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È un periodo che va dal 1543, anno di pubblicazione del “De revolutionibus orbium
coelestium” di Copernico, al 1687, anno di pubblicazione dei “Principi matematici di
filosofia naturale” di Newton.
Identifica i suoi capisaldi in 3 punti fondamentali:
1. Contrapposizione tra ciò che è oggettivo o soggettivo, tipica di Cartesio, il quale
porta alla diffusione di un’idea di sapere scientifico che punta alla neutralità.
2. Matematica applicata ai fenomeni, tipica di Galileo.
3. Tecnica, ossia l’esperimento, tipica di Bacone, che sostiene la riproducibilità tecnica
dei fenomeni naturali, a favore di un dominio della natura.
GALILEO GALILEI
Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, segue corsi di arte e letteratura e viene iscritto dal padre a
medicina.
Lascia gli studi e si concentra sulla matematica, arrivando ad ottenere la cattedra nel 1589
all’università di Pisa, dove studierà la caduta dei gravi.
Nel 1592 passa ad insegnare all’università di Padova, dove vi resterà fino al 1610, anno in
cui, dopo le numerose osservazioni astronomiche, pubblica il “Sidereus nuncius”.
Ritorna all’università di Pisa e nel 1616 ottiene un’ammonizione dal cardinale Roberto
Bellarmino, e in quello stesso anno viene messa all’indice l’opera di Copernico.
Nel 1623 pubblica “Il Saggiatore”, contenente importanti considerazioni di tipo
metodologico, e nel 1632 pubblica il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, il
tolemaico e il copernicano”.
Viene condannato dalla chiesa e il 22 giugno 1633 fu costretto ad abiurare, e fu mandato in
confino ad Arcetri.
Pubblicherà i “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze” nel 1638
e morirà ad Arcetri l’8 gennaio 1642.
Il metodo Galileiano
È importante chiarire che Galileo non ha mai elaborato un metodo scientifico, ma ne ha
fatto solamente uso.
Per Galileo il metodo scientifico consisteva nel connettere le sensate esperienze alle
necessarie dimostrazioni.
Le prime costituivano la parte più concreta, erano basate sulla raccolta dati e
caratterizzavano il ragionamento induttivo e le dimostrazioni a posteriori.
Le seconde costituivano la parte più logica, erano basate sulle teorie e sulle ipotesi e
caratterizzavano il ragionamento deduttivo e le dimostrazioni a priori.
Il termine di connessione tra la due era appunto l’esperimento, fondamentale nella
riproduzione artificiale del fenomeno naturale.
È importante definire che le sensate esperienze non vengono identificate da Galileo nelle
esperienze di vita quotidiana, poiché esse sono spesso ingannevoli, ma sono elaborate a
livello scientifico-matematico, tramite la riflessione.
Il problema fondamentale del metodo galileiano riguarda il fatto che Galilei non definirà
mai quale delle due parti fosse la più importante.
BACONE
Francis Bacon, in italiano Francesco Bacone, nacque a Londra il 22 gennaio 1561, studiò a
Cambridge e passò alcuni anni in Francia, a Parigi.
Ricopre alcune cariche pubbliche e nel 1621 viene accusato di corruzione. Si ritirerà a
Gorhambury, dove morirà il 9 aprile 1626.
La sua opera più importante è il “Nuovo Organon” ossia “Nuovo Strumento”, opera in cui,
tramite una serie di critiche alla logica aristotelica, introduce una nuova logica, per via
della necessità di nuovi strumenti del pensiero.
L’introduzione di una nuova logica porta alla diffusione di una scienza che si identifica
completamente nella tecnica. Il cuore della nuova conoscenza è, di conseguenza,
l’esperimento.
L’esperimento porta alla comprensione della regolarità della natura, la quale garantisce
all’uomo l’acquisizione del dominio della natura (egli afferma che la scienza sia il “parto
maschio” mentre la filosofia sia il “parto femmina”).
Per comprendere la natura Bacone individua due tipi di procedure: quella a priori, basata
sulle “anticipazioni”, ossia leggi formulate prima dell’esperimento, e quella a posteriori,
basata sulle “interpretazioni”, ossia leggi formulate dopo l’esperimento a partire
dall’analisi della raccolta dati.
Bacone predilige la seconda, poiché supera le “anticipazioni”, riducendole a semplici
pregiudizi, che chiama “Idole” e dei quali l’uomo si deve sbarazzare.
