riprendere la
tradizione corpuscolarista iniziata nell’antichità da democrito) e poi carneade, infine grozio.
Carneade di è stato un filosofo greco antico della corrente degli scettici. Viene considerato come il
fondatore della terza Accademia di Atene (nota anche come Nuova Accademia). Originario del nord
Africa e figura considerata minore fra i filosofi del suo tempo, è ricordato tuttavia come oratore
appassionato (si dice dimenticasse di cibarsi per preparare i suoi lunghi discorsi tenuti in pubbliche
piazze) e sottile dialettico. Viene ricordato anche da cicerone: i romani invitano alcuni
rappresentanti greci e in questa delegazione c’era carneade che fece un discorso in cui diceva che la
giustizia esisteva e il giorno dopo no. Quindi carneade spesso viene usato nell’immaginario
filosofico come colui che si prende gioco di una giustizia intrinseca. Secondo egli non esiste una
giustizia naturale, la giustizia è creata dall’uomo ed è quindi espressione del potere dominante.
Pertanto la legge è arbitraria la quale può cambiare nel tempo
Si cita infine grozio, abbiamo citato il “de iure belli ad pacis” pubblicata nel 1625 testo
fondamentale per il giusnaturalismo come concetto moderno ossia la possibilità di una legge che
non riguardi il solo individuo o comunità ma il diritto internazionale. Ugo grozio è olandese, è un
periodo importantissimo per la creazione della nazione che diviene una vera potenza culturale
europea (pensiamo alla università di leida) vico è rimasto molto colpito da tale testo. Secondo
grozio è L'appetitus societatis spinge l'individuo, PER NATURA, DAL MOMENTO CHE VI E’
UNA LEGGE NELLA NATURA DELLE COSE QUINDI UN APPETITUS SOCIETAS AC
COMUNITATIS, PER LA COMUNITA’, l’individuo viene spinto a vivere in comunità, ma non in
una società qualsiasi, bensì razionalmente organizzata. il diritto è un prodotto della ragione che fissa
principi di carattere universale in base ai quali si potrà ordinare la società civile originata dal
contratto.
All’inizio dell’opera grozio critica carneade e quindi non solo difende un diritto internazionale
(quando parliamo di diritti umani si presuppone la esistenza di codici di leggi superiori a quelli delle
nazioni, L’ONU RAPPRESENTA IL CULMINE DELLA TRADIZIONE GROZIANA) ma anche
difendere l’idea che ci sia una legge nella natura stessa delle cose. Grozio si richiama quindi alla
filosofia stoica: grozio è infatti un neo-stoico riprendendo soprattutto lo stoicismo romano (seneca):
gli esseri umani rappresentano il vertice del logos che viene definito “appetitus societatis” che si
trova negli animali. Grozio l’essere umano mostra la capacità di organizzarsi mostrando tale
atteggiamento di socievolezza
Abbiamo letto questo passo dell’opera di grozio: “queste cose di cui abbiamo parlato accadrebbero
comunque anche se presupponessimo, che dio non esiste”. L’esistenza di questo istinto è
oggettivamente evidente, di per se fondato di per se e varrebbe anche se ammettessimo che dio non
esistesse e nemmeno la provvidenza divina. Questo principio è fondamentale e supera anche dio.
LEGGE RIGOROSISSIMA ED ASSOLUTA. La posizione di grozio viene infatti considerata
emblema dell’ateismo, grozio faceva un ragionamento per assurdo.
Secondo vico, e questo ben si vede nel SAGGIO del MOMIGLIANO evidenzia l’importanza della
storia: dicotomia storia profana e storia religiosa alla cui base vi è la provvidenza. Con vico si è
davvero disorientati perché da una parte vengono recuperare concezioni superate e dall’altra
intuizioni rivoluzionarie. Dio è una mente legislatrice, la legge è creata da dio, la quale dalle
passioni degli uomini ha fatto si che si creassero gli ordini civili. vico risponderà con un
fondamento teologico.
NELLE RIFLESSIONI DI VICO TROVIAMO COME UN TRIANGOLO COSTITUITO DA=
concetto di natura, provvidenza e di legge: tutti e tre debbono rientrare nelle sue riflessioni. Non
possiamo fare a meno della natura, né una provvidenza trascendente, non possiamo immaginare una
natura arbitraria e soggetta al caso. La legge per vico deve quindi tener conto della natura e della
provvidenza. Affinchè si arrivi a questa possibile soluzione questi tre elementi fanno considerati
insieme. Grozio pertanto non è riuscito secondo vico ad inchiodare questo rompicapo, ossia se vi sia
diritto in natura. Questione del libero arbitrio: se teologicamente parlando il problema è il ruolo di
dio, dal punto di vista morale il problema è la libertà umana ed il suo margine. L’uomo di vico è un
uomo caduto. Quando si parla del rapporto libertà dell’uomo, legge e dio, questo rapporto è mediato
dalla grazia
ASSIOMA 9=gli uomini che non sanno il vero, cercano si attenersi al certo. Il certo è una categoria
centrale del pensiero vichiano. Intelletto sta alla scienza come la volontà sta alla coscienza. La
sapienza è associata all’intelletto, ossia la visione chiara della verità. IL CERTO MEDIA TRA IL
DOMINIO DELLA COSCIENZA MORALE ED IL RAGGIUNGIMENTO DELLA VERITA’.
La definizione certus in latino= da cerno, cernis, crevi cretum cernere, ossia esaminare. Il primo
significato è “deliberato fermamente” qualcosa deciso. Il secondo significato è stabilito,
determinato.Da un punto di vista cognitivo siamo vicini al vero, ma questo aggettivo è legato alla
capacità di distinguere qualcosa che non è sempre chiaro. Altro significato: un certo. Da una parte
diciamo certo, ovvio, sicuro dall’altra parte un certo, qualcosa di vago. SIGNIFICATO AMBIGUO
IN RELAZIONE ALLA SCIENZA NUOVA, CHE INDAGA IL CERTO PER ARRIVARE AL
VERO.
INVECE Il vero è il dominio dell’immediatezza, il certo il dominio della legge, di quello che viene
deciso.
ASSIOMA 10=Stazio scrive le selve, risultato di pensieri, qualcosa di disordinato metafora per
indicare scritti non sistematici, una scrittura per principio non sistematica, un genere che si espande
anche in altri campi. Un autore molto caro a vico è bacone, che scrive proprio silva silvarum, opera
poco studiata, guazzabuglio di osservazioni che bacone pensa nella sua mente.
