Sei sulla pagina 1di 4

Carlo Rovelli, Helgoland, Adelphi, Milano 2020, pp.

227, € 15
Draft 1

Nel 1932, quando le grandi rivoluzioni della fisica contemporanea erano oramai compiute, uno dei padri della
meccanica quantistica, Max Planck, così annotava: «la prima e la più importante qualità di ogni modo di
pensare, che voglia dirsi scientifico, deve essere la netta distinzione tra l’oggetto esterno dell’osservazione e
la natura soggettiva dell’osservatore». Questa separazione drastica, tra la cosa osservata e l’osservatore,
sembrava in effetti del tutto scontata, anche quando si avesse a che fare con enti fisici che sfuggono alla
percezione diretta degli esseri umani. Nel 1896, il fisico britannico Joseph John Thomson aveva stimato ad
esempio la carica e la massa dei “corpuscoli” che – già da allora – si immaginava formassero i “raggi catodici”;
Thomson mostrò che il rapporto carica/massa di questi “corpuscoli” era del tutto indipendente dal materiale
emittente: era, insomma, una “costante della natura”. Il valore della carica dell’elettrone fu misurato poi nel
1909; e, con ciò, venne anche determinato quello della massa: sembrava ovvio che si trattasse di proprietà
intrinseche di quei “corpuscoli”, indipendenti dal fatto che fossero misurate a Cambridge o a Parigi, da Tizio
o Sempronio.
Ovviamente, il valore delle grandezze fisiche è sempre una relazione: è il valore che quelle grandezze
assumono rispetto a un campione, scelto convenzionalmente come unità. Però, nell’impostazione della fisica
classica, resta ferma l’attribuzione di quei valori agli oggetti “lì fuori”, come intrinseche e specifiche proprietà.
Chi sperimenta dovrebbe anzi fare in modo di non “disturbare” con le sue operazioni tutto quello che sta
cercando di misurare.
Ma cosa è mai un oggetto fisico? È un ente-individuo, che ha un posto nel mondo perché esiste, perché è fatto
in quella maniera? Oppure, un oggetto è soltanto una cosa per noi, perché noi lo vediamo, possiamo toccarlo,
misurarlo, spostarlo, confrontarlo con altre cose? Questo enigma ontologico sulla natura delle cose – sulla
loro identità, sulle loro proprietà e relazioni – ha un’origine antica. Per fissare un paletto, ci si può riferire
alla Categorie aristoteliche, cioè ai testi in cui lo Stagirita cercava di fissare i “predicamenti” necessari e
sufficienti, perché si diano enti individuali. Malgrado questi “predicamenti” abbiano subito trasformazioni e
rivolgimenti nel corso dei secoli, se ne trova ancora qualche traccia nella logica contemporanea, che distingue
i suoi termini in nomi, predicati e relazioni: questa distinzione tra i termini dei linguaggi formali ha proprio
a che fare con l’esigenza di denotare le cose di cui si sta parlando. E, in linea di massima, è considerata
irriducibile (ovvero, come si dice, “primitiva”), malgrado non siano mancati – nel pensiero a noi più coevo –
tentativi di interpretare le relazioni come proprietà di proprietà, e di ridurre tutti gli enti (o, meglio, l’impegno
ontologico circa l’esistenza di qualcosa) a mere liste di predicazioni. Recenti studi di psicologia dello sviluppo
hanno del resto mostrato che il riconoscimento degli oggetti (ovvero la loro separazione / identificazione,
rispetto al contesto) potrebbe essere una capacità cognitiva specifica e innata: un tratto adattativo, basato su
principi di coesione spazio-temporale (gli oggetti si muovono nel loro insieme, coesi e limitati), continuità
(gli oggetti si muovono lungo percorsi collegati, senza spazi o interruzioni) e contatto (gli oggetti non
interagiscono a distanza). Abilità di questo tipo conferiscono ai bambini umani (e anche ad altri animali) la
capacità di riconoscere le superfici esterne dei corpi, di rappresentarne la forma e di fare previsioni sul loro
comportamento; di qui, la tendenza spontanea a segmentare il mondo in oggetti diversi, con specifiche
proprietà, tipica della nostra “fisica ingenua”.
Però, fin dalle prime battute della meccanica quantistica qualcuno iniziò a dissentire con la tradizione
classica, che distingue gli individui (in quanto tali) dalle loro proprietà e dalle loro relazioni. Di più, si andava
rafforzando l’idea che la fisica non descriva affatto la realtà, ma il modo con il quale noi percepiamo e
descriviamo la realtà. Così osservava per esempio Niels Bohr: «Incontriamo sotto una nuova luce la vecchia
verità secondo la quale nella nostra descrizione della natura lo scopo non è quello di svelare la vera essenza
dei fenomeni, ma solo di rintracciare, per quanto possibile, le relazioni tra i molteplici aspetti della nostra
esperienza». Risuona in qualche modo l’idea secondo la quale «Esse è Percipi, e non è possibile che le cose
abbiano esistenza, al di fuori delle menti o delle cose pensanti che le percepiscono» [George Berkeley, Of the

