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SCIENZA NUOVA DI GIAMBATTISTA VICO

LIBRO I: Dello stabilimento dei principi


LIBRO II: Della sapienza poetica
LIBRO III: Della discoverta del vero Omero
LIBRO IV: Del corso che fanno le nazioni
LIBRO V: Del ricorso delle cose umane nel risurgere che fanno le nazioni
DESCRIZIONE DELLA DIPINTURA: vico, da bravo insegnante, introduce questo esercizio non
solo di lettura ma anche visivo.
L’introduzione è costituita da questa dipintura e dal breve testo che
segue, testo che è costituito come una spiegazione di tutta questa selva
di simboli o di geroglifici -come li chiama Vico- presenti in questa
dipintura allegorica. La progettò lui stesso e la fece disegnare da
Vaccaro, artista napoletano. Antonio baldi è invece l’incisore, chi
materialmente trasferisce il disegno in qualcosa da stampare sul libro.
Vaccaro è un artista tipicamente barocco, Vico stesso ne parla in
termini che richiamano il lessico barocco (vd pag 40: “ingegnoso
pittore”—> ingegno: virtù apprezzata nel barocco purché non degeneri
nell’arguzia, le menti devono essere acute ma non argute; “capricciosa
accortezza”—> anche il termine capriccioso richiama il barocco)
L’ingegno è una categoria estetica ed è trasversale, parte del dominio
della retorica e se l’estetica moderna rigetta in qualche modo tutto tutta
la retorica, e la morale mentre nelll’estetica pre-settecentesca retorica e
morale sono anima dell’estetica e quindi il bello è legato al bonum e comunicazione del verum.
Ingegno definito da cicerone= capacità innata di capire analogia e differenza tra le cose, non si può
apprendere dal nulla. Capriccioso, teoria secondo le quali il capriccio deriva dalle capre, animali
che continuano ad avere un rapporto forte con la natura selvaggia= siamo nella sfera delle cose
misteriose, c’è un gusto di rendere i significati contorti, L’ideale è quindi CREARE
L’IMPRESSIONE DI NATURALEZZA E SELVATICHEZZA CHE PERO’ è IL MASSIMO
DELL’ARTIFICIO. Il cortigiano del baldassar castiglione, in quell’opera che vico conosce bene.
L’autore conia la “sprezzatura” l’ideale della naturalezza che tutto è tranne che naturale.
“Attraverso la tavola delle cose civili è possibile dare al leggitore l’idea di questa opera affinchè
possa essere ridotta più facilmente a memoria”
PAROLE CHIAVE PER COMPRENDERE LA DIPINTURA
IDEA= nel senso di immagine mentale, qualcosa che si vede (radice greca id). Questa è una tavola
delle cose civili. Questa dipintura deve servire da un lato a concepire l’idea dell’opera prima di
leggerla e dall’altro ridurla più facilmente a memoria dopo averla letta
EMBLEMA= importanza di bacone. Il concetto baconiano di emblema è molto ampio, tutto ciò che
ci aiuta a ricondurre l’intellegibile al sensibile. Per fare questa induzione visiva ci sono aiuti che ci
vengono dai sensi, ma bacone uomo del rinascimento sa che sta attingendo ad una cultura
amplissima (emblemi di alciato. Egli ha scritto poesie nei distici e epigrammi che si riallacciavano
all’estetica dell’ectasis, descrizione puntuale dell’oggetto per creare una visione nitida della realtà,
evidentia. L’editore pubblicò tali poesie aggiungendo immagini. Da qui inizia a divenire un genere
letterario). L’emblema da un punto di vista letterario si compone di: un motto, una massima, una
immagine e l’epigramma DI GENERE LETTERARIO, ARTISTICO. Quindi la sua introduzione è
un esercizio di interpretazione filosofico-emblematica.
MEMORIA= vico accenna ad una “riduzione a memoria”, dopo una riduzione ad immagine nel
concetto di emblema. Ridurre a memoria, l’importanza della mnemotecnica, manualistica pratica
strutturata in base a chi doveva ricordarsi delle cose: oratori, poeti, avvocati, arti coloro che
dovevano ricordare informazioni della memoria che nascono nel mondo greco, il simonide che
sopravvisse al terremoto e ricordando come erano seduti riesce a individuare le vittime.
Parole memoria e fantasia: facoltà importanti per Vico. Vico dice con questa introduzione visiva
possiamo avere tutto il libro in testa, la memoria oggi è stata demonizzata dai pedagoghi, vista come
l’origine di ogni male, oggi tutti noi stiamo delegando la nostra memoria agli automi. E quindi se la
memoria ci serve per conoscere, leggendo questa introduzione la nostra memoria dovrebbe aiutarci
a comprendere vico.
-GEROGLIFICO, USATO IN ACCEZIONE MOLTO AMPIA. Essi sono i caratteri della scrittura
propria degli egizi ma in senso più ampio in questa introduzione si riferisce a tutto ciò che è
simbolico e quindi sinonimo di ideogramma. Nel rinascimento ci fu una vera e propria egittomania.
Vico reagisce a tale egittomania, definendo una forma di boria l’idea di proiettare conoscenze
moderne nel passato e immaginare che l’Egitto fosse stato la culla della cultura. Per vico non è cosi
perché originariamente esisteva la poiesis, un fare originario, un creare. Agli egizi sono contrapposti
gli ebrei—> quella è la civiltà più antica; gli egizi sono una civiltà volgare come tutte le altre.
Il nesso memoria geroglifico ed emblema si comprende dall’assioma 57: i mutoli, ossia i muti, si
esprimono con i corpi. Prima della lingua c’è il silenzio e lo sforzo del parlare. Lo stato iniziale è
quello dei muti che si spiegano con atti e corpi. I giganti erano realtà, MATERIALIZZAZIONI, I
GIGANTI TERRORIZZATI CREANO LA REALTA’ E CIO’ CHE LI SCONVOLGE E’ CHE I
CORPI SONO MENTI, CHE TUTTO E’ VIVO. Questa degnità è il principio dei geroglifici. Ogni
nazione si sforza di elaborare delle risposte le quali sotto tutte diverse in quanto le culture sono
diverse. Tutte le nazioni hanno avuti i geroglifici idea della astoria ideale eterna, ARCHETIPO. noi
moderni siamo poeti, immaginazione addomesticata CHE VA A PERSONIFICARE I CONCETTI
ASTRATTI discutiamo di locuzione poetica ma non produciamo più il fare.
Un’altra scienza che fiorisce nel 500 è l’iconologia: come rappresentare attraverso figure
( prevalentemente femminili) dei concetti astratti. Esempio della giustizia: donna con la bilancia;
forza militare: donna con la spada; scienza: fanciulla con delle ali sulle tempie (pensieri alati), uno
specchio (speculazione), una sfera (perfezione del discorso scientifico), triangolo (rigore
dimostrativo dei tre elementi del sillogismo).
Infatti nella dipintura abbiamo: DONNA CON LE TEMPIE ALATE, OSSIA LA METAFISICA
(Ogni dottrina filosofica che si presenti come scienza della realtà assoluta, che cerchi cioè di dare
una spiegazione delle cause prime) IL TRIANGOLO LUMINOSO CON UN’OCCHIO
VEGGENTE OSSIA E’ DIO
Nesso tra veggenza e provvidenza: Dio vede e provvede. Qui troviamo nominati tre mondi: il
mondo naturale (fisico), il mondo metafisico (che si concentra nella parte più alta della dipintura, la
parte più luminosa) e il mondo civile. La scienza nuova è nuova perché questa metafisica non è
soltanto una metafisica che considera Dio provvidente al mondo della natura, ma oltre a questo
qualcosa che i filosofi finora non hanno considerato. La scienza nuova è uno studio filosofico del
modo in cui Dio provvede non solo alla natura ma anche al mondo civile, il mondo delle nazioni.
Vico in più punti dell’opera elenca vari aspetti de La Scienza nuova, vari modi in cui questa può
essere considerata: Dio provvede al mondo civile proprio stimolando la creazione di religioni
oggettivamente false che però hanno il compito formidabile di far sì che questi bestioni primitivi si
diano una regolata e costituiscano una civiltà. Scienza nuova: antropologia comparata che dà
particolare importanza al momento mitopoietico, il momento della creazione dei miti —> in questo
modo, inconsapevolmente, costruiscono la storia, guidati dalla longa manus della provvidenza
divina.
PROVVIDENZA= vico è contro sia al fato, associato alla superbia dello spirito, sia del caso come
emerge in lucrezio e nella tradizione atomistica. EVOLUZIONE A CUI CONCDUCONO TUTTE
LE FORME DI RELIGIONE SONO IL CRISTIANESIMO E LA PROVIDENZA NEL
CONCETTO CRISTIANO SIA ADEGUATO. Perché sfociare nel teologico quando si fa filosofia?
Un aspetto conservatore, una pietra di inciampo. Vico viene apprezzato e riscoperto da filosofi
tedeschi affascinati dal concetto di provvidenza. Il culmine del concetto provvidenziale della storia
lo abbiamo in hagel. La provvidenza può essere quindi interpretata in senso idealistico o in senso
marxista. Vico come marx parla di una uguaglianza degli esseri umani come fine della storia. Il
globo, il mondo fisico perché avendo contemplato: i filosofi considerano il rapporto divino e natura,
bisogna invece considerare il rapporto ordine divino e umano: rapporto tra dio creatore del mondo e
leggi naturali, si pensi alla filosofia del 600. La provvidenza fa si che l’uomo seguendo il proprio
fine contribuisce al fine del tutto, ETEROGENESI DEI FINI. Vico pur allievo di grozio lo
abbandona proprio perché la legge naturale vale anche senza la provvidenza, la legge naturale ha
primato e intesa senza l’esistenza di una creazione.
Il raggio della divina provvidenza che illumina un gioiello convesso che adorna il petto della
metafisica significa che per poter contemplare Dio i metafisici devono avere un cuore puro. C’è un
gioco di sguardi tra la metafisica e dio. Termine “Privatamente”: riferimento polemico contro
l’individualismo di certi filosofi che non hanno considerato abbastanza la dimensione della
comunità. Il raggio si riflette e risparge ed illumina il mondo civile.
L’ALTARE STA SOTTO E SOSTIENE IL GLOBO, IL QUALE STA IN EQUILIBRIO (da
intendere come tensione tra dialettica e metafisica) = non cade proprio perché la metafisica, in un
atteggiamento un po’ acrobatico lo tiene in equilibrio. Il fatto che soltanto metà del globo stia
sull’altare viene interpretato da Vico in relazione del fatto appena detto che i filosofi finora hanno
contemplato la divina provvidenza per lo solo ordine naturale, cioè una provvidenza della natura ma
non una provvidenza della storia. Da qui la necessità di una "teologia civile ragionata della
provvidenza", ovvero una considerazione razionale del modo in cui Dio provvede al mondo civile.Il
piede della metafisica, il quale permette che il globo stia in equilibrio sta su qualcosa e questo
qualcosa è la fascia dello zodiaco e si intravede il segno della vergine e il leone. Il segno della
vergine e del leone
LEONE= leone, he rimanderebbe a una delle fatiche di Ercole, cioè al leone che fu ucciso da Ercole
e che, vomitando fiamme, incendiò la selva. Questa selva così incendiata, venne ridotta a coltura e
venne coltivata. Da qui anche l’origine della temporalità, perché i greci misuravano il tempo con le
Olimpiadi, le quali appunto ricordavano la vittoria di Ercole sul leone nemeo. Associazione dal
segno del leone al disboscamento della foresta primordiale (passaggio dalla natura alla cultura) alla
temporalità.
VERGINE= a vergine è coronata di spighe, le spighe rimandano all’età dell’oro perché l’oro
primordiale non è il metallo ma l’oro del grano e questo a sua volta rimanda all’età di Saturno,
quindi l’età arcaica. Nome Saturno collegato a satus che vuol dire seminagione. passaggio da
un’epoca primordiale a un’epoca in cui poi c’è l’agricoltura e in cui con le stagioni c’è anche la
temporalità.
PERCHE’ L’ALTARE (RELIGIONE) STA SOTTO IL GLOBO? ma i primi uomini, come
fanciulli del nascente genere umano, credettero che il cielo non fosse più in su delle alture dei
monti. Per i primitivi, questi fanciulloni, il cielo era a portata di mano, e gli dei non erano realtà così
soprasensibili ma erano mescolati alla realtà umana—> ecco perché non è sconcezza, se ci
riferiamo alla mentalità primitiva, questa contiguità così stretta fra la religione e la natura, perché le
religioni erano naturalistiche, animistiche, che divinizzavano i fenomeni naturali—> c’era una
commistione tra natura e sacro.
LO STESSO RAGGIO SI RISPARGE DAL PETTO DELLA METAFISICA NELLA STATUA DI
OMERO, post sopra una base crepata ( Crepe della statua di Omero—>Vico affronta la questione
omerica): La base rovinosa della statua allude all'infondatezza della dottrina tradizionale riguardo la
sapienza poetica degli antichi, che non fu riposta, ma volgare, espressione spontanea della
sensibilità e della fantasia dei primitivi. Omero è quindi simbolo della sapienza poetica. La prima
sapienza delle popolazioni primitive fu una sapienza poetica, ma non nel senso di una sapienza
riposta, di una sapienza cioè in cui erano nascoste verità filosofiche sublimi, ma una sapienza
poetica nel senso di una sapienza volgare. I primi uomini furono naturalmente poeti non nel senso
che si mettessero lì, intingessero la penna d’oca nell’inchiostro e scrivessero sonetti in
endecasillabi, ma nel senso che creavano miti, non intenzionalmente ma in maniera spontanea. (il
primo mito è quello di Giove fulminante: vedono i fulmini e sentono i tuoni, si spaventano, e
immaginano che questi lampi e questi tuoni siano parole di un’entità superiore che ordina loro
qualcosa, cioè cominciare a costruire la civiltà). Questa è l’interpretazione che Vico propone della
poesia, che quindi assume nella sua opera un significato particolare: poesia, almeno alle origini
coincide con mito. Il sapere poetico, estetico, mitico, è quello che produce, che fonda la civiltà, non
attraverso la ragione ma attraverso la fantasia. Tutto questo è rappresentato dalla statua di Omero,
poi il tema di Omero è importante anche perché, alla luce di questa concezione generale della
poesia, Vico dà una sua risposta alla questione omerica nel terzo libro.
Scienza nuova si articola in cinque libri: il primo libro anticipa già tutti i temi dell’opera e ci sono
gli elementi, gli assiomi, i princìpi, il metodo; il secondo libro è destinato alla sapienza poetica ed è
di gran lunga il più corposo di tutta l’opera e consiste in un’analisi molto minuziosa di vari miti
della mitologia greca e latina; terzo libro: dedicato alla discoverta del vero Omero. dicendo che
Omero è la personificazione della creatività mitopoietica dei popoli greci. Terzo libro—> risposta
che dà alla questione omerica: quello che noi chiamiamo Omero non è un individuo singolo ma è la
personificazione della creatività collettiva del popolo greco, che cantando raccontavano a se stessi
le loro storie. La statua di Omero è la sapienza poetica. Passando attraverso la statua di Omero il
raggio può illuminare il mondo civile. E’ attraverso la comprensione di ciò che significa la poesia
ovvero il mito dei tempi arcaici che possiamo comprendere quel mondo di cui non abbiamo
testimonianze scritte.
Parte bassa della dipintura: ci sono delle tenebre sul fondo, grazie a questo raggio si dà una qualche
luce al mondo oscuro delle origini della civiltà. Siamo nella concretezza della materia, quindi non ci
può essere una comprensione così tersa e lucida di questa dimensione—> il raggio arriva ad
illuminare anche lì spargendosi ma disperdendo un po’ della sua capacità di illuminare. La parte
bassa non resta nelle tenebre ma rimane meno luminosa della parte più alta. le tenebre del fondo
=sono le materie, materia, ciò da cui si parte in senso retorico, ciò da cui si parte. E’ la parte della
scienza dell’informe, oscuro, tenebrosa. L’opera parte da un tentativo di capire in quelle che sono i
momenti oscuri dell’umanità, ed il primo libro sono appunti per gettare luce di questa materia
oscura. DA QUI PRENDONO COSI LUCE TUTTI I GEROGLIFICI: L’ALTARE E SOPRA AD
ESSO:
Sopra l'altare si trova un bastone ricurvo (lituo/verga), simbolo della divinazione: infatti le religioni
primitive erano fondate sulla divinazione attraverso pratiche augurali. Vicino al bastone si vedono il
fuoco e l'acqua, Entrambi rimandano alla religione, poichè con essi si compiono pratiche religiose
come le abluzioni e i sacrifici. Acqua e fuoco rinviano quindi anche alla prima delle cose umane: i
matrimoni. I romani celebravano infatti le nozze aqua et igni. La fiaccola, geroglifico dei matrimoni
(quindi di segno umano), è collocata sull'altare al lato di acqua e fuoco (di segno divini). La seconda
delle cose umane è la cura dei morti, simboleggiata da un'urna cineraria. Con un volo etimologico,
Vico collega la pratica di inumare i morti con l'essenza dell'umanità: da humando deriva humanitas.
Vico passa quindi alla parte inferiore della dipintura, dove accanto all'urna vi è un aratro. Gli eroi (o
Ercoli, o padri) domarono le prime terre del mondo e le ridussero alla coltura. Sono descritti come
forti, giusti, prudenti, temperati, praticano la divinazione e celebrano riti matrimoniali. Il
fondamento religioso dell'autorità dei padri è chiarito dalla contiguità tra aratro e altare nella
dipintura, e il fatto che l'aratro appoggi il manico in faccia all'altare significa che gli eroi che
introdussero l'agricoltura furono i detentori del potere religioso. L'aratro allude anche alla
successiva nascita delle città, il cui perimetro fu tracciato con esso. Vico collega etimologicamente
urbum (curvatura dell'aratro) a urbs, città. Le città sorgono quando i padri, dapprima isolati, si
alleano per far fronte alla rivolta dei famoli (o clienti, o soci), che diventano così i plebei, mentre i
padri diventano i patrizi. Opposto all'aratro si trova il timone, che rappresenta sia l'origine della
migrazione dei popoli con la navigazione, sia gli antenati di quei migranti: ovvero i famoli,
religiosamente sottomessi agli eroi. I famoli erano all'origine giganti sbandati, rimasti in condizione
bestiale. Uomini empi, privi di religione, scellerati, senza una regolamentazione morale della
sessualità coi matrimoni, deboli e infelici. Per sfuggire alla violenza degli altri famoli, i più deboli
ricorsero alle terre colte dagli eroi, che uccisero i violenti. Gli eroi accolsero i più deboli in qualità
di famoli, ed è da qui che le famiglie si chiamarono così: una struttura più ampia di quelle composte
da genitori e figli. Da tale divisione in classi ebbero origine gli asili, le famiglie, le città,
giurisdizioni, imperi, insegne araldiche, fama, eroismo, guerre e paci.
Vico parlava della storia romana la nascita della repubblica come una produzione delle famiglie
nobili patrizie che hanno schiavizzato una parte, i plebei. Il timone è in lontananza dall’aratro che
gli si mostra minaccevole con la punta, perché i famoli, non avendo proprietà privata, stufi di
servire i signori, ribellatosi si rivoltarono contro gli eroi in contese agrarie. Si arriva alle lotte tra
patrizi e plebei (usiamo pure questi termini al posto di padri e famoli). I padri si alleano fra di loro
(fasci di litui) e riescono ad avere la meglio. Adesso si capisce perché il timone—> molti famoli che
si erano ribellati trasmigrarono per mare e si creano le colonie ultramarine, cioè al di là del mare.
L'opposizione tra aratro e timone simboleggia proprio la divisione in classi.
Fra timone ed aratro ESCE FUORI INNANZI ALL’ARATRO UNA TAVOLA con iscritto un
alfabeto latino antico che come narra tacito assomigliò all’antico greco. vico all’inizio della scienza
nuova fa una tavola, da tabula dove si prendevano appunti e quindi ha un significato visivo. Vico è
un baconiaino che ha dato impulso alle tabule come metodo di conoscenza, sistema comune di
produrre conoscenza. Vico vuole farci vedere UNA TAVOLA DELLE COSE CIVILI, QUINDI
STUDIO DELLE COSE CIVILI, FILOSOFIA IMPEGNATA POLITICAMENTE cose visive ed il
mio libro.
La tavola denota l'origine delle lingue e delle lettere volgari, la cui origine è tarda: infatti la tavola è
appoggiata a una colonna di stile corinzio, moderno. Per Vico la lingua verbale nasce prima della
scrittura alfabetica, che è un codice parassitario. Ma intendendo per lingua un sistema di segni, i
linguaggi iconici (non verbali) nascono anche prima. La vicinanza della tavola con l'aratro indica il
radicamento della lingua nella terra natia di un popolo, da qui l'importanza delle etimologie. La
lontananza dalla statua di Omero allude al fatto che le lettere non erano state inventate tutte ai tempi
di Omero, che non aveva scritto nulla. Uno dei temi fondamentali della Scienza nuova è il tema del
linguaggio. Si può dire che la Scienza nuova è una antropologia, estetica e anche filosofia del
linguaggio. Quando Vico parla di lingue intende linguaggio in senso anche metaforico, non
necessariamente linguaggio verbale—> soprattutto linguaggi visivi: i primi linguaggi parlati dai
bestioni civilizzati di fresco, sono linguaggi iconici.
Vico divide la storia in:
1)età degli dei: è l’età del senso, degli “uomini bestioni”, contrassegnata dal prevalere dei sensi e
dalla mancanza di riflessione, ma anche l’età degli dei: gli uomini in questa fase identificavano i
fenomeni naturali con le divinità. Il timore delle forze della natura divinizzate spinse gli uomini a
creare le istituzioni religiose civili. La forma di convivenza fu quella familiare (unione ciclopica).
Gli uomini si raccolgono in tribù, forme primitive di vita stabile, in grado di garantire difesa e
sicurezza ai singoli.
2)età degli eroi: è l’età della fantasia, da cui nacquero il linguaggio (espressione spontanea e
naturale dell’uomo e della sua esigenza di comunicare), la poesia (manifestazione iniziale
dell’uomo che avverte “con animo perturbato e commosso”); il mito e le favole, che costituiscono la
sapienza poetica (Omero). In questa età si costruiscono le basi di una società non più fondata sulla
forza fisica e sulla violenza, ma su una comunanza di interessi sociali (i feudi). I contrasti fra gli
individui vengono controllati dal diritto, che non intende distruggere le passioni, ma trasformarle in
virtù eroiche. Questo diritto primitivo viene imposto con l’autorità (repubbliche aristocratiche).
3)età degli uomini, in cui trionfa la ragione; prevalgono i governi basati sulla difesa dei diritti e su
legislazioni scritte. La religione, vissuta come mito, si afferma come metafisica ragionata. L’istinto
della procreazione è controllato dall’istituto del matrimonio; il timore della morte è vinto dal culto
delle tombe. Si forma la società civile.
A QUESTRE TRE ETA’ CORRISPONDE LA QUESTIONE DELLE TRE LINGUE: Questione
delle tre lingue che corrispondono alle tre età:
—>la prima lingua fu, quando gli uomini gentili erano da poco diventati uomini, è un rapporto
corporeo-gestuale in cui ci sono pochi suoni (sono solo gridi, urla, onomatopee)—> non è un
linguaggio verbale articolato. Il rapporto fra significante e significato è di tipo naturale,
naturalmente mediato dalla mentalità dei primi uomini (non corrisponde alla natura delle cose, ma
nel modo in cui i primi uomini la concepiscono): il fulmine è un gesto che riproduce il fulmine.
—>Età degli eroi: dovrebbe fare da ponte. Immagina un linguaggio misto in parte visivo e in parte
verbale (insegne, araldica). La seconda, nell'età degli eroi, si parlò per imprese eroiche, per
similutidini, immagini, metafore.
—>Terza lingua: fu lingua umana (in senso forte, all’interno di un principio di uguaglianza
popolare). Non c’è più una naturalità del segno ma un’arbitrarietà del segno, vale un principio di
arbitrio per cui i popoli decidono il significato delle parole. Il significato delle parole è convenuto
dai popoli—> non c’è più un legame di somiglianza tra significante e significato.
la terza lingua è popolare perché, dal momento che le leggi vengono messe per iscritto non con
simboli misteriosi quali quelli della scrittura pittografica egiziana, ma in una scrittura alfabetica
comprensibile a tutti, questo costituisce comunque una conquista dei plebei (vd leggi delle XII
tavole: non sono a favore dei plebei, ma almeno sono scritte). Le tre lingue sono corrispondenti alle
tre età: geroglifica (sacra e segreta), simbolica, pistolare —> epistolè= lettera. A tali tre lingue Vico
associa quindi tre forme di giurisprudenza. La prima è una teologia mistica, ovvero un diritto
creduto di origine divina e amministrato da sacerdoti. La seconda è una giurisprudenza eroica,
caratterizzata da un solenne formalismo. La terza è l'equità naturale fra uomini, fatta valere nelle
democrazie e monarchie.
Essendo il lituo simbolo della divinazione e dell'autorità dei padri, il fascio di litui simboleggia
l'unione dei padri, ovvero le prime repubbliche eroiche. Al contempo sapienti, sacerdoti e monarchi
(della familia), i padri si allearono contro la ribellione dei famoli formando senati di re familiari. Per
accontentare e ridurre i famoli all'obbedienza, accordarono loro una legge agraria (la prima legge
civile del mondo). Nacque perciò lo stato delle città, successivo a quello delle famiglie. I famoli
nello stato di famiglie divengono ora plebei delle città. La ricostruzione vichiana delle origini è
ispirata a quella romana arcaica e per avvalorare la tesi della nascita autoctona del diritto presso
ogni nazione, si oppone all'idea della sua "importazione" da Atene. Importanti conquiste giuridiche
della plebe furono la legge delle XII tavole, la Publilia e la Petelia. La spada ci dice che il diritto
eroico fu diritto della forza, regolata dalla religione. Achille ne è il simbolo, e i duelli dei tempi
arcaici erano una sorta di appello al giudizio provvidenziale di Dio. Dalle guerre private sorgono
quindi le guerre pubbliche, di cui è simbolo la spada. I geroglifici della borsa e della bilancia
alludono all'ultima fase della civiltà, in cui non ci sono nè dèi nè eroi, ma solo uomini. La borsa
simboleggia i commerci. Mentre l'origine delle monete coniate va ricercata nelle armi gentilizie,
nelle insegne militari e nelle medaglie. Bilancia e caduceo rappresentano i rapporti politici e
giuridici di un mondo totalmente umano. La bilancia è l'uguaglianza civile, propria delle
repubbliche popolari sorti dopo gli stati aristocratici. Nel mondo civilizzato si passa
vicendevolmente da democrazia a monarchia. Il caduceo di Mercurio simboleggia soprattutto il
diritto di guerra, che termina con la pace.

