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GALILEO

2. L’autonomia della scienza e il rifiuto del principio di autorità


Galileo capisce di dover difendere l’autonomia della scienza, ossia salvaguardare la sua indipendenza
da ingerenze esterne. A differenza di altri dotti suoi contemporanei non cela le sue scoperte e inizia
una battaglia in difesa della scienza, contro l’autorità religiosa (la chiesa) e quella culturale (gli
aristotelici).
2.1 La polemica contro la chiesa e i teologi
Secondo Galileo la natura, che è l’oggetto della scienza, e la Bibbia, che è la base della religione, derivano
entrambe da Dio, e perciò non si possono contraddire a vicenda, ma i loro contrasti sono solo apparenti e
vanno risolti rivedendo l’interpretazione biblica, perché: a) le scritture si sono adattate ai popoli rozzi e
hanno usato un linguaggio per il vulgo, b) la Bibbia non tratta di natura, ma del destino dell’uomo, cioè
non ci insegna “come va il cielo”, ma “come si va in cielo”. Quindi se la Bibbia è arbitra in campo etico-
religioso, la scienza lo è in campo delle verità naturali, per le quali l’interpretazione biblica si deve
adattare alla scienza, e non il contrario.
2.2 La polemica contro gli aristotelici
Galileo pensa che la scienza debba essere indipendente persino da Aristotele e dai sapienti del passato,
nei confronti dei quali egli nutre un profondo rispetto. Galileo però disprezza i “seguaci” di Aristotele,
che anziché osservare direttamente la natura, consultano i testi delle biblioteche, vivendo in un
astratto “mondo di carta”, e sostiene che Aristotele stesso se vedesse le sue scoperte, lo riconoscerebbe
come suo discepolo e cambierebbe le proprie idee. Gli Aristotelici offrono solo un dogmatismo
antiscientifico che ostacola l’avanzamento del sapere e inebetisce gli intelletti.
3. Gli studi fisici di Galileo
Per capire il metodo Galileiano bisogna conoscere prima le sue scoperte scientifiche.
3.1 Il principio di inerzia
Per gli Aristotelici la quiete era lo stato naturale dei corpi sublunari, in assenza di forze esterne. Il moto
si divideva in naturale (verso il luogo naturale di un corpo) e violento (fuori dal suo luogo naturale), e
gli oggetti mossi da un moto violento continuano a muoversi a causa dell’azione motrice dell’aria.
Invece Galileo con l’intuizione del principio di inerzia supera il doppio pregiudizio per cui la quiete è
naturale, e il moto perdura fin quando permane la forza che lo ha provocato. Il principio di inerzia si
rileva utile anche in sede astronomica, perché spiega il movimento dei pianeti.
3.2 Le leggi sulla caduta dei gravi ed il secondo principio della dinamica
Aristotele credeva che la velocità di caduta di un corpo fosse proporzionale al suo peso. Galileo
affermò invece che due corpi dello stesso peso in assenza d’aria cadono alla stessa velocità, ma si trattò
di un esperimento mentale, che non potè esser dimostrato perché egli non disponeva ancora della
pompa ad aria, inventata poi da Torricelli. In questo contesto egli scoprì pure il secondo principio della
dinamica, secondo il quale le forze applicate ai corpi non causano velocità, ma accelerazione.
4. La distruzione della cosmologia Aristotelico-Tolemaica
La messa in crisi della fisica aristotelica e l’elaborazione di una nuova meccanica si accompagnano alla
distruzione del sistema Tolemaico: l’esistenza di un’unica scienza del moto, e quindi la negazione della
distinzione tra moto rettilineo e circolare, porta al rifiuto della diversità di struttura tra cielo e terra.
4.1 Le scoperte astronomiche ed “il funerale della scienza aristotelica”
Tradizionalmente si pensava che la luna fosse ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma Galileo
