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La critica del principio di autorità e della tradizione

Il pensiero di Bacone ha avuto storicamente un ruolo importante nella formulazione del


concetto di «progresso scientifico», cioè di un sapere che cresce nel tempo strettamente
legato a una critica del principio di autorità e della tradizione.
Secondo Bacone «la verità è figlia del tempo, non dell'autorità»: il sapere è progressivo,
perché aumenta con l'esperienza, e non è stato raggiunto una volta per tutte nell'antichità
classica.
Per esprimere la necessità del distacco dalla tradizione nell'ambito della conoscenza della
natura, Bacone ricorre molto spesso all'analogia con le scoperte geografiche transoceaniche
del xv e xvi secolo, che acquista nelle sue pagine un forte valore sim bolico ed evocativo.

L'analogia serve a Bacone per suggerire di volta in volta spunti diversi di riflessione, ad
esempio la non definitività della conoscenza del mondo; infatti le conoscenze acquisite
grazie alle recenti esplorazioni possono a suo avviso gettare nuova luce anche sulla filosofia
della natura.
La similitudine sottolinea anche l'importanza dell'uso di strumenti e di un nuovo metodo di
indagine: infatti prima dell'invenzione della bussola i marinai si limitavano a una
navigazione costiera; solo dopo hanno potuto attraversare l'oceano arrivando così al Nuovo
Mondo. Allo stesso modo, prima che l'intelletto possa spingersi a esplorare «le regioni più
remote e occulte della natura», dovrà essere scoperto un modo migliore per utilizzarlo, un
nuovo metodo per la ricerca scientifica.

Bacone vuole portare avanti un progetto di rinnovamento del sapere che si avvalga del
progresso nel tempo, dell'apporto collettivo di tanti ingegni passati e pre-senti,
dell'esperienza e infine dell'utilizzo della tecnologia per trasformare la realtà in vista di un
maggiore benessere degli uomini.
Il suo impegno per la realizzazione di questo progetto doveva portare alla stesura di una
grande opera enciclopedica, dove erano presenti non solo tutte conoscenze naturali, ma
anche quelle tecniche, relative alle applicazioni dei saperi in ambito tecnologico e pratico.
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A questa grande opera, il cui primo abbozzo è concepito sin dal 1585, Bacone dà il titolo di
Grande instaurazione (Instauratio magna). Tuttavia nel 1620 Bacone decide di pubblicare
una serie di scritti corrispondenti solo alla seconda parte delle sei previste, che egli non
porterà mai a termine.
Questa seconda parte è nota comunemente come Novum organum.
Il Novum organum è uno scritto di carattere metodologico: Bacone si avvale di un nuovo
metodo per la ricerca della verità, che sia alternativo a quello proprio della filosofia antica.
Il titolo stesso dell'opera contiene una critica diretta della logica aristotelica; infatti la parola
greca «órganon», che significa letteralmente "strumento", era stata utilizzata
tradizionalmente sin dai primi commentatori di Aristotele per indicare le sue opere di logica.
Questa consuetudine presupponeva l'idea che la logica aristotelica fosse da considerare lo
"strumento" per antonomasia per possedere la forma corretta del ragionamento e dunque per
la conoscenza della verità.
Il titolo Novum organum è dunque di per sé allo stesso tempo una critica e un programma,
che consistono nel proporre un nuovo strumento, cioè un nuovo metodo di indagine
scientifica della verità alternativo alla logica aristotelica.
Esistono infatti per Bacone due logiche distinte: una è la logica classica, la logica
sillogistica di Aristotele, che chiama anche «logica volgare»; l'altra è la nuova logica, che
egli propone come progetto da realizzare, come una strada ancora mai percorsa.
Alla logica sillogistica in realtà Bacone riconosce un'utilità indiscutibile se si resta nel
campo di ciò che è già noto, è dunque uno strumento molto utile per costruire ragionamenti
corretti relativi a contenuti che già si possiedono. Si rivela tuttavia inefficace se si vuole
inventare o scoprire qualcosa di nuovo relativamente alla natura.

Secondo Bacone solo se si adotta il nuovo metodo si sceglierà la strada dell'investigazione


diretta della natura per fare nuove scoperte. Questo metodo è chiamato da Bacone
«interpretazione della natura».

Il Novum organum è un'opera composta da aforismi divisi in due libri.


