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La tecnologia è lo studio delle scienze applicate, pertanto con la tecnologia si vuole portare

nella realtà una serie di studi scientifici. Ma il metodo scientifico non è stato utilizzato
soltanto nelle arti prettamente legate alla scienza ma anche in letteratura; è presente, infatti,
sin dall’antica Grecia una letteratura pseudoscientifica. In Grecia la letteratura scientifica era
strettamente legata alle filosofie che si occupavano di un’analisi fisica del mondo, A Rom,
invece, la letteratura scientifica non assumeva un metodo scientifico rigoroso come lo
intendiamo noi oggi, ma si trattava di divulgazione. Si doveva, infatti, divulgare ciò che era
stato a loro stessi divulgato, senza la presenza di argomentazioni. Come nomi illustri in
questo campo della letteratura latina dobbiamo ricordare sicuramente Lucrezio con il “De
rerum Natura” , poema didascalico in esametri organizzato in sei libri in cui però egli
spiegava il mondo attraverso la filosofia epicurea; poi Seneca con l’opera “Naturales
disputationes” (7 libri) , nella quale però egli è stesso dichiarò di non fornire informazioni
propriamente scientifiche ma il telos della sua opera era quello di liberare gli uomini dalle
superstizioni e dall’ignoranza; ed infine Plinio il vecchio.
Egli nasce a Como, da una famiglia equestre; continuerà la tradizione di famiglia e svolgerà
la sua carriera sotto gli imperatori Tito e Vespasiano. Fu un erudito, pertanto si dedicò
durante tutta la sua vita alla cultura. È ricordato soprattutto per l’eruzione del Vesuvio, a cui
egli, mosso dalla curiositas, prese parte tragicamente e che ci è stata poi narrata dal nipote
Plinio il Giovane in una lettera indirizzata a Tacito. Plinio il Giovane ci parla anche di molte
altre opere dello zio come :
un’opera storica che narra di una campagna realmente vissuta in Germania;
Un'opera di grammatica e un’altra ancora che parla di tecniche militari.
L’unica che ci è pervenuta intera è la Naturalis Historia, opera enciclopedica costituita da 37
libri. Le nozioni contenute all’interno ricoprono una conoscenza ciclica e globale.
Quest’opera è preceduta da una lettera dedicata all’imperatore Tito, un indice e poi alla fine è
presente per la prima volta la bibliografia.
Il telos di quest’opera, date le dimensioni, non era sicuramente la lettura bensì la
consultazione, quindi Plinio sviluppò un’idea funzionale, innovativa e fortemente razionale;
per questo motivo la presenza di un indice.
Gli argomenti affrontati riguardano la botanica, l’antropologia, l’arte, ma anche i Mirabilia,
ovvero i fatti meravigliosi e fantastici che avvengono lontano da Roma, quindi storie di
popoli cannibali, mostri e streghe.
Il secondo libro tratta del mondo in generale ed è presente in esso un elogio ai popoli italici
che vivono sul territorio migliore del mondo, l’Italia, caratterizzata da un paesaggio e un
clima favorevole allo sviluppo. Mentre dal terzo al sesto libro parla della geografia e della
natura soffermandosi soprattutto sul determinismo ambientale in cui credeva. Egli si fa
paladino della conservazione della natura, sottolineando che ogni intervento tale da
modificare ciò che la natura ha saggiamente disposto viene considerato come sacrilego ed
espone al rischio della punizione divina. Eppure in altri momenti pare entusiasta di alcune
opere pubbliche romane che hanno fortemente modificato il paesaggio ad esempio esalta il
traforo di una montagna, opera d’altra parte costosissima voluta dall’imperatore Claudio.
Il settimo libro parla di antropologia; in questa sezione Plinio il Vecchio espone la sua visione
sulla condizione dell’uomo che definisce come la creatura più sfortunata della terra poiché
deve, durante il corso della sua vita, imparare fare qualsiasi cosa, in quanto l’unica cosa che
sa fare involontariamente sin da neonato è piangere. Questa condizione riguarda solo
l’uomo, perché gli animali, nei confronti dei quali Plinio prova forte compassione tanto
spesso da umanizzarli, sono in una condizione privilegiata in quanto non devono imparare.
Pertanto Plinio si chiede se la natura sia stata per il genere umano una buona madre o una
crudele matrigna. In questa sezione traspare un forte pessimismo ma allo stesso tempo è
evidente una sincera fede nella provvidenza della natura e nella posizione costruttiva
dell’uomo al centro di essa. La differenza tra il pessimismo pliniano e l’ottimismo invece di
Cicerone risiede nella diversa interpretazione dello stoicismo e quindi su temi come la
felicità. Per lo stoicismo più rigoroso la felicità è una disposizione dell’animo interiore,
totale,mate indipendente dalla condizione corporea; Plinio, invece, era arrivato alla
consapevolezza di un dolore eterno e dell’immutabilità della fortuna.
Di questo libro abbiamo letto un brano in cui si espongono varie teorie sui bambini ad
esempio che i bambini e quindi gli uomini nascono, a differenza delle altre creature, nudi,
senza alcun tipo di protezione come potrebbero essere pellicce o spine; poi nascono
piangenti e secondo le antiche credenze è negato loro il sorriso fino al quarantunesimo
giorno; inoltre vengono subito legati in fasce, condizione che gli impedisce sin da subito il
movimento e l’autonomia; deboli anche per la testa molle durante i primi mesi di vita. La
condizione degli uomini è dunque fortemente negativa e secondo Plinio tutti o ciò è anche
acuito dal progresso. Essendo, infatti, un conservatore reputa importanti le innovazioni ma
ne comprende il risvolto sociale di indebolimento degli uomini, venendo meno ai valori del
mos maiorum basati sulla forza ed il vigore.

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