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KANT

Il tema centrale della riflessione di Kant è se e come sia possibile fare della metafisica una scienza rigorosa e si pose come
obiettivo quello di chiarire limiti e compiti della metafisica e della ragione. Vi sono due teorie nel pensiero di Kant:

 Da una parte, la distinzione fra la sensibilità (che rende possibile l’esperienza) e l’intelletto (che la organizza)
 Dall’altra, l’idea che spazio e tempo siano forme dell’esperienza

Kant afferma che la lettura di Hume ebbe il merito di svegliarlo dal sonno dogmatico, convincendolo di alcuni punti centrali della
sua filosofia:

 In primo luogo, la centralità dell’esperienza per convalidare le ipotesi


 In secondo luogo, la convinzione che le affermazioni dei metafisici non possano essere convalidate o smentite perché è
impossibile metterle alla prova dai sensi
 In terzo luogo Kant si convince che Hume abbia dimostrato che la conoscenza del mondo esterno non può essere fondata
sull’esperienza e che l’unica conoscenza certa è quella della matematica e della geometria

CRITICA DELLA RAGIONE PURA

Nell’introduzione della Critica della Ragion Pura , Kant afferma che il compito della sua opera era quello di istituire un tribunale
che stabilisse quali sono le legittime pretese della ragione. Il filosofo è convinto che di fronte a questo tribunale i metafisici
hanno fatto dichiarazioni prive di fondamento e che gli empiristi abbiamo limitato le pretese della ragione.
Kant afferma è necessario fissare i limiti della conoscenza, stabilendo che cosa si possa conoscere e che cosa no. La sua ricerca
ha 3 elementi importanti:

1. In primo luogo essa è una questione di diritto (=stabilire “che cosa ha il potere di fare)
2. In secondo luogo l’analisi deve giungere a una descrizione di ciò che Kant definisce “la parte trascendentale del
conoscere”
3. In terzo luogo, afferma che la ragione deve essere giudicata dalla ragione stessa. Questo perché i limiti della ragione
sono i limiti della stessa conoscenza umana: si può affermare quindi che la Critica della Ragion Pura è un’autocritica
della ragione.

GIUDIZI ANALITICI E SINTETICI: COME SONO FATTE LE PROPOSIZIONI?


Per individuare le condizioni necessarie dell’esistenza della conoscenza Kant ditingue tra giudizi sintetici e analitici e tra a priori
e a posteriori:

 Un giudizio è analitico quando ciò che afferma il predicato è già implicito nel soggetto
 Un giudizio è sintetico quando il predicato aggiunge qualcosa alla conoscenza del soggetto

Il principio di non contraddizione e la legge del terzo escluso sono sufficienti per stabilire la validità dei giudizi analitici.
Prima di Kant tutta la conoscenza era divisa in giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori. Secondo il filosofo sono
possibili anche i giudizi sintetici a priori come ad esempio 7+5=12: è sintetico (quindi amplia la nostra conoscenza) dato che 12
non è incluso nella definizione di 5 o di 7 e quindi ci dice qualcosa in più che prima non sapevamo.
Dunque, conclude Kant, presi in esame gli ambiti aritmetico, geometrico e fisico, si può affermare che esistono i giudizi sintetici a
priori.

 GIUDIZIO = proposizione costituita da un soggetto e da un predicato


 GIUDIZIO SINTETICO A PRIORI = giudizio sul quale è basata la conoscenza scientifica; priori perché
precede l’esperienza e sintetico perché il predicato aggiunge qualcosa di nuovo alla conoscenza del soggetto
 GIUDIZIO ANALATICO A PRIORI = giudizio che non si fonda sull’esperienza ma che viene prima di essa.
Ciò che afferma il predicato è già implicito nel soggetto
 GIUDIZIO SINTETICO A POSTERIORI = giudizio che si fonda sull’esperienza il cui predicato aggiunge
qualcosa di nuovo ala conoscenza del soggetto

L’ESTETICA TRASCENDENTALE: CHE COSA RENDE POSSIBILE L’ESPERIENZA?