Silva= selva, bosco, foresta, macchia metonimia, il tutto per la parte. Il legno è materia. Vico non
avrebbe problemi a dimostrare che quasi tutte le culture hanno associato il legno alla materia. Selva
è anche un termine retorico.Questo per capire che tipo di foresta sia la foresta di vico, che riprende
un modello geometrico-matematico ma sviluppato in maniera originale, mentre pensiamo ed
analizziamo siamo immersi in una serie di riferimenti eruditi quindi possiamo parlare di una foresta
incantata. Vico è stato letto in molti modi: idealista, anticipatore di hagel, anticipatore di croce e
gentile, come uno storicista, MA PER VICO ESISTE una Storia ideale eterna, esiste un modello di
storia ideale eterna, ASPETTO METAFISICO MOLTO FORTE e quindi non propriamente uno
storicista. Il nesso tra provvidenza, verità e storia ideale eterna come vediamo in questo assioma
ASSIOMA 10= si creano due linee di sviluppo: abbiamo il modello eterno del vero e lo sforzo degli
esseri umani di raggiungere quel livello attraverso la coscienza del certo. COSCIENZA QUI
INTESA COME UN TENTATIVO UMANO DI ANALIZZARE LE COSE ATTRAVERSO CUI
SI ARRIVA AL CERTO, COSCIENZA UNA SORTE DI APPENDICE DELLA SCIENZA, CHE
APPARTIENE AD UN LIVELLO DIVINO ETERNO.
Gli esseri umani si accertano delle cose: è un tentativo di comprendere basandoci su indizi e tracce:
questo è pertanto compito della filologia (La filologia ha una ampia accezione, il filologo per vico
non è semplicemente colui che fa la collazione, ricostruisce i manoscritti e che crea l’edizione
critica. Per vico filologia è archeologia, storia, giurisprudenza, tutti domini che riguardano la coltura
umana, cultura dell’accertarsi le cose. In questa degnità si definisce quindi i filologi: grammatici,
critici, occupati dello studio. Il filologo vichiano è uno studioso a tutto campo delle culture umane
(cultura del regno di napoli intrisa di studio delle leggi) LA FILOLOGIA DEVE QUINDI
RISCOPRIRE UNA INTERA CULTURA. INVECE la filosofia per vico appartiene al livello del
divino e della storia ideale eterna: “la filosofia contempla la ragione, da cui viene la scienza del
vero”. Questa scienza nasce così da finalità sia teoretiche che pratiche, La scienza è unione tra
filosofia e filologia ovviamente come da Vico intese.
ASSIOMI 11-12-13= Le tre degnità seguenti sviluppano il tema del libero arbitrio, il quale è una
radice del senso comune, una sorta di costituzione non scritta, che si forma col passaggio
dall'arbitrio individuale alla condivisione di credenze e valori. IL SENSO COMUNE E’ UN
GIUDIZIO SENZA ALCUNA RIFLESSIONE, COMUNEMENTE CONDIVISO DA UN
POPOLO O UNA NAZIONE.
Insomma, ci dice come risalire dal certo al vero attraverso un'indagine comparativa. La nuova
scienza si volge al senso comune, criterio insegnato dalla provvidenza (per vie naturali) per definire
il certo riguardo al diritto naturale delle genti. Vico introduce le nozioni di diritto naturale delle
genti (struttura profonda del diritto di ogni nazione), dizionario mentale (struttura profonda di ogni
lingua) e storia ideale eterna (struttura profonda di ogni storia nel tempo). Imparentate tra loro, esse
designano l'orizzonte di universalità al quale la Scienza Nuova aspira. Inoltre il diritto nacque
spontaneamente presso tutti i popoli, senza influenze reciproche. Il diritto romano nato come calco
di quello greco è una sciocchezza che circolava al tempo, presto svelata da Vico.
Vico divide quindi la storia in tre differenti età, modello secolarizzante. Si parte da un momento in
cui prevale l’idea della divinità, poi l’uomo.
l’età degli dei, in cui gli uomini, affidandosi esclusivamente ai propri sensi e alla
loro fantasia, interpretano il mondo come un gigantesco organismo di forze
incommensurabili. Così, le forze naturali diventano divinità, benefiche o punitive, di un
sistema politeista generato dalla fervida immaginazione dei primi uomini. Il potere spetta
alle divinità superiori, e il loro volere è reso noto per mezzo di auspici ed oracoli. Il
linguaggio, che qui è ai suoi albori, è il depositario di queste credenze, concretizzatesi
nei miti religiosi.
l’età degli eroi, in cui la società inizia a stratificarsi: un gruppo si impone con la forza sugli
altri, arrogandosi quelle qualità che prima spettavano agli dei. È il tempo della virtù
aristocratica (in cui si fondono, tra le altre, valore militare, pietà, temperanza e coraggio) si
formano i governi aristocratico-oligarchici, fondati sul dominio dei pochi sui molti. In
questa fase, è la poesia epica a celebrare le gesta dei primi eroi.
l’età degli uomini, in cui tutte le credenze precedenti ricevono un fondamento e una
spiegazione razionale e si impone il principio dell’uguaglianza degli uomini di fronte alla
legge, che è la garanzia sia delle repubbliche popolari sia delle monarchie. In quest’età, oltre
alla filosofia e al diritto naturale che assicura la convivenza civile, nascono anche le altre
discipline, come la logica, l’economia, la politica. Ai generi poetici della fase precedente si
sostituisce l’espressione in prosa, e il linguaggio stesso assume la natura di una convenzione
stabilita storicamente tra gli uomini.
il secondo rottame della civilità egiziana è la successione delle lingue, per in queste tre età si
sarebbero parlate ben tre lingue diverse: linguaggio fondamentale per la filosofia e la storia, esiste
infatti “un dizionario mentale” che accomuna le diverse culture.
-geroglifica, si comunica attraverso immagini, il tema dei geroglifici appassiona gli studiosi per
tutto il rinascimento, la cosiddetta “egiptomania” si veda LAIBNIZ, il geroglifico sembra incarnare
un nesso tra natura ed espressione
-lingua simbolica in cui prevale l’analogia, In linguistica, il principio della costanza e regolarità di
rapporti tra gli elementi linguistici: considerato alla base del loro sviluppo nell'antichità classica
dalla scuola alessandrina e poi in Roma, per es. da Cesare.
-lingua volgare/epistolare: prevale il concetto di CONVENZIONE dove le parole vengono usate
affinché gli esseri umani comunichino in maniera chiara: è il momento in cui prevalgono la prosa e
la filosofia.