Per Bacone esistono 4 tipi di pregiudizi:
1. IDOLA TRIBUS, ossia gli idoli della tribù, secondo i quali Bacone afferma che l’uomo
è portato di natura a formare pregiudizi, come quello che la natura sia armoniosa.
2. IDOLA SPECUS, ossia gli idoli della spelonca, che dipendono dal singolo uomo e
derivano dalle abitudini, dalla storia e dalle paure personali.
3. IDOLA FORI, ossia gli idoli della piazza, legati agli errori linguistici. Con Bacone si
inizia a parlare di filosofia del linguaggio.
4. IDOLA THEATRI, ossia gli idoli del teatro, legati alle dimostrazioni fallaci che i filosofi
e gli scienziati hanno effettuato durante la storia per via di una logica sbagliata.
L’unico modo di eliminare questi pregiudizi è l’esperimento.
Analizzando per esempio il fenomeno delle maree, Bacone suggerisce la suddivisione delle
osservazioni in 3 categorie, che prendono il nome di tavole: la tavola della presenza del
fenomeno, la tavola dell’assenza del fenomeno, e la tavola comparativa, ossia la presenza
del fenomeno in gradi diversi.
Egli afferma che è necessario eliminare la categoria dell’assenza del fenomeno poiché non
permette di comprenderlo, e afferma inoltre che è necessario iniziare a fare delle ipotesi,
che lui chiama istanze.
Le istanze, per Bacone, sono di due tipi:
1. Le prerogative, ipotesi che permettono di eliminare ed escludere alcuni dati.
2. Le cruciali, ipotesi che si permettono di connettere due casi ugualmente possibili e
che permettono di giungere alla risposta definitiva.
È necessario, quindi, predisporre l’esperimento e l’istanza cruciale, “experimentus crucis”,
che forniranno la risposta definitiva.
Bacone, sebbene propenda per l’area induttiva, decide però di astenersi al dibattito tra la
ricerca razionalista, basata sulla ragione e sulle dimostrazioni a priori, e la ricerca empirica,
basata sugli esperimenti e sulle dimostrazioni a posteriori. Egli, infatti, paragona i primi a
dei ragni che tessono da soli la loro tela, i secondi a delle formiche che accumulano
granello per granello, e decide invece di paragonarsi a un’ape che prende da sé il polline e
lo trasforma in miele.
Infine Bacone ragiona, tramite la sua teoria delle cause, sull’utilità delle cause aristoteliche.
Proprio come Galileo afferma che esse siano troppe ma pensa che quella efficiente non sia
la causa in grado di dare e formulare le leggi.
Bacone sostiene la causa formale, poiché afferma che essa può portare alla definizione di
una legge di natura, caratterizzata da una struttura, in grado di cogliere la stabilità dei
corpi, e da uno schema, in grado di cogliere il divenire dei corpi.
CARTESIO
René Descartes nasce il 31 marzo 1596 a La Haye, in Francia, ed è considerato il padre del
razionalismo.
Tra il 1619 e il 1630 scrive la sua prima opera, costituita dalle “Regole per dirigere
l’ingegno”.
Dopo aver partecipato alla Guerra dei Trent’Anni si stabilisce nel 1628 in Olanda, dove
pubblicherà il “Discorso sul metodo” nel 1637.
Nel 1641 pubblicherà le “Meditazioni sulla filosofia prima”, e morirà a Stoccolma l’11
febbraio 1650.
SPINOZA
Baruch de Spinoza nasce ad Amsterdam il 24 novembre 1632, e muore il 21 febbraio 1677
all’Aia.
Tra le sue opere più importanti troviamo i “Principi di filosofia cartesiana. Pensieri
metafisici” del 1663 e il “Trattato teologico-politico” del 1670. Molte altre opere verranno
invece ritrovate e pubblicate dopo la sua morte.
Spinoza vede la filosofia come la via verso la salvezza esistenziale, fondamentale nella
ricerca di un bene vero che si opponga ai beni universalmente agognati dagli uomini, che
sono in realtà beni vani poiché non appagano, sono transeunti e generano perlopiù
inquietudini. È importante chiarire in realtà che Spinoza non vuole colpire i beni comuni in
quanti tali, ma li critica quando essi vengono scambiati per il sommo bene, deviando il
percorso verso il raggiungimento di esso.
Le più importanti considerazioni di Spinoza sono espresse nell’opera “Etica dimostrata
secondo l’ordine geometrico”, che si identifica in realtà in una sorta di metafisica, e che è
una sorta di enciclopedia delle scienze filosofiche.
