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L’ambito in cui si impegnano i primi filosofi è quello della ricerca dell’arché, vale a
dire del principio che consente di spiegare l’origine e le manifestazioni di tutta la
realtà esistente.
1. Talete
Vita e aneddoti
Talete di Mileto visse tra la fine dell’VII secolo a.C. e la prima metà del VI.
Talete fu uomo politico, astronomo, matematico e fisico, oltre che filosofo. Come
uomo politico spinse i Greci della Ionia a unirsi in uno Stato federativo con capitale
Teo. Come astronomo predisse un’eclissi solare. Come matematico formulò vari
teoremi di geometria. Come fisico scoprì le proprietà del magnete.
La sua fama di sapiente sempre assorto nella speculazione è testimoniata
dall’aneddoto riferito da Platone, secondo cui egli, osservando il cielo, cadde in
un pozzo, suscitando il riso di una serva. Un altro aneddoto riferito da Aristotele
tende invece a mettere in luce la sua abilità di uomo d’affari: prevedendo un
abbondantissimo raccolto di olive, egli prese in affitto tutti i frantoi della zona, per
poi subaffittarli a un prezzo molto più alto agli stessi proprietari.
2. Anassimandro
Anassimandro nacque nel 611-610 a.C. e morì nel 547-546. Fu uomo politico e
astronomo ed è il primo autore greco di cui ci siano pervenuti gli scritti filosofici.
L’àpeiron
Egli individuò l’arché in qualcosa di infinito e indeterminato, dal quale egli riteneva
che tutte le cose avessero origine, che chiama àpeiron. Esso è inteso come una
materia informe in cui gli elementi non sono ancora distinti e che perciò oltre che
infinita, è anche indefinita.
3. Anassimene
L’aria come arché
Anassimene di Mileto riconobbe come principio l’aria, ma ad essa attribuì i
caratteri del principio di Anassimandro: l’infinità e il movimento incessante. Egli
vide nell’aria anche la forza che anima il mondo.
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Rarefazione e condensazione
L’aria determina la nascita e la trasformazione di tutte le cose attraverso il doppio
processo della rarefazione e della condensazione. Rarefacendosi, l’aria diventa
fuoco; condensandosi, diventa vento, poi nuvola e, condensandosi ancora,
acqua, terra e quindi pietra.
Come Anassimandro, inoltre, anche Anassimene ammette il nascere e il divenire
ciclico del mondo.
4. Pitagora e i pitagorici
Pitagora nacque a Samo, probabilmente nel 571-570 a.C. e si trasferì in Italia nel
532-531, dove morì intorno al 490.
A Crotone fondò una scuola, la fratellanza pitagorica, che fu anche
un’associazione politica e religiosa, e le cui idee si diffusero ben presto in tutte le
città greche dell’Italia meridionale.
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I pitagorici si riferivano al numero come un qualcosa di concreto, che essi
ponevano alla base della costituzione di tutti i corpi fisici. A ogni numero facevano
infatti corrispondere una figura geometrica: all'1 il punto, al 2 il segmento, al 3 il
triangolo (“figura piana primissima”), al 4 il tetraedro (“figura solida primissima”).
La musica e l’armonia
Nell’identificazione pitagorica del principio con il numero, sembra aver rivestito un
ruolo significativo la musica. In un’esecuzione musicale, infatti, sia la melodia che
l’armonia, risultano piacevoli all’orecchio solo se le note vengono eseguite
secondo un ordine determinato, che può essere tradotto in forma di rapporti
matematici.
Per i pitagorici la musica era anche un aspetto della cosmologia: essi erano
convinti, infatti, che le sfere celesti, muovendosi, producessero la più bella melodia
che si potesse immaginare.
L’uomo, da sempre immerso in essa, non ne è consapevole e crede di udire
soltanto silenzio; ma se quest’armonia delle sfere cessasse, solo allora ci si
renderebbe conto di che cosa sia davvero il silenzio.
