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CAPITOLO 1 - EPISTEMOLOGIA E STORIA

1. GLI INIZI LE TRADIZIONI E I METODI


La psicologia come disciplina accademica è comparsa negli ultimi anni dell’800.

Il razionalismo seicentesco e l’illuminismo settecentesco prepararono il terreno alla


nascita di una psicologia autonoma e Cartesio è uno dei punti di partenza del
ragionamento sulla mente.

Si può tracciare anche un secondo punto in quella che è la nascita della


psicologia, cioè la seconda metà dell’800 in cui cominciano ad apparire i primi
metodi della ricerca psicologica, insegnamenti universitari e un riconoscimento
sociale della stessa che va staccandosi come materia autonoma e distinta dalle
altre.

Prima della seconda metà dell’800 nessuno aveva sfidato i dogmi antipsicologici,
in particolare quelli di Kant, che affermava che non fosse possibile applicare la
matematica nello studio psicologico e che l’oggetto si identificava con il soggetto
conoscente.

Comte argomentava contro la psicologia ritenendo che essa non potesse essere
considerata una scienza, al contrario poteva essere considerata tale la frenologia.

La frenologia
Si era sviluppata con il lavoro del medico Franz Joseph Gall sul finire del 700.

Gall creò una teoria secondo la quale il cervello era composto da diversi organi,
ognuno dei quali svolgeva una funzione psicologica differente.

A ogni zona del cranio corrispondeva un organo del cervello e una facoltà mentale
che se esercitata produceva una bozza cranica sul teschio mentre se non
esercitata prevedeva una depressione sul cranio.

Tale pratica avrebbe permesso di comprendere il carattere delle persone e veniva


chiamata organologia da Kant e che fu divulgata invece come frenologia.

Psicologia come scienza positiva


La ricerca delle qualità morali dell’uomo nel corso del tempo ha utilizzato varie
tecniche, inizialmente con Gall si utilizzarono le indagini cronologiche e
frenologiche che però risultarono fallaci, vennero inventati i test, poi si analizzò
solo il comportamento visibile e infine oggi vengono registrate le attività
elettromagnetiche di specifiche zone del cervello, così come si forniscono
immagini attraverso l'imaging neurologico (ad esempio la risonanza magnetica).

Come le altre scienze la psicologia aveva bisogno di immagini per essere


considerata una scienza positiva.

Gall mise in atto una serie di metodologie di studio del cranio che ebbero fortuna
fino ai primi anni del 900, palpazioni, misurazioni e mappe frenologiche.

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La frenologia si occupava anche delle questioni psicologiche secondo la logica per
cui la mente aveva sede nel cervello e questo piaceva ai positivisti ortodossi come
Comte.

A Gall si riconosce un ruolo di studioso dell’anatomia del cervello, uno dei primi ad
aver distinto sistema nervoso centrale e midollo, materia grigia e sostanza bianca,
ad aver fornito una concezione localizzazionista dell’anatomia del cervello.

Paul Broca, sulla scia della frenologia, nel 1861 comunicò alla società di
antropologia di Parigi di aver scoperto che nell’emisfero cerebrale sinistro si
trovava l’area della parola.

I nuovi positivisti
Nel cuore dell’Europa alla fine dell’800 una nuova generazione di positivisti era
pronta a fondare una psicologia scientifica autonoma.

Kurt Danziger, uno dei maggiori innovatori della storia della psicologia, ha
fortemente sostenuto una discontinuità tra la filosofia psicologica e la psicologia
venutasi a creare nella seconda metà dell’800 ritenendo dunque possibile parlare
di storia della psicologia dalla seconda metà dell’800.

Prime opere e riviste scientifiche


Nel 1870 vennero stampati:

La psychologie anglaise contemporaine di Théodule Armand Ribiot;

L’intelligence di Hyppolite Taine;

Psicologia come scienza positiva di Roberto Ardigò;

Nel 1874:

La psicologia dal punto di vista empirico di Franz Brentano;

Fondamenti di psicologia fisiologica di Wilhelm Wundt;

Nel 1876 vennero pubblicate le prime riviste scientifiche:

Mind, in Inghilterra;

Revue Philosophique, in Francia.

Nel 1879 venne fondato il laboratorio di psicologia di Lipsia da parte di Wundt.

Ribiot fu uno dei primi a rivendicare un ruolo autonomo alla psicologia


sperimentale; “De l’intelligence" di Taine viene considerata una delle opere portanti
della psicologia francese; in Italia invece Aridigò fece un tentativo di rielaborazione
dei modelli di ricerca della psicologia che si staccassero dai metodi della filosofia.

In questo contesto Brentano e Wundt sono stati considerati i maggiori psicologi


tedeschi dell’800, il primo formò tutti coloro che plasmavano la propria indagine
sul metodo fenomenologico, il secondo divenne il più celebre pioniere della
psicologia sperimentale.

A partire dal 1879 il laboratorio di Wundt promosse la psicologia come disciplina


accademica riscuotendo un grandissimo successo.

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La nuova “nascita” accademica della psicologia
Il decennio 1870-1880 vide una serie di eventi storici che favorirono direttamente
la nuova nascita accademica della psicologia.

Sono infatti gli anni della ridefinizione delle grandi nazioni europee che videro
anche lo sviluppo delle scienze sociali e del comportamento.

Questo avvenne nel contesto dell’unificazione tedesca, l’annessione di Roma al


nuovo regno d’Italia, della nascita della terza repubblica in Francia e l’ampliamento
della base elettorale in Inghilterra.

Ridefinizione delle istituzioni e della formazione universitaria


La riorganizzazione degli stati europei portò con se anche una riorganizzazione del
sistema delle istituzioni e della formazione universitaria.

I sistemi sanitari, giudiziari e sopratutto educativi divennero il fulcro dei nuovi stati
che miravano a plasmare dei nuovi cittadini con valori delle differenti culture
nazionali.

L’informazione era libera e le ricerche viaggiavano da stato a stato.

2. LA TRADIZIONE TEDESCA. EPISTEMOLOGIA E SPERIMENTAZIONE


Christian Wolff e la tradizione tedesca
Christian Wolff fu il più rilevante precursore della tradizione moderna della
psicologia tedesca.

Wolff nel suo sistema metafisico sistematizzò una psicologia razionale fondata
sulla conoscenza a priori e una psicologia empirica che si sarebbe dovuta fondare
sull’esperienza.

Scrisse due volumi dedicati alle sue due psicologie:

La psicologia razionale: riguardante la facoltà dell’anima

La psicologia empirica: descriveva una scienza in grado di studiare fatti di


conoscenza specifici come le sensazioni, le percezioni e i sogni diffondendo l’idea
di una gradazione dei fatti percettivi che poteva condurre ad una psicometria,
ovvero un dominio particolare che forniva una descrizione matematica e gemotrica
dei fatti psicologici.

I precursori di Wundt

Fra i precursori di Wundt che si battevano contro le teorie Kantiane


sull’applicazione della matematica in psicologia c’erano Johann Friedrich Herbart e
Gustav Theodor Fechner.

Herbart fu sostenitore di una concezione della psicologia come scienza autonoma


fondata sulla misurazione delle idee nella loro intensità e capacità di influenzare la
soglia della conoscenza.

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Fechner riteneva fondato lo studio dei fenomeni psicologici per mezzo di formule
che legavano la sensazione allo stimolo; dimostrò oltretutto che le sensazioni
potevano essere ordinate secondo il tempo, la loro posizione spaziale e le
rispettive grandezze intensive.

In base a ciò Fechner diede corpo ad un programma di ricerche volte alla


misurazione di variabili psicologiche con l’obbiettivo di dimostrare secondo metodi
della ricerca sperimentale l’esistenza dell’anima come sostanza distinguibile dai
fenomeni di natura fisica e chimica.

Fechner oltretutto aveva una concezione relativa al doppio aspetto del


“parallelismo psicofisico” ovvero la convinzione che ad ogni processo che si
svolge nel corpo corrispondesse un processo che si svolge nella mente.

Grazie a questi studi volti alla dimostrazione empirica di ragionamenti di natura


metafisica si realizzarono le condizioni necessarie alla fondazione della psicologia
come scienza sperimentale.

La legge Weber - Fechner


Fechner nel letto ebbe l’illuminazione sull’idea della formula matematica che
consentisse di rendere conto dei rapporti fra accrescimento dell’energia fisica e
accrescimento dell’energia mentale, di collegare stimolo a sensazione.

Da qui nasce la legge di Weber - Fechner che aveva la concezione che


accrescimenti relativi degli stimoli siano proporzionali a eguali accrescimenti delle
sensazioni.

Fechner elaborò la formula matematica: S=k log R

Dove S è l’intensità della sensazione che varia come logaritmo al variare


dell’intensità dello stimolo (R) secondo una costante (k) dipendente dal canale
sensoriale.

Gli studi di Fechner vennero contestati nel corso del tempo e fu facile però
dimostrare che questa formula non fosse valida in alcune condizioni (ad esempio
alta e bassa intensità).

Nascita e sviluppo della psicologia scientifica: i contributi scientifici


Occorre citare altri contributi scientifici che hanno avuto una grande importanza
nello sviluppo della ricerca psicologica scientifica.

Bessel fu il primo ad introdurre il concetto di “equazione personale” intendendo


la differenza di misurazione dei moti degli astri di uno specifico osservatore
rispetto ad un’altro.

Diveniva così oggetto di studio il problema dei tempi di reazione fra stimolo e
risposta.

I tempi di reazione pretendevano dunque di valutare la durata del vero e proprio


atto mentale.

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La misura del tempo
Donders ipotizzando che la differenza tra il tempo necessario per eseguire un
compito complesso e quello richiesto per un compito semplice.

Donders dette avvio alla cosiddetta psicocronometria, tecnica di ricerca


fondamentale nella tradizione della psicologia sperimentale che andò a diffondersi
come la principale corrente psicologica del 19esimo secolo.

A causa delle ambiguità su che cosa di neurologico e/o psichico si andasse a


misurare i risultati ottenuti nelle ricerche sui tempi di reazione presentarono molte
incertezze, le quali poi porteranno pian piano nel corso del 900 a far perdere alla
teoria la posizione di rilievo che aveva acquisito.

Franz Brentano

Nel 1874 formulò la sua più celebre opera, “La psicologia dal punto di vista
empirico”.

In questo scritto considerò il soggetto di un’esperienza sempre in relazione


immanente con l’oggetto esperito e chiamo tale relazione “intenzionalità”.

Per Brentano l’intenzionalità era la caratteristica fondamentale di ogni atto


psichico, da ciò si deduceva che fosse impossibile pensare ad una realtà
psicologica indagabile oggettivamente al di fuori della relazione che essa instaura
con il soggetto espriente.

Sviluppi successivi in psicologia e filosofia


Alexius von Meinong fondò nel 1894 il primo laboratorio di psicologia austriaco e
avviò la tradizione della scuola austriaca di psicologia o “teoria degli oggetti” che
studiava le configurazioni che nella percezione assumevano gli oggetti della
rappresentazione del pensiero, del sentire, del desiderare, distinguendoli in oggetti
di ordine inferiore o fondanti (ad esempio le note) e superiori e fondati (ad esempio
la melodia).

Edward B.Titchener
Avanzò una importante distinzione: tendeva a contraddistinguere la psicologia
come scienza empirica, finalizzata allo studio degli stati di coscienza e all’indagine
dell’esperienza intenzionale così come questa si presenta al soggetto e il cui
classico esempio è rappresentato dalla psicologia di Brentano.

Edwin G.Boring
Secondo Boring, per Wundt la psicologia poteva definirsi scientifica in quanto,
come la altre scienze, avrebbe potuto fondare la ricerca sul metodo sperimentale.

