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1.
Bencltè la critica or-
L'indagine della persona e della co-
todosoa tenda, per
scienza di Paolo ebbe per un pezzo il
varie ragioni, a di-
minuire l'ellenismo
in Paolo, suo centro nel giudaismo. Fedele al•
l' attestazione dell' apostolo stesso, la.
critica amò considerarlo come un ebreo di ebrei, come un
ultimo germoglio del tronco giudaico. Ma a mano cbe
si approfondiva la conoscenza del mondo ellenistico, sem-
pre più evidente balzava su, dietro al Paolo giudaico,
un altro Paolo assai meno preciso, nel quale si intuiva
maggior quantità di verità che non nell'altro: un Paolo
ellenistico che, accolto con diffidenza dalla critica or-
todossa e assai più tollerato che amato, accenna a porsi
con eguali e maggiori diritti di fronte al primo. Quella
schietta e profonda mentalità giudaica, che era una volta
la base dell'indagine paolina, oggi non domina più la
scienza. I critici che escludono l' influsso greco nella
formazione del pensiero paolino sono relativamente non
solo pochi, ma anche - almeno di fronte alla scienza
se non alla fede - poco autorevoli perchè dominati da
idee preconcette. In molti teologi, per esempio, appare
evidente la tendenza a ridurre al minimo il distacco
8 ORFJSMO li: P40LIN18M0
(1) JiiLICHEH, Die A11fltnge d. CMist. u11d die christl. Rel. [Die
Ku/tur. tler Gegentv. I 4] (Berlino 1906) p. 85-87.
(2) W1r,:,. DLAND, Die IUJllenist. rii1n. K11/t111'.
(3) l\lAUH&NBRKCHER, V.in Je1·usale11t nach Rom. (Berlino 1910).
(4) R&ITZENSTEIN, Die lrellenist. Afysterienreligiontn (Lipsia 1910-
19202) spec. p. 208-10 della I ed.
(5) GARDNtr.R, The religions experience of S. Paul (London -
New-York 19132).
(6) KNOPF, Probleme dei· Pa1il·usforschung (Tiibingen 1913) spec.
p. 305.
(7) G. WElSS, Das Urchriste11tum (Gottingen 1919) spec. pp.
129, 357.
(8) WEINEL 1 Paulus (Ttlbingen 1915) p. 38 e. 44 s.
(9) MENZIES 1 Paulus in.H.&.STINGS, E11c. ofreligion IX 1917 p. 681.
(10) MoORE, Hiatory of rellgitms (Edinburgh 1'14) Il pp. 123,
128 s ; Tr. ital. La Piana (Bari 1920) }I pp. 138, 144.
16 ORFISMO E PAOLINISMO
3.
sl che ln queau, eSi può dunque dire che la battaglia tra
precis:i.men te n e I •
il Paolo giudaico e il Paolo ellenistico
l'orfismo, Ta eercata
l'origine del paoli•
nismo, si vada risolvendo a favore <lei secon-
do. Anche le riserve di'\ pnrt0 giudaica
intorno al giudaismo di Paolo (2) forse ormai deb-
bono apparire in più giusta luce. Si sente ormni ohe
nell'ellenismo sta la chiave dell'anima dell'11postolo. e
che solo continua.odo su questa via, vi è sperallza di
schiuderla. Ma la verità è che per ora noi non vi
siamo ancora penetrati a fondo, che non conosciamo
ancora. l'origine di quel processo che è il crmliue •i.ella
mistica p11.0Iina e in generale cristiana, pel' mli il fatto
esterno della resurrezione del Cristo 1li\'ea11e fa tru in-
terno del credente, per cui, in altri termini, In rrsur-
rezione del Cristo - che, sia. () non sia accettata, non
può considerarsi che come un avvenimento storico con-
creto obbiettivo, avvennto in un mowento determinato
come qualunque altro fatto - potesse lliventnre un av-
venimento spirituale e subbiettivo che si ripete nelle
coscienze cristiane. Il processo per cui, insomma, la co-
noscenza diventa esperienza.
(1) .k.E •.P. in Bilyohnis 1921, pp. 62, 190; BoNUCCl in Riv. t1·im.
di stuài jilo11. e rel. 1921 p. 365, 1922 p. 127.
20 OUFISNO IC PAOI.JXISMO
II.
1.
(1) KBNNBDY, 8t. Pa•I. arati the 11111,t.er, rei. (London 1913) p.
12 • 18.
(2) Per es. per il K. la oonnessione tra PLA.T, Ph.a.ed. 690 e l'or-
fismo, da tutti riconosoiuta, è presenbta come una idea degli an-
tichi commentatori. Al K. pare che il mito di Zagreo foese com-
preao nella teologia orfica!
(3) p. 81-11'.
(f.) Art. Mrtt.erier ( chru"a11) i11 HASTllfG8, Bile. o/ rei. IX
1917 p. 78.
(5) M-ORGAN, T1M, rei. 11nd thaol. o/ P11•I (Edinburg 1917) p. 28.
(6) WElNBL, Pavlv, p. ,so e 506.
("') REJTZ-STBIN, Dlo ua.i. • .Mlflùnmreligionora.
L 1 0B.IGINE OUlCA DELLA. CBI8TOLO(HA PAOLINA 25
(1) o. o. p. 150 8,
(2) R. B, P. in BltyoA.1111 1931 p. 936.
(3) Bot1ss11:T, Kyrio1 Ch.rilto• (Gottingen 1913). Spec. p. 337 e
167 8,
L'ORIGINR ORFICA DELl,A C1118TOLOGIA PAOLINA 29
(1) O. c. p. Xli.
(2) L<>IsY, Les myBtèreB payem et le 111yst, chrrt. (Parie 1909) pp.
5, 230, 267.
30 Ol!J<'JSMO E PAOLINISMO
3.
III.
1.
2.
perchè eHo solo co•-E cominciamo dalla prima. Io non in-
corda con la cristo-
logia paolina, tendo risolverla con i soliti confronti,
noti ormai a tutti i dilettanti di cri-
stianesimo primitivo, tra il battesimo e l'eucaristia
e altri riti Rimili ellenistici, anzi rimaado senz'altro chi
vuol saperne qualche cosa alle opere che ne parllmo (1),
perch>, a dirla chiarn, non do gran peso a qnesti con-
fronti. Ì<~ ovvio che il cristianesimo, svolgendosi in am-
biente ellenistico, abbia spontaneamente assorbito qual-
che elemento ritualistico dalle religioni misteriche; non
per questo è lecito negargli la originalità spirituale ,
da poi che sappiamo come uno stes8o rito può ricevere
un contenuto spirituale del tutto diverso da due o più
diverse religioni, perchè il rito è forma. È assai facile
citare esempi di riti pagani che sono in uso ancora oggi
e hanno un contenuto e rispondono a una volontà, che
nulla hanno a che vedere col pag·ane8imo; anzi sarebbe
assai facile mostrare come ogni religione nuova assume
e continua gran parte del ritualismo della religione pre-
cedente e come anzi proprio da questa permanenza del
ritualismo esce la. continuità, cioè il trapasso, cioè la
possibilità. che la nuova idea vinca non per rivoluzione
ma per evoluzione, non distruggendo cioè la forma. esi-
stente per crearne una nuova, ma tra.sformando quella.
già esistente mercè il nuovo contenuto, e in' modo che
proprio attraverso ano schema consueto la nuova idea
a poco a poco vinca. Le idee nuove non possono essere
comprese se non I\ pàtto di arcetta n.l e ni,:are il vecchio
linguaggio, dando ad esso un nuovo Rignificato.
Queste cose cosl Remplioi vanno <lette tanto a co-
loro cùe credono davvero, in base ad alcuni paralleli
ritualistici, di poter considerare il cristianesimo come
3.
perehè cronologica.
L'orfismo non era dunque ripeto, una
mente anteriore al
crlotlaneolmo. concezione un po' simile al cristiane-
simo; era un completo riscontro mi-
tico antropologico ed escatologico. Un mio critico or-
todosso tenta di Rpiegare questa concordanza con l'o-
JJera dei neoplatonici imaginando che, nell' intento òi
combattere il cristianesimo, costoro introducessero nel-
l'orfismo taluni elementi cristiani per poterlo opporre
al cristianesimo (3). Ma la cronologia gli dà torto
perchè dimostra che il mito di Zagreo era fissato in
tutti quei momenti che lo assomigliano alla storia del
Cristo molto prima che il neoplatonismo spuntasse sul-
l'orizzonte.
(1) KAIBEL, Jnscr. Gr. Sic. It. 642 = Drnui, Vorsokr3, II p. 177
n. 20: &,ò, tytvou !~ ci~&pcimou.
(2) Ca1•m, a11r. v. 71; EMPED. cfr. 355 Dicls.
(3) PLAT. Phaed. p. 69 C dice che l'iniziato abiterà co11 gli dei.
(4) DIE'IERICH, Nekyia (Lipsia 1893) p. 112.
(5) V. l'11ltimo Raggio di questo volume.
(6) GRUPP}:, Die rapsod. 1'heog. u. ih,·e Bedeut. i1inerhalb d. OTf'h.
Lit. (Jah,·bb. f. Phil. Supplementb. XVII 1890) p. 738.
60 0l1F1SMO R PAOLINISMO
IV
1.
La rinucita mistica,
Addentriamoci ora nel vivo del proble-
che è l' esaenza del
paoltni,mo, ma paolino. Cerchiamo di identificare la
esperienza religiosa, cioè quel processo
peculiare che è la rinascita in Cristo.
La grande novità di Paolo sta propl'io e solo in questa
nuova esperienza, per la quale il Gesù storico diventò
il Cristo mi 11tico, il fatto storico della resurrezione di
lui diventò il fatto mistico della rinascita dello spirito,
l'obbiettivo subbiettivo, il passato presente.
1° momento.
11° momento
111° momento
IV 0 momento
3.
elle formano un
alw proceno
°· Il processo dialeU,ico
è evidente. Sche-
matizzando il pensiero di Paolo, ecco
i quattro momenti:
1) Cristo morì per liberare l'uomo dal peccato di
Adamo.