NELLA ETA’ DEGLI EROI VICO SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DEL TEDESCO: Qui
ricorda la lingua tedesca: lessicalmente un prevalere della paratassi, il mettere insieme vocaboli
piuttosto che creare subordinate. Inoltre veniva percepita come una lingua giovane: si ricorda la
traduzione tedesca della bibbia di lutero, che è riuscito a creare una lingua popolare accessibile
anche ai non dotto e monto immaginosi, dove L’EVIDENTIA REGNA SOVRANA. Quindi tra le
lingue europee viene definita una lingua giovane, vico infatti chiama la lingua francese “lingua
delicata” ossia dal delicatus, cosi come delicato un certo atticismo ma quando si diventa troppo
delicati si è più esposti alle forze esterne e quindi il TEDESCO VIENE PERCEPITO COME UNA
LINGUA EROICA E QUINDI UN LABORATORIO DA STUDIARE. Interessante come vico
teorizzi questo senza conoscere le altre lingue, vico è difensore del plurilinguismo senza ben
conoscere le lingue
ASSIOMA 31 PAG.67= il mondo dei popoli cominciò dalle religioni poiché dal momento che i
popoli si infierivano con le armi, l’addove non vi erano le leggi l’unico modo per addomesticarli era
la religione. la religione è un’altra categoria della nuova scienza. Vico riorganizza in maniera
originale dei rottami della tradizione filosofica, soprattutto lucrezio, machiavelli, hobbes e
reinterpreta questo uso politico dell’immaginazione. La religione è prodotta della paura, essa si basa
su delle superstizioni, prodotto l’immaginazione e quindi per il politico è una grande risorsa, uno
dei modi per interpretare machiavelli. C’è quindi un rapporto stretto tra politica e religione che ha
come radice L’IMMAGINAZIONE COLLETTIVA, ossia quando gli esseri umani producono e
producendo danno vita ad una errata idea di divnità che incute timore: Si comincia quindi a
rimettere le cose in ordine proprio a seguito dello spavento attribuito dall’immaginata divinità. Vico
non accetta come hobbes il concetto di caso, questo è il tipo di paura che nutre hobbes, la paura che
uno possa uccidere l’altro cosi, casualmente.
Stoccata a polibio e la sua teoria dell’anakiclosis, il quale riprende idee già discusse da erodoto. Le
società umane vanno soggette ad un ciclio, politico e naturale: dipende molto dal clima e altri fattori
estrinseci. Secondo Polibio l'ordine dell'evoluzione dei sei tipi di governo è il seguente[7]:
-Monarchia: Lo Stato inizia con una forma di monarchia primitiva che progressivamente
progredisce sotto la guida di un re autorevole e saggio, che agisce nell'interesse e a difesa dei suoi
sudditi, dando vita alla virtù politica della "regalità".
-Tirannia (anche detta Tirannide): Quando il potere politico passa per successione ereditaria ai figli
del re, questi, abusando dell'autorità per loro tornaconto, fanno sì che la monarchia degeneri in
tirannide.
-Aristocrazia: Alcuni degli uomini più influenti e potenti dello Stato (i cosiddetti
ἄριστοι, trasl. àristoi) si stancheranno alla fine degli abusi dei tiranni e li rovesceranno instaurando
il regime della aristocrazia.
-Oligarchia: Proprio come è avvenuto per i successori dei re, quando il potere passerà ai discendenti
degli aristocratici, questi inizieranno ad abusare della loro influenza, come i tiranni prima di loro,
causando il declino dell'aristocrazia e l'inizio della "oligarchia". Ci sarà non più la "legge di uno"
ma l'inizio della "leggi da parte di pochi" che approfitteranno a loro vantaggio del potere.
-Democrazia: Gli oligarchi saranno quindi abbattuti dal popolo che instaurerà la democrazia,
destinata anch'essa a degenerare quando curerà con "leggi alla rinfusa" solo gli interessi delle
masse, trasformandosi in oclocrazia.
-Oclocrazia: Durante l'oclocrazia il popolo, danneggiato dal disordine politico e dalla corruzione,
svilupperà il sentimento della giustizia e sarà spinto a credere nel populismo dei demagoghi che
porteranno lo Stato al caos da cui si uscirà quando emergerà un unico, e a volte virtuoso, demagogo
che instaurerà il potere assoluto dittatoriale riportando lo Stato alla monarchia.
Secondo polibio se ci fossero filosofi non ci sarebbero le religioni, i rituali che servono per tener
buone le persone, una forma di platonismo riadattato. Vico invece rovescia: le repubbliche nascono
proprio attraverso la religione e non fosse stato cosi non ci sarebbero nemmeno i filosofi: nuova
stoccata nei confronti dei filosofi (ricordiamo stoici, epicurei). Bisogna partire dalle originarie
società patriarcali dove domina la figura del pater familias, sacerdote e capo politico, fino ad
arrivare ai filosofi. Per vico invece la spinta è verso la monarchia: l’età moderna in generale tende
alla repubblica o comunque forme oligarchiche. Secondo vico invece la monarchia è il regime
ideale, un potere organizzato e centralizzato COME CROCE.
DEGNITA’ 41= del diluvio, cataclisma. Si mostra il rapporto tra uomini e l’ambiente che circonda
gli esseri umani, anche perché la storia originaria degli esseri umani si comprende tenendo conto
dell’assettto geomorfologico. L’immagine biblica è quella del diluvio universale, quella pagana è
di deucalione e pirra protagonisti dell’operetta morale leopardiana, a cui dedica anche un capitoletto
bacone. L’immagine di vico è un modo sommerso in cui prevale l’elemento liquido in cui la terra è
intrisa di liquidi e che chiaramente produce per azione chimica FULMINI, fondamentali per vico,
IL SEGNO FISICO, PERE ECCELLENZA DELLA PAURA: torna al Diluvio e postula che dopo
di esso per un lungo periodo non vi siano stati fulmini e piogge. Quando vi furono di nuovo, i
giganti, che non conoscevano quei fenomeni naturali, si spaventarono e ne immaginarono una causa
sovrannaturale: Giove. Furono così "atterrati", cioè vinti e legati a un territorio. Ogni nazione
gentile ebbe il suo Giove, una prova che il Diluvio fu davvero universale. Allo stesso modo ogni
nazione gentile ebbe il suo Ercole, figlio di Giove. All'età degli dèi seguì quindi l'età degli eroi,
presunti semidei. Le prime favole (miti degli dèi ed eroi) dovettero contenere verità civili e perciò
essere state le storie dei primi popoli, poetiche e dai principi favolosi. In riferimento a questi testi
(dapprima orali) religiosi, poetici e giuridici, le prima comunità umane definivano se stesse,
costruendo la propria memoria.