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Elaborato da Galileo Galilei il metodo sperimentale consiste nella dimostrazione
dell’accordo tra ipotesi teorica e l’esperienza empirica in un contesto di
misurazione del fenomeno preso in esame (esperimento).

Wundt inaugurò la nuova psicologia e ne definì i principi metodologici e teorici.

A questi dobbiamo l’importante chiarimento concettuale per cui oggetti di studio


della psicologia erano i contenuti dell’esperienza immediata del soggetto,
contrapposto agli oggetti delle scienze della natura, determinati dall’esperienza
mediata dai fenomeni.

Nell’idea wundtiana i fenomeni mentali non si riducevano a quelli fisici ma la


registrazione dei fenomeni fisiologici era metodologicamente utile per mettere in
evidenza l’esistenza dei fenomeni psichici.

Wundt e la casualità psichica


Wundt introdusse anche la nozione di “casualità psichica” applicandolo alla
psicologia di laboratorio.

Tale impostazione non riduceva quindi la menta al corpo come risultò


particolarmente evidente nella polemica che contrappose Wundt
all’empiriocriticismo materialista del collega Richard Avenarius.

Il sistema wundtiano comprendeva così una psicologia generale e fisiologica, ma


anche psicologia dei popoli e sullo sfondo psicologia animale e una psicologia
dello sviluppo.

Wundt costruì una teoria elementista della psicologia in cui le sensazioni erano i
costituenti primi che via via si associavano secondo un processo scandito da vari
processi psicologici.

La ricerca empirica di Wundt


Wundt organizzò infatti un laboratorio destinato principalmente alla formazione
universitaria di studenti di filosofia e fisiologia che si occupassero intensamente di
ricerca empirica per comprendere come funzionava la coscienza secondo pratiche
che vennero ben presto codificate da Wundt e i suoi allievi.

Titchener fu il personaggio di congiunzione gli Stati Uniti e la ricerca wundtiana.

Con Wundt iniziò una prassi tipica della ricerca in psicologia che ridefiniva il
rapporto tra sperimentatore e oggetto della ricerca con una modalità differente
rispetto a quella di tutte le altre scienze, infatti soggetto e oggetto erano
interscambiabili.

Attuò questa pratica attraverso i suoi testisti che collaboravano tra loro e potevano
essere sia sperimentatori che soggetti sperimentali per gli altri colleghi.

Proprio per opera degli allievi di Wundt tale dispositivo sperimentale si divulgò nei
laboratori caratterizzando la ricerca empirica in psicologi nel resto del mondo.

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La psicologia di Wundt: ambiguità
La psicologia di Wundt aveva delle ambiguità dovute al fatto che seppur
promotore della psicologia fisiologica egli era consapevole che la fisiologia
avrebbe potuto aiutare a conoscere solo una piccola parte dei fenomeni
psicologici.

Riconobbe infatti una grande importanza alla psicologia sociale, scrisse moltissimo
di psicologia dei popoli sostenendo che il metodo sperimentale non fosse
appropriato per studiare fenomeni psicologici diversi da quelli sensoriali e
percettivi.

Wundt inoltre rifiutava anche le applicazioni pratiche della sua psicologia e l’idea
che era fosse completamente autonoma dalla filosofia.

Si trattava dunque di costruire una psicologia della coscienza del maschio


borghese e studente universitario; chiunque avesse allarga il campo di ricerca ad
altri soggetti avrebbe commesso una sorta di parricidio contro Wundt.

Hermann Ebbinghaus
Operò indipendentemente e ribaltò la concezione della psicologia di Wundt
aprendo a pratiche di laboratorio suscettibili di applicazioni sociali.

È considerato il primo sistematico studioso di laboratorio della memoria, scopritore


della curva dell’oblio.

Nel 1897 fu anche psicologo “applicato” e sviluppò un test sulle abilità mentali dei
bambini su committente politica.

In questo test i bambini dovevano completare determinati elementi omessi in uno


stimolo; gli stimoli potevano essere verbali o non verbali (visivi).

La prova di base da cui partì era quella di un racconto a cui mancavano alcune
sillabe; dopodiché veniva estrapolato un punteggio (metodo di completamento).

Il contributo di Ebbinghaus per la misurazione dell’intelligenza derivava da un suo


tentativo di determinare l’inizio della stanchezza mentale dei bambini a scuola.

3. LA TRADIZIONE FRANCESE. IL PATOLOGICO E L’INTELLIGENZA


Franz Anton Mesmer
Era un medico tedesco che riscosse successo in Francia.

Era convinto riuscire a fondare una medicina emancipatrice attraverso la possibilità


di aromatizzare una supposta forza invisibile presente negli uomini “il magnetismo
animale”.

Tutte le malattie fisiche o psichiche derivavano da una distribuzione disarmonica


del magnetismo animale e la nuova medicina di Mesmer avrebbe ridistribuito
l’energia guarendo le malattie.

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In primo luogo egli si oppose agli esorcismi in uso nella sua epoca che avevano
come fine quello di allontanare il male dimostrando che avrebbe potuto ottenere gli
stessi effetti dell’esorcismo su una base teorica laica.

Le pratiche mesmeriche erano attuate attraverso imposizione delle mani, lo


scambio di energie “invisibili” tra medico e paziente, l’uso delle terapie di gruppo
mediante una tinozza con acqua magnetizzata.

Il mesmerismo sopravvisse fino alla morte di Mesmer tuttavia in forma fortemente


modificata.

Il magnetismo animale
L’esistenza di una forza magnetica animale non poteva essere empiricamente
dimostrata e i fenomeni di trance che si sviluppavano nel corso delle terapie
magnetiche non erano la prova dell’esistenza di questa forza.

Il magnetismo animale fu relegato alle pseudoscienze ed ebbe una riscoperta solo


quando la psicologia francese iniziò a muovere i primi passi fondandosi sul
metodo patologico.

Presupposti della ricerca psicologica francese


Le fonti e gli orientamenti della prima psicologia francese si identificarono nella
concezione di Ribot; gli voleva costruire una psicologia che superasse i limiti
dell’approccio wundtiano.

Erano due le tematiche che costruirono i presupposti più generali della ricerca
psicologica francese:

1. Indagine psicofisiologica ispirata all’evoluzionismo e all’empirismo francese e


tedesco.

2. Uso della patologia come fondamento metodologia dello sperimentalismo in


psicologia.

La psicologia patologica di Ribot


La psicologia di Ribot si distinse per essere inizialmente sperimentale e
successivamente patologica secondo una concezione della malattia come
esperimento fornito dalla natura che consentiva allo sperimentare di indagare
aspetti della vita psichica non altrimenti evidenziabili.

Si trattava di ricostruire indirettamente il funzionamento normale della mente, sia


sottoporre i soggetti malati a esperienze clinico-diagnostiche e sopratutto
“ipnosuggestive”.

Per Ribot i fenomeni mentali erano sottoposti ad una legge evolutiva generale per
cui da semplici diventavano complessi; ad esempio i fenomeni sensoriali e reattivi
semplici evolvevano processi mentali superiori (memorie, cognizioni, emozioni
complesse).

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La malattia produceva una regressione di ciò che si era sviluppato.

Il modello evoluzionistico
In Francia la nascente psicologia si fondò anche su quello che Foucault chiamò
modello evoluzionistico.

L’idea era quella di un individuo che veniva descritto da un lato nei termini di un
processo continuo di differenziazione e di espansione (unicellulare-pluricellulare-
associazione agli individui di una società).

Dall’altro si riteneva che la mente fosse organizzata gerarchicamente, secondo un


movimento evolutivo d’integrazione dal semplice al complesso, dallo stabile
all’instabile.

Il magnetismo

Durante la seconda metà del 19esimo secolo in Francia si riscopriva il


magnetismo, che ripulito dalla teoria fluidica, venne ridefinito come ipnosi o
sonnambulismo provocato e utilizzato come tecnica sperimentale privilegiata per
studiare i pazienti affetti da isteria.

La concezione dei ricercatori era quella di avere davanti a se un soggetto posto in


immobilizzazione o letargia da poter vivisezionare in ambito psicologico e indagato
mediante la stessa situazione ipnotica.

Binet e Janet
Negli ultimi trent’anni anni dell’800 la psicologia francese si radicò per opera di due
personaggi: Pierre Janet e Alfred Binet.

Binet fu prima giurista, poi biologo, e si avvicinò alla psicologia leggendo classici
inglesi e francesi.

Janet studiò prima filosofia e poi medicina, diventando infine psicologo.

Charcot
Principale neurologo parigino famoso in Europa per le sue indagini sulle malattie
neurologiche a partire dalla descrizione dei sintomi fino alla ricerca delle lesioni
celebrali a loro correlate, mediante analisi post mortem del cervello dei pazienti.

Charcot tentò di classificare le isteriche per sintomi e per fasi come se fosse stata
una vera e propria malattia neurologica.

La personalità nella teorizzazione janetiana


La personalità risultava una costruzione psicologica composta da livelli variabili di
coscienza, tendenze ed energie che nella malattia si disaggregavano.

Le alterazioni della personalità venivano considerate come una prova empirica


della complessità e dei livelli della persona e della coscienza.

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Le malattie disaggregavano e impoverivano la coscienza che in una situazione
normale funzionava in maniera unitaria.

Personalità come esito di una sintesi


Janet sosteneva invece una teoria costruttivista per cui la personalità era l’esito di
una sintesi, di una elaborazione e assimilazione di esperienze e funzioni
psicologiche.

La psicoterapia di Janet mirava a portare gli individui a sintetizzare elementi ed


esperienze psicologiche che nella patologia funzionavano in maniera disaggregata.

Il test di Binet
Nel 1899 giunsero nel laboratorio di Binet, Theodor Simon e Henri Piéron.

Simon e Binet collaborarono nell’indagine di quei fenomeni che portarono a


formulare il primo test capace di misurare le facoltà psicologiche superiori
(memorie, rappresentazione, ideazione, logica, capacità matematiche e
linguistiche).

Binet promosse le prime classi di perfezionamento, differenziate per sesso e


annesse alla scuole elementari pubbliche destinate ai bambini dai 6 ai 13 anni.

Cercò di formulare un metodo di misurazione sulla base di un’indagine diretta con


domande ai bambini che implicavano il ragionamento oppure il completamento di
figure o testi (come abbiamo già visto da Ebbinghaus).

Il criterio di selezione fu quello di considerare anormali i bambini che non si


adattavano all’insegnamento e alla disciplina di una scuola ordinaria.

I candidati alle classi di perfezionamento secondo Binet dovevano presentare un


ritardo intellettuale di almeno due anni.

Il progetto solidarista di Bourgeois


Bourgeois fu uno dei massimi esponenti del progetto solidarista; egli fu ministro di
numerosi governi, presidente della camera dei deputati e titolare di diversi
ministeri.

Al viraggio verso le applicazioni psicologiche di Binet corrispose quindi un preciso


periodo storico, caratterizzato dal consolidamento istituzionale della terza
repubblica e dall’ascesa al potere in Francia della sinistra radical-socialista.

Le leggi Ferry
Sulla base della dottrina del solidarismo si tentò di attuare le leggi Ferry, sulla
gratuità, l’obbligatorietà e la laicità dell’istruzione primaria per i bambini dai 6 ai 13
anni.

Con il governo Combes la dottrina solidarista e anticlericale divenne la dottrina


ufficiale della repubblica.

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Binet trovò dunque una grande legittimazione dei suoi lavori e partecipò ai lavori
della commissione Bourgeois.

L’idea che i bambini anormali potessero essere aiutati tramite l’educazione


riscosse grande successo all’inizio del 900.

Uno dei casi più famosi fu quello di Victor, un bambino cresciuto nella foresta che
venne aiutato tramite tecniche psicopedagogiche.

