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DEMOCRITO (6)

1) Introduzione
Dopo Parmenide i filosofi tornano ad indagare sulla natura, ma ormai le due grandi teorizzazioni
circa la legittimità della conoscenza: l’esperienza (Eraclito) e la ragione (Parmenide) non possono
essere accantonate. Così i fisici pluralisti possono essere considerati come <<un primo tentativo
di sintesi tra l’eraclitismo e l’eleatismo (come vedremo, il secondo tentativo sarà attuato da
Platone)>>1. In estrema sintesi i fisici pluralisti cercano di conciliare il divenire delle cose
(Eraclito) con l’eternità ed immutabilità dell’essere “vero” (Parmenide). Per farlo,
distinguono <<tra elementi (immutabili) e composti (mutevoli). Essi ritengono, infatti, che le
cose del mondo siano costituite di elementi eterni (ad esempio gli atomi) che unendosi tra loro
danno origine a ciò che noi chiamiamo “nascita” e disunendosi provocano ciò che noi chiamiamo
“morte”>>2. Quindi per “elementi” intendiamo i principi immutabili ed eterni della realtà;
per “composti” intendiamo gli aggregati mutevoli cui dà luogo la combinazione degli
elementi. Finora abbiamo visto gli ionici di Mileto che erano monisti (unico l’arché) così come,
ovviamente, Parmenide e poi Pitagora che era un dualista (il limite e l’illimitato). I fisici
pluralisti, come dice la parola stessa, sostengono che i principi della natura siano molteplici.
Quindi, lo ribadiamo, per “pluralismo” si intende ogni dottrina filosofica che spiega l’essere
ricorrendo ad una pluralità di principi o elementi originariamente esistenti e distinti.
Schematicamente. Empedocle: gli elementi corrispondono alle 4 radici (fuoco, terra, aria ed
acqua). L’amore li unisce e l’odio li separa. Anassagora: gli elementi corrispondono ai semi
(particelle piccolissime e invisibili di materia, divisibili all’infinito, con le caratteristiche
della materia di cui sono costituite, ad esempio pietra, sangue, osso…). Con lui per la prima
volta intelligenza divina che ordina il mondo.

2) Democrito
Ora vediamo l’atomismo: una delle più grandi sintesi del pensiero greco che avrà una fortissima
influenza nella storia del pensiero filosofico e scientifico.
Ci occupiamo solo di Democrito, che ne è sicuramente il maggior esponente. Nacque intorno al
460 a. C. Cronologicamente, quindi, è contemporaneo di Socrate. Come abbiamo già visto, fa
parte del periodo “cosmologico” ed in effetti si occupa soprattutto della natura, ma ha una
tendenza enciclopedica occupandosi anche di morale e dei temi tipici del periodo successivo,
quello antropologico (dei sofisti e Socrate). Come Empedocle ed Anassagora, anche Democrito
deve fare i conti con le due grandi vie verso la conoscenza: Eraclito (che si fonda soprattutto sui
sensi) e Parmenide (che si basa soprattutto sulla ragione). La particolarità di Democrito è che con
lui <<sensibilità e intelletto, esperienza e ragione, si trovano in un rapporto di reciproca
continuità>>3. I sensi colgono la superficie delle cose mentre l’intelletto coglie l’essere vero
del mondo cioè gli atomi, il vuoto ed il movimento. Il processo conoscitivo è questo: come
prima cosa cogliamo il mondo esterno attraverso i sensi. Poi c’è una seconda fase di
elaborazione intellettuale e logica dei dati. Infine si formula una teoria in grado di
“spiegare” ciò che i sensi si limitano a “mostrare”. Questo schema si avvicina al metodo
scientifico, ma nella cultura greca (ed anche in Democrito) il momento razionale domina
nettamente sul momento sperimentale. Insomma mancano “l’esperimento” e la “verifica”
che Galileo porrà a fondamento del metodo scientifico. Ribadiamo che con Democrito c’è una
stretta collaborazione tra sensi e ragione: l’intelletto spiega ciò che i sensi ci mostrano; per
Parmenide, invece, la ragione può arrivare a conoscere la verità senza tenere conto di ciò che ci
proviene dai sensi. Democrito identifica l’essere con la materia, costituita da atomi ed il non
essere con il vuoto, cioè lo spazio dove si muove la materia. Ora vediamo come gli atomisti
arrivano all’esistenza dell’atomo. Diciamo subito che ne deducono l’esistenza attraverso un

1 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, (con la collaborazione di Giancarlo
Burghi), Pearson, Milano-Torino, 2013, p. 53.
2 Ibidem.
3 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, (con la collaborazione di Giancarlo
Burghi), Pearson, Milano-Torino, 2013, p. 58.