Idea della plurigenesi: la storia non è unica, la storia dell’umanità è il risultato di intrecci e storie, in
tutte esiste il dio, il giove fulminante, esistono i giganti. Il paradigma di riferimento è quello di
darwin per l’evoluzione. Vico lo abbiamo definito un “lamarkiano” che ci aiuta a comprendere la
storia secondo vico e non “darwiniano” che si basa proprio sulla casualità mentre in lamark si
registra l’importanza dell’adattamento. Allo stesso modo secondo vico tra gli esseri viventi e cosmo
si registri un adattamento: pulsioni irrefrenabili alla sopravvivenza e quindi i primi esseri umani in
questo mondo sconvolto sono distorti fisicamente
Degnità 62 riflessione su L'opposizione che viene qui in primo piano è proprio quella tra poesia e
prosa, nell'ambito del problema del passaggio dal linguaggio visivo originario a quello verbale. In
questa sezione vico parla della poesia quale espressione primaria della conoscenza anche se poi
anche la poesia si evolve nel tempo e quindi si passa dal verso eroico, ossia l’esametro, il verso
dalla poesia epica, al metro spondaico ed infine al metro giambico, il quale si avvicina alla prosa e
viene definito “piede presto” da orazio. Vico sostiene un parallelismo tra idee, res e lingue. Quando
parliamo di linguaggio emerge proprio il rapporto tra libero arbitrio e natura, struttura già esistente
in quanto la lingua sembra proprio avere una natura anfibia: rispecchia la natura ma è anche frutto
di cambiamenti che il tempo impone. Il rapporto che vico ha con la lingua è simile al rapporto con
le leggi: esiste un elemento originario, una provvidenza ma anche un elemento cosciente, arbitrario,
basato sulla volontà degli essere umani e quindi di fronte alla tensione tra libero arbitrio e grazia di
cui abbiamo parlato.
Viene quindi introdotto il concetto di “la ragion poetica” la ragione per vico che è un concetto forte:
ed ha un fondamento teologico.La poesia è un elemento fondamentale della conoscenza umana e
all’origine è ciò che ha innescato lo sviluppo dell’umanità. Per ogni cultura esiste un omero
particolare, un momento in cui la poesia pervade una comunità.
Vengono elencate le parti della ragione poetica:
-FAVOLA: non è tanto il concetto scoperto dai romantici ma più inteso come mito. Non è tanto
quel genere di fabula legato ad esopo che tendiamo a regalare nel dominio delle favolette. La fabula
vico la considera come uno degli elementi detrascendetali della ragion poetica, è l’aspetto narrativo
del pensare umano: esseri umani che deducono, sillogizzano ma soprattutto raccontato ed i primi
racconti sono proprio i traumi iniziali dovuti alle variazioni climatiche e per gestire questo terrore
assoluto l’immaginazione ha elaborato queste storie stranissime divenuti per la tradizione
occidentale i miti greco-romani.
-COSTUME, elemento fondamentale, tradizione, accumulo di conoscenze che si trasmette nelle
varie culture attraverso il mos. Il costume ha in se la ripetizione di cose ritenute rilevanti ed è per
questo che la conoscenza nasce come poesia orale con un particolar metro che agevola il ricordo
delle cose importanti, le quali si trasmettono attraverso ricordi. Costume forma attiva di memoria.
Un esempio di costume applicato alla ragione poetica e linguaggio è Il proverbio, che spesso
releghiamo in una realtà strana. Alcuni rimangono tenacemente, altri scompaiono. Il proverbio
viene definito segno di “saggezza popolare”. Il proverbio è una massima che guida il
comportamento di una comunità, perché è sintetico. Dei proverbi non si riesce mai a fare la
traduzione letterale. Il costume si essenzializza attraverso il proverbio.Erasmo da rotterdam adagi.
Erasmo ha raccolto proverbi greco-romani, più di 4000. I proverbi sono anche capolavori di analisi
filosofica. Vico vuole che mentre si legge si riattivi la memoria, esige un lettore, un’opera
considerata un ipertesto, ogni volta c’è un link.
-il DECORO= la morale. Concetto di decenza. Nel 700 è una vera e propria categoria morale ed
estetica, una decenza non solo interiore ma anche sociale e che berk chiama “immaginazione
morale”: quellodi burk è una fatica dell’immaginazione di gestire
SENTENTIA= sensus, la percezione sensibile ma anche l’opinione. In questo senso sententia è
nella ragione poetica il significato
LOCUZIONE= linguaggio
ALLEGORIA= L'allegoria è una figura retorica per cui un concetto astratto viene espresso
attraverso un'immagine concreta. L'allegoria è spesso usata anche in altri campi artistici, dalla
pittura alla scultura alle altre arti figurative. L’allegoria non è solo una questione medievale che
deve reinterpretare la sapienza pagana, importanza dei quattro sensi allegorici che cercano di
tradurre un sapere non ben assimilabile in modi che possono divenire parte della tradizione
cristiana. Ma già nell’epoca classica i tardi platonici (porfirio) e gli stoici, grandi razionalizzatori
sembra che avessero realizzato enciclopedie allegoriche. Uno dei modi in cui la cristianità
occidentale ha assimilato la sapienza poetica dei pagani è stata attraverso l’allegoria e i 4 principali
modelli (dietro le favole degli antichi, razionalizzazioni storicistiche come evemerismo, un modo di
progredire moralmente come le fatiche di ercole o infine il significato teologico più importante nella
tradizione medievale.
-CANTO: la risposta dei bestioni agli sconvolgimenti climatici è il modo naturale di cercare di
canalizzare una angoscia altrimenti inesprimibile.
-EVIDENTIA: parola latina evidentia, dal greco “enargheia”: immediatezza visiva, quando si crea
una immagine vivida, termine tecnico della retorica. Importanza del pensiero visivo che vedremo
quando tratteremo la prima parte. Il pensiero visivo non solo filosofico e quindi con
l’immaginazione prepararci alla comprensione di concetti universali ma anche retoricamente
parlando il concetto di vividezza: creare le condizioni affinché le cose rimangano impresse
nell’immaginazione e si ricordino.
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I PRINCIPI SUL METODO, fondamenti essenziali della nuova scienza e fortemente legati agli
assiomi, 114, precedentemente elaborati. QUESTIONE DEL METODO CENTRALE NELLA
PRIMA MODERNITA’, importante questione filosofica. “stabilimento dei principi”, lunghissimo
periodo. Esempio del pensare vichiano. Vico ricorda che le degnità danno forma alle materie
apparecchiate sulla Tavola Cronologica. Invita pertanto il lettore a prenderle come criterio per
valutare quanto scritto sul mondo pagano: risulta così evidente da una parte la solidità e validità
scientifica delle degnità, e dall'altra la confusa disorganicità e inefficacia conoscitiva di quegli
scritti, le cui carenze filologiche e filosofiche sono messe in parallelo alla boria delle nazioni e dei
dotti. Ma se l'erudizione libresca non getta luce sulla protostoria, essa non è comunque destinata a
rimanere per sempre oscura: "in quella notte di tenebre, appare il lume eterno della verità: il mondo
civile è fatto dagli uomini, per cui se ne possono trovare i principi nelle modificazioni della mente
umana". Il passo è interpretato come applicazione al mondo della storia del principio del verum
ipsum factum, formulato nel De Antiquissima come criterio di verità alternativo al cogito cartesiano
("io sono una cosa pensante") e che ritroviamo anche nel de nostri temporis.
