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Anassagora

Anassagora nacque intorno al 500 a.C. a Clazomene e, dopo essersi trasferito


ad Atene, introdusse la filosofia nella città.
Autore di un’opera intitolata Sulla Natura, egli afferma che alla base della vita,
numerosi quanto sono le cose e infinitamente divisibili,, vi sono i semi (in greco
spermata), che determinano le qualità dei corpi (principi qualitativi). Ad
esempio se si prende un chicco di grano, si trova ciò che potenzialmente può
evolversi in spiga, ma questa è solo l’apparenza poichè dal chicco si ottiene
una spiga, dalla spiga otteniamo la farina, poi il pane e, tramite l’atto di
mangiarlo, esso diventa il corpo umano, ovvero sangue, ossa e muscoli.
Aristotele chiamerà queste particelle omeomerie (principio primo), cioè
letteralmente parti simili ed immutabili. Il filosofo inoltre aggiunge che se si
rimane alla teoria …., non si riesce a spiegare la varietà, l'eterogeneità e la
trasformazione della natura e dei corpi, mentre attraverso gli spermata e
attraverso il concetto di tutto è in tutto (nel chicco sono presenti i semi del
sangue, della carne ecc.), si può affermare l’immutabilità dell’essere e della
natura umana. Infine Anassagora è dell’idea che non esista una grandezza
massima e che ciascuna cosa è grande o piccola a seconda del termine con
cui la si confronta.
Alla base della sua ideologia vi è il fatto che il divenire è spiegato tramite un
principio di aggregazione e di separazione per mezzo di forze (come credeva
anche Empedocle); la novità sta nel come avviene il processo. Il filosofo, infatti,
sostiene che esista una forza, un’intelligenza divina ordinatrice, chiamata
Noùs (dal greco intelletto, mente) che non crea né orienta gli
elementi,originariamente confusi nel caos primordiale, ma bensì li ordina. Non
si tratta di un principio originario o finalistico, in quanto Dio effettivamente
non crea la natura, ma anzi si cerca di spiegare la natura in modo meccanico,
escludendo la possibilità che esista un principio volontario. Ciò è in netta
contrapposizione con il messaggio di Aristotele, il quale sostiene l’ipotesi di un
sistema finalisticamente orientato, la cui causa ultima è Dio, e l’esistenza di
forze finali verso cui tutto tende.

Democrito
Democrito nacque intorno al 460 a.C. e fu uno degli esponenti più significativi
dell’atomismo e fu colui che tra i pluralisti diede un maggior contributo nel
campo scientifico.
La dottrina di Democrito viene indicata con il termine “atomismo”, in quanto
descrive l’universo come costituito dal vario aggregarsi di un numero infinito
di atomi, immutabili e qualitativamente identici, ma diversi per aspetti
quantitativi come la forma geometrica, grandezza e dimensione. Per
aggregarsi e dare origine ad elementi, caratterizzati da forme e grandezze
diverse e che si differiscono in base alla posizione e all’ordine, queste
particelle hanno bisogno di muoversi nel vuoto (assenza di materia).

L’universo di Democrito è spiegabile attraverso la presenza o l’assenza di


materia; ecco perché l’atomismo rappresenta la prima forma di materialismo =
dottrina che fa della materia il principio di spiegazione della realtà e causa
ultima (materialismo cosmologico o metafisico). Poiché il filosofo sostiene
inoltre che la materia si muove in base a forze meccaniche, come se l’universo
fosse una grande macchina all’interno della quale i nessi sono dei rapporti
causa-effetto, il sistema democriteo è anche un esempio di meccanicismo
=teoria che spiega la realtà esclusivamente sulla base del movimento di corpi
nello spazio. Infine, l’universo formulato dal filosofo è deterministico e
afinalistico, dato che tutto accade in base a cause ben precise, in base alla
necessità; insomma qualsiasi cosa è spiegabile in modo razionale e
determinato (i nessi non sono casuali). Ciò è il pensiero opposto rispetto alla
concezione di finalismo, teoria secondo cui l’universo è ordinato in base ad un
insieme di fini o scopi; tutto è riconducibile ad un fine ultimo. Aristotele, ad
esempio, affermava che Dio è un motore immbobile, le cui potenzialità di
movimento sono simili ad enti terreni.

atomi = letteralmente non divisibili, dal greco atomos, formato dal prefisso
privativo a- e dalla radice del verbo divido.

Empedocle
Empedocle nacque ad Agrigento intorno al 480 a.C., partecipò attivamente
alla vita politica della città e fu nello stesso tempo medico, scienziato e
taumaturgo (colui che opera prodigi, con poteri di guarigione). Anche lui come
Anassagora e Democrito individua dei principi primi, eterni ed immutabili: gli
elementi. Il filosofo spiega l’apparenza della nascita e della morte attraverso la
combinazione, l’aggregazione e la separazione di questi quattro elementi
naturali fondamentali (acqua, fuoco, terra e aria), ciascuno dei quali è uguale
a se stesso - immutabile), che portano alla formazione di composti (aggregati
di materia) mutevoli, divenienti e perituri (soggetti alla morte). In altre parole il
loro combinarsi da origine alla molteplicità delle cose. Queste radici sono
animate da due forze:
❖ Amore = Eros, pulsione d’amore.
❖ Odio = Thanatos, pulsione d’odio
Se una di queste due forze prevale sull’altra, si manifestano delle patologie.
Empedocle afferma infatti che all'interno del ciclo cosmico sia durante la fase
in cui l’amore domina completamente sia quando l'odio si impone sull’Eros,
non c’è vita. Il mondo è dunque il prodotto dell’azione combinata delle due
forze cosmiche e si trova a metà strada fra il regno dell’amore e quello
dell’odio. Il concetto viene ripreso da Freud nel 1920 nella psicoanalisi.
Molti dei termini utilizzati nella teoria empedoclea e nella teoria di Eraclito,
come composti o elementi, sono dei termini pre-scientifici, recuperati nel
pensiero scientifico del 500-600 e anche nella scienza moderna.
Empedocle introduce il modello fisiologico cardio-centrico, ripreso poi in
seguito da Aristotele, che prevede il cuore come centro direttivo fondamentale
del corpo. Afferma, inoltre, che “Il simile conosce il simile”, ovvero che se l’uomo
conosce sé stesso potrà conoscere il resto della realtà se e solo se la realtà è
simile a lui. Secondo questo principio di uniformità della natura, l’uomo non
può conoscere le divinità perché diverse. Si tratta dunque di una visione
materialistica, tramite la quale l’uomo percepisce ciò che lo circonda in base a
degli effluvi di materia (particelle invisibili di materia) che si staccano e
colpiscono gli organi.

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