Le classi differenziali
Nel 1906 Binet ottenne la possibilità di attivare a titolo sperimentale alcune classi
speciali (o differenziali) per aiutare i meno fortunati ad avere un educazione
specializzata.

Negli anni a seguire questo progetto venne abbandonato perché emarginava e


concentrava i casi più difficili che avrebbero potuto ottenere un miglioramento solo
stando a contatto con i bambini più fortunati in classe miste.

Evoluzionismo trasformista
La convinzione di Binet si fondava su un evoluzionismo trasformista in cui la
cooperazione per la vita sostituiva la lotta per la vita che invece era il credo di
alcuni darwinisti radicali inglesi.

La riformulazione delle leggi dell’evoluzione in termini solidarismi corrispose ad


una concezione neolamarckiana.

La società era considerata un’associazione di individui e l’individualismo era


considerato immorale, e la vita biologica stessa che per sua natura sarebbe
solidale, imponeva allo stato il diritto di attenuare i mali della concorrenza fra
individui.

Gli scienziati neolamarckiani costruirono una sorta di lobby per il trionfo pubblico
dello sperimentalismo scientifico francese e imposero una concezione trasformista
in ambito naturalistico.

Il trasformismo rappresentò dunque un principio cardine del naturalismo nella terza


repubblica.

Binet riteneva che lo sviluppo del bambino anormale seguisse degli andamenti
irregolari e parziali che non escludevano però la possibilità di sopperire alcune
funzioni psicologiche deficitarie con altre meno sviluppate.

Binet ipotizzò che un insegnamento speciale avrebbe meglio aiutato i bambini


problematici a progredire nei loro studi.

La teoria dell’educabilità dell’intelligenza


La nozione di educabilità e il trasformismo rappresentavano la via ottimistica di
quanti ritenevano la psicologia in grado di intervenire per migliorare le sorti
individuali e tramandare questi miglioramenti di generazione in generazione.

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Il test di Binet e i suoi usi successivi
Alla morte di Binet il suo test venne usato dagli statunitensi per testare la grande
massa di immigrati provenienti dall’Europa.

Qui si fece largo la convinzione che il test d’intelligenza fosse uno strumento
tecnologico per la difesa sociale.

Da questo test venne estrapolato un punteggio generale di intelligenza, il


quoziente intellettivo, che fu usato per valutare le caratteristiche intellettive
individuali.

4. LA TRADIZIONE INGLESE. EVOLUZIONISMO, CORRELAZIONI ED


EUGENETICA
Studi inglesi tra 700 e 800
Filosofi inglesi e scozzesi pubblicano in questo periodo moltissimi lavori di
interesse psicologico.

Alcuni scozzesi settecenteschi si occuparono delle facoltà morali.

La scuola anglosassone più tardi si distinse per trattare le questioni psicologiche


insieme ai problemi politici, logici, economici; inoltre possono esser considerati i
padri del liberalismo e fondatori del diritto moderno.

L’associazionismo
A partire da David Hartley tutti coloro che trattavano la psicologia sostenevano che
fosse possibile una psicologia autonoma, questi psicologi trattavano temi della
percezione sensoriale, la coscienza, le associazioni delle idee.

Charles Darwin
Ebbe una grande influenza sulla psicologia anglosassone.

Diffuse l’idea che l’evoluzione umana andava trattata in modo identico


all’evoluzione delle altre specie animali.

L’origine della specie e l’evoluzione naturale

In origin of the species era contenuta l’idea fondamentale che la selezione naturale
premiava quelle caratteristiche ereditarie che avevano una maggiore probabilità di
essere adattative.

A questa idea di base agganciò poi la teoria della pangenesi; per lui erano
ereditate dai figli ai genitori delle gemmule che risentivano dell’esperienza
genitoriale e che potevano essere più o meno adattative.

Francis Galton
Cugino di Darwin, stressò un’idea essenzialista degli individui inscrivendoli in
insiemi omogenei sulla base della misure della media statistica di certi caratteri, da
quelli fisici a quelli psicologici elementari.

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Le caratteristiche erano stabili e acquisite da una generazione all’altra e potevano
essere adattive o disadatti, desiderabili o indesiderabili, inferiori o superiori.

I neodarwinisti come Galton ritenevano che la trasmissione genetica fosse dovuta


a della potenzialità innate, delle essenze presenti nelle caratteristiche genetiche
individuali che si adattavano o non si adattavano alle vicissitudini della vita, ma
non venivano modificate come nel trasformismo.

L’uso della statistica in psicologia


L’indagine differenziale degli individui in base alla media e agli scostamenti dalla
media divenne un modo per comprendere quali caratteristiche dovesse possedere
l’uomo per avere più possibilità di sopravvivenza.

Nacque così la psicometria.

Galton perseguì con veemenza l’idea che occorresse favorire la sezione umana,
trasformarla da naturale ad artificiale in modo da promuovere una nuova
generazione di individui.

L’eugenetica
Per fare ciò Galton inventò l’eugenetica intesa come una pratica per migliorare il
genere umano, fondata sulla conoscenza per mezzo delle misurazioni di quelle
caratteristiche utili al perfezionamento genetico.

Compito dello scienziato sarebbe stato la promozione di quei caratteri adattativi


propri degli individui considerati superiori(eugenetica positiva) e ostacolare quei
caratteri negativi che invece avrebbero dovuto essere socialmente controllati o
eliminati (eugenetica negativa).

Dalton scrisse addirittura un romanzo di storico su una futura società ideali fondata
sull’eugenetica “Kantsaywhere” (non so dire dove ,oppure, Kant indicare dove).

Un luogo fondato sulla valutazione e test in cui ai cittadini ,misurati in un college


che aveva il comando sulla città, venivano rilasciati diplomi con il punteggio su vari
capacità e qualità psicologiche, estetiche e antropometriche.

In base al voto aggiunto gli abitanti potevano rifornirsi in maniera graduale, dal
massimo grado di libertà per i migliori fino i peggiori che dovevano vivere in
astinenza e ai lavori forzati in colonie.

L’apostolo della quantificazione


Galton venne definito apostolo della quantificazione per l’approccio finalizzato a
contare le frequenze per evidenziare come i fenomeni umani rientrassero nel più
ampio dominio dei fenomeni naturali.

La psicologia da lui ha acquisito i principi per cui i fenomeni mentali possono


essere categorizzati mediante conteggio delle frequenze di qualità fisiche e
psicologiche.

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Galton poi assimilò il lavoro di Adolphe Quetelet che aveva applicato la statistica
allo studio delle misure antropometriche dei militari constatando che l’altezza e la
circonferenza del torace corrispondevano alla distribuzione a campana dei
fenomeni naturali.

La distribuzione normale e la misura delle frequenze


Si trattava di una distribuzione probabilistica in cui su un piano geometrico era
possibile rappresentare le frequenze dei fenomeni constatando che in natura alcuni
fenomeni si addensano con una frequenza maggiore intorno alle misure medie.

Galton applicò la curva gaussiana alle misure antropometriche ma anche ai fatti


senso-motori.

Per la prima volta la psicologia poteva dotarsi di un apparato di misurazione


basato sulla statistica della normalità e dell’anormalità.

La sperimentazione galtoniana
La sperimentazione si postava su un piano per cui si cercavano medie presenti in
campioni rappresentativi di individui che rientravano nel conteggio per calcolare il
benchmark e la normalità.

I partecipanti dovevano pagare 3 penny per poter essere catalogati e da questo


ottenevano una cartella con informazioni per loro irrilevanti ma importanti per gli
sperimentatori.

Lo studio dell’intelligenza e il suo uso in ambito eugenetico


Il test di Binet venne utilizzato dagli americani a scopi eugenetici e la tradizione
galtonnana stravolse il lavoro del francese.

Gli psicometristi ridussero le misure del test originario al quoziente intellettivo.

Credevano che il punteggio del QI ereditato fissasse persone e gruppi a uno stato
di vita inevitabile.

I pionieri dell’eugenetica
Si autorappresentavano comedei benefattori dell’umanità che si limitavano ad
applicare pratiche giustificate da quelle che ritenevano delle differenze
inconfutabili.

Molti fra questi pionieri erano americani e condussero studi per dimostrare che gli
immigrati europei erano deboli di mente, tramite risultati ottenuti vennero avanzata
richieste di sterilizzazione.

La concezione innatista e le posizioni ideologiche


Cyrill L.Brut divenne famoso per aver falsificato i dati dei suoi studi sui gemelli al
fine di sostenere tesi innatiste.

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Eysenck e Jensen sostennero l’esistenza di un’intelligenza generale geneticamente
determinata e che la media del QI delle popolazioni afro-americane fosse
significativamente inferiore alla media dei bianchi.

Il razzismo scientifico

L'uso dell’eugenetica galtoniana portò a un approccio tipologico che ha


conseguentemente fondato il razzismo scientifico.

Alcuni eugenisti furono in tal senso aperti promotori del razzismo scientifico, ad
esempio Charles Davenport favorì l’eugenetica negativa negli Stati Uniti e
collaborò con medici nazisti.

I medici e biologi nazisti dunque si ispirarono anche a una serie di biologi e


psicometristi anglosassoni e negli anni 40 attuarono anche operazioni come la
Aktion T4 mirate allo sterminio di massa, non solo degli ebrei ma anche di chi
soffriva di handicap mentali o fisici.

Per giunta dopo la guerra in alcuni paesi americani e in Svezia, fino al 1976, si
continuarono ad attuare programmi governativi per sterilizzare individui con
diagnosi psichiatriche o di ritardo mentale.


15
CAPITOLO 2 - IL RADICAMENTO DELLE RICERCHE PSICOLOGICHE

1. LA GESTALT
L’approccio di Brentano
Portò alla fondazione di varie prospettive psicologiche e filosofiche, in quest’ottica
occorreva studiare i fenomeni psichici in modo unitario secondo le forme che essi
assumevano e non come se fossero la sommatoria di dati psicologici semplici.

La Gestalt divenne una creatura complessa della repubblica di Weimar, fonte di


ispirazione culturale per tutta la psicologia del centro Europa.

Il metodo fenomenologico
I gestaltisti studiavano i fenomeni psichici con l’idea che la percezione fosse la
funzione principale dell’attività psichica e che il metodo fenomenologico della
tradizione brentaniana fosse il metodo principale della psicologia; con questo
metodo il soggetto conosceva l’oggetto della propria percezione in maniera
diretta.

Fenomeno phi
Nel 1912 in “Studi sperimentali sulla percezione del movimento” Max Wertheimer
chiamò fenomeno phi il movimento apparente secondo cui, illuminati due punti in
un tempo ottimale e successivo, il partecipante non li percepiva più come statici
ma in movimento.

Se il tempo era lento i puntini erano percepiti in luoghi diversi nello spazio, durante
un tempo ottimale di esposizione invece erano percepiti in movimento, se invece
l’esposizione fosse stata troppo veloce i puntini si illuminavano
contemporaneamente e la percezione del movimento veniva perduta.

Da qui Wertheimer descrisse le leggi di base secondo cui si costruiscono le forme


della percezione (vicinanza, somiglianza, destino comune…)

Gli altri gestaltisti


Kurt Koffka: Principi della ricerca secondo i presupposti teorici della Gestalt.

Kohler: Elaborò la nozione di insight (intuizione) attraverso una sperimentazione


con delle scimmie che avrebbero dovuto utilizzare la creatività aiutandosi con
bastoni e scatole intorno a loro per potersi nutrire arrivando alla banana.

Teoria dell’isomorfismo: Alle strutturazioni delle forme psicologiche


corrispondono strutturazioni di forme fisiologiche.

L’avvento del nazismo


Il mondo cambiò radicalmente con l’avvento del nazismo e molti gestaltisti
subirono una persecuzione poiché molti di loro erano ebrei.

