Sei sulla pagina 1di 64

Istituzioni di storia della filo moderna

23 – 02
Integrare il profilo degli autori trattati nel corso
Rinascimento e modernità
La prima parte del rinascimento (fine ad 1500) difficilmente viene periodizzata come età
moderna. L'età moderna è caratterizzata da:
1. Progresso
2. Lotta al dogmatismo
3. Sistematizzazione del pensiero
4. Centralità dell’intelletto/ ragione
5. Matematizzazione della lettura della natura
L'età moderna si autorappresenta come l’età della rivoluzione scientifica (al contrario l’età
rinascimentale viene definita dai moderni come età ascientifica), si ricerca di una
enciclopedia del sapere (sistematizzazione del sapere) che si contrappone ad una forma
disorganizzata di conservazione del sapere nel rinascimento; importante è l’intelletto
umano (quasi come se il rinascimento fosse l’epoca della fantasia e delle altre facoltà
umane). Il tema del progresso si lega all’età della rivoluzione scientifica, guidata da
intellettuali che volevano cambiare la struttura del sapere, proponevano una visione
progressiva
Le due età però devono essere studiate senza attribuirgli connotazioni opposte, in quanto
con questi parametri perdiamo aspetti fondamentali e non le comprendiamo nella loro
totalità.

Il punto di snodo fra l’uno e l’altro è rappresentato dalla rivoluzione scientifica: inizialmente
“rivoluzioni scientifica” erano alcuni fenomeni, alcune interpretazioni naturali, l’esperienza e
l’esperimento che poi diventano caratteristici di un’epoca e caratteri identificativi di
un’epoca;

Ma cos’era davvero e come vivevano gli uomini dell’età della rivoluzione scientifica? Ad
esempio Keplero aveva la mamma maga, era stata portata a processo accusata di aver causa
malattia della figlia di una vicina. Egli difende la madre, abbandona la scienza, studia i
documenti del processo e la difende; scriverà poi un testo “il sogno” in cui racconta/
presenta, con l’espediente del sogno, l’astronomia copernicana. L'opera tratta di due uomini
sparati sulla luna e racconta la deformazione fisica che subiscono, come viene vista la terra
dalla luna, parla di cosa scoprono questi personaggi sul nostro satellite; fra queste persone
c’è la madre ed è descritta con caratteri di una maga. Presenta una delle figure deputate a
illustrare la teoria cosmologica copernicana come una maga: si ha quindi un mix di magia e
scienza in Keplero. (le maghe si coprono il capo, si velano, questo perché la pratica magica
lavora con forze non immediatamente comprensibili, ignote, e di fronte all’ignoto bisogna
velarsi; è anche una forma di protezione rispetto a queste forze)
Anche Galileo faceva oroscopi e leggeva le stelle anche se non era un astrologo, questo lato
conviveva in lui con la prospettiva dello scienziato che studia i pianeti (Giove) con telescopio
per fini diversi rispetto a quelli di un astrologo.

Filosofo/ astronomo/ astrologo vengono usati come sinonimi, se ne ha una sovrapposizione


ad esempio in Keplero. In generale l’astronomo studia l’aspetto/ la configurazione del cielo
per capire la dinamica e la cinematica degli astri, mentre l’astrologo vuole vedere come gli
astri influenzano la terra sia in natura che non (come influenzano gli imperi e il loro futuro).

Quindi definire il rapporto fra rinascimento e prima età moderna è difficile; inoltre, questo
problema si intreccia con il problema di tipo storiografico: se la storia è lo studio di ciò che è
davvero avvenuto, la storiografia si occupa del modo in cui i fatti sono stati narrati. La
storiografia ha un ruolo fondamentale nel definire questo rapporto in quanto ci son dei
momenti che hanno definito queste due età.
I rinascimentali ritenevano di dover riportare alla luce i testi dell’antichità greco – latina,
eliminando da questi testi le deviazioni lessicali ed interpretative della lettura medievale. Gli
autori del rinascimento ritenevano che gli interpreti medievali avessero corrotto i testi
antichi deformando e rovinando le parole di personaggi come Platone o Aristotele; volevano
far recuperare la vera sapienza. Petrarca dice che vuole studiare Aristotele per quello che
egli aveva effettivamente detto, non vuole leggerlo mediato da altri. Gli autori
rinascimentali mettono in atto un processo filologico di nuovo approccio al testo degli
antichi, recuperando la parola di antichi.

Il recupero dell’antico è un elemento nuovo rispetto a quello che era stato definito nelle età
precedenti. Essi recuperano oltre ad Aristotele anche le tradizioni astrologiche, i testi degli
autori neoplatonici, Plotino, Porfirio (…), tradizioni che guardano all’esperienza ermetica (i
testi ermetici sono nati da un assemblaggio, gli si attribuiva antichità in quanto un testo
antico è più puro, ma nel 1614 Casobon spiega che non sono davvero antichi e sono
successivi all’età di Cristo) nella quale c’è un’unione fra scetticismo, teologia, elementi
platonici...
Il recupero era attuato per via di prospettive che facevano leva sul tema dell’uomo
demitizzato; infatti, questo ritorno all’antico con base filologica restituisce anche l’umanità
agli antichi.
Newton possedeva un baule (ritrovo nel 1940 a Cambridge dall’economista Kelsen) al cui
interno c’erano testi di ordine alchemico; Newton era uno scienziato ma non solo, anche in
lui si riscontra una contaminazione di discipline.

Dunque, possiamo ritenere l’età moderna come l’età della scienza? Il confine fra
rinascimento ed età moderna è legittimo? I personaggi dell’età moderna sono molto più
complessi e articolati che ci mostrano come questa età sia davvero ricca di prospettive,
porosa; è difficile collocare un’esponente come Galileo da una parte o dall’altra. È un’età di
contrari che si intrecciano.
Campanella scrive dalle carceri “L’apologia di Galileo” (condannata nel 1616), opera
dedicata alla difesa di Galileo; i due hanno però una visione diversa del rapporto fra uomo e
natura e, per questo, motivo Galileo tenterà di occultare l’opera campanelliana.

24-02
Il tema della natura
Telesio, Bacone e Campanella: sono chiamati filosofi ibridi in quanto stanno a cavallo fra le
due età.

La tradizione italiana della filosofia è importante in quanto presente nei nuclei principali
della filosofia moderna (da Bruno a Galileo a Beccaria, che scriverà “dei delitti e delle
pene”). Anche alla corte inglese circolano la filosofia e la cultura italiana, la stessa regina
Elisabetta I aveva opere in italiano, inoltre venivano stampate opere in volgare (italiano); ciò
significa che c’era un pubblico interessato e in grado di leggerli: Shakespeare stesso
conosceva la cultura italiana.

Telesio: Calabria 1509 – Cosenza 1588


Egli veniva citato e letto anche al di fuori dei confini italiani, soprattutto in Italia e in
Inghilterra; Bacone gli dedica un testo de principi originibus (pubblicato postumo, nel 1653,
ma risale all’inizio della sua attività); in questo testo Bacone ci presenta la sua idea di natura
e la legittimizza usando il pensiero telesiano.
Telesio scrive molto (al sud Italia, al tempo sotto la dominazione spagnola) ed è noto
soprattutto per l’opera de natura iusta propria principia di cui avremo tre redazioni (1565 –
1570 – 1586) in cui amplia o elimina certi argomenti. Qui presenta la sua idea di natura e il
rapporto che c’è fra l’uomo e la natura, dando molta rilevanza al ruolo naturale.
In ogni azione che l’uomo compie (sensibilità, affetti...), il motore dell’azione è la natura.
Bacone critica questo aspetto perché ha una posizione diversa; è il filosofo della rivoluzione
industriale e propone l’accesso alla conoscenza della natura tramite un nuovo metodo e
tramite l’operatività dell’uomo nei confronti della natura stessa (che può essere conosciuta
solo se agiamo su essa). Per Telesio è l’ambito naturale che entra in contatto con l’uomo,
senza il quale l’uomo non avrebbe né la conoscenza sensibile né quella intelligibile. Per
Bacone la filo di Telesio è “pastorale”.
Per Telesio ci sono due grandi corpi:
1. Il Sole: emana caldo
2. La Terra: emana freddo

L’alternarsi di questa contrapposizione caldo/freddo e alla diversa miscela contribuisce a


spiegare la realtà delle cose (dalla più semplice fino alle cose più elaborate come gli
organismi statali). A queste contribuisce anche lo spiritus, che deriva dal liquido seminale
degli esseri animali, è un’entità materiale ed è la parte più sottile e rarefatta della materia.
NB: lo spiritus non va confuso con l’anima, non dobbiamo proiettare la nostra visione su
autori e pensieri antichi (un intellettuale che lo dice è Brucker)
Tutti gli enti che si sono formati dalla dinamica dei contrari e con l’azione dello spirito si
mantengono grazie al principio di conservazione: cercano ciò che li può mantenere o
rafforzare e cercano di evitano ciò che per loro è dannoso e distruttivo.
Lo stesso processo di conoscenza avviene tramite una spiegazione di tipo naturale in quanto
gli oggetti esterni toccano i sensi che per Telesio hanno un ruolo passivo (Bacone lo critica).
Gli organi di senso sono per lui sono i canali attraverso cui entra nel corpo l’elemento
esterno, ed entrando nel corpo lo modifica e attraverso lo spiritus il corpo avverte la
modificazione. Da qui, attraverso la memoria e “l’intendere” si arriva alla forma di
conoscenza successiva ovvero l’intelletto; la conoscenza intellettuale per Telesio è fragile in
quanto lontana dal contatto diretto con l’oggetto.
————————————————
- Alternanza caldo freddo
- Ruolo passivo della materia su cui c/f agiscono
- Ruoli dello spiritus

—————————————————
“L’oggettività della natura” (1560/1580) - Il proemio
Critica il metodo dei suoi predecessori ed è consapevole della presenza di una
contrapposizione; essi hanno prodotto dei discorsi fra loro contraddittori.

C’è anche la consapevolezza di contrapporsi agli autori passati, soprattutto ad Aristotele (di
cui è fortemente critico) e a coloro che si fecero portavoce delle sue teorie
(aristotelismo). In quanti sostiene che sia impossibile che discorsi in
contrapposizione diano una lettura verace della realtà.

Come possono parlarci di verità se sono contraddittori?


Il primo motivo/ causa è dovuto alla superbia dell’uomo, il quale ha troppa confidenza nelle
proprie capacità. In generale si dice che sia l’età della centralità dell’uomo ma Telesio,
Bacone e Spinoza sottolineano invece come sia facile per l’uomo sbagliare, che per la sua
superbia parla quasi come se fosse Dio e proietta sugli oggetti proprietà che questi non
hanno.
“Come se gareggiassero con Dio”: è diverso da Galileo che ci dice che conosciamo come Dio
in termine di precisione (usando la matematica che è il modo in cui Dio ha formato la
natura; conoscendo la matematica possiamo conoscere la natura). Telesio non aveva messo
a fuoco l’importanza della matematica e fonda la sua critica alla conoscenza umana facendo
leva sulla superbia.
Cominciamo a vedere la necessità di un rinnovamento del metodo della conoscenza. Lo
esplicita meglio Bacone (novo organum), ma Telesio riesce a mettere a fuoco il problema.
Qui si trovano le basi dei problemi della rivoluzione scientifica.
Telesio non si sente né simile a Dio né ai suoi predecessori, vuole illustrare un percorso
conoscitivo puramente umano, che consiste nel conoscere grazie a ciò che il senso rivela (si
compara il percepito con ciò che si percepisse e questo con ciò che ricordiamo di aver
percepito Conoscenza approfondita tramite la comparazione con la memoria).
In questo proemio Telesio ci dice che non troveremo tante elaborazioni nel suo testo, ma
comunque le cose che ci dice non saranno in contraddizione fra loro né con la realtà delle
cose. Ciò avviene al di fuori di ogni influenza divina.

(Ricordiamo che Telesio scrive negli ultimi anni del 500 in un periodo di piena espansione e
vigore dell’azione della Chiesa e dell’Inquisizione, in un’Italia dominata da spagnoli).
La natura telesiana è costante e regolare, senza elementi di particolare novità; può essere
articolata nei suoi processi rispetto ai quali non transige; ciò mi porta a pensare che se
considero un effetto una o due volte si produrrà sempre così, dunque, ciò che si verifica con
i sensi risulta vero. Ma esiste una verità rivelata nella sacra scrittura (dettata da Dio),
l’insegnamento della chiesa cattolica è depositario della realtà rivelata, se i sensi vanno
contro questo insegnamento allora non si devono ascoltare.
Questo sarà importante per il processo di Galileo; attorno a questa questione dal 1540 al
1630 si discute e dibatte a proposito di ciò. Nel 1546 Tolosani scrive per la prima volta in
Italia dei commenti su Copernico in cui lo critica, il problema è che la dottrina copernicana si
oppone al dettato biblico: questo suo testo viene usato nel 1616 da coloro che
condanneranno Copernico, Foscarini. Attorno a questa questione, ovvero a ciò che c’è nella
natura / ciò che posso leggere della natura e ciò che c’è nella scrittura sono i temi su cui si
giocheranno tutte le lettere Copernicane di Galileo
Galileo scrive 3 lettere (1613-1615)
1. Benedetto Castelli
2. Pietro Domini(?)
3. Cristina di Lorena (?)
In cui si concentra / lavora su questo aspetto; egli sente la necessità di individuare
l’autonomia della ricerca umana. Galileo ragione sul fatto che sia la sacra scrittura che la
natura sono opere di Dio, allora la natura non può mentire (≠ da Telesio che sovraordina la
scrittura alla natura).
Nella sua sinteticità, questo proemio indica aspetti centrali della tematica telesiana
- La tematica del senso
- La ricerca di un nuovo metodo della conoscenza umana
- Difficoltà di confrontarsi con la sacra scrittura
Telesio non avrebbe potuto essere favorevole alla teoria copernicana.
Il fatto che la testimonianza sensibile deve essere rigettata sarà la posizione dei padri
inquisitori, come Berlarmino, coinvolto nel processo di Bruno (lo condanna a morte) il quale
prese parte anche alla condanna di Galileo.
Egli scrive a Foscarini (padre carmelitano anche lui condannato nel 1616) e dice
esplicitamente che se il senso dà un risultato contrario alla scrittura va rigettato il dato
sensibile o trovare il modo di leggere alla lettera (non metaforico) la scrittura in modo che ci
sia consonanza fra dato sensibile e scrittura. Può esserci un errore di lettura nella scrittura
ma la scrittura non sbaglia.
Brano n2: come agiscono i principi agenti (caldo e freddo)
Appoggia la teoria eliocentrica, è un tolemaico. (Bruno scrive un’opera in cui interpreta
filosoficamente la teoria di Copernico; al tempo, dunque, le teorie copernicane erano già
note.) ritiene che la terra sia ferma e il sole si muova in modo continuo e circolare.
Il Sole emana calore; gli viene associata la luce, lo splendore, la leggerezza… alla Terra invece
quando il suo influsso non è contrastato dal sole diffonde freddo; gli viene associato buio,
spessore e pesantezza (attorno ai due principi agenti si coagulano parole che individuano
costellazioni contrapposte).
Ritroviamo l’elemento della contrarietà, sole e terra sono contrari e i loro poteri sono
equivalenti, l’uno raffredda / scalda l’altro. Azione uguale e contrapposta.
Il sole rimuove dalla terra le sue facoltà e introduce le proprie. È una natura stabile ma non
immobile, c’è tensione, gli enti mutano e cambiano, c’è dynamis. Non c’è squilibrio,
altrimenti uno diventerebbe più forte dell’altro e tutto verrebbe meno (senza caldo non c’è
vita, troppo calore uccide).
Sia il Caldo che il Freddo sono due elementi incorporei, entrambi permeano le cose, anche le
più dense e profonde, in modo uniforme e omogeneo, si collocano nella totalità del corpo
(ciò non potrebbe accadere se fossero corporei).
La terra non è costituita unicamente dal freddo, il sole e gli altri corpi celesti non sono
costituiti unicamente dal freddo ma anche da una massa corporea/ materia, che è passiva,
inerte. Questa si espande, si dilata, si condensa, si contrae, non ha un moto proprio ma è
mossa dai principi del caldo e del freddo (cosmogonia telesiana).
La materia è stata creata da Dio, ciò non si dice per il caldo e il freddo. Ciò riduce ancora di
più l’azione divina nella natura.

3 –03

Campanella: Calabria 1568 – Parigi 1639


Nasce in Calabria nel 1568 a Stile e muore a Parigi nel 1639 dopo aver passato 27 anni nelle
carceri dell’inquisizione, accusato di aver tramato contro il regno spagnolo (avrebbe guidato
un gruppo per restaurare una repubblica filosofica scardinando il potere del governo
spagnolo); inoltre fu accusato per aver sostenuto delle tesi non in linea con la dottrina
chiesa romana.
Campanella era un frate, formato all’interno della cultura dominicana, conosceva Copernico
e Aristotele e gli autori medievali che a loro volta avevano studiato Aristotele (come
Tommaso, amato anche da Bruno).

Egli coglie la novità della dottrina telesiana e segue Telesio nella sua critica ad Aristotele, in
particolare allo scolasticismo che vi si rifà. Campanella segue i funerali di Telesio e in
quell’occasione scrive un componimento dedicato a lui.
La sua prima opera “philosophia sensibus demostrata” (primi anni 90 del 500), è intrisa del
naturalismo telesiano, in particolare dei 3 elementi da cui dipende la costituzione di ciò che
esiste (caldo, freddo e materia); come già visto, per Telesio la natura è stabile ma non
statica, è una realtà in continuo movimento in cui Dio è chiamato in causa solo come
creatore della materia. Nella filosofia telesiana c’è una sorta di parmenidismo che viene
ripreso da Campanella con importanti innovazioni / cambiamenti: a differenza di Telesio,
nella filosofia di Campanella c’è una fortissima istanza religiosa, il suo pensiero ne è intriso.
La sua religiosità non guarda però alla struttura dell’istituzione (la chiesa) ma guarda
all’elemento spirituale, che crea uno stretto legame fra l’uomo e il mondo e Dio. Per
Campanella il mondo è stato creato da Dio secondo dei processi in cui agiscono anche
l’alternanza del caldo e freddo, i contrari che rendono mobile e vivo il mondo e la realtà (…),
ma c’è una vibrante esigenza di vitalità, in particolare nelle sue poesie.
È durante il periodo del carcere che scrive la maggior parte delle sue opere, usando per lo
più materiale mnemonico (pochi libri a disposizione):

- Philosophia sensibus demostrata: opera giovanile molto articolata


- La Città del Sole: testo breve ma efficacie, della tradizione utopica
- De Sensu Rerum et Magia (”il senso delle cose e della magia”): scritto in latino nel
590, tradotto da Campanella in volgare durante il periodo del carcere (fine anni 590,
inizio 626).
Nel periodo del carcere sta nel carcere duro, in particolare nella fossa, un luogo ricavato
nelle segrete di Castel Sant’Angelo, senza luce e senza presa d’aria diretta. Qui subisce
tortura: viene disarticolato e resta disteso per 7 mesi, subisce 40 ore di tortura della ruota
(volta alla disarticolazione) e del cavallo (sospeso sopra una punta acuminata). Dopo la
tortura, volta ad ottenere una confessione, non cede e dagli atti processuali risulta la
testimonianza di un secondino che quando lo raccoglie dal cavallo e lo riporta in prigione
dice di aver ascoltato Campanella dire, in modo duro e icastico, se pensassero che si sarebbe
autodenunciato; questa non viene riconosciuta come confessione in quanto pronunciata
difronte ad una sola persona; è stata la pazzia, secondo gli inquisitori, a farlo esprimere così.
Ci sono due personaggi importanti
1. Adami: è un intellettuale tedesco che prova ad aiutare Campanella e si impegna per
far pubblicare le sue opere in terra tedesca.
2. Shopper /Scioppio: opera anch’egli in terra tedesca e si offre di aiutare Campanella;
è un luterano transitato alla chiesa cattolica ed è colui scrive la prima testimonianza
del processo di Bruno per cui non aveva simpatia. Nei primi anni del 600 entra in
contatto con Campanella, gli promette di pubblicare le sue opere ma in realtà se ne
appropria.
Sempre in carcere Campanella scrive:

- La Metafisica
- I libri XVII - XVIII della Teològia
- Compone un “Canzoniere”: è una raccolta di componimenti con commenti
dell’autore; si rifà alla cultura italiana, infatti, sono presenti molti richiami danteschi.
Nell’opera si pone obiettivi; si sente un predestinato, anche a livello fisico (volto
punteggiato da 7 bitorzoli, dice che sono come i 7 pianeti, riporta dunque sul volto i
7 corpi celesti, ciò rappresenterebbe l’impronta della costituzione dell’universo.
Chiamandosi Campanella trova anche uno pseudonimo “Settimontano Squilla”)
questa predestinazione era volta a smascherare l’ipocrisia che regnava nel mondo
culturale, politico e religioso.
Sonetto “dalle radici de’ gran mali del mondo”: (appunti sulle dispense)
Dal punto di vista politico è oppositore dei machiavellisti, critica la degenerazione del
pensiero machiavelliano, in quanto si tratta di una politica che non coglie la coesione
all’interno dello stato; la coesione è un modo per onorare Dio.
Scrive altre opere politiche
- Monarchia di Francia
- Monarchia di Spagna
- Dialogo contro i luterani
(opere di tema etico-politico)
Obiettivo: Vuole un governo più universale possibile, con la maggior parte delle espressioni
esistenti, in quanto l’unità politica e la faccia terrena dell’unità divina. Campanella cerca dei
sovrani e delle forze politiche che possono accogliere tale eredità e proporsi come immagine
della bontà divina; individua questa figura del re di Francia poi il re di Spagna e nel Papa.
Telesio viene proposto come base di questa rivoluzione filosofica; in particolare si scaglia
contro i luterani, i quali sono “la corruzione del mondo religioso” perché demoliscono il
valore dell’azione dell’uomo per valorizzare l’ascolto della parola di Dio il quale concede la
grazia. Per Campanella non è così, Dio ama la sua creatura e non gli nega la grazia, la
creatura è chiamata a riflettere/ riconoscere questo amore (“epilogo magno”)
Nel 26 esce dal carcere e va in Francia presso la corte e muore lì.
Brano 1.