che parlarono per caratteri poetici


(universale fantastico come prima
modalità per parlare e
quindi per creare idee // univ
fantastico = caratteri poetici =
modelli o ritratti ideali) → è sia
una modalità di comunicazione che
di conoscenza del mondo.
E’ una forma di universale
paradossale: infatti da un lato
abbiamo il carattere di universalità
(oggettiva, concettuale, per
astrazione dal particolare), dall’altro
la fantasia (facoltà umana
che rende percepibili certi elementi
frutto dell’immaginazione) → l’un
fantastico è costruito su
un particolare (ossimoro).
ES: Giove, Saturno (dei), Ulisse,
Achille (eroi) → sono universali
fantastici: personaggi
particolari che acquistano una
dimensione di universalità. Quando
dico “Ulisse” parlo di una
proprietà (come il bambino che
chiama tutte le donne “mamma”),
ovvero l’astuzia.
Quindi:

ideale fantastico = capacità dei
primi uomini di cogliere
l’universale pur non avendo
le facoltà di ragionamento e
astrazione sviluppate
Vocabolario mentale comune =
rappresenta la generazione delle
prime idee nelle menti
degli uomini (condivise da tutta
l’umanità) → riguarda una modalità
di rappresentazione della
realtà. Il lessico derivato da questo
vocabolario è necessario per sapere
la lingua con cui
parla la storia eterna ideale.
Quindi

questo dizionario non consente a
tutti di comunicare con
una lingua, MA consente di
recuperare le strutture di pensiero
comuni a tutti i popoli. E’
l’idea che popoli diversi, in tempi e
luoghi diversi, tendano tutti ad
elaborare universali
fantastici attorno agli stessi
“concetti” (le strutture
antropologiche sono le stesse) →
ovvero:
articolazione di idee di divinità
simili. Da qua problematica:

identificare strutture
antropologiche comuni e quindi
sostenere che i riti religiosi sono
simili significa,
potenzialmente, qualificare i riti
cattolici come forme di paganesimo
e superstizione &
diventa difficile dunque separare il
discorso di Dio vero, della
rivelazione dalla superstizione
(comprendiamo quindi le difficoltà
di pubblicazione dell’opera:
eterodossia).
Il vocabolario mentale si compone
di 3 lingue, che sono relazionate
alle 3 età (dei, eroi,
uomini) e a 3 forme diverse di
giurisprudenza

(ovvero come si arriva, partendo da
esseri che
non conoscono nessuna distinzione
fra bene e male, ad esseri che
articolano un’idea di
giustizia):
1) Teologia mistica:

è l’età dei poeti teologi (creatori di
divinità) i quali interpretano gli
oracoli→ giurisprudenza legata
all’idea di divinità, e quindi
all’interpretazione
(=modalità ermeneutica originaria
che caratterizza l’umanità fin dai
suoi primordi →
ermeneutica come capacità di
cogliere in un qualsiasi segno un
significato ulteriore
→ capacità simbolic
che parlarono per caratteri poetici
(universale fantastico come prima
modalità per parlare e
quindi per creare idee // univ
fantastico = caratteri poetici =
modelli o ritratti ideali) → è sia
una modalità di comunicazione che
di conoscenza del mondo.
E’ una forma di universale
paradossale: infatti da un lato
abbiamo il carattere di universalità
(oggettiva, concettuale, per
astrazione dal particolare), dall’altro
la fantasia (facoltà umana
che rende percepibili certi elementi
frutto dell’immaginazione) → l’un
fantastico è costruito su
un particolare (ossimoro).
ES: Giove, Saturno (dei), Ulisse,
Achille (eroi) → sono universali
fantastici: personaggi
particolari che acquistano una
dimensione di universalità. Quando
dico “Ulisse” parlo di una
proprietà (come il bambino che
chiama tutte le donne “mamma”),
ovvero l’astuzia.
Quindi:

ideale fantastico = capacità dei
primi uomini di cogliere
l’universale pur non avendo
le facoltà di ragionamento e
astrazione sviluppate
Vocabolario mentale comune =
rappresenta la generazione delle
prime idee nelle menti
degli uomini (condivise da tutta
l’umanità) → riguarda una modalità
di rappresentazione della
realtà. Il lessico derivato da questo
vocabolario è necessario per sapere
la lingua con cui
parla la storia eterna ideale.
Quindi

questo dizionario non consente a
tutti di comunicare con
una lingua, MA consente di
recuperare le strutture di pensiero
comuni a tutti i popoli. E’
l’idea che popoli diversi, in tempi e
luoghi diversi, tendano tutti ad
elaborare universali
fantastici attorno agli stessi
“concetti” (le strutture
antropologiche sono le stesse) →
ovvero:
articolazione di idee di divinità
simili. Da qua problematica:

identificare strutture
antropologiche comuni e quindi
sostenere che i riti religiosi sono
simili significa,
potenzialmente, qualificare i riti
cattolici come forme di paganesimo
e superstizione &
diventa difficile dunque separare il
discorso di Dio vero, della
rivelazione dalla superstizione
(comprendiamo quindi le difficoltà
di pubblicazione dell’opera:
eterodossia).
Il vocabolario mentale si compone
di 3 lingue, che sono relazionate
alle 3 età (dei, eroi,
uomini) e a 3 forme diverse di
giurisprudenza

(ovvero come si arriva, partendo da
esseri che
non conoscono nessuna distinzione
fra bene e male, ad esseri che
articolano un’idea di
giustizia):
1) Teologia mistica:

è l’età dei poeti teologi (creatori di
divinità) i quali interpretano gli
oracoli→ giurisprudenza legata
all’idea di divinità, e quindi
all’interpretazione
(=modalità ermeneutica originaria
che caratterizza l’umanità fin dai
suoi primordi →
ermeneutica come capacità di
cogliere in un qualsiasi segno un
significato ulteriore
→ capacità simbolic
che parlarono per caratteri poetici
(universale fantastico come prima
modalità per parlare e
quindi per creare idee // univ
fantastico = caratteri poetici =
modelli o ritratti ideali) → è sia
una modalità di comunicazione che
di conoscenza del mondo.
E’ una forma di universale
paradossale: infatti da un lato
abbiamo il carattere di universalità
(oggettiva, concettuale, per
astrazione dal particolare), dall’altro
la fantasia (facoltà umana
che rende percepibili certi elementi
frutto dell’immaginazione) → l’un
fantastico è costruito su
un particolare (ossimoro).
ES: Giove, Saturno (dei), Ulisse,
Achille (eroi) → sono universali
fantastici: personaggi
particolari che acquistano una
dimensione di universalità. Quando
dico “Ulisse” parlo di una
proprietà (come il bambino che
chiama tutte le donne “mamma”),
ovvero l’astuzia.
Quindi:

ideale fantastico = capacità dei
primi uomini di cogliere
l’universale pur non avendo
le facoltà di ragionamento e
astrazione sviluppate
Vocabolario mentale comune =
rappresenta la generazione delle
prime idee nelle menti
degli uomini (condivise da tutta
l’umanità) → riguarda una modalità
di rappresentazione della
realtà. Il lessico derivato da questo
vocabolario è necessario per sapere
la lingua con cui
parla la storia eterna ideale.
Quindi

questo dizionario non consente a
tutti di comunicare con
una lingua, MA consente di
recuperare le strutture di pensiero
comuni a tutti i popoli. E’
l’idea che popoli diversi, in tempi e
luoghi diversi, tendano tutti ad
elaborare universali
fantastici attorno agli stessi
“concetti” (le strutture
antropologiche sono le stesse) →
ovvero:
articolazione di idee di divinità
simili. Da qua problematica:

identificare strutture
antropologiche comuni e quindi
sostenere che i riti religiosi sono
simili significa,
potenzialmente, qualificare i riti
cattolici come forme di paganesimo
e superstizione &
diventa difficile dunque separare il
discorso di Dio vero, della
rivelazione dalla superstizione
(comprendiamo quindi le difficoltà
di pubblicazione dell’opera:
eterodossia).
Il vocabolario mentale si compone
di 3 lingue, che sono relazionate
alle 3 età (dei, eroi,
uomini) e a 3 forme diverse di
giurisprudenza

(ovvero come si arriva, partendo da
esseri che
non conoscono nessuna distinzione
fra bene e male, ad esseri che
articolano un’idea di
giustizia):
1) Teologia mistica:

è l’età dei poeti teologi (creatori di
divinità) i quali interpretano gli
oracoli→ giurisprudenza legata
all’idea di divinità, e quindi
all’interpretazione
(=modalità ermeneutica originaria
che caratterizza l’umanità fin dai
suoi primordi →
ermeneutica come capacità di
cogliere in un qualsiasi segno un
significato ulteriore
→ capacità simbolic
Sul finire della descrizione della dipintura, vediamo Il primo paragrafo si riallaccia perfettamente al
paragrafo 41: nella “peloratio” , si riprendono i punti chiave della questione precedentemente
esaminata. “summa” della summa fatta dal vico. Vico ribadisce che la sua nuova scienza è una
metafisica che, partendo da un fondamento onto-teologico, si rivolge alle origini della civiltà e
stabilisce un sistema del diritto naturale delle genti che procede per l'età degli dèi, degli eroi e degli
uomini.
PRODUZIONE VICHIANA:
Vico, è quel tipo di filosofo che si occupa di storia di eventi scrivendo la propria vita e quindi
parlando della “vita scripta da se medesimo pubblicata nel 1728 ma già pronta nel 1723 e
nell’accingersi a scrivere questa vita si vide in obbligo di leggere l’opera di ugo grozio “de iure belli
ac pacis”: giusnaturalismo è importante perché è basato sul diritto internazionale, del quale si parla
quando ci sono le guerre, mondo legato profondamente a questa realtà. E in grozio vide necessità di
aggiungere a platone, tacito, bacone ma grozio pone nel sistema del diritto universale tutta la
filosofia e la filologia.
Quando vince il concorso per la cattedra di retorica a napoli, il professore aveva il compito di fare
nel 1699 una prolusione, Lezione introduttiva a un corso annuale tenuta da un docente, che doveva
persuadere gli studenti. Tale prolusione sarà uno dei primi testi pubblicati da vico “de nostri De
nostri temporis studiorum ratione” “sul metodo di come si studia il nostro tempo” nel 1709, testo
legato alla vita accademica, il metodo adatto allo studio e vico si confronta con un altro grade
filosofo che un secolo prima aveva delineato un altro metodo, CARTESIO”discorso sul metodo”
renato delle carte. Rapporto tra vico-cartesio: vita rigetta cartesio e l’idea del cogito e la riflessione
umana, in realtà vico conosce e stima cartesio ma vuole produrre una alternativa in maniera seria e
l’accusa che gli rivolge è di aver rigettato il mondo delle lettere. Cartesio racconta di essere rimasto
insoddisfatto dei suoi studi, ha appena finito di essere un soldato ma è un filosofo on the road, vaga
e non riesce a trovare niente che lo soddisfi al livello intellettuale e quindi dopo aver buttato tutto
l’aria rimane il cogito da dove inizia la filosofia moderna: filosofia che si fonda sul primato del
pensiero autocosciente. Per vico non basta: non bisogna rigettare tutto e soprattutto questo cogito,
cosi lontano dalla storia, dagli eventi non regge.
Vico pubblica poi e antiquissima italorum sapientia 1710: in tre libri sulla piu antica sapienza degli
italici da ricavarsi studiando etimologicamente la lingua latina: l’idea che esista una sapientia
“riposta” ovvero non conosciuta da contrapporre alla sapientia volgare, il senso comune (aristotele,
da una parte quello retorico, politico e poi i sensi esterni che sono una specie di contralina che
raggruppa questi dati e fa si che ci sia una sintesi del dato percettivo e dalla sintesi emerga quella
rappresentazione e che Aristotele definisce come fantasma, le rappresentazioni dell’immaginazione.
VICO E L’UMANESIMO: nella figura di vico dobbiamo tener conto della presenza della tradizione
umanistica molto forte in italia e diventa una delle ragioni per cui la filosofia italiana inizia a sparire
gia nel 600 poiché quando inizia a prendere piede la rivoluzione cartesiana ha avvio un pensiero
filosofico che deve sgombrarsi da questo apparato di storia, immaginazione, per arrivare ad un
filosofare trasparente ed analitico e questa è la tendenza che prevale in europa (locke, hobbes,
leibniz che adottano questo nuovo modo di filosofia) mentre in italia rimane fortemente una
presenza umanistica, evidente nel regno di napoli. Dobbiamo tener conto sia della dimensione
giuridica ma anche la dimensione delle cancellerie, dell’umanesimo un tempo detto “civile” (poggio
bracciolini, machiavelli, bruni). A napoli già dal tardo medioevo e poi con il regno di napoli e una
monarchia ha bisogno di una cancelleria efficiente e quindi gli umanisti erano uomini politici
(giovanni pontano, nel 400 inizia la tradizione umanistica a napoli fino ad arrivare al 700 come
figure con vico)
Litterae: vuol dire cultura, e spesso associato a humane, a volta chiamato anche humanitas e quindi
vico appartiene alla tradizione umanistica. Umanesimo antropologicamente parlando riguardo la
cultura di una comunità, usi e costumi non deve necessariamente esaltare l’uomo come nel caso
dell’umanesimo vichiano. spesso si è pessimisti nella caratterizzazione umanistica dell’uomo come
compare in HOBBES, era un segretario, traduce omero, tucidide e che conosce benissimo le
humane littere e segretario di bacon, non è uno delle quattro figure fondamentali per vico, tuttavia
conosce hobbes e ne legge le opere. Hobbes è un umanista pessimista: purtroppo l’uomo è al centro
di tutte le cose.
Chi è propriamente l’umanista? L’umanista è un insegnante, colui che insegna il trivio(grammatica,
retorica, dialettica) e quadrivio (musica, astronomia, geometria, aritmetica) sul quale si basava il
sistema scolastico e quindi L’EDUCAZIONE LIBERALE fino al 600/700. Anche tommaso
campanella in base alla bipartizione medievale dividerà tra filosòfia realis tutto ciò che ha a che fare
con la realtà(saperi che e filosòfia rationalis tutto ciò che è linguistico e discorsivo. Pertanto
secondo la RIPARTIZIONE MEDIEVALE il filosofo faceva un lavoro preparatorio alle altre
facoltà, il filosofo educava gli studenti in vista di queste professioni: medicina, giurisprudenza e
teologia
In vico il Significato di umanesimo va inteso come dignità umana, che diventa talmente degna e che
porta a sfociare nell’antropocentrismo “l’uomo è la misura di tutte le cose” di protagora, un sofista.
Rapporto umanesimo antropocentrismo molto complesso, bisognerebbe pensare meno nella visione
antropocentrica e riguardo questo rapporto vico ci da delle riflessioni. Humanism è sinonimo di
ateism, società degli atei=società degli umanisti o comunque la società secolarizzata, un mondo
dove vi è l’uomo senza timore/pressione di dio. Quando in italia si discute di umanesimo spesso
non viene tenuta presente questa componente. Anche vico parla di una provvidenza e l’elemento
teologico deve essere tenuto conto.
LIBRO PRIMO: DELLO STABILIMENTO DEI PRINCIPI
cos’è la scienza nuova? Perché vico scrive un’opera con un titolo così militante? Cosa significa
scienza? Scientia è l’equivalente in greco di episteme, quando si vuole parlare di qualcosa che è
oggettivamente vero e sicuro, facciamo uso di scienza anche se spesso abusiamo di questa parola, la
parola scienza inzia a diffondersi da 400 e 600 quando avviene la rivoluzione scientifica. Al di la
dei concetti filosofici esiste nella storia dell’Europa un momento preciso in cui si comincia a dire
questa è scienza e questo non lo è: ruolo svolto da galilei, ma anche da cartesio nel suo “discorso sul
metodo”. La definizione di cosa sia la scienza nuova di vico deve avvenire in chiave induttiva? Si
potrebbe descrivere un tentativo di non perpetuare questo dualismo che si era venuto a creare tra
natura e cultura; divisione natura/cultura da un punto di vista filosofico una dei temi più avvicenti,
bisognerebbe cercare dei modi per superare questa fantomatica opposizione. In italia cominciano ad
essere tradotte opere di philip de scola, perché de scola fu un antropologo, una antropologia che
inizia a rimeditare il senso stesso della disciplina. Oppure nel libro “come pensano le foreste” Si
cerca di superare il fatto che l’antropologia sia una disciplina dell’antropos, dell’uomo. L’uomo, e
questo si vede anche con la scienza nuova, deve essere ridefinito in base a un nuovo modo di
intendere il rapporto NATURA e CULTURA. Infatti una delle caratteristiche della scienza nuova è
proprio questa:vico intende creare un nuovo tipo di sapere in due differenze tra natura e cultura
vengono se non abolite certamente messe in questione e ridefinite in modo nuovo al di la di
dualismo ontologico e meccanicismo cosmologico
Vico dimostra nella sua opera una originalità comprendendo quello che succede nella sua epoca,
muore nel 1744, quindi un uomo del primo illuminismo ed è consapevole di una rivoluzione: vuole
fare scienza in modo nuovo, consapevole che esista una nuova scienza e soprattutto a napoli, città
ricchissima di accademie scientifiche dove si discutevano teorie europee, ma anche con esperimenti
sul vesuvio, terremoti, pozzuoli. Nel 700 si delinea anche una nuova sensibilità archeologia e vico
tiene conto anche di questo quando abbozza la scienza nuova. Si può dire che in vico si cerca di
fondere la dimensione fondere la dimensione storico-archeologica con quella scientifica naturale:
vico è un uomo della prima età moderna che percepisce una scissione molto dolorosa tra le scienze
storiche e le scienze della natura e non è convinto che questo sia il modo in cui procedere.
TAVOLA CRONOLOGICA= La tavola cronologica abbraccia un periodo di circa due millenni:
1500 anni prima della fondazione di Roma (753 aC) e circa 500 dopo. La numerazione degli anni è
data in riferimento alla creazione del mondo e alla fondazione di Roma (penultima e ultima
colonna). Di Gesù non si parla quasi mai e i rimandi biblici sono naturalmente all'Antico
Testamento. La sua non è una filosofia cristiana della storia, ma una ricerca antropologica sulle
origini delle civiltà presso i pagani.Vico ripristina la cronologia biblica tradizionale rispetto a chi,
tra i contemporanei, sosteneneva che il mondo fosse più antico, mettendo in dubbio la veridicità del
Genesi. Fissa la creazione a circa 6000 anni fa, ma narra dal periodo tra il diluvio universale e la
seconda guerra punica (200 a.C.). La tavola espone il mondo delle nazioni antiche, dal diluvio
universale fino agli ebrei, caldei, sciti, fenici, egizi, greci, romani. A questi sette popoli sono
intitolate le sette colonne della tavola. Nella prima colonna parla degli ebrei, primo popolo del
mondo e coloro che hanno conservato la memoria nella storia sacra. Non essendo caduti
nell'imbarbarimento per poi tornare alla civiltà, non sono oggetto dell'opera. Un popolo separato
dagli altri e sempre uguale a se stesso, un modello paradigmatico di umanità compiuta, che funge da
pietra di paragone per descrivere il corso della storia degli altri popoli. Di essi registra pochi eventi
e solo le figure di Noè, Abramo, Mosè, Saul. Reinterpreta liberamente la storia biblica, indicando
Adamo come "principe" del popolo ebraico. Quello che gli importa è riaffermare la cronologia
biblica e distinguere tra storia sacra (biblica) e storia profana. Gli egizi ebbero una cultura volgare,
barbara, non civilizzata, e la magnificenza di obelischi e piramidi è "parto di quella barbarie che va
d'accordo col grande". Della boria degli egiziani Vico indica due cause: il pregiudizio della loro
antichità e l'idea che tutte le divinità del mondo nacquero dalla loro terra. Dall'antico Egitto Vico
recupera la tripartizione in tre età e la corrispondente tripartizione di lingue: geroglifica, simbolica,
pistolare. L'interesse per la cultura egiziana e la scrittura geroglifica è diverso da chi celebrava la
filosofia degli egiziani e ne ricercava le tracce nei geroglifici. Vico polemizza contro l'ipotesi
ermetica della sapienza riposta e denuncia la leggenda della presunta antichità del Corpus
hermeticum. Mercurio, divinità civilizzatrice, deve essere stato un carattere poetico dei primi
uomini dell'Egitto. Anche altri personaggi leggendari come Zoroastro sono interpretati come
caratteri poetici, tra cui Omero.
La sezione II ha il compito di dare certezza, forma e luce alla materia incerta, informe e oscura della