Nella parte letta del de nostri tempore ratione il modello di scienza che dimostrava questa
convertibilità della verità con il fare era la geometria. Esiste infatti tutta una tradizione platonica che
raggiunge il culmine con procolo del v secolo dove la geometria rivela agli esseri umani la capacità
di poter creare qualcosa dall’immaginazione pensate degli esseri umani, un qualcosa che costruito
dalle menti è vera e incontrovertibile. Quindi il demiurgo platonico plasma in mondo, ma c’è un uso
diverso dell’uso del modello geometrico in procolo rispetto a quello di vico La differenza con
procolo, anche perché vico concepisce la storia come l’insieme delle cose che gli uomini fanno,
scientificamente e storicamente, artisticamente e narrativamente è diversa dalla geometria.
Differenza: platone guarda l’uomo come deve essere mentre vico l’uomo come è, vico parla della
feccia di uomo. Per platone e i platonici le figure ed i modelli geometrici non si possono creare ma
preesistono al demiurgo, per platone esiste il dominio dell’eternamente esistente e la geometria è la
prova di questo. Invece vico vede la geometria che scardina il modello cartesiano stimolando la
visività insieme all’argomentazione e quindi in questa notte succede un miracolo, gli esseri umani si
mettono insieme per formare la società, la più grande forma di geometria esistente laddove le leggi,
gli usi e costumi diventano il nuovo modello, non lo spirito geometrico.
Per Vico la verità indubitabile è la consapevolezza del concreto operare degli uomini nella storia.
La mente dell'uomo è soggetta a modificazioni, si evolve, ha una storia, e in tali modificazioni
vanno trovati i principi del mondo civile. Insomma, la conoscenza della storia della propria mente
fornisce a chi studia la storia del mondo civile una sorta di schema formale: possiamo comprendere
i primitivi perchè prima di essere adulti siamo stati bambini. Se del mondo naturale puo' avere piena
scienza solo Dio, che l'ha creato, del mondo civile ne possono conseguire la scienza gli uomini,
perchè fatto da loro. Vico sottolinea che "gli uomini provarono a conseguire la scienza del primo e
trascurarono di meditare sul secondo, poichè la mente è incline per natura a sentire le cose del corpo
e deve usare troppa fatica per intendere se medesima."
“osserviamo tutte l nazioni” attraverso i tre principi, vico cerca di spiegare come si formano le
società è un problema anche attuale, il mistero del perché si mettano insieme non si risolve
filosoficamente: prima di vico erano molte le teorie: hobbes, spinoza, i giuristi in germania, mentre
vico sostiene che tale capacità dell’uomo del creare la società è intrinseca all’uomo: non perché
l’uomo sia un animale sociale (aristotele) o perché mosso dall’appetitus societatis (grozio) ma
perché è nell’essere stesso creativo dell’uomo creare leggi, grande forma di produttività e creatività.
Infatti dall’idea che la storia sia ciò che l’essere umano conosce e quindi regola, tre umani costumi=
religione, matrimoni, sepolture (aspetti strutturali dell’essere umano, che non deve essere
considerato singolarmente in quanto altrimenti tende al delirio con le proiezioni mentre ha una
natura sociale)
Ci sono delle uniformità strutturali nel modo in cui l’essere umano pensa e da queste tre cose
debbono essere mantenute affinché l’uomo non si infierisca, non si inselvatichisca, forte richiamo
all’immagine dantesca.
Il punto esclamativo finale è sarcasmo, è ironico, questo è il lascito dei filosofi, questi tomi sono
inutili, è vico che deve fare una nuova scienza, prima non è stata fatta. Viene fatta una stoccata ai
filosofi e filologi, “pensate voi come siamo ridotti”. Come facciamo a capire quello che passava
nella testa di questi giganti? Un po' come gli studi di oggi sull’uomo di neandertal attraverso
combinazioni di archeologia e scienza. Dobbiamo quindi un po' imbestiarci per capire quello che
avveniva. Lo spaventoso pensiero sembra l’unica soluzione, una forma quasi circolare, si dovevano
traumatizzare altrimenti erano immanitas (immanes, immanitas, (che significa gigantesco, enorme,
ma anche mostruosità, rozzezza, barbaria, ferocia) esiste il dialogo di pontano intitolato “de
immanitate” sulla bestialità umana, crudeltà) quindi completamente inferocite. L’NIZIO DI UN
POSSIBILE ORDINE E’ LO SCOCCARE DELLA IMMAGIZIONE TERRIFICATA CHE
CORRISPONDE ALLO SCOCCARE DEL FULMINE DI ZEUS. Secondo hobbes, la società è
calcolo, l’uomo si unisce per evitare che ci si uccida a vicenda però vi è una a storicità della
ragione, ragione abilità del calcolo che fa si che queste creature originarie passino all’ordine. Per
vico non è così, ma un auto-terrificarsi dell’immaginazione (L’essere umano deriva da questi
giganti hanno un pensiero bestiale “pensare da bestie” ESSERE UMANO HA UNA ORIGINE
ANIMALE): i giganti hanno una immaginazione pura, infatti noi non riusciamo a capire i giganti
proprio per questo. I giganti sono talmente colti dall’immaginazione che non arrivano al calcolo
hobbsiano, dobbiamo scendere dalle nostre umane ingentilite nature e riscoprire queste creature
affatto, DEL TUTTO. A questi enti che sono pura immaginazione per noi è difficile comprenderli
perché la nostra immaginazione è cartesianizzata ma anche addomesticata dalla retorica, la quale è
la disciplina che disciplina le pulsioni dell’immaginazione. Importanza della provvidenza,
dobbiamo partire dalla cognizione di dio affinchè l’immaginazione feroce che si spaventa da sola è
parte del piano divino. L’uomo caduto nella disperazione desidera una cosa superiore che lo
salvasse. SALVEZZA= DA SALUS, che significa salute, sicurezza, sopravvivenza e quindi si
comprende come la salvezza non sia solo teologico ma una sopravvivenza primordiale,
RIMANERE VIVI. Caduta sinonimo di disperazione.