Secondo Kant in ogni percezione esistono degli elementi costanti. Afferma che la sostanza dell’esperienza deriva dai sensi e può
avere qualsiasi contenuto ma la forma dell’esperienza è necessaria (= spazio e tempo). Spazio e Tempo non sono oggetti di
percezione , ma sono ciò che rende possibile la percezione ovvero l’esperienza: vengono chiamate intuizione pure a priori (=
non dipendono dall’esperienza, ma la precedono). La geometria e la matematica sono basate sullo spazio e sul tempo perché la
prima ha che fare con le forme pure dello spazio, la seconda perché il contare e il concetto di sequenza richiedono la nozione di
tempo. Ogni rappresentazione esterna (= percezioni) sono rese possibili dallo spazio, mentre le rappresentazioni interne sono
rese possibili dal tempo. Spazio e Tempo precedono tutte le altre attività della mente in senso logico, affermando che ogni
rappresentazione esterna è anche, in certo senso, interna, quindi il Tempo ha un ruolo più importante e dello spazio.
L’ANALITICA TRASCENDENTALE: CHE COSA RENDE POSSIBILI I GIUDIZI?
Per trovare un fondamento stabile alle scienze naturali bisogna passare dal campo della sensibilità(= estetica trascendentale) a
quella facoltà che ci permette di formulare i giudizi, ossia l’intelletto (= analitica trascendentale). La sensibilità da sola non può
pensare a nulla ma c’è bisogno di un’altra facoltà, che è l’intelletto. Kant afferma comunque che senza i dati forniti dalla
sensibilità, l’intelletto non può applicarsi a niente. Tramite la sensibilità riceviamo dei contenuti. Per Kant, pensare significa
formulare un giudizio; afferma che i concetti puri dell’intelletto consentono di organizzare la conoscenza, e parla di
categorie.

LE CATEGORIE: COME ORGANIZZIAMO L’ESPERIENZA?


Per Kant esistono 4 forme di giudizio: quantità, qualità, relazione, modalità. La categoria è ciò che rende possibile il giudizio.
Poiché per ogni forma di giudizio esistono tre possibili modalità di giudizio, le categorie sono in tutto 12. Senza le categorie non
potremmo svolgere nessuna attività. Kant afferma che le categorie non derivano dall’esperienza ma sono ciò che permette di
organizzare l’esperienza. La differenza tra la sua logica trascendentale e la logica aristotelica è la seguente:

 Per Aristotele, le categorie sono categorie della realtà, con le quali era possibile dimostrare l’esistenza di un primo
motore immobile e giungere a conclusione sulla struttura del cosmo
 Kant, al contrario, ritiene che le categorie siano categorie dell’intelletto. Sono concetti puri (= non derivano
dall’esperienza).

Locke affermava che la mente umana è come un osservatore chiuso in uno sgabuzzino che sbircia dal buco: Kant si chiede:

 è possibile uscire dallo sgabuzzino? Ovvero, che cosa conosciamo tramite le categorie?
 Il foro da cui sbirciamo si affaccia sul mondo o no? Ovvero, quanto è valida questa conoscenza?

Queste domande rappresentano il passaggio principale della Critica della Ragion pura: la deduzione trascendentale delle categorie.

DEDUZIONE TRASCENDENTALE DELLE CATEGORIE


Kant utilizza il termine “deduzione” nell’accezione del diritto romano: si riferisce alla procedura con sui si specificano i diritti di
un individuo; non si tratta quindi di una deduzione matematica. Il problema che Kant si pone è uno solo: che diritto ha la
mente di applicare le sue categorie alla realtà? Noi possiamo percepire tante cose ma c’è qualcosa di comune a tutte le nostre
percezioni. Conoscere è unificare il molteplice: su che cosa è fondata questa unificazione? Poiché la sensibilità è ricettiva, la
facoltà che compie questa unificazione deve risiedere nell’Intelletto. Kant conclude che esiste una unità trascendentale di
appercezione: l’Io penso. È un qualcosa che compie l’operazione di sintesi e che resta costante in qualsiasi percezione, in quanto
l’unica cosa che non cambia mai è colui che percepisce. È trascendentale dato che non può essere identificata con nessuna
persona reale.