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processo razionale che parte dal paradosso di Zenone. <<Contro di lui, gli atomisti affermano che
la divisibilità all’infinito vale solo in campo logico-matematico, ma non in campo reale, in
quanto non è assolutamente possibile pensare di dividere all’infinito la realtà materiale percepita
dai sensi, perché, a furia di dividere la materia, la realtà si dissolverebbe nel nulla, e quindi
dalla materia si passerebbe alla non-materia>>4. Insomma ci sono delle particelle minime non
ulteriormente decomponibili, non a caso atomo in greco vuol dire “non divisibile”. Ora vediamo
le caratteristiche degli atomi. In linea con Parmenide sono pieni, immutabili, ingenerati ed
eterni. Non ci sono differenze qualitative tra di loro (mentre, ad esempio, i semi di Anassagora
sono diversi per qualità). Si distinguono, invece, per forma geometrica e grandezza. Unendosi
e separandosi determinano la “nascita” e la “morte”, mentre i rapporti di ordine e posizione
determinano la diversità ed il mutamento della materia che vediamo. Per capire meglio come
sono gli atomi è sicuramente utile ricorrere al paragone di Aristotele tra gli atomi e le lettere
dell’alfabeto <<che differiscono tra loro per la forma e danno luogo a parole e a discorsi diversi a
seconda di come si dispongono e si combinano (ad esempio, A differisce da N per la forma, AN
differisce da NA per l’ordine, Z differisce da N per posizione)>>5. Tutte le qualità dei corpi
dipendono o dalla figura degli atomi o dal loro ordine, quindi la qualità dei fenomeni
corrisponde all’aspetto superficiale di strutture e rapporti quantitativi. La conversione della
qualità nella quantità, della fisica nella matematica la riprende da Pitagora. Anche il vuoto viene
dedotto per via razionale: se c’è il movimento allora ci deve per forza essere il vuoto. Quindi
la realtà, secondo Democrito, è costituita da atomi e vuoto. Il vuoto è lo <<spazio in cui gli
atomi volteggiano aggregandosi e dividendosi e formando infiniti mondi>>6. Ora pensiamo
al pulviscolo che si può osservare in controluce. Si tratta di particelle che si muovono
velocemente in modo caotico. E’ proprio in questo modo che gli atomi di Democrito entrano
in contatto tra di loro formando le aggregazioni. Ma qual è la causa del movimento?
Democrito non risponde alla domanda nel senso che il movimento è una proprietà intrinseca
(cioè interna) e strutturale della materia. Possiamo quasi arrivare all’equazione <<materia
= movimento>>7. A questo proposito aggiungiamo subito che <<c’è [anche] un movimento
degli atomi che si sprigionano da tutte le cose (che sono composti atomici) e che formano gli
effluvi (un esempio tipico è quello dei profumi)>>8. Siccome gli atomi sono infiniti e sono
infinite le possibilità di combinazione, esistono infiniti mondi che nascono e muoiono. Sono
mondi di tutti i tipi: simili al nostro, ma anche diversi, ad esempio senza acqua e di conseguenza
senza vita. L’universo è infinito perché non è pensabile un limite oltre il quale non si possa
procedere oltre. La quantità complessiva di materia presente nell’universo è costante: non
può né aumentare né diminuire. Questo perché gli atomisti riprendono il principio di Parmenide
secondo il quale nulla viene dal nulla (la materia non può aumentare) e nulla torna al nulla
(la materia non può diminuire). Con l’atomismo abbiamo <<la prima radicale forma di
materialismo dell’antichità, cioè di una concezione secondo cui la materia (insieme con il
vuoto) costituisce l’unica sostanza e l’unica causa delle cose>>9. Per materialismo si intende
<<ogni dottrina che consideri la realtà come derivata dalla materia e risolventesi totalmente
in essa>>10. In Democrito il <<materialismo si concretizza in una forma di atomismo che
insiste: a) sul carattere originario o inderivabile della materia; b) sulla presenza, in essa, di
una forza intrinseca capace di farla muovere; c) sulla negazione di qualsiasi struttura
finalistica e provvidenziale dell’universo>>11. Legato al materialismo è il meccanicismo, cioè
<<ogni concezione che consideri l’accadere, sia fisico sia spirituale, come il prodotto di una
pura causalità meccanica e non preordinato a una superiore finalità>>12. In altre parole, con

4 Ivi, p. 59.
5 Ivi, p. 60.
6 Ivi, p. 67 (una parte del neretto è mia).
7 Ivi, p. 61.
8 Reale G. e Antiseri D., Il pensiero occidentale, vol I Antichità e Medioevo, La Scuola, Brescia, 2013 (nuova ed. riveduta e ampliata), p. 57.
9 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 61 (una parte del neretto è mia).
10 Materialismo, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2009, vol. 2, pp. 40-44, p. 40 (il neretto è
mio).
11 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 61 (il neretto è mio).