-IMMANE IMMAGINAZIONE pensando a cosa sia l’immaginazione in vico essa può essere
associata all’immanitas, la quale non è solo una vastità fisica ma soprattutto una vastità morale nel
senso delle pulsioni e del controllo delle emozioni. Inoltre immanitas significa anche disumano, le
barbarie umane, tutte quelle forme di comportamento scrive pontano che gli animali non conoscono
il quale è in grado di manifestare la virtù ma anche di dare vita ai comportamenti più assurdi
L’immaginazione e l’immanitas sono molto vicine. Immaginazione collettiva, non
dell’introspezione interore ma qualcosa di immane che pervade la mente ed il corpo, legata
-PENSIERO SPAVENTOSO, in cui spavento in vico è inteso come terrore, orrore, il panico totale
spaventi che fanno venire i capelli bianchi. Molto simile all’angoscia in kirkegord anche se con vico
dobbiamo fare uno sforzo ulteriore e sforzarsi di capire cosa fosse questa immaginazione
primordiale quando ancora non esisteva l’autocoscienza riflessiva tipica della mente addottrinata.
-CADUTA E CADUTE, non è un punto solamente teologico ma proprio una caduta esistenziale.
Nel primo paragrafo del metodo vico parlava dei “gittati nel mondo”, esseri giganteschi che si
trovano in una situazione di mancanza di controllo.
Il processo di evoluzione secondo vico è costantemente esposto alla ricaduta, al declino tantochè un
modo per capire come sono andate le cose nel passato è prendere in mano e comprendere i “rottami
della storia”, ossia i resti di qualcosa che è successo e far luce sul passato. La ciclicità e l’idea dello
sviluppo storico era espressa da diversi pensatori, egli è amante della storia romana e molti studiosi
guardavano come si fossero svolte le vicende dalla repubblica all’impero proprio sulla base della
gloria e della decadenza (the rise and fall of roman empire, uno dei classici dell’illuminismo, 1776)
-IL CONATO, dal latino conatus, parola che compare negli scritti giovanili di vico sulla sapientia
italorum. Il conato è un concetto chiave nella prima modernità, usato da tanti autori soprattutto nel
rinascimento e poi centrali in hobbes e spinoza (conatus esse conservandi, una spinta a conservare
se stessi, è istinto alla conservazione) o grozio che parla del conato come un appetitus societatis,
tendenza a forndare le comunità. Entrambi sono autori che togliere dal concetto di conato tutto
quello che è vitalistico, in quanto è una nozione che deriva soprattutto dal pensiero storico, la parola
greca è hormè, ossia SFORZO. Sono i latini stoicizzanti come latino e seneca compiono questa
latinizzazione dell’hormè in conatus. Il conatus deve essere convigliato in ragione.
-CONFINI DELL’UMANA RAGIONE, ci sono dei limiti chiari perché esiste la ragione divina che
non nega mai. Il senno di poi per lo storico è fondamentale in quanto interpretiamo la realtà dal
presente e godendo pertanto di un enorme privilegio, ma nello stesso tempo una maledizione perché
lo storico quando interpreta la storia deve continuamente negoziare il proprio presente con il passato
che sta studiando.
Secondo il fondatore della Scienza Nuova, l’uomo poteva infatti conoscere scientificamente solo la
storia perché gli esseri umani – a differenza del mondo naturale del quale può avere piena
conoscenza solamente Dio che l'ha creato – erano i creatori e quindi i protagonisti della storia. Il
principio vichiano del “verum et factum conventuntur”, il quale attesta come la verità e la fattualità
si compenetrino a vicenda – tra l’altro già espresso all’inizio del 500 da Thomas Hobbes con il suo
“Scire per causas” – è molto complesso e si evolve nel corso della produzione vichiana: pensando
ad una ipotetica storia delle idee capiamo come l’uomo sia dotato di un livello di produttività, il
“fare” (poiesis, forma originaria di canalizzazione del flusso vitale originario) e attraverso la
conoscenza produce qualcosa in senso forte da intendere proprio come le leggi e la storia stessa.
Al mondo della storia possiamo quindi applicare il principio del “verum ipsum factum”, formulato
già nel De Antiquissima Italorum Sapientia del 1710 come criterio di verità alternativo al cogito
cartesiano: per Vico la verità indubitabile è la consapevolezza del concreto operare degli uomini
nella storia. Alla luce di questo, è significativo a mio avviso poter definire Vico il primo grande
“filosofo della storia”, poiché sostiene come l’ordine dell’universo ed i comportamenti
dell’individuo siano condizionati dal flusso della storia stessa. Ad ogni modo, l’uomo può
comunque ricreare quello che è la storia, riattivandola attraverso la “narrazione”, la quale è una
ulteriore forma della poiesis manifestata non dai filosofi, ma dai poeti.
Proprio in difesa della storia, il Vico conduce un’aspra polemica contro gli stoici e gli epicurei in
quanto i primi tendono ad un ripudio dei sensi e delle passioni mentre i secondi fanno del senso una
regola: entrambe sono pertanto definite filosofie monastiche e della solitudine. Esse si
contrappongono alle teorizzazioni del Vico, il quale ricordava già nel primo assioma – quello
dell’antropocentrismo – come non si potesse costruire una filosofia basata su un uomo che fa di sè
regola dell’universo: la possibilità dell’autoinganno è insita nell’animo dell’uomo, il quale quando
immagina può essere illuminato o meno dalla ragione e quindi per via della sua mente tende a
distorcere la realtà, diventando ossessivo.
La storia vichiana dovrà quindi indagare le cause e rinvenire le leggi provvidenziali a cui
obbediscono gli eventi storici. Con le successive letture idealistiche ma soprattutto con la lettura
della storia proposta dal Croce nella sua opera intitolata “Filosofia e Storiografia” emerge una
differente concezione di storia universale, una storia che appare finalistica, naturalistica e
deterministica, dominata dalla casualità degli eventi, nonostante riprenda dalle riflessioni vichiane il
fatto che “lo spirito umano non può conoscere se non ciò che egli stesso ha fatto” – ovvero il
principio della conoscibilità della storia umana, perché fatta dagli stessi uomini.