Il vuoto per lui non esiste in quanto c’è la necessità di espansione dell’essere, nel vuoto è
presente il nulla, che è contrario alla pienezza di Dio. Spiega anche come si riempie il vuoto
e il rapporto fra il vuoto e lo spazio
Brano 2.
Presenta le diverse idee di magia che Campanella ha formulato e le colloca in ampio ambito;
nel brano richiama Della Porta, un grande mago che scrive nel 1558 “la magia naturale” in 4
libri e poi in 19. Un libro è dedicato all’agricoltura, un altro all’ottica… la sua è una riflessione
a cavallo fra il pensiero magico (richiamo della simpatia universale, della connessione di
tutte le cose) e pratiche “concrete” volte ad esempio a migliorare l’agricoltura o spiegare
fenomeni ottici. Della Porta è stato anche uno dei personaggi che, con Galileo,
componevano l’accademia dei Lincei (fondata nel 1604 dal principe Federico Cesi, Francesco
Stelluti, Anastasio De Filiis e Johannes Van Heeck); questa accademia che aveva come
simbolo lo sguardo della lince (penetra le cose) era volta a valorizzare lo studio della natura,
l’esperimento e la catalogazione della realtà.

Campanella nella sua magia critica la prospettiva magica dj Della Porta perché ritiene che DP
si sia soffermato “in superficie”, alla storia, della magia, senza andare nella sua profondità.
Elementi della riflessione campanelliana
- Sapere operativo e non contemplativo
- La vera magia è utile al genere umano e deve operare così in quanto il mago è
consapevole che la natura è Dio infuso in ogni cosa (“la natura è il tempio di Dio”)
dunque la sua azione non può essere contraria a questa presenza divina.
Questa religiosità diventa uno dei modi con cui l’uomo può relazionarsi a Dio; la natura
acquista questo enorme valore. Il problema è come da una unità (divina) si crea il molteplice
(“Teologia”, libro III)
*leggi testo T12*
Come si spiega la molteplicità, la contraddittorietà, l’esistenza del male?
Dio, essendo uno, non produrrebbe che l’uno; ciò è impossibile dunque produce da
un’estranea materia o dal “nulla” ma non può produrre da una materia estranea a se stesso
perché lo limiterebbe, non c’è niente al di fuori di Dio. Produce dunque dal nulla: le cose
create partecipano l’ente sommo ma non lo toticipano in quanto esse non sono l’ente
sommo (si collegano a “partecipano” che fa riferimento alla parte; “toticipare” fa
riferimento alla totalità) elemento divino + nulla.
Stabilisce 2 principi metafisici della realtà che costituiscono tutte le cose:
1. L’ente
2. Il nulla
Il nulla non ha una realtà fisica (io sono un ente che partecipa “dell’essere” ma allo stesso
tempo del “nulla” perché non sono un libro, un telefono, un qualsiasi oggetto X; mi definisco
individuo tramite negazione. Il nulla non è Dio (altrimenti non è Dio) né fuori di Dio
(altrimenti Dio è finito). Tutte le cose sono essere e non essere, in quanto “sono” ma “non
sono” molte cose. Il nulla è usato da Dio per sottolineare la distinzione degli enti all’interno
del mondo.
Tutti partecipano di Dio e al contempo del nulla. Distingue dunque il mondo da Dio: non c’è
una prospettiva panteistica in Campanella (mondo non è Dio).
Il mondo è potenzialmente infinito. Dopo l’opera di Copernico in cui espone la sua dottrina,
per qualche decennio l’indagine astronomica si basa sui suoi calcoli, anni 70 del 500 invece
ci si domanda quale sia la costituzione dell’universo, chiedendoci se sia finito o no. (Bruno,
infinitista; Keplero, come Galileo, è più scettico)
Le basi della cosmologia di Campanella sono ≠ da quelle di Galileo; anche gli strumenti
d’indagine della natura sono ≠: per Campanella ok magia, per Galileo la matematica. Ciò che
li accomuna è la domanda.
L’universo non toticipa l’infinito ma ne partecipa.
[Il concetto di Dio dopo Auschwitz – Hans Jonas: come spiego il male dopo questo evento?
Quinzio (teologo) risponderà che è necessario pensare ad un Dio non onnipotente.]
Campanella si chiede come spiegare il male (scrive in un carcere, torturato e limitato nella
sua libertà, la sua esperienza personale influisce e viene proiettata in uno schermo di ordine
universale). Egli dice che nessun male è nel mondo come sostanza ma solo come
“rispettività”, sta all’interno in una riflessione logica (ex fuoco il male rispetto al ghiaccio ma
non rispetto se stesso). Il male si coglie dal punto di vista di una corrispondenza, in una
relazione che permette o impedisce l’autoconservazione degli enti. Ciò che la ostacola è
male, ciò che lo favorisce è bene. Ogni ente è buono considerato di per sé; il male sorge dal
non-ente ed è causato per accidente (vedi testo)

L’idea che unisce i pensatori dell’epoca è quella della realtà come gioco di contrari in
tensione senza i quali ci sarebbe l’espansione di un solo elemento che causerebbe
l’annichilazione degli altri, dunque, il trionfo del non-essere (incompatibile con l’essenza
Dio). I contrari quindi garantiscono

- Molteplicità e vitalità della realtà


- Permanenza/ sussistenza della realtà
Rispetto a ciò che accade si realizza anche il male che, però, non ha origine divina e in
generale non ha una causa agente, ma si genera per accidente (Dio lascia le cose nella loro
nichilità).
L’elemento accidentalmente negativo viene usato dalla divinità per
- Glorificare il martire
- Esprimere aspetti divini di coloro sono oppressi
Dunque Dio usa il male (proveniente “dal nulla”) per distinguere gli enti.

Risposta al VI e VII argomento: “Dio non vuole il peccato”. Campanella si pone in contrasto
con i Riformati, secondo cui l’uomo a cui non viene concessa la grazia resta nel peccato.
Campanella li contesta in quanto Dio non può lasciare l’uomo nel peccato, Dio non vuole il
peccato. La posizione dei Riformati, per cui l’uomo non conquista la grazia ma gli viene
concessa, C non può che rigettarla.
9-03
Telesio e Campanella confronto.
Telesio: L'uomo conosce attraverso la modificazione che l’oggetto apporta all’organo di
senso + scrive in latino
Campanella: Riprende Telesio e ne valorizza l’autocoscienza della conoscenza: il soggetto,
grazie all‘impressione dell’oggetto, il soggetto prende conoscenza di se stesso nella sua
globalità, di ciò che è favorevole o meno alla propria autoconservazione. Ciò mette in atto i
sentimenti dell’Odio e dell’Amore. Inizialmente so occupa dell’essere che dà sostanza ai
singoli enti (≠ il nulla che non ha sostanza ma dà la definizione dei singoli enti)
I componimenti campanelliani mostrano quanto si senta investito di una missione (dirà che
deve “tenere accesa una fiaccola da poggiare sopra al tavolo”, deve essere ben visibile) +
scrive in volgare + ha interessa in testi di ordine politico (≠ T)
Inoltre c’è una profonda religiosità in Campanella che Telesio non prevede. In Telesio, Dio è
preso in causa solo quando non può farne a meno (ex: Dio come creatore della materia);
Campanella individua in Dio il creatore di tutta la realtà.

Bacone: 1561 – 1626, Inghilterra


Nasce in Inghilterra nel 1561 e muore nel 1626. È stato un importante uomo politico
(cancelliere).

All’inizio degli anni 20 viene accusato di corruzione.


Il suo impegno politico corre parallelamente all’impegno filosofico; scrive infatti il “novum
organum” nel 1620, anche lui autore di testo utipoco la Nuova Atlantide, successiva alla
disavventura

Nel 1623 scrive il documentis scientiarum sviluppa un testo dei primi anni del 600
(advancement of learning) in cui come nel novum organum ragiona sul problema del
metodo. La necessità di un nuovo organo richiama la necessità di un nuovo metodo di
conoscenza che deve essere applicato alla natura (sia per conoscenza che per legare in un
nodo il tema della conoscenza e del potere)
Lega la conoscenza e il potere: non è possibile conoscere se non si agisce sulla natura (non
ha una visione contemplativa, questa ci allontana dalle cose) la vera conoscenza nasce dalla
modificazione e dall’intervento della natura; Bacone valorizza la capacità operativa-
conoscitiva dell’uomo; “la natura deve essere vessata” e costretta a rivelare i suoi segreti
(per lui non c’è mistero nella natura), e ciò avviene solo se il processo operativo-conoscitivo
si ha partendo dalla natura stessa, non “ex analògia homini”, ovvero non in base alle idee e
alle prospettive umane. Come Spinoza anche per Bacone l’uomo non è fine del creato, i
desideri degli uomini non devono essere proiettati sull’ambito naturale. La natura non va
anticipata come facevano gli antichi (condanna autori precedenti in particolare Aristotele e
Platone, che non forniscono una conoscenza certa e adeguata). Gli antichi sono per Bacone
come un “grande fiume che trasporta materiali”, quello che sta in superficie è anche ciò che
è più fragile, e rappresenta le tradizioni filosofiche antiche.
In questo periodo i testi scettici vengono tradotti e Bacone guarda le tematiche trattate con
grande sospetto: Bacone lavora sulla storia della filosofia, della natura... per lui la storia
costituisce uno strumento di conoscenza importante. Vede nella storia dei predecessori
- Portano alla deriva astratta: Platone
- Deriva che porta ad una falsa e scorretta conoscenza della natura: Aristotele

Salva solo Democrito che con l’idea di atomo, (che x B è ≠, è l’elemento originario principio
di energia), è uno dei pochi che dà un accesso utile alla conoscenza della natura.
De principiis atque originibus: 1653 (pubblicata postuma) qui, tramite il mito* di cupido e
del caos ripensa alla filosofia telesiana e legge la sua idea di natura insertandovi l’atomismo
“rivisitato”. Bacone vuole dare una risposta ad una domanda a cui Telesio non aveva dato
una chiara risposta: come si muove / vive la natura? Qual è il principio della materia? Per
Telesio è inerte / passiva, per Bacone no e vuole cercare una risposta. Dirà che è un
principio insito, che va considerato in quanto costituisce il nostro punto di partenza con cui
dobbiamo costruire un nuovo modo di accedere alla conoscenza naturale (che si lega
sempre alla potenza come possibilità di azione)
* mito greco usato da B per spiegare il nuovo metodo di accesso alla natura.
L’operatività di Bacone può essere condivisa, tutti possono agire se addestrati (universalità
del sapere). Ricordiamo che lui ha a che fare anche con l’attività politica, infatti, chiederà a
Giacomo di finanziare luoghi di sapere pubblici.
Il novum organum è la parte metodologica di un'opera chiamata “instauratio magna”. Nel
frontespizio della prima edizione è presente un veliero (il veliero del nuovo sapere) che
supera le colonne d'Ercole del mondo conosciuto. È un veliero immerso in un mare in
movimento, dunque ha bisogno di essere timonato, ha le vele spiegate dunque si muove, ha
la forza per procedere. Il frontespizio presenta una scritta in latino, “multi pertransibunt et
augebitur scientia”, che si traduce con “molti passeranno e la scienza si svilupperà”:
- dice “multi” = scienza come sapere collettivo che si sviluppa attraverso la
collaborazione (non attraverso la genialità del singolo)
- è un versetto biblico (rivisto) che deriva da un testo di Daniele (plurimi -> multi).
Daniele dice “sfogliando il libro la scienza acquisirà molteplici facce); per Daniele la
conoscenza si accumula e aumenta, per Bacone si sviluppa.
- Non ha la prospettiva campanelliana forte di una presenza di Dio ma usa un versetto
biblico di un profeta per indicare che il suo progetto non si colloca in antitesi alla
prospettiva religiosa. (Alleanza fra sapere e operare)
+ vedi testi
10-03

La teoria degli idoli: presenta 4 vizi della mente umana che chiama “idoli”
- Idola tribus: appartengono a tutti gli uomini che si riferiscono ai fenomeni naturali
secondo il solo criterio della propria struttura mentale.
- Idola specus: appartengono ai singoli individui e provengono dall’ereditarietà,
dall’ambiente e dell’educazione, come se ogni uomo avesse al suo interno una
caverna che rifrange e distorce la realtà.
- Idola fori: provengono dall’uso inappropriato delle parole, le sovrapposizioni che
nascono dal linguaggio. Sono gli idoli della piazza e si possono eliminare solo con
ricorrendo alla realtà.
- Idola theatri: derivano dalle antiche dottrine filosofiche, l’espressione di una
conoscenza sterile che dà vita a idee false e menzogne
Extra preso da studocu

Gli idola sono le precondizioni che precedono ogni giudizio. Il giudizio quindi non nasce da
zero. Bacone si sofferma per catalogare le precondizioni per poi smantellarle. Nella pars
costruens individua un momento osservativo di induzione in cui si raccolgono dati che
provengono dall'esperienza e che vengono ordinate tramite le tavole di Bacone. I dati
vengono quindi catalogati con le tavola della presenza, assenza e i gradi.

- Tribù = hanno a che fare con la natura umana


- Spelonca = hanno a che fare con le predisposizioni personale
- Foro = hanno a che fare con il linguaggio e le relazioni
- Teatro = hanno a che fare con la rappresentazione immaginaria dei filosofi

Bacone fa degli esempi per spiegare i suoi idola e colpisce il fatto che usi esempi che sono
teorie scientifiche. Questo significa che il senso comune è un fenomeno assai complesso e
che anche delle grandi costruzioni intellettuali possono cristallizzarsi e diventare idola, senso
comune, quando perdono l'aggancio con il reale. Il senso comune è quindi un grande
serbatoio in cui al suo interno stanno le nostre percezioni più banali, ma anche teorie (che
diventano senso comune quando non applicano correttamente i principi del metodo).
Questo senso comune è quindi un ostacolo che va raso al suolo con un metodo molto
radicale e coinvolge, proprio perché universale, ognuno in prima persona.

Bacone propone nelle sue opere un metodo induttivo di organizzazione e catalogazione dei
dati sensibili secondo tabelle (ex calore: enti che hanno il caldo, la quantità di calore negli
enti, quando è compresente con altre caratteristiche); ciò permette di ovviare al problema
dell’induzione aristotelica (pochi dati che portano ad un risultato generale senza nesso e con
un salto pericoloso, porta così ad una conclusione fallace ed inutile). L’osservazione
empirica baconiana non fa riferimento al dato sensibile immediato.
(Bacone dà un nuovo contributo alla lettura della natura quindi parte integrante della
rivoluzione scientifica)

Capitolo due. Fisica, cosmologia e filosofia: da Copernico a Newton

Tycho Brahe
Nato nel 1546 e morto nel 1601 fu un importante astronomo danese. Si fece costruire e
finanziare un osservatorio astronomico per condurre ricerche particolari. Le sue
osservazioni saranno materiale su cui Keplero condurrà le sue indagini.

Diventerà astronomo dell’imperatore Rodolfo II.


La sua importanza è innegabile; ha messo a punto sistema geo-eliocentrico in cui la terra sta
al centro, attorno a essa orbitano la luna, il sole e il cielo delle stesse fisse (fino qui come
sistema tolemaico). Per Tolomeo le stelle fisse garantivano il movimento ai corpi celesti (non
si muovevano autonomamente), non ci si poneva dunque il problema “come si muovono i
pianeti?” almeno fino a quando non arriva Copernico.
NB telescopio prima in Olanda e poi da Galileo nel 600. Gli strumenti precedenti non
permettevano l’ingrandimento ma solo la riflessione.
Dopo la pubblicazione del de revolutionibus orbium caelestium di Copernico 1543 (coincide
con anno della morte di Copernico) si sviluppa un modo di lettura/ di interpretazione dei
fenomeni celesti che mette in discussione il sistema geometrico aristotelico tolemaico: ha
come obiettivo quello di rappresentare i fenomeni ma non descrive effettivamente il cielo.

Keplero
Keplero, Galileo ma anche filosofi come Bruno, che iniziano a lavorare a partire da dopo il de
revolutionibus, vogliono scardinare il sistema aristotelico tolemaico e trovare una
descrizione matematico-geometrica aderente alla realtà fisica dell’universo (non più ipotesi
ma descrizione di ciò che effettivamente accade). Keplero e Galilei mettono infatti l’accento
sulla connessione fra la riflessione geometrico-matematica e l’indagine fisica. Non si vuole
più giustificare ciò che accade ma descrivere ciò che accade.

Successivamente a Copernico, questo richiamo all’indagine che vuole descrivere il cielo / la


realtà fisica è necessaria: l’opera di Copernico si apre con una lettera prefazione, di un
anonimo (che si scopre essere Osiander, teologo protestante)), spiega che il ragionamento
copernicano non ha a che fare con la realtà di ciò che avviene nel cielo ma si colloca nella
tradizione funzionalista (?)
Contro questa lettera di Osiander si sono levate molte critiche, soprattutto dagli anni 80 del
500 in poi, in particolare autori come Bruno e Keplero hanno contestato la sua posizione
funzionalista (?).

Nel momento in cui le sfere cristalline che trasportano i pianeti vengono distrutte e si scopre
che non esiste, il problema di come orbitano i pianeti diventa centrale. Sarà un tema
importante in Keplero che, a partire dal 1596, nel “misterium cosmograficum” individua il
rapporto fra le orbite dei pianeti e i 5 solidi regolari di Euclide; c’è un’armonia nel cosmo che
si può esprimere attraverso rapporti matematici; questo costituisce anche uno dei punti
centrali della riflessioni di Galileo che prende le mosse dalle osservazioni di Brae.
Brae inizialmente pensava che le sfere avessero realtà fisica, successivamente (in particolare
dopo la discussione con Rottman) si convince che le sfere non esistano, che il cielo abbia
una consistenza fluida in cui i pianeti si muovo liberamente.

Nell’astronòmia nova, Keplero ragionando sui movimenti di Marte (parla di una guerra che
lui intacca con questo pianeta che non vuole svelare la ratio dei suoi movimenti), inserisce 3
delle sue leggi
1. Le orbite planetarie non sono circolari ma sono ellittiche
2. Il raggio che collega il pianeta e il centro dell’orbita spazia un’area uguale in tempi
uguali.
La terza legge, in cui spiega il moto dei pianeti, è espressa nell’armonices mundi (1518).
Rifiuta la spiegazione di un moto interno, non sono corpi animati (come diceva Patrizi,
Keplero respinge la teoria in quanto non permette di individuare una legge che serva da
spiegazione e predizione del fenomeno); i corpi si muovono grazie ad una forza che proviene
dal Sole, il quale imprime un’energia ai pianeti, che Keplero definisce “forza magnetica”
(Keplero legge Gilbert che scrive un testo sul magnetismo).

Galileo 1564-1642, Pisa


Ha una corrispondenza con Keplero e, da una lettera del 1597, abbiamo una testimonianza
esplicita del copernicanesimo di Galileo.

