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Il tema centrale della riflessione di Kant è se e come sia possibile fare della metafisica una scienza rigorosa e si pose come
obiettivo quello di chiarire limiti e compiti della metafisica e della ragione. Vi sono due teorie nel pensiero di Kant:
Da una parte, la distinzione fra la sensibilità (che rende possibile l’esperienza) e l’intelletto (che la organizza)
Dall’altra, l’idea che spazio e tempo siano forme dell’esperienza
Kant afferma che la lettura di Hume ebbe il merito di svegliarlo dal sonno dogmatico, convincendolo di alcuni punti centrali della
sua filosofia:
Nell’introduzione della Critica della Ragion Pura , Kant afferma che il compito della sua opera era quello di istituire un tribunale
che stabilisse quali sono le legittime pretese della ragione. Il filosofo è convinto che di fronte a questo tribunale i metafisici
hanno fatto dichiarazioni prive di fondamento e che gli empiristi abbiamo limitato le pretese della ragione.
Kant afferma è necessario fissare i limiti della conoscenza, stabilendo che cosa si possa conoscere e che cosa no. La sua ricerca
ha 3 elementi importanti:
1. In primo luogo essa è una questione di diritto (=stabilire “che cosa ha il potere di fare)
2. In secondo luogo l’analisi deve giungere a una descrizione di ciò che Kant definisce “la parte trascendentale del
conoscere”
3. In terzo luogo, afferma che la ragione deve essere giudicata dalla ragione stessa. Questo perché i limiti della ragione
sono i limiti della stessa conoscenza umana: si può affermare quindi che la Critica della Ragion Pura è un’autocritica
della ragione.
Un giudizio è analitico quando ciò che afferma il predicato è già implicito nel soggetto
Un giudizio è sintetico quando il predicato aggiunge qualcosa alla conoscenza del soggetto
Il principio di non contraddizione e la legge del terzo escluso sono sufficienti per stabilire la validità dei giudizi analitici.
Prima di Kant tutta la conoscenza era divisa in giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori. Secondo il filosofo sono
possibili anche i giudizi sintetici a priori come ad esempio 7+5=12: è sintetico (quindi amplia la nostra conoscenza) dato che 12
non è incluso nella definizione di 5 o di 7 e quindi ci dice qualcosa in più che prima non sapevamo.
Dunque, conclude Kant, presi in esame gli ambiti aritmetico, geometrico e fisico, si può affermare che esistono i giudizi sintetici a
priori.
Per Aristotele, le categorie sono categorie della realtà, con le quali era possibile dimostrare l’esistenza di un primo
motore immobile e giungere a conclusione sulla struttura del cosmo
Kant, al contrario, ritiene che le categorie siano categorie dell’intelletto. Sono concetti puri (= non derivano
dall’esperienza).
Locke affermava che la mente umana è come un osservatore chiuso in uno sgabuzzino che sbircia dal buco: Kant si chiede:
è possibile uscire dallo sgabuzzino? Ovvero, che cosa conosciamo tramite le categorie?
Il foro da cui sbirciamo si affaccia sul mondo o no? Ovvero, quanto è valida questa conoscenza?
Queste domande rappresentano il passaggio principale della Critica della Ragion pura: la deduzione trascendentale delle categorie.
Alle categorie di quantità, corrisponde lo schema del numero, per cui che ogni singola quantità non sarebbe concepibile
senza il concetto stesso di numero
Alle categorie di qualità corrisponde lo schema di grado, per cui ogni oggetto conoscibile ha un certo grado di proprietà
Alle categorie di relazione corrispondono le tre analogie dell’esperienza, che affermano la permanenza della sostanza, il
principio di causalità e la simultaneità
Alle categorie di modalità corrispondono i postulati del pensiero empirico, che affermano che cosa è possibile, che cosa
esiste e che cosa esiste necessariamente
Tutti i giudizi formulati tramite l’applicazione degli schemi sono giudizi sintetici a priori: quindi la mente umana applica in
maniera legittima le sue categorie alla realtà.
