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Idola tribus (= idoli delle tribù), che rappresentano gli errori propri della specie umani in quanto tale. In quanto essere
umani noi abbiamo delle pessimi abitudini oltre che il privilegiare i nostri pregiudizi rispetto all’esperienza
Idola specus (= idoli della caverna), che rappresentano i pregiudizi di ogni singolo individuo e vanno a sommarsi a quelli
della specie
Idola fori (= idoli del mercato), che rappresentano le insidie tipiche del linguaggio, per cui si scambiano le proprietà delle
parole con quelle delle cose. Tali insidie sono definite “del mercato” perché nascono dalla necessità di comunicare con
gli altri
Idola theatri (= idoli del teatro), che rappresentano gli errori che derivano dalla perniciosa influenza della filosofia del
passato. Sostiene che non bisogna avere nessuna deferenza verso i pensatori del passato, rispetto ai quali abbiamo il
vantaggio di essere nati dopo e di poter usufruire della loro esperienza.
Afferma che la verità è “figlia del tempo”, in quanto è generata da un lungo processo di studi. Questi ultimi tipi di
pregiudizi sono chiamati “del teatro” perché per Bacone la filosofia classica è una semplice rappresentazione, che può
essere divertente o piacevole, ma manca di qualsiasi elemento di realtà: si tratta quindi di storie immaginarie (come
quelle del teatro).
Per Bacone il pensiero serve a migliorare le condizioni di vita degli uomini e questo è possibile solo facendo riferimento alla
realtà. Questo è esattamente il contrario di quello che fanno gli aristotelici, i platonici e i filosofici naturali del XVI secolo:
Gli aristotelici pontificano sulla base dei principi astratti, formulando tesi complesse. Il sillogismo, argomenta Bacone, è
un ottimo strumento per convincere i propri interlocutori, ma non riesce a spiegare la natura, né a coglierne la struttura
I platonici sono considerati seguaci di un “teologo mentecatto”, come è definito Platone, autore di una teoria altrettanto
sconnessa con il reale, che a Bacone sembra una forma di misticismo matematico
I filosofi naturalisti sono maghi rinascimentali definiti da Bacone “empiristi”, che si limitano ad accumulare dati senza
organizzarli e che pretendono di spiegare la natura sulla base di pochi esperimenti
Bacone afferma che le esperienza non vanno né negate né collezionate senza un piano, ma devono essere elaborate perché
producano vera conoscenza, e il mezzo per compiere questa impresa è il ragionamento induttivo.
Bacone ritiene che l’ostacolo più grande alla vera conoscenza siano i pregiudizi accumulati nel corso dei secoli dagli uomini e
questi impediscano il progresso della specie umana.
L’atteggiamento di Bacone può essere paragonato a quello di Montaigne: entrambi ritengono che gli essere umani siano schiavi
dei pregiudizi, e che la loro infelicità dipenda in gran parte da questo.
Montaigne ritiene questa condizione come ineliminabile, e tutto ciò che possiamo fare è renderci conto che i nostri punti di vista
sono espressione non della verità, ma di una prospettiva ben precisa, limitata e che non può essere migliorata.
Bacone, al contrario, ritiene che l’errore sia sanabile e perciò tenta di rifondare il sapere in modo da bandire una volta per tutte il
pregiudizio dal campo della conoscenza.
Montaigne viene collegato alla nascita dell’umanesimo moderno, mentre Bacone allo sviluppo del metodo scientifico e alla
fondazione di un sapere più certo.
INDUZIONE E DEDUZIONE: IN CHE MODO RAGIONIAMO?
Aristotele aveva individuato due tipi fondamentali di ragionamento:
1. Quello deduttivo, che si basa sul giungere a una conclusione particolare sulla base di un principio universale: se le due
premesse sono vere, la conclusione è necessariamente vera. Questo ragionamento ha un punto debole, ossia quello di
stabilire la verità delle premesse: Aristotele e gli aristotelici avevano tentato di risolvere la questione dichiarando
l’assoluta evidenza di alcune premesse, ma proprio in questo Bacone vedeva uno dei punti deboli dell’intera Logica
aristotelica. Dichiarare che qualcosa è indubitabile significava compiere un atto di autorità.
2. Quello induttivo, che si basa partendo da osservazioni particolare per giungere a leggi generali. Il punto debole di questo
ragionamento è che, date le premesse, le conclusioni non sono necessariamente vere. Il modello cui pensava Aristotele
veniva definito “induzione per enumerazione”, che consiste nel compiere un lungo elenco di osservazione da cui poter
trarre un principio generale. Se la base delle osservazioni è limitata, si può giungere a conclusioni profondamente errate.
La legge potrebbe essere resa più sicura aumentando la base di osservazione, ma questo non risolve il problema della non
assoluta veridicità della conclusione.
“Tutti”, in questo caso, significa “tutti gli esemplari passati, presenti e futuri”, e tramite l’osservazione potremmo
accertarci dei primi due casi, ma mai del caso futuro. Per quanto riguarda il passato e il presente pensare di poter
controllare tutti i casi non è solo impensabile, ma decisamente ridicolo, in quanto ci costringerebbe a compiere una
quantità infinita di osservazioni. Tutto questo sforzo sarebbe comunque inutili, perché non porterebbe ad affermazioni
indubitabili come quelle che si potrebbero ottenere tramite il pensiero deduttivo.
Fino al XVI secolo, tutto il pensiero occidentale è stato quasi esclusivamente deduttivo.
Solo tramite l’esperienza è possibile cogliere la forma della realtà e delle cose; per quanto riguarda la religione, afferma che deve
essere creduta solo per fede, in quanto comprendere Dio è un’impresa che va ben oltre le capacità umane.
Nello studio del mondo, la ragione e l’esperienza rappresentano l’unica guida possibile.