16
La Gestalt e la cultura comportamentista
Emigrati negli Stati Uniti i gestaltisti influenzarono la cultura comportamentista, su
tutti Kurt Lewin.

È noto per aver sviluppato una teoria del campo psicologico in cui fosse possibile
und discorso scientifico sull’individualità alternativo alla mera indagine sul
comportamento o sui tratti del carattere.

In uno dei tanti saggi che scrisse (il conflitto tra una concezione aristotelica ed una
concezione galileiana nella psicologia contemporanea) Lewin suggerì che la
psicologia sarebbe dovuta passare da un concetto di ricerca aristotelico a uno
galileiano.

L’approccio aristotelico infatti non riusciva a cogliere l’unicità del caso individuale,
l’analisi era fondata sulla loro frequenza e sull’inclusione in insiemi; l’approccio
galileiano invece proponeva un’indagine metodica del singolo caso che portava
all’elaborazione di una teoria capace di spiegare l’evento unico.

Lewin criticava la psicometria perché incapace di offrire una vera conoscenza


scientifica.

L’approccio topologico
Nel suo volume “Principi di psicologia topologica” Lewin sostenne anche che
l’opposizione universale contro individuale poteva essere superata.

Una volta ipotizzato che il singolo evento sia esso stesso regolato da una legge,
l’evidenza scientifica poteva essere ricavata da casi puri e concreti e non dalla
media di un gran numero di misurazioni.

Casualità storica e sistematica


Dal punto di vista della logica galileiana sarebbe stato possibile far risalire la
spiegazione degli eventi sia ad una casualità storica sia a una sistematica.

Secondo la prima le scoperte erano finalizzate a rintracciare in una peculiare


connessione di eventi la determinazione storica; per la casualità sistematica invece
la spiegazione della realtà poteva essere ottenuta rintracciando quelle leggi
generali che regolano il funzionamento dei suoi singoli elementi.

L’elaborazione di dati sperimentali


In Lewin diventava centrale l’elaborazione di esperimenti ideali secondo i quali i
singoli casi erano costruiti e costruivano il campo dinamico in cui agivano.

L’analisi delle correlazioni tra variabili e l’analisi fattoriale dovevano essere


considerate descrittive.

Eran necessario passare dalle semplici operazioni aritmetiche sui dati allo studio
delle funzioni dinamiche e delle trasformazioni pragmatiche.

17
Occorreva auspicare una transizione da una fase descrittiva a una fase dinamica
con la conseguente formulazione di nuovi costrutti matematici.

L’evoluzione della struttura dinamica della


personalità (pag 36-37-38) DA FINIRE
2. LA PSICOANALISI FRA CONSERVAZIONE E PROGRESSO
La psicoanalisi per Freud
La psicoanalisi avrebbe dovuto essere sostanzialmente una teoria psicologica
generale, con un suo metodo caratteristico, e una forma di psicoterapia.

Freud e i suoi studi


Freud si era preparato studiando i fisiologi tedeschi, era un determinista tardo-
positivista.

Da neurologo muove i suoi primi passi occupandosi di isteria.

Il passaggio a Parigi lo distanziò dalla formazione tedesca, in Francia conobbe


approfonditamente sia l’aspetto applicativo che metodologico dell’uso dell’ipnosi.

Freud si formò così nel clima pionieristico degli ipnotismi di fine 800.

Primi passi nell’ipnoterapia


A Vienna Freud iniziò a lavorare Josef Breuer, che gli presentò il caso di Anna O.
(pseudonimo di Bretha Pappenheim) che mostrava paralisi e altri disturbi che
apparivano di natura non organica ma psichica.

Freud e Breuer idearono il metodo catartico.

Freud dal canto suo elaborò invece il meccanico dell’aberrazione come talking
cure.

La paziente così riviveva quegli stati affettivi che erano legati ai ricordi di particolari
momenti nel proprio passato in cui l’emotività non era riuscita ad esprimersi.

L’aberazione serviva alla paziente per liberare l’emotività che era stata rimossa.

L’interpretazione dei sogni


La vera e propria psicoanalisi ebbe inizio quando Freud analizzò i propri sogni
sottoponendosi ad una autoanalisi contenuta in forma anonima ne
“l’interpretazione dei sogni”.

Durante i sogni secondo Freud venivano elaborati i processi percettivi interni senza
una via motoria di soddisfacimento; essi trovavano una parziale soddisfazione
allucinatoria con il sogno che era prodotto da un lavoro onirico che determinava un

18
contenuto manifesto del sogno (il ricordo del sognatore) ma che nascondeva un
contenuto latente.

Una serie di processi (condensazione, spostamento, raffigurazione,


simbolizzazione) descritti nel capitolo 6 de l’interpretazione dei sogni
trasformavano il contenuto latente nel contenuto manifesto (lavoro onirico).

L’analista doveva risalire al contenuto latente del sogno mediante interpretazione


delle libere associazioni sul contenuto manifesto.

Il primo modello di mente


Nel capitolo 7 Freud presenta un primo modello di mente costituito da un sistema
inconscio, preconscio e dalla coscienza, in grado di elaborare i processi
psicologici dal percezione all’azione.

Il complesso di Edipo
Il complesso di Edipo è il rifiuto inconscio che il bambino sperimenta nei confronti
del genitore dello stesso sesso (il padre per un figlio maschio o la madre per una
figlia), associata all'attrazione per il genitore di sesso opposto (la madre per un
figlio maschio o il padre per una figlia).

L'espressione "complesso edipico" ha origine dalla tematica suggerita dalla


leggenda di Edipo, eroe della mitologia greca ed ignaro delle proprie origini,
destinato dal Fato ad uccidere inconsapevolmente il padre Laio, da cui era stato
abbandonato alla nascita. Dopo varie peripezie, Edipo sposa la madre Giocasta,
senza conoscere la vera identità della donna, avviando così un rapporto
incestuoso.

La classificazione dei fenomeni


Freud attraverso la classificazione dei fenomeni, raccoglieva fatti, elaborava teorie
e modelli dei fenomeni psichici che esplorava, autocorreggendosi di fronte a nuove
evidenze.

La teoria dell’inconscio
L'episodio della falsa memoria
Nel 1898 durante un viaggio in Dalmazia ricordava Botticelli e Boltraffio al posto di
Signorelli e cercava di chiarire il motivo dell’impossibilità di ricordare Signorelli.

Freud riuscì a collegare il nome di Signorelli a contenuti che riguardavano la morte


e la sessualità; per questo motivo Signorelli era stato dimenticato e sostiuito da
Botticelli e Boltraffio, nomi più neutri che invece facevano riferimento ai luoghi che
Freud stava visitando nel suo viaggio del 1898 quando avvenne l’episodio della
falsa memoria.

19
Il determinismo
Questo atteggiamento analitico era tipico dell’impostazione freudiana e nel
12esimo capitolo della “psicopatologia della vita quotidiana” era definito come
determinismo.

Le cause mentali erano le più interessanti per comprendere come agiva l’inconscio
per determinare il comportamento.

I tre saggi fondamentali


Nel 1905 furono stampati 3 saggi fondamentali per opera di Freud:

- Frammento di un’analisi di isteria: Freud articolava un discorso sul transfert


che era considerato quel fenomeno di traslazione degli affetti infantili sulla
terapia da analizzare e gestire ai fini del buon esito della cura.

- Motto di spirito: Freud cercava di comprendere le battute, arguzie, comicità,


utilizzando la tecnica analitica.

- I tre saggi sulla teoria sessuale: Fecero scalpore perché per la prima volta
veniva attribuita una sessualità che c’era fin dalla nascita che partiva da una
situazione pregenitale e crescendo per fasi (anale, orale, fallica, latenza, genitale)
si sarebbe disciplinata in età adulta.

Le pulsioni
In questi scritti Freud presentava un modello delle pulsioni che sarebbe stato
punto di riferimento per gli psicologi e per la critica.

Una fonte corporea si carica di tensione con la meta di scaricarsi per mezzo di un
oggetto.

La scarica della pulsione poteva avere vari esiti, da quello della soddisfazione, a
quello della repressione da cui si instaurava la malattia, caratterizzata da una
regressione alle fasi di sviluppo pregenitali, fino ad un esito positivo, la
sublimazione artistica e creativa di queste forze interne.

La teoria libidica
Secondo la teoria freudiana, la libido rappresenta la pulsione principale, se non
l'unica, di natura puramente sessuale dell'uomo, contrapposta alla cosiddetta
destrudo, infatti, mentre la libido è lo stimolo a creare, un'energia che proviene da
Eros (pulsione di vita), la destrudo è lo stimolo a distruggere, è l'essenza di
Thanatos (pulsione di morte).

Stando sempre a quanto affermato da Sigmund Freud, essa può essere definita
come l'istinto aggressivo presente in ogni individuo, finalizzato all'annichilimento,
ovvero l'annientamento, di sé stessi.

20
3. IL SECONDO MODELLO DELLA MENTE E L’ISTITUZIONALIZZAZIONE
DELLA PSICOANALISI
Nel 1909 Freud venne invitato a partecipare ad una serie di conferenze negli Stati
Uniti, così facendo crebbe il numero degli interessati alla psicoanalisi come terapia
e lo stesso Freud si mosse per disciplinare la sua creatura.

La fondazione dell’IPA
Fra il 1908 e il 1910 venne fondata un’associazione psicoanalitica tutt’ora in vita, la
“international psychoanalytichal association - IPA”.

Totem e tabù
Fu uno dei libri più celebri e contestati di Freud in cui si affrontava il tema dello
sviluppo delle società primitive, che passava obbligatoriamente dalla venerazione
di un totem e un tabù come l’incesto.

La pulsione di morte
Era presente nei reduci di guerra, che rivivevano gli stessi traumi della guerra, e nei
bambini, che non sapevano adattarsi alle situazioni.

Essa tentava inefficacemente di ripristinare una situazione irrimediabilmente


perduta, tornando al trauma in un circolo vizioso distruttivo.

Freud studiò anche una categoria che erotizzava queste pulsioni di morte, i
masochisti; le pulsioni erotiche o di vita risultavano mischiate a quelle di morte o
distruttive alla ricerca di un difficile equilibrio.

Il concetto di imitazione
Per Le Bon il collante che teneva insieme gli individui in gruppi sociali era un
reciproco legame suggestivo.

Freud ampliò questa tesi ritenendo che per ogni membro della massa il “capo” era
colui che rappresentava una sorta di ideale dell’io con cui identificarsi.

Io, Es, Super Io


Freud formulò un secondo modello della mente, composto da 3 elementi:

Io, Es, Super Io.

L’ideale dell’Io divenne Super Io, le pulsioni divennero proprietà dell’Es, mentre l’Io
era l’istanza che cercava di trovare dei compromessi tra mete, conflitti, equilibri
instabili.

In origine lo sviluppo del bambino sarebbe stato governato dall’Es e dalle sue
componenti pulsionali; in seguito con l’esperienza , l’Io si sarebbe differenziato per
gestire le pulsioni dell’Es, fino al sopraggiungere del complesso edipico, dove il
figlio sentendosi minacciato dal padre rispetto alla competizione per avere l'affetto
21
della madre si sarebbe poi identificato con lui e avrebbe spostato all'esterno della
famiglia la sua ricerca di un oggetto del proprio amore.

I meccanismi di difesa dell’Io



In parte l’Io si identificava con la coscienza, in parte soggiacieva ai meccanismi
inconsci di compromesso fra le mete delle pulsioni dell’Es, le censure del Super Io
e il confronto con la realtà.

La tecnica psicoterapeutica
Sulla base di un secondo modello di mente che includeva la percezione-
coscienza, il preconscio e l’inconscio Freud rielaborò e ridefinì la tecnica
psicoterapeutica che consisteva nell’aiutare l’Io del paziente ad assoggettare
porzioni incontrollate del suo Es tramite il lavoro interpretativo.