Nasce e si forma a Pisa con Mazzone (autore scientifico), successivamente si reca a Venezia
e nel 1610 chiede di ritornare nel Gran Ducato dopo aver dato conto della sua validità di
astronomo con la pubblicazione del Sidereus Nuncios
Sidereus Nuncius: testo breve con grande circolazione in cui spiega ciò che è riuscito ad
ottenere attraverso l’utilizzo di un “nuovo organo” che ha rivolto verso il cielo (primo
telescopio, costruito con informazioni giunte dall’Olanda: un sistema di lenti che
permettevano di allargare gli oggetti lontani). Grazie al primo telescopio Galileo è riuscito ad
individuare:

- Le fasi di venere
- 4 nuovi corpi celesti (satelliti di Giove che chiama “medicei”, dedicati ai Medici)
Queste scoperte sono significative in quanto si scopre che non esiste un unico centro di
orbite planetarie (ex: no solo Sole è al centro di un sistema orbitante, ma anche Giove).
E la Luna? (Si sapeva che ruotava attorno alla terra) il sistema terra-luna nel sistema
tolemaico era al di sotto della sfera celesta (distinzione fra ambito terrestre e celeste).
Galileo dimostrando ciò rompe la dicotomia (mondo terrestre-celeste) e fa un passo
avanti verso l’individuazione di un universo omogeneo; ciò anche grazie ad una
descrizione di com’è fatta la Luna (utilizza termini solitamente utilizzati per riferirci alla
superficie terrestre: “cieli”, “fiumi”, “monti” …).
L’opera circola molto presso le principali corti europee; Galileo consegnava l’opera in un
pacchetto in cui inseriva il testo e il telescopio in modo che presso le corti / centri più
importanti si potessero replicare le sue osservazioni e le sue scoperte potessero essere
divulgate.
Le osservazioni di Galileo sono meno articolate rispetto a quelle di Brae, ma è riuscito
comunque a conciliare
- Osservazioni
- Elaborazione delle osservazioni
- Messa a punto dello strumento per compiere le osservazioni
- Ha riunito tutto in un opuscolo che ha avuto grande successo
È stato capace a divulgare la sua opera; da sempre, infatti, è stato molto attento alla
questione della divulgazione, alla rivendicazione della sua opera e alla corretta
interpretazione della sua opera.
Studia anche le macchie solari: oggi sappiamo che sono dovuti a campi magnetici e che le
macchie sono le zone “più fredde”, per Galileo invece erano vapori che si formavano attorno
al sole (gli dedica un’opera: 1614 “la storia delle macchie solari”)
Scrive nel 1623 “il Saggiatore”: risponde qui al testo sulle comete di Orazio Grassi. In quel
periodo (1570-1610) si palesano molte comete e ci si chiede cosa sono. Galileo pensava che
fossero fenomeni ottici, per Orazio erano corpi davvero presenti nel cielo.
Nell’opera Glielo presenta la teoria dei due libri:
- Il libro della natura: con linguaggio matematico
- Il libro della scrittura: con linguaggio naturale

Entrambi sono stati scritti da Dio ma con linguaggi diversi, contengono la stessa verità e non
sono in contraddizione fra loro. Il linguaggio naturale è soggetto all’ambiguità come già
diceva Bacone, per capire la Bibbia e dire cosa vuole trasmetterci bisogna comprendere
approfonditamente il linguaggio che viene utilizzato, il linguaggio matematico invece è
univoco e non sottoposto ad ambiguità.
Sempre nell’opera Galileo presenta la distinzione fra
- Qualità soggettive (primarie): quelle dei corpi; sono qualità che recepiamo attraverso
i sensi e dipendono anche dall’osservatore
- Qualità oggettive (secondarie): esplicitate con espressioni geometrico-matematico,
sono oggettive
Scrive anche
- Dialogo sopra i massimi sistemi 1632
- I discorsi e dimostrazioni matematiche attorno a due nuove scienze 1638
- Epistole: raccolte da Favaro, documenti importanti
- Lettere copernicane: 1613-1615; con il S.Nuncios sono il manifesto della sua
posizione; inoltre troviamo in esse la distinzione fra ambito/ discorso / parole della
teologia e ambito/ discorso / parole della scienza:
c’è una rivendicazione di una distinzione di campi in cui questi campi non sono in
competizione; rivendica anche il fatto che nella teologia arriviamo alla verità seguendo
la parola di Dio, arriviamo alla verità anche seguendo il percorso della conoscenza
umana, basata su
- Sensate esperienza
- Certe dimostrazioni
- Seguiamo la struttura geometrico-matematica con cui è organizzato il mondo

otteniamo una verità non totale ma certa, proprio come quella divina.
Ha una posizione ANTISCETTICA (nel 500 si ripropongono prospettive scettiche perché
testi di S. Empirico vengono tradotti. Lo stesso Cartesio parte da questo tipo di posizioni,
superandole)

Newton 1643-1727,
Lezione di Filippo Marchetti
Insieme a Keplero e Galilei è uno dei vertici della fisica classica.
È un dottore inglese, anch’egli ha una personalità complessa e articolata e, come per altri
autori, la sua opera è attenta a temi alchemici e teologici.
Il suo contributo nel campo della metodologia ci è noto grazie alle “lezioni di ottica” e ai
“principia matematica”; era un professore di matematica e insegnava a Cambridge e, per
statuto, era obbligato consegnare il testo delle lezioni per gli archivi della biblioteca. Non lo
farà mai, infatti questi testi depositati non erano lezioni. Lo capiamo da:
- Difficoltà della materia
- Distinzioni delle lezioni, numerate progressivamente ma molto eterogenee.

I principia matematica sono il testo in cui Newton presenta il sistema del mondo: in Brae si
superano le sfere, in Keplero il cerchio come figura dei moti celesti, in Galilei la distinzione
fra fisica celeste e terrestre; Newton tornerà su questi punti.
Importantissimo evidenziare che è il periodo dell’invenzione della stampa, dunque abbiamo
i frontespizi ?? Non capisco l’audioooo
Newton dice che esiste una meccanica universale, divisa in pratica (arte del misurare)
razionale (si occupa di costruire curve, la geometria si occupa dello studio di queste curve)
Non finito.

16-03
Capitolo tre: il problema della sostanza
Questo capitolo è stato curato da Pasini;
Egli nel primo paragrafo parla di instabilità e riduzione sottolineando quanto la riflessione
attorno alla sostanza, nel corso del 600, sia articolata.
Insiste anche sulla varietà lessicale che investe il tema della sostanza.

Pasini prende le mosse da Lorenzo Valla.

Valla 1407-1457
Autore umanista, scopritore della falsa donazione di Costantino alla Chiesa Cattolica (con
analisi filologica) nel “De Falsa Donatione Costantini”.
Scrive, inoltre, le “disputazioni dialettiche” e un testo sul libero arbitrio che verrà ripreso da
Leibniz (connessione diretta fra riflessioni valliane e posizioni di Leibniz).

“Elegantiae” in cui attraverso l’analisi di alcuni termini compie una ricostruzione in cui
attraverso l’etimologia fa vedere come quelle parole siano fondamentali anche per la
prospettiva a noi contemporanea. In particolare compie riflessioni attorno alla parola
persona (in latino maschera).
Pasini fa vedere come Valla, già ad inizio 400, proponga una riflessione attorno al tema della
sostanza, che per V è ciò che è individuabile nella sua specificità (res); è una cosa che esiste
per sé. Probabilmente Cartesio si rifà a lui.

Cartesio
Cartesio individua due sostanze, ragionerà infatti sulla distinzione fra
1. Res cogitans
2. Res extensa

Il suo ragionamento (che porta a questa distinzione) ci è noto grazie alle Meditazioni
Metafisiche: inizialmente compie un esperimento per rispondere ai dubbi degli scettici (=
ogni conoscenza è basata su elementi instabili). Cartesio mette in dubbio tutto ciò che può
conoscere, ma arriva ad un punto in cui capisce che lui sta pensando, compie questa azione,
e ciò non può essere messo in dubbio; possiamo fare a meno dei dati sensibili e pensare che
non esistano ma non possiamo mettere in dubbio che stiamo dubitando.
C'è un passaggio dall’esistenza indubitabile del proprio pensiero all’identificarsi come una
cosa che pensa, intesa come una sostanza che ha per essenza il pensare. Questo passaggio è
cruciale nella filosofia di Cartesio: (cit dalle meditazioni ‘41) devo stare attento ad
ottimizzare il dubbio iperbolico (procedimento che fa cadere elementi esterni) e devo
conservare ciò che è indubitabile (nessuna cosa corporea è in me, ma non posso dubitare,
appunto, di essere io un ente che pensa; “l’io” può essere pensando omettendo
l’estensione).
Pasini cita anche un passaggio dal “discorso sul metodo” che doveva essere una
presentazione di trattati(studio del mondo, uomo, natura) scritti ad inizio anni 30 che
Cartesio non pubblica a seguito della condanna di Galileo perché ritiene pericoloso mettere
in circolazione la sua riflessione naturalistica perché qua accoglie le novità scientifiche (la
condanna di G lo mette in allarme); Cartesio fa sempre molta attenzione nel tutelare la sua
autonomia, anche essendo reticente o accantonando certi progetti.
Le lettere di Cartesio sono un testo fondamentale; in una lettera a Elisabetta (principessa
del palatinato che entra in contatto con Cartesio, ponendogli domande opportune in
particolare chiede come pensiero ed estensione trovino unione/ un punto di raccordo
nell’uomo) dirà che non parte dal fatto che le due sostanze siano distinte ma
dall’esperienza. Con l’esperienza vediamo un elemento unitario che però può essere
compreso solo se studiato separatamente.
Notiamo anche che in lui c’è una ricerca di tranquillità, quasi di ascesi, e concentrazione su
di sé: il suo motto è “procedo mascherato”, nel senso che mette in atto tecniche (anche
dissimulatorie) per consentire alla sua riflessione di procedere in situazioni ottimali (fuga
dalla frenesia, si ritira a vivere in campagna):

• Studia / si forma a LaFlèche (collegio gesuitico)


• Diventa Uomo d’arme
• Si ritira in campagna e si isola dal mondo, ma non dalle interlocuzioni, abbiamo
infatti come testimonianza queste corrispondenze epistolari. Comunque le lettere
non erano indirizzate a lui ma ad una persona che gliele consegnava, sempre per
tutelarsi e per gantire le condizioni ottimali alla sua riflessione.
Il discorso sul metodo viene pubblicata postuma (anni 70 del 600), aveva deciso di non
pubblicare per non essere censurato dai teologi. Le stesse meditazioni furono diffuse fra i
teologi parigini prima della stampa affinché potessero avanzare eventuali critiche (ancora
per tutela).
Questa distinzione fra le due sostanze viene esperita attraverso lo strumento del dubbio
iperbolico, con cui mette a fuoco l’autonomia della mente e della sostanza corporea. Si
tratta di due sostanze distinte; a una si attribuisce il pensiero, all’altra l’estensione. Pensiero
ed estensione sono i due attributi delle due sostanze individuate.

Nel passaggio tratto dai principi della filosofia (1644) spiega cos’è la sostanza: è un nome
che non si può attribuire a Dio e alle creature allo stesso modo. Cartesio individua due
sostanze, ma dice che questo modo di intendere pensiero e corpo sono due modi analogici
in quanto l’unica sostanza (= ciò che non dipende da altro) è quella di Dio.

Malebranche
Riprende il tema della sostanza divina di Cartesio.
Fa parte della tradizione Cartesiana, penetrata in Olanda. Appartiene precisamente alla
corrente cartesiana che si rifà al razionalismo. Egli sviluppa questa posizione cartesiana
ritenendo che niente di ciò che esperiamo come realtà abbia sussistenza in sé ma sia
sempre l’occasione per manifestare l’unicità sostanziale di Dio (occasionalismo*), se dio non
intervenisse non causeremmo niente, non saremmo origine di niente all’interno della realtà.
* la posizione di cartesio ne è la base: parliamo di sostanza solo in termini di Dio, quando
parliamo di anima e delle due res possiamo farlo solo in termini analogici.

Spinoza 1632-1677
Apparteneva ad una famiglia di ebrei di origini portoghese; nato e vissuto in Olanda, anche
lui cerca di condurre una vita appartata e faceva l’ottico (aveva una famiglia di
commercianti, era benestante, ma dopo dei naufragi e la perdita merci deve condurre una
vita modesta).
Inizialmente aveva dei rapporti con la comunità ebraica, poi viene cacciato e si è circondato
da un gruppo di amici con cui discuteva l’esito delle sue riflessioni.

Anche per Spinoza abbiamo un importante epistolario.


Anche Spinoza parte dalla riflessione cartesiana e scrive un testo dedicato ai principi della
filosofia cartesiana’63 (uno dei tre libri che pubblica in vita):
- Tractatus teologicus politicus ( anonimo)
- Cogitato Metafisica
Nel testo dedicato ai principi della filosofia cartesiana Spinoza contesta la posizione di
Cartesio, individuando la necessità di una sostanza unica ed infinita (in quanto la sostanza è
ciò che può esistere solo per sé, ovvero Dio). Fa leva quindi non sulla distinzione delle
sostanze ma sulla definizione di sostanza.

La sostanza è caratterizzata da una molteplicità infinita di attributi (ovvero ciò che manifesta
le caratteristiche della sostanza), noi possiamo conoscere solo il pensiero e l’estensione in
quanto sono gli unici di cui partecipiamo. Una caratteristica di questi attributi è il fatto che
non abbiano una relazione causale fra loro; essendo espressioni di caratteristiche di una
stessa sostanza non agiscono causalmente l’uno sull’altro. Non abbiamo una causalità
mentale che può produrre un’influenza nell’ambito fisico: l’ordine e la connessione delle
cose corrisponde all’ordine e alla connessione del pensiero (corrispondenza) ma non c’è
causalità reciproca ma un elemento mentale non può causare un effetto fisico (sono due
attributi distinti che manifestano caratteristiche diverse di una sola sostanza).
Spinoza rifletterà molto su questo fatto nell’ “ethica geometrico demonstrata” (opera
pubblicata postuma); l’opera ha una struttura che prende come modello il testo di Euclide
(ci sono passaggi in altre sue opere in cui esprime chiaramente la predilezione verso il
metodo con cui Euclide presenta la sua riflessione); in particolare il metodo consiste nel
partire da proposizioni con definizioni / con assiomi. Tutte queste parti del testo sono poi
collegate in modo rigoroso, tanto che possiamo seguire il suo ragionamento (dalle prime
indicazioni che ci dà fino a tutto l’armamentario teorico che serve per procedere alla lettura
del testo); fra una porzione e l’altra di testo ci sono gli scoli, ovvero una sorta di inframezza,
sono osservazioni discorsive che servono per spiegare dal punto di vista dell’esperienza
quello che nei postulati, assiomi, corollari (...) viene espresso dal punto di vista geometrico.
Divide l’opera in in 5 parti (no capitoli/ libri)
Nella parte uno discute della sostanza partendo dalla proposizione sette.
proposizione VII: “alla natura della sostanza appartiene di esistere” ( come Valla )
dimostrazione: una sostanza non può essere prodotta da altro (vedi proposizione VI o la
nota) essa sarà dunque causa di sé cioè la sua essenza implica necessariamente l’esistenza,
ossia, alla sua natura appartiene di esistere.
La sostanza di cui parla è Dio in quanto solo a lei appartiene l’esistenza.
Ogni sostanza è necessariamente infinita, non esiste se non un'unica sostanza di un solo
attributo e alla sua natura appartiene di esistere. Apparterrà dunque alla sua natura che
essa esista o come finita o come infinita ma essa non può esistere come finita perché
sarebbe limitata da un’altra della medesima natura la quale a sua volta dovrebbe esistere
necessariamente. Esisterebbero quindi due sostanze con un medesimo attributo (la
necessità di esistere) che è assurdo. Essa esista come infinita.
Scolio: poiché essere finito è veramente in parte una negazione (già visto, in altra forma, in
Campanella) ed essere infinito è l’affermazione assoluta dell’esistenza di una natura, segue
dunque dalla proposizione VII che ogni sostanza è infinita; le sostanze non possono però
essere infinite perché si limiterebbero a vicenda: ne segue che esiste un’unica sostanza.

Ogni attributo di un’unica sostanza deve essere concepito per sé. Un attributo è ciò che
l’intelletto concepisce di una sostanza come costituente / caratterizzante la sua essenza,
quindi deve essere concepito per sé:
La sostanza è:Unica
• Infinita
• Unica
• Le sue caratteristiche sono espresse da attributi
• L’attributo è concepito di per sé in quanto manifestazione della sostanza. Vi è legato. Il
pensiero ad esempio che è attributo della sostanza, manifesta la sostanza, e io posso
concepire quell’attributo del pensiero per sé; l’attributo ha a che fare con l’essenza della
sostanza (unica e infinita), per questo può e deve essere concepito per sé. Nello scolio
prova a spiegare perché

Da questo è chiaro che sebbene due attributi siano concepiti come realmente distinti (pensiero ed
estensione + singoli pensieri e corpi sono = modi di quegli attributi) sono cioè l’uno senza l’aiuto
dell’altro non possiamo tuttavia concluderne che essi costituiscano due esseri con due sostanze
differenti, perché sono manifestazioni dell’unica sostanza.

Attributo e modo: termini specifici della filosofia di Spinoza

Non posso pensare che i due attributi siano sostanzialmente diversi, corpo ed estensione sono due
facce di una stessa medaglia.

Ogni attributo manifesta TUTTA quella sostanza, e non posso dire che sono sostanzialmente da un
altro se tutti e due manifestano da punti di vista diversi la stessa sostanza.
Tutti gli attributi che essa possiede sono sempre insieme nella sostanza e l’uno non è prodotto
dall’altro; non c’è causalità fra mente e corpo, possiamo individuare una corrispondenza, ogni
modificazione in un ordine ha un corrispettivo nell’altro ordine ma non una causalità.

In queste pagine dell’etica mette a fuoco il tema della sostanza. Nell’opera è presente un’appendice
in cui critica finalismo e antropocentrismo. Anche Bacone critica l’antropocentrismo che caratterizza
la filosofia a lui contemporanea (cambiare prospettiva e non leggere la natura “ex analogia homini”),
Spinoza sarà ancora più duro e radicale.

Leggere appendice

17-03

L’appendice:

Per Spinoza Dio è “causa sui”, è necessitato dalla sua essenza ma è libero in quanto non vincolato da
necessità esterna. Tutti i caratteri che definiscono la sostanza infinita di Dio portano all’infinita
produzioni di attributi che costituiscono la sua sostanza. Noi ne conosciamo due (estensione e
pensiero, unici a cui partecipiamo); da questo punto di vista ogni realtà/ cosa/ ente è interna a Dio,
Spinoza è infatti uno dei principali esponenti del panteismo moderno e dall’acosmismo (questa
posizione portata agli estremi sostiene l’inconsistenza della dimensione cosmica)

Ribadisce che non c’è un finalismo all’interno di ciò che chiamiamo mondo ma ci sono delle necessità
che derivano dalle singole essenze che portano a determinate azioni / fenomeni; il fatto che
interpretiamo la realtà come costruita attorno ai nostri bisogni è per Spinoza un’interpretazione
scorretta del senso dell’universo, che non è stato costruito guardando come obiettivo il
soddisfacimento delle esigenze umane, e scorretto anche guardando a quello che è il rapporto fra
Dio e uomo: Dio non è personalistico, non deve essere implorato e venerato, e l’uomo non ha in
questo rapporto una consistenza autonoma (solo Dio è causa di sé e non ha bisogno di nient’altro
per sussistere).

Spinoza è molto sistematico. La struttura dell’etica segue l’andamento dei testi di Euclide (c’è una
proposizione, le dimostrazioni, i corollari...); la sua sistematicità segue un andamento deduttivo
sistematico (basato appunto sul modello euclideo, lo dirà egli stesso in un’altra opera). L’etica di
Spinoza è l’applicazione del metodo di Euclide ad una problematica di tipo filosofico.

Questo andamento deduttivo si contrappone al metodo cartesiano usato nelle meditazioni in cui
presenta un’esperienza ricostruendo le tappe del percorso meditativo; suggerisce queste tappe a
tutti ma si basano su un’esperienza soggettiva.

Spinoza assume un atteggiamento totalmente diverso: nell’etica parte da Dio e dall’identificazione


della sostanza con Dio (non personale, causa di sé e di tutte le cose, ogni cosa è in Dio).

La distinzione delle sostanze di Cartesio e le problematiche che ne derivano (qual è il punto di


raccordo fra res extensa e res cogitans?) non si pongono per Spinoza. Quello che possiamo definire
in Cartesio un “rapporto” fra attributo del pensiero e dell’estensione in Spinoza viene definito/
presentato come “parallelismo”.

Essendo tutti gli attributi attributi della stessa sostanza, possiamo individuare un parallelismo. Fra
tutti i modi del pensiero e tutti quelli dell’estensione c’è un parallelismo in cui ad ogni modificazione
che può avvenire nel modo del pensiero corrisponde una modificazione che può avvenire nel modo
del corpo. (“Ad ogni corpo corrisponde un’idea” -Spinoza)

Se muovo un braccio, questa modificazione corporea non è causata dalla mia volontà perché
l’ambito mentale non ha possibilità di causare modificazione dell’ambito corporeo. Il braccio si alza
perché risponde a leggi meccaniche, ci sono tensioni e/o forze, non è la mente che produce questi
effetti. Non c’è causalità fra diversi attributi; le catene causali funzionano solo all’interno dei singoli
attributi (una mente agisce su una mente, un corpo su un corpo; la dimensione corporea si può
comprendere analizzando i rapporti meccanici fra i singoli)

Leibniz 1646-1716, tedesco


È un filosofo particolarmente complesso, anche perché lima, definisce e lavora continuamente sulla
sua proposta filosofica.

Leibniz è una figura diversa da Cartesio e Spinoza in quanto queste due figure conducono una vita
appartata (fanno eccezione le corrispondenze e la partecipazione di Spinoza negli anni 20 a
campagne militari con Maurizio di Nassau). –

- Nella lettera di Cartesio a Elisabetta, come visto, egli rivendica per sé la tranquillità; la scelta
di vivere in una dimensione protetta / lontano dalle tensioni e dai conflitti (larvatus prodeo =
procedo mascherato)
- Spinoza cerca in tutti i modi di non entrare in conflitto con la con ebraica (anche se verrà
scomunicato ugualmente) e con i poteri politici dell’Olanda del tempo. Dopo il disastro che
colpisce la famiglia sceglie di lavorare con le lenti e discute delle sue opere con un circolo
ristretto di amici.