2) La liberazione avviene morendo e rinascendo con lui.
3) Il corpo è la sede del peccato.
4) Rinascendo in Cristo il peccato è ucciso nel corpo.
Ciascuno dei quattro momenti è essenziale per l'in-
tero processo che si svolge con vera forza dialettica.
Attraverso di esso quel che ern la salvezza giuridica
mediante il sacrificio di Cristo in redenzione dell'uomo
diventa salvezza antropologica mediante la rinascita in
Cristo. Uon la rinascitR in Cristo, cioè con la identifica-
zione in lui, il superamento della carne avvenuto in lui
una volta, mediante la sua morte e la sua resurrezio11e,
diventa un fatto che si ripete nell'uomo. Così la se-
oonda salvezza non è che la realizzazione della prima,
ò la via per la quale quella diventa attuale. In questo
72 os•·1SMO E PAOLINISMO
(1) II Cor. V_ 14. L'idea comuue cho Cristo morisHe i11rece ili
noi, come vittima espiatoria è eom\Jat,tnta da B1;YSCIILAG, Neutest.
Theologie III 138 che osserva: 1) «l'espressione dd,'h:1.YEY (mÈp 'i)µ&v
non rispornle 111111 lornzione « inn,ce• che è il greco dnl, e significa
«a vantaggio»; 2) se CriAto fosse rnorlo il11•ece nost1·a, avre\JlJe dovuto
sotl"rire la stesea pene. che noi meritiamo, 11111 Cristo non muore
veramente perchè risnscita ; 3) Al' la ginRtifieazione e la salvezza
Hi attuassero mediante una sost.ituzioue della vittima non si com-
preude come possano esHere sul,onlinate alla fede; 4) l:1 neces,;ità
di credere nelht resurrezione a la affermazione che senza la res11r-
rezione uoi saremmo ancora nel pecc:ito non si spiego. se nella
mo,·te di Cr. avessimo trovato la sostituzione. Ometto gli altri ar-
gomenti meno forti, chè 1Jnesti liastano. Cristo non morì secondo P.
in sostituzione di noi, 111>1 ptr noi , perchll con lni morissimo e
rinascessi mo.
(2) II Cor. V 14.
76 OBFlSMO E PAOLINISMO
V.
1.
La realità della ,..
Qnesta realità appare anche più chiara
Uapae1l è l'orl!l••
del reall1mo uen- in quello che è il mezzo per il quale
mentale, questo passaggio dall'oggettivo al sub-
biettivo, dal fatto storico al fatto mi·
stico si realizza, cioè il sacramento.
Il realismo sacramentale paoliuo fu negato in pas-
sato per tendenze spiritualistiche dominanti spech1I
mente nel campo protestante, dove del resto oggi si
tende piuttosto ad accettarlo. Ma chi giudichi senza
prevenzioni non può negare che la concezione che
Paolo ha del sacramento è perfettamente realisti-
ca, senza. di ohe, del resto, il sacramento perderebbe
il suo carattere. Il linguaggio di Paolo è chiarissi-
mo. <<0 ignorate che qnanti fummo battezzati in Cristo,
nella morte di lui fummo battezzati T Sepolti fnmmo
dunque con lui per il battesimo nella morte, aociocchè
come risuscitò Cristo dai morti per la gloria del Padre,
così anche noi in novità di vita camminassimo. Poichè
se siamo divenuti nna sola natura per la somiglianza
della morte di lui , lo saremo anche per quella della
resurrezione, aucbe questo conoscendo che il nostro vec-
chio uomo fu crocifisso con lui, affinchè venisse sciolto
il corpo del peccato (e noi non più servissimo al pec-
cato), poichè chi muore viene liberato dal peccato. Ma
se siam morti con Cristo, crediamo che anche vivremo
insieme a lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti
non più muore. La morte non più lo domina; infatti
ciò che è morto morì per il peccato una volta; ma oiò
che vive, vive in Dio. Così anche voi pensate di esser
morti sì al peccato ma viventi per Dio in Cristo Ge-
sù>> (1). « Essendo stati sepolti con lui nel battesimo,
(1) Rom. VI 3 s.
78 ORFISMO E PAOI INISMO
2.
e apec,lalmente del•
Il realismo di Paolo risulta ancor più
l'encareatla secondo
Paolo, chiaro nella eucarestia. Il -passo fon-
damentale, come è noto, è nella 11.a let-
tera e.i Corinti v. 235.
<< Il Signore nel giorno che fn tre.dito prese un pane,
4.
VI.
1.
4p'tou (Il 22; II 46): il viuo uou i, ricor<lato. In Le. XXIV 35 Gesù
è riconosciuto dal modo come spezza il piine; uua variante del
co<l. D omette il calice nel racconto p.n,·nrist.ico: l:t. comunione gno-
stica <legli Acta Thomae si faceva col Holo pane (BoussET, llaupt-
pt·obltme d. G110Bi1 p. 307). lll<lica tnitu ciii che il s:wnuuento ori-
ginale si compi va col solo pane f
L'ORIGINE ORFICA DF.LI.A CRISTOLOGIA PAOLINA 87
(1) I Cor. 2, 10 H.
(2) MACCHIORO, Ei-aclito p, 131 A,
(3) MACClllOHO o. c. p, 12H M,
I!OHIG!SE OHFICA JH:Ll,A URISTOLOGIA PAOJ.INA 95
3.
VII.
1.
2.
come è date ..edere
Per tutto quanto stiam dicendo è un do-
nel discorso a g l I
Ateniesi, cumento di importanza capitale il di-
scorso sull'Areopago.
Sul suo valore come documento storico i pareri sono
discordi. H arnack (1) lo crelle autentico; Deissmann (2)
lo trova pieno di spirito paolino, "\Vilamowitz invece (:l)
cre1le che l'autore degli Atti abbia fatto parlare Paolo
come gli storici del suo tempo facevano parlare i loro
eroi. Fra queste due opinioni divergenti qual'è la vera,
La rlimostrazione del Soltau (4), che i discorsi con-
tenuti negli Atti sono tutti inte~suti cli pensieri paolini.,
e la :rnaloga dimostrazione dello Schultze per il discorso
di congedo a Mileto (5), serve a dirimere la questio-
ne. Perchè, se nei rimanenti discorsi degli Atti l'autore
usò pensieri e parole dell'apostolo - e tanto più se,
com' è assai probabile, q110sto autore fu Lnca, disce-
polo e compagno di Paolo- non vi è ragione per sup-
porre che anche in questo discorso capitale Paolo non
sia fatto parlare con i suoi stessi pensieri.
(1) ARNrn, St. vet. Jr. I 537: èx aoii y&p ytvoi;; èaµÉv /fixou
µ(µ71µa: Àa.XOV'tEç;/ J.LOUVOL, llaa. çWEL 'tE xa.l gpltEL ,'J.v"/j't ',!.Jtl ya.ta.v ... /
-coMs 'tL y(yvs-ca.L ~pyov t!1tl x.9-ovl aou 1l(xa., 1la.tµov/ OU'tE XCl:'t 'a.(-
.9-spLOV .9-stov 1t6Àov oùx èvl 1tovi:cp. Gli stessi di,finivano la divinità.
come 1tvsilµa: 1lLix minwv 1lLEÀ7jÀu.9-òi;; xa.l mi;v,;a. èv éa.u-c<j) 1tspLéxov
(ARNIM II 1051). SEN. Ep. XL, 4: prope est a te deus, intus est.
Cfr. VRRG. Àell. VI 726 e SERV. ad VERG. Buo. Ili 60.
(2) I Coi·. IX 20 s.
(3) GEBHARDT, Die an die Heiden gerichtete Missions1·eden de
Apg. in Ztsohr. f. nll. Wiss. 1905 VI p. 238.
(4/ Atti XVII 30-31.
(5) -1tti XIII 26 s.
L'ORIGINE ORFIC.A.. DELLA CRISTOLOGIA PAOLINA 10~1
3.
ed II nocciolo delDopo Paolo, colui che, continuando la
pensiero di lii a r.
clone. dottrina di lui, più di ogni altro eser-
citò una influenza sul mondo greco e
greco orientale, è Marcione (3).
l\farcione è figura t1·oppo complessa perchè si possa
semplicemente connetterla a questa o quella delle cor-
(1) SEN. Ep. VII 2 (65) rn Hans: corpns hic animi pondus
ao poena est: frementi ilio urgetur, in vinculis est ; XVI 2 (502)
22: cum Yenerit dies illa quae rnixtnm boe divini humanique se-
ceruat, corpus hic ubi inveui, reliuquam, ipse me diis reddam; nec
nuuc sine illis snm seù gravi terrenoque detiueor carce;-e: Cons ad
Polyb. IX 3,8: Animns patris mci velut ex ,liuturno carcere emis-
sns ... frnitnr nnnc aperto et libero coelo.
(2) SEN. Ep. XIV 4 (92) 13: quod ùe veste Ili xi idem me di-
cere ùe corpore existimo: 1mm hoc quoqne natura nt quamla10
vestem a.nimo circnmdedit.
(3) Su. Marcione v. HARNACK, Mm·cio11 [Tute u. U11tersuchu11gen
Ser. III vol. 15] (Lipsia 1921).
L'ORIGl:SE Ol!FICA l>F.LLA CHISTOl.0(;1.\ PAOl.l!\A 107
(1) PLAT, Crat. p. 400 B-C; PHILOL. fr. 14 Diels ; PIND, fr.
137 A Schroeder; PLAT. Phaed. p. 60 C.
(2) EPIPH. Àd11. haer. I 8; er. 4 (MIGNE, P. G. 41 p. 702 A):
civcia,ixatç; ... Àiyst oùxl awµ.ci'tW\I iiÀÀix cj,u wv, xixl aw,71p(ixv ,ixò,ixtç;
6p!~nixt, oùxl ,otç; awµ.ixat. Kixl µ.nixyytaµ.oùç; 6µ.ocw, ,wv cj,uxwv,
xixl µ.snvawµ.ix,wast, &~6 awµ.ci,wv at, awµ.ix,ix q,ciaxEt. Cfr.