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SAPIENTIA POETICA, alla quale è dedicata il secondo libro. Nel breve cap. I descrive la sapienza
come "la facoltà che comanda tutte le discipline" e che deve perfezionare l'umanità dell'uomo, che è
intelletto e volontà. "La vera sapienza deve insegnare la cognizione delle cose divine per condurre
al sommo bene". Per lui la sapienza tra i gentili iniziò dalla musa: la nozione greca di mousikè
abbraccia il complesso delle arti liberali e in un significato più stretto la musica e il canto, che
hanno il primato. Ma Vico insiste sul carattere divino della musa: di tal sapienza furono sapienti i
poeti teologi, "che fondarono l'umanità della Grecia". È lì che inizia la storia della sapienza e Vico
la ricostruisce a partire dalla sapienza poetica, passando per la sapienza filosofica e arrivando infine
alla sapienza teologica, qui nel senso di teologia rivelata. Vico distingue tre specie di teologie:
poetica (dei poeti teologi e teologia civile delle nazioni), naturale (dei metafisici) e cristiana. Ed è
alla luce di quest'ultima e alla provvidenza divina che Vico ricostruisce la prima fase della teologia
(e sapienza) poetica
Ci sono diversi tipi di sapienza e una di queste è quella poetica, ESPRESSIONE DI UNA
TEOLOGIA CIVILE E RAGIONATA (studio degli inizi della civiltà umana) legata al sorgere del
senso religioso: immaginazione talmente atterrita da eventi cosmologici da elaborare un senso del
divino.
CAPITOLO 3= i primi uomini orribili bestioni, che vengono distinti da un tipo di giganti che hanno
ceduto, li chiama “i giganti nobili” che hanno fatto si che si presentasse una distinzione nobili e
plebi: importanza della storia letta alla luce della storia romana laddove il passaggio dalla
repubblica all’impero viene vista come un venir meno della distinzione in classi sociali, una società
più egalitaria. Quindi nel capitolo III racconta del diluvio universale e dei giganti. Dopo il Diluvio
molti rinunciarono alla vera religione di Noè, dissolsero i matrimoni e si dispersero lungo la Terra
in uno stato bestiale per scampare dagli altri animali e inseguire le donne. I figli, abbandonati dalle
loro madri, crebbero senza apprendere i costumi umani e finirono anche loro in uno stato bestiale.
Tale degenerazione riguarda anche i corpi, deformi e giganteschi a causa di una sorta di
autoconcimazione e relativo sforzo fisico. Infatti le madri dovettero solo allattare i bambini, per poi
lasciarli rotolare nudi nei loro escrementi e abbandonarli per sempre. Rotolandosi, si
autoconcimavano e la dilatazione dei muscoli faceva meglio assimilare le sostanze fertilizzanti (sali
nitri), e così si ingrandirono le carni e le ossa. Della corporatura gigantesca di questi uomini-
bestioni Vico porta come prove il confronto con popolazioni selvagge di cui ha testimonianze
(antichi Germani e abitanti della Patagonia), nonchè una prova paleontologica: le ossa e i teschi
giganti rivenuti sopra i monti (dove l'acqua, dopo il Diluvio, si ritirò prima). Altre prove sono tratte
dalla storia delle lingue. Termini come aborigeni, autoctoni, indigeni denotano i giganti come "figli
della Terra".
“stupidi insensati ed orribili bestioni”, gli esseri umani si spaventano con le loro mani. Questi
mostri “stupidi” da stupor, la meraviglia non del bamboleggiamento ma la meraviglia che ci
paralizza, un completo stato di confusione mentale, INSENSATI, CHE MANCANO DI SENNO,
IN BALIA DI QUELLO CHE ACCADE E INCAPACI DI INTENDERE E VOLERE. ORRIBILI,
DA orror, qualcosa di più forte di terrificante. E quindi che cosa fanno? FINGONO. Fingere
significa creare, non ha elemento di fantasia e fantasticare, ossia produrre poeticamente in uno stato
di terrore. In vico c’è un empirismo, la mente caratterizza l’essere umano, mente che deriva dai
sensi. Gli uomini creavano la realtà spinti da questo stato di allucinazione e terrore costante. La
poesia originaria è proprio un animare la realtà, significato di poiesis
POESIA, CHE DERIVA DA QUELLA “fantasia corpolentissima”, QUINDI PURA FANTASIA,
ORIGINARIA FORZA DELL’IMMAGINAZIONE SIAMO NEL DOMINIO
DELL’IMMAGINAZIONE, IMMAGINANDO LA REALTA’ SI CREA. Vico, che dedica alla
poesia la 37° degnità o assioma, la definisce come quella facoltà che “deve dare senso e passione
alle cose insensate", ossia è quello che fanno i fanciulli quando parlano con le cose inanimate come
fossero vive. Lo stesso fecero gli uomini del mondo fanciullo, "sublimi poeti per natura". Pertanto,
mito e poesia nascono entrambi dalla fantasia e costituiscono le prime forme, della comunicazione e
della conoscenza, del tutto spontanee e naturali che si esprimono mediante un linguaggio povero di
parole, fatto soprattutto di gestualità, ricco di pathos e quasi del tutto privo di ragione.
Una parola per indicare questo atto primordiale dell’immaginazione è MATERIALIZZARE LE
COSE, PRODUCONO “TUTTO E’ PIENO DI GIOVE, QUINDI DI VITA E CONOSCENZA”.
Giove non fu piu alto della cima dei monti: non si andava al di la di quello che si vedeva, quindi
non come platone o virgilio: essi creano la realtà creandola a loro immagine, gli uomini non
parlano, ANCHE perché IL GEROGLIFICO è UN PRODOTTO SUCCESSIVO, giove comandasse
per cenni. nella degnità 57 troviamo in assioma troviamo cosa si intende per cenni e muti: le
persone mute si spiegano per atti, attraverso la corporeità. A questo linguaggio naturale fa seguito la
locuzione poetica, che nasce dopo tutti questi travagli linguistici. La natura stessa diviene
linguaggio, non c’è distinzione tra linguaggio dell’uomo e dio.
Tre sono i compiti della poesia: "ritrovare favole, INTESI COME MITI sublimi (SUBLIME NON
ROMANTICO MA TERRIFICANTE)comprensibili al popolo, perturbare all'eccesso e insegnare a
operare virtuosamente"
-perturbazione all’eccesso, intenso interiormente, deve essere una attività in grado di incutere
timori a se stessi e non derivi dall’esterno
-deve insegnare al volgo ad operare virtuosamente, quasi un elemento didattico.
La prima e più grande favola divina è quella di Giove, descritta con tre aggettivi che esprimono i tre
compiti: popolare, perturbante e insegnativa. La "favola divina" di Giove è l'espressione
fondamentale della metafisica poetica. Disseccatasi la terra dopo il Diluvio, il cielo tornò a tuonare
con fulmini, e alcuni giganti spaventati alzarono gli occhi al cielo, trauma originario
dell’immaginazione terrorizzata, scorgendoci i segni divini di Giove. Più in generale, tutta la natura
è popolata di divinità nell'esperienza animistica e antropomorfica dei primitivi. Ma per noi uomini
civilizzati e iper-razionali è impossibile calarci nella loro vasta immaginazione. La nostra mente è
troppo lontana dai sensi, mentre quella dei primitivi erano "immerse nei sensi, soffocate dalle
passioni e seppellite nei corpi".