Leibniz è un personaggio che vive invece nelle corti, in particolare lavora e vive alla corte di
Hannover ed è in contatto con Sofia Carlotta. Quando uno degli esponenti della corte di Hannover
diventa re d’Inghilterra con il nome di Giorgio I i rapporti si sciupano. Leibniz lavorava come
bibliotecario e curava la biblioteca di Hannover.

Anche lui costruisce un vasto epistolario.

Dopo essere caduto in disgrazia muore in una situazione complessa.

Leibniz vuole compiere un percorso critico sia verso Cartesio che Spinoza. A Spinoza in particolare
contesta il fatto che ci sia un’unica sostanza. A suo giudizio non è possibile che un’unica sostanza
tenda conto della molteplicità del creato; inoltre è critico nei confronti della possibilità che il
meccanicismo che governa l’attributo della materia e la declinazione geometrica che Spinoza applica
alla sua interpretazione / messa a punto della sua idea di sostanza in quanto questi aspetti possono
portare ad una limitazione della libertà del singolo individuo e rivendica l’esistenza di sostanze
individuali. Riprende da questo punto di vista le posizioni aristoteliche (anche dal punto di vista
lessicale nonostante in lui abbiano un significato diverso), per cui la sostanza è sostanza individuale
data dall’unione di materia e forma, è la singola cosa intesa nella sua individualità.

Leibniz arriva a mettere a fuoco le sostanze individuali intrecciando la riflessione logica con quella
metafisica che diventano indistinguibili.

Per chiarire cosa intende quando parla di monade è utile riferirci a quello che intende quando parla
del rapporto fra soggetto e predicato (tipo di problema che si pone in ambito logico) il rapporto fra
soggetto e predicato così come si dà nella definizione (nell’individuazione di tutti i predicati che
possono essere attribuiti a quel soggetto) noi troviamo tutto il senso di ciò che viene definito; sia
nella sua descrizione sincronica sia in tutte le conseguenze che possono investire quel soggetto. Cioè
nella definizione di predicati di quel soggetto individuiamo tutti gli elementi che ci permettono di
capire come funzione quel soggetto che viene definito e i cambiamenti che possono essere connessi
a quel singolo soggetto.

Se prendiamo la riflessione che fa in ambito logico e la leggiamo nell’ambito metafisico capiamo


cos’è la monade, ovvero qualcosa di

- Inesteso
- Privo di materia
- che contiene in sé tutto ciò che è necessario per comprendere la sua esistenza passata
presente e futura.

Leibniz dice “il presente è gravido di futuro”, che può essere colto perché abbiamo gli strumenti
(logici e metafisici) per individuare le linee di modificazione che sono in parte contingenti
(l’elemento contingente lo apprendiamo attraverso la storia) in parte necessitate.

Queste infinte monadi sono emanate da Dio, che lui definisce “folgorazioni”, come dei lampi di luce
che provengono da Dio e producono le monadi (diverso da Plotino). Sono prive di materia ed
estensione ma sono centri di energia.

Mette a punto questa idea di monade come centro di energia per dare conto di una realtà che lui
vede in movimento e, da questo punto di vista, critica Cartesio che aveva spiegato la realtà
attraverso la meccanica (conservazione della quantità di moto che all’interno di un sistema inerziale
ci da conto di un sistema chiuso in cui la quantità di moto si mantiene). La meccanica per Leibniz non
spiega la realtà, che non si muove per principi meccanici, ma si muove per la presenza di un’energia
che brulica grazie a delle forze vive

- C dice massa x velocità


- L dice massa x velocità al quadrato

L spiega così la presenza della forza viva nella natura; è una forza che si esprime e non rimane a
livello potenziale, ribolle, come dice Pasini nel capitolo le monadi sono come animaletti microscopici
(vivi, centro di energia) che brulicano.

23-03

Uno dei corrispondenti di Leibniz (nuovi saggi sull’intelletto umano, in cui discute il testo lockiano)
sarà Locke (saggi sull’intelletto umano)

Il tema della conservazione delle forze vive avrà un ruolo importante nel rapporto che Leibniz avrà
con Ralph Cowords (filosofo inglese) il quale propone, per spiegare la vita della materia, l’esistenza
di un principio (chiamato “natura plastica”) che non è un’anima o un principio intelligente, ma
permette alla materia di muoversi e svilupparsi in modo autonomo.

Questa posizione di Cowords si oppone a coloro che avevano seguito le posizioni degli
occasionalisti, come Malebranche che radicalizza la posizione di Cartesio espressa nella lll
meditazione; qui Cartesio parla delle prove dell’esistenza di Dio, dice che Dio è “causa sui”,
non ha bisogno di qualcosa di esterno che lo produca, continua poi dicendo che dobbiamo
ipotizzare non solo che dio ci crei una volta ma che mantenga anche la sua azione e
mantenga la nostra conservazione, continuando ad agire.
Gli occasionalisti si erano collegati ad una parte di questa riflessione di Cartesio per
proporre come origine di ogni causalità / come elemento causale di ogni fenomeno
(corporeo o mentale) Dio.

Per ovviare a questo tipo di radicalizzazione delle posizioni cartesiane Cawords ritiene che ci
sia questa natura plastica che permette alla materia di svilupparsi senza che ci sia una causa
esterna né un intervento continuo di Dio.
Dall’altra parte, Leibniz ritiene che l’occasionalismo sia una posizione da criticare in quanto
riterrebbe ogni cosa in piccolo miracolo; a lui risponderanno che non è vero, l’intervento di
Dio è comunque un intervento che agisce in base alle leggi della natura, non si tratta di un
miracolo, Leibniz insiste invece nel voler dimostrare la presenza di un principio intrinseco
nella natura chiamando in causa il termine di “forza”.

C’è questa energia che non è potenzialità ma attività, è una forza che si espande all’esterno
del singolo ente ed è un principio intrinseco al singolo ente.
La visione della realtà di Leibniz è complessa in quanto viene messa a fuoco seguendo
diversi passaggi.
C’è un’energia che si manifesta in modo puntiforme, in singole realtà semplici che verranno
chiamate “monadi”, le quali sono atomi di energia senza estensione e senza rapporto l’uno
con l’altro, che aggregandosi formano elementi materiali. Ognuno di questi punti E ha al
suo interno un codice emesso da Dio che permette uno sviluppo autonomo rispetto a tutto
che è esterno da esso, ma allo stesso è in parallelismo con ciò che avviene al di fuori esso.

Perché Dio oltre che porre questo codice in ogni monade ha organizzato anche l’armonia
prestabilita, per cui le monadi pur non essendo in relazione fra loro (“non hanno finestre e
porte”) sono organizzate in parallelo. Un’aggregazione di monadi può dare vita ad un ente
complesso, il quale ha una sua organizzazione e una sua persistenza proprio grazie al
parallelismo che fa sì che le monadi camminino come un esercito nella stessa direzione.
Nella monade è presente tutto lo sviluppo della singola monade (della sostanza individuale,
come la definisce Leibniz). Riprendendo quanto detto sulla definizione (grazie ad essa
capiamo tutte le caratteristiche e tutto quello che avviene all’oggetto), allo stesso modo in
ogni monade è presente questo codice che contiene tutte le informazioni necessarie per lo
sviluppo della monade.
Nel “discorso di metafisica” Leibniz presenta la sua posizione filosofica e in particolare parla
della sostanza individuale (con una riflessione logica, rapporto soggetto-predicato).
Appunti sul testo:

Un soggetto che non può essere ulteriormente predicato rispetto a qualcos’altro si chiama
“sostanza individuale” ma dobbiamo.
Fa l’esempio di Alessandro Magno: nella sostanza di Alessandro Magno c’è tutto lui,
passato, presente e futuro. È autonoma, non ha bisogno delle altre. Dio vede
immediatamente noi apprendiamo la verità della sostanza individuale di A. Magno
attraverso la storia.
Ogni sostanza è punto di vista totale e generale dell’universo, una prospettiva unica che si
apre a tutto l’universo.
- Rivendicazione dell’esperienza individuale: volontà di individuare l’elemento di
libertà del singolo per cui si oppone a Spinoza
- Critica a Cartesio dell’immobilità della materia e la modificazione della quantità di
moto e l’individuazione della conservazione della quantità di energia
- L’individuazione della forza viva come elemento insito di ogni monade e il fatto che
le monadi non abbiano rapporti causali l’una con l’altra ma come procedano in
parallelo pur aggregandosi; l’elemento unitario di questo aggregato è individuato in
una monade prevalente che si mette alla testa dell’organismo (nell’uomo è la
funziona della memoria)

Locke
Ritiene che la sostanza sia semplicemente una “fictio” che serve alla nostra mente per
trovare ciò che sta sotto, una serie di qualità e caratteristiche e per spiegare come esse
vadano ad individuare enti e realtà specifiche. Potremmo definirlo “substrato psicologico”.
Non abbiamo un’idea precisa di sostanza, non possiamo definirla con precisione. In un
passaggio fa l’esempio di un filosofo indiano che dice che il mondo è appoggiato ad un
elefante e l’elefante sostiene il mondo. Da chi è sostenuto l’elefante? Da una grandissima
tartaruga. E la tartaruga? Non lo sappiamo. Usa questa storia per far capire come sia
confusa l’idea di sostanza; la sostanza è per lui un espediente psicologico.

Nel capitolo 4 l’autrice segue le vicende che hanno caratterizzato l’intreccio di questioni da
Cartesio a Leibnitz.
Cartesio nello scritto “Mondo” composto negli anni 30 e pubblicato post mortem (perché ha
vietato la pubblicazione dopo aver saputo sella condanna di galileo) racconta una favola
(ripresa nel discorso sul metodo) di come il mondo si sia prodotto.
Egli dice che qualunque sia stato il punto di partenza / origine, esso avrebbe comunque
acquisito la sua configurazione di oggi.
Questa cosmogonia valorizza l’importanza della consapevolezza di come si sono prodotte le
cose; quindi, immette nella sua narrazione un principio evolutivo. È importante capire come
sono nate le cose per capire come si sono evolute.

Testo tratto dal “Mondo”


Per Cartesio il vuoto non esiste, tutto è compreso nella materia che si estende
indefinitamente occupando tutto lo spazio. Questa materia non ha nessun attributo /
caratteristica ma è pura estensione.
È come un vero corpo, perfettamente solido, che riempia perfettamente tutte le grandezze,
adeguata e aderente allo spazio a disposizione.
Supponiamo che la materia possa essere divisa in tante parti di diverse forme da Dio ma che
non le separi una dall’altra in modo da lasciarci il vuoto, supponiamo che siano distinte solo
per il movimento che ricevono.
Quando abbiamo immaginato la sostanza estesa che occupa tutto lo spazio e abbiamo
immaginato che Dio la frantumi, con le sole leggi di natura possiamo prevedere ed
immaginare un mondo che si verrà a costituire proprio come quello che vediamo nella
nostra quotidianità, qualsiasi sia il punto di partenza.

Quando spiega la genesi nel mondo fa riferimento alle leggi di natura; le leggi di natura sono
incardinate nella realtà divina ma l’azione di Dio avviene solo quando rompe l’estensione
materiale (senza vuoto, tutto interconnesso), e attraverso il movimento e le leggi di natura
viene spiegata la costituzione della realtà universale.

Questo aspetto, secondo cui Dio è presente solo nella fase iniziale, ha portato ad una serie
di critiche e accuse di ateismo. In particolare Robert Boyle (membro della Royal Society) il
quale, pur aderendo al meccanicismo (importanza e centralità del movimento) ritiene che ci
sia un architetto intelligente che abbia organizzato le cose in un certo modo e con certo
scopo, ovvero la conservazione e la formazione dell’equilibrio migliore della natura.

Cartesio non ha invece questo orizzonte finalistico, nella favola non spiega perché le cose
vanno in quella maniera. Nel pensiero di Cartesio è importante il riferimento alla legge di
natura; è come se Cartesio sostituisse il finalismo con la legge di natura. Questa legge
funziona sempre allo stesso modo, è sempre prevedibile e spiega come funziona il mondo
(senza nessuna causa finale).
Cartesio giustifica queste leggi in quanto fondate su attributi divini (non avrebbero per
questo potuto essere diverse da come sono) e condurranno sempre al medesimo risultato.
Spiega così non solo la cosmogonia la applica una prospettiva meccanicistica anche nella
spiegazione della formazione dell’uomo, proponendo al lettore di immaginare la figura
umana come una statua che si muove attraverso dei meccanismi idraulici (ha presente le
statue che adornavano i giardini signorili fiorentini e parigini: quest’arte di mettere in moto
le statue è stata portata in Francia dai fontanieri; queste statue sé moventi compivano
operazioni come servire cibo agli ospiti o realizzare giochi d’acqua grazie a meccanismi
idraulici).
Pensando alle statue: sono enti di pietra messi in moto da forze idrauliche e compiono
azioni che qualunque cameriera potrebbe compiere.

Spiegherà così tutti i processi fisiologici dell’uomo (memoria, vista, movimento degli arti)
senza fare ricorso a nessun elemento spirituale nel corpo.

Spiegazione meccanicistica sia per l’universo che per l’uomo senza chiamare in causa la
dimensione spirituale, per questo è accusato da alcuni successori di ateismo.

La discussione attorno alla figura cartesiana, molto accesa e complessa e ha portato anche a
posizioni antitetiche della filosofia cartesiana (ad ex Malebrache lo vedrà come filosofo
cristiano).
Spinoza invece riporta la natura tutta dentro alla dimensione divina attraverso
l’individuazione di quell’unica sostanza che è Dio (causa sui e di tutti gli enti). Dio non crea la
natura, non le imprime movimento dall’esterno, ma la natura è collocata dentro la
dimensione di Dio.

Perché allora abbiamo parlato dell’occasionalismo? Perché è importante chiamare in causa


Dio per ogni processo?

Questa discussione si è sviluppata perché riflettendo sulla distinzione delle due res
cartesiane e sul fatto che Spinoza abbia insistito sull’impossibilità della mente di agire sul
corpo e viceversa, si è posto il problema di come poter spiegare come accadono le cose
nella vita quotidiana. Se le due sostanze sono separate come si spiega che io possa alzare un
braccio o spostare un libro?

Geulincx: l’occasionalismo parte da questo problema, lo vediamo da lui (Malebranche infatti


lo riprende)

LEGGI TESTO: Non si possono conoscere questi meccanismi, l’uomo non produce
movimento, tutto ciò che l’uomo fa è all’interno, qualcun altro ne dà movimento esterno
“sono mero osservatore di questa macchina corporea” (presente anche prospettiva
cartesiana), “spettatore, non attore”, chi la porta in me e nella mia mente è dio (causa di
tutto).
Malebranche riprende queste posizioni (non si sa se legga Geulincx, ma ha posizioni simili) x
F ogni movimento o pensiero abbia la sua causa nell’azione divina, perché altrimenti non si
può spiegare come due corpi finiti possano avere rapporti causali. Dov’è la forza di un corpo
che gli permette di imprimere movimento ad un altro?
Rimanendo fedele a prospettiva cartesiana, in cui la materia è inerte ed il cui elemento
principale è la figura. Allora presenza divina in ogni movimento che accade, in ogni pensiero
pensato ed in ogni fenomeno della realtà.

2 autori che si rifanno a Malebranche e contribuiscono alla diffusione dell’occasionalismo:


1. De la forge
2. Cordemoi

Che però viene accolto in modo critico e contestato da alcuni autori (es Leibniz e i miracoli)

Altri autori ancora: I prosecutori / individuatori di una terza via (Cawords), che contestano
l’occasionalismo e mantengono la posizione cartesiana ma immettono la “natura plastica”,
come principio non intelligente ma vitale che non ha finalità e permette alla natura un suo
movimento autonomo, è immessa da dio, ma non dipende da lui.

Cartesio viene accusato di ateismo (Dio non agisce sulla natura, solo all’inizio frantuma la
materia ed è qua che si innesta la critica di Leibniz**), altri autori prevedevano la funzione di
un artefice intelligente e di un disegno divino (dunque una natura con una finalità).
Però le due visioni antitetiche non soddisfacevano alcuni autori che volevano salvaguardare
l’autonomia della natura e allo stesso tempo non volevano essere accusati di ateismo,
inoltre non potevano neanche tornare alle visioni rinascimentali della natura (ex Bacone) né
potevano dare autonomia alla natura per cui essa avrebbe avuto al suo interno un principio
di stampo neoplatonico.

** da qui prende avvio una tradizione che vede l’esclusione del finalismo all’interno della
dimensione fisica (no presenza divina, no fine ma leggi naturali che spiegano in modo
inequivocabile ed imperituro il movimento)

Questa terza via dei platonici di Cambridge, in modo particolare da Ralph Calbot, lega le due
posizioni antitetiche ma verrà condannata da Leibniz; egli aveva corrispondenza con la figlia
di Calbot la quale gli invia testo del padre e Leibniz risponde criticando la natura plastica
dicendo che non offre una spiegazione sufficiente.
Questa discussione si protrae fino alla fine 600, quando un autore (Bayle) riproporrà nel
“dizionario storico-critico” le tematiche di Malebranche riprendendo quel principio spiegato
nell’etica (“io non produco quel moto perché non so come si compia…”) chiamato del quad
nescis, dice che non abbiamo spiegazioni sufficienti per comprendere il movimento
dell’autonomia della natura, per questo dobbiamo prevedere l’intervento di Dio.

Età del pensiero scientifico: Cartesio, Leibniz


Ritenere che sia epoca in cui si fa a meno di dio e del teleologismo è errato.
Tutti questi autori hanno corrispondenze Leibniz-Locke, Leibniz-Cowords... la filosofia nasce
dall’incontro, non dal singolo filosofo, e ne deriva una molteplicità di pensieri e domande
anche in contraddizione fra loro. A ciò contribuisce la nascita della stampa, grazie alla quale
la diffusione e produzione del sapere aumenta (accademie, giornali, riviste, fogli).

24-03
Come si salvaguarda la libertà dell’uomo in Leibniz? Sono alla finestra e vedo cadere le
ciliegie dall'albero, può passare qualcuno e metterci un cestino sotto per raccoglierle oppure
tirare dritto. Io osservo questo e comprendo se la persona si ferma o no, la mia visione non
contribuisce alla causazione di quell’effetto. Che la ciliegia e l’albero siano una ciliegia e un
albero è una verità necessaria.

Leibnitz abbandonerà il lessico precedente, la filosofia moderna è una filosofia che usa
termini della tradizione classica e medievale (forma, idea, sostanza...) ma li risemantizza.
Si propone come una filosofia che vuole avere un elemento di novità, il rinnovamento si
evince anche dall’uso di parole con nuovo significato; Locke, ad esempio, dice in un passo
che è meglio mantenere le parole della tradizione facendo attenzione al nuovo significato.

Nella terza meditazione Cartesio parla di Dio: (seconda prova) abbiamo in noi l’idea di un
essere perfetto, finito e buonissimo e non possiamo essere l’origine di questa idea in quanto
il suo contenuto travalica le capacità della mente, che è finita; l'idea non può essere
prodotta da me ma solo da qualcuno che abbia queste caratteristiche e che sia causa di sé.
Fa l’esempio dei gradi di parentela che retrocedono all’infinito (io, genitori, nonni,
bisnonni..). L'anello principale di questa catena non può essere ricavato dall’assemblaggio di
cause finite ma va individuato in Dio che è causa sui e causa della mia esistenza e della
conservazione della mia esistenza.
Gli occasionalisti si agganciano a questa riflessione di Cartesio in cui il porre in esistenza e il
conservare richiede tanta virtus/ forza / capacità. Nell'Etica Geulincx presenta per la prima
volta esplicitamente la dottrina occasionalista che prevedere intervento continuo di Dio
nella realtà come causa di quello che accade, anche dei miei pensieri; non c’è causalità fra
enti fisici o fra ente spirituale e fisico, tutto rimanda all’azione di Dio. Malebranche
svilupperà questa posizione e compirà / formalizzerà questa impostazione tratta da
Cartesio. Malebranche lo fa anche da un punto di vista cristiano: in Cartesio Dio non
interviene nell’universo, l’occasionalismo invece propone il suo intervento nella natura
umana.

La dottrina occasionalista, come già visto, solleva le obiezioni di Leibnitz: egli ritiene che sia
una spiegazione di ciò che accade in natura che ricorre al miracolo continuo, quindi una
finta spiegazione (a lui rispondono dicendo che Dio agisce seguendo le leggi di natura, ma
comunque non accetta)

All’antitesi meccanicismo-occasionalismo sono state messe a punto nuove posizioni, come


quella dei platonici di Cambridge: nella natura è presente un principio vitale, una natura
plastica (la natura ha una vita determinata interna) ma non ha una sua intelligenza, non c’è
un fine nel movimento naturale.

Tutte queste discussioni sono volte a cercare di definire i rapporti fra Dio, natura, esigenza
della nuova scienza (messa a punto da Galileo nel Saggiatore quando parla di qualità
primarie e secondarie o quando parla del modo in cui si deve leggere la realtà universale
(ciò fa leva sull’osservazione, sulla matematica, sulla geometria...))