1 Pubblicato, in versione ridotta, su Alias, 13 dicembre 2020, p. 4 [titolo aggiunto dalla redazione].
Principles of Humane Knowledge, # 3]. Oppure, in subordine, l’idea che le nostre teorie non rappresentino
il mondo, ma la conoscenza che abbiamo del mondo, le nostre relazioni col mondo. Si tratta, in verità, di
espressioni ambigue: ogni teoria è sempre un costrutto, una congettura sulla realtà, espressa nel linguaggio
(più o meno tecnico) degli esseri umani; una teoria è sempre un punto di vista sulla realtà, espresso e
condiviso da certi individui, contestato da altri, in un certo frangente della cultura umana. Quindi, il fatto che
una teoria non sia una mappa oggettiva del mondo, ma esprima uno sguardo (umano) sul mondo, è in un
certo senso scontato. Però, a meno di non costruirla intenzionalmente come una meta-teoria (cioè: come una
teoria che riguardi programmaticamente il modo con il quale noi osserviamo e descriviamo il reale, cioè le
nostre stesse percezioni e teorie), una teoria scientifica si occupa in genere delle proprietà e delle relazioni
che sussistono tra gli oggetti della teoria, non di quelle che sussistono tra lei stessa (quella particolare teoria,
compresi i suoi ideatori) e i suoi particolari oggetti teorici.
Da venticinque anni almeno – sulla scia di Bohr, di Heisenberg e di altri giganti della fisica del Novecento –
Carlo Rovelli va proponendo invece una particolare interpretazione “relazionale” della meccanica quantistica,
che – secondo Rovelli – «dovrebbe essere intesa come un resoconto del modo in cui i sistemi fisici distinti si
influenzano a vicenda quando interagiscono – e non del modo in cui i sistemi fisici "sono"». Anche un
“osservatore”, in questo quadro, è un sistema fisico che interagisce col fenomeno osservato. Come corollario
di questa interpretazione, potrebbe darsi il caso che due osservatori forniscano «due distinte descrizioni,
entrambe corrette, della stessa sequenza di eventi» [corsivi miei]. Di più: il resoconto offerto dalla meccanica
quantistica esaurirebbe secondo Rovelli «tutto ciò che si può dire sul mondo fisico. Il mondo fisico deve essere
descritto come una rete di componenti interagenti, dove non c'è significato alcuno per termini quali “lo stato
di un sistema isolato”. Lo stato di un sistema fisico è la rete delle relazioni che intrattiene con i sistemi
circostanti. La struttura fisica del mondo si identifica con questa rete di relazioni».
Un sostegno significativo a questo modo di porre le cose – sul piano filosofico – è stato fornito in anni recenti
da due studiosi italiani – Mauro Dorato e Federico Laudisa – che ne hanno approfondito le implicazioni. Più
di recente, Rovelli ha pubblicato un bel libro di carattere divulgativo, particolarmente agile nella lettura, che
espone e difende il suo punto di vista, con estrema chiarezza, garbo e passione.
Le recensioni e i commenti pubblicati finora (su quotidiani, riviste e perfino in televisione, a Che tempo che
fa) hanno mantenuto in genere un atteggiamento reverenziale, a tratti perplesso e stupito: com’è giusto che
sia, di fronte a questioni complesse, sollevate da un grande maestro della fisica teorica contemporanea. Per
l’affetto e la stima che si deve all’autore, è opportuno mettere piuttosto in luce qualche problema.
Può darsi, in effetti, che le nostre teorie scientifiche più raffinate ci costringano a concludere che il resoconto
di una nostra particolare esperienza, e quello di un’altra persona (che ci osservi, mentre facciamo quella
particolare esperienza) possano non coincidere. Si tratta a dire il vero di un vecchio problema della meccanica
quantistica, legato in qualche modo all’esito paradossale di un esperimento mentale proposto da Eugene