LO SCHEMATISMO: COME APPLICCHIAMO LE REGOLE?


Kant si chiede come sia possibile appliccare la categoria giusta e se l’intelletto compie questa operazione arbitrariamente.
Con l’esempio della libreria, Kant ha dimostrato che la nostra conoscenza non è una pila di libri su un pavimento, ma sono libri
che mettiamo sugli scaffali (che sono le categorie). Deve però esserci qualcuno che metta i libri sugli scaffali e questo qualcuno è
l’Io penso. Kant si chiede: chi ci garantisce che i libri non sono messi sugli scaffali a caso? Afferma che deve esserci qualcosa che
rende possibile tutto ciò: si tratta della facoltà di giudizio, che ci permette di utilizzare la categoria giusta al momento giusto.
O concetti puri e i concetti empirici sono legati dagli schemi trascendentali:

 Alle categorie di quantità, corrisponde lo schema del numero, per cui che ogni singola quantità non sarebbe concepibile
senza il concetto stesso di numero
 Alle categorie di qualità corrisponde lo schema di grado, per cui ogni oggetto conoscibile ha un certo grado di proprietà
 Alle categorie di relazione corrispondono le tre analogie dell’esperienza, che affermano la permanenza della sostanza, il
principio di causalità e la simultaneità
 Alle categorie di modalità corrispondono i postulati del pensiero empirico, che affermano che cosa è possibile, che cosa
esiste e che cosa esiste necessariamente

Tutti i giudizi formulati tramite l’applicazione degli schemi sono giudizi sintetici a priori: quindi la mente umana applica in
maniera legittima le sue categorie alla realtà.

LA RIVOLUZIONE COPERNICANA: QUAL È IL CAMBIO DI PROSPETTIVA PROPOSTO DA KANT?


L’estetica e l’analitica trascendentale permettono a Kant di dire che la mente umana è la legislatrice della natura ma non la sua
creatrice, perché il filosofo afferma che la mente non può creare i suoi contenuti ma deve necessariamente ricavarli
dall’esperienza sensibile. Prima della Critica della Ragion pura, la concezione dei rapporti fra oggetto conosciuto e soggetto
conoscente era quella sintetizzata dalla massima “la mente che si adegua alla cosa”: in termini astronomici, il soggetto ruota
intorno all’oggetto. Kant ribalta la situazione affermando che è l’oggetto che si adegua al soggetto conoscente. Tutta la
conoscenza è necessariamente conoscenza umana, la quale è oggettiva, nel senso che o è giusta o è sbagliata e deve
necessariamente essere la stessa per tutti i soggetti. Ma non può essere oggettiva nel senso che non può dipendere dal chi siamo
e dal come la otteniamo. Pertanto l’idea di poter conoscere perfettamente deve essere abbandonata definitivamente.
FENOMENI E NOUMENI: CHE COS’E’ LA REALTA’ DI CUI PARLIAMO?
Che cosa possiamo legittimamente affermare della realtà? Kant ha due risposte che riprendono i due sensi di oggettività:

 Se per realtà intendiamo una nostra qualsiasi esperienza o una esperienza di un qualsiasi nostro simile, si parla di
fenomeni, ovverosia di ciò che mi appare
 Se ci interroghiamo su come sarebbe il mondo se noi non lo percepissimo, la risposta è una: l’unica cosa che possiamo
legittimamente affermare è che il mondo esterno esiste

La conoscenza si applica al fenomeno e non al noumeno. Il noumeno è cio che è pensabile ma non conoscibile.
Contrariamente a quanto aveva affermato Cartesio, Kant ritiene che gli essere umani non possono neppure conoscere se stessi
come sono realmente, ma solo come appaiono alla luce delle proprie categorie.

LA DIALETTICA TRASCENDENTALE: QUALI SONO I LIMITI DELLA RAGIONE?