'l'IIJCODOR. I 23,
(3) Vedi in questo stesso volume il saggio Verso i prati di
Per1efo11e.
(') ZAHN, Gesoh. d. ntl. Kanons (Ltpsie. 1889) I p. 676.
(5) M. soppresse in LUCA XXII il v. 16 che è nn grande
ostacolo :illn interpretuzioue sacramenta.le della Cena; probabil-
mente tolse anche i v. 17 -18 sopprinu,iulo la doppia cerimonia del ca-
lice (V. HARNAK .Uarcio11 p. 223).
L'URIGl~E ORFICA DELLA Cl11ST0LOG1A PAOLINA 109
VIII.
1.
Il realismo o rfl e o
La stori~ comparata delle religioni è
che fece Tlncere Il
paollsmo, stata ingiusta con Paolo.
Cedendo alle concordanze rituali ha
messo la rinascita paolina in un mazzo con le agapi e le
iniziazioni clei misteri (1). Ma in questo è stata ingiu-
sta, perchè il paolinismo aveva un~ base, come dicemmo,
di concretezza, di realtà, di necessità fisic&. che agli altri
misteri mancava. Ora che conosciamo l'origine di que-
sta peculiarità e comprendiamo non solo donde venne a
Paolo l'ispirazione al suo sistema, ma anche quale mirabile
sforzo dovette compiere per adattarlo al cristianesi-
mo, per rivestire la vecchia magica rinascita orfica
con i nuovi panni della frd;, ~ristiana, possiamo ca-
pire quale fu la g--r':l.ndezza del paolinismo e perchè vinse.
Questa imperiosa necessità concreta, cosl concret,a
ohe oltre a essere spirituale è anche materiale, manca
agli altri tipi di rinascita misterica, perchè ad essi man,
cava qualunque dottrina antropologica che la facesse
apparire come una necessità assoluta, come l'unica reale
via di salvezza. E in questo sta la superiorità di essa
sulle altre concezioni di rinascita.
Per noi questa conorehzza è certo una inferiorità,
ma per i contemporanei di Paolo era invece una super-
iorità. L'et.à di Paolo ~ra un prodotto del paganesimo
non del cristianesimo , della carne non dello spirito, e
verso la carne tendeva naturalmente. Essa concepiva
la religione come prassi, come rito, come azione, nel
posto tra essa e Gesù, è uno dei piì:t grandi trionfi della
fede. È proprio ùa questo sforzo che possiamo trarre
buoni auspici per l'avvenire del cristianesimo, perchè
prova che finalmente l'anima umana ha compreso che
il cristianesimo deve essere vita dello spirito e non ade-
sione a formule e a dottrine.
Certamente l'avvenire, sotto questi auspici, se si pre-
senta meraviglioso per la fede non è lieto per la chiesa.
Assistiamo anzi a questo fatto apparentemente con-
traddittorio, che, mentre la religione fiorisce, <lecad(l
proprio quell'istituto la cui specifica attività è per l'ap-
punto la religione: cioè la chiesa. Da un lato il cri -
stianesimo conquista province sempre più larghe nel-
l'arte nella politica e specialmente nella filosofia, che è
il gran trionfo cristiano del secolo XX. Dall'altro la
chiesa è, inversamente, costretta a ritirarsi proprio da
quei campi, come la politica e più ancora la filosofia,
che furono un tempo il suo regno. Si direbbe che il
cristianei;imo vince oggi non con la chiesa ma fuori
della chiesa e anche contro la chiesa. Come istituto,
questa non ha alcuna parte nei vasti e numerosi mo-
vimenti di risveglio cristiano che si accendono or qua
or là, e dei quali molti hanno caratteri nettamente anti-
occlesiastici, e in ogni caso hanno scopi universalistici,
nei quali le differenziazioni ecclesiastiche restano abolite.
Se valutiamo storicamente questa più recente storia
del cristianesimo e specialmente questo suo progresso,
costituito dal regresso della chiesa, noi riconosceremo
in esso proprio quel movimento che la nuova teologia
sintetizza con la formula << indietro da Paolo a Gesù». In
fondo gli è il paolinismo che decade, mentre il cristia·
nesimo fiorisce: tutto ciò che è dommatismo e sacramen-
talismo deriva in ultima analisi dal paolinismo. P11olo
e Gesù sono due simboli: di qua lo schema, la formula,
il mistero, la sofferenza: di là l'impulso la vita, la luce,
Ja gioia. Il monrlo vuole Gesù. Ma per arrivare a Gesù
occorre abbattere Paolo, occorrù ritornare al Gesù del-
112 ORFISMO E PAOLINISMO
2.
11 tonda ID una tra-
Quale l'origine di questa tradizione er-
dizione che, traln-
teadendo I testi, rataf Nella prima metà del secolo XIX,
nel pieno fervore dell'indagini filologi-
che e antiquarie, sorse, per opera in gran parte del Lo-
beck, lo studio critico delle religioni misteriche greche.
La reazione contro le romantiche e fantastiche ricostru-
zioni del secolo antecedente e specialmente del Sainte-
Croix (il S'lncrucius contro il quale appuntò i suoi strali
il Lobeck) fu salutare: ma l'entusiasmo soverchio con-
dusse a una esagerazione in senso in verso. Se prima si
trascuravano i testi adesso invece si sopravalutarono: la
fantasia, tutto sommato, si esercitò ora non più fuori
dei testi, ma dentro ai testi, industl'iandosi a trovarci le
testimonianze di se medesima. E ne uscì una curiosa
filologia tra romantica e classica, tra soggettiva e obbiet-
tiva, la quale consiste in un perpetuo fraintendimento
delle testimonianr;e.
A questo fraintendimento si prestarono specialmento
taluni passi dove, secondo l'uso frequente presso gli an-
tichi, si parla di filosofia o di insegnamento con un lin-
guaggio metaforico tratto dai misteri: il maestro è il iero-
fante, lo scolaro è !'iniziando, la dottrina è il santuario
che si schiude, e via dicendo. In questo genere di pa-
ragoni quel che occorre specialmente tener presente è
Io scopo che lo seri ttore ha in mente svolgendo la sna
comparazione, l'idea che egli vuol adombrare col suo
linguaggio misterico. .A seconda ,•.he questa o quella
idea lo domina, egli accentuerà questo o quel partico-
uo OR1'1SHO I: P40L1NI8110
3.
Su ciucsti due luoirhi
l111.m•1lnò 1ceno11ra-
fte di luci e 41 statue ~
si formava spe-
cialmente la trndizione di una grnn luce,
OJ)pure ùi 1111 alt1•1·1H1rsi di luce e di tenebra; ladùove,
pur alllrnett1•1l1lo eh1:1 la illnminazionc del Aantnario e-
lem~inio fosse per quei tempi ecceziorrnle, non crediamo
alla possibilità di giochi di luce di sapore moderno>
tanro più che le testimonianze (reali e non fantastiche)
intorno a qut-sta « luce>> non consentono alcuna esa-
gerazione. Pe1· esempio 1merio accemrn nel solito modo
figurato al tempio che si apre e alla lnce che gli ini-
ziati vedevano (1), ma la semplice parola fuoco che Ime-
rio usa altre volto a proposito dei misteri (2) e che
non indica altro se non lo tlac1Jole (aJ, non oi auto-
rizza a parlare di una gra11tle luce che irraggfava dalle
porte del santuario quando si aprivano, come fa il Lo-
(1) H1M. Or. XXII 7: 'tÙI llè: d1tst,9,oilvn xotl 1totpotxouaovn xpu4'ùl
't6 1tilp xotl xÀ1taùl Àoyùlv àvlix'topot.
(2) nup µuonx6v: ap. PHOT. Bibl. p. 611 A. 01·. XI 4, XXXV 1.
(3) Ciò è dimostrato da CLEM. AL. Protr. Il 21, 1 Stahlin: !l;tot
µìv ouv vux't6, 'tlX nÀioµa.'tot xotl 1tup6,; Il 22, 7: &1t60~1oov w !spo-
cplinot 't6 1tilp· ot11lfo,'h1n, w llotllouxs, 'tà, Àa.µmxllot,; e da Imerio
stesso Or. I 11:. yotµ'71À!ou 1tup6,.
L'ESSENZA DEL MISTERO 123
(1) LOBRCK, Agl. p. 60 quiùus similis sine dubio (I) fuit sce-
nae my11tioae instructus, deorum signis luciferis in medio po11iti1:1
11,I etiam 1oleff1nt pompa cfrcumduotil.
(2) THEMIS'l', Or. xx p. 288 Dindorf.
(3) FOUCART 1 Le, myst. d'Eleul. p. 390 8.
(4,) LOB~CK, .Agi. p. 62: De sta.tuie luo111ffltum he.beruus The-
mi1tii teatimonium.
L'BSSBNZA DICL MISTERO 125
(1) CLEM. AL. Protr. II p. 12 2 Stiihlin: '1'Y)ÙJ xa;l K6p'Y) llpaµa: ÈjE·
-vfo&'Y)" µua'tLKÒv xa:l 't'Ì)V 1tÀ6.v'Y)v xa:l 't'Ì)v tip1ta:1 ijv xa:l 'tÒ miv&oç
(W'ta;tv 'EÀsilaLç; llq:ll.;,uxsr. 11 LENORMANT in DAREMHERG, (Dictiom1.