Wigner nel 1961; un problema che Rovelli – se abbiamo capito – è portato a giudicare un male minore,
rispetto agli intricatissimi “enigmi” che sorgono e rimangono in piedi, in tutte le altre interpretazioni della
meccanica quantistica. Però, si tratta di qualcosa che è davvero duro da digerire. Del resto, per quanto attiene
alla presunta difficoltà di assumere l’esistenza e la determinatezza (indipendenti dall'osservatore) di certi
enti, processi o stati fisici (inaccessibili all’osservazione), ci sono intere branche della fisica contemporanea
che lavorano su assunti del genere; magari, si può non essere convinti di queste linee di ricerca (così come
accade a Rovelli, per esempio, nei confronti della “teoria delle stringhe”), ma nessuno negherà che si tratti –
a volte – di straordinarie imprese intellettuali. Qualcosa del genere, circa l’indipendenza dei fatti dagli
osservatori, vale anche per fenomeni ancora non perfettamente compresi, come le “correlazioni a distanza”
dei sistemi quantistici, e per la possibilità di considerare effettive (cioè, appunto, indipendenti
dall’osservatore) le proprietà dei sotto-sistemi che si “correlano” in tale modo. Del resto, qualcuno ha
sollevato il sospetto che la possibilità di arrivare a una “coesistenza pacifica” tra la meccanica quantistica e la
relatività – le due colonne della fisica contemporanea, che confliggono per certi aspetti tra loro – dipenda in
modo essenziale da condizioni di indipendenza (tra due apparati di misura lontani tra loro, o tra misurazioni
effettuate a distanza), che mal si conciliano – a prima vista – con l’interpretazione relazionale. Infine, se
l’interpretazione relazionale implicasse davvero che la meccanica quantistica può essere applicata agli stessi
agenti che la usano, si potrebbe immaginare l’emergere di circolarità logiche, foriere di contraddizioni.
Ma il libro di Rovelli non si limita ad esporre soltanto, in forma divulgativa, le basi concettuali della meccanica
quantistica relazionale; tutta la prima parte ripercorre l’affascinate avventura della fisica del Novecento, la
formazione, le grandi passioni, le tappe, i successi straordinari, le discussioni senza fine, le amicizie e i
contrasti vissuti da tre o quattro generazioni di fisici, a partire dagli inizi dello scorso secolo. Per questo, una
schiera di fisici militanti e di lettori che rimuginano sui “misteri” della fisica contemporanea si riconoscerà di
sicuro, e avrà modo di riflettere ancora su quelle vicende straordinarie.
Nell’ultima parte del libro, Rovelli esplora tutt’altri riferimenti teorici: per esempio, il contributo di Ernst
Mach, quello di Aleksandr Bogdanov (contrapposto a quello di Lenin) e quello del filosofo tibetano
Nāgārjuna. Ed arriva a sfiorare il concetto stesso di “materia”, il significato del termine “significato”, i
problemi della coscienza e dell’io. Temi assai impegnativi, in un libro che – almeno nelle premesse – Rovelli
presenta come un’esposizione della sua teoria, come un passaggio essenziale, nel tentativo di comprendere la
natura quantistica dello spazio e del tempo. Però, se già in qualche cerchia di specialisti si sentono borbottii
(per questa presunta “invasione di campo” da parte di un fisico, in terreni che non sono professionalmente
suoi propri), sembra a noi utile richiamare – a questo proposito – lo spirito trasgressivo e anti-accademico
che fu quello di Giordano Bruno, quando si scagliava contro «quelli sordidi e mercenari ingegni che, poco e
niente solleciti circa la verità, si contentano saper secondo che comunmente è stimato il sapere; amici poco
di vera sapienza, bramosi di fama e riputazion di quella; vaghi d'apparire, poco curiosi d'esser» [De l'Infinito,
Universo e Mondi, dialogo quinto].
PAGINA 4   13 DICEMBRE 2020  ALIAS DOMENICA 

