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I FISICI PLURALISI (Empedocle e Anassagora, escluso Democrito) (5)

1) Introduzione
Dopo Parmenide i filosofi tornano ad indagare sulla natura, ma ormai le due grandi
teorizzazioni circa la legittimità della conoscenza: l’esperienza (Eraclito) e la
ragione (Parmenide) non possono essere accantonate. Così i fisici pluralisti possono
essere considerati come <<un primo tentativo di sintesi tra l’eraclitismo e
l’eleatismo (come vedremo, il secondo tentativo sarà attuato da Platone)>>1. In
estrema sintesi i fisici pluralisti cercano di conciliare il divenire delle cose
(Eraclito) con l’eternità ed immutabilità dell’essere “vero” (Parmenide). Per
farlo, distinguono <<tra elementi (immutabili) e composti (mutevoli). Essi
ritengono, infatti, che le cose del mondo siano costituite di elementi eterni (ad
esempio gli atomi) che unendosi tra loro danno origine a ciò che noi chiamiamo
“nascita” e disunendosi provocano ciò che noi chiamiamo “morte”>>2. Quindi per
“elementi” intendiamo i principi immutabili ed eterni della realtà; per
“composti” intendiamo gli aggregati mutevoli cui dà luogo la combinazione
degli elementi. Finora abbiamo visto gli ionici di Mileto che erano monisti (unico
l’arché) così come, ovviamente, Parmenide e poi Pitagora che era un dualista (il
limite e l’illimitato). I fisici pluralisti, come dice la parola stessa, sostengono che i
principi della natura siano molteplici. Quindi, lo ribadiamo, per “pluralismo” si
intende ogni dottrina filosofica che spiega l’essere ricorrendo ad una pluralità di
principi o elementi originariamente esistenti e distinti. Nel caso dei nostri fisici
pluralisti possiamo anticipare che si tratta di: le “radici” per Empedocle; i “semi” per
Anassagora; gli “atomi” per Democrito.

2) Empedocle
Nacque tra il 484 ed il 481 a.C. e visse fino a circa 60 anni. Siciliano di Agrigento,
oltre ad occuparsi di filosofia e della vita politica, fu anche medico e scienziato.
Scrisse due poemi: Sulla natura con tematiche cosmologiche e Purificazioni di
carattere teologico, con evidenti influenze di Pitagora e dell’orfismo. Egli è
consapevole dei limiti della conoscenza umana e proprio questa consapevolezza
deve spingere l’uomo a sfruttare al massimo sia i sensi che la ragione. <<Come
Parmenide, Empedocle ritiene che l’essere non possa nascere, né perire; ma, a
differenza di Parmenide, egli intende spiegare l’apparenza della nascita e della
morte, e lo fa ricorrendo all’idea del combinarsi e del dividersi degli elementi che
compongono il reale. L’unione degli elementi è la nascita delle cose, la loro
disunione la morte>>3. Empedocle usa il termine “radici” perché quello di
“elemento” sarà utilizzato in modo filosofico solo a partire da Platone. Le quattro
radici di tutte le cose sono il fuoco, la terra, l’acqua e l’aria. <<Alla terra sono
ricondotti i solidi, all’acqua i liquidi, all’aria e al fuoco gli aeriformi. […] Secondo
l’esigenza della ragione fatta valere dagli eleati, gli elementi sono originari, eterni,