La prima parte dell'opera ha la funzione di pars destruens, cioè di demolizione dell'antico
sapere, degli antichi errori e pregiudizi; mentre la seconda parte rappresenta la pars
construens, cioè di edificazione di una nuova conoscenza attraverso la descrizione, peraltro
incompiuta, di un nuovo metodo.
Bacone dunque analizza e classifica questi errori, o pregiudizi, poiché essere consapevoli
delle false convinzioni è il primo passo per ridurre il loro potere sulla nostra mente sino a
liberarcene del tutto
Bacone chiama questi errori idóla ("idoli"), che descrive anche come fantasmi ingannatori e
li divide in quattro tipologie: idóla tribus ("idoli della tribu"), idóla specus ("idoli della
caverna"), idóla fori ("idoli della piazza"), idóla theatri ("idoli del teatro"). Mentre i primi
sono condizionamenti naturali, innati, le altre tre tipologie comprendono condizionamenti
culturali, acquisiti.

Gli idóla tribus sono innati nella natura umana e propri dell'intero genere umano.
Sono gli errori che derivano da limiti costitutivi del nostro intelletto, che, scrive Bacone, «è
incline più del senso all'errore» e finisce per deformare le cose che intende conoscere.
Questo avviene innanzitutto tende a subire l'influenza della volontà e dei sentimenti finendo
per prendere per vera una cosa non perché abbia ragioni reali per farlo, ma perché vorrebbe
che così fosse. Infine l'intelletto può essere sviato dal condizionamento dei sensi,
ingannevoli.

Gli idóla specus non sono innati e non riguardano l'intero genere umano, ma sono propri di
ciascun individuo. È come se ognuno vivesse in una sua propria caverna (specus) ,
influenzato da condizionamenti che derivano dalla sua indole personale, dalla sua
educazione, dalle conversazioni che ha avuto o dai libri che ha letto. Bacone reputa questa
tipologia di idoli la più vasta e per questo la più pericolosa.

Gli idóla fori fanno parte anch'essi dei condizionamenti acquisiti e in particolare sono quelli
che derivano dall'uso inappropriato del linguaggio. È illusorio pensare che la ragione domini
le parole, perché per lo più sono invece le parole a fare «gran violenza» sull'intelletto
turbandone i ragionamenti.

Gli idóla theatri infine derivano dalle dottrine filosofiche antiche o attuali elaborate dai vari
pensatori senza la preoccupazione di un'attinenza con la realtà, come se si trattasse di favole,
pure finzioni da rappresentare a teatro. Fra queste filosofie Bacone annovera chi, come
Aristotele, non ha tratto dall'esperienza altro che dati sconnessi e non verificati; chi, come
gli alchimisti, si è limitato a pochi oscuri esperimenti, sforzandosi di trovare conferma dei
loro dogmi; chi, infine, come Platone o i pitagorici, ha
mescolato la filosofia con la teologia e la superstizione.

Il nuovo metodo è volto a scoprire aspetti della natura prima nascosti, a percorrere strade
non battute da altri e quindi a inventare. È evidente che i nostri sensi spesso si rivelino non
solo ingannatori, ma anche insufficienti, ad esempio perché l'oggetto osservato è troppo
piccolo o troppo lontano o troppo lento o troppo veloce; occorre quindi ovviare ai difetti dei
sensi sia attraverso strumenti di osservazione, che ne amplino le potenzialità, sia attraverso
esperimenti, con cui di fatto Bacone identifica la scienza.
L'esperimento ha una forza maggiore della comune esperienza sensibile, intesa come
osservazione casuale; infatti l'esperimento è un tipo particolare di esperienza, non casuale,
bensì controllata.
Il difetto dell'intelletto è la sua tendenza a costruire modelli teorici che siano solo
«anticipazioni della mente», ipotesi troppo audaci e poco motivate, e non una reale
«interpretazione della natura».

Per questo il richiamo all'esperimento nel pensiero di Bacone ha il significato non solo di
ovviare alla casualità, che è il difetto dell'esperienza sensibile non correttamente guidata, ma
anche di frenare l'intelletto nel suo «impeto naturale.
Poni concettuali svincolate dall'esperienza.

La nuova logica è induttiva: lo strumento per eccellenza della conoscenza è l'induzione, che
infatti Bacone chiama «organo».

Il corretto metodo induttivo, applicato per spiegare un certo fenomeno, deve procedere con
cautela e con gradualità dagli esperimenti relativi a fatti particolari ad assiomi di carattere
generale, arrivando alla fine ad un'affermazione universale.

Se l'induzione può essere descritta come un passaggio dagli esperimenti agli assiomi
della natura, essa necessita di due elementi fondamentali: 1. una classificazione attenta dei
dati osservati; 2. un'interpretazione dei dati osservati e ordinati (interpretatio).

Il metodo induttivo necessita dunque dell'unione di due facoltà: quella sperimentale, che
attua l'osservazione e la classificazione dei dati, e quella razionale (l'intelletto), che
interpreta i dati classificati per spiegare il fenomeno oggetto di indagine.

Per facilitarne l'interpretazione è necessario procedere con un'accurata classificazione dei


dati dell'esperienza. Questo avviene stilando tre tavole, o tabelle, in cui vengono ordinate le
osservazioni relative al caso specifico che si intende indagare.