Paul Hazard: studia i fermenti di questo periodo (“la crisi della coscienza europea”)

Capitolo cinque, a cura di Paganini (studioso dello scetticismo e di Hobbes), è dedicato allo
scetticismo, all’atomismo e all’empirismo.

Il succo teorico delle pagine è quello di far vedere


1. Come l'uso del dubbio scettico avvicina Cartesio e Montaigne
2. Come la riscoperta dell’atomismo antico ad opera di Gassendi, abbinato ad una
prospettiva scettica moderata abbia contribuito a rafforzare riflessioni importanti in
ambito scientifico (egli si riferirà soprattutto a Locke)

Montaigne
Grande autore e scrittore, divulgatore della dottrina scettica (negli anni 70 del 500 gli Schizzi
Pirroniani di S. Empirico vengono tradotti, per questo lo scetticismo si diffonde / viene
conosciuto)

Pirrone: capostipite dello scetticismo; contemporaneo di A. Magno e partecipa alle sue


campagne; sostiene che rispetto alle cose esterne dobbiamo giungere ad una posizione di
epoché (sospensione del giudizio) in quanto per noi irrappresentabili. Questa dottrina può
venire interpretata
1. In maniera moderata
2. In maniera assoluta e radicale

Nel dibattito contemporaneo lo scetticismo è trattato in una prospettiva moderata; lo


scetticismo radicale non è visto di buon occhio, tanto che la domanda a di Montaigne è
“cos’è che posso conoscere?” (implica la possibilità)

L'affermarsi del lemma “apparenza” come traduzione di “phainomenon” (p113-114): il


traduttore, Henri Etienne, avverte apparentia è usato in modo eccentrico e per nulla classico
(leggi il passo dal libro). Dimostra quanto sia importante l’esito dell’uso delle parole sulla
tradizione seguente.

Dalla tradizione di Etienne emerge che S. Empirico stabiliva un’equivalenza fra


- Fenomeni (resi da lui come apparenze)
- Fantasia (rappresentazioni sensibili)
L'apparenza giunge ai sensi i quali vi aderiscono attraverso la fantasia; il problema è avere
un criterio (termine tecnico) che definisce i rapporti fra ciò che appare e la terra.

Attingere alla realtà è un compito complicato, Montaigne riflette su questa complessità


presentando riflessioni e osservazione che sono il nucleo costitutivo del suo saggio.

Montaigne ha spiegato il fenomeno con l’apparenza e al tempo stesso l’ha ricollegato a


phantasia intesa come notizia empirica. Questo condiziona la comprensione dello
scetticismo pirroniano che diventa una sorta di fenomenismo (analisi dei fenomeni) per cui
- della realtà conosciamo solo l’apparenza (soprattutto sensibile)
- i termini diventano sinonimi (per Sesto esistono fenomeni non sensibili)
- Montaigne pone la dicotomia apparenza-realtà: c’è un noumeno che agisce e non
possiamo conoscere, quello che conosciamo avviene nell’ambito dell’apparenza: no
porta la conoscenza umana a dire “non so niente perché conosco solo le apparenze”
ma vuole vedere quali sono gli elementi positivi (pur sapendo che la conoscenza
umana è debole e non assoluta); la sua domanda è “cos’è che io so?”, non mi limito
ad osservare sospendendo il giudizio, Montaigne non segue Pirrone, valorizza invece
l’aspetto soggettivo della conoscenza.

Se Cartesio individua il fondamento certo della nostra conoscenza, Montaigne non riuscirà a
compiere questo passo.

Gassendi: animatore di circoli nella Parigi del ‘600; in questi circoli ha partecipato anche
Hobbes e ha avuto rapporti con lui.
Egli presenta obiezioni alle Meditazioni di Cartesio.

La sua opera più importante (uscita in parte nel ‘58 e completa post mortem) è il “Syntagma
Philosophicum” in cui
- parte dall’adesione allo scetticismo in senso metodologico: come studio e analisi
delle funzioni della conoscenza e come strumento critico di queste funzioni
- Epicureismo antico
- Tradizione atomista antica: giunge a teorie fondate sull’atomismo che lo portano a
prendere in considerazione le nuove teorie scientifiche
30-03

Capitolo cinque (Paganini): vuole mostrarci come il ritorno dello scetticismo abbia avuto
rilevanza anche nella riflessione della rivoluzione scientifica.

Gassendi (1592-1655) è un contemporaneo di Cartesio che egli contesta


- Sostiene l’impossibilità di conoscere la sostanza
- Il processo delle meditazioni è a suo giudizio arbitrario perché per Gassendi ciò che
possiamo conoscere è ciò che otteniamo empiricamente
- Contesta l’anima incorporea cartesiana, l’anima è per lui qualcosa di corporeo
(anche se sottile ed evanescente)

Era un sacerdote, partecipava a circoli parigini insieme a Mersenne ed era animatore dei
sodalizi; a questi circoli partecipa anche Hobbes che ne resta influenzato.

Presenta uno sviluppo della tematica scettica: parte dalla prospettiva scettica e dalle
dottrine pirroniane e, nel sintagma (opera pubblicata postuma, 1658), approfondisce
l’epicureismo in particolare dal punto di vista cristiano; approda così ad un'interpretazione
atomistica della materia. Questa influenza porta ad attenuare le sue posizioni scettiche e a
configurare lo scetticismo come lo strumento con cui delimitare l’ambito della conoscenza
umana: è vero che l’uomo non può conoscere la sostanza, però la struttura atomica della
materia consente di attingere la configurazione / struttura materiale dell’oggetto di
conoscenza. Ci si riferisce anche a ciò che non è immediatamente sotto il dominio dei sensi,
perché possiamo conoscere anche attraverso un processo che ci permette di togliere la
ragione dallo scacco scettico

Montaigne pt2
Questo autore recupera e riconsidera le dottrine scettiche, riproposte grazie alla traduzione
di Etienne (negli anni 70 del 500 a Parigi) delle opere S. Empirico che si muove 3/4 secoli
dopo Pirrone

Egli ci tramanda la dottrina pirroniana negli “schizzi pirroniani” (perché quest’ultimo non
scrive).

Nelle sue opere S. Empirico ci dice che è impossibile definire se ciò che conosciamo e ci
rappresentiamo abbia attinenza con ciò che è al di fuori del nostro processo mentale.

Ne derivano due correnti;


Secondo la corrente dogmatica non mi posso rappresentare niente di ciò che è al di fuori
delle cose in modo veraceo, posso solo sospendere il mio giudizio mettendo in atto l’epochè
scettica.

Uno strumento/ un canone potrebbe aiutarci a distinguere e comprendere se la


rappresentazione soggettiva abbia coincidenza e che grado di coincidenza abbia con la
realtà: i dogmatici dicono però che questo strumento ha comunque bisogno di un altro
criterio che gli dia validità, e ancora.. si ricade nel regresso all’infinito. In conclusione non
possiamo conoscere niente.

Con le traduzioni di Etienne viene riproposto un lessico specifico (dialele, epochè,catalessia)


Uno dei grandi utilizzatori di queste dottrine scettiche è Montaigne

Montaigne (1533 – 1592) scrive degli Essay, che costituiscono una forma di autobiografia.

Ha avuto una carriera di tipo amministrativo, si ritira poi nel suo castello dove raccoglie la
sua bibliografia.
È amico di La Boétie, che muore presto e a cui dedica una sezione sull’amicizia negli Essay.

Gli Essay
sono un testo con un carattere particolare e raccontano la vicenda dell’anima di Montaigne;
egli dice che se quando sta con persone si presenta in forma artefatta (si trucca il volto /
incipria i capelli), in questo libro non trucca la sua anima ma la presenta come essa è.

Sono scritti in una forma piana, egli come molti autori dell’epoca (fra cui Locke) hanno come
obiettivo quello di raggiungere un pubblico ampio rispetto a quello degli studiosi.

Il carattere attraverso cui egli usa la tradizione scettica è quello di unione fra
- Saggio
- Riflessione Gnoseologica proposta dagli scettici

Egli presenta Pirrone come se fosse Socrate, ovvero il saggio che resta imperturbabile di
fronte alla realtà esterna; si tratta di una epochè gnoseologica e etica: ha valore conoscitivo
(sospensione del giudizio) ma anche valenza etica che incide sulla vita del saggio.

Inoltre, compie una torsione dal punto di vista conoscitivo delle dottrine scettiche perché
non radicalizza l’impossibilità della conoscenza umana ma si chiede “cos’è che io so?”
(etichetta della sua filosofia). Lo scetticismo finisce per essere un elemento regolativo, non
blocca né irrigidisce le capacità del percorso conoscitivo umano.

Paganini sottolinea un aspetto grazie al quale fa un parallelismo fra Cartesio e Montaigne:


quando Montaigne legge Sesto, legge una traduzione di Etienne e assimila una
configurazione lessicale per cui ciò che in latino è espresso con phainomena viene tradotto
con la costellazione lessicale dell’apparentia. In Sesto è legato anche a fenomeni che non
hanno ricaduta sensibile e non solo all’apparentia; il fenomeno è schiacciato sull’apparenza
nella traduzione, ciò resta anche oggi (per cui un fenomeno è ciò che possiamo esperire).

Ciò che appare è qualcosa che viene elaborato attraverso la facoltà della fantasia ed ha a
che fare per Montaigne più con il modo in cui vedo ciò che vedo, ascolto ciò che ascolto e
tocco ciò che tocco piuttosto che con l’oggetto concreto. La struttura conoscitiva è
ricondotta interamente nella dimensione mentale, acquisendo carattere di soggettività
(conosciamo in modo individuale).
Montaigne nel suo avvio può essere assimilata a quella di Cartesio, solo che egli non compie
il passo in più che invece compie Cartesio che afferma/ stabilisce, attraverso il dubbio
scettico, la stessa esistenza del soggetto.

A p 116 Paganini dice: mentre il dubbio di Montaigne resta un dubbio essenziale (riguarda la
sospensione del giudizio solo fra conformità di rappresentazione e cosa), Cartesio esercita
un dubbio esistenziale, mettendo in discussione l’esistenza stessa del soggetto, così facendo
Cartesio individua il punto certo, rappresentato dal fatto che in ogni caso, anche se ciò che
esiste in realtà non ci fosse o se anche Dio fosse maligno e mi ingannasse riguardo il
contenuto dei miei pensieri, non posso dubitare di stare pensando.
(Da qui compie nelle Meditazioni un percorso di individuazione e separazione delle due
sostanze, dimostra l’esistenza di Dio, dà dimostrazioni matematiche e recupera la
dimensione delle cose).

Montaigne si ferma prima e resta all’interno della prospettiva scettica ma ha il merito di


presentarla non sotto l’occhio del dogmatismo (per cui non conosco niente), ma
individuando un terreno in cui posso conoscere. Inoltre, ha carattere di tipo etico (nel 600 è
l’unico che lega scetticismo e vita etica, gli altri si muovono o solo in ambito gnoseologico).
Per Montaigne il carattere dello scetticismo è la ricerca continua della verità, che non porta
a una verità definita bensì porta/ permette un percorso conoscitivo, uno sviluppo / esercizio
conoscitivo.

P116: leggi brano tratto dai saggi

La fantasia si fonda sulla mediazione dei sensi che abbracciano le loro impressioni; ha a che
fare con il modo in cui noi ricaviamo dall’impressione sensibile quella immagine.

Vediamo qui come la conoscenza sia soggettiva e legata all’esperienza (individuale)

Gassendi non ha, nel suo recupero dello scetticismo, un interesse etico ma di tipo
conoscitivo. Egli si avvicina al mondo della nuova scienza / esperienza scientifica (nel suo
circolo si leggono le opere di Galileo, lì Hobbes lo conosce).

Nel suo percorso filosofico si hanno due momenti di considerazione della prospettiva
scettica:
1. Il suo scetticismo ha un carattere critico limitativo
2. Nel Sintagma, lo scetticismo ha funzione di correzione della conoscenza

Nella prima fase ritiene che ciò che possiamo conoscere riguarda solo le apparenze /
fenomeni / ciò che cade sotto il dominio dei sensi (non la sostanza, ed è qui si innesta la
critica a Cartesio).

La vicinanza con i testi di Galileo e la scienza lo porta a riflettere perché per Galileo
possiamo conoscere come è fatto il mondo grazie al linguaggio matematico e geometrico
(lingua con cui Dio ha prodotto il mondo); nel Saggiatore delinea le differenze fra:
- Qualità primarie: individuabili con la matematica e la geometria, per questo si parla
di una oggettività della conoscenza
- Qualità secondarie: determinate da colui che conosce (es caldo, freddo, colori)

Allora Gassendi mette in discussione il suo precedente scetticismo e anche se non arriva a
dire che possiamo conoscere la sostanza, man mano che autori come Lucrezio, Epicuro e
opere sull’atomismo (oltre a Galileo) entrano nella sua riflessione egli modifica la sua idea /
teoria.

Nella prima parte del Sintagma parla della teoria dei segni (tema già presente in Sesto
Empirico). I segni si dividono in:

- Rammemorativi: si riferiscono a qualcosa di temporaneamente nascosto (ex fumo,


da qualche parte c’è un fuoco che non vedo)
- Indicativi: alludono a qualcosa che è occulto per natura, non temporaneamente (ex
pori da cui deriva il sudore, animaletti che consumano i mobili / tessuti: vediamo i
segni che lasciano e basta)

Esempi tratti da esperimenti condotti da Gassendi, c’è unione fra scetticismo,


interpretazione atomica della materia (le particelle non cadono solo sotto la dimensione
sensibile), esperimenti / strumenti che ci fanno vedere cose che a occhio nudo non vediamo
(ex telescopio/ microscopio)

Considerando tutto ciò, a fine percorso, ritiene che la conoscenza abbia un carattere non
certo, ma probabilistico.

Altro elemento importante è il pregresso della conoscenza che avviene in parallelo con il
progresso della tecnica (si amplia l’orizzonte dei sensi grazie al supporto della tecnica e
tecnologia). Da Bacone in poi è rilevante.

Cartesio e lo scetticismo (vedi sopra): Paganini alla fine del paragrafo cita e analizza Bayle e
Locke.

Bayle: ha una vicenda biografica complessa, rapporto complicato sia con il cristianesimo che
con il protestantesimo.

È l’autore del dizionario storico-critico 1697; opera strutturata per voci, come
un’enciclopedia / dizionario.
Man mano che aumentano le edizioni egli aggiunge delle note (alle voci) che ingrandiscono
l’opera. Le note sono contraddistinte da lettere (no 1,2 e 3 ma a,b,c). Queste note danno
conto di letture (leggeva tanti generi, è importante dunque anche per conoscere i testi che
circolabano); autore anche di una rivista “…” che ha svolto un ruolo importante di
discussione.

Il 600 è l’epoca dei salon, delle riviste, delle accademie. Sono luoghi in cui chi partecipa è
alla pari, si scambiano informazioni (≠ dalle corti dove c’è un principe o un sovrano che
regola la struttura della corte stessa).
Nelle accademia c’è scambio di informazioni, in questo periodo si ha infatti anche un
incremento di epistolari e pubblicazioni di fogli, panflet, (composti, stampati e distribuiti
velocemente) e si crea una rete intensa di confronto in cui anche le donne hanno un ruolo
importante.

Abbiamo visto come Gassendi mitiga la sua posizione scettica inizialmente assunta a favore
di una valorizzazione di ciò che permette la conoscenza scientifica. Bayle ripropone le
domande scettiche coinvolgendo anche la storia/ gli ambiti disciplinari che prima erano
rimasti in ombra.

Brano tratto dal discorso sulle comete: importante perché è un testo in cui Bayle presenta la
teoria del saggio virtuoso ed è quel testo in cui vuole compiere un percorso in cui obietta/ è
critico del pregiudizio e messa in scacco della (??)

Il tema dell’atto virtuoso è importante perché presenta Vanini, morto bruciato a Tolosa, e
Bayle ritiene che non sia necessario aderire ad una religione per condurre una vita etica e
virtuosa.

Nell’opera pone domande a proposito del modo in cui diamo assenso a ciò che leggiamo,
vediamo, consideriamo.

Il testo viene scritto dopo che una cometa viene individuata (le comete erano capaci di
predire eventi infausti) e nella lettera (del testo) a un dottore della Sorbona spiega perché è
assurdo ritenere che cometa sia presagio di eventi infausti.

Se tramite formule si prevede che la cometa si presenta come si fa a pensare che porti
sventura? Se possiamo prevederlo come si fa a dire che sia lui segno di qualcosa di
disastroso? Il dottore ha gli strumenti scientifici per capire che segue leggi fisiche, non
dovrebbe crederci

Questo tipo di discussione ha radici lontane (già Pico della Mirandola a fine 400 scrive
Adversus Astrologia in cui usa la discussione e i ragionamenti di questo tipo: fenomeni
celesti non sono segni di eventi sulla terra per lui)

Se egli (il dottore) fosse un predicatore potrebbe passare sopra a questa interpretazione,
perché essi vogliono convincere usando espedienti come la pomposità dell’eloquenza,
colpiscono sull’elemento affettivo... (descrive come si forma il pregiudizio, la superstizione),
ma lui è un dottore della Sorbona che conosce le leggi scientifiche e non deve persuadere il
popolo.

Bayle, nel passo successivo, contesta la tradizione poetica e storica, lo scetticismo diventa
strumento di analisi della superstizione e della tradizione (che induce e sostiene la
superstizione); è uno strumento che gli permette di smascherare gli inganni.

I poeti si ostinano ad abbellire le loro descrizioni con immagini e lessico articolato,


sottolineano esageratamente le avventure e il carattere degli eroi, immaginando cose
sbalorditive. Proprio qui, secondo lui, nasce il mito delle comete.
Smaschera il modo in cui il lettore, ingenuo, possa rimanere irretito da un racconto che fa
leva su altri racconti e sull’impressione del racconto (mostrando meraviglie o immagini
tremende, tutto ciò che colpisce l’immaginazione)

Nemmeno autorità degli storici deve essere presa in seria considerazione (pirronismo
storico): sono più moderati rispetto ai poeti ma vogliono riferire tutti i miracoli e le visioni e
non è prudente credere immediatamente a tutto ciò che riferiscono, forse credono che,
senza mescolarvi prodigi o accidenti sovrannaturali le loro storie apparirebbero troppo
semplici. L’uomo è soggetto al pregiudizio e alla superstizione, e proprio per questo è utile il
dubbio scettico per sospendere il giudizio.
Tanto più le storie vengono arricchite e proposte in forma pomposa / “condita” quanto più
l’uomo deve stare attento. Essi pensano di tenere desto l’interesse del lettore, attraverso lo
stupore (che suscita idee, punti di vista, esercita controllo..) oppure il loro abbellire può
essere vanità personale.

Non dobbiamo dubitare dei fatti (come l’apparizione della cometa o nei disastri che si sono
verificati) ma dobbiamo dubitare del nesso che viene posto, nella configurazione
meravigliosa e immaginifica di ciò che accade. Non dobbiamo creare un rapporto di causa
effetto sulla base del nulla (qua vediamo come agisce in Bayle il nuovo modello di
conoscenza scientifico)

La tradizione, quindi, deve essere analizzata e studiata, non accolta in modo acritico;
“l’hanno detto tutti” non è un criterio valido per determinare la verità. La tradizione si basa
sull’assenso, è valida solo perché ci sono persone/ popoli / generazioni che danno l’assenso,
il quale però deve basarsi su un giudizio critico. Inoltre è necessario conoscere in che modo
si è formata tale assenso (senza appoggiarsi alla tradizione). Accettare la tradizione senza
esaminarla non è un merito (dare importanza agli antichi) ma pigrizia (per Bayle).

Capitolo sesto (a cura di Sara Arton): sottolinea come il ruolo delle donne in ambito
filosofico sia mal affrontato perché ci sono poche testimonianze; nei repertori bibliografici
non venivano inserite e tramandate nei cataloghi (ad es), se ne è dunque perso traccia:
- Dal punto di vista storiografico (coloro che erano / dovevano compiere l’opera
storiografica di ricostruzione hanno omesso le figure femminili)
- Da un punto di vista storico (hanno scritto poco)

Christine de Pizane, raccontata da Maria Giuseppina Mozzarelli in un libro del 2007, è donna
che nasce vicino a Bologna, il padre va a parigi per lavoro e porta le figlie. Il padre le fa
studiare, gli fa avere un’educazione come quella degli uomini; si sposa con un uomo di
buona famiglia, resta vedova giovane, i genitori del marito provano ad impedirle di entrare
in possesso dell’eredità perché in quanto donna è considerata incapace di gestirla, riesce
comunque ad ottenere una parte di ciò che le è dovuto e apre un atelier dove vengono
riprodotti manoscritti in forma elegante; usa anche marchio di fabbrica: una forma di blu
specifica, con cui tinteggia anche abiti, mai rossi e oro tipici dei re e dei sacerdoti; il blu era
prestigioso perché per ottenerlo servivano molti denari, era prezioso. Viene sempre
raffigurata con un abito blu e un ornamento sul capo bianco
La sua opera principale è “la città delle dame”, scrive però altre opere fra cui un lungo
poema che viene anche tradotto.
È la capostipite di donne che danno contributi no banali alla storia della cultura e
rappresentano modelli interessanti.