4. LA PSICOLOGIA IN RUSSIA
I primi fisiologi russi tra 800 e 900 erano stati allievi della scuola fisiologica tedesca
da cui avevano subito varie influenze fra le quali spiccava un approccio positivista
materialista che fu considerato adatto all’ideologia marxista.

L’arco riflesso
Ivan Secenov è famoso per l’intuizione che tutta la psicologia potesse essere
ridotta ai riflessi fisiologici del cervello.

L’arco riflesso, termine coniato da Marshall Hall, era tipico delle reazioni semplici (o
riflessi spinali) ed era caratterizzato da un circuito di base che includeva: lo stimolo
esterno, il passaggio dello stimolo tramite una fibra nervosa afferente al midollo
spinale, la conversione (riflessione) del segnale nel midollo spinale da afferente a
efferente e infine l'impulso che dal midollo andava verso la periferia e produceva
un movimento muscolare.

Riflessologia
Per Vladimir Bechterev tutti i comportamenti complessi erano frutto di associazioni
di riflessi.

Nella sua concezione i riflessi associativi erano disposti gerarchicamente a partire


dai condizionamenti di comportamenti automatici e istintivi a quelli sociali e
educativi.

Ivan P. Pavlov
Pavlov fu conosciuto sopratutto per i suoi esperimenti sull’apprendimento che
dimostravano come i riflessi fossero risposte a degli stimoli che potevano essere
apprese (condizionamento classico).

22
Nell’esperimento fondamentale di Pavlov veniva prima misurata la quantità di
saliva prodotta dopo la presentazione di una ciotola di cibo (stimolo incondizionato
perché sempre in grado di produrre salivazione) che seguiva, in un tempi definito
ottimale, il suono di una campanella.

Dopo un certo numero di ripetizioni i cani salivavano prima della presentazione del
cibo, già al suono della campanella (stimolo condizionato).

Un comportamento semplice come la salivazione poteva essere appreso


conseguentemente ad uno stimolo a cui origine non era associato il suono della
campanella.

Pavlov dimostrò anche che la risposta comportamentale condizionata (salivazione)


poteva essere dimenticata se il cibo non seguiva più il suono della campanella.

Veniva dunque codificata una teoria relativa all’eliminazione dei comportamenti


appresi mediante stimolazione condizionata.

Si trattava di una visione fortemente biologica in cui i comportamenti erano


prodotto di apprendimenti, fondati su meccanismi fisiologici(eccitazione, inibizione,
ecc.) con valore adattativo.

Le differenti tipologie di personalità


Le proprietà del sistema nervoso responsabili delle differenze individuali al
condizionamento furono ritenute essenzialmente 4:

- Forza dell’eccitazione;

- Forza dell’inibizione;

- Bilanciamento;

- Mobilità dei processi nervosi.

Da queste proprietà fondamentali derivò una tipologia basata sulle proprietà


intrinseche del sistema centrale (tale tipologia venne elaborata sui cani e
generalizzata all’uomo) che descriveva 2 tipi di sistema nervoso:

- Debole, che corrispondeva al melanconico e risultava poco capace ad adattarsi,

- Forte, che venne diviso a sua volta in:

• Bilanciato, che poteva dividersi a sua volta in mobile e lento;

• Sbilanciato.

I presupposti degli studi sulla personalità


Pavlov ha così iniziato una delle principali tradizioni del 900 di studi sulla
personalità in cui risultavano centrali i seguenti presupposti:

1) I processi psicofisiologici (temperamento) interagivano con l’adattamento


biologico;

2) Utilizzando il riflesso condizionato veniva introdotta una misura psicofisiologica


oggettiva che favoriva lo studio sperimentale della personalità;

23
3) Le indagini di laboratorio erano in grado di dimostrare una correlazione fra
comportamento, temperamento e un modello concettuale del sistema nervoso;

4) La nozione pavoloviana di forza dell’eccitazione fu considerata un antecedente


significativo rispetto alla moderna nozione di arousability (eccitabilità).

Kornilov e la reattologia
Kornilov andò a capo dell’istituto di psicologia di Mosca ed elaborò la reattologia,
una teoria del comportamento che studiava le reazioni globali di adattamento
all’ambiente.

In Russia dopo la rivoluzione c’erano i riflessologi e pavloviani e dall’altro i


moscoviti.

La nozione vygotskiana di coscienza


Si discostava da quella dei riflessologi ed era basata esplicitamente sulla
concezione marxista.

Per Vygotskij studiare i riflessi avrebbe eliminato gli stati psichichi superiori
dall’orizzonte della psicologia riducendo l’uomo ad un animale privo di coscienza.

Vygotskij rifiutava l’idea riduzionistica che l’uomo fosse esclusivamente un


animale, solo più complesso degli altri, da studiare a partire dal condizionamento
dei comportamenti più elementari.

Sempre influenzato da Marx, Vygotskij pensava che l’uomo mostrasse una


coscienza creativa differente da quella animale (che si costruiva in base
all’esperienza e all’interazione con l’ambiente.

L’intenzione era dunque quella di studiare l’interazione tra uomo e ambiente


sociale, evolutivo, culturale e lavorativo, con una particolare attenzione agli
strumenti a scopo adattativo, a partire da quelli di gioco e lavoro (giocattoli, matite,
libri, ecc.) che divenivano strumenti interni, determinando uno sviluppo di tipo
culturale e cognitivo.

Le applicazioni psicologiche in campo evolutivo


Egli si occupò sostanzialmente di due ambiti: la ricerca sullo sviluppo del pensiero
e le applicazioni psicologiche in campo evolutivo. In questo secondo ambito,
sviluppò una psicotecnica russa che fornisse un’expertise per la costruzione della
scuola sovietica e per risolvere i numerosi problemi relativi all’infanzia che il nuovo
regime socialista era chiamato a gestire.

Vygotskij riteneva la “pedologia” l’ambito che doveva occuparsi applicativamente
dei problemi dell’educazione infantile con il contributo di altre discipline.

Negli Studi sulla storia del comportamento era già essenzialmente formulato il
percorso che portava il bambino a utilizzare strumenti e sviluppare il linguaggio

24
attraverso il contatto e la relazione con i genitori che gli indicavano i suoni relativi ai
nomi delle cose e delle persone.

La funzione degli strumenti psicologici


Fondamentale era l’analisi della funzione degli strumenti psicologici, che, per lui,
rendevano concreta un’idea, un progetto, uno scopo.

Lo strumento mediava quindi il rapporto tra interno ed esterno.



Il linguaggio mostrava di essere determinato dal contesto di vita e dai processi di
significazione culturale.

I meccanismi di simbolizzazione e di interiorizzazione


Per lo psicologo russo, al contrario che per Piaget, era fondamentale comprendere
i meccanismi di simbolizzazione e di interiorizzazione che facevano sviluppare il
linguaggio tramite l’interazione.

Pensiero e linguaggio
Vygotskij morì scrivendo l’opera Pensiero e linguaggio, che rappresentò forse il
primo momento di un progetto generale di costruzione di una psicologia che
avrebbe descritto in modo creativo la vita psichica. In questo libro, vi era l’analisi
dello sviluppo in parallelo di pensiero/intelletto e linguaggio e poi del loro
convergere nel corso dello sviluppo del bambino. Il libro già nei primi capitoli
mirava a differenziarsi dalle teorie di sviluppo dell’epoca.

Vygotskij fin dall’inizio aveva come obiettivo quello di rendere pratica la propria
psicologia dello sviluppo con il fine di aiutare la Russia rivoluzionaria in un’impresa
enorme di riforme per la scolarizzazione di bambini cresciuti in culture assai
differenti.


Stalinismo e pedagogia vygotskiana


Con gli anni dello stalinismo, tuttavia, fu proprio la pedologia vygotskiana a essere
duramente colpita dalla censura, questo perché la psicologia culturale e la
pedagogia introducevano dei concetti troppo complessi rispetto all’intento
staliniano di unificazione e nazionalizzazione delle varie culture presenti nel
territorio russo.

Dopo la morte di Vygotskij, il Comitato Centrale del Partito Comunista dell’URSS
deliberò contro le “deformazioni pedologiche”, la pedologia venne messa al bando
e anche quelle parti del suo lavoro più teoriche, di psicologia generale e dello
sviluppo, furono epurate, riformulate, modificate, non più stampate.

La riflessologia e la psicofisiologia venne così preferita alla teoria storico-culturale.

Leont’ev, uno degli allievi di Vygotskij, si occupò a più riprese del bambino in
relazione alla memoria e alla interiorizzazione del linguaggio. Egli sostenne che
25
l’attività che il bambino metteva in atto in relazione al mondo circostante, avrebbe
determinato lo sviluppo dell’intelligenza: questa teoria dava spazio alle potenzialità
di sviluppo del bambino.

La coscienza era così legata alle attività pianificate dagli individui. Questa teoria
stressava soprattutto l’uso dei mezzi e degli strumenti con lo scopo di esercitare le
funzioni psichiche superiori.

Lurija e la neuropsicologia clinica


L’altro allievo di Vygotskij, Lurija, si orientò verso la neuropsicologia, fu colui,
infatti, che iniziò la neuropsicologia clinica. Si occupò di approfondire la relazione
fra strutture cerebrali, funzioni mentali e contesto culturale di pazienti che avevano
subito degli accidenti neurologici.


Una nuova teoria del cervello


Differenziandosi dall’attitudine classica dei neurologi delle localizzazioni alla Broca,
Lurija immaginava il cervello come un organismo olistico, le cui funzioni erano
controllate in modo integrato da vari distretti fisici.

Lurija sviluppò una completa teoria neuropsicologica, in cui si sosteneva che


l’organizzazione cerebrale fosse caratterizzata da sistemi funzionali in interazione.
Nel cervello, per Lurija, agivano dei sistemi complessi di interazione fra aree che
evolvono e si modificano con la storia e la vita del paziente. I sistemi funzionali
erano legati in maniera dinamica alle aree cerebrali e qualora fosse avvenuto un
accidente, il cervello avrebbe avuto la capacità di poter modificare i propri circuiti.

I tre principali sistemi funzionali


Lurija mise in luce tre principali unità funzionali: una prima localizzazione nelle
strutture più antiche del cervello, quelle del tronco encefalico, che regolavano le
attività vegetative di base (veglia o sonno, fame o sete), e quelle sottocorticali che
regolavano la vita emotiva. La seconda, più recente ed evoluta, si occupava di
elaborare l’informazione e memorizzarla. L’ultima, e la più evoluta, era
caratterizzata dai lobi del cervello che regolavano le attività delle altre due unità
con la programmazione e il controllo dell’azione. Le unità, o sistemi funzionali,
erano in interazione continua e dinamica.

Lurija iniziò così un genere particolare della letteratura scientifica, quello della
descrizione minuziosa di casi neuropsicologici prototipici da lui seguiti per
decenni.

I pazienti potevano, quindi, migliorare attraverso un processo di riapprendimento
del loro SNC, dimostrando le intrinseche qualità di trasformazione dei sistemi
funzionali del cervello.

26
5. LA PSICOLOGIA NEGLI STATI UNITI
La psicologia americana nella seconda metà dell’Ottocento si radicò nell’élite
accademica statunitense. Furono fondate riviste scientifiche dedicate alla
psicologia e, nel 1892, l’American Psychology Association (APA): Stanley Hall ne fu
il primo presidente e diffuse un’idea applicativa della psicologia soprattutto in
campo educativo e favorì anche la diffusione della psicoanalisi.

Nella cultura accademica americana, il pragmatismo svolse un ruolo di primo


piano nella fondazione della psicologia scientifica negli USA.