All’interno dell’opera Spinoza introduce il suo metodo geometrico, basato appunto su
assiomi, definizioni, proposizioni, dimostrazioni, corollari e scolii. Egli introduce l’idea di
una filosofia razionale e geometrica che lega la matematica alla geometria.
Il primo passo per la comprensione della filosofia di Spinoza riguarda la comprensione della
sua idea di sostanza, idea che si oppone alla visione greca dell’unione di forma e sinolo, ma
anche alla visione cartesiana. Egli afferma, infatti, che la sostanza è “ciò che è in sé e per sé
si concepisce, ossia ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa da cui
debba essere formato”. Con la prima parte della frase Spinoza chiarisce che la sostanza è
autosufficiente e auto sussistente, mentre con la seconda chiarisce che è un concetto che
per essere pensato non ha bisogno di altri concetti, e gode di conseguenza di una totale
autonomia ontologica e concettuale.
Spinoza definisce poi anche delle proprietà della sostanza. Essa è: increata, poiché è causa
di se stessa, eterna, unica, infinita. Queste caratteristiche permettono di identificare la
sostanza in Dio, il quale diventa per Spinoza principio del sapere. Per la dimostrazione
dell’esistenza di Dio, Spinoza accetta le dimostrazioni tradizionali sia a priori che a
posteriori. Per Spinoza Dio diventa la natura, come esprime nella frase “Deus sive Natura”,
e da questa affermazione deriva una sorta di panteismo spinoziano.
Spinoza chiarisce poi che della sostanza è possibile analizzare gli attributi e i modi:
1. GLI ATTRIBUTI: gli attributi sono “ciò che l’intelletto percepisce della sostanza
come costituente la sua stessa essenza”, ossia le qualità essenziali della Sostanza.
La sostanza, secondo Spinoza, ha due attributi necessari ed assoluti: il pensiero(res
cogitans) e l’estensione(res extensa). Come per Cartesio, l’uomo può conoscerli, ma
vi è una differenza, poiché Cartesio afferma che essi sono i soli che costituiscono la
sostanza, mentre Spinoza afferma che essi sono gli unici che l’uomo è in grado di
percepire.
2. I MODI: i modi sono “le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro, per mezzo
del quale è anche concepito”, e sono però modificazioni accidentali, contingenti. A
loro volta sono suddivisi in: modi infiniti, che sono proprietà strutturali degli
attributi stessi, o modi finiti, che sono invece esseri particolari.
Spinoza afferma quindi che la sostanza, ossia Dio, si rispecchia completamente nella natura
ed è di conseguenza estesa fino ad occuparla completamente. Per via di questa estensione,
Spinoza afferma che la Natura, essendo l’unica realtà esistente, risulta nel contempo
madre e figlia di se medesima, distinguendo tra Natura naturante(Dio e i suoi attributi,
considerati come causa) e Natura naturata(l’insieme dei modi, considerati come effetto).
Poiché l’attività produttrice determina un prodotto interno a essa, si parla di causalità
immanente. Questa causalità immanente, che corrisponde alla causalità divina, è
totalmente libera, poiché Dio, che risulta essere libero e necessitato nel tempo, agisce
seguendo le sole leggi della propria natura. La libertà dell’agire di Dio consiste, quindi, nella
sua necessità(libertà necessitata), cioè in conformità alle leggi della natura divina, che
seguono precisamente uno schema, un ordine geometrico-matematico.
Spinoza, inoltre, rifiuta fermamente le cause finali, poiché le considera inesistenti, e poiché
pensa che l’uomo rischi di arrivare a vedere solo il mondo creato per lui.
Spinoza vede, poi, l’uomo come un essere vivente caratterizzato da una sorta di etica alla
base della quale troviamo lo sforzo all’autoconservazione, che egli chiama “Appetito”. In
questa ottica il corpo viene totalmente rivalutato, poiché anche esso deve perseguire
questo spirito di autoconservazione. Di conseguenza è netta la divisione tra ciò che è male
e ciò che è bene, sia a livello del corpo che a livello dello spirito.
In aiuto di questo spirito di autoconservazione giunge, infine, la ragione, in grado di
raffinare l’istinto umano, definendo in maniera chiara e distinta quello che vuole
veramente. Tramite la ragione è possibile quindi scoprire ciò che si vuole veramente,
arrivando anche a regolare il rapporto con gli altri.