tramite il telescopio dimostrò che le macchie scure che vi si intravedono sono dovute a ombre proiettate
da montagne e che quindi la sua superficie è rugosa e ricoperta come la terra di prominenze.
Aristotele credeva che solo la terra, essendo immobile al centro dell’universo, fosse centro di
movimenti astrali e che nessun altro pianeta potesse essere nucleo di movimento per altri corpi.
Galileo, sempre grazie al telescopio, scoprì i quattro satellite di Giove, che lui chiamò Pianeti Medicei,
perciò così come Giove, e i suoi satelliti, ruotano attorno al sole (come suppone Copernico) anche la Terra
può farlo.
Secondo Tolomeo i corpi celesti sono incorruttibili e non possono subire modifiche. Galileo scoprì
macchie oscure sulla superficie del sole, che si formavano e scomparivano, e affermò che anche i corpi
celesti sono soggetti a trasformazione.
In passato si credeva che solo la terra non fosse dotata di luce propria, Galileo scoprendo le fasi di
Venere dimostrò che anche questo pianeta era tenebroso.
Sempre col telescopio egli scoprì che oltre le stelle fisse ne esistono innumerevoli altre, e si rese conto
che la galassia è un insieme di stelle disseminate a gruppi e le nebulose sono greggi di piccole stelle.
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4.2 Il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” e la difesa del copernicanesimo
Nel 1632 Galileo pubblica il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, nel quale con il pretesto di
rappresentare imparzialmente i due modelli cosmologici, espone argomenti a favore del
copernicanesimo
Scegli tre personaggi. Simplicio è un tradizionalista, legato all’autorità aristotelica. Salviati incarna
l’intelligenza chiara e rigorosa del nuovo scienziato. Sagredo invece è un moderatore neutrale, non
oppresso dai pregiudizi e quindi più disposto per le recenti dottrine.
Il dialogo è diviso in quattro giornate. Nella prima giornata si discute riguardo la distinzione
aristotelica tra mondo celeste e terrestre. Nella seconda giornata si confutano gli argomenti tradizionali
contro il moto della Terra, contro chi sostiene che se la terra ruotasse solleverebbe un vento enorme
Galileo (per bocca di Salviati) risponde che l’aria partecipa del moto terrestre, contro chi sostiene che
se la Terra si muovesse da ovest ad est si vedrebbero le nuvole muoversi da est a ovest risponde
sempre che l’aria partecipa del moto della Terra, contro chi dice che i gravi dovrebbero quindi cadere
più spostati verso ovest egli ribatte che il grave partecipa del moto e quindi cade perpendicolarmente;
insomma Galileo nella seconda giornata confuta i pregiudizi del passato tramite il “principio della
relatività Galileiana”, secondo cui è impossibile decidere, in base ad esperienze meccaniche in un sistema
chiuso, se esso sia in quiete o in movimento, non avendo riferimenti esterni; per tutti questi motivi la
Terra si comporta come se fosse immobile! Nella terza giornata viene dimostrato il moto di rotazione
della terra. Nella quarta giornata si discute del fenomeno delle maree.
5. La scoperta del cannocchiale e la difesa del suo valore scientifico
Galileo non avrebbe rivoluzionato la scienza senza cannocchiale, e ciò è già un riconoscimento
dell’importanza degli strumenti in aiuto della scienza, e della cooperazione necessaria tra scienza e
tecnica. I nuovi strumenti sono decisivi anche per riprodurre il fenomeno studiato, e ciò gli attribuisce
un valore conoscitivo, che è scontato per noi ai giorni nostri, ma al tempo di Galileo non lo era per
niente.
Nel Saggiatore Galileo scrive che essendo venuto a conoscenza della creazione del cannocchiale da
parte di un olandese aveva proceduto e crearne uno per conto proprio, prima debole e poi sempre più
potente.