Il pragmatismo
Il pragmatismo ebbe origine dal pensiero del filosofo Charles Sanders Peirce e dal
lavoro dello psicologo William James.

Il primo si dedicò soprattutto agli aspetti logici della conoscenza; il secondo,
invece, si orientò verso valutazioni di tipo utilitaristico dei processi conoscitivi. Il
punto di vista dei due studiosi divenne, così, molto dissimile e Peirce volle
differenziarsi da James chiamando pragmaticismo la propria concezione filosofica.

Il pensiero di Peirce
Una delle principali finalità del pragmatismo logico di Peirce, era quella di indagare
i criteri conoscitivi in base ai quali stabilire la fondatezza dell’idea di oggetto.
Peirce propose una concezione secondo la quale ogni oggetto viene visto come
una rappresentazione e la conoscenza procederebbe non in maniera intuitiva, ma
attraverso un processo logico inferenziale che indagava gli oggetti nella loro qualità
semiotica.

Per Peirce, il valore di un’ipotesi teorica era dato dalla sua capacità previsionale
circa il fenomeno descritto, nel suo variare, anche in riferimento al mutare delle
circostanze. Secondo questa concezione, una proposizione era valida solo se
forniva delle indicazioni precise rispetto a ciò che si poteva prevedere sulla base
della stessa proposizione.

In Peirce era, dunque, presente un’idea di modello teorico che prevedeva cause e
effetti, finalizzato alla previsione dei fatti in vista della loro gestione.


James e la moderna psicologia scientifica


James fu quasi unanimemente considerato il fondatore americano della moderna
psicologia scientifica. James diffuse una personale concezione del pragmatismo, il
quale si focalizzava sull’agire dell’uomo: l’accento era posto sull’attuazione,
piuttosto che sulla previsione.

Diede alle stampe i suoi Principles of Psychology, qui trattava la nuova disciplina
per capitoli, dalle basi biologiche, alla percezione, alla memoria, alle emozioni
ecc...I fatti mentali erano anche considerati come delle funzioni finalizzate
27
all’organizzazione e all’autoregolazione individuale.

James promuoveva una concezione dinamica dei processi di pensiero in cui la
coscienza non era suddivisa in elementi, ma descritta come un flusso che scorre
(stream of thought) e che potrebbe essere colto solo nell’immediatezza
dell’esperienza vissuta.

La concezione del sé per James 



Nel IX e X cap., egli elaborò una teoria della coscienza del Sé che fu apprezzata sia
dalla psicologia della personalità che nella psicologia clinica.

Il Sé era avvertito da ognuno nella propria percezione interna ed era definito con il
termine me. Egli postulava anche un Sé materiale, ovvero tutto ciò che è percepito
come proprio (corpo, oggetti, famiglia) e un Sé sociale costruito su come veniamo
rappresentati dagli altri; per James, potevano così coesistere molti Sé sociali
concepiti come rappresentazioni personali delle immagini che gli altri hanno di noi,
in diversi contesti relazionali. Infine, postulava un Sé spirituale concepito come Sé
centrale composto da tutte le attività e le disposizioni psichiche individuali.

James sostenne che l’identità consisteva nella percezione individuale di stati


transitivi della coscienza, percepiti come memorie che mostravano una propria
costitutiva discontinuità. L’identità poteva modificarsi specialmente nella
psicopatologia.

I casi di personalità alternante e multipla, la trance, la possessione demoniaca
erano fatti che ponevano in dubbio l’esistenza di un principio unificatore della
persona e la continuità della coscienza.

Gli eredi di James


Baldwin, invece, fu un pioniere della psicologia dello sviluppo, preconizzando i
meccanismi di assimilazione e accomodamento, che utilizzò Piaget.

Cattel tentò di avvicinare la psicologia alle altre scienze della natura; promuoveva
le misurazioni dei fatti psicologici semplici e diffuse la prima psicometria che fu
controversa e impigliata nella storia dell’eugenetica.

Edward Lee Thorndike si occupava in laboratorio dei processi di apprendimento, in
cui si dimostrava che gli animali imparavano a risolvere dei problemi per prove ed
errori, secondo meccanismo di feedback basati su premi o punizioni.


La legge dell’effetto di Thorndike


Thorndike sviluppò la cosiddetta “legge dell’effetto” secondo la quale un
comportamento diventava più frequente se associato ad un soddisfacimento,
mentre il comportamento sarebbe stato meno frequente se le conseguenze
fossero state spiacevoli. Egli aveva anche una visione dell'apprendimento secondo
cui più un comportamento veniva esercitato, maggiormente era appreso e
28
viceversa.

Fu fra i primi a evidenziare che taluni comportamenti potessero essere rinforzati da
conseguenze positive.

Titchener

lo spirito tedesco fu, invece, direttamente ereditato da Titchener, principale allievo
americano di Wundt: con lui si diffuse una psicologia fedele alla linea tedesca,
almeno per quanto riguardava l’introspezione controllata in laboratorio. Egli fu il
teorico americano dello strutturalismo, che divenne sinonimo di sperimentalismo
wundtiano, in contrasto con il funzionalismo.


John Dewey
Il testimone del pragmatismo fu raccolto da John Dewey, autore del celebre saggio
The Reflex Are Concept in Psychology, dove descriveva una concezione
“sistemica” dell’arco riflesso, che teneva conto dell’adattamento della risposta allo
stimolo, richiamandosi all’unitarietà delle fasi dell’arco. Dewey, comunque, era
attivo soprattutto nel campo della pedagogia.


James R. Angell
L’articolo The Province of Functional Psychology di Angell è stato definito il
manifesto della psicologia funzionalista; vi si affermava che gli elementi di una
funzione psicologica non dovevano essere

considerati come a sé stanti, ma ritenersi intrinsecamente interrelati fra loro e


correlati al contesto in cui apparivano.

Per Angell, la coscienza si sarebbe manifestata come attività differenziata dai
comportamenti automatici, con una funzione di adattamento agli stimoli con
carattere di novità, provenienti dal contesto ambientale. A poca distanza dal
manifesto sopracitato, apparve anche quello riguardante il comportamentismo.

Psychologist as the behaviorist views it


Watson scrive Psychologist as the behaviorist views it: la posizione teorica e
metodologica espressa da Watson sin dalle prime righe è tale che ancora oggi
l’impostazione comportamentista è seguita in molti settori della psicologia e
continua anche ad influenzare alcune visioni filosofiche radicali che eliminano la
“mente” dai confini della conoscenza.

La critica alla psicoanalisi


Per Watson, la psicologia doveva essere una scienza naturale e oggettiva,
obiettivo raggiungibile solo studiando il comportamento ed eliminando qualsiasi
29
concetto non oggettivabile, come la mente, la coscienza, ma anche l’inconscio. Il
dispositivo utilizzato dai comportamentisti, era l’osservazione del comportamento
animale, con l’idea che certi meccanismi evidenziabili con gli organismi più
semplici, fossero generalizzabili agli organismi più complessi.

Il controllo del comportamento


Watson faceva inoltre riferimento al “controllo” del comportamento, come uno dei
compiti principali della psicologia. Sotto le vesti del neocomportamentismo e del
social learning, influenzerà tutte le ricerche che continuano ad utilizzare dispositivi
osservazionali e di controllo del comportamento in ogni area della psicologia: da
quella clinica, a quella sociale, a quella dello sviluppo.

Il comportamentismo riuscì a colonizzare gradualmente la psicologia americana e


anche quella internazionale.


L’apprendimento
L’ “apprendimento” è stato il fenomeno maggiormente studiato dai
comportamentisti che si occuparono di tutte le tipologie di “condizionamento” a
partire da quello classico.

Anche Pavlov divenne una pietra miliare della storia comportamentista, ma fu
ripulito dalla neurofisiologia: quello che interessava a Watson, infatti, erano i
meccanismi comportamentali del condizionamento e l’idea fondamentale che
studiando gli animali si sarebbe potuta costruire una psicologia degli esseri umani.

Watson derivò da Pavlov l’idea che i comportamenti complessi nascessero dai
riflessi condizionati, ma rifiutava tutte quelle conseguenze simboliche a cui
l’associazione fra stimolo condizionato e la risposta condizionata avrebbe
facilmente condotto. Watson era convinto che mediante specifiche tecniche di
apprendimento, si sarebbe potuto indirizzare il comportamento delle persone,
educare i bambini, inducendoli ad essere da adulti esattamente ciò che tornava
utile alla società.

Il comportamentismo riponeva estrema fiducia nelle possibilità dell’ambiente da
plasmare, per mezzo del condizionamento, i comportamenti individuali e la
personalità.

Watson dimostrò addirittura di riuscire a produrre ed eliminare le fobie in un
bambino, il piccolo Albert: descrisse il processo di generalizzazione di un
comportamento patologico, condizionato in laboratorio, il tutto assimilabile alle
reazioni emotive descritte nelle differenti forme di fobie.


L’eredità intellettuale di Watson: Skinner


L’eredità intellettuale di Watson diede i suoi frutti dalla seconda metà degli anni
Trenta, soprattutto con Skinner che approfondì i meccanismi legati al
30
condizionamento. Skinner radicalizzò l'idea che modelli di condizionamento
studiati sugli animali potessero essere generalizzati all’uomo. Creò le Skinner box,
luoghi in cui con una serie di dispositivi che rilasciavano cibo o somministravano
scosse, si tentava di far apprendere a dei piccioni i comportamenti desiderati dal
ricercatore, per mezzo di pratiche definite da Skinner “condizionamento
operante”. Skinner riteneva che i comportamenti non potessero essere appresi
utilizzando il paradigma del condizionamento classico o considerandoli delle mere
risposte condizionate a degli stimoli.

Skinner box
Dimostrò che nelle Skinner box i comportamenti degli animali potevano essere
ammaestrati con rinforzi, come il mangime, che erano somministrati quando il
piccione metteva in atto spontaneamente un comportamento gradito allo
sperimentatore (condizionamento operante).

Il piccione mano a mano ripeteva il comportamento, lo apprendeva e lo


perfezionava, spinto con dei premi dallo sperimentatore.

Egli riponeva tanta fiducia in questo dispositivo di condizionamento che descrisse


anche in un romanzo: la realizzazione di una comunità democratica ideale, in cui
un sistema di rinforzi a vari livelli avrebbe modellato il comportamento dei cittadini,
riuscendo a tenere sotto controllo tutti i comportamenti indesiderabili e a
promuovere quelli desiderabili, credendo così di rendere felici gli abitanti.

Questo “comportamentismo radicale” divenne infine il pretesto per descrivere una
società del futuro nel film Arancia Meccanica, sulla base del romanzo di Anthony
Burgess.

Ancora oggi si osservano gli influssi del comportamentismo su varie tendenze


metodologiche.


31
CAPITOLO 3 - DALLA MODERNITÀ ALLA CONTEMPORANEITÀ

1. GLI PSICOLOGI IN MARCIA


Durante la prima guerra mondiale, i test Army Alpha e Army Beta, sviluppati da
Robert Yerkes, furono le misure d’intelligenza che presentarono la psicologia come
scienza utile. Erano due versioni differenti dello stesso test, la prima da
somministrare alle persone scolarizzate, la seconda agli analfabeti. Nonostante le
grandi speranze che gli psicologi riponevano nei “reattivi mentali” come strumenti
principali di questa nuova professione, i test d’intelligenza in realtà si mostravano
scarsamente utili in situazioni specifiche. L’intelligenza, infatti, risultava poco
indicativa per predire la condotta. La personalità sembrò essere una nozione più
utile per prevedere il comportamento umano e correlarlo ai contesti più vari.