Tavola Cronologica. Per farlo propone degnità, postulati e definizioni. Vico distingue tra degnità
filosofiche e filologiche. Per degnità intende quindi proposizioni degne di valere come capisaldi
della Scienza nuova. Sono espresse da enunciati lapidari ed efficaci, costruiti con abilità retorica,
con un procedimento per associazioni tematiche. Così come il sangue per il corpo, così le degnità
devono scorrere e animare la Scienza nuova. Tra gli argomenti trattati figurano: poesia, religione,
storia, diritto, ecc. Vico distingue innanzitutto tra degnità generali (1-22) e degnità particolari (23-
114). Tra le degnità generali, le prime 4 costituiscono i "fondamenti delle confutazioni" (pars
destruens), mentre le altre compongono la pars costruens e si distinguono in "fondamenti del vero"
(5-15) e "fondamenti del certo" (16-22). Lo scopo è un'integrazione che accerti il vero e inveri il
certo, congiungendo filosofia e filologia (cioè Platone con Tacito).
I "fondamenti delle confutazioni" criticano le fallacie e i pregiudizi che non hanno permesso una
vera scienza delle origini delle nazioni. Il loro scopo non è meramente distruttivo, in quanto i difetti
della mente umana sono almeno in parte produttivi.
Assiomi, modello bacone novo organo nella quale teorizza l’aforisma come il modo migliore per
comunicare la propria conoscenza perché si fonda su delle massime.
PRIMO ASSIOMA= un difficile cominciamento “l’uomo per l’indeffinita natura della mente
umana, fa di se regola dell’universo”. È l’assioma è il principio dell’antropocentrismo e del fatto
che la scienza nuova è problematica, il problema è l’essere umano: creature che tende a distorcere la
realtà a diventare ossessivo. La natura umana ha una capacità indefinita e potente che è sempre
esposta al rischio dell’ignoranza (non conoscere, non studiare, la ragione pigra) e quindi se questa
potenza della mente umana viene dilapidata e usata in maniera non corretta il primo problema della
mente è ritenersi regola dell’universo. un difficile cominciamento. l’assioma con cui comincia
questa opera è il principio dell’antropocentrismo e del fatto che la scienza nuova sia problematica
perché parte da un problema, ossia l’essere umano. A possibilità dell’autoinganno è insita
nell’animo dell’uomo, l’uomo quando immagina può essere illuminato o no dalla ragione e quindi
l’essere umano per via della sua mente tende a distorcere, a diventare ossessivo e quindi la scienza
nuova è sia ricca ma anche molto complessa. Vico rivolta la forma «homo intelligendo fit
omnia» sostenendo che l’uomo ingorante si fa regola dell’universo. UMANESIMO VICHIANO
MOLTO AMBIGUO: scienza nuova è scienza dell’uomo ma l’uomo è un ente molto problematico:
potrebbe risolvere tanti misteri ma anche origine della distruzione dell’universo: FORZA DI
OBIETTIVAZIONE DELLA COSCIENZA CHE E’ PERICOLISISSIMA, un possibile ritorno al
barbarico e in vico come hobbes la possibilità del ritorno al caos , al bruto, è presente quindi
umanesimo nelle sue sfaccettature: l’uomo rischi di essere regola dell’universo in una maniera che
non è quella che dovrebbe essere quando l’immaginazione che è la vita delle cose è una vita e
natura delle cose molto ambigua che può comportare mostruosità-
Stile di difficile comprensione: questa degnità è cagione di due costumi (la scienza nuova è la
scienza dei costumi: si parla degli abiti, delle consuetudini di una cultura in un determinato
momento e il rapporto di questi costumi con la legge). Qui si parla di due costumi umani:
-la FAMA CRESCIT EUNDO, cresce con il diffondersi ed è una rielaborazione di virgilio tratta dal
libro IV dell’eneide rimodulato sullo stilema di lucrezio. FAMA: il successo è una componente
della fama. Il successo è oggettivo, è un fatto. La fama è legata all’opinione pubblica.
-MINUIT PRESENTIA FAMAM, cioè che quando le cose sono presenti e gestibili davanti a noi
riducono la fama, tratto da claudiano. Uno dei fondamenti della scienza: vico vuole conoscere
l’origine dell’umanità nella sua interezza e subito con questo proverbio “la presenza delle cose
diminuisce la fama” nello stesso tempo ci dice che queste sterminate antichità, ma una volta avendo
queste antichità sottomano si scopre che non c’è questa genuina originalità-.
Proverbi che vico riprende dal mondo antico come storico/antiquario e li riprende attraverso la
tradizione dei poeti latini, gioco molto complicato: non si può vare una scienza seguendo il metodo
deduttivo di cartesio. Bisogna anche conoscere, diventare antropologi, fare un lavoro di scavo e
mettere insieme frammenti e cocci. Vico parla di “rottami” ha una visione di un passato che arriva a
noi attraverso cicli di civilizzazione e barbarie.
Pagina molto articolata: probabilmente vico ha collaborato con il tipografo, oggi è inimmaginabile
che il tipografo prenda qualche decisione senza l’autore. Nelle pagine si alternano corsivi, caratteri
maiuscoli e minuscoli, si rispecchiano le convenzioni tipografiche del tempo. Se volessimo dare
enfasi alle parte che vengono messe in rilievo medianti espedianti tipografici le parole in maiuscolo
sono le più importanti. Nella napoli del 1744 i libri erano scritti cosi ed è importante per
comprendere il periodo storico. Con vico ogni frase è carica di riferimenti, rimani a precedenti
teorie, a luoghi classici, una scrittura allusiva che presuppone un lettore erudito
SECONDO ASSIOMA= assioma dell’antropomorfismo, animismo, tendenze che gli psicanalisti
chiamano proiezioni: l’essere umano quando ha problemi proietta visioni distorte e ad immaginare
una realtà a lui compiacente che però non è la vera realtà. In un certo senso abbiamo detto che vico
sfugge alla psicanalisi. Spesso vico sfugge alle psicanalisi, recalcati: complottismo che deriverebbe
da un pensare infantile, animistico e superstizioso eppure vico appiattirebbe subito il discorso sulla
superstizione mentre freud combatte nella psicanalisi è liberare l’uomo dalle superstizioni. Ci si può
liberare veramente da esse? Bacone nel novo organum parla degli idola, bacone non crede nella
pagina bianca proprio perché l’intelletto è macchiato da questi problemi non si può guarire
l’intelletto. Nella sua opera cerca di spiegare come l’uomo da come da una follia possa gestire se
stesso aiutato e reso cosciente da mille altri strumenti.
Idola tribus= sono i pregiudizi della tribù (intesa come società), connaturati nella mente di tutta la
specie: li possiede ogni uomo.
Idola specus=pregiudizi collettivi legati al tempo
Idola fori= pregiudizi Gli idòla fori, ossia «della piazza», sono dovuti al linguaggio e alla sua
fallacità,
Idola teatri= pregiudizi dei dotti, dei filosofi, dei maestri del pensiero. Gli idòla theatri sono quei
pregiudizi che derivano dalle dottrine filosofiche del passato, paragonate a mondi fittizi o a scene
teatrali, simbolo della forte critica che Bacone fa alle differenti scuole filosofiche assimilandole a
favole o sceneggiate.
Vico rispetto a bacone parlando della capacità proiettiva dell’essere umano non è simile agli idola
di bacone.
ASSIOMA 3= le boria, OSSIA I PREGIUDIZI sono di due specie: delle nazioni e dei dotti che però
ci fanno pensare agli idola fori e idola teatri. "la boria delle nazioni consiste nella presunzione di
aver trovato prima delle altre nazioni le cose utili della vita e aver conservato la memoria fino al
principio del mondo". Una presunzione fondata solo nel caso degli ebrei, ma che ne restarono
indenni poichè vissero nascosti. Caldei, sciti, egizi, cinesi sono tutti da lui considerati vanagloriosi.
La struttura dei quattro idola si può vedere in filigrana, si può comprendere nello sfondo ma ci sono
anche delle differenze. Nell sforzo di sentirsi al centro di tutto proiettando fuori tutto il resto,
l’uomo tende a considerarsi all’origine di tutte le cose anche dal punto di vista temporale. Vico
utilizza un metodo deduttivo, ispirandosi a spinoza, a cartesio (basandosi sulle dimostrazioni
euclidee) particolarmente diffuso nel regno di napoli. Storicamente parlando questo lo ha
sottolineato anche diodoro siculo, una fonte storica che molto ricorre in vico. Questa questione
dell’uomo centro dell’universo è anche un pregiudizio nazionalistico. Vico possiamo dire che
reagisce alla “regittomania” già esistente in grecia e poi sviluppatasi nel corso con il rinascimento.
Il riferimento agli ebrei a cui affida vico un primato: questo popolo nella storia ideale eterna funge
da modello.
ASSIOMA 4= "la boria dei dotti consiste nella pretesa che quanto sanno sia antico quanto il
mondo". Essi attribuiscono la sapienza a personaggi leggendari come Zoroastro o Ermete, e
pretendono di trovare significati mistici nei geroglifici e allegorie filosofiche nei miti greci.
ASSIOMA 5= vico comprende che dichiarando che la mente umana non è affidabile in quanto
preda dei pregiudizi dalle origini dei tempi fino ai dotti più eruditi, allora la filosofia deve essere
vista come un rimedio, come bacone che parla della “medicina della mente” come la filosofia.
Pertanto se la filosofia deve giovare al genere umano, in quanto l’uomo è DEBOLE E CADUTO.
(peccato originale) Problema della caduta presente anche in bacone Cosa significa? La caduta può
essere interpretata secondo la mitologia greco-romana. Per bacone la caduta è teologica e filosofica,
la conoscenza non è stato il problema di adamo ma è il libero arbitrio che ha fatto si che l’uomo
crollasse. Per vico l’arroganza della mente umana porta l’uomo a cadere, pertanto il filosofare non
deve abbandonare l’uomo né criticarlo. Questa degnità deve allontanare gli stoici per vico
rappresentano il punto più alto di questo assoluto ottimismo e fiducia e perfezione dell’uomo, una
visione estremamente ottimista della ragione e gli epicurei, che si basano sui sensi, i quali vengono
considerati anche come puritani, l’obiettivo è il raggiungimento dell’atarassia.
Abbiamo quindi due estremi: gli stoici vogliono fare a meno dei sensi che distraggono la mente e
dall’altra parte gli epicurei che fanno del senso la regola, ma vico ricorda come non si può costruire
una filosofia su un uomo che fa di se regola dell’universo. Entrambe sono considerate filosofia
monastiche e della solitudine. Invece riconosce l’importanza dei filosofi politici tra i quali i
platonico. questo tipo di scienza nuova si accorda con coloro che si occupano dei governi su tre
punti principali:
-la provvidenza divina: esiste un ordine nel creato e nella storia. Vico non è per il caso
-le passioni umane si devono moderare e trasformate in virtù: questo rispetta la sua epoca, le
passioni vengono considerate cose che non possiamo estirpare nel campo della vita morale come gli
idola non si possono estirpare dalla conoscenza. Vico quindi riconosce la realtà e bisogna quindi
creare le condizioni affinché le energie passionali si trasformino in virtù.
-le anime siamo immortali: già soprattutto nel 600 questo tema dell’immortalità dell’anima era
dibattuto. Vico agisce in un contesto dove i rapporti stato chiesa è continuo ed in quanto docente è
un impiegato del vice-regno.
ASSIOMA 6= la filosofia deve essere un sapere che risolleva le sorti dell’uomo, sorti malandate la
filosofia considera l’uomo quale deve essere ma cosi sarebbe aiuto per pochissimi, quindi filosofia
platonica vista come una elite (pensiamo alle scuole platoniche, basate su collegi sacerdotali) quindi
il problema con il platonismo è l’elitismo: l’uomo e la città ideale è per pochi, solo per coloro che
vogliono vivere nella repubblica di platone e non rovesciarci nella feccia di romolo (riferimento a
cicerone nelle lettere ad attico. “FECCIA DI ROMOLO”. Cicerone è un difensore della repubblica
che si basa su un atto terribile, l’uccisione del fratello che però diventa politicamente la forza dello
stato. Non può essere la soluzione solo per pochi
ASSIOMA 7= vico mette a confronto l’uomo come deve essere, ma sfoceremo in un filosofare
elitario oppure la legislazione considera l’uomo quale è: dalla feccia può nascere un regime politico
che soddisfi le passioni della mente: chiaro riferimento alla “realtà effettuale della cosa” di
machiavelli. Chiaro riferimento a machiavelli, al quale viene attribuita la “ragion di stato” la quale
invece viene teorizzata da botero, INIZIATORE ANCHE DELLA STATISTICA, LA SCIENZA
DEGLI STATI.
Abbiamo letto il capitolo 15 del principe:
Il passo apre la parte del trattato dedicata alla descrizione dei comportamenti che il principe deve
tenere nell'azione concreta di governo, quindi la sezione propriamente "precettistica" dell'opera e
quella in cui Machiavelli esprime le idee più controverse, destinate a suscitare un vivace dibattito
negli anni seguenti e a produrre la condanna del libro soprattutto da parte delle gerarchie
ecclesiastiche: il capitolo è quasi una sorta di proemio e l'autore dichiara in modo programmatico di
voler trattare la "verità effettuale" delle cose (noi diremmo la "realtà concreta") e non di andar
dietro alla "imaginazione di essa", per cui egli prende le distanze dalla trattatistica politica
precedente poiché il suo fine è scrivere cose che siano utili ai lettori, quindi dare consigli al principe
che servano a mantenere il potere e non a causarne la rovina. Anche se Machiavelli non cita alcun
autore, è implicito un riferimento sia alla trattatistica antica (il Platone delle Leggi e
della Repubblica). Machiavelli parte dalla considerazione che gli uomini non sono tutti buoni,
quindi per il sovrano è impossibile comportarsi bene in qualunque circostanza, dal che emerge la
concezione profondamente pessimistica della natura umana che si riflette anche in altre opere
dell'autore e che verrà ripresa, sia pure giungendo ad altre conclusioni, anche dalla riflessione di
Thomas Hobbes nel XVII sec.
Machiavelli elenca le diverse qualità che possono essere attribuite a un sovrano attraverso una serie
di coppie antinomiche di aggettivi, cioè di opposto significato (generoso-rapace, traditore-fedele,
leale-astuto, ecc.) e specifica che sarebbe bello se il principe potesse dimostrare solo le qualità
considerate "buone", ma poiché ciò è impossibile, data la natura malvagia degli esseri umani, egli
dovrà essere capace di usare l'una o l'altra a seconda delle circostanze, quindi dovrà essere bugiardo,
traditore, violento quando ciò sarà indispensabile per mantenere intatto lo Stato. L'autore non vuole
affatto esortare il principe a comportarsi in maniera malvagia né scrivere un manuale per tiranni,
come pure molti lo accusarono di aver fatto, ma solo affermare che il fine principale del sovrano è il
mantenimento dello Stato, considerato in sé un valore assoluto in quanto baluardo contro l'anarchia
e il disordine civile, quindi qualunque comportamento atto a sortire questo fine deve essere tollerato
e non respinto in virtù di ragioni puramente etiche o religiose.