12 Meccanicismo, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2009, vol. 2, pp. 49-51, p. 49.
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“meccanicismo” intendiamo <<ogni teoria che spieghi la realtà mediante il movimento dei
corpi nello spazio e che concepisca l’universo come una sorta di grande macchina. In senso
stretto, il meccanicismo è l’opposto del finalismo, in quanto spiega i fenomeni tramite un
sistema di cause “meccaniche”, cioè che non contengono la rappresentazione anticipata di
fini o scopi>>13. C’è, quindi, una contrapposizione tra meccanicismo e teleologia o finalismo.
Infatti <<si dice “finalistico” o “teleologico”, il metodo che consiste nello spiegare la realtà
mediante la nozione di “fine”, “scopo”, “progetto divino” ecc. Si dice invece “meccanicistico”, o
“naturalistico”, il metodo che consiste nello spiegare le cose in virtù delle “cause” efficienti
naturali che le producono, indipendentemente dal concetto di scopo. Dunque, se nella prospettiva
del finalismo “comprendere un oggetto” significa chiedersi per quale scopo o progetto esso
esista o funzioni in quel determinato modo, per il meccanicismo “spiegare un oggetto” significa
invece chiedersi in virtù di quale causa o legge di natura esso esista o funzioni in quel
determinato modo>>. Quindi per <<”finalismo” si intende, in generale, ogni teoria secondo cui
l’universo agisce in vista di determinati fini o scopi (comunque concepibili). In senso stretto,
il finalismo è l’opposto del meccanicismo, in quanto spiega la realtà mediante una serie di
cause “finali”, cioè che contengono in se stesse la rappresentazione anticipata di fini o scopi. Il
metodo d’indagine finalistico è detto anche “teleologico” (dal greco télos, “fine” e lógos,
“discorso”)>>14. Potrebbe venire istintivo pensare che il materialismo (e soprattutto il
meccanicismo) portino automaticamente ad una visione atea. Intanto diciamo che per “ateismo”
intendiamo <<la chiara ed esplicita negazione dell’esistenza della divinità>>15. In realtà <<il
meccanicismo, obiettivamente parlando, non esclude di per sé la credenza in Dio. Infatti si
può ammettere che l’universo sia costituito da un insieme di cause efficienti (quelle studiate
dalla scienza) e nello stesso tempo concepire Dio come causa di tale cause>>16. Nel caso di
Democrito il suo materialismo <<si configura come una forma di ateismo nella misura in cui
non ammette un principio divino che impronti di sé, o governi, la materia. In realtà
Democrito riconosce, in qualche modo, che esistano delle divinità, così come per tutto il
pensiero antico in generale il divino è una sorta di “evidenza”, difficilmente messa in
discussione. Per questo motivo è bene essere molto cauti nell’attribuire posizioni atee ai
greci antichi>>17. Allargando il discorso, <<storicamente parlando, tale possibile conciliazione
tra il metodo meccanicistico-scientifico e il finalismo religioso avverrà molto più tardi, in quanto
inizialmente il meccanicismo si accompagnò all’ateismo e fu combattuto dalle filosofie di
tendenza religiosa. Solo dopo il sorgere della scienza moderna si profilerà la tormentata
“pacificazione” tra mentalità scientifica e mentalità religiosa, anche se storicamente, come
vedremo, vi sarà spesso una ripresa delle ostilità>>18. Abbiamo visto che il meccanicismo
atomistico è anche un esempio di casualismo o determinismo, cioè tutto ciò che avviene
nell’universo avviene per delle cause precise. Abbiamo anche detto che non esiste alcuna
forza intelligente (pare addirittura che Democrito deridesse il noús di Anassagora) né alcun
progetto. Dante inserisce Democrito nella Divina commedia e lo descrive come colui che <<il
mondo a caso pone>>19. In realtà nella costruzione filosofica di Democrito (ormai è chiarissimo)
non c’è una assenza di causalità quanto piuttosto <<l’assenza di un disegno consapevole di
origine divina>>20. In sostanza ci sono due modi di porsi di fronte al “perché” di un
fenomeno: da una parte ci si può interrogare sullo “scopo del fenomeno”, dall’altra sulla
“causa” che lo ha determinato. Nel primo caso cerchiamo una risposta di tipo teleologica,
nel secondo di natura meccanicistica. E’ quasi scontato, ormai, individuare la posizione di
Democrito come indagine sulle cause, che è la stessa della scienza. Sappiamo anche che sarà
ripresa dalla scienza l’idea della materia formata da atomi. Altro elemento che anticipa la scienza
moderna è l’attenzione alla struttura “quantitativa” e non “qualitativa” del mondo, e quindi
13 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 61 (il neretto è mio).
14 Ivi, p. 62 (il neretto è mio).
15 Ivi, p. 61 (il neretto è mio).
16 Ivi, p. 63 (il neretto è mio).
17 Ivi, p. 61 (il neretto è mio).
18 Ivi, p. 63.
19 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 61.