Una discussione di qualche corollario


tra la natura
e noi

di GIOVANNI I. GIANNOLI
el 1932, quando le
QUANTI alla versione «relazionale»
della meccanica quantistica,
nella particolare interpretazione
di Carlo Rovelli: Helgoland, da Adelphi

Però, è qualcosa davvero duro


da digerire. Del resto, per quan-
to attiene alla presunta difficol-
Carlos Kleiber,
disprezzo e ironia
di un’intelligenza
mercuriale
ORESTE BOSSINI, DALLA COPERTINA

Il filtro dell’ironia, dell’umori-


smo, del gioco di parole fulmi-

N
neo e imprevedibile, furono la
grandi rivoluzioni del- tà di assumere l’esistenza e la de- difesa che eresse tra sé e un
la fisica contempora- terminatezza (indipendenti mondo sempre tenuto a criti-
nea erano oramai dall’osservatore) di certi enti, di ca distanza. E forse non è un ca-
compiute, uno dei pa- certi processi o stati fisici (inac- so se della sua intimità gelosa-
dri della meccanica cessibili all’osservazione), ci so- mente custodita Kleiber abbia
quantistica, Max no branche intere della fisica deciso di rivelare qualcosa a
Planck, annotava: «la contemporanea che lavorano su un oscuro direttore d’orche-
prima e la più importante quali- assunti del genere; magari, si stra californiano, Charles Bar-
tà di ogni modo di pensare, che può essere scettici su queste li- ber, in ragione di nient’altro
voglia dirsi scientifico, deve esse- nee di ricerca (come accade a Ro- che una lettera, da lui spedita
re la netta distinzione tra l’ogget- velli, per esempio, nei confronti senza speranza di risposta e al-
to esterno dell’osservazione e la della «teoria delle stringhe»), ma la quale, invece, il già celebra-
natura soggettiva dell’osservato- nessuno negherà che si tratti – a to direttore, che non rilasciò
re». Questa separazione drasti- volte – di straordinarie imprese mai un’intervista né pubblicò
ca, tra la cosa osservata e l’osser- intellettuali. Qualcuno ha poi una sola riga firmata di suo pu-
vatore, sembrava in effetti del sollevato il sospetto che la possi- gno, rispose.
tutto scontata, anche quando si bilità di arrivare a una «coesisten- Raccolta nel 2011 in un volu-
avesse a che fare con enti fisici za pacifica» tra la meccanica me (che Kleiber, nella sua ritro-
che sfuggono alla percezione di- quantistica e la relatività einstei- sía, avrebbe aborrito), Barber
retta degli esseri umani. niana – le due colonne della fisi- decise di mettere a disposizio-
Ma cosa è mai un oggetto fisi- ca contemporanea, che conflig- ne questa anomala corrispon-
co? È un ente-individuo, che ha gono per certi aspetti tra loro – denza, corredandola con un
un posto nel mondo perché esi- dipenda in modo essenziale da esaustivo racconto biografico
ste, perché è fatto in quella ma- Giulio Turcato, Reticolo, 1950 ca. condizioni di indipendenza (tra e un’ampia appendice com-
niera? Oppure, è soltanto una co- due apparati di misura lontani prensiva di discografia, filmo-
tra loro, o tra misurazioni effet-