Bisogna intendere la legge, che guarda all’uomo quale è per farne buoni usi nella società: Quindi la
legge va a riciclare la feccia. Ossia i tre vizi dell’uomo quali avarizia, ferocia e ambizione e cosi
dalla ferocia arriva l’esercito per la preservazione dell’entità politica, dalla ambizione ha origine la
corte (ogni forma di istituzione che guarda alla cultura ha la corte, ossia qualunque istituzione
culturale) e dalla avarizia ha origine il commercio, nelle abilità di scambiare e quindi un regime
economico, vico è la chiave per la conoscenza e la comprensione del capitalismo.La parte barbara e
primitiva dell’essere umano viene trasformata e riciclata.
Importanza di Mandevill la favola delle api, modello per comprendere come ci si possa salvare dalla
ferocia delle passioni attraverso un meccanismo che apre alla razionalità, alle teorizzazioni di adam
smith. Vico appartiene all’illumismo napoletano in cui vi è importanza dell’economia e quindi
dell’esistenza di un meccanismo intrinseco attraverso il quale si arriva ad un ordine economico,
politico e culturale. L'opera di mandevill essere la critica di una società ipocrita, avviata
allo sviluppo industriale, che vuol presentarsi come virtuosa nascondendo i suoi vizi, i quali,
paradossalmente, sostiene Mandeville, sono necessari per il benessere collettivo della società.
ASSIOMA 8= da mettere in relazione al numero 14 in quanto entrambi hanno come protagonisti la
natura, la natura per vico è NASCIMENTO, cominciamento delle cose una lettura etimologica che
vede come natura deriva da nascor e quindi dal momento che vico conosce bene la tradizione greca
ma fa anche valere l’importanza della tradizione latina, del resto “italorum sapientia” una sua opera
parte proprio da riflessioni etimologiche. La natura è una idea di sviluppo che non è casuale né
arbitrario e quindi la natura è parte di questo ordinamento generale. Quando parliamo di natura in
latino ci viene in mente il de rerum natura di lucrezio che possiamo tradurre anche “essenza delle
cose” mentre in greco phisis significa “divenire”: quindi due culture diverse che riflettono sulla
natura: da una parte i greci che guardano il divenire, aristotele “natura principio del movimento” e i
romani e vico che invece sottolineano l’aspetto della nascita. La natura è comunque qualcosa di
intrinseco, spontaneo.
Vico dopo aver parlato dei problemi dell’uomo e della necessità di un ordine riflette sulla natura,
che nelle filosofie pagane è considerato il principio dell’ordine secondo il finalismo. Epicuro,
grozio e carneade discutono il rapporto tra diritto/legge e natura: tema tra i più antichi ma anche
contemporaneo. Per vico c’è un rigore deduttivo ma basata sulla cultura umana.
Vico riprende aristotele e la teoria dei luoghi il mondo sublunare, IL QUALE è infatti diviso in
quattro sfere corrispondenti agli elementi terra aria acqua e fuoco, l’elemento della terra è il più
pesante e tende ad andare al centro. Quando qualcosa è composto da elementi differenti vi è un
disagio che descrive vico proprio come l’assioma numero 8: “le cose fuori dal loro stato naturale
non durano”: la terra va in alto il fuoco in basso: il mondo sublunare è transitorio e non durevole.
Pertanto questa instabilità della realtà con cui stiamo a contatto ha anche una valenza sociale, una
tendenza a soddisfare appetiti.
Vico usa una definizione premoderna di natura, vico conosce la fisica cartesiana ma non la
condivide: bisogna pensare a una idea di energia, sforzo che rivela la spontaneità delle cose che
altrimenti sarebbero a disagio. Vengono citati Epicuro (ben conosciuto come gli atomisti, epicuro e
lucrezio fanno parte di una cultura che inizia nel rinascimento che cercando di riprendere la
tradizione corpuscolarista iniziata nell’antichità da democrito) e poi carneade, infine grozio.
Carneade di è stato un filosofo greco antico della corrente degli scettici. Viene considerato come il
fondatore della terza Accademia di Atene (nota anche come Nuova Accademia). Originario del nord
Africa e figura considerata minore fra i filosofi del suo tempo, è ricordato tuttavia come oratore
appassionato (si dice dimenticasse di cibarsi per preparare i suoi lunghi discorsi tenuti in pubbliche
piazze) e sottile dialettico. Viene ricordato anche da cicerone: i romani invitano alcuni
rappresentanti greci e in questa delegazione c’era carneade che fece un discorso in cui diceva che la
giustizia esisteva e il giorno dopo no. Quindi carneade spesso viene usato nell’immaginario
filosofico come colui che si prende gioco di una giustizia intrinseca. Secondo egli non esiste una
giustizia naturale, la giustizia è creata dall’uomo ed è quindi espressione del potere dominante.
Pertanto la legge è arbitraria la quale può cambiare nel tempo
Si cita infine grozio, abbiamo citato il “de iure belli ad pacis” pubblicata nel 1625 testo
fondamentale per il giusnaturalismo come concetto moderno ossia la possibilità di una legge che
non riguardi il solo individuo o comunità ma il diritto internazionale. Ugo grozio è olandese, è un
periodo importantissimo per la creazione della nazione che diviene una vera potenza culturale
europea (pensiamo alla università di leida) vico è rimasto molto colpito da tale testo. Secondo
grozio è L'appetitus societatis spinge l'individuo, PER NATURA, DAL MOMENTO CHE VI E’
UNA LEGGE NELLA NATURA DELLE COSE QUINDI UN APPETITUS SOCIETAS AC
COMUNITATIS, PER LA COMUNITA’, l’individuo viene spinto a vivere in comunità, ma non in
una società qualsiasi, bensì razionalmente organizzata. il diritto è un prodotto della ragione che fissa
principi di carattere universale in base ai quali si potrà ordinare la società civile originata dal
contratto.
All’inizio dell’opera grozio critica carneade e quindi non solo difende un diritto internazionale
(quando parliamo di diritti umani si presuppone la esistenza di codici di leggi superiori a quelli delle
nazioni, L’ONU RAPPRESENTA IL CULMINE DELLA TRADIZIONE GROZIANA) ma anche
difendere l’idea che ci sia una legge nella natura stessa delle cose. Grozio si richiama quindi alla
filosofia stoica: grozio è infatti un neo-stoico riprendendo soprattutto lo stoicismo romano (seneca):
gli esseri umani rappresentano il vertice del logos che viene definito “appetitus societatis” che si
trova negli animali. Grozio l’essere umano mostra la capacità di organizzarsi mostrando tale
atteggiamento di socievolezza
Abbiamo letto questo passo dell’opera di grozio: “queste cose di cui abbiamo parlato accadrebbero
comunque anche se presupponessimo, che dio non esiste”. L’esistenza di questo istinto è
oggettivamente evidente, di per se fondato di per se e varrebbe anche se ammettessimo che dio non
esistesse e nemmeno la provvidenza divina. Questo principio è fondamentale e supera anche dio.
LEGGE RIGOROSISSIMA ED ASSOLUTA. La posizione di grozio viene infatti considerata
emblema dell’ateismo, grozio faceva un ragionamento per assurdo.
Secondo vico, e questo ben si vede nel SAGGIO del MOMIGLIANO evidenzia l’importanza della
storia: dicotomia storia profana e storia religiosa alla cui base vi è la provvidenza. Con vico si è
davvero disorientati perché da una parte vengono recuperare concezioni superate e dall’altra
intuizioni rivoluzionarie. Dio è una mente legislatrice, la legge è creata da dio, la quale dalle
passioni degli uomini ha fatto si che si creassero gli ordini civili. vico risponderà con un
fondamento teologico.
NELLE RIFLESSIONI DI VICO TROVIAMO COME UN TRIANGOLO COSTITUITO DA=
concetto di natura, provvidenza e di legge: tutti e tre debbono rientrare nelle sue riflessioni. Non
possiamo fare a meno della natura, né una provvidenza trascendente, non possiamo immaginare una
natura arbitraria e soggetta al caso. La legge per vico deve quindi tener conto della natura e della
provvidenza. Affinchè si arrivi a questa possibile soluzione questi tre elementi fanno considerati
insieme. Grozio pertanto non è riuscito secondo vico ad inchiodare questo rompicapo, ossia se vi sia
diritto in natura. Questione del libero arbitrio: se teologicamente parlando il problema è il ruolo di
dio, dal punto di vista morale il problema è la libertà umana ed il suo margine. L’uomo di vico è un
uomo caduto. Quando si parla del rapporto libertà dell’uomo, legge e dio, questo rapporto è mediato
dalla grazia
ASSIOMA 9=gli uomini che non sanno il vero, cercano si attenersi al certo. Il certo è una categoria
centrale del pensiero vichiano. Intelletto sta alla scienza come la volontà sta alla coscienza. La
sapienza è associata all’intelletto, ossia la visione chiara della verità. IL CERTO MEDIA TRA IL
DOMINIO DELLA COSCIENZA MORALE ED IL RAGGIUNGIMENTO DELLA VERITA’.
La definizione certus in latino= da cerno, cernis, crevi cretum cernere, ossia esaminare. Il primo
significato è “deliberato fermamente” qualcosa deciso. Il secondo significato è stabilito,
determinato.Da un punto di vista cognitivo siamo vicini al vero, ma questo aggettivo è legato alla
capacità di distinguere qualcosa che non è sempre chiaro. Altro significato: un certo. Da una parte
diciamo certo, ovvio, sicuro dall’altra parte un certo, qualcosa di vago. SIGNIFICATO AMBIGUO
IN RELAZIONE ALLA SCIENZA NUOVA, CHE INDAGA IL CERTO PER ARRIVARE AL
VERO.
INVECE Il vero è il dominio dell’immediatezza, il certo il dominio della legge, di quello che viene
deciso.
ASSIOMA 10=Stazio scrive le selve, risultato di pensieri, qualcosa di disordinato metafora per
indicare scritti non sistematici, una scrittura per principio non sistematica, un genere che si espande
anche in altri campi. Un autore molto caro a vico è bacone, che scrive proprio silva silvarum, opera
poco studiata, guazzabuglio di osservazioni che bacone pensa nella sua mente.
Silva= selva, bosco, foresta, macchia metonimia, il tutto per la parte. Il legno è materia. Vico non
avrebbe problemi a dimostrare che quasi tutte le culture hanno associato il legno alla materia. Selva
è anche un termine retorico.Questo per capire che tipo di foresta sia la foresta di vico, che riprende
un modello geometrico-matematico ma sviluppato in maniera originale, mentre pensiamo ed
analizziamo siamo immersi in una serie di riferimenti eruditi quindi possiamo parlare di una foresta
incantata. Vico è stato letto in molti modi: idealista, anticipatore di hagel, anticipatore di croce e
gentile, come uno storicista, MA PER VICO ESISTE una Storia ideale eterna, esiste un modello di
storia ideale eterna, ASPETTO METAFISICO MOLTO FORTE e quindi non propriamente uno
storicista. Il nesso tra provvidenza, verità e storia ideale eterna come vediamo in questo assioma
ASSIOMA 10= si creano due linee di sviluppo: abbiamo il modello eterno del vero e lo sforzo degli
esseri umani di raggiungere quel livello attraverso la coscienza del certo. COSCIENZA QUI
INTESA COME UN TENTATIVO UMANO DI ANALIZZARE LE COSE ATTRAVERSO CUI
SI ARRIVA AL CERTO, COSCIENZA UNA SORTE DI APPENDICE DELLA SCIENZA, CHE
APPARTIENE AD UN LIVELLO DIVINO ETERNO.
Gli esseri umani si accertano delle cose: è un tentativo di comprendere basandoci su indizi e tracce:
questo è pertanto compito della filologia (La filologia ha una ampia accezione, il filologo per vico
non è semplicemente colui che fa la collazione, ricostruisce i manoscritti e che crea l’edizione
critica. Per vico filologia è archeologia, storia, giurisprudenza, tutti domini che riguardano la coltura
umana, cultura dell’accertarsi le cose. In questa degnità si definisce quindi i filologi: grammatici,
critici, occupati dello studio. Il filologo vichiano è uno studioso a tutto campo delle culture umane
(cultura del regno di napoli intrisa di studio delle leggi) LA FILOLOGIA DEVE QUINDI
RISCOPRIRE UNA INTERA CULTURA. INVECE la filosofia per vico appartiene al livello del
divino e della storia ideale eterna: “la filosofia contempla la ragione, da cui viene la scienza del
vero”. Questa scienza nasce così da finalità sia teoretiche che pratiche, La scienza è unione tra
filosofia e filologia ovviamente come da Vico intese.