II 1 p. 6T1) traduce: El,msis eclafre à la lueu1· deB torcheB du da-
duque l'enlevement de Kore. Ma è assnrdo pensare cho un dramma
lungo e spettacoloso quale lo pensa il Lenormand venisse rap-
presentato a lume di torce tenute a mano. '1q:1'louxEtv significa qui
semplicemente ctlebral'e come in TH~;MJST. 01'. p. 71 A: llépaa., ~t
,xa.l 'A&Yjva.toL nxwvuç; i!llq:lloux'Y)aa:v 'tCÌI µua't~pLa:. Clemente dice
dunque semplicemente che ad Eleusi si celellravano le vicende
delle due dee, il che 1', verissimo , ma uou accenna per nulla al
modo in cui questo avveniva. In que11to steRso senso, llenchè me-
ta.forioamente, lo usa altrove Clemente: IJa./)ouxouµa.L 'toùç; oùpa.-
voùç; 'tÒv &sòv i!1to1tniiaa.L, dyLoç; y(poµa:t µuoùµEvoç;. (Proti·. XII 119,
1 Stahlin),
(2) CLAUD. De 1·aptu proB. I 1 s.
L'MSENZA DEL MISl'ERO 127
4.
nonchè riproduzioni Accanto a questa leggenda delle pro-
dell'oltretomba che
non esistettero mal cessioni e tlelle rappresentazioni un'al-
tra se ne forma va: che nei misteri ci
fo:,1se una specie di ricostruzione scenografica dei duo
regni oltremondani , per modo che l'iniziazione consi·
steva essenzialmente in una specie di viaggio attraverso
~li Elisi e l'Atle. La certezza su questo punto è assoluta.
~6pq., xslai.,cu !lv • At,ou; ARIST. Or. XIX I p. 421 Dindorf: ilv
ax6,q., xcil poppépq.,; PLOTIN. Enn. I 6; 6: lv poppépq.,. In nn inno
orfico del grande papiro magico di Parigi Persefone è detta. ~op-
popoq:,éppci (v. 1416 Wessely); Luciano ricorda. un ora.colo del falso
profeta Alessandro in cui è detto che Epicuro nell'Ade 11iede lv
poppépq., (Lux. Alez. 25).
(1) PLAT, Phaed. 13 p. 69 C : a, av ciµUYj"tO' xcil cidÀsa,o, ,,
•ALllou cicp(x711:cit tv ~opp6pq., xs(onciL, 6 llà xsxci.'l-a:pµsvo, &xa!os
a.cptx6µavo, µE,à: .'l-swv o(x,jost.
(2) PIND. fr. 132 Bergk-Schroeder: 11Tuxcil ll'a:asPa(l)v b1touplivtpL
yci(q: 1to,wna:L I !v ,U.yaot cpovCot, b1tò !;;suyÀcit, cicpux,oL, xa:xwv, I
cl'.laa~É(l)v !'J" t1toupcivtot va:Couacit I µ0À1ta:t, µlixa:pci µtrciv da(llou-
atv !v !iµvot,.
(3) PLUT. De lat. 11iv. p. 1130 D Bernardu.kis: ~ llà 1:p(,71 "tWV
à.voo((l)c; Ps:Ptoxci"t(l)V xcil 1tcipa:v6µ(1)Y 6!'J6c; ,a,Lv, a['" lpsp6, "tL xcil
papci.'l-pov w.'l-ouaci ,à:, ~ux tir,;.
( 4) PROCL. In P/at. Btlfllp. II 132 R, Kroll: ~ µh yà:p ,17, d1t0Xci6as(I),
xcil sf>lla:tµovCa:, !;;(1)71 h ol'.lpa:v(j) w, .'l-sCci ,(.'l-ncit, ~ llà ,1jc; !'JCx71c;
1!c; "tTjY µia71y cpApnCIL XWPCIY 1 ~ !'Jl djc; 'ltOLvf), d,Cci !'Jtà: "tOEI ,Cq:,ou,
&Ttò r'f!,.
(5) Carm. aur. v. 70-71: ~.,, !'J"ll'ltoÀsC4la:c; aiiiµci le; a:t3-ip" ll..a63-apov
.À.'l-f)c;, IOOICIL d:.'l-civci,oc;, 3-aòc; i!µppo,o,, OllX hL .'l-v711:6c;. JAHBL.
134 ORFIBJl(O E P.àOLINIBMO
2.
Le visioni di cui parl:;i.no tante testi-
elle attutaao viilo•
nl e1tatloll1.
monianze tarde dovevano dunque, a
maggior ragione, avere una parte nel mistero dell' età
classica. Alcune di queste testimonianze sono già a.dotte
in Zagreus e le ripeto qui. Si veda, per esempio, quelln
che il Dieterich chiamò una liturgia mitriaca: a ogni
formula e a ogni rito è descritta la visione che ne
sorge. La spera del sole si apre e si vede un immenso
cerchio e delle porte di fuoco chiuse. Recitata una pre-
ghiera, si sente un tuonò e un fracasso, le porte si aprono
e si vedono all'interno gli dei. Dopo un'altra preghiera
si vede un giovane dio con chioma di fuoco, veste bianca,
mantello scarlatto e oorona di fuoco. A un'altra preghie-
ra ei aprono altre porte e sorgo.no dal profondo sette ver-
gini in veste di bisso, con volti taurini, grembiali di lino
L 1.ESSENZA. DEL 1118TEl\0 147
III.
1.
n ml,tero .,..,.. Il
Il mistero, come io lo penso, è dunque
HO fondamento
una cosa assai lontana da quel tipo di
.ella me a t a 11 t lr,
"p r I m I ti 1' a,, del
greci, drama obbiettivo e concreto che la
scienza imaginò, e doveva invece
molto assomigliare ai misteri dei popoli primitivi e di
taluni popoli orientali, nei quali il centro non stava fuori
ma dentro l'individuo, come ho detto in Zagreus. Mi era
parso naturale che, risultandomi dall'esame delle testi-
monianze essere stato il clrama mistico assai lontano da
quella specie di mistero medievale che la critica aveva
pensato, io dovessi cercarne i termini di paragone tra
quelle forme di arte che appaiono più affini al mistero
così come a me risultava. Il procedimento come tale è
certamente impeccabile e, date le premesse, non poteva
portare ad altra conseguenza. Occorreva dunque negare
le premesse, dimostrare cioè che la concezione sceno-
gratl.ca del mistero era una stortura. A questo nessuno
ha pensato, e mi pare che in generale la mia conce-
zione sia stata accettata. E allora perchè scandolezzarsi
se io, seguendo un metodo comunissimo in scienza, cerco
di illustrare similia cum similibns Y Si accetta che il
mistero fosse subbiettivo ma non si consente che io Io
studi cercando le analogie dove le trovo. Mi paiono per-
ciò incoerenti quei critici che, senza aver negato il ,·a.-
lore della. mia ricostruzione subbiettiva del drama, si
meravigliano delle mie analogie. Lasciamo stare il vec-
chio Gruppe, il quale parte almeno da un principio er-
rato sì ma ohe gli dà la coerenza: che la religione greca
non debba studiarsi con i metodi della storia compa-
rata delle religioni, ma solo in sè stessa. Fermiamod
a due fra i miei critici: il Turchi e il Terzaghi.
Dice il Turchi: non conviene urgere troppo l'analogia.
L'BSSBNZ.A. DBL MISTERO 153
(1) p. 223-4.
(2) V. LBVY - BnliHI. 1 La ment. primit. (Parigi 1922) ca.p. III.
15( ORFISMO R PAOLINil'IMO
2.
3.
ehe appare a • eh•Tutto questo mi sarebbe forse stato con-
• e li a Yalatulo..
platonaa 411 mito.cesso se non a vessi osato toccar Pia -
tone , scrivendo le parole seguenti :
« è indiscutibile che il popolo greco non superò mai
completamente i confini della mentalità razionale vera
e propria. Nella filosofia greca bisogna scendere fino
agli stoici per trovare la distinzione, ovvia per noi,
di rappresentazione snbbiettiva e obbiettiva: e l'oso
che fa Platone del mito escatologico mostra chiara-
mente che questa distinzione per lui non esiste, e ohe
il mito per il ftlosofo ha tutlla la forza probativa della
realtà obbiettiva ~ (1).
(1) V. DIELS, Philodemos iibBr die Giitter in Abh. Ak. Wi11. B,rlin
1916 (1917) Phil.-hist. KI. p. 41s.
(2) MACCHIORO, Zag,·eus p. 165.
(3) MACCHIORO, E,oaclito p. 126 n. 1.
(4) MACCHIORO, Eraclito p. 126 n. s.
(5) MACCHIORO, ZagreuB p. 169,
(6) PLAT Gorg. 522 E - 623 A. Cfr. anche 624 B, 626 B.
16' ORFISMO :& PA0LI1U8110
4.
IV.
1.
Le p I t tu re Item
Ora si chiede: fino a che punto è le-
1enoao a rlcoetrul•
re Il mistero, cito ferma.rsi sulle pitture Item per
ricost,ruire il mistero Y
Vi è chi, come il Pickard e il Grnppe e il Bonncci,
nega addirittura ogni connessione tra la pittura e l'or-
fismo e per costoro parofo non ci a.ppulcro, perchè se
non sono ancora convinti che le pitture Item sono or-
tiche, io non so con quali mezzi convincerli e non mi
resta che invocar su loro la, grazia della conversione.
ìHa tanto per aiutarla, voglio tentare di chiarire quello
che, secondo me, è l'origine di questo scetticismo. La
rivela, se non erro , il Bonucci quando nega la con-
nessione tra le pitture e il niito di Zagreo perchè la
persona di Zagreo non vi compare. È facile spiegarsi
infatti come un osservatore superficiale, udendo che
t.ntta la vasta composizione si Hggira intorno al mito
di Zagreo, esiga che Zagreo stesso vi compaia. Ma que-
sta esigenza poggia su un equivoco assai grave: sullo
scambio cioè tra mito e rito. Qni noi abbiamo non il
mito di Zagreo ma il rito di Zagrco; non si rappresenta
cioè una vicenda del dio ma una vicenda delFuomo che
lo adora; non nn episodio divino, ma una serie di epi-
sodi umani che nel dio si incentrano. Ora è assurdo
pretendere che la persona del dio si intrecci e si im-
mischi in una serie di azioni rituali che riguardano lui
medesimo. E come potrebbe avvenire ciò, II dio potrà.
assistere a un sacrificio com pi u to in suo onore, ma
via!, il Bonucci è troppo esigente quando pretende che
il dio stesso vada ad ammazzare la vittima o magari
168 OB1'18110 B PAOLINISMO
2.
perehil conte118'0110
Ora in quale tra i vari riti che la com-
riti ehe 11 eonaet-
pongono Zagreo è, a dir così, più pre-
tono al mito di Za-
8TeG sente 7 Quale, rettamente interpretato,
ci rivela il dio invisibile! Gli è quello
che io chiamo l'annunciazione, cioè la catoptromanteia.