In quanto come tornare all’immaginazione totalizzante se non come archeologi che cercano di
vedere quello che accadeva migliaia di anni fa recuperando i rottami, rottami dell’immaginazione,
immaginando un inconscio collettivo. Bisogna quindi risalire agli inizi della poesia, dopo la quale
viene la filosofia. La poesia che abbaiamo oggi è una razionalizzazione collettiva dell’originaria
immaginazione. È difficile immaginare questo. L’immaginazione come produttività sconfinata fa si
che non ci sia una distinzione tra mente e realtà esterna e quindi la natura viene considerata una
mente, la mente è tutto “un vasto corpo animato”. Perché non capiamo l’immaginazione? È
difficile rappresentare il mondo con lo scoccare dei primi fulmini, siamo troppo spiritualezzati, la
nostra formazione è troppo matematizzanti, quello che importa è contare, ragionare. La nostra
mente è quindi divenuta astratta. Oggi siamo ad un livello iper di astrazione con i sensi. La nostra
mente è assottigliata dall’atto dello scrivere e comprende come gli inizi della civiltà umana è orale e
la scrittura è una tecnologia, invenzione, che ci allontana dalle cose.
“vasta immagine di cotal donna”, ci fa capire il problema del vico. Vastus gigantesco, simile a
immane. Non riusciamo mai a recuperare questa immaginazione sconfinata.
Cotal donna= personificazione la natura tradizionalmente quando il concetto è femminile. Studi di
genere (non con il sesso, ma studi di genere come grammatica) donna intesa proprio
grammaticalmente, natura è di genere femminile. Il linguaggio spiritualizzato dei contemporanei è
un linguaggio in cui domina la personificazione mentre i giganti con il fulmine lo indentificano
subito con giove. La metafora con vico nasce quando la mente inizia ad organizzarsi Ed il culmine
della metafora è quando si cerca di rappresentare l’astrattezza con concretezza, tipiche della
RETORICA OCCIDENTALE. LA PERSONIFICAZIONE E’ IL CULMINE DELLA
ASTRAZIONE
Ma data la solidarietà di essere e linguaggio, la metafisica è anche una logica: un'esperienza del
linguaggio. Infatti credettero che i segni (fulmini, tuoni) fossero parole di Giove, e la natura la sua
lingua da interpretare con la divinazione. Il presunto linguaggio divino appare quindi una proiezione
antropomorfica del linguaggio umano primitivo; e il primo linguaggio umano può essere visto come
imitazione del linguaggio divino e risposta a esso. Giove meritò nel mondo arcaico gli epiteti di
ottimo, massimo, salvatore (non uccideva col fulmine) e fermatore (rese stanziali i giganti). Giove è
un carattere divino, il primo universale fantastico, che incarna tutto ciò che ha a che fare con la
religione. Le nazioni gentili cominciarono la sapienza poetica da questa poetica metafisica di
contemplare Dio secondo l'attributo della provvidenza.
Il capitolo si conclude con un'altra ripresa della nozione di poetica tradizionale. Aristotele nella
Poetica dice che in poesia è da preferirsi l'impossibile credibile al possibile non credibile. Vico fa
proprio dell'impossibile credibile l'oggetto della poesia. Ma soprattutto intende la poesia come
mitopoiesi dei tempi primitivi: così l'impossibile credibile aristotelico diventa il frutto della
creatività della mentalità primitiva. Se il primo universale fantastico, Giove, è la provvidenza divina
poeticamente intuita, l'impossibile credibile ne è un aspetto fondamentale, cioè l'onnipotenza
anch'essa poeticamente intuita. Il meraviglioso in poesia esprime infatti un senso nascosto che i
popoli hanno dell'onnipotenza di Dio. Il riferimento ad Aristotele è l'occasione per criticare l'intera
poetica tradizionale. Contro tutta la boriosa tradizione, per Vico ìla poesia nasce sublime perchè
connessa all'ignoranza primitiva. La loro fu sapienza volgare di legislatori che fondarono il genere
umano, non riposta. Compito della Scienza Nuova è rimuovere come inopportuni tutti i significati
mistici dati dai dotti ai miti greci e geroglifici egizi, e riscoprirne gli originari significati storici. Il
loro carattere storico va inteso non solo come registrazione di fatti, ma più radicalmente come
attribuzione a essi di un significato e come produzione di un mondo culturale e umano. Vico
conclude la sezione riproponendo gli aspetti principali della sua scienza, perlopiù menzionati alla
fine del libro I.
Universale fantastico= nozioni centrale del filosofare vichiano, non è un’astrazione ma una
universalità poietica, come universale è stato il diluvio cosi la capacità di rappresentare il terrore da
parte delle bande più o meno civilizzate. Il nesso di poesia, incentrato musa, ispiraizone divina
originaria e legata alla divinazione, a sua volta legata a oracolo
Tal generazione della poesia= attività iniziale messo in relazione all’impossibile credibile: menti di
giganti hanno pensato di dare vita ai corpi morti. Impossibilità è dire che i corpi siano menti eppure
riprendendo l’idea aristotelica l’impossibile è credibile. 107: l’arte riguarda l’impossibile credibile e
non il possibile incredibile, bisogna quindi preferire impossibilità verosimili a Possibilità
implausibili: si possono creare storie che debbono essere impossibili verosimili mentre la possibilità
implausibile fa paura. Aristotele è il primo esempio di critica letteraria. IMPOSSIIBLITA’ CHE
SUSCITI LA CREDENZA MA UNA BANALE POSSIIBLITA’ CHE NON FUNZIONA E PER
VICO QUESTO APPUNTO DI ARISTOTELE SERVE PER CAPIRE LE ORIGINI DELLA
PRODUZIONE DELLA STORIAE questo è perfetto per vico perché la produzione poetica dell’a
prima umanità è all’insegna dell’impossibile credibile, LE MENTI PRODUCONO COSE E LA
TENSIONE
Secondo Vico Omero rappresenta la poesia dell’età eroica
della Grecia, cioè di quel tempo in cui l’umanità,
osservando il mondo con stupore e meraviglia, non può
rappresentarselo con concetti, perché non possiede
ancora sviluppata la ragione, e perciò, sotto la spinta della
fantasia, se lo raffigura con immagini suggestive, cariche di
sentimento e di passione.