Due interpretazioni
sa per noi, perché noi lo vedia- grafia e repertorio. Il ritratto
mo, possiamo toccarlo, misurar- tuate a distanza), che mal si con- che viene fuori da Carlos Klei-
lo, spostarlo, confrontarlo con ciliano – a prima vista – con l’in- ber Vita e lettere (a cura di Char-
altre cose? Questo enigma sulla terpretazione relazionale. les Barber, traduzione di Mar-
natura delle cose – sulla loro co Bertoli, Il Saggiatore pp.
identità, sulle loro proprietà e re- Altri riferimenti 505, € 38,00) è quello di una in-
lazioni – ha un’origine antica. Nell’ultima parte del libro, Ro-

contraddittorie:
telligenza mercuriale, una in-
Ancora, se ne trovano tracce nel- velli esplora tutt’altri riferimen- dividualità ironica e artistica
la logica contemporanea, che di- ti teorici: per esempio, il contri- che Hegel avrebbe detto «ge-
stingue i suoi termini in nomi, buto di Ernst Mach, quello di nialità divina», costantemen-
predicati e relazioni: una distinzio- Aleksandr Bogdanov (contrap- te indotta a provare negli altri
ne che ha a che fare con l’esigen- posto a quello di Lenin) e quello la sospettata limitatezza, l’in-
za di individuare in modo univo- del filosofo tibetano Nagarjuna. capacità di cogliere la ridicola
co ciò di cui si parla.