ASSIOMI 11-12-13= Le tre degnità seguenti sviluppano il tema del libero arbitrio, il quale è una
radice del senso comune, una sorta di costituzione non scritta, che si forma col passaggio
dall'arbitrio individuale alla condivisione di credenze e valori. IL SENSO COMUNE E’ UN
GIUDIZIO SENZA ALCUNA RIFLESSIONE, COMUNEMENTE CONDIVISO DA UN
POPOLO O UNA NAZIONE.
Insomma, ci dice come risalire dal certo al vero attraverso un'indagine comparativa. La nuova
scienza si volge al senso comune, criterio insegnato dalla provvidenza (per vie naturali) per definire
il certo riguardo al diritto naturale delle genti. Vico introduce le nozioni di diritto naturale delle
genti (struttura profonda del diritto di ogni nazione), dizionario mentale (struttura profonda di ogni
lingua) e storia ideale eterna (struttura profonda di ogni storia nel tempo). Imparentate tra loro, esse
designano l'orizzonte di universalità al quale la Scienza Nuova aspira. Inoltre il diritto nacque
spontaneamente presso tutti i popoli, senza influenze reciproche. Il diritto romano nato come calco
di quello greco è una sciocchezza che circolava al tempo, presto svelata da Vico.

ASSIOMA 12= Critica come giudizio e la via della filosofia è la critica


La critica si è occupata di scrittori e non autori, gli autori sono intesi come “auctoritas” (produttore,
colui che fa e fa fare) e gli egizi ostentano una antichità che per Vico non è reale, vico reagisce a
quella egittomania di cui parlavamo prima.
A proposito della critica:
Dal metodo di studio del nostro tempo: DE NOSTRI TEMPORIS STUDIORUM RATIONIS
Ricordiamoci che abbiamo a che fare con una realtà bilingue, pertanto scritta sia in latino che in
italianl. Questa è una prolusione che vico tiene in qualità di professore di retorica per
l’inaugurazione dell’anno accademico. Iniziamo tutti i nostri studi dalla critica. La critica, da crino
“giudico” è la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso mentre in mezzo abbiamo il secondo
vero, ossia il verosimile, categoria essenziale. La facoltà del giudizio è qualcosa che deve venire
dopo il senso comune: sembra proprio un’opera militante contro la rivoluzione di cartesio (sul
discorso sul metodo, secondo cartesio per la conoscenza del libro del mondo bisogna distruggere
tutto e rifondare le cose). Il senso comune si genera dal verosimile, esso è un ente intermedio.
Il senso comune è inoltre regola dell’eloquenza come di ogni disciplina: la nozione di senso comune
è molto ricco, non solo una mediazione tra il vero ed il falso ma media anche dal punto di vista del
linguaggio. Quello di Eloquentia è un concetto ciceroniano. Cicerone è stato fondamentale dal
medioevo ed il de oratore è il suo manifesto filosofico: il vero filosofo è anche eloquente, in quanto
è la capacità di unire le nostre abilità espressive e comunicative con il pensiero. Se non si riesce ad
esplicitare le nostre riflessioni tutto è inutile. Cicerone è un eclettico e considera la comunicazione
importante quanto il pensiero. L’eloquenza per vico è regola, dobbiamo saper applicare il generale
al particolare.
Quale è il Primo vero per vico?= intelletto, cogito. Non possiamo partire dall’intelletto ma dalle
immagini corporee. Nella gioventù prevale infatti la fantasia e la memoria, che è pressappoco la
stessa cosa, debbono essere entrambe coltivate e non indebolite nelle arti che richiedono memoria
quali arti, giurisprudenza, musica. Pertanto non si debbono indebolire gli ingegni nelle loro
attitudini. INGEGNO= definito da cicerone come la capacità di cogliere le somiglianze e le
differenze delle cose, capacità essenziale soprattutto per il giudizio e quindi per una critica non
astratta ma legata alle realtà delle cose.
Gli antichi evitarono ciò proprio grazie alla pratica della Geometria, la quale disciplina la mente
usando immagini. Il geometra non può prescindere dall’immaginazione e quindi un esercizio che va
ad affinare la capacità della mente nella conoscenza viene fatto attraverso lo studio della geometria.
In questo vico si trova d’accordo con cartesio anche se la geometria cartesiana è una GEOMETRIA
ELEMENTARE, cartesio matematizza la geometria mentre secondo vico bisogna partire dalla
geometria per arrivare alla matematica.
Invece nella tradizione retorica si inizia con la topica, dominio dell’inventio (dal latino “scoprire le
cose”, ha un elemento euristico, le cose si scoprono attraverso luogo comuni, associazioni di idee
stabilite nel corso dei secoli) e quindi si parte da questa impostazione classica della retorica per poi
elaborare il giudizio.
DA QUI SEGUE LA STOCCATA A CARTESIO= i cartesiani assomigliano a coloro che hanno
ereditato i palazzi: cartesio matematizza anche la fisica, la quale è astratta senza i concetti di forze.
Cartesio riduce la natura a nulla a differenza di vico che è cominciamento. Per cartesio non esistono
le potenze vitali. conosciamo perché facciamo e ripetiamo qualcosa, dimostriamo le cose
geometriche perché le facciamo e se potessimo dimostrare quelle fisiche lo faremmo. Oggi grazie
alla tecnologia, la clonazione, la rivoluzione verde, forse questo sarebbe possibile. Inoltre il metodo
geometrico prescrive di contenere le discussioni entro un breve termine e senza un ornamento
(mentre per vico il più bel ornamento è la metafora).
Per vico non è così: La verità è ciò che dio fa, ha fatto e farà. L’essere umano può conoscere una
verità parziale che corrisponde a quello che può fare con le sue mani. Il vero primo non è il cogito
ma dio, ma quello che fa dio non lo sappiamo. La fisica sarebbe la scienza suprema ma non lo è per
l’essere umano che non può fare le cose. Inoltre nella scienza nuova emerge l’importanza di
geologia e paleontologia ci sono molti uomini di chiesa, studiosi di esegesi biblica. Dobbiamo
infatti ricordare che cronologia, studi di esegesi biblica, studi di storia sacra, geologia e
paleontologia vanno insieme e sono discipline ERUDITE.
I giganti per vico sono proprio questo intreccio: essi sono smisurati ed emersi dopo una catastrofe
naturale, essi sono anche giganti sulla scia della tradizione mitografica da boccaccio in poi dove i
giganti rappresentano gli atei, giganti non hanno il concetto di dio (infatti vico li presenta come
bestioni terrorizzati dai fenomeni naturali). Giganti da intendere anche in senso biblico ma anche
cronologico: esiste uno sviluppo fisico e biologico e vico crede che i nostri avi fossero dei bestioni,
dei dinosauri umani. Lo studio della storia e dell’uomo vanno di pari passo.
Le degnità 16-22 contengono i "fondamenti del certo", ossia quali dati filologici devono essere presi
in considerazione e interpretati dalla nuova scienza vichiana: le tradizioni volgari, i parlati volgari e
in primis quelli di lingua di nazione antica conservatasi in forma originaria, monumenti giuridici
come la legge delle XII Tavole o poetici come i poemi di Omero. (all’interno dell’opera si vede
come si possono interpretare i due poemi omerici come uan riserva della tradizione giuridica greca.
Quello che corrisponde alle 12 tavole nella tradizione romana, i poemi di omero sono invece “le
storie civili degli antichi costumi greci”). Tali dati filologici contribuiscono a ricostruire una lingua
mentale comune a tutte le nazioni che renda conto dell'unità profonda e della diversità di superficie
delle varie lingue. Si discute poi come linguaggi nazionali poesia e costumi si sia verificato non
solo a roma ma anche in francia, nella nazione francese, con il vescovo turpino, considerato autore
della “chanson de roland” o con pietro lombardo detto il mangiatore e la sua “teologia scolastica”
Degnità 22= viene menzionata “lingua mentale comune a tutte le nazioni” importanza del
linguaggio, attraverso il quale possiamo comprendere che la storia è davvero ideale eterna: si
formano strutture espressive che al di la delle differenze linguistiche fanno pensare che queste
nazioni abbiamo avuto una origine comune. La lingua mentale comune è anche un vocabolario
comune
Degnità 26= si introducono per la prima volta i giganti (Il grande romanzo dei giganti nel
rinascimento è gargantua e pantagruel). essi sono dei personaggi caratteristici di questa strana
scienza nuova originari della padagonia. Anche cesare e tacino avrebbero parlato nelle loro opere
dei giganti (Tacito è uno dei suoi storici preferiti e alla sua epoca i giganti erano i germani. Tacito è
autore di un’opera sulla germania sugli usi e costumi).Vico attinge alla letteratura sul nuovo mondo,
letteratura con ricadute filosofiche e teologiche fondamentali: dibattito sul nuovo mondo
ricchissimo e l’atteggiamento di vico è un atteggiamento originale anche se non viaggia e questo è
straordinario in quanto ha l’ambizione di divenire un filosofo globale, fare una filosofia
dell’universo e lo fa dalla biblioteca ed essere uno dei padri della antropologia.
Vico critica un tipo di arroganza della conoscenza, quando essa non è basata sul genere della storia
naturale: i viaggiatori che riportano tali informazioni si legano alla storia naturale, legata alla storia
della natura. Definizione di storia naturale: La storia naturale è la ricerca scientifica riguardante gli
esseri ed oggetti presenti in natura, come piante, animali e minerali, generalmente eseguita mediante
l’osservazione più che tramite esperimenti scientifici.
Per vico la storia naturale è legata all’umanità. Come possono essere allegorizzati i
giganti? .Fisicamente parlando: capacità creativa della natura che a volte in maniera mostruosa crea
cose eccessivamente grandi o ricche. Infatti dopo il diluvio universale il primo genere umano era
diviso in due spezie: i giganti e gli uomini di giusta corporatura, ossia gli ebrei laddove i primi
differiscono dai secondi per la “ferina educazione”. Significato storico, ma non EVEMERISTICO
(evemèro di messina storico ellenistico, approccio razionalizzante) quindi il gigante può essere il
resto di potenti individui riusciti a tenere insieme società e questa è la concezione che evemero
aveva applicato secondo il quale tutte le divinità sono la memoria di grandi eroi e personaggi storici
che sono stati successivamente DIVINIZZATI.
-Significato morale: gigante eroe modello da considerare come un esempio di vita oppure immorali,
se fate dei cattivi diventate dei giganti. Il significato morale deve essere un insegnamento, un
tentativo di razionalizzazione per addomesticare.
-Significato teologico: personaggi in una luce di aspirazione alla conoscenza assoluta e quindi come
delle parabole. Giganti considerati atei. I giganti per vico sono proprio questo intreccio: essi sono
smisurati ed emersi dopo una catastrofe naturale, essi sono anche giganti sulla scia della tradizione
mitografica da boccaccio in poi dove i giganti rappresentano gli atei, giganti non hanno il concetto
di dio (infatti vico li presenta come bestioni terrorizzati dai fenomeni naturali). Giganti da intendere
anche in senso biblico ma anche cronologico: esiste uno sviluppo fisico e biologico e vico crede che
i nostri avi fossero dei bestioni, dei dinosauri umani. Lo studio della storia e dell’uomo vanno di
pari passo.
DEGNITA’ 28= ci sono così giunti “rottami della storia” delle egiziache antichità (egitto una delle
sette nazioni che vico prende in considerazione) termine affascinante quello di rottame, il concetto
di rottame viene preso da bacone, il quale parla del naufragio delle culture, parla del fiume della
storia in cui le cose più importanti rimangono sul fondo del fiume. L’idea di naufragio della cultura
vico la prende probabilmente da bacone. Secondo vico esistono deli lasciti dalla storia che debbono
essere reinterpretate e restaurate termine tecnico degli umanisti “instauratio magna”.
La parola latina “instauratio” può indicare: rivoluzione, conservatore e riforma, quindi una parola
polisemica. In questo caso deve essere intesa come riforma, gli umanisti danno vita a ciò di cui si
era persa la conoscenza, una ripresa, ravvivamento. Quando vico parla di rottame secondo vico ci
sono delle vere e proprie catastrofi, fisiche o cosmologiche e quindi le civilista vanno incontro ad
un naufragio e quindi questi rottami debbono essere interpretato in una ottima di ricomprensione di
qualcosa che potrebbe tornare ad appartenerci. I rottami che provengono dall’egitto sono
importanti: la successione delle età, una storia che secondo vico procede in base a questi tre
momenti che si ripetono nelle diverse culture.
Su queste basi, Vico illustra la propria concezione della storia, che, provvidenzialisticamente,
muove dal desiderio dell’uomo di superare lo stato primitivo di caduta e di bisogno e di dirigersi
verso l’ordine divino a cui sente di appartenere. Questo sforzo, denominato da Vico “conato”, è
necessario per superare quegli impulsi primitivi che limitano l’uomo, o, per dirla con Vico,
i “bestioni insensati” che si affidano esclusivamente agli stimoli dell’istinto ferino, così che, prima
della costituzione della società, non è possibile parlare di umanità in senso proprio. Per il filosofo,
sono tre i fatti (o meglio, le istituzioni civili) che fanno uscire l’essere umano dalla condizione della
bestia: il concetto di religione, lo strumento del matrimonio, il ricorso alla sepoltura dei morti

Vico divide quindi la storia in tre differenti età, modello secolarizzante. Si parte da un momento in
cui prevale l’idea della divinità, poi l’uomo.

 l’età degli dei, in cui gli uomini, affidandosi esclusivamente ai propri sensi e alla
loro fantasia, interpretano il mondo come un gigantesco organismo di forze
incommensurabili. Così, le forze naturali diventano divinità, benefiche o punitive, di un
sistema politeista generato dalla fervida immaginazione dei primi uomini. Il potere spetta
alle divinità superiori, e il loro volere è reso noto per mezzo di auspici ed oracoli. Il
linguaggio, che qui è ai suoi albori, è il depositario di queste credenze, concretizzatesi
nei miti religiosi.
 l’età degli eroi, in cui la società inizia a stratificarsi: un gruppo si impone con la forza sugli
altri, arrogandosi quelle qualità che prima spettavano agli dei. È il tempo della virtù
aristocratica (in cui si fondono, tra le altre, valore militare, pietà, temperanza e coraggio) si
formano i governi aristocratico-oligarchici, fondati sul dominio dei pochi sui molti. In
questa fase, è la poesia epica a celebrare le gesta dei primi eroi.
 l’età degli uomini, in cui tutte le credenze precedenti ricevono un fondamento e una
spiegazione razionale e si impone il principio dell’uguaglianza degli uomini di fronte alla
legge, che è la garanzia sia delle repubbliche popolari sia delle monarchie. In quest’età, oltre
alla filosofia e al diritto naturale che assicura la convivenza civile, nascono anche le altre
discipline, come la logica, l’economia, la politica. Ai generi poetici della fase precedente si
sostituisce l’espressione in prosa, e il linguaggio stesso assume la natura di una convenzione
stabilita storicamente tra gli uomini.

il secondo rottame della civilità egiziana è la successione delle lingue, per in queste tre età si
sarebbero parlate ben tre lingue diverse: linguaggio fondamentale per la filosofia e la storia, esiste
infatti “un dizionario mentale” che accomuna le diverse culture.
-geroglifica, si comunica attraverso immagini, il tema dei geroglifici appassiona gli studiosi per
tutto il rinascimento, la cosiddetta “egiptomania” si veda LAIBNIZ, il geroglifico sembra incarnare
un nesso tra natura ed espressione
-lingua simbolica in cui prevale l’analogia, In linguistica, il principio della costanza e regolarità di
rapporti tra gli elementi linguistici: considerato alla base del loro sviluppo nell'antichità classica
dalla scuola alessandrina e poi in Roma, per es. da Cesare.
-lingua volgare/epistolare: prevale il concetto di CONVENZIONE dove le parole vengono usate
affinché gli esseri umani comunichino in maniera chiara: è il momento in cui prevalgono la prosa e
la filosofia.

NELLA ETA’ DEGLI EROI VICO SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DEL TEDESCO: Qui
ricorda la lingua tedesca: lessicalmente un prevalere della paratassi, il mettere insieme vocaboli
piuttosto che creare subordinate. Inoltre veniva percepita come una lingua giovane: si ricorda la
traduzione tedesca della bibbia di lutero, che è riuscito a creare una lingua popolare accessibile
anche ai non dotto e monto immaginosi, dove L’EVIDENTIA REGNA SOVRANA. Quindi tra le
lingue europee viene definita una lingua giovane, vico infatti chiama la lingua francese “lingua
delicata” ossia dal delicatus, cosi come delicato un certo atticismo ma quando si diventa troppo
delicati si è più esposti alle forze esterne e quindi il TEDESCO VIENE PERCEPITO COME UNA
LINGUA EROICA E QUINDI UN LABORATORIO DA STUDIARE. Interessante come vico
teorizzi questo senza conoscere le altre lingue, vico è difensore del plurilinguismo senza ben
conoscere le lingue

ASSIOMA 31 PAG.67= il mondo dei popoli cominciò dalle religioni poiché dal momento che i
popoli si infierivano con le armi, l’addove non vi erano le leggi l’unico modo per addomesticarli era
la religione. la religione è un’altra categoria della nuova scienza. Vico riorganizza in maniera
originale dei rottami della tradizione filosofica, soprattutto lucrezio, machiavelli, hobbes e
reinterpreta questo uso politico dell’immaginazione. La religione è prodotta della paura, essa si basa
su delle superstizioni, prodotto l’immaginazione e quindi per il politico è una grande risorsa, uno
dei modi per interpretare machiavelli. C’è quindi un rapporto stretto tra politica e religione che ha
come radice L’IMMAGINAZIONE COLLETTIVA, ossia quando gli esseri umani producono e
producendo danno vita ad una errata idea di divnità che incute timore: Si comincia quindi a
rimettere le cose in ordine proprio a seguito dello spavento attribuito dall’immaginata divinità. Vico
non accetta come hobbes il concetto di caso, questo è il tipo di paura che nutre hobbes, la paura che
uno possa uccidere l’altro cosi, casualmente.
Stoccata a polibio e la sua teoria dell’anakiclosis, il quale riprende idee già discusse da erodoto. Le
società umane vanno soggette ad un ciclio, politico e naturale: dipende molto dal clima e altri fattori
estrinseci. Secondo Polibio l'ordine dell'evoluzione dei sei tipi di governo è il seguente[7]:

-Monarchia: Lo Stato inizia con una forma di monarchia primitiva che progressivamente
progredisce sotto la guida di un re autorevole e saggio, che agisce nell'interesse e a difesa dei suoi
sudditi, dando vita alla virtù politica della "regalità".

-Tirannia (anche detta Tirannide): Quando il potere politico passa per successione ereditaria ai figli
del re, questi, abusando dell'autorità per loro tornaconto, fanno sì che la monarchia degeneri in
tirannide.

-Aristocrazia: Alcuni degli uomini più influenti e potenti dello Stato (i cosiddetti
ἄριστοι, trasl. àristoi) si stancheranno alla fine degli abusi dei tiranni e li rovesceranno instaurando
il regime della aristocrazia.

-Oligarchia: Proprio come è avvenuto per i successori dei re, quando il potere passerà ai discendenti
degli aristocratici, questi inizieranno ad abusare della loro influenza, come i tiranni prima di loro,
causando il declino dell'aristocrazia e l'inizio della "oligarchia". Ci sarà non più la "legge di uno"
ma l'inizio della "leggi da parte di pochi" che approfitteranno a loro vantaggio del potere.

-Democrazia: Gli oligarchi saranno quindi abbattuti dal popolo che instaurerà la democrazia,
destinata anch'essa a degenerare quando curerà con "leggi alla rinfusa" solo gli interessi delle
masse, trasformandosi in oclocrazia.

-Oclocrazia: Durante l'oclocrazia il popolo, danneggiato dal disordine politico e dalla corruzione,
svilupperà il sentimento della giustizia e sarà spinto a credere nel populismo dei demagoghi che
porteranno lo Stato al caos da cui si uscirà quando emergerà un unico, e a volte virtuoso, demagogo
che instaurerà il potere assoluto dittatoriale riportando lo Stato alla monarchia.