Esiste una facoltà che tenta di unificare le attività dell’Intelletto, e che quindi si appica non alla sensibilità ma all’intelletto. Questa
attività è la ragione, che cerca di partire dala conoscenza condizionata dai sensi a una conoscenza universale e incondizionata. In
questo tentativo si fissano tre Idee, che rappresentano gli oggetti con cui ha a che fare la metafisica: l’unità incondizionata dell’Io
penso (= anima); la somma di tutti i fenomeni (= mondo); l’essere necessario che non può non esistere (= Dio). È su ciò che è
basata la dialettica trascendentale.
Partendo dall’anima, Kant nota come questa sia l’Io Penso, indipendente dall’esperienza. Per quanto riguarda l’Idea di mondo si
tratta di individuare un oggetto che rappresenta ciò che rende comune tutti i fenomeni. Per fare ciò vengono utilizzati 4 argomenti,
detti antinomie della ragione, composte da una tesi e da un’antitesi contradditorie ma che appaiono necessarie:

1. La prima afferma che:


 Il mondo ha inizio nel tempo ed è limitato nello spazio e
 Che il mondo non ha avuto inizio ed è infinito
2. La seconda afferma che:
 Ogni sostanza è composta da parti non ulteriormente scomponibili e
 Che niente può essere composto in questa maniera
3. La terza afferma che:
 L’ordine degli eventi è retto dal principio di causa ed effetto ma che è libero e
 Che tutto è determinato dalle leggi della natura
4. La quarta afferma che:
 Esiste un ente assolutamente necessario e
 Che tale ente non può esistere

LA CRITICA DELLA TEOLOGIA RAZIONALE: POSSIAMO DIMOSTRARE L’ESISTENZA DI DIO?


Kant non vuole affermare che Dio non esista, anzi lui credeva in Dio: vuole affermare che non è possibile dimostrare
razionalmente l’esistenza o la non esistenza di Dio. Per Kant esistono due tipi di prova dell’esistenza di Dio: una si basa
sull’esperienza (prova a posteriori), l’altra sul concetto stesso (prova a priori).
La prova a posteriori può essere formulata in due varianti:

1. La prima è la prova cosmologica: essa afferma che ogni esistenza particolare implica l’esistenza di un ente necessario
che da ogni causa contingente si può giungere a una causa ultima che è Dio
2. La seconda è la prova fisico-teologica: essa afferma che l’ordine del cosmo presuppone la presenza di un ordinatore:Dio

La prova a priori è quella di Anselmo, che Kant definisce come prova ontologica: nella ragione si forma l’idea di un essere
perfetto con tutti gli attributi al massimo grado. Questi deve necessariamente esistere perché se così non fosse non avrebbe un
attributo, quello dell’esisitenza, e quindi sarebbe imperfetto, in quanto mancante di qualcosa.
L’esistenza della conoscenza non può essere stabilito a priori, ma a posteriori: l’esistenza non può mai essere dimostrata
analiticamente, ma in maniera sintetica a posteriori. L’esistenza è quella proprietà che permette di avere proprietà. Kant
conclude con esempio rimasto celebre: egli afferma che il concetto di 100 talleri differisce da 100 talleri reali solo per il fatto che i
primi non esistono e i secondi sì, dato che la differenza è osservabile ancor di più dal tentativo di pagare qualcosa di reale con
100 talleri immaginari e viceversa di pagare con 100 talleri reali per un oggetto immaginario.
Con questo esempio, Kant mostra uno degli aspetti fondamentali della sua filosofia: la ragione, tentando di varcare i limiti che
le impone l’esperienza, tenta di coniare una moneta falsa, con cui non è possibile comprare alcuna conoscenza reale del
mondo.

LE CONCLUSIONI DELL’OPERA: CHE COSA FARE DELLE IDEE DELLA RAGIONE?