La prima è la tabula presentiae ("tavola di presenza"), nella quale vengono indicati tutti i
casi specifici in cui il fenomeno ricercato è presente. Bacone descrive l'esempio di
un'indagine sul calore: in questo caso la tavola di presenza comprenderà tutti i casi in cui è
possibile riscontrare calore, come i raggi solari, i fulmini, i diversi tipi di fiamma.
La seconda è la tabula declinationis, o absentiae in proximo ("tavola di deviazione, oppure
di assenza in contiguità"), nella quale sono indicati i casi in cui il fenomeno è assente; per
evitare però che l'elenco sia infinito, occorre che questi siano casi affini a quelli già riportati
nella tavola di presenza. Nel caso del calore si registreranno in questa tabella per esempio i
raggi della Luna e delle stelle ecc.

L'ultima è la tabula graduum ("tavola dei gradi o delle variazioni"), nella quale si riportano i
casi in cui il fenomeno è presente in gradi differenziati, maggiore o minore. Si registrano ad
esempio le variazioni di calore in corpi differenti (annotando che gli uccelli sono più caldi
dei pesci) oppure in uno stesso corpo in momenti diversi (annotando che un animale è più
caldo quando si muove rispetto a quando è fermo).

L’interpretazione dei dati porta a formulare una prima spiegazione ipotetica de fenomeno,
che Bacone chiama prima vindemiatio ("prima vendemmia").
Gli strumenti
La prima vindemiatio non è che l'inizio del lavoro di interpretazione, che prosegue
verificando l'ipotesi formulata attraverso nuovi esperimenti e nuove ipotesi.
Per fare questo lo scienziato potrà avvalersi di aiuti diversi, che comprendono gli strumenti
di misurazione o di potenziamento dei sensi (come i telescopi o i microscopi), ma anche
supporti per l'intelletto, fra cui il più decisivo è il cosiddetto «espe. rimento del crocicchio»
o «esperimento cruciale» (instantia crucis). Il ricercatore in questo caso si trova nella
situazione di ipotizzare soluzioni esplicative differenti di un certo fenomeno, alternative
l'una all'altra; fra queste procederà per esclusione.

Bacone ritiene che questo metodo induttivo, che fa dell'uomo un «interprete della natura»,
combinando l'«osservazione della cosa» con l'«opera della mente», non sia da applicare alla
sola filosofia della natura, dunque all'indagine scientifica del mondo naturale, ma a tutte le
scienze, comprese l'etica e la politica.

Queste osservazioni sull'unitarietà del metodo scientifico d'indagine portano


Bacone a sostenere la necessità che non esistano separazioni fra le diverse discipline e a
elaborare un grande progetto di enciclopedia di tutti i saperi.

L'intenzione del filosofo inglese era anche quella di scrivere una storia delle tecniche, intesa
come l'insieme dei saperi con cui costruttori, ingegneri, artigiani trasformano artificialmente
il mondo come parte integrante della storia della natura.

Inoltre per indagare con metodo la natura rivelano tutta la loro importanza gli esperimenti
condotti attraverso le arti meccaniche, che costringono la natura a rispondere alle domande
che il ricercatore le pone.

Bacone, oltre a essere uno dei primi teorici del metodo e degli obiettivi della scienza
sperimentale moderna, è anche un autore paradigmatico per definire il particolare modo di
intendere il rapporto fra uomo e natura proprio di questa tradizione scientifica.
L’obiettivo della scienza sperimentale secentesca non è quello di contemplare il mondo,
bensì quello di trasformarlo e porlo al servizio dell'uomo.
Il fine della conoscenza scientifica non è vana curiosità, ma la ricerca dell'utile; a questo
proposito basti pensare alle conseguenze epocali delle scoperte che hanno portato ad
esempio a un vaccino o all'invenzione di un antibiotico.
La natura è dunque costretta con l'astuzia a svelare i suoi segreti in vista dell'utile, e
attraverso la scienza e la tecnica l'uomo rivendica il suo potere e il suo diritto di
dominazione sulla natura. L'indagine scientifica è descritta da Bacone come una «grande
rivendicazione», con cui il genere umano tenta - non con arroganza, ma con umiltà (Bacone
dice «in ginocchio») - di «recuperare i suoi diritti sulla natura».

Tuttavia Bacone è perfettamente consapevole che la tecnologia non è uno strumento neutro
e sottolinea con estrema lucidità l'ambivalenza del progresso scientifico e tecnologico: da un
lato ad esso si deve il miglioramento dell'esistenza degli uomini, dall'altro può essere
strumento di morte, come nel caso delle macchine belliche. Tuttavia là dove le arti
meccaniche provocano il male, possono anche procurare il rimedio.