Prime contestazioni
Fin dalle prime battute della
meccanica quantistica, qualcu-
no cominciò a dissentire dalla
entrambe corrette
scrive – «dovrebbe essere intesa ni che intrattiene con i sistemi land (Adelphi, pp. 227, € 15,00)
E arriva a sfiorare il concetto stes-
so di «materia», il significato del
termine «significato», i proble-
mi della coscienza e dell’Io. Te-
mi assai impegnativi, in un libro
che – almeno nelle premesse –
Rovelli presenta come un’esposi-
vanità di una vita radicata
nell’etica e nel rigore.
Da qui gli strali polemici
contro Lincoln e Gandhi, da
qui anche la venerazione per
Emily Dickinson, nel cui ca-
tradizione classica, che distin- gnolino si diceva ironicamen-
gue gli individui (in quanto tali) come un resoconto del modo in circostanti. La struttura fisica è portato a giudicare un male mi- zione della sua teoria, un passag- te reincarnato. Agli altri diret-
dalle loro proprietà e dalle loro cui i sistemi fisici distinti si in- del mondo si identifica con que- nore, rispetto agli intricatissimi gio essenziale per comprendere tori, a tanti musicisti, Kleiber
relazioni. Di più, si andava raffor- fluenzano a vicenda quando in- sta rete di relazioni». «enigmi» che sorgono e rimango- la natura quantistica dello spa- non risparmiò battute feroci,
zando l’idea che la fisica non de- teragiscono – e non del modo in Può darsi, in effetti, che le no- no in piedi, in tutte le altre inter- zio e del tempo. Però, se già in osservazioni caustiche, tutte
scriva affatto la realtà, ma il mo- cui i sistemi fisici "sono"». Anche stre teorie scientifiche più raffi- pretazioni della meccanica qualche cerchia di specialisti si dettate dalla sua istintiva ripul-
do con il quale noi la percepia- un «osservatore», in questo qua- nate ci costringano a concludere quantistica. sentono borbottii (per questa sa verso il più minuscolo orpel-
mo e descriviamo. Oppure, di- dro, è un sistema fisico che inte- che il resoconto di una nostra presunta «invasione di campo» lo retorico colto dal suo orec-
cendolo in un altro modo, che le ragisce col fenomeno osservato. particolare esperienza, e quello da parte di un fisico, in terreni chio nelle varie interpretazio-
nostre teorie non rappresentino Come corollario di questa in- di un’altra persona (che ci osser- che non sono professionalmen- ni esaminate nei preziosi fil-
il mondo, ma la conoscenza che ab- terpretazione, potrebbe darsi il vi, mentre facciamo quella parti- te suoi propri), sembra utile ri- mati, compresi i rarissimi do-
biamo del mondo, le nostre relazio- caso che due osservatori forni- colare esperienza) possano non Dal concetto chiamare lo spirito trasgressivo cumenti del padre Erich, rac-
ni col mondo. scano «due distinte descrizioni, coincidere. Si tratta, a dire il ve- e anti-accademico di Giordano colti da Barber con certosina
Da venticinque anni almeno entrambe corrette, della stessa se- ro, di un vecchio problema della
di «materia», Bruno, quando si scagliava con- pazienza per la biblioteca del-
– sulla scia di Bohr, di Heisen- quenza di eventi». Di più: il reso- meccanica quantistica, legato in tro «quelli sordidi e mercenari in- la Stanford University.
berg e di altri giganti della fisica conto offerto dalla meccanica qualche modo all’esito parados-
al senso del termine gegni vaghi d’apparire, poco cu- Tra coloro che salvava, diret-
quantistica esaurisce, secondo sale di un esperimento mentale riosi d’esser che si contentano sa-
del Novecento – Carlo Rovelli va
proponendo una particolare in- Rovelli, «tutto ciò che si può dire proposto da Eugene Wigner nel
«significato», per secondo che comunemente
tori meno avvezzi alle luci del-
la ribalta, come Klaus Tenn-
sul mondo fisico… il cui stato 1961; un problema che Rovelli, è stimato il sapere» (De l’Infinito,
terpretazione «relazionale» del-
coincide con la rete delle relazio- nel suo ultimo saggio Helgo-
alla coscienza e all’Io Universo e Mondi, dialogo quinto).
stedt e Reginald Goodall, ma
la meccanica quantistica, che – anche il musicista che più de-
gli altri sembrava incarnare
MARIO DE CARO, «REALTÀ», DA BOLLATI BORINGHIERI l’Anticristo del suo mondo,
Herbert von Karajan, che Klei-
ber avrebbe voluto redento da
«realismo ontologico» stabilisce po Mazzoni, amico di Galileo, ogni peccato commerciale e re-
La posta in gioco, tra primato del reale «che determinati tipi di cose sono
reali»; il «realismo epistemologi-
co» asserisce che «esistono fatti
che colse bene la posta in gioco
tra platonici e aristotelici (la ma-
tematizzazione o meno della fisi-
stituito alla limpida essenza
del suo far musica.
Ogni immagine di Kleiber

e dipendenza del tutto dal linguaggio che esorbitano la possibilità di ac-


certarli». All’interno della prima
famiglia – quella di cui tratta il li-
ca), come «l’inizio di un dibattito
cruciale che è continuato nei se-
coli, arrivando sino ai nostri gior-
sul podio – insieme a Leonard
Bernstein il direttore d’orche-
stra più fotogenico del Nove-
bro – ci sono poi tre membri o ver- ni». Passando per «il conflitto dei cento – esprime la perfetta ar-
di PAOLO QUINTILI sempre già dato, qualcosa di in- spettiva, altrettanto reale quanto sioni dell’ontologia realista: il realismi» (ordinario e scientifi- monia del suo corpo con la mu-
ternamente strutturato indipen- la consistenza fisica di un albero «realismo ordinario» (è reale solo co), si approda al «realismo plura- sica, rendendo irresistibile il
ai tempi di Zenone di dentemente dal pensiero: senza (o del Covid-19). ciò «di cui possiamo avere espe- listico», che l’autore fa suo, ne- desiderio di immergersi nel