1 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
(con la collaborazione di Giancarlo Burghi), Pearson, Milano-Torino, 2013, p. 53.
2 Ibidem.
3 Ivi, p. 54.
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immutabili, sia essi sia le due forze antitetiche cui sono sottoposti, l’Amicizia […],
che unisce, e il Dissidio […], che separa; mutevoli, secondo l’esigenza eraclitea,
sono le cose sensibili che risultano dalla varia combinazione degli elementi sotto
l’azione contrastante di quelle due forze>>4. Quindi le quattro radici sono
animate da due forze: l’amore o amicizia che tende ad unirle e l’odio o contesa
o dissidio che tende a dividerle. Si tratta di <<due forze di natura divina, la cui
azione si avvicenda nell’universo, determinando le fasi del ciclo cosmico>>5. Le
fasi del ciclo cosmico le possiamo schematizzare in tre momenti: a) Dominio
assoluto dell’amore: è la fase dello “sfero”: tutti gli elementi sono unificati e
legati nella più completa armonia; il mondo non esiste: c’è un tutto uniforme e
in questa fase la divinità gode della sua solitudine. Questo concetto è espresso in
modo poetico da Empedocle: <<d’ogni parte uguale e per tutto infinito, / Sfero
rotondo che di sua avvolgente solitudine gode>>6. b) con l’arrivo dell’odio c’è
un processo di “separazione” ma questa separazione non un valore negativo
come avveniva per Anassimandro. Grazie a questa separazione si formano le
cose come sono nel nostro mondo, infatti <<l’esserci delle cose è determinato
dalla contemporanea azione antitetica dei due principi, e si realizza in periodi
cosmici delimitati da momenti di assoluto dominio dell’uno e dell’altro>>7. Col
tempo l’odio aumenta la sua presenza fino a diventare presenza esclusiva. c)
Puro dominio dell’odio: anche in questo caso non c’è vita perché i quattro
elementi sono assolutamente separati. E’ il regno del caos. Spetterà all’amore il
compito di riunificare gli elementi e far ripartire il ciclo.
La gnoseologia di Empedocle si basa sulla sua teoria delle radici e delle due forze
opposte. Per gnoseologia intendiamo <<tutto il complesso delle ricerche intorno ai
problemi della conoscenza, comprendendovi sia l’indagine genetica dei processi
psichici (psicologia della conoscenza), sia l’analisi delle sue strutture formali
(logica della conoscenza), sia infine la definizione dell’essenza stessa del conoscere
in rapporto ad un concetto generale della realtà (metafisica della conoscenza). In un
senso più ristretto esso denota quella disciplina filosofica che ha per oggetto le
condizioni di validità delle nostre conoscenze, la possibilità e i limiti dei mezzi di
cui disponiamo per conoscere ciò che é, in qualunque modo esso sia, reale o ideale,
esistente o possibile (critica della conoscenza)>>8. Per semplificare al massimo, ora
ci possiamo accontentare di assumere come “gnoseologia” la teoria della
conoscenza. Abbiamo detto, quindi, che la sua teoria della conoscenza deriva dalla
visione della realtà che abbiamo descritto. In effetti secondo Empedocle il principio
generale è che “il simile conosce il simile” cioè <<la conoscenza avviene mediante
l’incontro tra l’elemento che è nell’uomo e lo stesso elemento che si trova al di fuori

4 Empedocle, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2008,
vol. 1, pp. 295-296, p. 295.
5 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
cit., p. 54.
6 Empedocle, Sulla natura, frammento 31 B 28, citato in Empedocle, in Treccani filosofia, vol. 1, cit., p. 295.
7 Ivi, pp. 295-296.
8 Prini P. e Melchiorre V., Gnoseologia, in Enciclopedia filosofica, vol. V, Bompiani, Milano, 2006 (Edizione
interamente rivista), p. 4903.
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dell’uomo: quando gli efflussi che provengono dalle cose si adattano ai pori degli
organi dei sensi, producono la sensazione; altrimenti rimangono inavvertiti.
Empedocle non fa alcuna distinzione tra la conoscenza dei sensi e quella
dell’intelletto: anche quest’ultima avviene allo stesso modo, per un incontro di
elementi esterni e interni>>9.

3) Anassagora
Anassagora nacque intorno al 500 a.C. Fu lui ad introdurre la filosofia ad Atene:
prima di lui, infatti, nessun filosofo visse o insegnò ad Atene.
Tanto per cambiare anche Anassagora scrisse un’opera dal titolo Sulla natura, di cui
ci sono rimasti pochi frammenti. Abbiamo già visto che per Parmenide niente nasce
e niente perisce. Come gli altri fisici pluralisti, anche Anassagora intende il verbo
“nascere” come un “riunirsi” ed il verbo “perire” come un “separarsi”. A questo
punto dobbiamo capire cosa si separa e riunisce. Per Empedocle erano le radici, ma
per Anassagora <<non possono essere solo le quattro radici di Empedocle. Acqua,
aria, terra e fuoco sono, infatti, ben lungi dallo spiegare le innumerevoli qualità che
si manifestano nei fenomeni. I semi (spèrmata) o elementi da cui derivano le cose
dovranno essere tanti quante sono le innumerevoli quantità delle cose, appunto
“semi aventi forme, colori e gusti di ogni genere”, vale a dire infinitamente vari.
Questi semi sono, dunque, l’originario qualitativo pensato eleaticamente non solo
come ingenerabile (eterno), ma anche come immutabile (nessuna qualità si
trasforma nell’altra, essendo appunto originaria)>>10. Per Anassagora, quindi, i
semi sono <<particelle piccolissime e invisibili di materia>>11. Le particelle, lo
ripetiamo, hanno qualità diverse nel senso che ci sono particelle di pietra, di ossa, di
legno, di oro eccetera. Le chiama semi perché, come dal seme si genera la pianta,
così da quelle particelle si generano tutte le cose corporee. Anassagora diceva che
“tutte le cose sono in ogni cosa”. Prendiamo ad esempio un pezzo di carne. Questo
è formato da “semi”. La cosa importante è che al suo interno “prevalgono” i semi di
carne, ma sono presenti, anche se in quantità infinitesimale, anche i semi di oro,
ossa, pietra eccetera. Aristotele chiamerà i semi di Anassagora “omeomerie” che
vuol dire <<parti simili, perché hanno gli stessi caratteri del tutto che entrano a
costituire>>12. Quindi, ripetiamo, in ogni corpo ci sono particelle di tutti gli altri
corpi però prevale una specie e sarà quella specie a dare il nome a quel corpo. I semi
di Anassagora hanno una caratteristica: sono divisibili all’infinito, questo vuol dire
che non esiste una “quantità minima” e dall’altra parte non esiste una
grandezza massima perché ogni grandezza può, comunque, essere aumentata.
E’ probabile che la sua teoria abbia origine da osservazioni di carattere biologico.
Quando noi ci nutriamo beviamo il latte o mangiamo la carne… non stiamo bevendo