6. Il metodo della scienza


Un altro risultato dello scienziato è l’individuazione di un metodo della fisica. Tuttavia in Galilei non c’è
una teoria organica del metodo, poiché egli era preso dall’applicazione di esso, e non si applicò alla sua
teorizzazione filosofica. Ma nelle sue opere possiamo trovare dei tentativi di sintesi e esplicazione di
esso: nel Saggiatore, nel Dialogo e nei Discorsi egli divide il lavoro scientifico in due fasi: il momento
risolutivo o analitico ed il momento compositivo o sintetico. Il momento risolutivo consiste nel risolvere
un fenomeno complesso nei suoi elementi semplici, quantitativi e misurabili, e nella formulazione di
un’ipotesi matematica sulla legge da cui dipende. Invece il momento compositivo consiste nella verifica e
nell’esperimento (riproducendo artificialmente il fenomeno), in modo che se l’ipotesi supera la prova,
risulta verificata e si può passare all’elaborazione della legge, e se non la supera , risulta falsificata e
viene sostituita da un’altra ipotesi.
Questo schema descrive in modo formale il procedimento della fisica sperimentale, ma non è
abbastanza concreto e originale in relazione agli esperimenti Galileiani.
6.1 Le “sensate esperienze” e le “necessarie dimostrazioni”
Con “sensate esperienze” Galileo evidenzia il momento osservativo-induttivo della scienza, per cui
attraverso una ricognizione dei fatti e dei casi particolari si induce spesse volte ad una legge generale.
È il momento anche noto come sperimentale.
Con “necessarie dimostrazioni” invece si riferisce al momento ipotetico-deduttivo. Le dimostrazioni
matematiche o necessarie sono i ragionamenti logici-matematici, attraverso cui lo scienziato, partendo
da intuizioni base e procedendo per supposizioni, formula in teoria delle ipotesi, che verranno poi
testate nella pratica. Egli intuendo e ragionando perviene a delle ipotesi mediante cui deduce il
comportamento probabile dei fatti, che poi verificherà .
6.2 Induzione e Deduzione
La compresenza di sensate esperienze e necessarie dimostrazioni ha fatto si che Galileo venisse
presentato talora come induttivista (ricercatore che perviene alle leggi dall’osservazione continua dei
fatti) e talora come deduttivista (più fiducioso nella regione che nell’osservazione).
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In realtà egli è entrambi contemporaneamente, anche se talora vi è prevalenza di un metodo sull’altro,
ma questa alternata prevalenza non esclude la loro implicanza di fatto.
Le esperienze presuppongono un riferimento alle dimostrazioni perché vengono rielaborate in un
contesto matematico-razionale, e sono anche cariche di teoria perché illuminate da una prima ipotesi
che le sceglie e le seleziona. Di contro le dimostrazioni presuppongono un richiamo all’esperienze, che
forniscono lo spunto per l’ipotesi che nasce grazie all’osservazione, inoltre intuizioni ed ipotesi
acquistano validità solo per mezzo della conferma sperimentale.
Questo permette anche di capire i rapporti tra matematica pura e teoria fisica. Per Galileo la
matematica è la logica della fisica. Questo determina anche l’importanza della matematica per la fisica.
Però mentre la matematica pura non ha bisogno dell’esperienza, la deduzione matematica ha valore
scientifico solo se trova riscontro nella realtà.
6.3 Esperienza e verifica
Per Galileo esperienza e verifica hanno un significato originale rispetto al passato.
L’esperienza di cui egli parla non è quella immediata, ma il frutto di un’elaborazione teorico-matematica
dei dati, che si conclude con la verifica. L’esperienza ordinaria è lontana dalla scienza Galileiana per due
motivi: prima di tutto perché può essere ingannevole (grazie a lui si afferma un divorzio tra mondo
della fisica e mondo comune, caratteristico della scienza moderna), e secondo perché essa non ha
valore scientifico di per se se non viene legittimata dall’esperimento: si può dire che l’esperienza,
scientificamente intesa, è l’esperimento.
Analogamente la verifica di cui egli parla non è quella immediata dei sensi, da ciò nascono gli
“esperimenti mentali”, che consistono nel fatto che Galileo, non avendo a disposizione i mezzi tecnici
necessari per verificare le proprie teorie, deve ricorrere ad una fisica ideale, per formulare e verificare
le ipotesi.
6.4 Metodo Galileiano e scienza antica
Il metodo Galileiano fa risaltare i limiti della scienza antica. Aristotele ed i greci sbagliavano in un certo
senso perché non si attenevano abbastanza ai fatti, eccedendo in affermazioni teoriche e deduttive
(volendo sempre spiegare i fenomeni concreti partendo da principi generali astratti), ma ciò è vero in
parte perché d’altro lato essi erano troppo aderenti alla realtà, accettando i fenomeni passivamente,
senza sottoporli ad alcuna critica teorica. Inoltre la scienza antica non faceva uso della matematica.
7. Metodo e filosofia
Con il suo metodo Galileo perviene alla struttura concettuale che costituisce lo schema teorico della
scienza moderna, secondo cui La natura è un ordine oggettivo e causalmente strutturato di relazioni
governate da leggi e la scienza è un sapere sperimentale matematico intersoggettivamente valido.
Le opere della natura non possono essere giudicate con un metro umano, è arroganza e pazzia da parte
dell’uomo giudicare inutili quelle opere della natura che non sono utili ai suoi fini. I nostri pareri o
consigli non riguardano la natura e non hanno valore per essa le nostre probabili ragioni. Non dobbiamo
cercare perché la natura opera in un certo modo (=causa finale), ma solo come opera (=causa efficente).
Anche lo scienziato si deve occupare esclusivamente delle leggi che regolano i fatti, cioè delle costanti
di comportamento verificabili della natura.
Galileo non intende negare così l’esistenza di finalità e essenze, ma accantonarle, ritenendole non
scientifiche, non essendo dato alla mente di conoscerle.
7.1 Presupposti e giustificazioni filosofiche del metodo
La struttura concettuale del metodo di Galileo si presenta come una costruzione autonoma, indipendente
da giustificazioni filosofiche. In realtà nella mente dello scienziato essa si accompagna ad alcuni schemi
teorico-filosofici che la ispirano e la giustificano: Pitagora per la matematica, Democrito per la
distinzione tra proprietà oggettive e soggettive dei corpi.
7.2 Il “realismo” di Galileo
Questo gruppo di giustificazioni filosofiche poggia su un'unica credenza: la corrispondenza fra pensiero
ed essere, la conformità fra ciò che la scienza sostiene e il mondo reale. In Galileo c’è una fiducia
realistica che lo spinge a interpretare il rapporto scienza-realtà in termini di riproduzione o
rispecchiamento. Egli ritenendosi uno studioso di fisica celeste, ad esempio, si considera un
matematico e filosofo, dove per filosofo nel periodo si intendeva la portata ontologica e non solo
matematico-teorica delle sue teorie, ed è questo che provoca uno scontro con la chiesa.

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