Secondo polibio se ci fossero filosofi non ci sarebbero le religioni, i rituali che servono per tener
buone le persone, una forma di platonismo riadattato. Vico invece rovescia: le repubbliche nascono
proprio attraverso la religione e non fosse stato cosi non ci sarebbero nemmeno i filosofi: nuova
stoccata nei confronti dei filosofi (ricordiamo stoici, epicurei). Bisogna partire dalle originarie
società patriarcali dove domina la figura del pater familias, sacerdote e capo politico, fino ad
arrivare ai filosofi. Per vico invece la spinta è verso la monarchia: l’età moderna in generale tende
alla repubblica o comunque forme oligarchiche. Secondo vico invece la monarchia è il regime
ideale, un potere organizzato e centralizzato COME CROCE.
DEGNITA’ 41= del diluvio, cataclisma. Si mostra il rapporto tra uomini e l’ambiente che circonda
gli esseri umani, anche perché la storia originaria degli esseri umani si comprende tenendo conto
dell’assettto geomorfologico. L’immagine biblica è quella del diluvio universale, quella pagana è
di deucalione e pirra protagonisti dell’operetta morale leopardiana, a cui dedica anche un capitoletto
bacone. L’immagine di vico è un modo sommerso in cui prevale l’elemento liquido in cui la terra è
intrisa di liquidi e che chiaramente produce per azione chimica FULMINI, fondamentali per vico,
IL SEGNO FISICO, PERE ECCELLENZA DELLA PAURA: torna al Diluvio e postula che dopo
di esso per un lungo periodo non vi siano stati fulmini e piogge. Quando vi furono di nuovo, i
giganti, che non conoscevano quei fenomeni naturali, si spaventarono e ne immaginarono una causa
sovrannaturale: Giove. Furono così "atterrati", cioè vinti e legati a un territorio. Ogni nazione
gentile ebbe il suo Giove, una prova che il Diluvio fu davvero universale. Allo stesso modo ogni
nazione gentile ebbe il suo Ercole, figlio di Giove. All'età degli dèi seguì quindi l'età degli eroi,
presunti semidei. Le prime favole (miti degli dèi ed eroi) dovettero contenere verità civili e perciò
essere state le storie dei primi popoli, poetiche e dai principi favolosi. In riferimento a questi testi
(dapprima orali) religiosi, poetici e giuridici, le prima comunità umane definivano se stesse,
costruendo la propria memoria.
Idea della plurigenesi: la storia non è unica, la storia dell’umanità è il risultato di intrecci e storie, in
tutte esiste il dio, il giove fulminante, esistono i giganti. Il paradigma di riferimento è quello di
darwin per l’evoluzione. Vico lo abbiamo definito un “lamarkiano” che ci aiuta a comprendere la
storia secondo vico e non “darwiniano” che si basa proprio sulla casualità mentre in lamark si
registra l’importanza dell’adattamento. Allo stesso modo secondo vico tra gli esseri viventi e cosmo
si registri un adattamento: pulsioni irrefrenabili alla sopravvivenza e quindi i primi esseri umani in
questo mondo sconvolto sono distorti fisicamente
Degnità 62 riflessione su L'opposizione che viene qui in primo piano è proprio quella tra poesia e
prosa, nell'ambito del problema del passaggio dal linguaggio visivo originario a quello verbale. In
questa sezione vico parla della poesia quale espressione primaria della conoscenza anche se poi
anche la poesia si evolve nel tempo e quindi si passa dal verso eroico, ossia l’esametro, il verso
dalla poesia epica, al metro spondaico ed infine al metro giambico, il quale si avvicina alla prosa e
viene definito “piede presto” da orazio. Vico sostiene un parallelismo tra idee, res e lingue. Quando
parliamo di linguaggio emerge proprio il rapporto tra libero arbitrio e natura, struttura già esistente
in quanto la lingua sembra proprio avere una natura anfibia: rispecchia la natura ma è anche frutto
di cambiamenti che il tempo impone. Il rapporto che vico ha con la lingua è simile al rapporto con
le leggi: esiste un elemento originario, una provvidenza ma anche un elemento cosciente, arbitrario,
basato sulla volontà degli essere umani e quindi di fronte alla tensione tra libero arbitrio e grazia di
cui abbiamo parlato.
Viene quindi introdotto il concetto di “la ragion poetica” la ragione per vico che è un concetto forte:
ed ha un fondamento teologico.La poesia è un elemento fondamentale della conoscenza umana e
all’origine è ciò che ha innescato lo sviluppo dell’umanità. Per ogni cultura esiste un omero
particolare, un momento in cui la poesia pervade una comunità.
Vengono elencate le parti della ragione poetica:
-FAVOLA: non è tanto il concetto scoperto dai romantici ma più inteso come mito. Non è tanto
quel genere di fabula legato ad esopo che tendiamo a regalare nel dominio delle favolette. La fabula
vico la considera come uno degli elementi detrascendetali della ragion poetica, è l’aspetto narrativo
del pensare umano: esseri umani che deducono, sillogizzano ma soprattutto raccontato ed i primi
racconti sono proprio i traumi iniziali dovuti alle variazioni climatiche e per gestire questo terrore
assoluto l’immaginazione ha elaborato queste storie stranissime divenuti per la tradizione
occidentale i miti greco-romani.
-COSTUME, elemento fondamentale, tradizione, accumulo di conoscenze che si trasmette nelle
varie culture attraverso il mos. Il costume ha in se la ripetizione di cose ritenute rilevanti ed è per
questo che la conoscenza nasce come poesia orale con un particolar metro che agevola il ricordo
delle cose importanti, le quali si trasmettono attraverso ricordi. Costume forma attiva di memoria.
Un esempio di costume applicato alla ragione poetica e linguaggio è Il proverbio, che spesso
releghiamo in una realtà strana. Alcuni rimangono tenacemente, altri scompaiono. Il proverbio
viene definito segno di “saggezza popolare”. Il proverbio è una massima che guida il
comportamento di una comunità, perché è sintetico. Dei proverbi non si riesce mai a fare la
traduzione letterale. Il costume si essenzializza attraverso il proverbio.Erasmo da rotterdam adagi.
Erasmo ha raccolto proverbi greco-romani, più di 4000. I proverbi sono anche capolavori di analisi
filosofica. Vico vuole che mentre si legge si riattivi la memoria, esige un lettore, un’opera
considerata un ipertesto, ogni volta c’è un link.
-il DECORO= la morale. Concetto di decenza. Nel 700 è una vera e propria categoria morale ed
estetica, una decenza non solo interiore ma anche sociale e che berk chiama “immaginazione
morale”: quellodi burk è una fatica dell’immaginazione di gestire
SENTENTIA= sensus, la percezione sensibile ma anche l’opinione. In questo senso sententia è
nella ragione poetica il significato
LOCUZIONE= linguaggio
ALLEGORIA= L'allegoria è una figura retorica per cui un concetto astratto viene espresso
attraverso un'immagine concreta. L'allegoria è spesso usata anche in altri campi artistici, dalla
pittura alla scultura alle altre arti figurative. L’allegoria non è solo una questione medievale che
deve reinterpretare la sapienza pagana, importanza dei quattro sensi allegorici che cercano di
tradurre un sapere non ben assimilabile in modi che possono divenire parte della tradizione
cristiana. Ma già nell’epoca classica i tardi platonici (porfirio) e gli stoici, grandi razionalizzatori
sembra che avessero realizzato enciclopedie allegoriche. Uno dei modi in cui la cristianità
occidentale ha assimilato la sapienza poetica dei pagani è stata attraverso l’allegoria e i 4 principali
modelli (dietro le favole degli antichi, razionalizzazioni storicistiche come evemerismo, un modo di
progredire moralmente come le fatiche di ercole o infine il significato teologico più importante nella
tradizione medievale.
-CANTO: la risposta dei bestioni agli sconvolgimenti climatici è il modo naturale di cercare di
canalizzare una angoscia altrimenti inesprimibile.
-EVIDENTIA: parola latina evidentia, dal greco “enargheia”: immediatezza visiva, quando si crea
una immagine vivida, termine tecnico della retorica. Importanza del pensiero visivo che vedremo
quando tratteremo la prima parte. Il pensiero visivo non solo filosofico e quindi con
l’immaginazione prepararci alla comprensione di concetti universali ma anche retoricamente
parlando il concetto di vividezza: creare le condizioni affinché le cose rimangano impresse
nell’immaginazione e si ricordino.
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I PRINCIPI SUL METODO, fondamenti essenziali della nuova scienza e fortemente legati agli
assiomi, 114, precedentemente elaborati. QUESTIONE DEL METODO CENTRALE NELLA
PRIMA MODERNITA’, importante questione filosofica. “stabilimento dei principi”, lunghissimo
periodo. Esempio del pensare vichiano. Vico ricorda che le degnità danno forma alle materie
apparecchiate sulla Tavola Cronologica. Invita pertanto il lettore a prenderle come criterio per
valutare quanto scritto sul mondo pagano: risulta così evidente da una parte la solidità e validità
scientifica delle degnità, e dall'altra la confusa disorganicità e inefficacia conoscitiva di quegli
scritti, le cui carenze filologiche e filosofiche sono messe in parallelo alla boria delle nazioni e dei
dotti. Ma se l'erudizione libresca non getta luce sulla protostoria, essa non è comunque destinata a
rimanere per sempre oscura: "in quella notte di tenebre, appare il lume eterno della verità: il mondo
civile è fatto dagli uomini, per cui se ne possono trovare i principi nelle modificazioni della mente
umana". Il passo è interpretato come applicazione al mondo della storia del principio del verum
ipsum factum, formulato nel De Antiquissima come criterio di verità alternativo al cogito cartesiano
("io sono una cosa pensante") e che ritroviamo anche nel de nostri temporis.
Nella parte letta del de nostri tempore ratione il modello di scienza che dimostrava questa
convertibilità della verità con il fare era la geometria. Esiste infatti tutta una tradizione platonica che
raggiunge il culmine con procolo del v secolo dove la geometria rivela agli esseri umani la capacità
di poter creare qualcosa dall’immaginazione pensate degli esseri umani, un qualcosa che costruito
dalle menti è vera e incontrovertibile. Quindi il demiurgo platonico plasma in mondo, ma c’è un uso
diverso dell’uso del modello geometrico in procolo rispetto a quello di vico La differenza con
procolo, anche perché vico concepisce la storia come l’insieme delle cose che gli uomini fanno,
scientificamente e storicamente, artisticamente e narrativamente è diversa dalla geometria.
Differenza: platone guarda l’uomo come deve essere mentre vico l’uomo come è, vico parla della
feccia di uomo. Per platone e i platonici le figure ed i modelli geometrici non si possono creare ma
preesistono al demiurgo, per platone esiste il dominio dell’eternamente esistente e la geometria è la
prova di questo. Invece vico vede la geometria che scardina il modello cartesiano stimolando la
visività insieme all’argomentazione e quindi in questa notte succede un miracolo, gli esseri umani si
mettono insieme per formare la società, la più grande forma di geometria esistente laddove le leggi,
gli usi e costumi diventano il nuovo modello, non lo spirito geometrico.
Per Vico la verità indubitabile è la consapevolezza del concreto operare degli uomini nella storia.
La mente dell'uomo è soggetta a modificazioni, si evolve, ha una storia, e in tali modificazioni
vanno trovati i principi del mondo civile. Insomma, la conoscenza della storia della propria mente
fornisce a chi studia la storia del mondo civile una sorta di schema formale: possiamo comprendere
i primitivi perchè prima di essere adulti siamo stati bambini. Se del mondo naturale puo' avere piena
scienza solo Dio, che l'ha creato, del mondo civile ne possono conseguire la scienza gli uomini,
perchè fatto da loro. Vico sottolinea che "gli uomini provarono a conseguire la scienza del primo e
trascurarono di meditare sul secondo, poichè la mente è incline per natura a sentire le cose del corpo
e deve usare troppa fatica per intendere se medesima."
“osserviamo tutte l nazioni” attraverso i tre principi, vico cerca di spiegare come si formano le
società è un problema anche attuale, il mistero del perché si mettano insieme non si risolve
filosoficamente: prima di vico erano molte le teorie: hobbes, spinoza, i giuristi in germania, mentre
vico sostiene che tale capacità dell’uomo del creare la società è intrinseca all’uomo: non perché
l’uomo sia un animale sociale (aristotele) o perché mosso dall’appetitus societatis (grozio) ma
perché è nell’essere stesso creativo dell’uomo creare leggi, grande forma di produttività e creatività.
Infatti dall’idea che la storia sia ciò che l’essere umano conosce e quindi regola, tre umani costumi=
religione, matrimoni, sepolture (aspetti strutturali dell’essere umano, che non deve essere
considerato singolarmente in quanto altrimenti tende al delirio con le proiezioni mentre ha una
natura sociale)
Ci sono delle uniformità strutturali nel modo in cui l’essere umano pensa e da queste tre cose
debbono essere mantenute affinché l’uomo non si infierisca, non si inselvatichisca, forte richiamo
all’immagine dantesca.
Il punto esclamativo finale è sarcasmo, è ironico, questo è il lascito dei filosofi, questi tomi sono
inutili, è vico che deve fare una nuova scienza, prima non è stata fatta. Viene fatta una stoccata ai
filosofi e filologi, “pensate voi come siamo ridotti”. Come facciamo a capire quello che passava
nella testa di questi giganti? Un po' come gli studi di oggi sull’uomo di neandertal attraverso
combinazioni di archeologia e scienza. Dobbiamo quindi un po' imbestiarci per capire quello che
avveniva. Lo spaventoso pensiero sembra l’unica soluzione, una forma quasi circolare, si dovevano
traumatizzare altrimenti erano immanitas (immanes, immanitas, (che significa gigantesco, enorme,
ma anche mostruosità, rozzezza, barbaria, ferocia) esiste il dialogo di pontano intitolato “de
immanitate” sulla bestialità umana, crudeltà) quindi completamente inferocite. L’NIZIO DI UN
POSSIBILE ORDINE E’ LO SCOCCARE DELLA IMMAGIZIONE TERRIFICATA CHE
CORRISPONDE ALLO SCOCCARE DEL FULMINE DI ZEUS. Secondo hobbes, la società è
calcolo, l’uomo si unisce per evitare che ci si uccida a vicenda però vi è una a storicità della
ragione, ragione abilità del calcolo che fa si che queste creature originarie passino all’ordine. Per
vico non è così, ma un auto-terrificarsi dell’immaginazione (L’essere umano deriva da questi
giganti hanno un pensiero bestiale “pensare da bestie” ESSERE UMANO HA UNA ORIGINE
ANIMALE): i giganti hanno una immaginazione pura, infatti noi non riusciamo a capire i giganti
proprio per questo. I giganti sono talmente colti dall’immaginazione che non arrivano al calcolo
hobbsiano, dobbiamo scendere dalle nostre umane ingentilite nature e riscoprire queste creature
affatto, DEL TUTTO. A questi enti che sono pura immaginazione per noi è difficile comprenderli
perché la nostra immaginazione è cartesianizzata ma anche addomesticata dalla retorica, la quale è
la disciplina che disciplina le pulsioni dell’immaginazione. Importanza della provvidenza,
dobbiamo partire dalla cognizione di dio affinchè l’immaginazione feroce che si spaventa da sola è
parte del piano divino. L’uomo caduto nella disperazione desidera una cosa superiore che lo
salvasse. SALVEZZA= DA SALUS, che significa salute, sicurezza, sopravvivenza e quindi si
comprende come la salvezza non sia solo teologico ma una sopravvivenza primordiale,
RIMANERE VIVI. Caduta sinonimo di disperazione.
-IMMANE IMMAGINAZIONE pensando a cosa sia l’immaginazione in vico essa può essere
associata all’immanitas, la quale non è solo una vastità fisica ma soprattutto una vastità morale nel
senso delle pulsioni e del controllo delle emozioni. Inoltre immanitas significa anche disumano, le
barbarie umane, tutte quelle forme di comportamento scrive pontano che gli animali non conoscono
il quale è in grado di manifestare la virtù ma anche di dare vita ai comportamenti più assurdi
L’immaginazione e l’immanitas sono molto vicine. Immaginazione collettiva, non
dell’introspezione interore ma qualcosa di immane che pervade la mente ed il corpo, legata
-PENSIERO SPAVENTOSO, in cui spavento in vico è inteso come terrore, orrore, il panico totale
spaventi che fanno venire i capelli bianchi. Molto simile all’angoscia in kirkegord anche se con vico
dobbiamo fare uno sforzo ulteriore e sforzarsi di capire cosa fosse questa immaginazione
primordiale quando ancora non esisteva l’autocoscienza riflessiva tipica della mente addottrinata.
-CADUTA E CADUTE, non è un punto solamente teologico ma proprio una caduta esistenziale.
Nel primo paragrafo del metodo vico parlava dei “gittati nel mondo”, esseri giganteschi che si
trovano in una situazione di mancanza di controllo.
Il processo di evoluzione secondo vico è costantemente esposto alla ricaduta, al declino tantochè un
modo per capire come sono andate le cose nel passato è prendere in mano e comprendere i “rottami
della storia”, ossia i resti di qualcosa che è successo e far luce sul passato. La ciclicità e l’idea dello
sviluppo storico era espressa da diversi pensatori, egli è amante della storia romana e molti studiosi
guardavano come si fossero svolte le vicende dalla repubblica all’impero proprio sulla base della
gloria e della decadenza (the rise and fall of roman empire, uno dei classici dell’illuminismo, 1776)
-IL CONATO, dal latino conatus, parola che compare negli scritti giovanili di vico sulla sapientia
italorum. Il conato è un concetto chiave nella prima modernità, usato da tanti autori soprattutto nel
rinascimento e poi centrali in hobbes e spinoza (conatus esse conservandi, una spinta a conservare
se stessi, è istinto alla conservazione) o grozio che parla del conato come un appetitus societatis,