D
Elea a Hans-Georg Gada- le categorie della mente o del lin- In uno stile piano e sottilmen- rienza diretta o indiretta»); il «rea- gando la tesi fisicalista che tutta suono derivato dal suo gesto.
mer, la consistenza e il si- guaggio, si sosteneva, la realtà è te ironico, l’autore arriva a tocca- lismo scientifico» (sono reali «sol- la natura coincida con l’oggetto Ma nel volto di questo uomo il
gnificato della cosiddet- amorfa, destrutturata, inartico- re, con una bella dote di sintesi, tanto le entità e gli eventi che le di studio della fisica e delle altre cui amore per la musica rasen-
ta «realtà» è argomento lata, insensata». le principali poste in gioco, mo- scienze possono descrivere e scienze, pur non abbandonando tava l’odio di sé e del mondo –
antico e controverso, Una singolare eccezione era strando come antirealisti e reali- spiegare»), la più forte delle quali affatto il campo naturalistico. dal quale progressivamente si
che travaglia il pensiero rappresentata dai «marsupiali sti condividano un terreno di lot- è il fisicalismo (primato della fisi- Secondo questo naturalismo ritirò, rinnegando anche i lega-
occidentale, e ora dà il ti- della filosofia», oltre ai filosofi au- ta comune, ossia l’ontologia, una ca); infine, c’è il «realismo rispet- (o realismo) liberalizzato esiste mi più cari, fino a scomparire
tolo a un nuovo saggio di Mario De straliani, Popper e Searle, ma an- dottrina dell’essere volta a defini- to alle entità astratte», ossia quel- una «seconda natura» che coinci- del tutto – era nascosto un
Caro, Realtà (Bollati Boringhieri, che un pensatore come McDo- re la misura, l’estensione e il valo- le realtà particolari che «non han- de con lo «spazio logico delle ra- enigma, che riporta alla men-
pp. 128 € 13,00). well, il quale apriva uno «spazio re d’essere delle nozioni che cia- no una collocazione spazio-tem- gioni e delle norme» non meno te le parole del principe My-
Fin alle porte del secolo XXI, a logico delle ragioni», a cui appar- scuno ritiene essenziali per spie- porale» (i numeri, gli universali, i naturale della «prima natura» skin di fronte al ritratto di Na-
passare in rassegna le principali tengono i concetti e le nozioni gare il mondo. I filosofi postmo- significati, i valori e così via). della fisica. Certamente, sarebbe stassia Filippovna: «In quel vi-
correnti filosofiche della storia, normative (giusto, ingiusto ecc.), derni, per esempio, ritengono Il libro segue l’andamento dei molto interessante applicare so parevano esserci uno smisu-
è una vera marcia trionfale di che pur non potendo essere ri- che «il linguaggio è il fulcro da dibattiti attorno al realismo on- questa prospettiva liberalizzata rato orgoglio e un disprezzo
pensatori impegnati, in vario condotte al dominio delle scien- cui tutto dipende; ma se la realtà tologico, a partire dall’originale del realismo al campo politico che sconfinava nell’odio, e nel-
modo, «a negare trionfalmente ze naturali, non erano per que- dipende dal linguaggio, allora il riconsiderazione di un «negletto (l’autore non lo fa) e ai progetti, lo stesso tempo c’era un che di
realtà alla realtà. «L’idea … era sto, ipso facto, «irreali». La malva- linguaggio deve essere reale». filosofo tardorinascimentale», più o meno radicali, di emancipa- fiducioso, di meravigliosa-
che la realtà non sia qualcosa di gità di un Hitler è, in questa pro- Due le famiglie principali: il l’anti-copernicano eclettico Jaco- zione umana. mente ingenuo».

Potrebbero piacerti anche