20 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 62.
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le proprietà oggettive e non soggettive. Inoltre <<Democrito ridusse la natura a oggettività
meccanica, con l’esclusione di qualsiasi elemento mitico e antropomorfico>>21. Anche l’anima,
secondo Democrito, è fatta di atomi (molto sottili). Noi percepiamo il mondo attraverso gli
<<effluvi di atomi che provengono dagli oggetti e che penetrano nel corpo umano, venendo a
contatto con gli atomi dell’anima>>22. Come abbiamo detto, la realtà è costituita da atomi e
vuoto e gli atomi hanno la caratteristica intrinseca del movimento. Siccome le sensazioni non
provengono da un contatto diretto, è solo l’intelletto a cogliere la realtà vera del mondo.
Inoltre <<non tutte le proprietà che noi attribuiamo alle cose esistono veramente negli
oggetti>>23. Ci sono alcune proprietà che sono soggettive quali ad esempio il sapore:
l’amaro non esiste di per sé ma esiste solo in rapporto con i nostri sensi. Poi ci sono le
proprietà oggettive quali la forma, il movimento eccetera che <<caratterizzano gli oggetti in
quanto tali, indipendentemente da noi>>24. La scienza si occupa solo delle proprietà
oggettive, non a caso questa distinzione sarà ripresa da Galileo Galilei. Ora concludiamo con
l’etica di Democrito. Per “etica” si intende <<il settore della filosofia che si occupa dei principi
mediante i quali vengono giudicati gli atti umani, i comportamenti e le scelte. Si è soliti
distinguere tra etiche descrittive, che si propongono di individuare le cause o i motivi del
comportamento, ed etiche normative, che intendono stabilire i criteri in base ai quali distinguere
ciò che è bene da ciò che è male. […] Fino all’Ottocento i termini etica e morale sono stati
considerati sinonimi>>25. Secondo un pregiudizio privo di fondamento ad una concezione
materialistica corrisponderebbe una morale di tipo edonista (dominata dal raggiungimento del
piacere dei sensi). L’etica di Democrito, ad esempio, è <<una forma di “razionalismo morale”,
che elegge la ragione a giudice e guida dell’esistenza e che fa dell’equilibrio e della misura il
supremo ideale di condotta>>26. Il bene più alto è la felicità che risiede nell’interiorità
dell’anima e non nei beni materiali. Sono la giustizia e la ragione a rendere un uomo felice.
Ritiene fondamentale il rispetto verso se stessi. Convinto assertore della democrazia, cerca di
<<fondare la morale sull’interiorità della persona, anziché sui costumi della pólis.
Analogamente a quanto avviene in Socrate, in Democrito il singolo rivendica una propria
autonomia critica nei confronti della società […] proclamando la ragione come unica guida
del proprio comportamento>>27. Egli inoltre porta avanti una <<rottura esplicita con un
mondo basato sui valori del corpo, del potere, della ricchezza e della violenza>>28. Per
concludere riporto alcune massime di Democrito che mi sembrano molto suggestive.
<<Fama e ricchezze senza mente non sono beni utili>>29. <<Non devi aver rispetto per gli altri
uomini più che per te stesso, né agir male quando nessuno lo sappia più che quando lo sappiano;
ma devi avere per te stesso il massimo rispetto e imporre alla tua anima questa legge: non fare ciò
che non si deve fare>>30. <<Il bene non sta nel non compiere ingiustizie, ma nel non
volerle>>.31
<<Colui che fa ingiustizia è più infelice di chi la soffre>>32. <<Una vita cattiva e insipiente non
è un vivere male, ma un lungo morire>>33.
BIBLIOGRAFIA
Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, (con la collaborazione di
Giancarlo Burghi), Pearson, Milano-Torino, 2013.
Materialismo, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2009, vol. 2, pp. 40-44.
Meccanicismo, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2009, vol. 2, pp. 49-51.
Pancaldi M., Trombino M., Villani M., Atlante della filosofia. Gli autori e le scuole. Le parole – Le opere, Hoepli, Milano, 2006.
Reale G. e Antiseri D., Il pensiero occidentale, vol I Antichità e Medioevo, La Scuola, Brescia, 2013 (nuova ed. riveduta e ampliata).

21 Ivi, p. 64.
22 Ibidem.
23 Ibidem.
24 Ibidem (il neretto e la sottolineatura sono miei).
25 Pancaldi M., Trombino M., Villani M., Atlante della filosofia. Gli autori e le scuole. Le parole – Le opere, Hoepli, Milano, 2006, pp. 487-488.
26 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
27 Ivi, pp. 65-66.
28 Ivi, p. 66.
29 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
30 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
31 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
32 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
33 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica, cit., p. 65.
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