Fra 500 e 600 l'attività filosofica delle donne si intensifica grazie ai salon, alle accademie, a
quei gruppi paritari che si formano a cui le donne hanno accesso
Alcune donne importanti
- Elisabetta: corrisponde con Cartesio
- Marie de Burné: entra in contatto con Montaigne e diventa una sodale(?)
intellettuale del filosofo; avrà un ruolo importante nella pubblicazione dei saggi
- Lady Macham (figlia di Codword): corrisponde con Leibniz e Locke.

Ci sono anche filosofe che producono / pubblicano testi di filosofia (anche di filosofia
naturale, che all’epoca era maggiormente dibattuta). precedentemente, nella 2ª metà del
500 in particolare in Italia, le donne lavoravano per presentare la figura della donna come
paritaria a quella dell’uomo

Lucrezia …
Angela …
…. (Vedi 3 nomi nel libro)

Sottolineano che la donna non nasce dalla costola di Adamo ma ad immagine di Dio tanto
quanto Adamo.

Ciò che contraddistingue tutte queste donne è il richiamo all’importanza dell’educazione:


ciò che crea il divario fra uomo e donna deriva dall’accesso alla conoscenza/ all’istruzione e
si battono per un accesso paritario.
(Tema dei diritti solo nel 700).

31-03

Locke (2)
Nel capitolo 3 viene presentata da Pasini la critica della sostanza cartesiana.

Nel capitolo 5 troviamo invece l’uso di alcune prospettive scettiche: presenta una teoria
della conoscenza che prende le mosse dai limiti della conoscenza, che si radica nella sua
idea del fatto che la sostanza non sia conoscibile e che ricaviamo la nostra conoscenza dai
dati sensibili (“le apparenze” di Montaigne).
Noi possiamo ricavare una conoscenza certa ma l’attività conoscitiva umana ha dei limiti:
non attinge alla sostanza delle cose (richiamo alle dottrine scettiche in forma cautelativa).

Nel capitolo 7 Locke è messo in relazione ad Hobbes, si parla della sua politica e del trattato
sul governo.

La critica alla sostanza (testo, grazie a questo ci ricolleghiamo a quanto Pasini dici nel
capitolo 3): la sostanza è una sorta di espediente psicologico usato per aggregare qualità
primarie e secondarie che caratterizzano un oggetto, però non è qualcosa che cade sotto
nostra conoscenza. È una funzione che serve per dare unità hai dati provenienti
dall’esperienza sensibile.

Nel saggio sull’intelletto umano, testo degli anni 90 (dunque è del periodo della maturità,
era nato nel 32) Locke dice che la mente è costituita da idee semplici provenienti dai
semplici

≠ da Montaigne (si parla di soggettivismo conoscitivo) per lui la phantasia, ovvero la


rappresentazione sensibile, agisce senza che ci sia certezza di corrispondenza effettiva fra
immagine e mondo esterno; essa lavora sul dato che i sensi hanno elaborato, i sensi a loro
volta elaborano / contaminano il dato che arriva dall’esterno, non ci danno l’immagine reale
dell’oggetto; si può dire che mediano, filtrano.
Ciò presuppone una distanza fra il contenuto mentale e l’oggetto esterno; non si dà
corrispondenza.

Per Locke le idee semplici sono recate dai sensi così come si trovano nelle cose esterne
(hanno rapporto con le cose esterne).

La mente, oltre a recepire le sensazioni, su questo materiale compie un’attività / riflessione.


Le idee semplici per Locke vanno costantemente assieme: se c’è la connessione fra le idee
semplici (derivano da esterno) e la singola idea semplice ha un rapporto stretto con
l’oggetto esterno, la connessione fra idee semplici indica la presenza di un oggetto esterno
che presenta assieme tutte queste caratteristiche, allora il gruppo di idee semplici
appartiene ad un'unica cosa.
Queste idee riunite, vengono identificate con un solo nome, ma comunque si tratta di un
aggregato di idee in relazione, non di una sola idea semplice.

Non possiamo immaginare in che modo le idee semplici possano sussistere da sole (limite
della conoscenza, traccia dello scetticismo in Locke), allora siamo portati a pensare che
esista un “substratum”, una sostanza, che le sorregga.

Ciò che si chiama sostanza è per lui un’operazione linguistica che serve per dar conto
dell’aggregato di idee semplici che noi non sappiamo altrimenti come trattare / come si dia;
e non sappiamo nemmeno come l’idea semplice possa supportarsi.

È l'idea semplice da cui parte tutto il processo conoscitivo che chiamiamo sostanza ed è
sostegno delle qualità esistenti, che non possono esistere senza qualcosa che le sostenga
(substantia = sostenere/ sottostare; è un espediente linguistico). STORIA ELEFANTE /
TARTARUGA

Dunque, come già detto, l’idea di sostanza di forma attraverso un espediente linguistico
perché non siamo in grado di comprendere cosa regge le idee semplici MA tutto il processo
conoscitivo parte da esse, le quali garantiscono un rapporto con la realtà esterna.

Punto di incontro / connessione fra Locke e Gassendi


- G: si avvicina all’atomismo grazie al recupero di Epicuro e a quel punto mitiga la sua
posizione scettica. Gli atomi non cadono sotto l’osservazione / non sono esperibili
ma al contempo egli ritiene che possiamo approssimarci a questa conoscenza anche
senza attingere alla verità sostanziale (che sfugge all’osservazione)
- Locke: anche per lui sostiene che la materia sia costituita in maniera atomica ma non
tratta esplicitamente l’argomento.

Idee semplici e idee complesse (testo): articola ciò che presenta nel testo in cui critica l’idea
di sostanza
- Non è chiara e distinta: non si regge su nessun elemento sensibile contrariamente
alle idee semplici
- Solo l’elemento sensibile mi garantisce una sicurezza/ certezza, io la sostanza non la
tocco né la esperisco

Gassendi fa leva sul potere degli strumenti conoscitivi, per lui possiamo ipotizzare e
prevedere un avvicinanento (sintotico e con carattere probabilistico) ad una comprensione
sempre più articolata della sostanza. Ha una prospettiva progressiva del sapere, basata
sull’indagine scientifica.

Locke è molto più netto nell’insistere che la sostanza sia inconoscibile e abbia a che fare
puramente con un espediente linguistico; noi no attingiamo ad essa. Ciò ha una ricaduta
sulla storia politica di Locke.

Idee complesse = aggregazioni di idee semplici

Hobbes

Hobbes: teorico dell’assolutismo


Locke: teorico della tradizione liberale
La distinzione fra Locke e Hobbes si origina da una diversa antropologia.

Hobbes ha vissuto tutta la vita sotto la cifra della paura, ha una visione pessimistica
dell’uomo:

- non è buono per natura


- non ha una dimensione morale per natura: nasce solo quando gli uomini si
aggregano
- funziona secondo principi meccanici: siamo costituiti da elementi materiali, ciò che
riteniamo essere la nostra volontà in realtà non è in nostro possesso ma anche
questa è esito di un processo meccanico.

Per lui l’uomo ha una pulsione, quella dell’auto-conservazione (importante anche in


Campanella, Telesio…).
Da questo principio deriva:
- Ciò che mi piace: permette la mia conservazione
- Ciò che non mi piace: non permette la mia conservazione
Da ciò che mi piace deriva l’amore, da ciò che non mi piace deriva l’odio

Senza le realtà statali l’uomo in che condizioni sarebbe?


Analizza con un esperimento mentale lo stato di natura.

Egli ritiene che tutto ciò che esiste abbia una costituzione spiegabile tramite meccanicismo,
l’uomo incluso, che non è libero di scegliere in quanto egli stesso è sottoposto a queste leggi
(amo o odio qualcosa solo per auto-conservazione).
L'unico punto su cui l’uomo può agire “liberamente” (valido anche in condizione associata) è
la difesa della sua vita, quando agisce per auto-conservazione, ad esempio posso agire
contro il sovrano solo se attenta alla mia vita. L’idea di Hobbes prevede che l'uomo, se non
fosse aggregato in una dimensione statale, mirerebbe ad auto-conservarsi anche a danno
degli altri.

Hobbes ci dice “HOMO HOMINI LUPUS” in quanto l’uomo tutela la sua auto-conservazione e
cerca di espanderla; ciò nello stato di natura avviene a scapito degli altri. Ogni soggetto
però, accanto a questo meccanismo, ha anche l’idea che la condizione migliore per garantire
la propria conservazione sia uno stato di pace, il quale può arricchire e incrementare l’auto-
conservazione.
La pace è un bene da perseguire.
Il problema è che tutti hanno un’idea diversa di “pace” perché incentrati su sé e nessuno
vuole recedere perché in gioco c’è l’auto-conservazione. Fare passo indietro non mi
garantisce che l’altro non faccia un passo avanti.

Per evitare ciò gli uomini hanno rinunciato a


una parte dei loro diritti, hanno sottoscritto un patto di unione e un patto di soggezione
delegando e devolvendo al sovrano (gruppo o singolo) tutti i diritti, mantenendo solo il
diritto all’auto-conservazione. È una sorta di contratto.

Hobbes risente molto della situazione politica ed economica dell’Inghilterra del suo secolo
(17) in cui essa sta costituendo un suo impero tramite commerci e scambi; qui l’elemento
centrale è proprio il contratto, ovvero la pattuizione libera fra i soggetti che contrattano i
quali si trovano d'accordo su uno scambio in cui il valore dell’oggetto di scambio è pattuito
direttamente da loro e non è determinato da qualcosa di esterno.

Qui entra in gioco il tema della giustizia, che non è presente nello stato di natura, e Hobbes
contesta la teoria commutativa e distributiva della giustizia aristotelica che si basa sull’idea
di uguaglianza; per Hobbes l’idea di giustizia è basata sul contratto.

Il sovrano non è coinvolto nel contratto, egli non vi è sottoposto mentre governati sono
sottomessi all’accordo. L'ingiustizia è rompere il patto.

Il sovrano, non entrando nel patto, non può essere ucciso; Hobbes vive quando Carlo I
(sovrano d’Inghilterra) viene decapitato; questo evento da vita a studi e riflessioni a cui
partecipano diversi autori (fra cui Hobbes, Milton…), e alcuni di loro fanno riferimento alla
tradizione monarcomaca (aveva preso vita in Francia nella seconda metà del 500) la quale
ritiene che il tiranno possa essere ucciso. Hobbes ritiene che ci si possa ribellare al sovrano
solo se attenta all’auto-conservazione dei sudditi.

Testo: Stato di natura e stato di guerra (tratto dal Leviatano; ‘51)


Fra uomini non ci sono differenze ontologiche, ognuno di noi allo stato di partenza è forte e
capace (intelligente). Anche il più debole può uccidere il più forte (sia alleandosi con chi
corre lo stesso pericolo sia ricorrendo ad una macchinazione segreta).
Dall'uguaglianza fra uomini nasce la speranza di raggiungere il proprio fine; se tutti sono
uguali tutti possono raggiungerlo.
Se entrambi desiderano la stessa cosa diventano però nemici; nel perseguire questo scopo
(auto-conservazione e il piacere che ne deriva) cercano di distruggersi e sottomettersi l’un
l’altro

Nello stato di natura ogni uomo corre il rischio di essere aggredito, c’è un conflitto di tutti
contro tutti dato dalla natura umana e non fatto che l’uomo sia cattivo; Hobbes non fa una
valutazione morale morale ma scientifica.

L'uomo non è naturalmente socievole per Hobbes. Ognuno crede che il compagno nutra per
lui la stessa stima che egli nutre per se stesso e, ad ogni segno di disprezzo dell’altro si sforza
di estorcere da lui consenso e approvazione (come? arrecando loro danno, dimostrando di
essere più forti)

Tutto ciò, come detto prima, deriva dal principio di auto-conservazione.


Esistono 3 caratteri primari che stanno alla base della lotta fra uomini (derivanti dall’auto-
conservazione):

1. Rivalità: aggredire per trarne vantaggio – abbiamo desideri che convergono con
quelli dell’altro
2. Diffidenza: temo che qualcuno possa arrecarmi danno, per tutelarmi posso mettere
in atto strategie per per eliminarlo
3. Orgoglio: desidero essere apprezzato, se sono disprezzato posso mettere in atto
strategie per essere apprezzato

1ª: porta uomini ad aggredire per trarre vantaggio


2ª: porta uomini ad aggredire per la loro sicurezza
3ª: porta uomini ad aggredire per la loro reputazione

Nasce così la guerra dell’uomo contro ogni uomo, non perché sia cattivo ma per la volontà
di auto-conservarsi.
Se per Locke la condizione dell’uomo nello stato di natura è la pace, per Hobbes è la guerra
e l’unica certezza che l’uomo ha è la propria forza. Nello stato di natura hobbesiano la
società non si sviluppa, c’è pericolo di una morte violenta e la vita dell’uomo è solitaria,
ostile, animalesca e breve.

6-04

Locke (3)
Scrive la lettera sulla tolleranza, composta in Olanda nel periodo di esilio di Locke e
pubblicata poi nel 1689.
È uno dei capisaldi della cultura filosofica e costituisce il codice della cultura europea
moderna.

Qui Locke pone le basi della distinzione fra ambito di competenza dello Stato e quello della
Chiesa. La tolleranza viene presentata come una strategia politica necessaria per la
pacificazione all’interno dello stato ma, quello della tolleranza, è una virtù sporca in quanto
non si rivolge a tutti. Nella lettera infatti egli distingue:

- Chi deve essere tollerato


- Gli intollerabili: i Patristi (seguono capo di stato estraneo e straniero, non degni di
fiducia) e gli atei (non hanno nessun elemento a loro sovraordinato a cui riconoscere
dignità e rispetto, non possono entrare in una compagine civile in cui i rapporti fra
uomini donobasati sulla fiducia)

Se Hobbes fa riferimento alla forza e alla paura, Locke si riferisce alla fiducia, partendo
anche da un’antropologia diversa. In generale, tutto il suo ragionamento nella lettera e nei
trattati sul governo fa riferimento ad uno stato di natura molto diverso rispetto a quello
hobbesiano.

Appunti sui testi tratti dal secondo trattato sul governo

Locke ragiona del governo e non dello stato. Mentre Hobbes si chiede qual è il fondamento
dello Stato, Locke si chiede qual è il fondamento sul governo (intendendolo in modo ampio
ed includendo anche come si rapportano fra loro i cittadini e come il potere viene diviso /
distribuito).
Per Locke il fondamento dello Stato è più semplice e non legato alla decisione necessaria
per Hobbes. Per Hobbes ci sono il patto di unione e il patto di soggezione (c’è quindi una
decisione che rompe con la condizione che vige nello Stato di natura e dà origine alla
compagine statale), in Locke non c’è questo tipo di atto, infatti ragiona sull’esercizio del
governo.

Lo stato di natura lockiano: se in Hobbes c’è conflitto fra i singoli individui, Locke fa leva
sulla libertà e sui beni che appartengono ai singoli. Entro i limiti della legge naturale*.

* la legge di natura per Hobbes agisce successivamente, è un atto di ragione. Per Locke
invece, la legge di natura agisce fin da subito, già nello stato di natura. Lo stato di natura
lockiano è quindi già regolato dalla legge di natura. Il suo stato di natura è di uguaglianza in
cui potere e autorità sono reciproci; egli fa leva sulla sfera collettiva (a differenza di
Hobbes), parla infatti di “reciprocità”.

Locke:
- Libertà dei singoli
- Reciprocità di comportamenti che garantisce l’uguaglianza dei singoli
I singoli sono liberi e uguali solo se ciò viene garantito
- Non c’è differenza fra gli uomini perché hanno stessi doni di natura e facoltà mentali
A nessuno vengono devoluti i diritti, nessuno ne ha di più.

Per quanto sia uno stato di libertà*, non è uno stato di licenza.
L'uomo non può distruggere sé o altri, l’esigenza della dimensione statale deriva dal fatto
che non siamo sicuri che tutti rispettino la legge natura, lo stato garantisce la sanzione se la
legge viene infranta.

*Libertà, Locke vs Hobbes


- Locke: assenza di dipendenza
- Hobbes: assenza di ostacoli per la propria determinazione

Per Hobbes i soggetti sono uniti nella compagine statale; per Locke invece lo stato è più
debole, i singoli soggetti sono uniti anche al di fuori della compagine statale.
NB: da questo si vede come Locke sia all’origine della tradizione liberale della cultura
moderna. Ogni individuo ha la sua salute, beni, persona... l’uomo è libero per diritto di
natura.

Locke è importante anche per la cultura giuridica moderna per cui deve esserci un rapporto
equo fra punizione e trasgressione.
Nello stato di natura la punizione è affidata a ciascuno, ognuno di noi è garante/ deve
salvaguardare la legge di natura per cui se qualcuno la infrange allora chiunque può punirlo.
Ciò può avvenire, però, solo nella misura in cui la punizione serva per riparare e prevenire la
violazione commessa.
(Pochi decenni dopo Beccaria scrive contro la pena di morte “dei delitti e delle pene” =
nessuno è legittimato a mandare a morte una persona).

Affinché l’equilibrio sia garantito individua nello stato lo strumento ideale che
- Permette l’esercizio della libertà dei singoli
- Sanziona le infrazioni alla legge di natura (è di origine razionale e si esplicita
nell’equilibrio fra delitto e punizione)

Il diritto di resistenza: lo abbiamo quando violano la sfera della nostra libertà, rispetto a
Hobbes lui è più attento ai temi del tirannicidio o della deposizione di un capo di stato
perché per Locke, anche senza uno stato, non cadiamo in una condizione di bellum
homnium contra homnes.

Quando scrive Locke la situazione politica in Inghilterra è ancora complessa e tesa ma si


iniziano a vedere soluzioni possibili ai problemi religiosi: la lettera sulla tolleranza di Locke è
la risposta a questi problemi che laceravano l’Inghilterra dell’epoca; per lui la tolleranza nei
confronti delle sette religiose e dell’espressione della propria vita interiore all’interno di una
comunità religiosa è ciò che è necessario per evitare guerre civili all’interno della società
inglese.

Quella di Locke è una riflessione che ragiona sui limiti, sui confini reciproci fra il potere dello
stato e la libertà dei singoli che lo compongono.
Hobbes e Locke hanno punti di vista diversi ma vi sono dei punti in comune:
Anche Hobbes pensa che lo stato di natura sia libertà, ma x la sua antropologia / idea
dell’uomo, questo stato di natura libero porta però ad un conflitto uomo contro uomo.
Locke invece pone immediatamente la legge di natura come ciò che regola lo stato di
natura, e questa garantisce uguaglianza, libertà e autonomia individuale (salute, beni,
educazione...)
È necessario sottolineare che per Locke salute ed educazione sono molto importanti; in
particolare l’educazione è importante per il corretto mantenimento e ampliamento dello
stato.

Gli Enciclopedisti
Le riflessioni di Locke sulla tolleranza e sulla libertà e la sua teoria della conoscenza, arrivano
in Francia e si pongono all’origine della riflessione dei Philosophes, ovvero quegli autori che
nella 2ª metà del 700 daranno vita all’Enciclopedia delle Arti e dei Mestieri (1751-1772).

I due principali philosophes sono


- D’Alambert: si ritirerà dall’impresa; all’inizio la redazione dell’encyclopédie era
sostenuta ma nel 59 vengono ritirati i privilegi di stampa e posti numerosi vincoli ai
redattori
- Diderot: continuerà nonostante i vincoli, nel 59 viene anche incarcerato ma grazie
all’aiuto dei lettori l’opera viene portata a termine

17 volumi, scritti in doppia colonna.

Cosa di Locke arriva ai philosophes


- Tema della tolleranza:
Lo stesso Voltaire scrive un trattato sulla tolleranza (64-65) e le lettere filosofiche, testo che
raccoglie una serie di osservazioni di Voltaire risalenti agli anni 20 del 700, periodo in cui si
reca a Londra e viene a conoscenza
•della cultura dei quaccheri
•della religione anglicana
•della posizione dei sociniani: Lelio e Fausto Socini erano due autori italiani, esuli dall’Italia
per cause religiose e hanno contribuito, con le loro lettere ed opere, ad alimentare la cultura
della tolleranza
- L’importanza dei sensi:
In inghilterra Voltaire scrive di Bacone e scrive una lettera su Locke.
Voltaire insiste sulla valorizzazione che Locke dà alla dimensione corporea dell’uomo; Nel
Saggio sull’intelletto umano Locke presenta la sua teoria di una conoscenza sensistica: la
prima fonte di conoscenza è la sensazione, la seconda è la riflessione (ma è “solo” la
consapevolezza delle operazioni che la mente effettua sui dati sensibili). Senza i sensi la
mente sarebbe come una tavola bianca.

Dall’esperienza sensibile e dalla riflessione otteniamo tutte le idee che abbiamo o che
possiamo avere naturalmente. I filosofi francesi fanno leva su questo aspetto della teoria
lockiana, in particolare sull’assenza di innatismo nella mente umana (≠ Cartesio: per lui la
mente ha in sé un contenuto, la mente è sostanza per lui)
Tutti questi temi sviluppati in Inghilterra vengono ripresi in Francia; nella 13ª lettera
filosofica in cui ragiona di Locke Voltaire sottolinea la grandezza lockiana, egli è stato capace
di distruggere quel grande totem della filosofia tradizionale, l’anima, valorizzando
l’esperienza e il dato sensibile.