9 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
cit., p. 55.
10 Reale G., Antiseri D., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A Filosofia antico-pagana, Editrice La
Scuola, Brescia, 2012, p. 70 (una parte del neretto è mia).
11 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
cit., p. 55.
12 Ivi, p. 56.
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il sangue o mangiando i denti eccetera, ma nonostante tutto i cibi si trasformeranno
in sangue e denti.. Questo vuol dire, secondo Anassagora, che ogni cibo in realtà
contiene (sebbene in quantità tali da non essere visibili) sangue, denti e via dicendo.
A questo punto dobbiamo capire in che modo si muovono ed ordinano i semi (o
omeomerie). Anassagora introduce il noús, cioè <<la mente organizzatrice
dell’universo, ossia quella forza che separa i semi originariamente confusi nel
caos primordiale (mígma), rendendo possibile la formazione del nostro
mondo>>13. Si tratta, quindi, di una intelligenza divina che determina l’ordine che
ritroviamo nel mondo. In realtà <<quest’ordine non è mai perfetto, giacché i semi
rimangono, in una certa misura, sempre mescolati gli uni con gli altri>>14. E’ il
noús ad aver impresso al caos primordiale un movimento turbinoso facendo dividere
le sostanze secondo l’opposizione caldo/freddo e luce/oscurità. Questo stesso
movimento avrebbe fatto staccare dalla terra delle masse che si sarebbero
infiammate formando il sole e gli astri. Dai semi provenienti dall’aria si sono
formati gli uomini e gli animali. Abbiamo detto che il noús è separato dal mondo dei
semi (che ordina), ma la sua natura è più vicina alla “materia” che allo spirito.
<<Tutto ciò non toglie che in Anassagora sia apparsa per la prima volta la teoria
di una mente ordinatrice e di un’intelligenza che sta alla base del mondo. E
proprio questa dottrina, indipendentemente dai significati precisi che essa rivestiva
in Anassagora, era destinata ad avere grande fortuna nella storia della filosofia e a
rappresentare un possibile modello di spiegazione della realtà>>15. Sicuramente vi
ricordate che Empedocle sosteneva che il simile conosce il simile. Per Anassagora è
l’esatto opposto: conosciamo ogni qualità con la qualità opposta quindi, ad
esempio, sentiamo il caldo con il freddo. Il principio è che <<solo l’assenza in noi
di una determinata qualità ci consente di cogliere con i sensi questa qualità, quando
essa si presenta nelle cose>>16. L’ultimo aspetto degno di nota di Anassagora è
l’importanza che assegnava alla tecnica. Egli sosteneva che l’uomo si sviluppa
attraverso <<l’esperienza, la memoria, il sapere e la tecnica>>17. Il sapere si
concretizza nelle attività umane, siano esse agricole o architettoniche o altre. C’è
quindi una <<finalizzazione tecnica del sapere>>18. A questo punto, a scanso di
equivoci, vediamo il significato del termine “tecnica” secondo quello che è
comunemente considerato il vocabolario migliore: <<ogni attività che, sulla base
delle conoscenze scientifiche, progetta strumenti, apparecchi, macchine, motori,
utensili destinati al soddisfacimento delle esigenze pratiche della vita (in tale sign.
oggi è preferito il termine tecnologia)>>19.

13 Ibidem (il neretto è mio).


14 Ibidem.
15 Ivi, p. 57.
16 Ibidem (la sottolineatura è mia).
17 Citato in Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla
scolastica, cit., p. 57.
18 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
cit., p. 57 (la sottolineatura è mia).
19 Tecnica, in Devoto G. e Oli G.C., (a cura di Serianni L. e Trifone M.), Vocabolario della lingua italiana 2012,
Mondadori, Milano, 2011, p. 2887.
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BIBLIOGRAFIA
Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1
Dalle origini alla scolastica, (con la collaborazione di Giancarlo Burghi), Pearson,
Milano-Torino, 2013.
Empedocle, in Treccani filosofia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da
Giovanni Treccani, Roma, 2008, vol. 1, pp. 295-296.
Prini P. e Melchiorre V., Gnoseologia, in Enciclopedia filosofica, vol. V, Bompiani,
Milano, 2006 (Edizione interamente rivista), p. 4903.
Reale G., Antiseri D., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A Filosofia
antico-pagana, Editrice La Scuola, Brescia, 2012.

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