Kant sostiene che le idee di anima, di mondo e di Dio hanno un loro valore e una loro funzione. Egli riconosce che la ragione
non può fare a meno di queste tre Idee. Nella chiusura dell’opera della Critica della Ragion pura si pone tre domande:

1. La prima connessa all’idea di anima:” Che cosa posso sapere?”


2. La seconda connessa all’idea di mondo:”Che cosa devo fare?”
3. La terza connessa all’idea di Dio:”In che cosa posso sperare?”
CRITICA DELLA RAGION PRATICA

La Critica della Ragion pratica si pone l’obiettico di studiare le forme e le condizioni della vita morale. Kant afferma che in noi
esiste una legge morale, una voce della coscienza che ci dice che cosa fare. Nella Ragion Pura la conoscenza era necessariamente
limitata dal rapporto con l’esperienza; nella ragion pratica, al contrario, la conoscenza non deve essere limitata dal rapporto con
l’esperienza. La morale, per Kant, può essere di due tipi: autonoma (= si dà delle regole da dè) o eteronoma (= riceve le regole
da una fonte esterna). Per Kant, la morale può essere definita tale solo se è autonoma: quindi non può essere fondata a
posteriori ma a priori e indipendenti dall’esperienza. Affermare l’autonomia della Ragion pratica determina due conseguenze:

1. Da una parte elimina qualsiasi forma di morale soggettiva


2. Dall’altra, la morale, essendo valida per ogni essere umano, risulta essere totalmente svincolata dall’ambito
religioso

Kant afferma che per parlare di morale, è necessario che gli essere umani siano liberi nelle loro scelte: se così non fosse, se ogni
individuo compisse un’azione obbedendo a una legge di natura, non avrebbe senso parlare di azioni giuste o sbagliate.

LE CARATTERISTICHE DELLA MORALE KANTIANA: COME GIUDICARE LE AZIONI?


Kant fonda la propria morale sul concetto di dovere e sul valore della volontà, per cui non c’è limite a ciò che possiamo volere.
Kant ritiene necessario giudicare la bontà di un’azione non tanto dalle sue conseguenze, ma dalle nostre intenzioni. Per il
filosofo la Ragion pratica agisce come una legislatrice, imponendo cioè degli ordini, e determina la volontà spingendola a
compiera l’azione giusta. Ma ciò non significa gli uomini compiano sempre le azioni giuste. Kant sostiene che noi sappiamo
sempre quale sia il nostro dovere, indipendentemente dal fatto che lo facciamo o no.

MASSIME E LEGGI: COME ORGANIZZIAMO LA NOSTRA VITA MORALE?


Possiamo quindi giungere ad una distinzione fatta da Kant intorno ai precetti morale. Alcune di queste sono definiti “massime” e
sono le regole che guidano la nostra vita quotidiana. Le massime sono basate sulle conseguenze e quindi sono a posterior, e di
conseguenze sono differenti dalle leggi morali che Kant sta cercando, che invece dovrebbero essere universali a priori.
Kant si chiede se le massime soggettive coincidano con le leggi morali. In questo caso si parlerebbe di “santità”: il santo sarebbe
colui che spontaneamente agisce sempre secondo le leggi morali.
Per comprendere la vera natura delle leggi morali dobbiamo immaginarle come ordini della Ragion pratica e verrano definiti
“imperativo”, i quali si dividono in due generi:

 Imperativo ipotetico: se vuoi x, devi fare y. Questi imperativi sono condizionati; sono ordini, ma comunque azioni in
vista di un fine
 Imperativo categorico: devi fare x, senza alcun riferimento alle conseguenze. Queste sono ciò che Kant sta cercando: è
totalmente incondizionato e pienamente a priori, dato che non è vincolato in alcuna maniera dall’esperienza

Gli imperativi categorici non prescrivono qualcosa perché quest’azione sia buona, ma al contrario: un’azione è buona perché è
stata prescritta da un imperativo categorico.

L’IMPERATIVO CATEGORICO E LE SUE CONSEGUENZE


Questa teoria è apparsa ai commentatori contemporaneamente troppo rigida e troppo permissiva:

 Rigida verso se stessi, perché fissa in astratto un principio cui non si può modificare in alcuna maniera
 Permissiva nei confronti del nostro prossimo, in quanto noi non abbiamo la minima idea di quali siano le sue intenzioni
e noi non abbiamo il diritto di dire che un’azione che conseguenze catastrofiche sia sbagliata.