tendenza a forndare le comunità. Entrambi sono autori che togliere dal concetto di conato tutto
quello che è vitalistico, in quanto è una nozione che deriva soprattutto dal pensiero storico, la parola
greca è hormè, ossia SFORZO. Sono i latini stoicizzanti come latino e seneca compiono questa
latinizzazione dell’hormè in conatus. Il conatus deve essere convigliato in ragione.
-CONFINI DELL’UMANA RAGIONE, ci sono dei limiti chiari perché esiste la ragione divina che
non nega mai. Il senno di poi per lo storico è fondamentale in quanto interpretiamo la realtà dal
presente e godendo pertanto di un enorme privilegio, ma nello stesso tempo una maledizione perché
lo storico quando interpreta la storia deve continuamente negoziare il proprio presente con il passato
che sta studiando.
Secondo il fondatore della Scienza Nuova, l’uomo poteva infatti conoscere scientificamente solo la
storia perché gli esseri umani – a differenza del mondo naturale del quale può avere piena
conoscenza solamente Dio che l'ha creato – erano i creatori e quindi i protagonisti della storia. Il
principio vichiano del “verum et factum conventuntur”, il quale attesta come la verità e la fattualità
si compenetrino a vicenda – tra l’altro già espresso all’inizio del 500 da Thomas Hobbes con il suo
“Scire per causas” – è molto complesso e si evolve nel corso della produzione vichiana: pensando
ad una ipotetica storia delle idee capiamo come l’uomo sia dotato di un livello di produttività, il
“fare” (poiesis, forma originaria di canalizzazione del flusso vitale originario) e attraverso la
conoscenza produce qualcosa in senso forte da intendere proprio come le leggi e la storia stessa.
Al mondo della storia possiamo quindi applicare il principio del “verum ipsum factum”, formulato
già nel De Antiquissima Italorum Sapientia del 1710 come criterio di verità alternativo al cogito
cartesiano: per Vico la verità indubitabile è la consapevolezza del concreto operare degli uomini
nella storia. Alla luce di questo, è significativo a mio avviso poter definire Vico il primo grande
“filosofo della storia”, poiché sostiene come l’ordine dell’universo ed i comportamenti
dell’individuo siano condizionati dal flusso della storia stessa. Ad ogni modo, l’uomo può
comunque ricreare quello che è la storia, riattivandola attraverso la “narrazione”, la quale è una
ulteriore forma della poiesis manifestata non dai filosofi, ma dai poeti.
Proprio in difesa della storia, il Vico conduce un’aspra polemica contro gli stoici e gli epicurei in
quanto i primi tendono ad un ripudio dei sensi e delle passioni mentre i secondi fanno del senso una
regola: entrambe sono pertanto definite filosofie monastiche e della solitudine. Esse si
contrappongono alle teorizzazioni del Vico, il quale ricordava già nel primo assioma – quello
dell’antropocentrismo – come non si potesse costruire una filosofia basata su un uomo che fa di sè
regola dell’universo: la possibilità dell’autoinganno è insita nell’animo dell’uomo, il quale quando
immagina può essere illuminato o meno dalla ragione e quindi per via della sua mente tende a
distorcere la realtà, diventando ossessivo.
La storia vichiana dovrà quindi indagare le cause e rinvenire le leggi provvidenziali a cui
obbediscono gli eventi storici. Con le successive letture idealistiche ma soprattutto con la lettura
della storia proposta dal Croce nella sua opera intitolata “Filosofia e Storiografia” emerge una
differente concezione di storia universale, una storia che appare finalistica, naturalistica e
deterministica, dominata dalla casualità degli eventi, nonostante riprenda dalle riflessioni vichiane il
fatto che “lo spirito umano non può conoscere se non ciò che egli stesso ha fatto” – ovvero il
principio della conoscibilità della storia umana, perché fatta dagli stessi uomini.
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SAPIENTIA POETICA, alla quale è dedicata il secondo libro. Nel breve cap. I descrive la sapienza
come "la facoltà che comanda tutte le discipline" e che deve perfezionare l'umanità dell'uomo, che è
intelletto e volontà. "La vera sapienza deve insegnare la cognizione delle cose divine per condurre
al sommo bene". Per lui la sapienza tra i gentili iniziò dalla musa: la nozione greca di mousikè
abbraccia il complesso delle arti liberali e in un significato più stretto la musica e il canto, che
hanno il primato. Ma Vico insiste sul carattere divino della musa: di tal sapienza furono sapienti i
poeti teologi, "che fondarono l'umanità della Grecia". È lì che inizia la storia della sapienza e Vico
la ricostruisce a partire dalla sapienza poetica, passando per la sapienza filosofica e arrivando infine
alla sapienza teologica, qui nel senso di teologia rivelata. Vico distingue tre specie di teologie:
poetica (dei poeti teologi e teologia civile delle nazioni), naturale (dei metafisici) e cristiana. Ed è
alla luce di quest'ultima e alla provvidenza divina che Vico ricostruisce la prima fase della teologia
(e sapienza) poetica
Ci sono diversi tipi di sapienza e una di queste è quella poetica, ESPRESSIONE DI UNA
TEOLOGIA CIVILE E RAGIONATA (studio degli inizi della civiltà umana) legata al sorgere del
senso religioso: immaginazione talmente atterrita da eventi cosmologici da elaborare un senso del
divino.
CAPITOLO 3= i primi uomini orribili bestioni, che vengono distinti da un tipo di giganti che hanno
ceduto, li chiama “i giganti nobili” che hanno fatto si che si presentasse una distinzione nobili e
plebi: importanza della storia letta alla luce della storia romana laddove il passaggio dalla
repubblica all’impero viene vista come un venir meno della distinzione in classi sociali, una società
più egalitaria. Quindi nel capitolo III racconta del diluvio universale e dei giganti. Dopo il Diluvio
molti rinunciarono alla vera religione di Noè, dissolsero i matrimoni e si dispersero lungo la Terra
in uno stato bestiale per scampare dagli altri animali e inseguire le donne. I figli, abbandonati dalle
loro madri, crebbero senza apprendere i costumi umani e finirono anche loro in uno stato bestiale.
Tale degenerazione riguarda anche i corpi, deformi e giganteschi a causa di una sorta di
autoconcimazione e relativo sforzo fisico. Infatti le madri dovettero solo allattare i bambini, per poi
lasciarli rotolare nudi nei loro escrementi e abbandonarli per sempre. Rotolandosi, si
autoconcimavano e la dilatazione dei muscoli faceva meglio assimilare le sostanze fertilizzanti (sali
nitri), e così si ingrandirono le carni e le ossa. Della corporatura gigantesca di questi uomini-
bestioni Vico porta come prove il confronto con popolazioni selvagge di cui ha testimonianze
(antichi Germani e abitanti della Patagonia), nonchè una prova paleontologica: le ossa e i teschi
giganti rivenuti sopra i monti (dove l'acqua, dopo il Diluvio, si ritirò prima). Altre prove sono tratte
dalla storia delle lingue. Termini come aborigeni, autoctoni, indigeni denotano i giganti come "figli
della Terra".
“stupidi insensati ed orribili bestioni”, gli esseri umani si spaventano con le loro mani. Questi
mostri “stupidi” da stupor, la meraviglia non del bamboleggiamento ma la meraviglia che ci
paralizza, un completo stato di confusione mentale, INSENSATI, CHE MANCANO DI SENNO,
IN BALIA DI QUELLO CHE ACCADE E INCAPACI DI INTENDERE E VOLERE. ORRIBILI,
DA orror, qualcosa di più forte di terrificante. E quindi che cosa fanno? FINGONO. Fingere
significa creare, non ha elemento di fantasia e fantasticare, ossia produrre poeticamente in uno stato
di terrore. In vico c’è un empirismo, la mente caratterizza l’essere umano, mente che deriva dai
sensi. Gli uomini creavano la realtà spinti da questo stato di allucinazione e terrore costante. La
poesia originaria è proprio un animare la realtà, significato di poiesis
POESIA, CHE DERIVA DA QUELLA “fantasia corpolentissima”, QUINDI PURA FANTASIA,
ORIGINARIA FORZA DELL’IMMAGINAZIONE SIAMO NEL DOMINIO
DELL’IMMAGINAZIONE, IMMAGINANDO LA REALTA’ SI CREA. Vico, che dedica alla
poesia la 37° degnità o assioma, la definisce come quella facoltà che “deve dare senso e passione
alle cose insensate", ossia è quello che fanno i fanciulli quando parlano con le cose inanimate come
fossero vive. Lo stesso fecero gli uomini del mondo fanciullo, "sublimi poeti per natura". Pertanto,
mito e poesia nascono entrambi dalla fantasia e costituiscono le prime forme, della comunicazione e
della conoscenza, del tutto spontanee e naturali che si esprimono mediante un linguaggio povero di
parole, fatto soprattutto di gestualità, ricco di pathos e quasi del tutto privo di ragione.
Una parola per indicare questo atto primordiale dell’immaginazione è MATERIALIZZARE LE
COSE, PRODUCONO “TUTTO E’ PIENO DI GIOVE, QUINDI DI VITA E CONOSCENZA”.
Giove non fu piu alto della cima dei monti: non si andava al di la di quello che si vedeva, quindi
non come platone o virgilio: essi creano la realtà creandola a loro immagine, gli uomini non
parlano, ANCHE perché IL GEROGLIFICO è UN PRODOTTO SUCCESSIVO, giove comandasse
per cenni. nella degnità 57 troviamo in assioma troviamo cosa si intende per cenni e muti: le
persone mute si spiegano per atti, attraverso la corporeità. A questo linguaggio naturale fa seguito la
locuzione poetica, che nasce dopo tutti questi travagli linguistici. La natura stessa diviene
linguaggio, non c’è distinzione tra linguaggio dell’uomo e dio.
Tre sono i compiti della poesia: "ritrovare favole, INTESI COME MITI sublimi (SUBLIME NON
ROMANTICO MA TERRIFICANTE)comprensibili al popolo, perturbare all'eccesso e insegnare a
operare virtuosamente"
-perturbazione all’eccesso, intenso interiormente, deve essere una attività in grado di incutere
timori a se stessi e non derivi dall’esterno
-deve insegnare al volgo ad operare virtuosamente, quasi un elemento didattico.
La prima e più grande favola divina è quella di Giove, descritta con tre aggettivi che esprimono i tre
compiti: popolare, perturbante e insegnativa. La "favola divina" di Giove è l'espressione
fondamentale della metafisica poetica. Disseccatasi la terra dopo il Diluvio, il cielo tornò a tuonare
con fulmini, e alcuni giganti spaventati alzarono gli occhi al cielo, trauma originario
dell’immaginazione terrorizzata, scorgendoci i segni divini di Giove. Più in generale, tutta la natura
è popolata di divinità nell'esperienza animistica e antropomorfica dei primitivi. Ma per noi uomini
civilizzati e iper-razionali è impossibile calarci nella loro vasta immaginazione. La nostra mente è
troppo lontana dai sensi, mentre quella dei primitivi erano "immerse nei sensi, soffocate dalle
passioni e seppellite nei corpi".
In quanto come tornare all’immaginazione totalizzante se non come archeologi che cercano di
vedere quello che accadeva migliaia di anni fa recuperando i rottami, rottami dell’immaginazione,
immaginando un inconscio collettivo. Bisogna quindi risalire agli inizi della poesia, dopo la quale
viene la filosofia. La poesia che abbaiamo oggi è una razionalizzazione collettiva dell’originaria
immaginazione. È difficile immaginare questo. L’immaginazione come produttività sconfinata fa si
che non ci sia una distinzione tra mente e realtà esterna e quindi la natura viene considerata una
mente, la mente è tutto “un vasto corpo animato”. Perché non capiamo l’immaginazione? È
difficile rappresentare il mondo con lo scoccare dei primi fulmini, siamo troppo spiritualezzati, la
nostra formazione è troppo matematizzanti, quello che importa è contare, ragionare. La nostra
mente è quindi divenuta astratta. Oggi siamo ad un livello iper di astrazione con i sensi. La nostra
mente è assottigliata dall’atto dello scrivere e comprende come gli inizi della civiltà umana è orale e
la scrittura è una tecnologia, invenzione, che ci allontana dalle cose.
“vasta immagine di cotal donna”, ci fa capire il problema del vico. Vastus gigantesco, simile a
immane. Non riusciamo mai a recuperare questa immaginazione sconfinata.
Cotal donna= personificazione la natura tradizionalmente quando il concetto è femminile. Studi di
genere (non con il sesso, ma studi di genere come grammatica) donna intesa proprio
grammaticalmente, natura è di genere femminile. Il linguaggio spiritualizzato dei contemporanei è
un linguaggio in cui domina la personificazione mentre i giganti con il fulmine lo indentificano
subito con giove. La metafora con vico nasce quando la mente inizia ad organizzarsi Ed il culmine
della metafora è quando si cerca di rappresentare l’astrattezza con concretezza, tipiche della
RETORICA OCCIDENTALE. LA PERSONIFICAZIONE E’ IL CULMINE DELLA
ASTRAZIONE
Ma data la solidarietà di essere e linguaggio, la metafisica è anche una logica: un'esperienza del
linguaggio. Infatti credettero che i segni (fulmini, tuoni) fossero parole di Giove, e la natura la sua
lingua da interpretare con la divinazione. Il presunto linguaggio divino appare quindi una proiezione
antropomorfica del linguaggio umano primitivo; e il primo linguaggio umano può essere visto come
imitazione del linguaggio divino e risposta a esso. Giove meritò nel mondo arcaico gli epiteti di
ottimo, massimo, salvatore (non uccideva col fulmine) e fermatore (rese stanziali i giganti). Giove è
un carattere divino, il primo universale fantastico, che incarna tutto ciò che ha a che fare con la
religione. Le nazioni gentili cominciarono la sapienza poetica da questa poetica metafisica di
contemplare Dio secondo l'attributo della provvidenza.
Il capitolo si conclude con un'altra ripresa della nozione di poetica tradizionale. Aristotele nella
Poetica dice che in poesia è da preferirsi l'impossibile credibile al possibile non credibile. Vico fa
proprio dell'impossibile credibile l'oggetto della poesia. Ma soprattutto intende la poesia come
mitopoiesi dei tempi primitivi: così l'impossibile credibile aristotelico diventa il frutto della
creatività della mentalità primitiva. Se il primo universale fantastico, Giove, è la provvidenza divina
poeticamente intuita, l'impossibile credibile ne è un aspetto fondamentale, cioè l'onnipotenza
anch'essa poeticamente intuita. Il meraviglioso in poesia esprime infatti un senso nascosto che i
popoli hanno dell'onnipotenza di Dio. Il riferimento ad Aristotele è l'occasione per criticare l'intera
poetica tradizionale. Contro tutta la boriosa tradizione, per Vico ìla poesia nasce sublime perchè
connessa all'ignoranza primitiva. La loro fu sapienza volgare di legislatori che fondarono il genere
umano, non riposta. Compito della Scienza Nuova è rimuovere come inopportuni tutti i significati
mistici dati dai dotti ai miti greci e geroglifici egizi, e riscoprirne gli originari significati storici. Il
loro carattere storico va inteso non solo come registrazione di fatti, ma più radicalmente come
attribuzione a essi di un significato e come produzione di un mondo culturale e umano. Vico
conclude la sezione riproponendo gli aspetti principali della sua scienza, perlopiù menzionati alla
fine del libro I.
Universale fantastico= nozioni centrale del filosofare vichiano, non è un’astrazione ma una
universalità poietica, come universale è stato il diluvio cosi la capacità di rappresentare il terrore da
parte delle bande più o meno civilizzate. Il nesso di poesia, incentrato musa, ispiraizone divina
originaria e legata alla divinazione, a sua volta legata a oracolo
Tal generazione della poesia= attività iniziale messo in relazione all’impossibile credibile: menti di
giganti hanno pensato di dare vita ai corpi morti. Impossibilità è dire che i corpi siano menti eppure
riprendendo l’idea aristotelica l’impossibile è credibile. 107: l’arte riguarda l’impossibile credibile e
non il possibile incredibile, bisogna quindi preferire impossibilità verosimili a Possibilità
implausibili: si possono creare storie che debbono essere impossibili verosimili mentre la possibilità
implausibile fa paura. Aristotele è il primo esempio di critica letteraria. IMPOSSIIBLITA’ CHE
SUSCITI LA CREDENZA MA UNA BANALE POSSIIBLITA’ CHE NON FUNZIONA E PER
VICO QUESTO APPUNTO DI ARISTOTELE SERVE PER CAPIRE LE ORIGINI DELLA
PRODUZIONE DELLA STORIAE questo è perfetto per vico perché la produzione poetica dell’a
prima umanità è all’insegna dell’impossibile credibile, LE MENTI PRODUCONO COSE E LA
TENSIONE
Secondo Vico Omero rappresenta la poesia dell’età eroica
della Grecia, cioè di quel tempo in cui l’umanità,
osservando il mondo con stupore e meraviglia, non può
rappresentarselo con concetti, perché non possiede
ancora sviluppata la ragione, e perciò, sotto la spinta della
fantasia, se lo raffigura con immagini suggestive, cariche di
sentimento e di passione.

Di conseguenza Vico rifiuta la tendenza intellettualistica del


suo tempo, che considera Omero antico sapiente e saggio
filosofo, educatore dei suoi rozzi contemporanei. Infatti i
suoi eroi non rivelano alcun equilibrio interiore ma
piuttosto fervore di passioni e di violenze, crudezza di
animo, ostinatezza di carattere: la lite fra Agamennone ed
Achille, che si legge all’inizio dell’Iliade, le aspre battaglie e
le stragi sanguinose, gli stessi atti di generosità compiuti
con slancio appassionato che si trovano nei due poemi,
presentano una prospettiva e palesano un’impronta che
mal si addicono ad un autore ritenuto maestro di riposta
sapienza, quale la tradizione ha consacrato Omero.
Anche nel linguaggio, del resto, manca qualsiasi formula
filosofica e non si nota la minima ombra di riflessione
razionale, ma esso abbonda, invece, di immagini, di
similitudini, di paragoni- forme, queste, proprie della
poesia-.

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