Negare che quella sia una cerimonia di rii vi nazione con
lo specchio curvo è impossibile, dopo la mia dimostra-
zione che si fonda sulla irrdragabile testimonianza di
Plinio intorno all'uso rituale degli specchi a forma di
poculum, cioè identici a quello che vediamo in mano
al Sileno (1). Negare la connessione ùello s1wccl1io
col rito e col mito di Zag-reo è anche i111possihile,
date le testimonianze di 'Jlemente, di Nonno, di Ari-
(1) Per es. il NICOLE (Ga•ette des beaux a,·ts 1911 p. I) dire
<ihe l'artista • s'inspira assurement d'un beau modèle ,le l'epoque
hellenistique » : il BAUMGARTEN (in BAUMGAR1'I<:N - POJ.AND. w AG-
NER, Die hell. ,·om. Kult1t1· 2 p. 461) pensa che questi, pitture sono
dipinte <mach einem gefeierten hellenistischeu Originalgemalde~;
il WINTER (Kunst. u. lfonstler 1917 p. 551) affermi. che «griechisch-
hellenistisch diirfen wir die Knnst. die uns in dem Gemalde ent-
gegeutritt, immer neunen»; il DE RIDDER (Revue de, etudea gr. 1917
p. 190) pensa che la pittura « se rattache proù:tùlement a une tra-
dition plus ancieune de la peintnre grecque», e via dicendo.
180 ORJ,'JS.MO J,; PAOl,INISMO
(1) V. 148 s. iyw ll71 't7IY ia,H),'l,' &µa. yvwµ11 q>opw. XP71 yixp
1tOt'l'j't7IY lltvllpa. 1tp6ç; ,ix llpciµa.'ta. lì. llst 1to1Etv 1tpòç; -rcr.il'tcr. -roii1; 'tpciitou,
IXEIY. cr.ù't!xcr. yuva.L>tEr' ijv 1to:'fi ,1, llpciµcr.-rcr., µnoua!cr.v llst -rwv -rp6-
1twv 'tÒ awµ"lx11v.
184 ORFISMO E PAOLINISMO
I.
(1) RBINACH, Rep, des rtliefa, I p. 124, 4; Ili pp. 273, 5; 291,
3; 397, 4. Cf'T. la pittura delle terme di Tito (BAUMBrSTBR, Denk-
n1iile1· II p. 986) dove Marte è librato in aria simile al nostro
Dioni~o.
(2) Anth. Planvd. IV 145 e 146.
(3) Atti citati III p. 5 ~ 8.
196 ORl'ISMO t: PAOl.ll\lS~IO
2.
3.
8he li Mnnetto al
alto prlmltho.
All'importanza del dipinto haaocennato
il prof. Sogliano, esprimendo fng-gevol-
rnente e quasi timidamente l'idea che questo dipinto
possa connettersi in qualche modo con le tradizioni or-
fiche t>LI eleusinie (1). Ora io dico invece, e mi accingo
a dimostrarlo, che questo ùipint.o 11011 solo lia una non
comn11e importa11za per la conmicenza del mito primi-
tivo di Dioniso e Ariadne, ma si conuette direttament,e
alla più schietta tradizione orfica, come ha intuito feli-
cissimamP11te il prof. Sogliano.
Indaghiamo per prima cosa quali rapporti corrono
tra. la pittura e la tradizione.
ln No11no, i11 quel tardo poeta pagano che ha voluto
riassumere e quasi rivivilicare nel suo poema tut.ti i
miti dionisiaci cll\lla civiltà greca (2), noi troviamo de-
scrit.to l'inoontro ile' due dei con particolari che corri-
spondono in modo sorprendente alla nostra pittura.
Nonno ci descrive Dioniso mentre, lasciata Atene,
va verso Nasso prt>ceduto e guidato da Afrodite, e cir-
condato da uno sciame di eroti; il 1,1110 arrivo avviene
a noi sconosci11ta <jllan,lo rntna che, liuita la lotta con Tif'f'n, gli
dei tor11aro110 all'Oli111po ,Icp1111ernlo le u.li: r.a:ÀLvv6o,rp ~' Èvi µopcp'i/
n;np6Ev µt1njµa: µn7JÀÀ<i~a:no n;pootimou (NoNK. 1Jiu11 .. II 707)
Koe"hly. V. u.uclrn G1mIL\IW, u~b. die /l'liige/gestalten d. alt. KunBt
(Gesamm. akad. Ablr. I pp. Hi7-177). · '
(1) Atti alce. Nap. 1914 JIP· 30 Il ì5.
(2) V. lo studio di n. F. DAMIANI, L'vltimo poeta pagano , To-
rino, 1902.
IL DIO DEGLI ORFICI 203
(1) Cfr. BrnTH in Rh. Mus. N. F. LVII (1895) p. 49. Non vede
la. ri11pondenza - affermata anche <la KAJ.KMANN (Rh. ,11us. XXXVII
(1882) p. 416, 4 - tra NONNO e PHII.OSTR. ifn. I 15.
(2) NoNN. Dion. XLVII 668.
(3) Ecco come N. descri Ye p. es. il duello tra Perseo Il Dioniso
(Dionys. XLVII 656 ss.): 'rdp Bpoµ!ou ~È xap'Yjvou I a(.'l-6oowv itnpdc
-xoùcpa µE,cipaLo, Eit,ci,o IhpaE6ç I ùq,woa, ~· 'Ié,~axxo, Éòv Mµa~,
a:t.'l-ÉpL yE!,wv I 1iitupo, ÙqJLXÉÀEu.'l-o, à.s(pE,O µElçovL poLçiji I titu-
J1Évou IlEpoi)o, ùdpupo,. Cosl nella lotta contro i giganti Dio-
niso si libra e balza sopra le teste dei nemici (XLVIII, 79 s,).
(4) CAT. LXIV 158 Il.
IL 1>10 DKU!.I Ol<F!Cl 205
(1) PASCAL in Studi it. .fil. cla88, 1901 XX p. 219 ss. Altri, certo
errando , nega qneHte ineguaglianze: HEUMANN (De epyltio alex.
Leipzig l!J04, citato <la GRUPPK, Be,·icht ii/,. die Lit. zui· ant. Myth.
Leipzig 1908 (Bu,·Bians JahreBbe,·icht Voi. 1.3) ).), 166 e R&ITZe:N-
ilTEIN (He,·me8 1900 (35) p. 101).
(2) MAASS in Rer111eB 29 (1889) p. 52.8 ; REITZENSTEIN ivi p. 101.
F.orse il DionyBos di Euforione (KoHLER, Die Dionya. d. Nonno, p.
12 e.; MAASS, OrpheuB p. 118).
206 OIIH~MO E PAOLINISMO
4.
Cerchiamo di ricostruire il significato,
clel connablo di Dio-
alao e .lrlaclne,
o contenuto mitico, di qnesta pittura.
I due miti dell' abbandono di Teseo o dell' amore di
Dioniso non erano congiunti e fusi im1ieme original-
mente. Vi sono molti argomenti per credere che il mito
più antico, cioè quello del connubio di Dioniso e Ariadne,
era in origine isolato (1): Esiodo ignora la versione più
tarda, secondo la quale Teseo abbandona a Nasso
Ariadne che Dioniso poi trova e sposa, e nomina sem-
plicemente Ariadne quale sposa del dio, insieme ad
altre eroine o dee sposate da dei (2).
Anche negli scrittori piì1 tarcli troviamo le prove che
in origine i due miti erano distinti.
(1) EUSTH. i11 Hom. Od. XI 321 : (TeReo) 1tpo:,QpµLo3-El, 't'Ì) A!q;,
vfjao,llà C1.lh'I) 1tp6 'tY)ç; Kp°lj't'I)' lEpà: Atovuaou, i) xcll N cii;o, èx):,j3'7),
6~LÀ1t 'tt 'Aptciev'!),
(2) HELBIG , Wandge111. 1217 ( =
Guida RueBch 1438) , 1218 --
1220, 1222, 1223 (=G. 1442), 1224-1226, 1227 (=G. 1439), 1228
(=G. 1441), 1229-12:H; SOGLIANO, Pitt. 11LUI'. 131 (=G. 1440).
(3) HELBIG 1233, 1234, 1239 (= G. 1322) Guida Ruesch, 1434:
Bali. In,t. 18tìl, 138; HELBJG 974 (= G. 1464); Not. Be. 1899 p.
::14.:! .fig. 3; 1908 p. 72 tig. 4.; 1908 p. 79 fig. 9.
(4.) Per eij. H..:1.IIIG 1237 e 1240. Non mi pare da rigettare sen-
z'altro la congettura del MINERVINI (Bull. aroh. nap. n. s. II 67)
c;he queeto monte non lontano <lai mare eia il monte Drios, in
])lueo stessi\, dove Dioniso portò Ar. secondo Diodoro (V 51, 4.).
(5) P. ee. HELBIO 1234 (Abbandono di Teseo e arrivo di Dio-
Jlieo), 1286 (Arrivo di Dion. ma Ar. dorme eu une. coltrice come
nei quadri della prima aerie); SOGLIANO, ltfo11. Linon VIII p. 299
IL DIO DEGLI ORFICI 215
5.
connubio (1); qui come là gli dei onorano gli sposi con
i loro doni (2). E potremmo anche iiggiungere, come
concordanza, il mito del rapimento di Era, di cui ser-
bava ricordo, secondo alcuni, una cerimo,-iia sacra (3),
e lo svelamento della dea effigiato in una metopa di
Selinnnte (4), nel fregio della cella del Partenone (5),
e nel così detto altare dei dodici <lei nel Louvre (6);
mentre la grotta del dipinto campano ricorda l'antro
delle niufe che si trovava sul Citerone, dove Era e
Zt1us si erano congiunti (7).