Nella 14ª lettera Voltaire parla di Cartesio e Newton. Per lui Newton è superiore a Cartesio;
apparentemente la posizione di Newton appare più modesta e meno pretenziosa rispetto a
quella di Cartesio ma dalla sua riflessione si riescono a ricavare gli strumenti per una
conoscenza più precisa e adeguata della realtà naturale.

Questi temi vengono approfondito e ampliati nell’Enciclopedia


- Vuole valorizzare, dal punto di vista conoscitivo, la dimensione sensibile /
esperienziale della conoscenza
- Riprendono la sensibilità per il tema dell’educazione lockiana e pongono il filosofo
come guida alla pari (non sovraordinata agli altri uomini). Riprendono quindi
l’importanza dell’educazione, dell’apprendimento e di una comunicazione adeguata,
semplice e aderente alle cose.

Gli enciclopedisti sono contrari alla dimensione sistemica dal punto di vista
dell’organizzazione del sapere (i grandi sistemi costruiti da Cartesio, Spinoza, Leibnitz…)
sono contrari a quel modo di far filosofia in cui ogni cosa trova la sua spiegazione in una
forma rigida, valorizzano invece un’organizzazione sistematica

Loro distinguono
- Spirito di sistema: modo di concepire la realtà e il ruolo dell’uomo in una struttura
rigida basata su pochi principi fittizi a loro giudizio
- Spirito sistematico: guarda alla relazione orizzontale fra le cose, alle connessioni
individuabili fra le cose grazie all’esperienza

Fanno leva sull’esperienza del singolo e realizzano un enciclopedia del sapere incentrata
proprio sull’uomo; il loro libro è un libro vivo, non ha una struttura rigida, e individua volta
per volta realtà e conoscenze diverse.
Essi rovesciano il sistema tradizionale di catalogazione delle conoscenze.

Pag189: testo in cui viene citato un testo di Diderot in cui egli dice che per conoscere la
natura e tutta la sua fecondità non possiamo chiuderla in uno schema rigido. Le persone si
stupiranno vedendo il filosofo che sradica l’albero ponendo le radici in alto e i rami in basso,
e si meraviglieranno vedendo le radici mettere le foglie = si pongono come coloro che
ribaltano e contestano i sistemi tradizionali e rovesciano l’albero della conoscenza.

Scritta in 17 volumi + 11 di tavole; il progetto viene autofinanziato grazie alla sottoscrizione


di coloro che vogliono comprarla e con il privilegio del re (1751), che verrà poi tolto nel 1759
in quanto
- Critica l’ambito religioso: attira critica
- Opera (troppo) innovativa
Canfora racconta: uno dei modi per sabotare l’iniziativa era quello di dire ai librai di
restituire ai sottoscrittori le quote versate in modo che non ci fossero più i fondi. Nessun
sottoscrittore però ha chiesto i soldi indietro ☺

Per spiegare come vogliono organizzare/ strutturare l’enciclopedia gli enciclopedisti


costruiscono un diagramma, posto dopo il frontespizio: (vedi fra i file teams della prof)

23 minuti
È suddivisa in 3 ambiti:
1. Memoria: si usa in ambito storico
2. Ragione: si usa in ambito filosofico
3. Immaginazione: si usa in ambito pratico

In questo ordine (no memoria, immaginazione, ragione) perché sotto all’immaginazione,


messa per ultima, vengono poste tutte le arti e l’immaginazione consente all’uomo di
applicare le sue conoscenze.

È una catalogazione della conoscenza umana che analizza sia il livello teorico (scienze) che
quello pratico (arti e mestieri).

Il diagramma permette un’analisi trasversale, permette di individuare relazioni fra i singoli


“rami”, difatti non si pone come un albero ma come un flusso (sx-dx, non alto-basso).

Gli enciclopedisti insistono nel sottolineare che non partono da principi arbitrari ma fanno
leva sulla teoria della conoscenza di stampo lockiano che Condillac, esponente più
importante del sensismo, riprende; egli rinuncia alla riflessione lockiana e considera come
fonte della conoscenza solo i sensi/ l’esperienza, in quanto a suo avviso la riflessione ha in sé
tracce di innatismo e, diversamente da Locke, attribuisce una funziona all’anima e riconosce
la sua presenza.

Dopo il prospetto (schema teorico dell’enciclopedia), sul quale tanti studiosi hanno
riflettuto, troviamo il discorso preliminare (vedi testi su teams).
Il discorso preliminare ci mostra che ci muoviamo in modo tortuoso, mossi da bisogni
individuali, e che quindi ognuno di noi può intraprendere percorsi partendo da punti diversi
nella mappa. Il fatto che però i singoli punti siano in relazione ci garantisce che siamo tutti
sullo stesso terreno, e da qualsiasi punto del territorio possiamo raggiungerne altri, non c’è
rigidità sistemica. Ha un andamento “caotico” e non rigido.

Il sistema delle conoscenze è costituito da diverse branche che convergono in un unico


“punto”.

20-04 (SLIDE MATTEO)


L’encyclopedie e l’interpretazione del suo frontespizio

Il frontespizio stimola l’attivazione di una lettura di primo grado. Tramite l’immagine il


lettore poteva capire i concetti che l’autore andava esponendo.

Qui l’importanza del frontespizio sta specialmente nella sua composizione.

L’encyclopedie nasce per cambiare il modo di pensare comune (Diderot). L’albero delle
scienze e delle arti è sostrato, la base su cui l’opera si costruisce.

Diderot: “abbiamo capito come, come del resto l’autore inglese Ephraim Chambers (senza
cui l’encyclopedie probabilmente non sarebbe nata) che il primo passo per elaborazione ben
concepita consisteva in un albero genealogico di tutte le scienze e di tutte le arti che
indicasse l’origine di tutte le branche delle nostre conoscenze”

Tripartizione: memoria, ragione e immaginazione

Il primo volume nel 1751 compare senza frontespizio, così come il secondo e il terzo. Il
frontespizio viene consegnato agli abbonati solo nel 1772. È stato realizzato nel 1764 da
Charles-Nicolas Cochain, amico di Diderot.

Diderot ci spiega che “«Sotto un tempio ionico, santuario della Verità, si vede la Verità
avvolta in un velo, che irradia una luce che allontana e disperde le nuvole.

A destra della Verità, la Ragione e la Filosofia sono intente una a togliere, l'altra a strappare
il velo della Verità. Ai suoi piedi, la Teologia inginocchiata ne riceve la luce

dall'alto. Seguendo la catena delle figure, si trovano dallo stesso lato la Memoria, la Storia
Antica, e Moderna. la Storia descrive i fasti e il tempo le serve d'appoggio. Al di sotto sono
raggruppate la Geometria, l'Astronomia e la Fisica. Le figure più in basso rappresentano
l'Ottica, la Botanica, la Chimica e l'Agricoltura. Nella parte inferiore si trovano parecchie Arti
e professioni che derivano dalle Scienze. A destra della Verità si vede l’Immaginazione che si
dispone ad abbellire e a incoronare la Verità. Sotto l'Immaginazione, il disegnatore ha posto
i diversi generi di Poesia, Epica, Drammatica, Satirica e Pastorale. Successivamente vengono
le altre arti d'Imitazione, la Musica, la Pittura, la Scultura e l’Architettura».

Grazie alla costruzione di Cochain possiamoDiderot sotto tempio ionico (santuario della
verità) ragione e filosofia vogliono strappare… ai suoi piedi teologia illuminata da luce. …
capire 2 cose:

- l’intento dell’encyclopedie, ovvero la ricerca della verità attraverso l’utilizzo della


conoscenza di tutte le arti e le scienze fondate dall’uomo
- esiste un’interdipendenza fra queste arti / scienze, nulla può essere lasciato indietro
quando si ricerca la verità.

I problemi nascono perché abbiamo una descrizione completamente diversa di quest’opera


da parte di Diderot nel 1765 quando la vede esposta al salone del Louvre.

Diderot scrive il prospectus basandosi sulla tripartizione enciclopedica (memoria, ragione


immaginazione), in questa descrizione manca la memoria.

«Questo pezzo è composto in modo molto intelligente. Vediamo in alto la Verità tra la
Ragione e l’Immaginazione: la Ragione cerca di sollevare il suo velo; L'immaginazione si
prepara invece ad adornarla. Sotto questo gruppo, una folla di filosofi speculativi; più in
basso, un certo numero di artisti. I filosofi hanno gli occhi fissi sulla Verità; l'orgogliosa
Metafisica cerca di indovinare la sua presenza piuttosto che vederla. La teologia volta le
spalle e attende la luce dall’alto.»

La verticalità della descrizione precedente qui viene persa, è come se l’attenzione fosse
concentrata fraverità, ragione ed immaginazione; (non c’è più l’interdipendenza).

Questa interpretazione rende dinamica l’interpretazione del frontespizio. Qui pone quasi a
contrato ragione ed immaginazione (la ragione toglie il velo alla verità e l’immaginazione si
oppone). Inoltre, manca la filosofia (perché? Non abbiamo risposta).

Jackson nota, inoltre, un dettaglio mai visto: Cochain, nella rappresentazione della verità, la
vela due volte (non una com’è tipico della storia dell’arte; ciò è significativo, indica che la
scoperta è parziale; la verità sarà mai nuda? Ci indica i limiti di un sapere che è tutto umano
e solo umano.
15:30

Analisi Heidegger di “aletheia” come svelamento che viene definita attraverso una
negazione, come se l’uomo dovesse sempre scavare per scoprire.

Il velo secondo Diderot e il filtro attraverso cui l’uomo può entrare a contatto con la verità,
come se la luce del frontespizio l’uomo non la potesse sopportare, l’uomo impara e può
imparare dalle nuvole. L’uomo non può diradare le nuvole, ma deve anzi moltiplicarle
perché sono la condizione che gli permette di vedere in parte la luce.

Gli enciclopedisti sanno che qst opera non esaurisce la conoscenza.

Importanza della lettura iconografica

Novo organo di Bacone

Leviatano di Hobbes

Velo

L’uomo non può tollerare la visione della verità, si deve avvicinare ad essa. Topos ricorrente
nella modernità, G. Bruno lo mette in evidenza in … dove ragiona sull’ombrosità della
conoscenza umana sullo statuto dell’ombra, anche come ricettacolo del vero. Bruni appare
nell’encyclopedie.

Ruolo del tempo nello svelare della verità, la verità si da nel trascorrere del tempo. Qui si
vede in prima istanza l’azione in una dimensione progressiva dell’uomo. Una conoscenza
che procede per accumulo. Successivamente all’acquisizione del nesso fra v e tempo, su cui
si ragiona nel (es Bruno nella “cena delle ceneri” vi ragiona, ma in un senso ciclico del
tempo). Tema del tempo indica uno statuto sempre provvisorio della verità, la verità è
parziale, l’idea di una verità unica ed eterna viene messa in crisi tramite qst nesso. Qst ha
risvolti nell’epoca contemporanea.

Si mette in luce come qst riflessioni avvengano in modo libero, ricco unendo pezzi di
tradizione (di cui sono profondamente consapevoli) e le urgenze, le aperture proprie della
propria epoca. Sono antiche radici che rigermogliano. La verità volta per volta fa vedere
alcuni aspetti di se, senza mai mostrare il suo volto per intero. Si deve dunque avere un
azione proattiva dell’uomo.

Bacone parla di dare caccia alla verità, l’uomo deve costringere la natura a dare delle
risposte.

L’uomo deve mettersi nelle condizioni di vedere (agendo) sotto i veli che vengono scostati.

Stacco moderno-antico: Luce che non può essere guardata direttamente, gli uomini della
caverna di Platone.

A ogni nuova scoperta si moltiplicano le domande.

Mito di Icaro, si costruisce le sue ali, la cera brucia. Tema della paura.
Definendo i limiti della conoscenza si definisce l’autonomia della conoscenza, uso positivo
dello scetticismo.

Galileo 1610 scopre i 4 satelliti di Giove, riceve una lettera da Kepler che lo ringrazia perché
con qst scoperta contribuisce a definire l’universo non infinito, ma nelle sue caratteristiche.
Ci sono dei sistemi simili a quello solare che formano della realtà cosmiche, ma l’infinità
cosmica che era stata proclamata da Bruno viene tamponata da qst scoperta. Dice Keplero
ho paura dell’infinito, di perdermi in esso.

1620 un poeta inglese torna su qst paura del senso di smarrimento e sulla mancanza
dell’uomo di strumenti per avere un confronto con esso.

ILLUMINISMO INGLESE

L’illuminismo vero e proprio è quello francese che ha origine nell’ encyclopedie. Voltaire
prende anche spunto da alcune tematiche inglesi, portando in fra Newton e Locke

Vengono meno i trattati e prendono piede saggi e dialoghi.

Caratteristiche precise

Avvio da riflessione di Locke e Newton, dunque da riflessioni cosmologiche che s’

Situazione politica-religiosa particolare. Ing pone basi x il suo impero in modo tumultuoso e
rapido

Atto di tolleranza (1689) nei confronti dei protestanti anglicani, viene dichiarata la libertà
religiosa. Qst ha molto a che fare con la lettera sulla tolleranza di Locke per dare una
risposta alla crisi religiosa-politica inglese. È manifesto.

Gloriosa Rivoluzione che vede salire al trono Guglielmo III d’orange marito di … pone le basi
per la monarchia costituzionale, in cui vengono messi a punto gli ambiti di giurisdizione del
sovrano e l’ambito, la preminenza del parlamento. Contemporaneamente in Fra re sole.

Se non fosse salito lui, sarebbe toccato a Giacomo II simpatizzante del cattolicesimo che
viene visto con sospetto. L nella sua lettera no tolleranza: atei che non avendo dio non
hanno vincolo x la dimensione associata e cattolici; cattolici perché rispondano ad uno
sovrano straniero, il papa di roma (capo di stato). Quindi paura che Giacomo si accordasse
con Francia di re sole, venendosi a creare un rapporto di subordinazione politica.

Tutto qst per contribuire lo sviluppo economico inglese. La rivoluzione industriale partirà
con largo anticipo rispetto a..

Qst fermento trova supporto nella riflessione filosofica che si orienta su due direttrici
- Ripresa e valorizzazione dell’empirismo lockiano e dunque di un’idea della conoscenza
che deriva dalla conoscenza e che mette fra parentesi il problema della conoscenza della
sostanza che è espediente psicologico. Di una filosofia che si concentra sulla conoscenza e
mette fra parentesi la metafisica (e quindi di Cartesio), basata su un’accentuazione della
riflessione gnoseologica sulle idee.

- Riflessione morale propria della scuola irlandese (scuola Glasgow) che analizza i dati, vita
morale (caratteristiche e attuazione). Viene messo a punto il tema del senso morale,
sentimento che è presente negli uomini e che in alcuni si coniuga col gusto e porta quindi
verso il bello etico e allontana dal brutto etico.

Capiamo dunque perché Voltaire porta le riflessioni inglesi in Francia: per la loro diversità.

BERKLEY

Irlandese protestante 1685-1753, in un’Irlanda ove la maggioranza della popolazione era


cattolica

Lascia il paese, va Anche in Italia

Vescovo protestante

Riflessione filosofica ha 2 obiettivi polemici:

1 deisti: coloro che promuovono un’idea naturale di religione, considerando che l’uomo può
attingere all’idea di dio. Portando all’ ateismo e al non riconoscimento della grandezza di dio

2 liberi pensatori (free thinkers): quasi tutti deisti, che hanno particolari modi d’intendere i
miracoli e …

Vuole difendere religione e morale, critica alla morale svincolata dalla religione che si basa
su senso comune (come stava succedendo in Irlanda). Fa qlcs di analogo a Malebranche.

Obiettivo polemico è anche Newton, pericoloso per la sua teoria meccanicista che fa a meno
dell’ipotesi di Dio. L’idea che ci sia una realtà oggettivamente esistente e misurabile porta
ad una limitazione del potere di dio. Si subordina la riflessione attorno a dio a riflessioni
d’altro tipo.

Prende le mosse da Locke, già mentre nella giovinezza si forma a dublino, radicalizzandone 2
posizioni

L sostanza inconoscibile, espediente psicologico

B nega l’esistenza della sostanza materiale, esterna alla mente umana


Contesta poi dal pt di vista gnoseologico la possibilità dell’astrazione e contesta la divisione
fra qualità primarie e secondarie. Che deriva dal saggiatore di Galileo primarie che possiamo
misurare e avere una spiegazione certa del funzionamento dei corpi, secondarie che hanno
carattere soggettivo e non sono inerenti all’oggetto esterno. XB sono tutte secondarie,
hanno la loro realtà nell’idea.

Critica sostanza + negazione astrazione e distinzione qualità primarie/secondarie, ha come


esito “esse est percipit” l’essere è essere percepito.

Se togliamo il problema della relazione fra idea e oggetto, eliminiamo la possibilità scettica,
perché la conoscenza… la meccanicizzazione del processo conoscitivo è risposta alla sfida
dello scetticismo.

Due stagioni di produzione

1 tematiche gnoseologiche: “saggio per una nuova teoria della visione”, “trattato sui principi
della conoscenza umana” (in cui specifica che oggetto della conoscenza sono le idee),
“dialoghi fra…” (qst ripropone …)

2 Dopo il percorso gnoseologico ed essere giunto al… , risentono dell’influenza del pensiero
neoplatonico “…” “siris” (sorta di ascesa platonica…)

Ogni idea deriva dall’esperienza, rifiuta l’innatismo. Conosciamo ciò che l’esperienza
attraverso i sensi ci trasmette. L’uomo non può astrarre da qst idee di ordine generale,
perché quando facciamo esperienza vediamo le caratteristiche tutte assieme e l’uomo non
può separarle (anche quando gli pare di farlo). Denuncia l’astrazione come fictio. Le
rappresentazioni mentali sono sempre particolari, derivanti dall’esperienza. Ogni forma di
generalizzazione è una deriva nominalista. Non tiene conto che l’espressione matematica
può dare conto in forma astratta di alcune caratteristiche della realtà esterna, perché la
elimina tramite l’eliminazione della divisione fra qualità primarie e secondarie. Non ci sono
idee astratte, ma si può fare uso generale, in maniera pratica, di idee particolari. Qst perché
sono il segno che rappresenta tutte le idee che appartengono alla stessa specie.
21 – 04

Berkley pt2
Iniziatore dell’idealismo; ritiene che, cn un ragion partendo da locke e radicalizzando 2
aspetti filo locke
- qualità prim e sec, x locke tutte dipendono da colui che percepisce (risale a Galileo,
Saggiatore). X B le q prim non sono oggettive, nn descrivono in modo certo le cose.
Le idee sn sempre portatrici di un contenuto oggettivo: indivua riterio grz a cui possiamo
individuare la corrispondenza fra realtà esterna ed interna; è una risposta alla critica
scettica.
Oltre a qst aspetto antiscettico, consente al filosofo di riportare all’attenz di coloro che
leggono le sue opere il ruolo centrale della figura divina, critica infatti filo newtoniana per
cui si può individuare una … e postula un t e un s assoluto

Rende autonoma la realtà da presenza di intervento divino,x b inacettabile xk conduce


all’ateismo (atei e religione naturale).

Dio non si può individuare per via razionale, il fondamento della religione si dà solo
attraverso una rivelazione (associabile a Malebranche)

Partendo dalla sua impostazione gnoseologica ritiene che non si possa procedere ad un
processo astrattivo (astrazione = processo fittizio, no idee astratte ma solo idee semplici)

Testo trattato sui principi della conoscenza umana (teams)


B lo scrive nel 1710, nota che qst trattato è complesso e non circola, lo riscrive allora in
forma dialogica (1713).
Perché non è possibile l’astrazione:
C'è chi dice che la mente è capace di contemplare ogni qualità per conto suo (Locke),
astraendo dalle qualità a cui è unita; si formano così le idee astratte.

C'è un procedimento astrattivo di duplice livello: ossiamo, dalla percezione di oggetto,


astrarne delle caratteristiche e su qst astrazione di 1 lvl è possibile fare altra astrazione che
(?)

Non è possibile arrivare all’astrazione di cui parla Locke, non posso immaginare un braccio o
un occhio senza una forma o un colore, posso però separarlo dal corpo, si può astrarre solo
scomponendo qualcosa di composto. Per B non si può pensare al colore senza qualcosa di
colorato né al movimento senza qualcosa che si muove.

Il suo sistema filosofico non è costituito in modo tale che sia accessibile alle persone dotte,
ma cerca di condividere nella maniera più ampia possibile la sua riflessione.
Egli non nega l’idea generale, bensì l’idea generale astratta. L'idea generale è un uso della
parola permette di raccogliere sotto l’etichetta delle percezioni che formano idee che hanno
carattere comuni, hanno un uso pratico, formano il linguaggio della natura (Locke). Il mondo
esiste in quanto Dio, ente che pensa tutto, ne garantisce l’esistenza; le regole di Newton qua
valgono, valgono le leggi della fisica, ma non in modo assoluto.
Da Cartesio a Locke c’è stata una sorta di riduzione della funzione divina, il mondo
procedeva secondo regole autonome; Berkley contesta questo e riporta Dio all’interno del
processo filosofico: nega la sostanza materiale (alla materia di quello che percepiamo) e dà
valore alla sostanza spirituale (a ciò che pensa in assoluto, garante anche delle nostre idee e
pensieri)

Altro testo teams: essere è essere percepito


Per Berkley “essere è essere percepito” (chiave della sua filosofia)

Raggruppiamo idee grazie alla percezione e gli diamo un nome in base all’assemblaggio di
sensazioni. Ciò che assembla le idee è quello che chiamiamo mente, spirito, anima, io … a
differenza delle idee (passive) questi sono elementi attivi.
Se non c’è qlcn che pensa le idee non hanno esistenza, B afferma che anche le sensazioni
non esistono senza mente che le percepisce, ciò si può capire a livello intuitivo, riflettendo
sul termine esistere (analisi linguistica).

