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Autorevole autore italiano,che manifesta il suo dissenso nei confronti della tecnologia e della

meccanizzazione, è Pirandello, che soprattutto nel suo romanzo “Quaderni di Serafino


Gubbio” esprime il suo dissenso. Questa posizione per gli anni in cui ci troviamo è
sicuramente di opposizione, in quanto siamo in un periodo di forte sviluppo tecnologico con
l’avvento del futurismo, fortemente esaltato. Secondo Pirandello, invece, la tecnologia è
responsabile della perdita da parte degli uomini di gran parte dei valori che li avevano
caratterizzati, pertanto dove vince la tecnologia perisce l’uomo. È apparentemente fonte di
benessere, ma in realtà rovina l’uomo rendendolo a mano a mano non necessario, quindi
inutile, perché sostituibile. In questo modo si dissolverà l’anima dell’uomo e con lui le sue
parole. La storia narrata in questo romanzo, inizialmente pubblicato a puntate ed intitolato
“Si gira” e poi ripubblicato nel 1925 in corpus unico con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio
, è testimonianza di ciò. Infatti il protagonista è un operatore cinematografico, che quindi
grazie al suo lavoro, guarda lo svolgersi delle altre vite attraverso una telecamera, che gli
consente un occhio straniato. Durante la ripresa di un film d’amore, accade una tragedia. I
due attori sono Vania Nestoroff, che rappresenta la fem fatal, e Aldo Nutti. Questi ultimi
vivono una storia romantica, non solo però sul set, ed anzi le loro vite personali influenzano
anche i loro comportamenti da attori. Per questo motivo per una questione di gelosia, in una
scena in cui l’attore avrebbe dovuto sparare alla tigre in realtà sparerà alla donna e verrà
aggredito a morte dalla tigre. Oltre allo shock dell’accaduto ciò che è sorprendente è proprio
l’atteggiamento di Serafino, che continua a filmare il tutto immobile, come un automa,
totalmente straniato dalla situazione. È presente quindi una riduzione della personalità a un
mero sguardo sulla vita, come se Serafino si identificasse completamente con la macchina da
presa. L’unica reazione che avrà sarà il mutismo, egli diventerà muto e ciò rappresenta il vero
rifiuto nei confronti della vita. Come avevamo detto quindi con la tecnologia si dissolverà
l’anima ma anche la parola dell’uomo.
Questo romanzo è scritto come un diario, genere da sempre diffuso, ricordiamo ad esempio i
diari scritti da Cesare, ma sicuramente un genere che ha subito notevoli cambiamenti.
Infatti, adesso il diario è diventato un istrumentum per dare voce all’interiorità, spesso
alienata. Siamo, infatti, negli anni dello sviluppo della psicoanalisi, ben diffuse sono pertanto
le idee di Freud ma c’è da fare un notevole distinguo tra il medico e il letterato del filone
psicologico. Il primo dopo aver studiato il caso cercherà e proporrà una cura per riportare il
malato ad una condizione di sanità; il letterato, invece, si limiterà ad analizzare la situazione.
Ma con la nuova concezione del relativismo gnoseologico il confine tra sanità e malattia è un
confine molto labile. Secondo la concezione vitalistica di Henri Bergson la vita è un perpetuo
movimento vitale, che metaforicamente può essere identificato con il fluire del magma.
Infatti, il magma rappresenta il fuoco, il piur, la vita. Tutto ciò che invece si distacca dal
magma assume una forma, si cristallizza passando anche dal colore rosso a quello grigio,
rappresentante la morte. Quindi in realtà dal momento in cui ci si cristallizza o si assume una
forma si inizia lentamente a morire. E questi sono quelli che fino ad ora consideravamo sani,
mentre il folle, protagonista indiscusso delle opere di Pirandello, è colui che continua a
vivere nel magma, non distaccandosi e non assumendo una forma. La forma in cui ognuno di
noi si identifica è la così detta maschera; soltanto che la maschera che ci attribuiamo non
corrisponde alla maschera che ogni altra persona a cui ci relazioniamo ci attribuisce. Nasce
allora la cherel sull’io che resta così spersonalizzato. Da che pensa di essere uno, si accorge di
essere centomila pertanto non è nessuno. Ogni forma inoltre dipende da una trappola che
deve essere intesa come ogni ruolo sociale che interpretiamo (famiglia, scuola, amici,
relazioni), ed ogni ruolo ci limita rendendoci diversi ogni volta. Da qui la definizione di
Pirandello della vita come una enorme pupazzata. Il termine pupazzata oltre a ricordarci le
origini del nostro autore che era per l’appunto siciliano, ci sottolinea che le nostre vite sono
manovrate proprio come i fili che muovono il pupo, ovvero la marionetta. L’unica via di fuga
che ci propone Pirandello a questo disagio è la condizione di folle, colui che non assume
nessun ruolo sociale e vive secondo la filosofia del lontano, quindi guarda il mondo con occhi
straniati. Il pensiero inoltre si conclude con l’incomunicabilità tra gli esseri umani dovuta al
fatto che ognuno conosce l’altro in maniera relativa ma soprattutto ognuno vive come una
parte isolata, inseguendo, come ci diceva già Guicciardini, il proprio particulare .

Saggio umorismo
Novelle
Romanzi
1) L’esclusa 2) Il fu Mattia Pascal. 3) I vecchi e i giovani. 4) Uno nessuno e centomila
Teatro

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