6.
(1) Il. XIV 347 s.; NoNN. XXXII 83 s. - Anche per il connubio
d; Dioniso e Nicea (NONN. XVI 270 s.) avviene la stessa cosa: e
qul le. concorde.nze. con Omero è quo.si imitazione.
(l!) PHRREC, ap. ERAT. Cat. J (=MiiLLER, FHG I p. 79, 33 ~:
cpsp6v,wv a;ùi;f) (Era) i;uiv ~ewv Mipa:. Cfr. nota 6 a p. 46.
(3) GRAILLOT in DAREMBERG - 8AGLI0 III I, p. 180; ROSCHER,
Lex. I p. 2099.
(4) REINACH, Rtp. du 1•el, I 399, 1.
(6) REINACH, o. c. I p. 40,
(6) REJNACH, Rep. de la atat. I p. 65.
(7) PAUB. IX 3, 5; ScHOL. Aristoph. Pa. 1126: uµqHxòv ~è 'ttYE'
a.ù,;6 q,a:atv , ,S,;1 6 ZEù, i;~ •apq: ixi.t auv!yhno. Eus. Praep. e,·.
III I, 4: Kt.'l-a.t'p&lvo, a:ùi;ot, (Zeus ed Era) 1httax6mov 'ttYà: µuxòv
"Km:l .'1-ci.Àa.µo'I rd)i;oq,ufj 1ta.ptxovi;o,.
(8) Ps.-ORPH. Hymn. LV, 7: crsµv71 Bcixxou mip1ap1 (Abel).
(9) 111, XLVI, 3: yuµq,wv lpvo, tp~a,;òv sùanq,civou i;' 'Aq,poai.71,.
IL DIO DF.GLI ORFICI 221
(1) vuX't'IJP['IJ (Inno LV, 3: Cfr. vux't,jpio, LII, 4), xpur;i'I) (LV,
9: cfr. xpuq,10, XXX, 3), ax'l)1t'toilxoç (LV, II Cfr. LII, 7). - Nello
eta.toto di nna. corporazione orfico-dionisiaca ateniese di etit roma-
na, Afrodite li onorata insieme a Dioniso e 11, Core (D1TTE!>BER-
GER, Sylloge 2 737, PROTr-ZIEHEN, Leges 91·. sacrae li 44).
(2) VI 1 s. (Abel): ttt.'hpé1tÀttyx'tov I XPU.JÉ'l)CJ\V ci.yttHéµavov 1tnpil-
yEaa1v; V, 7, 1tci.V't'IJ 61v'l),'I-Et, 1tnpòwv pmttt,.DAMASC. De p1·i111. p,·inc.
p. 387 = fr. 36 Abel: !XEt 6è ènt 'twv wµwv 1tnpci.ç. Fanete (=Pro-
togono) alat,o: PROCJ,. In Plat. Ti111. Il 1301"=fr. 62Aliel: aùn:i
6à xttt ttl 1t'tépuy,,. H1mMIAS. In Plat. l'haedr. p. 137 = fr. 65
Abel: xpuaE[tti, 1t'tEpilyEaat q,op1oòµEvo, lv,'l-tt xttl !v,'l-tt. Cfr. il fram-
mento orfico conservato nel papiro magico di Parigi (WESSKLY,
Gi'iech. Zaubtrpap. von Parie u. Lottdon, Denksckr. Llkad. Wiss.
Wten, Pkil. -h~t. Kl. 1888 XXXVI) v. 1749 s.
(3) VI 5 app'l)'tO\; xpilq>tO\; Cfr. xxx 3, LII 5; VI 1 ~iq,u,j, cfr.
XXX 2; VI 4 'tttupo~oa,. cfr. XXX 4 uupw1téç, LII 2 'tttupcixEpo,;
VI 4 yav1a1, µttxci.pwv cfr. L. 3 µttxci.pwv !1pòv ,'1-ci.Àoç; VI 4 amipµtt
noÀòµv'l)CJ'tO'I cfr. L, 2 id.; VI 4 'fiptxantttO\; cfr. LII, 6 id ..
(4) XXX 2, LII 6.
(5) npw't6yovo, epiteto di Erichepeo in fr. 120. Per la. identifi-
cazione Erichepeo-Fa.nete v. VI 9 : ò:q,' oti aE «l>ctV'l)'ttt xixÀ,jaxw.
Cfr. PRELLER4-RoBl!:nT, Gr. Myth. I p. 42, GnuPP.11: in RoscHER 1
Lez. 1112259, 2267 e Gr. Myth. I 431, WASER iu PAULY-W1ssow.a.,
Bealonc. VI 453. Per Protogono = Fanete '"· o.oche GRl:PPE in
RosCHER III 2237.
222 ORFISMO B PAOLINISMO
6.
II.
2.
Secondo questi\ con-
Una concezione assai di,versa e religio-
cedono Il mistero
samente ancor più misera di quella.
non potè preesiftterc
a Dioniso,
greco-romana. ris11lterebbe da una me-
moria pubblicata anni or sono dal noto professore di
:1relH·Ologia Bma1111ele Rizzo, secondo la quale sarebbe
m,istita nell'antichità nna duplice tradizione, letteraria.
e tig"nrativa, della iniziazione di Dioniso ai suoi stessi
misteri (1); il che equivale a dire che il mistero orfico
pr<!e,;isteva a Dioniso e cho egli non ne fu l'istitutore.
Noi e,;ami11er,.mo questa opi11ione del Rizzo, mostrando
come essa ,;ia completamente fantastica, per liberar la
stienza di questa falsa e irreale concezione di Dioniso.
Il Rizzo imprenùe la sua dimostrazione affermando
che c'è una trnùizione letteraria secondo la quale Dio-
niso sarebbe stato iniziato ai suoi misteri medesimi.
Yeramente di una vcrii e propria tradizione non è il
caso di parlare perchè 11011 esistono quelle « testimo-
nianze indiscutibili>>, e quelle <<egplicite testimonianze>>
alle quali l'ingegnoso archeologo si riferisce. Esiste
(1) Il testo dici" (v. 113 s.; 127 8.) xcil mvui:i/ ,'l-.pcbtetLVet q,Ep6-
vuµci µiJanèlL 1:ÉXV'!J llpyLet vuxi:EÌ.loLo èlLèlet'JKOµÉv'!) '1tc;·,cjac,•J I xcil
nÀni/v a.ypu1tvov ~1tEnuvouaci 1\'.Jci(!Jl I 1tpÙli:'Y/ f,ém,:pov foEu::iEv. xcil
nì.nijç çci.'!-É'Yjç; àyx•jµc;vci 1iu'Jnèlci x('.l,1jV I mz!yvtci xoup(;c;vH èltèlci-
axo µlv'Y/ '1 tovuaq,.
Notiamo prima di tntto rhe rwl secondo passo il Kiichlv, la r·ni
edizione il Rizzo Aegne e cita, leg-ge èlEèlLnoµÉv'Yj e non 1llèlcioxoµév'Yj,
nè BO con quale idea il Rizzo abbia Hostit.nit.o l'una parola all'altra.
,1 LllcioxoµÉv'Yj lPg-gono altri «-<I i tori (De Marcellus, Parigi, ))itlot, 1856;
Luilwich, Lipsia, Tenlmer, 1909), ma non il Kiichly, il cni P-mon-
dament.o, acccttat,o anche dal Jahn (He1·mes Ili, 1869. p. 320), è
aHsai ragionevole. Leggen<lo 1lt1lciaxoµEV'7) non @i giustifica in nes8un
modo il dativo xouplçovn '1toviia(fl e si ha una sciall,n. ripetizione
,lei verMo 114: inve,··,· l',·Hpressione 1lE1ltoxoµÉv'Yj = btne1wlo aninw
po,.,-ige11s coloriAco heno la cura con cui Misti porgli i balocchi al
piccolo Dioniso.
Dalla parafrasi su citata appare che il Rizzo intrn,le 1lt~ctoxo-
µév'Yj attivamente, r1111ivrtlente a i11seg11ando, comi' forma mPilia. Ci
Houo Hl esempi in cui 1lt1liioxoµcii, al medio, significa aliq1ttm llt
dit1cip11/1Lm sibi instr1u1·e: ma il fatto è che Nonno, pa.rlarnlo di l>io-
niso cho ins<'gna i misteri, usa sempre la forma att.iva; per , ..,_
XII 397. Mciiovl'l')Y Il' è1ll1let~Ev triv a.ypu1tvov fopi:ljv; XL 295: Àci6v
ci~ctXXEui:cov 'Apii~cov èèllllet~Ev ciElpEtV µuon1t6ÀoU\; viip,'l-'Yjxct~; XX
37::!: 1tcii:ljp µ'41ll1letl;E µnà xì..6vov lpycz .'!-ctì..iioa'l')v; sl che 11ni ,lo-
vremmo aApet.tarci nn 1lt1liioxouocz invece di quel èlt~ctoxo11b'I'), se
il Rizzo l1a ragione. Ma ammettiamo che 1lt1lciaxoµiv'7) possa inten-
232 ORFISMO K PAOLINISMO
« calzato dei traci ce.I zari, alla. cui iniziazione presiede Sileno, eh i
« può ma.i essere se non lo stesso Dionisof ~ (Rrzzo p. 13).
(1) V. MACCHIORO, Zagreu, p. 1608.
2) M.&.CCHIORO, Zagnu, p. 85.
IL IJlO IJI'.• ,LI OIU'IC! 237
(1) !fii.
(3) HERMIAS 1 In Plat. Phaed. p. 148 = ABEL Orphica 109, 110:
'Aepa.OU\11. età 'tOU'tO XEXÀ'l)µ!v'I), età "t6 "tà rm• ctÙ'tij, n,'1-!V"tO: XO:l
voµo.9-a"t7l.'1-i-.."ta. d,a.1t6!lpcta"ta. atva.t.