Quali e quanti sono gli imperativi categorici? Kant risponderebbe che sono quegli ordini che sentiamo nella testa quando
compiamo un’azione, ma ciò non può andare bene perché lascia un margine di arbitrarietà troppo alto. Kant formula 3 criteri che
possano risolvere il problema:

1. Il primo è quello di agire come se la massima che guida la tua azione possa essere presa come un principio di
legislazione universale
2. Il secondo è quello che prescrive di trattare i propri simili sempre come un fine e mai come un mezzo
3. Il terzo pone l’enfasi sull’autonomia della volontà, che deve essere considerata come una legislatrice universale

Per capire se un’azione è buona basterebbe chiedersi “il principio che ispira la mia azione potrebbe essere universalizzato?”, e
quindi seguire la cosiddetta regola aurea: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

I POSTULATI DELLA RAGIONE: PERCHE’ DOVREI COMPORTARMI BENE?


E’ più che possibile che compiere il mio dovere mi renda profondamente infelice. Kant ritiene che comportarmi moralmente
non garantisca in alcuna maniera la mia felicità, ma se non lo faccio per stare meglio, perché dovrei farlo? Nel mondo dei
fenomeni non sempre la virtù è premiata e il vizio punito. I postulati della ragione sono due: il primo riguarda l’immortalità
dell’anima, perché l’idea di una vita infinita ci avvicina alla legge morale; la seconda è l’esistenza di Dio, colui che nell’ottica di
una vita infinita, rappresenta il sommo bene e colui che premia e punisce per le proprie azioni.
FEDE, DIRITTO E STORIA: CHE COSA SIGNIFICA CHE LA RAGIONE HA RAGGIUNTO LA MATURITA’?
Nella Critica della Ragion pratica, Kant affronta il rapporto tra fede e ragione. Per Agostino, gli essere umani non possono in
alcun modo fare a meno di Dio; Kant afferma l’esatto contrario, ossia: è giunto il momento che l’umanità impari a fare a meno
non solo di Dio, ma di qualsiasi forma di autorità che non sia quella della propria ragione. È su questo che si basa la sua celebre
risposta alla domanda “Che cos’è l’Illuminismo?”: l’umanità, e quindi la ragione, è ormai diventata maggiorenne, e non ha più
bisogno di essere accudita da un’autorità superiore. Kant insiste sul concetto di responsabilità personale, e sul fatto che solo colui
che agisce deve essere ritenuto responsabilie delle proprie azioni.
Quindi l’illuminismo e il criticismo sono gli strumenti grazie ai quali l’umanità prende coscienza delle proprie possibilità e delle
proprie responsabilità.
Kant afferma che alla base della società ci sia l’antagonismo fra gli individui, che è fonte di ineguaglianze. Kant ritiene che questa
situazione possa portare a un progresso tr a i vari stati che hanno un rapporto di perenne competizione, che è causa delle guerre.
Nella Pace Perpetua , Kant afferma che è giunto il momento di porre fine ai confilitti per assicurare all’uomo pace e prosperità:

1. In primo luogo la promulgazione, in ogni Stato, di una Costituzione repubblicana


2. In secondo luogo il realizzarsi dell’unione mondiale, di tipo federale, degli stati Repubblicani
3. Infine la proclamazione di un diritto internazionale, concordato tra i vari stati repubblicani che compongono la
federazione. CRITICA DEL GIUDIZIO

Nella Critica della Ragion Pura Kant si era proposto di esaminare l’Intelletto e quindi di fondare la conoscenza della natura,
mentre nella Critica della Ragione pratica Kant ha analizzato la ragione e l’ambito della libertà (esperienza morale).
Manca l’analisi di una facoltà intermedia fra il primo e la seconda, che faccia sì che i due ambiti non siano totalmente divisi e
questa facoltà e la facoltà di giudicare. Il giudizio, per Kant, consiste in un passaggio da un particolare a un universale.
Il filosofo indivia due tipologie di giudizio:

 Il giudizio determinante: consiste nel far rientrare, sotto una legge universale, tramite una regola, un dato particolare.
Un giudizio determinante è qualcosa che noi imponiamo ai fenomeni in maniera inconsapevole
 Il giudizio riflettente: consiste nel passare da un particolare a un universale, ma l’universale non è dato e non c’è una
regola che garantisca il passaggio dall’uno all’altro. Il giudizio riflettente è invece applicato non ai fenomeni ma al
pensiero stesso. Kant distingue due tipi di giudizi riflettenti:
 Il giudizio estetico
 Il giudizio teleologico

IL GIUDIZIO ESTETICO: CHE COSA E’ IL BELLO?


Questo tipo di giudizio si basa sull’accordo spontaneo tra immaginazione e intelletto, affermando quindi che la
rappresentazione di un oggetto risponde alle esigenze e alle aspettative dell’intelletto di un individuo. Il bello è ciò che piace e
basta; la capacità di formulare questo tipo di giudizi è ciò che Kant chiama gusto, il quale può avvenire secondo le 4 tipologie di
categorie:

 Sotto l’aspetto della qualità, bello è ciò che piace in maniera disinteressata
 Sotto l’aspetto della quantità, il bello è qualcosa che dovrebbe piacere universalmente, vale a dire a tutti
 Sotto l’aspetto della relazione, il bello è un accordo delle parti senza uno scopo preciso
 Sotto l’aspetto della modalità, bello è l’oggetto di un piacere necessario, e questo vuol dire che dovrebbe piacere a tutti

Il piacere che ricaviamo dai giudizi di gusto, nonostante sia sempre soggettivo, può essere comunicato ai nostri
interlocutori. Kant distingue tra bello e sublime: il bello nasce dalla limitazione dela forma; il sublime, al contrario, deriva da un
senso di smarrimento verso qualcosa che oltrepassa le categorie dell’Intelletto per la sua forza (sublime dinamico) o la sua
grandezza (sublime quantitativo o matematico).
Nel caso dell’arte, il bello non è solo qualcosa che scaturisce da un rapporto tra le facoltà dello spettatore, ma è il risultato
dell’opera di un artista. Per Kant è il prodotto di un genio, ossia colui che possiede il talento di poter dare una regola all’arte, che
viene considerato non come un insieme di regole ma come un dono di natura.
Kant sottolinea due aspetti dell’esperienza estetica: da una parte sembra impossibile definire un canone che stabilisca come
produrre un’opera bella, dall’altra, di fronte ad un capolavoro, si ha l’impressione che quell’opera sia perfetta.

IL GIUDIZIO TELEOLOGICO: C’E’ UN FINE NELLA NATURA?


Il giudizio teleologico è quel giudizio che noi formuliamo uando ci interroghiamo su quale sia lo scopo di un qualche fenomeno.
Ci sono alcune considerazione di cui bisogna tener conto:

 In primo luogo, a differenza di quanto accadeva con il giudizio estetico, il fine dell’oggetto non è colto in maniera
immediata ma concettualmente: “fine” è un’idea della ragione ed è un’idea oggettiva, nel senso che riguarda il fenomeno
e non il suo rapporto con un soggetto
 In secondo luogo, tramite l’applicazione delle categorie, noi potremmo formulare solo una minuscola parte delle leggi
naturali. Nei fenomeni fisica, tutto potrebbe essere spiegabile tramite il meccanicismo, e ogni finalità sempre essere
esterna, cioè applicata agli eventi dagli osservatori. Per per quanto riguarda la vita, la finalità sembra essere interna
all’oggetto di studi
Il giudizio teleologico, oltre che oggettivo, è materiale nel senso che riguarda l’esistenza degli essere viventi ed è interno e non
esterno. Gli essere umani si rappresentano il cosmo “come se” esistesse una qualche intelligenza superiore che avesse creato
l’universo per loro. Kant afferma l’esistenza di un’intelligenza intuitiva, che conosce le cose non tramite la sensibilità, ma in
maniera diretta.

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