Se per realtà intendiamo una nostra qualsiasi esperienza o una esperienza di un qualsiasi nostro simile, si parla di
fenomeni, ovverosia di ciò che mi appare
Se ci interroghiamo su come sarebbe il mondo se noi non lo percepissimo, la risposta è una: l’unica cosa che possiamo
legittimamente affermare è che il mondo esterno esiste
La conoscenza si applica al fenomeno e non al noumeno. Il noumeno è cio che è pensabile ma non conoscibile.
Contrariamente a quanto aveva affermato Cartesio, Kant ritiene che gli essere umani non possono neppure conoscere se stessi
come sono realmente, ma solo come appaiono alla luce delle proprie categorie.
1. La prima è la prova cosmologica: essa afferma che ogni esistenza particolare implica l’esistenza di un ente necessario
che da ogni causa contingente si può giungere a una causa ultima che è Dio
2. La seconda è la prova fisico-teologica: essa afferma che l’ordine del cosmo presuppone la presenza di un ordinatore:Dio
La prova a priori è quella di Anselmo, che Kant definisce come prova ontologica: nella ragione si forma l’idea di un essere
perfetto con tutti gli attributi al massimo grado. Questi deve necessariamente esistere perché se così non fosse non avrebbe un
attributo, quello dell’esisitenza, e quindi sarebbe imperfetto, in quanto mancante di qualcosa.
L’esistenza della conoscenza non può essere stabilito a priori, ma a posteriori: l’esistenza non può mai essere dimostrata
analiticamente, ma in maniera sintetica a posteriori. L’esistenza è quella proprietà che permette di avere proprietà. Kant
conclude con esempio rimasto celebre: egli afferma che il concetto di 100 talleri differisce da 100 talleri reali solo per il fatto che i
primi non esistono e i secondi sì, dato che la differenza è osservabile ancor di più dal tentativo di pagare qualcosa di reale con
100 talleri immaginari e viceversa di pagare con 100 talleri reali per un oggetto immaginario.
Con questo esempio, Kant mostra uno degli aspetti fondamentali della sua filosofia: la ragione, tentando di varcare i limiti che
le impone l’esperienza, tenta di coniare una moneta falsa, con cui non è possibile comprare alcuna conoscenza reale del
mondo.
La Critica della Ragion pratica si pone l’obiettico di studiare le forme e le condizioni della vita morale. Kant afferma che in noi
esiste una legge morale, una voce della coscienza che ci dice che cosa fare. Nella Ragion Pura la conoscenza era necessariamente
limitata dal rapporto con l’esperienza; nella ragion pratica, al contrario, la conoscenza non deve essere limitata dal rapporto con
l’esperienza. La morale, per Kant, può essere di due tipi: autonoma (= si dà delle regole da dè) o eteronoma (= riceve le regole
da una fonte esterna). Per Kant, la morale può essere definita tale solo se è autonoma: quindi non può essere fondata a
posteriori ma a priori e indipendenti dall’esperienza. Affermare l’autonomia della Ragion pratica determina due conseguenze:
Kant afferma che per parlare di morale, è necessario che gli essere umani siano liberi nelle loro scelte: se così non fosse, se ogni
individuo compisse un’azione obbedendo a una legge di natura, non avrebbe senso parlare di azioni giuste o sbagliate.
Imperativo ipotetico: se vuoi x, devi fare y. Questi imperativi sono condizionati; sono ordini, ma comunque azioni in
vista di un fine
Imperativo categorico: devi fare x, senza alcun riferimento alle conseguenze. Queste sono ciò che Kant sta cercando: è
totalmente incondizionato e pienamente a priori, dato che non è vincolato in alcuna maniera dall’esperienza
Gli imperativi categorici non prescrivono qualcosa perché quest’azione sia buona, ma al contrario: un’azione è buona perché è
stata prescritta da un imperativo categorico.
Rigida verso se stessi, perché fissa in astratto un principio cui non si può modificare in alcuna maniera
Permissiva nei confronti del nostro prossimo, in quanto noi non abbiamo la minima idea di quali siano le sue intenzioni
e noi non abbiamo il diritto di dire che un’azione che conseguenze catastrofiche sia sbagliata.