(3) ]fii: iv "tot, itpo.9-upot, yàp "toil i!-.."tpou "tij, Nux"t6, 'iJxst-.. J..iyna:L
"tot, xuµ~a.Àot, tva. itciv"ta. "tà a.ù"tijç "tli>-.. -..6µw-.. xa."t'ilxoa. yh7J'tC1.L.
1-..eo-.. µè-.. ylip i-.. 't(jl iiM'trp "t'i'j, Nux,èç xli..9-'l)"ta.t o 4'a.-..ll,. 1-.. µaaip
et -lj Nù; µa.n,uouaa. "tot, .9-1ot,, '#j e, 'Aepa.auta. h "totç itpo.9-6potç
itl.iat -..oµo3-noDaa: "toì>ç ,9,g(ouç -..6µou,.
(4) PROCL. Theol. Plal. IV 16, 206 =.ABEL 111: Ila.p' 'Opq,1t e,
xa.l q,poupatv Hynat (Adro.stea) "tè" "tw-.. llJ..w-.. ll7Jµtoupyò-.. xe11l xil-
xsa. p67t'tpCI. ÀCll~oiiaa. xa.l 'tllJ.LltCl."CI. 'iJX,jlV'tCI. olhw, "IJXEh tiJO't! 7tlX-..-
"tCI.C lmo"tpii:pu-... ,t, a.f>"tTJV "toù, ii-1ouç.
1L !>IO DEGLl OR.1Cl 2Sl
2.
Il tentativo del Rizzo verrà giudicato
•• fil 4• 1111 1te110
htltulto,
ancor più severamente quando diremo
che di fronte alla sua fantastica tradizione esiste tutta
una reale tradizione, documentata e cerziorat-a, da lui
eviùentemente ignorata, che attesta proprio il contrario
di quol eh' egli dice: e cioi\ proclama Dioniso proprio
come istitutore e fondatore dei misteri. Una simile tra-
dizione deriva direttamente dalla concezione di Dioniso
come dio rigeneratore, che fu l'idea fondamentale intor-
ro alla q nate si venne costit1wndo il mistero orfico:
Dioniso non solo fu la divinità per mezzo della quale il
mistero opera la sua re,Ienzione identificando l'uomo al
dio, ma diventò addirittura l'istitutore dei misteri, il do-
natore di questo unico mezzo di redenzione dal peccato.
Nelle Baccanti di Enl"ipid.e Dioniso dice di avei· isti-
tuito i misteri per rivelarsi quale dio agli uomini (1,;
egualmente attribuiscono l'invenziQne dei misteri a Dio
niso; Diodoro (2), Megastene (3), Strahone (4), gli sco-
liasti di Omero (5), Aristofane (6), Ap<illonio Rodio (7);
(1) Hn,. Or. XIV 26; JuLIAN. Or. VII 219 B; AmT. Piac. I b=
ARNIM 1Stoioor. vet. jr. II 1009 p. 300, 30; MALAL. Chron. Il p.
,2 Dindorf; CBDRBN. Hut. I p. 43 Bekker.
(2) XLI 45 s. MilLLEll 1 FHG p. 547.
25-l ORFISMO Il: PJ.OLINIS.1110
3.
l'eate la coneedoaeLa cosa, come dicevamo, ha importanza
Il Bloal10 eome Ilo
ae,l,ratore. per la storia delle religioni.
L'orfismo concepiva Dioniso come un
dio salvatore. Nel poema di Nonno l'avvento di Dio-
niso acquista un significato cosmico: il tempo invita
Zeus ad affidare al dio novello le cose del mondo per
rimediare ai mali che ai.Higgono l'umanità (1). Zeus gli
rispoude preannunzianùo la nascita di Dioniso che ar-
recherà all'umanità il dono del vino e, dopo vinti gli
indiani, sarà accolto nel cielo insieme a lui (2), e an-
nunzia a Semele che Dioniso farà dimenticare i dolori
della umanità (3).
Dioniso è il redentore dell'uomo, secondo l'orfismo;
e, appunto perchè tale, deve essere l'inventore del mi-
stero, che e l'unica via <li redenzione. Rappresentatelo
in atto di esser lui introdotto nel mistero, di esser ltti
addottrinato nel mistero, ed ecco che questo dio co-
smico che riassume in se tutto l'universo e si pone
come unica forza creatrice, si ridurrà alle propor-
zioni di un banale dio omerico che oggi impara il ca-
techismo dei misteri e domani farà all'amore con qual-
che dea. Togliete il co:i.cctto del dio che inizia e to-
glierete alla religione orfica questa immensa forza, che
essa poi cedette al cristianesimo, dell' unione con dio
in vita e in morte, della fede personale nel Salvatore.
L'esempio cristiano ritorna qui al pensiero quale via
per comprendere la psicologia religiosa degli ot·fici.
Lo storico può benissimo dire che l'eucarestia preesi-
steva a Gesù uei misteri ellenistici, ma il cristiano
(1) VII 35 B,
(2), VII 74 B •.
(3) VIII 367 s.
256 ORFISld.O E .PAOLI.NIS:WO
e le Eriuui <lei vasi A e C puro vestito ,li pelli. Nel rnso A gli
Eraclidi sono rap11resentati con le ferite rfrevnte in vita, come era
eostumo delle Nekyie orfiche: Od. XI 40: 1toÀÀol ~·oùnt11evot xaÀ-
,njpeotv hXEirJOLv, ~E~pw't6µevct 'teuxe· Éxoneç (versi interpolati).
VE!W. Àen. 445 s: Eriphylen crn<lelis nati monstrautem vuluera cer-
nit; 495 s: Deipholrnm vitlit, lacernm crmleliter ora J I ora ma-
nnsque arnbas, popnlataque tempora raptis J auribns et truncas
inhonesto voluere naris. Per l'origino orfica della Nekyia omeri-
ea V. WH,Al\lOWIT:·., Rom. Unte1"8. p. 199 s: e per la Nekyia virgi-
liana, NoRDKN, Vei·gilstudien iu Hertnu 1893, pp. 360-405, spec.
385, 393, 405.
(1) KUHNERT I. c. p. 108; KoPP in Arch. A11z. 1892 p. 128.
Per )a. ricostruzione clell'originale v. KoH1,1m in À.11n. Jnst. 1864
p. 292 s. e KUHNERl' !. c. p. 108 s. La HARRISON (o. o. p. 600) è
certo in errore negando l'esistenza di un originale comune.
(2) DEM. C. ÀriBtog. A 52.
(3) PLAUT. Capt. V 4, 1 s (998): vidi ego multa saepe pìcta
qoae Acheruuti fierent crnciarueut.a (cfr. DIETERICH p. 138).
(4) C1c. Disp. Tu•c. I 16: poetarurn et pictorurn portenta.
(5) LOTAT. PLAC. ad Slat. Theb. IV 516: iuxta picturam illam
Teterem in qna haec tormenta descripta sunt.
(6) ORIG. C. Gel,. VI 26.
268 ORFISMO JI: PAOLINISMO
3.
aè potè euere te- Dunque se mancava nell'orfismo ogni
1tlaonlata lettera-
riamente. tendenza o volontà a precisare il ca-
rattere e il conteunto (lclla beatitudi-
ne elle esso prometteva, ne viene di conseg-uenza che
la letteratura, se ci fornisce numerose testimonianze
di quelle credenze popolaresche alle quali ho accennato
in principio, non può nè potrà mai fornirci documenti
di quelle che erano le vere e proprie dottrine orfiche.
Senonchè il prof. Patroni crndette di poter sal-
vare dal naufrng·io la sna interpretazione orfico -
eleusi11ia delle pitture vascolari italiote, ormai com-
ph•tamente dimentieata (1), affermanilo che le dottrine
orfiche intorno alla beà.titudine oltremondana erano
testimoniate in due epigrammi greci dell' Antologia.
Poca cosa in se stessa, ma sufficiente per affermare
che realmente il segreto orfico non era poi così ri-
gido come si credeva, e che pcrci() le dottrine esca-
tologfohe ortiche se fornirono l'argomento a due poeti
poterono benissimo suggerire delle scene a dei cera-
mografi.
Veùiamo dunque come stanno le cose.
Si tratta di dne epigrammi, come dicevo.
Intorno al primo, che è di Dioscoride, bastano poche
parole poichè esso non contiene il più piccolo ac-
eenuo alla vita oltremondana orlica o non orfica, dio-
(1) Es.: C1c. Or. 1 33: dispersoe homines unum in locum con·
grege.re; Phil. XIV 6, 14: cives unum io locum ... congregant.
(2) Es. C1c. De Fin. V 16: Aeque.libus delectautnr libenterque
se oum iis congrega.nt; 8EN. Ep. 621 nec ewn illi1 moror qaibua
me temp1111 e.liq11od oongregavit.
VERSO I PRATI DI PERSEFONE 271
=
(1) Per es. KAJBEL, Epigr. 570 CIG 6201; KAIBEL 571 = CIG
6293. Cfr. P1tELLER-RODER1·', Griech. Myth. I 719. .
VF.R!<O I PRATI DI PE:R~EFONJI: 273
II.
1.
• ---------------·-----·----·--1
~.
I
i
•l
.J.
(1) JJull. nap. n. s. III 49; Riim. Mitt. 1912 p. 152 fig. 4,,
(2) Bull. 111st. 1886 p. 163 ; .Vot. se. ~891 p. 358.
(3) Per es. accanto a. un l'icco sepolcro di Altavilla. Silentina.,
decornto di pitture e con numel'osa suppellettile, giaceva. un altro
ipogeo del tutto rozzo, senza pitture e senza. va.si. « Si direbbe -
dice il VIOLA (Not. se. 1893 p. 423) - la. tomba di un signore ac-
canto a quella del servo•.
(4) Tipo PATRONI, Cemmica dip. dell' lt. merià. fig. 96.