Considerato come un tutto armonico e ben organizzato, l’universo dei pitagorici è
un cosmo, termine che in origine significava “ordine” e che proprio la scuola
pitagorica attribuì per la prima volta al mondo nel suo complesso.
Le serie parallele di punti di cui sono costituiti i numeri pari non trovano un termine
che completi la figura e ne chiuda lo spazio interno, tanto che sembrano poter
procedere indefinitamente, cosa che non accade per i numeri dispari.
I pitagorici associavano l’illimitato all’indeterminato o all’incompleto, e quindi a
qualcosa di difettoso, mentre associavano il limitato al determinato o al compiuto,
e quindi a qualcosa di perfetto.
Per Pitagora il numero 1 è “parimpari” in quanto ha sia natura pari che dispari (se
lo sommiamo a un numero pari diventa dispari e viceversa)
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All’opposizione tra limitato e illimitato, i pitagorici accostarono altre coppie di
opposti, in cui da un lato c’è l’elemento attivo fonte di ordine (limitato) e dall’altro
l’elemento passivo fonte di caos (illimitato).
Il pitagorismo si può dunque considerare come una forma di dualismo, poiché
spiega la realtà sulla base di una contrapposizione fondamentale tra due principi
opposti, il dispari e il pari, corrispondente al limite e all’illimitato.
Le dottrine astronomiche
In astronomia, i pitagorici sostennero per primi la sfericità della Terra e dei corpi
celesti. A questa convinzione furono condotti dall’idea secondo cui la sfera è la
più perfetta tra le figure solide, avendo tutti i suoi punti equidistanti dal centro.
Filolao fu il primo ad abbandonare l’ipotesi che la Terra fosse al centro fisso del
mondo e ad ammettere, invece, che si muovesse intorno a un fuoco centrale
(detto hestìa, “focolare”).
Filolao riteneva inoltre che intorno a un tale fuoco si muovessero 10 corpi celesti: il
cielo delle stelle fisse, e poi, i cinque pianeti (Saturno, Giove, Marte, mercurio,
Venere), il Sole, la Luna, la Terra e l’Anti- Terra, un pianeta di cui Filolao ipotizzò
l’esistenza per completare il sacro numero di 10.
L’ipotesi pitagorica del movimento della Terra verrà trasformata in una vera e
propria ipotesi eliocentrica nel III secolo a.C., quando Aristarco di Samo
collocherà il Sole al posto del fuoco centrale.
5. Eraclito
Eraclito nacque e visse nella colonia ionica di Efeso tra il VI e il V secolo a.C. e
sembra fosse di origine aristocratica.
Eraclito scrisse un’opera in prosa, che fu poi indicata con il titolo Intorno alla
natura, costituita da aforismi e frasi brevi, la cui enigmaticità spiega l’appellativo
di “oscuro” con cui il filosofo fu soprannominato dalla tradizione.
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- colui che sceglie il proprio stile di vita indipendentemente da quello degli
uomini volgari.
Il logos
Eraclito definisce la legge dell’interdipendenza e inscindibilità degli opposti con il
termine logos, “ragione”, e da denomina indifferentemente il principio
dell’universo come fuoco o come logos, intendendo con il primo il principio fisico
che costituisce le cose e con il secondo la legge universale che le governa.
La dottrina dell’universo
Tutte le teorie di Eraclito lo portarono ad avere una visione panteistica ossia una
visione secondo la quale è Dio al centro dell’universo, inteso come unità di tutti i
contrari, mutamento continuo e fuoco generatore.
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Questo “Dio-Tutto”, che comprende in sé ogni cosa, costituisce una realtà che
esiste da sempre e per sempre. Eraclito ha una visione ciclica del mondo,
secondo cui la vita dell’universo è un eterno alternarsi di produzione e distruzione.
In altre parole, per Eraclito il mondo ritorna, dopo un certo periodo, al caos
primitivo, da cui emergerà nuovamente per ricominciare il proprio corso sempre
identico.