La nascita della psicologia della personalità


Uno dei maggiori eventi della storia della psicologia, fu la nascita della “psicologia
della personalità” come settore di ricerca accademica a sé stante. Nel 1921, fu
pubblicato il primo articolo di Gordon Allport dedicato alla personalità; qui si
descrivevano tre aree di interesse: il problema della definizione della personalità, la
classificazione dei tratti e, infine, la loro misura.
Allport dava rilievo ai tratti come componenti empiriche da misurare per individuare
il modo in cui risultavano correlati, fornendo al settore una maggiore precisione
scientifica.

La quantificazione dei tratti


Egli diede risalto alla quantificazione dei tratti, cercando di sviluppare semplici
questionari che misurassero caratteristiche personali come la dominanza-
sottomissione o l’introversione-estroversione.
Allport concepiva la personalità come una struttura composta di diversi elementi
che risultava qualitativamente diversa dalla somma delle sue parti; una struttura
anche unitaria oltre che scomponibile. Il volume “Personality: A Psychological
Interpretation” del 1937 di Allport rappresentò il manuale che segnava l’inizio di
questo nuovo settore di studi psicologici.


I questionari self report


La psicologia moderna della personalità ha fatto uso di questionari self report che
entrarono sul mercato a partire dagli anni Venti.

Si trattava di studiare una matrice di caratteristiche manifestate dagli individui, in
un modo che il ricercatore potesse indagare sia le distribuzioni, sia le correlazioni,
sia le manifestazioni dei tratti associati in un solo individuo; la nozione di tratto ha
assunto così una specifica rilevanza. I tratti, riguardanti il sentire, il comportarsi, il
32
pensare, furono considerati dimensioni relativamente stabili e fondanti
l’individualità.


Il tratto della ricerca contemporanea


Secondo Hans J. Eysenck, il tratto nella ricerca contemporanea risulterebbe un
elemento semplice, irriducibile, un fattore di primo ordine che poteva essere
intercorrelato con altri fattori entro dimensioni gerarchiche di secondo ordine.

Eysenck faceva riferimento a metodi di misura legati alla tradizione di Galton e dei
suoi allievi che avevano elaborato tecniche di analisi dei dati imperniate sulla
correlazione e l’intercorrelazione fra fattori. Con la seconda GM si sviluppò un
lavoro di equipe che indagava la personalità anche con lo studio approfondito dei
tratti tramite specifici questionari, con i colloqui clinici e mediante la collaborazione
di più tecnici che stilavano dei profili individuali.

Gli psicologi divennero dei tecnici che si occupavano di selezione, di clinica
psicologica, di propaganda, di tutto ciò che potesse tornare utile alla società
moderna.

Fra gli psicometristi si diffuse soprattutto l’idea che l’analisi fattoriale potesse
essere per lo psicologo il mezzo per osservare scientificamente degli oggetti
psicologici invisibili a occhio nudo, ma tanto importanti da determinare la
personalità.

Nel tempo le modalità per ottenere questa reductio ad unum sono diventate
sempre più sofisticate e sovente il modo con cui si raccoglievano i dati
determinava per via indiretta i risultati.

L’approccio lessicografico
Sulla base di un’ipotesi lessicale fondamentale si era sviluppata una tradizione che
incorretta l’idea per cui negli aggettivi risulterebbero codificati i tratti fondamentali
riguardanti la persona.

I big five
L’approccio psicolessicale ha dato come esito un ulteriore modello basato su
cinque super-fattori di personalità definiti anche “big five”: estroversione,
gradevolezza, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura all’esperienza. Rispetto a
questo modo “nomotetico” di studiare la personalità dagli anni Cinquanta si
sollevarono voci critiche, fra cui una delle più rilevanti fu rappresentata dalla
psicologia umanistica o terza fase. Quest’ultima rifiutava una visione frammentata
dell’individuo e criticava il determinismo presente nelle altre teorie della
personalità. Occorreva studiare la persona in modo olistico e fenomenologico,
fiduciosi nel potenziale umano e nelle capacità di autorealizzazione degli individui.

33
2. I PRECURSORI DEL COGNITIVISMO
In Europa, fra i precursori del cognitivismo occorre considerare un allievo di
Wundt, Oswald Külpe. Questi presto iniziò a studiare i processi di pensiero, pur
sempre in laboratorio, ma in modo unitario. Külpe diresse un famoso Laboratorio
di psicologia sperimentale, qui modificò oggetto e metodo wundtiani: la coscienza
e le immagini mentali presero il posto delle sensazioni come suoi principali oggetti
di studio. Külpe affinò l’introspezione con un protocollo in cui i soggetti della
sperimentazione fossero addestrati a parlare dei propri stati interni in maniera
sistematica.

Il neocomportamentismo
La psicologia che faceva riferimento ai processi interni non fu mai abbandonata
fino a riemergere nel cosiddetto neocomportamentismo: si trattava di una serie di
comportamentisti critici che dimostrarono come i fenomeni interni fossero
necessari per dar conto di esperimenti cruciali che non si spiegavano se non
facendo ricorso a “mappe cognitive”. Nella loro concezione, tra Stimolo e Risposta
occorrevano delle variabili interne organismiche in grado di dare conto dei
comportamenti molari e complessi.

Edward C. Tolman
Edward C. Tolman dimostrò che i topolini apprendevano la strada da percorrere in
un labirinto pwr raggiungere le ciotole di cibo. Una possibile spiegazione di questo
tipo di apprendimento riguardava il fatto che il topolino imparava percorsi più
efficaci che memorizzava in mappe cognitive.


Il comportamentismo intenzionale
Tolman definiva il suo comportamentismo come finalizzato, o intenzionale, in grado
di mettere in evidenza forme di apprendimento differenti da quelli classici e
operanti.

Clark L. Hull
La teoria di Clark L. Hull, invece, includeva dimensioni interne come bisogni,
pulsioni, forza dell’abitudine, comportamenti finalizzati all’adattamento. Hull
prefigurò un sistema con centinaia di proposizioni logico-matematiche riguardanti
il comportamenti da verificare tramite esperimenti. Ciò non riuscì ad essere
dimostrato.


I precursori europei del cognitivismo: Piaget


Le linee di ricerca di Piaget furono essenzialmente finalizzate a studiare
l’evoluzione del bambino da punto di vista cognitivo nelle varie fasi della sua
34
crescita e lo sviluppo delle modalità di conoscenza dell’essere umano. Piaget
utilizzò il metodo clinico, ovvero l’attenta osservazione del comportamento dei
bambini, costruendo situazioni che sarebbero state in grado di stimolare e mettere
in evidenza le modalità tipiche di sviluppo a seconda dei vari stadi evolutivi.

Quello che Piaget immaginava, era un processo dinamico di “adattamento” della
mente del bambino come fosse un organismo; un meccanismo adattivo che
procedeva mediante processi di assimilazione e accomodamento in continuo
equilibrio/disequilibrio finalizzati all’omeostasi.


Teoria degli stadi di sviluppo


Per Piaget il bambino dimostrava di avere delle modalità tipiche di interazione con
gli oggetti a cui corrispondevano schemi di azione interiorizzati, tramite
adattamento. Piaget suddivideva in stadi i momenti di sviluppo del bambino con
tipiche capacità per ogni periodo: il primo stadio senso-motorio da 0 a 2 anni,
determinato da movimenti che gratificano di per sé i bambini, questo è anche lo
stadio dell'egocentrismo che conduce alla maturazione del linguaggio tramite
vocali; le prime parole sarebbero state semplici lallazioni. Intorno ai 18 mesi, il
bambino sviluppava il linguaggio referenziale, fino ai 6 anni le capacità simboliche
continuavano ad arricchirsi, pur mancando la reversibilità logica (stadio
preoperatorio 2-6 anni); poi in fase preadolescenziale il bambino sarebbe già stato
capace di intelligenza simbolica, acquisendo la reversibilità, ma mostrando ancora
di costruire il proprio pensiero e la capacità linguistica sulla concretezza (stadio
delle operazioni concrete 7-12 anni); con l’adolescenza si completava il percorso
con la costruzione del pensiero astratto e logico deduttivo (stadio delle operazioni
formali dai 12 in poi).

Altri importanti precursori: Frederic C. Bartlett


Altri importanti precursori europei della concezione cognitivista furono Frederic C.
Bartlett e il suo allievo Kenneth Craik.

Il primo dimostrava che i soggetti ricostruivano a modo loro le immagini e le storie
somministrate dallo sperimentatore. I ricordi erano ricostruiti con modalità
personali e non erano fedeli al modello somministrato dallo psicologo.

La memoria per Bartlett era sempre un fenomeno ricostruito dal soggetto e non un
oggetto predefinito da studiare sulla base di sillabe senza senso, come aveva fatto
Ebbinghaus.

Fra le intuizioni di Craik, invece, si ricorda l’enfasi con cui descriveva l’organismo
come un sistema che si autoregola mediante processi di retroazione.

Alan Turning

Alan Turing ipotizzò che i computer potessero essere sviluppati in modo da
35
ragionare e divenire del tutto simili alla mente umana, si prefigurava la cosiddetta
Intelligenza Artificiale.

3. COGNITIVISMO E CERVELLO
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, nacque un nuovo indirizzo
multidisciplinare: la scienza cognitiva. Seguendo l’analisi di Gardner si possono
individuare alcuni presupposti essenziali che caratterizzano la scienza cognitiva:
• I ricercatori in questo campo lavoravano con rappresentazioni simboliche
della mente per spiegare il comportamento e il pensiero umani; 


• Gli scienziati cognitivi si erano liberati dell’assillo del concetto di mente in


quanto se il pensiero umano si poteva simulare con il computer, lo scienziato
cognitivo poteva effettivamente studiare cin modello costruiti al computer; 


• La scienza cognitiva non si occupava delle variabili affettive, culturali,


contestuali e storiche poiché avrebbero indebolito i suoi metodi che miravano
a essere esplicativi; 


• L'approccio degli scienziati cognitivi era interdisciplinare e quindi la


psicologia cognitiva era solo una parte di tutte le possibili discipline che si
occupavano della mente e della coscienza; 


• Gli scienziati cognitivi tentavano comunque di reinterpretare i problemi


classici della filosofia occidentale. 

Nel 1959, Chomsky prese a pretesto una recensione al volume di Skinner
"Verbal behavior" per demolire il punto di vista comportamentista,
riguardante la genesi del linguaggio.

Le critiche a Skinner
Skinner riduceva il linguaggio a pochi fattori esterni, tralasciando del tutto il
contributo creativo di colui che comunicava. Chomsky affermava che per
comprendere lo sviluppo di un organismo complesso come l’uomo, bisogna tenere
presente i meccanismi interni e come venivano elaborati gli input. 

Per lui, lo sviluppo dei processi psicologici dell’organismo era determinato
dall’interazione di tre fattori: la predisposizione innata, la maturazione
programmata geneticamente e l’esperienza passata.

La grammatica fra potenzialità ed esperienza


Si ritrovava fondamentalmente già tutta la teoria di Chomsky sulle potenzialità
grammaticali innate che facevano parte delle predisposizioni del nostro sistema

36
cognitivo. 

Egli riteneva che i processi linguistici si sviluppassero perché una sorta di
strumento mentale del linguaggio predisponeva “in modo simile” tutti gli individui.
Nella concezione di Chomsky si ritrovavano tutte le qualità del cognitivismo. 


Teorie e modelli cognitivisti


Jerome S. Bruner fece parte del primo gruppo di cognitivisti; operò un’ibridazione,
inaugurando una nuova psicologia cognitiva dello sviluppo.

Miller descrisse le capacità limitate delle elaborazioni della memoria (MBT), poi nel
1960 modelliamo la mente come un sistema computazionale che elaborava le
informazioni secondo il modello Text-Operate-Text-Exit (TOTE), una sorta di arco
riflesso mentale che descriveva l’agire dell’uomo per prove, cambiamenti e
feedback continui.