(5) RuGGIERo o. c. pp. 294, 353, 357; Documenti IV p. 115;
Not. se. 187B p. 336; 1893, p. 426.
(6) « È notevole che in uno di questi piatti si trovò il guscio
di un uovo mancante dello. sola. terza parte di esso, e questo si con-
'llerTa rotto in dne parti ; è notevole che nell'altro piatto si tro-
varono tre piccoli ossiccinoli delle giunture delle gambe degli a-
gnelli» (Pu,sr in RuGGIERo o. c. p. 588; Cfr. Not. se. 1893 p. 251).
(7) Not; se. 1886 p. 92 n. 9 ; 1893 p. 442; 1896 p. 494 nn. 7
e 8 p. 495, n. 13.
(8) V. il disegno (stilizzato) in Apulia II Tav. IV fig. 5= Àrch .
.J.11zeig. 1912 p. 309, fig. 29. In un ipogeo greco di età. romana di
)l'apoli Ri trovò una. lucerna bilicne appesa per una catenella allr
Tolta (DE PETRA, Mon. ant. VIII p. 227).
V. MACCJUOR.O. - Orfiuno e Pao/,n,s,,.,,,
290 ORFISMO E PAOLINISMO
3.
• 11 eonnetteeon laQuale fu dun(1ue il contenuto rt>ligiot-o
eoneezlone or fh a
..11• morte eome del rito attestatoci da questi :,,olitari
at,tero colossi t Perchè dunque vollero gli or-
fici, in piena civiltà greca, e greci essi
1tessi, diffnenziare la loro religione funeraria <la quella
di tutto intero il monùo circostante'?
Noi troviamo la. chiave (lei segreto in un episodio rlel
dialogo Intorno al demone di Socrnte cli Plutarco (2).
Jn casa del tebano Sinm1ia, dove avviene il dialogo,
11i presenta, introdotto da Epaminonda, il pitagorico ero-
toniate Teanore, mamlat,o a riportare in Italia i resti
(1) p. 586 A: oa(w~ ydtp ur.ò "tiiiv ,:p(Àwv XE)n1aéiia,'l-,n "tÒ AilaLao,
oi>µ<X, "tY)V M <j>ux11v 7jll71 XEXpLµÉV7)V <X(f)Ei:o.9-a.t 'lèpò' <iU71v yévEaLv.
(2) Ivi i oup.~<XÀiiiv !v,'l-Ev 'E1tu.µèLHov1lq: X<Xl "tÒV "tp61tov «XOUO<X'
<jl .'1-<itj,sts Auotv heyvwv li,t xa.À<ii~ <ixpL ,iiiv <inopp"lj,wv nrna.L-
0Euµévo, {>-n;'txs(vou ,· a.vllpò, El'l)-
(3) Inni XIII 10 Abel: cosl anche XX 6, XXVIII 11, XXXII
9, xxxv 7.
(4) Testimonianze in LOBECK, ..cJ.glaopl,amuB, p. 557 s; all'origine
titanica dell'uomo e alla colpa dei Titani allm'ono anche le lami-
netto orfiche /Ct,MPARETTI, o. c. p. 25 s).
(5) DION. CHRYS, 01·. xxx, p. 550 Dindorf. 0LYMPI0D. ap.
WYTTENBACH, Platoni8 Phaed., p. 134. L'orfico Ippolito <lice mo-
ribondo: µta.t,:p6vwv [u] ouyy6vw'I 1ta.À11Lòiv 1tpoyavv71,6pwv 11.~opiçE-
-ia;t xctx6v (EURIP. Hipp. 1379 s. Murray).
(6) PHILOL. ap. CLEM. AL. Strom. III 17, 1 (II, p. 203 St,ii,h-
lin)= fr. 140 Abel; HIPP. Ref. 0111n. haer. VI 24 p. 26. Duncker-
Schneidewin; ATHEN. IV, p. 157 C Meinecke; PLAT. Gorg. p. 493A
Murray: Phaed. p. 62B; Crat. p. 400 B; JAMBL, P,·()tr. 8. p. H
Pistelli; PLOTIN, Enn. IV, 1, p. 469 Volkmann. Cfr. Ps-HERACL
.Ep. I, p. 73, 9 s Bywater; SEXT, EMP. Hyp. III 240 Mutschmann
VERSO l PRATI DI PERSEFONE 295
GREG. NàZ. Or. 22. (MIONE, PG 35, p. 784 D; BAS. MIN. Schol.
in BaB. oi·. VIII (MIGNE, ivi, p. 1200); 0LYMPI0D. In Plat. Phaed.
662 tl 2 Norvin.
(1) Inno LVIII 9 Abel: LXI, 11: Sì veda. la professione <li fede
di Ippc>lito in Eun. Hipp. 9\J6 R.
(2) PLAT. Phaed1·. 260 il Mnrray: POHPHYIL :ip. STOII. Fior. I
8 (I, p. '43 Meiuecke): x,a{J-tipasLç aù,aL ÀÉyonaL tv à.1toxi'i {J-swpoi>-
µsvetL ,wv ,oil aci>µcno, 1tpa~Éùlv xal auµm,:{)-etwv ,fuv 1tpò' aihé.
JAMIIL. l'rotr. Id, p. 65 .Pistelli = PLAT. l'ltaed. 67 C Murray :
xci,'J,apaL, 1lè; cipet où 'toù,o auµ~a!vsL limp .cò:Àcu tv i;ljl Àoycp À!-
yua.L, ,Ò XWPL~l>LV on µciÀLO'tCt •CX7tÒ 'tOÙ aci>µa.i;oç 't7/V <j,UX'Ì/V xa.L
t&!aa.L OCÙ't'Ì/V xai· Ctll't7/V 1tetvta.x6iev sx 'tOU' aci>µai;oç. ÙJ,YMPIOD.
In Plat. Alcib. p. 4 Cret1zcr: xa{J-apnxòç µèv ycip àai;l <J,ox11 ci1to-
.luoµÉv"I/ i;oò aci>µa.i;oç -twv 1leaµfuv µÉnoL µEvénwv xal µ71 ÀullµÉ-
-v. PROCL. In Plat. Remp. Il p. 354, 20 Kroll: cfr. In I'lat. I,
.itlc,b. p. 175 Crenzer.
(3) HIPl'OL. Jtef. 0111n. haer. I, 21. 4 = DIEL8, D,u:ogi·. gr. p.
571, 20 s: (gli stoici) 't7/'I cp,'J,opciv · xal 1:71v S'tÉpou t; etù,jjç yisvi;-
atv x!i{J-apaLV òvoµtiçouaLv. Cfr. EPIPH. Adv. haer. I, 5 = DrnLs,
1-><n. gr. 'p. 588, 8 s: µEi;ayyLaµoi>;; u <J,uxwv xetl ~lE'tEvawµé.i;6a1w;;
li:1tò aci>µa.i;ò, Ei<;; aiilµct [xetl] xa{J-a.Lpoµsvetç awµci.i;wv 71èi' a.ti 1t!iì,.iv
etçMouaetç xal òcvti1ta.ÀLV yevvci>µEvaç.
(4) ,JAMBL. Proti·. 13, p. 65 Pistelli = PLAT. Phaed. 67 C: xc:i.-
a-a.paLç 1lè; 'tOÙ'tO 01.)µ~a.!vEL 07tEp 1tci.Àa.L i!.v 'tqi ÀO"(ljl HyE,ctL, 'tÒ
)(wp(~ELV O'tL, µ<iÀLa'ta. cirtò -toil ac.iJµa.i;oç i;71v <J,ux71v xocl i!.&!aetL etÙ't'Ì)V
xa.,'J," a.O't'Ì)V 1t0CV'tC<)C'.O&Ev ÈX 'tOÙ aci>µa.,o, OUVCt"(E!pEa{l-etl 'ltetl cil)-po(-
t;aa&a.t, xa.L oixE!v xa.'tci ,;o ~uvet'tÒV 'ltetl i!.v 1:lj> vùv -1tocp6vn xa.l 11v
'tifi !7:sL'tCt µ6V"I/V xoci· a.ll't~V, i!.xÀ1.)0fl.6V"I/V Ul07t6p i!.x 8sqµliill i!.'lt 'tOU
,wµa.i:oç, 'tOÙ'tO 1lè; ,'l-ci.va.i;oç év.oµc:i.tnetl, ÀUOl' xa.L x(l)pLaµò, <Jiuxi'I,
ci1tò awµa.i;oç; ScHOL; Plat. Phaed. 1. c. Rubnken: ci1to~v~axu µh
29G ORFISMO li: PAOI.INISMO
4.
Cosl noi penetriamo nel segret,o di q ue
• pauagglo alla bea-
tltadlne ottremon•
dana. sta misteriosa religione che nemmeno
l'enorme tnmnlo ha difci,;o dalla nostra
profana curiosità., turbatrice dell'eterno sonno degli
iniziati. Dormivan essi tranquilli sot.to la bianca sin-
done, finalmente ammessi al supremo mistero della morte,
con stretta nella mano la laminetta aurea, pegno e ga-
ranzia della beatitudine, con sopravi incise le parole
che l'anima doveva pronunziare giungendo all'Ade, per
diventar beata :
« Io pura d'infra i puri vengo a voi, o Regina degli
inferi, o Eukles o Eubuleo, e voi altri dei immortali.
Poichè io mi preg·io di appartenere alla vostra stirpe
beata, ma la Moira e il balenar del fulmine mi abbattè
e mi inaridl, e scontai la pena per non giuste opere.
Ma io me ne volai via dal giro luttuoso e duro, e con
rapido piede raggiunsi la bramata corona, e discesi in
grembo alla signora infernale. Ed ora. io supplichevole
vengo dinanzi alla santa Persefone perchè benigna mi
mandi nelle sedi dei pii >> (2).
Così l'iniziato raggiungeva quella che era stata la
suprema brama della sua vita: vedere finalmente le vi-
sioni luminose oltremondane delle quali narravano le
antichissime scritture orfiche, che Eschilcr aveva cau-