Il fine della scienza non deve essere né mero appagamento personale, né rivalità o disprezzo
degli altri, né desiderio di ricchezza o potenza, ma «il bene e l'utilità per la vita stessa»,
l'utile per il genere umano nel suo complesso, il «bene comune». Il criterio che deve
orientare la scienza a l'antropofilia, un amore per il genere umano che Bacone descrive
come «spirito di carità».

Bacone auspica quindi un'autoregolazione morale autonoma della ricerca scientifica in una
netta separazione fra politica e scienza.

La Nuova Atlantide è uno scritto utopistico incompiuto, pubblicato postumo nel 1627. si
tratta di un'opera di utopia scientifica o in cui Bacone non intende infatti descrivere una
società caratterizzata da benessere e ricchezza grazie alla cura per il progresso scientifico e
tecnologico autoregolato da una profonda moralità.

Nella finzione narrativa la società di Bensalem è descritta dal comandante della nave che ha
fatto naufragio presso le coste dell'isola. I naufraghi sono soccorsi dagli isolani e la loro
sensazione è immediatamente di essere arrivati in «una terra di angeli», la cui vita è mossa,
sotto ogni aspetto, da pietà, umanità e sobrietà.
Viene narrato loro come gli abitanti di Bensalem abbiano conosciuto la rivelazione cristiana
e come in seguito abbiano scelto l'autoisolamento dal resto del mondo.
Questa scelta risale all'antico re Solamone (nome volutamente alterato da Bacone per
evocare il biblico Salomone), che gli isolani considerano il loro legislatore origina-
rio, continuando ad attenersi alle regole che egli aveva dato.

Gli scienziati conducono i loro esperimenti negli ambiti più disparati, secondo il metodo
graduale e progressivo di osservazione sperimentale e interpretazione
descritto nel Novum organum.

Bacone intende così descrivere come possa essere una società futura in cui il sapere
scientifico e tecnologico garantisca agli uomini felicità e prosperità. La scienza ben fondata
non solo è capace di autoregolarsi indipendentemente da vincoli di natura politica, ma ha
anche un rapporto non conflittuale con la fede religiosa (non è secondario questo auspicio di
Bacone pochi anni prima del processo di Galileo Galilei). Infatti gli abitanti di Bensalem
non solo hanno conosciuto la rivelazione cristiana, ma, grazie al loro isolamento, hanno
conservato il senso autentico del messaggio divino, che invita alla carità e a ripristinare,
attraverso il progresso, il potere dell'uomo sulla natura, perduto con il peccato originale.

La società utopistica della Nuova Atlantide in realtà indica la via per una riforma radicale
nel modo di guidare e amministrare il sapere da parte delle istituzioni, obiettivo che Bacone
non relega soltanto nelle pagine di descrizione di Bensalem; per tutta la vita infatti egli tenta
di coinvolgere le autorità nel suo progetto di riforma del sapere da cui sarebbe dipeso il
benessere dell'intera comunità.
Bacone auspica infatti la nascita di nuove istituzioni culturali basate sul nuovo metodo di
ricerca al fine di inventare e promuovere nuove scoperte. Del resto la Royal so-ciety, che
nasce nel 1662, sarà esplicitamente ispirata al progetto scientifico di Bacone
Le caratteristiche dell'uomo
di scienza
Dalle opere di Bacone infine è possibile trarre una descrizione delle caratteristiche del
nuovo sapiente, che contribuiranno a tratteggiare la figura dello scienziato moderno.
Innanzitutto per poter sperare in un maggior numero di risultati è necessario che si
dedichino alla ricerca degli «scopritori di professione». Il lavoro dello scienziato dovrà poi
essere condotto con umiltà, necessaria per mettere da parte la superbia dell'intelletto
compiaciuto dei grandi sistemi che ha prodotto senza nessuna attinenza con la verità
sperimentale; le ricerche vanno condotte «con modestia» e «nel mon-do». Inoltre lo
scienziato non dovrà disdegnare le cose più piccole e apparentemente insignificanti; non
dovrà dunque dare nulla per scontato, ritornando bambino al cospetto del mondo. Il lavoro
dello scopritore di professione dovrà anche essere paziente e rigoroso nel seguire il metodo,
che prevede «una grande e continua variazione di esperimenti» con cui interrogare la natura;
coloro che sono dediti a questo tipo di occupazione «alternano l'inazione a una frenetica
attività» e, nella ricerca di qualcos'altro da scoprire, alternano l'entusiasmo per un obiettivo
raggiunto allo smarrimento provocato invece da un'aspettativa delusa. Infine lo scienziato
non deve lavorare per lucro né per vanità; il fine della sua ricerca deve essere l'ambizione
l'utilità del genere umano, il benessere più ampio e condiviso possibile.

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