Sulla stessa linea Sperling mise in luce sperimentalmente la memoria sensoriale.
Atkinson e Shiffrin sintetizzarono questi studi presentando un modello multi-
magazzino (multi store model) della memoria in cui l’informazione veniva
elaborata attraverso vari passaggi: dal registro sensoriale a brevissimo termine, al
magazzino a breve termine, a quello a lungo termine.


La ricerca della mente nel cervello


Uno dei primi nomi legati alla neuropsicologia “cognitiva” fu quello di Donald O.
Hebb, che sviluppò una teoria connessionistica del sistema nervoso.
Hebb mise a fuoco la necessità di avere ambiti di ricerca che connettessero la
psicologia alla neurologia, utilizzando il termine neuropsicologia.

Un importante contributo in questo ambito fu dato da Wilder Penfield che riuscì a
costruire mappe delle funzioni sensoriali e motorie legate alla corteccia cerebrale.
Studiando casi clinici a cui era stato reciso il corpo calloso, Sperry mise in luce
che nei pazienti in cui gli emisferi erano stati disconnessi coesistevano anche due
coscienze disconnesse; sulla base di queste ricerche neuropsicologiche alcuni
cognitivisti, come Fodor, hanno tentato delle sintesi tra cognitivismo e
neuropsicologia, ipotizzando che esistano dei moduli cerebrali correlati ai processi
cognitivi messi in luce con le dimostrazioni sperimentali e computazionali.

4. PERCEZIONE, COGNIZIONE SOCIALE E TEORIA SOCIALE COGNITIVA


Rispetto al rapporto tra percezione e personalità, ci furono soprattutto tre
personaggi: George S. Klein, Herman A. Witkin e Julian B. Rotter.

Il primo identificò individui accentuatori e individui livellatori: gli accentuatori
avrebbero la tendenza a rimarcare i contrasti e le differenze percepite negli oggetti;
i livellatori, invece, ad attenuare tali contrasti e ridurre le differenze.

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Witkin propose una distinzione fra personalità campo-dipendente e personalità
campo-indipendente: descrisse individui in grado di risolvere semplici problemi
spaziali basandosi sulle proprie percezioni (indipendenza) e individui che, invece, si
affidavano a elementi del campo percettivo, esterni, che spesso li ingannavano e
gli facevano sbagliare il compito (dipendenza).

Locus of control
Anche per Rotter il comportamento era sostanzialmente determinato dall’ambiente
percepito e dai significati a esso attribuiti. Egli sviluppò una teoria della personalità
fondata sui concetti di locus of control e di fiducia interpersonale; il primo
rappresentava quelle aspettative che attribuivano le ragioni del proprio successo
all’esterno o all’interno; la seconda era invece la misura della felicità e del
benessere psicologico.


Social cognition
Al confine di questi studi percettologici si situava poi la cosiddetta social cognition,
un approccio che connetteva variabili cognitive e sociali, approccio seguito da
Leon Festinger e Solomon Asch.

Festinger evidenziò l’importanza che le cognizioni legate alle credenze individuali
rivestivano nel dare coerenza e influenzare le interpretazioni di noi stessi e della
realtà che ci circonda; per lui, due cognizioni in conflitto creavano uno stato di
tensione (dissonanza cognitiva) che l’individuo risolveva per quanto gli era
possibile. La dissonanza cognitiva è stata paragonata a una sorta di
razionalizzazione, un meccanismo di difesa che era già stato elaborato dalla
psicoanalisi.

Asch era interessato alla formazione del pregiudizio fino a provare gli effetti della
pressione del gruppo sul giudizio del singolo individuo. L’effetto del
condizionamento sul conformismo del singolo individuo poteva raggiungere
percentuali altissime e coinvolgeva fino ai tre quarti degli individui messi alla prova.
Si trattava di un modello nuovo del “conformismo” che faceva riferimento all’idea
che la presenza degli altri potesse pressare l’individuo fino a metterlo in una
situazione che lo portava a comportarsi in modi che sono errati e illogici.

Stanley Milgram
Stanley Milgram si occupò di studiare il fenomeno dell’obbedienza alle autorità.
Usò, quindi, la psicologia sociale sperimentale della sua epoca per dare un
contributo alla comprensione dell’obbedienza con una consapevolezza
“ideologica”.

Occorre anche porre nel giusto rilievo quelle correnti sociali che integrarono
elementi gestaltisti e cognitivisti fino a lambire il campo della cognizione sociale e
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pervenire a un nuovo territorio che è stato chiamato “teoria sociale cognitiva”.

Prese anche le mosse il social Learning che introdusse nei modelli di
apprendimento una terza forma di condizionamento, definito apprendimento
osservazionale: in questa forma di apprendimento, si imitano i comportamenti
osservati negli altri.


Albert Bandura
Per Albert Bandura gli individui si costruivano costantemente durante la vita un
modello esplicativo e predittivo della realtà creato anche sull’osservazione degli
esiti del comportamento altrui. Egli è divenuto uno dei massimi teorici
dell’approccio sociale cognitivo che si fondava sull'idea che la personalità fosse il
prodotto dio un contesto di interazione fra comportamento e ambiente e che
l’individuo fosse guidato dai propri obiettivi, aspettative, schemi cognitivi e sistemi
di autoregolazione. Il rinforzo e i modelli di identificazione risultavano i primi
elementi costruttivi della personalità, mentre il comportamento sarebbe stato
determinato soprattutto da processi cognitivi, come la convinzione della propria
competenza o auto-efficacia.


Walter Mischel
Walter Mischel (esperimento del marshmallow) fu uno psicologo radicale che mise
in crisi alcuni dogmi della psicologia. Diede la massima importanza alle situazioni
in cui emergevano comportamenti che potevano sembrare invarianti e invece
erano condizionati e moderati dall’interazione individuo-contesto. La sua visione si
fondava sull'analisi e l’individuazione dei particolari contesti psicologici che
favorivano o impedivano la messa in atto di uno specifico comportamento da parte
di uno specifico individuo.


Philip G. Zimbardo
La critica alle disposizioni individuali e ai tratti di personalità divenne dunque la
caratteristica della psicologia sociale cognitiva ed è stata centrale anche nel lavoro
svolto da Philip G. Zimbardo. Quest’ultimo dimostrò che il “potere della situazione”
era il concetto chiave per comprendere e modificare i comportamenti, e lo fece
con lo “Stanford prison experiment" (SPE) del 1971.

Stanford prison experiment (SPE)


Esso fu un esperimento realistico in cui in una prigione, creata fittiziamente dagli
sperimentatori, si determinarono una serie di comportamenti sadici o di
sottomissione dei partecipanti.

La prigione non era vera, infatti si trattava di un dipartimento di psicologia


trasformato in una prigione ai fini della sperimentazione.

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I partecipanti vennero selezionati scartando coloro che soffrivano di problemi
psicologici, medici, disabilità o con crimini e abusi di droghe alle spalle.

In definitiva rimasero 24 partecipanti che vennero divisa a metà in maniera casuale


tra guardie e prigionieri.

L’esperimento iniziò il 14 agosto 1971, senza preavviso e con veri e propri arresti
da parte delle guardie nei confronti dei prigionieri; quest’ultimi vennero portati in
prigione e vennero spogliati dei propri abiti, rasati e incatenati per rendere il tutto
più verosimile.

Le guardie erano libere, entro certi limiti, di fare tutto ciò che ritenevano necessario
per mantenere l’ordine nel carcere e per ottenere il rispetto dei prigionieri.

Nel corso dell’esperimento le guardie iniziarono prima a sviluppare comportamenti


di controllo verso i prigionieri, come la conta più volte al giorno, ingiunzioni a fare
flessioni a scopo educativo.

Il secondo giorno dell’esperimento i prigionieri si ribellarono e la risposta delle


guardie fu un peggioramento dei comportamenti di controllo.

Le guardie misero in atto anche comportamenti che minavano la solidarietà tra i


prigionieri, favorendo coloro che erano più accondiscendenti rispetto a quelli più
ribelli.

Dopo 36 ore un prigioniero iniziò a soffrire psicologicamente in maniera grave e


incontrollata e fu costretto a lasciare l’esperimento.

Il giorno dopo ci fu una pausa e i ragazzi vennero rifocillati ed ebbero la visita dei
genitori.

L’esperimento venne interrotto dopo che un secondo prigioniero dovette lasciare il


carcere.

Tutti i partecipanti erano irretiti in una situazione fittizia in cui avevano perso la
propria umanità incarnando le figure a loro assegnate.

Lo SPE può essere considerato il prototipo di ciò che può accadere in contesti in
cui agiscono meccanismi quali l’etichettamento, la deindividualizzazione e la
disumanizzazione.

L’esperimento di Stanford insegnava che tutte le situazioni di disorientamento


spazio-temporale, di deindividuizzazione e disumanizzazione potevano essere
potenzialmente maligne.

L’effetto Lucifero
Zimbardo ha anche parlato di “effetto Lucifero” per definire una situazione tipica
delle istituzioni in cui una persona normale attraversa il confine tra il bene e il male
e si impegna in un'azione maligna. Rappresenta una trasformazione della
personalità umana che ha pesanti conseguenze; tali trasformazioni sono più
probabili in contesti totalitari dove le forze sociali, situazionali, sono

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sufficientemente potenti da ribaltare gli attributi personali di moralità, compassione
e senso di giustizia.

Il male è così considerato come l’esercizio del potere di nuocere intenzionalmente,


psicologicamente, fisicamente o distruggere moralmente gli altri.

Il processo di disumanizzazione
La disumanizzazione è uno dei processi centrali che trasformano persone normali
in feroci autori di comportamenti malvagi, una sorta di cataratta cognitiva che
favorisce la percezione degli altri come esser inferiori o delle sottospecie meritevoli
di annientamento.

Le vittime vengono derubate della propria individualità, vengono deumanizzate e


percepite come cose su cui è possibile commettere abusi visto che il contesto lo
consente.

L’altro viene percepito come inutile, o onnipotente, o demoniaco, o come un


mostro, o come una minaccia per i nostri valori e le nostre credenze.

Il potere della situazione


Agli occhi di Zimbardo l’esperimento dimostrava che la situazione aveva un
“potere” e non era solo una questione di tratti personali; ne conseguiva che gli
interventi in ottica cognitivo-sociale non dovrebbero essere orientati a modificare
supposte disposizioni individuali ma a ristrutturare i contesti.

5. LE CULTURE DELLA PSICOLOGIA CONTEMPORANEA


La cultura politica degli anni Sessanta portò a far emergere una nuova psicologia
creata anche da psicologi che facevano parte di gruppi svantaggiati, una
psicologia degli afroamericani, una psicologia delle donne, una psicologia che
iniziava ad occuparsi dei diritti degli omosessuali.

Si affrontò la questione riguardante il regolamento della professione, soprattutto
per l’ambito psicoterapeutico, perché per gli altri ambiti scientifico-professionali,
quasi dappertutto c’era già un riconoscimento professionale.

Negli USA ci fu una serie di processi e istanze da parte di gruppi di psicologi
organizzati che servirono a far conquistare spazi e diritti professionali.

Gli anni Ottanta segnarono tuttavia anche l’inizio di una sorta di “regressione” della
cultura progressista che nei decenni precedenti aveva egemonizzato la psicologia.

Fu fondata l'Association for Psychological Science (APS), una società americana
che aveva per principio quello di rilanciare la psicologia “scientifica”, e di non
occuparsi prioritariamente di clinica, psicoterapia e temi applicativi; nasceva in
contrapposizione all’APA, che è rimasta comunque la più importante
organizzazione statunitense.

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CAPITOLO 4 - LE SCIENZE PSICOLOGICHE IN ITALIA

Dopo

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