Quali e quanti sono gli imperativi categorici? Kant risponderebbe che sono quegli ordini che sentiamo nella testa quando
compiamo un’azione, ma ciò non può andare bene perché lascia un margine di arbitrarietà troppo alto. Kant formula 3 criteri che
possano risolvere il problema:
1. Il primo è quello di agire come se la massima che guida la tua azione possa essere presa come un principio di
legislazione universale
2. Il secondo è quello che prescrive di trattare i propri simili sempre come un fine e mai come un mezzo
3. Il terzo pone l’enfasi sull’autonomia della volontà, che deve essere considerata come una legislatrice universale
Per capire se un’azione è buona basterebbe chiedersi “il principio che ispira la mia azione potrebbe essere universalizzato?”, e
quindi seguire la cosiddetta regola aurea: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
Nella Critica della Ragion Pura Kant si era proposto di esaminare l’Intelletto e quindi di fondare la conoscenza della natura,
mentre nella Critica della Ragione pratica Kant ha analizzato la ragione e l’ambito della libertà (esperienza morale).
Manca l’analisi di una facoltà intermedia fra il primo e la seconda, che faccia sì che i due ambiti non siano totalmente divisi e
questa facoltà e la facoltà di giudicare. Il giudizio, per Kant, consiste in un passaggio da un particolare a un universale.
Il filosofo indivia due tipologie di giudizio:
Il giudizio determinante: consiste nel far rientrare, sotto una legge universale, tramite una regola, un dato particolare.
Un giudizio determinante è qualcosa che noi imponiamo ai fenomeni in maniera inconsapevole
Il giudizio riflettente: consiste nel passare da un particolare a un universale, ma l’universale non è dato e non c’è una
regola che garantisca il passaggio dall’uno all’altro. Il giudizio riflettente è invece applicato non ai fenomeni ma al
pensiero stesso. Kant distingue due tipi di giudizi riflettenti:
Il giudizio estetico
Il giudizio teleologico
Sotto l’aspetto della qualità, bello è ciò che piace in maniera disinteressata
Sotto l’aspetto della quantità, il bello è qualcosa che dovrebbe piacere universalmente, vale a dire a tutti
Sotto l’aspetto della relazione, il bello è un accordo delle parti senza uno scopo preciso
Sotto l’aspetto della modalità, bello è l’oggetto di un piacere necessario, e questo vuol dire che dovrebbe piacere a tutti
Il piacere che ricaviamo dai giudizi di gusto, nonostante sia sempre soggettivo, può essere comunicato ai nostri
interlocutori. Kant distingue tra bello e sublime: il bello nasce dalla limitazione dela forma; il sublime, al contrario, deriva da un
senso di smarrimento verso qualcosa che oltrepassa le categorie dell’Intelletto per la sua forza (sublime dinamico) o la sua
grandezza (sublime quantitativo o matematico).
Nel caso dell’arte, il bello non è solo qualcosa che scaturisce da un rapporto tra le facoltà dello spettatore, ma è il risultato
dell’opera di un artista. Per Kant è il prodotto di un genio, ossia colui che possiede il talento di poter dare una regola all’arte, che
viene considerato non come un insieme di regole ma come un dono di natura.
Kant sottolinea due aspetti dell’esperienza estetica: da una parte sembra impossibile definire un canone che stabilisca come
produrre un’opera bella, dall’altra, di fronte ad un capolavoro, si ha l’impressione che quell’opera sia perfetta.
In primo luogo, a differenza di quanto accadeva con il giudizio estetico, il fine dell’oggetto non è colto in maniera
immediata ma concettualmente: “fine” è un’idea della ragione ed è un’idea oggettiva, nel senso che riguarda il fenomeno
e non il suo rapporto con un soggetto
In secondo luogo, tramite l’applicazione delle categorie, noi potremmo formulare solo una minuscola parte delle leggi
naturali. Nei fenomeni fisica, tutto potrebbe essere spiegabile tramite il meccanicismo, e ogni finalità sempre essere
esterna, cioè applicata agli eventi dagli osservatori. Per per quanto riguarda la vita, la finalità sembra essere interna
all’oggetto di studi
Il giudizio teleologico, oltre che oggettivo, è materiale nel senso che riguarda l’esistenza degli essere viventi ed è interno e non
esterno. Gli essere umani si rappresentano il cosmo “come se” esistesse una qualche intelligenza superiore che avesse creato
l’universo per loro. Kant afferma l’esistenza di un’intelligenza intuitiva, che conosce le cose non tramite la sensibilità, ma in
maniera diretta.