L'esistenza è già data a tutto in quanto esiste l’ente che pensa e percepisce tutto

La res extensa cartesiana non è sostanza per Berkley

Nella 2nd parte della sua vita riprende pt delle discussioni platoniche messe a punto a
Cambridge;

Hume
B protest irlandere, pt predominante ma minoritaria a lvl numerico
1711-1776, scozia
Appartiene a famiglia benestante che gli permette di formarsi; è stato ambasciatore inglese
a Parigi a... a
- Ha scritto il trattato sulla natura umana a La Flèche
- 1748 saggi filo su intelletto umano (come Locke, Leibnitz...)
- 1751 ricerche sui principi della morale
- ?
- ?
Storia naturale della religione
- ? : quella religione che B contestava
- 54-61: storia d’inghilterra, lo rende celebre durante la sua esistenza
Quando si accorge di essere malato sistema le sue carte e muore (ha una morte filosofica).

Il soggiorno in Francia lo mette in contatto con le correnti scettiche che affondano le radici
in Montaigne e con gli illuministi francesi.
Vuole costruire una scienza sistematica della natura dell’uomo parte dall’analisi empirica di
carattere sistematico.

Il metodo sperimentale: è il suo metodo


Ricondurre principi comuni a principi semplici. Il metodo attraverso il quale trova i principi è
empirico

La critica alla metifica:


Egli radicalizza l’impostazione di Locke. H crede che solo la percezione ci permetta di
conoscere; vi sono due tipi di percezione
- Impressione: termine tecnico che indica percezione attuale e massimamente
evidente, è ciò che si palesa
- Idea: ciò che si conserva nella memoria dopo che l’impressione svanisce
La differenza fra le due è di tipo temporale, entrambe sono percezione

Fra i due vi è piena corrispondenza in qnt è la stessa percezione in tempi diversi. L'uomo può
costruire idee a cui manca l’impressione corrispondente (ippogrifo, chimera... formo un’idea
in cui congiungo diverse impressioni); devo ricavare la fonte per poter giudicare l’idea.

Ogni impressione e idea è particolare; l’idea astratta è un nome con cui indichiamo idee
particolari che hanno somiglianze. Come per tutti empiristi non vi sono idee innate, non c’è
possibilità di conoscenza al di là dell’esperienza.

Per Hume le idee tendono ad associarsi (come fanno i corpi) secondo tre parametri
- Somiglianza: quadro - modello
- Contiguità: le stanze in una casa
- Causa-effetto: ferita e la sua causa
Per Hume ci sono poi due generi di conoscenza
- Relazioni fra idee: caratterizzate dalla necessità e impossibilità della
contraddittorietà (matematica e geometria, forte influenza di Newton)
- Relative alla materia di fatto: possono essere contraddittorie

Critica il principio di causa effetto partendo dalle conoscenze relative alla materia di fatto e
critica il tema della credenza e dell’abitudine in cui fa entrare nel lessico filosofico ?
Credenza e abitudine sono due … di cui non riesce a dare una definizione precisa ma li
vediamo in azione; sono quegli strumenti flessibili che ci permettono di conoscere con
sufficiente certezza

Ragione è lo strumento che permette il confronto

4-05

La posizione humiana: è una posizione articolata e rilevante in qnt egli è importante per
Kant e la sua teoria.

Impressioni vs idee:
- Impressione = vividezza impressione immediata
- Idea = ricordo dell’impressione, non ha la vividezza dell’impressione
Impressione e idea sn elementi tecnici della sua filosofia, è importante la definizione
specifica. (potrebbe essere domanda d’esame)

La scuola scozzese del 700 si organizza attorno all’uni di glasgow dove insegnano filosofi
significativi della … fra cui hume,nato ad edimburgo da una famiglia ….

Smith: fisiocrazia, sviluppo nella riflessione economica


Per hume importatante .. fra ricerca filosofica e il nuovo sapere scientifico. Da qst pov il
riferimento di hume è newton.

È stato x 3 anni (63-66) ambasciatore a Parigi


Muore nel 1776

Scrive diverse opere


Trattato sull’intelletto umano: qst forma di trattato no fortuna, allora riscrive alcune pt,
smembra il trattato diviso in 3 pt, e sviluppa per ognuna un’opera autonoma che avranno
maggiore diffusione.
Saggi filosofici sull’intelletto umano: ulteriormente riscritti
Ricerche sui principi della morale
Saggi morali e politici
Discorsi politici
Storia naturale della religione
Dialoghi sulla religione (poastuma) 1779

Famoso soprattutto x la storia d’inghilterra.

Prende mosse da una riflessione attorno alla natura dell’uomo ?


Vuole usare ricorso a esp x ricostruire in modo sistematico la natura dell’uomo. Il modo in
cui lo fa

Paragrafo uno ricerche sull’intelletto.

Sentire e sentimento sono termini specifici

….

Presta molto attenzione all’esperienza quotidiana, vuole mettere a fuoco la credenza e far
vedere come noi viviamo, conosciamo, agiamo. Attraverso la credenza non arriviamo ad una
verità assoluta ma fa leva sull’abitudine e sull’esperienza

Noi tutti in una dimensione intersoggettiva diamo …. e abbiamo una credenza condivisa che
ci permette di

A proposito della filosofia morale, Hume ci dice che


L'oggetto maggiormente fornito di valore è la virtù perché è il sentimento da cui deriva la
bontà; questi filosofi la dipingono con dei colori tratti dalla poesia e dall’eloquenza,
abbelliscono e ornano la presentazione della virtù.
Questi scienziati della natura umana usano esempi più atti a colpire

La differenzqa fra vizio e virtù viene avvertita, a volte eccita … tramite l’uso della poesia e
dell’eloquenza e se

Una riflessione concetrata su a<zione volta a mettere in evidenza tratti che conducono a
virtù, gloria e felicità.
Se la felicità richiama al singolo, la gloria ha a che fare con la dimensione associata.

La riflessione sull’onore è frequente in queti autori, anche in ambito francese, è un carattere


specifico della loro riflessione morale.
Qunnd ritengono di averci indirizzato vero … e … pensano di aver svolto il loro dovere.

Vi sono poi filosofi che si volgono alla dimensione intellettuale e non a quella pratica.

Curiosità altro termine tecnico e indica la tendenza dell’uomo ad indagare la dimensione


naturale non per come si palesa ma per ciò che è sotteso. Può essere inteso in modo
positivo o negativo (ricerca troppo ambiziosa e inutile in qnt l’uomo non ha gli strumenti
adatti)

Anche se le loro speculazioni sembrano astratte hanno comunque l’approvazione dei saggi e
dei dotti.

I primi ci indirizzano su via della virtù,felicità e gloira


I secondi cercano principi astratti sempre più generali da poter consegnare alla ricerca
successiva.

Hume si pone da un altro pov: propopne una terza souzione, quella del metodo
sperimentale.

Quello che dovrebbe essere un percorso che ci porta ai fondamenti generali e astratti della
conoscenza diventa fonte di incertezza ed errore.

Per Hume vi sono tratti della realtà inaccessibili all’intelletto umano; un gruppo di filosofi
pensa invece di potersi mettere su questa strada, oppure qst modo di fare filo nasce
dall’inganno delle superstizioni popolari.

….
C'è una finalità specifica che individua che da una parte vuole rendere chiara una disciplina e
dall’altra vuole liberarla dalla superstizione.

Libertini sconfiggere il pensiero superstizioso e … per liberare l’uomo dalla paura e metterlo
nelle migliori condizioni per poter conoscere e agire.

In Hume confluiscono queste posizioni e vengono rielaborate all’interno di un pensiero


filosofico originale: la terza via

….

Hume è un critico del principio di causa- effetto e lo sottopone ad analisi usando il modo in
cui ognuno di noi applicherebbe qst principio

Il vero motivo per cui da una causa determino un effetto la nostra mente non lo può
stabilire.

5-05
Fai capitolo 13 dal libro

11-05

Kant e l’illuminismo
Nessun filosofo nasce dal nulla, il grande filoso è colui che riformula la struttura del
meccanismo degli altri filosofi e le circostanze da cui è circondato in una maniera nuova. Nel
caso di Kant si introducono cesure teoriche che rendono l’epoca incommensurabile; il prima
e il dopo Kant non sono messe a paragone in quanto cambia radicalmente la prospettiva.

Alcuni vedono in Kant l’erede naturale dell’illuminismo, raccogliendo l’eredità di una lunga
stagione filosofico. Altri vedono in lui un rifiuto dell’illuminismo e l’inizio dell’idealismo.
(L'interpretazione del libro è la prima)

Il concetto di autonomia; il termine che esprime meglio la filosofia kantiana. Questo è un


concetto che lui introduce con l’accezione che usiamo ancora oggi. È una modalità di darsi
della norma, è trovare in sé e nella nostra ragione trascendentale il termine di paragone
della verità e di ciò che è degno di essere percepito.
All'interno del soggetto si trovano...

Questo esercizio dell’autonomia si chiama il “pensare autonomo”; tipico dell’illuminismo è il


rifiuto dell’autorità costituita, sia quella che detiene il potere sia quella che viene esercitata
su noi da condizionamenti dell’esperienza, delle opinioni acritica, delle superstizioni, dei
pregiudizi... la cui apparente ovvietà acquieta la nostra ragione, si accontenta di potersi
servire di credenze che le sono utili nell’esercizio della propria attività
Esempio: pratica degli scettici; siamo portati a pensare che la ragione pigra sia quella di chi
si affida ad un'autorità teologia ecc.… ma anche lo scetticismo che evita di prendere
posizioni asseconda la naturale inclinazione ad accontentarsi la quale rappresenta
“l’eutanasia della filosofia”.
Per questo il tribunale della ragione è emblema della filosofia kantiana; vuole chiamare la
ragione a processo ed essa è al contempo giudice e imputato. È lo spirito critico della sua
filosofia.

Questa critica autorità e credenze si rifà alla questione dei limiti della ragione (non scoperta
kantiana, ma con Cartesio); se Cartesio dice che la ragione tende alla sola verità, unica per
tutti, con l’uso di un metodo unico per tutti e composto da regole, e se questo comporta
una concezione ottimistica della ragione (conosce il vero e la costituzione reale), in Locke e
nei critici di Cartesio invece si ha uno scontento in quanto si è consapevoli che la ragione
non penetra l’essenza ultima del reale. La vera realtà delle cose / essenza è preclusa alla
nostra conoscenza.

Due metafore che caratterizzano


- Cartesio: l’edificio della conoscenza ha un fondamento solido su cui si costruisce
l’edificio della conoscenza
- Locke e altri successivi filosofi (empirismo): marinaio in barca che si chiede se il mare
è profondo abbastanza per poter navigare (ha una cima che butta per verificare la
profondità del fondale; si dà il caso che non raggiunga il fondo e che non si possa
terminarne la profondità ma so comunque che posso procedere). So che posso
condurre un’esistenza apparente.
Kant recupera Locke, è consapevole dell’indagine preliminare sui limiti della conoscenza ma
al contempo è convinto che la ragione non si possa rassegnare ad avere una conoscenza
probabile di come stanno le cose. La conoscenza verosimile si sostanza, causalità... è una
soluzione insoddifacente, lui non vuole rinunciare all’oggettività (= universale necessario)
della scienza newtoniano (sapere oggettivo per lui, che mi dice come stanno le cose in una
maniera inconfutabile) che costituisce il modello di scienza da cui partire per chiedersi se sia
possibile estendere i limiti della ragione (quindi, c’è oggettività nelle zone limitrofe in cui la
conoscenza umana si può estendere?)
La zona di indagine che egli immette è la metafisica: nella critica della ragion pura (1781),
opera della maturità, la ragione è tormentata di problemi che ella stessa si crea e alla quale
non può dare risposta. Tali problemi occupano proprio il campo della metafisica.
Negli scritti degli anni 50, degli anni 60 (periodo scettico, dopo aver letto Hume, ad esempio
i Prolegomeni) si rende conto che la metafisica può recare due vantaggi all’intelletto umano:
- Far conoscere le cose nella loro essenza reale (come con Wolff). Può però deludere
- Intesa come indagine dei limiti della nostra conoscenza (intravisto da Hume, quando
dice che la metafisica è fatta di sofisticherie). Posso fare fisica se vi antepongo una
parte che mi serve a stabilire quali sono i limiti della mia conoscenza. La metisica sta
all’interno di questi confini?
“È possibile una metafisica come scienza?” è la domanda che lo porta a scrivere la critica
della ragion pura; l’illuminismo tedesco, terreno di Kant, la metafisica riveste un ruolo
profondo perché ha una forte matrice razionalista derivata da Leibnitz, che ha però legami
con il pietismo, ovvero un movimento religioso che nasce in seno al Luteranesimo; il
tentativo di denunciare gli irrigidimenti che avevano reso il luteranesimo distante dalla vita
dell’uomo e dalle intenzioni pure sul quale si fonda il messaggio religioso. La religione perde
presa sui cuori dell’uomo; i problemi della metafisica kantiani sono legati alla dimensione
morali dell’esistenza su cui riposa anche la dottrina religiosa, la metafisica è lo spazio della
mia attività speculativa che si spera mi possa garantire una dimensione di libertà, che io non
una cosa fra le altre regolata dai principi deterministici. Tale libertà mi dà anche una
responsabilità sul piano morale. Ho bisogno che la metafisica mi dica che c’è
- Un'anima irriducibile alle attività del corpo, che non appartiene alle cose naturali e
che trascende la vita terrena affiché possa essere ricompensato in un’altra vita
- Un Dio, giudice supremo e garante della ricompensa dei virtuosi (ricompensa:
felicità)
È la stessa ragione che sente l’urgenza di queste conoscenze, la quale chiede se sia corretto
pensarsi liberi, dotati di un’anima e ricompensati. Forma qui una scienza analoga alla scienza
della natura
Nella critica della ragion pura si ha un cammino epistemologico, l’opera è divisa in tre parti
1. Estetica trascendentale
2. Analitica dei concetti
3. ?
Kant vuole scrivere una teoria della conoscenza, in cui vi sono le grandi tesi dell’idealismo, e
questo costituisce il contributo kantiano alla filosofia moderna. Il focus della filosofia
kantiana però è spiegare come il nostro modello di conoscenza non sia quello entro cui si
possa risolvere il bisogno della ragione; la ragione vuole andare oltre ai fenomeni naturali.
Per poter perseguire i suoi interessi deve stabilire i confini tra
- Ciò che può sapere oggettivamente
- Ciò che richiede un’altra … epistemica
Posso fare una scienza della metafisica se non appiattisco sulla scienza della natura. La
metafisica sta nella struttura della ragione: la ragione in senso stretto (soggettività
trascendentale) produce da sé i contenuti della metafisica e lo fa perché è una “facoltà dei
principi”, a questo si oppone l’intelletto che mi dice come mettere insieme i dati sensibili. Le
sintesi della ragione, a differenza dell’intelletto, non si ferma alla natura ma guarda oltre e
crea delle forme onnicomprensive con l’aspirazione ad arrivare a totalità condizionate.
Quindi, la ragione raccoglie il materiale dell’intelletto e lo integra staccandosi
dall’esperienza; produce così le rappresentazioni delle forme della metafisica, le idee
(anima, mondo, dio).
Il linguaggio kantiano non è metafisico ma trascendentale per cui l’anima è la condizione a
priori per cui certe cose possono darsi; in questo senso l’anima è la totalità incondizionata.
Anche l’idea del mondo è prodotta dalla ragione, cercando di estendere le osservazioni
dell’intelletto in una serie che non lascia nulla fuori di sé.
L'ultima idea (Dio) è il substrato / fondamento da cui derivano tutti i possibili fenomeni. Ciò
significa pensare al Dio creatore che ha in sé tutte le realtà totali; in termini kantiani è
quell’idea che ha in sé le condizioni di possibilità di tutto ciò che è.
Kant, pur denunciando l’impossibilità di procedere con tali idee nello stesso modo in cui si
procede nella conoscenza della natura ritiene che proprio xk prodotte dalla ragione, abbiano
una loro legittimità che si fonda sul fatto che la ragione nel formarle procede secondo la
propria ragione.
Queste idee sono dialettiche perché sono idee rispetto alle quali la ragione è soggetta a un
possibile inganno perché indotta a considerarle rappresentazioni che hanno una
corrispondenza oggettiva (fornisce realtà oggettiva alle idee della mente); così riconduco le
idee a quel piano soggetto all’esperienza.
La metafisica ha anche una dimensione pratica: (Kant diverge dall’illuminismo in cui non era
la regina delle scienze); la metafisica è un bisogno che la ragione sente innanzitutto come
ragione pratica; le idee della metafisica servono come incoraggiamento a perseguire la via
della virtù, la morale non è fondata dalle idee della ragion pratica ma prova uno stimolo a
procedere su una via che impone un regime / controllo rispetto alle tentazioni.
Le stesse conoscenze dell’intelletto sono conoscenze orientate dalla ragione verso “un focus
immaginarius”, ovvero principi di unità prodotti dalla ragione, al quale l’intelletto non
giungerà mai in quanto dovrà sempre passare da un fenomeno all’altro. L'idea conferisce
dunque alle nostre conoscenze unità.
Anche se l’idee non sono conoscibili devo agire “come se” ci fossero, è un punto prospettico
che orienta.
Da qui viene fuori un altro elemento illuministico da cui Kant di distacca: l‘encyclopedie,
l’opera sistematica in cui sono raccolte tutte le conoscenze. Per lui le conoscenze stanno in
insieme grazie all’unità del fine stabilito dalla ragione attraverso l’idea.
La ragione stabilisce i limiti entro i quali l’intelletto deve muoversi, come si connettono le
conoscenze della ragione... le conoscenze aumentano in consistenza non in quantità

L'altra componente regolativa delle idee è quella pratica-morale, in cui emerge il concetto
cardine dell’autonomia e principio direttivo della morale kantiana. Autonomia si intende
come autoderminazione della ragione nel suo uso pratico; la legge fondamentale della
morale kantiana è il “dovere per il dovere "che impone il l’agire “come si deve” in
un’accezione formale. Questa è un’altra reazione all’idea eudemonistica dell’illuminismo
che vedeva le morali orientate a fini che potevano essere il piacere, l’utile ma anche la
versione più razionalistica dei sistemi di Leibnitz e Wolff che vedevano il fine
nell’innalzamento del soggetto... tutte queste morali sono indegne per Kant perché il fine
può essere interpretato come vogliamo (in senso intellettuale o sensistico, è uguale). L'etica
deve formarsi, deve considerare il mezzo e non il fine, non è lo scopo che determina il
carattere morale dell’azione. Il carattere morale dell’azione è determinato da
- Massima della volontà: ciò che mi fa dire “ora agisco”
- Il proponimento razionale: mi impone di agire secondo il dovere
La consapevolezza della moralità è accessibile solo al singolo, non sarò mai in grado di
determinare se altri agiscono o meno moralmente, non sappiamo se la massima del dovere
è determinante negli altri.
La legge morale si esprime negli imperativi categorici (comandi senza un fine): fare la carità
o salvare qualcuno che sta annegando può essere compiuta sulla base di elementi
determinanti come il dovere, ma non saprò mai se un mio simile lo fa sulla base di una
massima del dovere o per un fine esterno (gloria, riconoscimento...)
La legge morale sta nell’individuo trascendentale, l’autonomia è piegata ai dettami della
ragione che lotta con la natura (?) che non va intesa come un depotenziamento.
La virtù è praticata assumendo che la mia anima sia immorale, che vi sia poi una ricompensa
(che è una felicità incondizionata) (ecc), quindi le idee guidano le azioni morali. Ciò è
possibile perché assumo di essere libera; se non potessi scegliere di assoggettarmi o meno
alla legge morale non potrei considerarmi una creatura morale.

La nostra inferenza quando … si fonda su


Quando noi applichiamo questo principio di causa-effetto noi inferiamo/crediamo che da
una causa derivi un effetto ma non possiamo …
Possiamo farlo solo nell’ambito del pensiero

Lo crediamo perché abbiamo un’esperienza su cui tutta l’umanità si basa ma non vi è alcune
necessità che questo avvenga.

Il primo uomo che ha visto che una palla che ne colpisce un’altra la mette in moto non
avrebbe potuto inferire il movimento della 2ª vedendo che la 1ª palla si avvicinava, è solo
esperienza condivisa.

Serve aver avuto esperienza dell’effetto, si deve verificare in più casi

Es del sole
Noi possiamo concepire qst cambiamento dunque è possibile che avvenga. E non sarebbe
contraddittorio.
Ammette solo prove tratte dall’esperienza, ma la nostra esperienza del passato non può
provare niente di ciò che avverrà nel futuro

Potrebbero piacerti anche