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FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA


COMUNICAZIONE

Tesi di Laurea in

Psicologia della Comunicazione

KNOWLEDGE GAP
Riconsiderazione dell’effetto dei media sulla conoscenza

RELATORE LAUREANDA
Chiar.mo Prof. Parisio Di Giovanni Greta Spineti

Matr. 71382

Anno Accademico 2015/2016


Studiate,
perché studiando imparerete che ogni cosa,
per essere giudicata, va vista da un’infinità di punti di vista
e andrete oltre i giudizi superficiali, oltre i luoghi comuni.

Studiate,
perché le nuove conoscenze placheranno parte
della vostra curiosità, ma genereranno nuovi dubbi ed entrerete così
in un magnifico circolo virtuoso. E questo circolo non terminerà mai.

Studiate,
perché l’apprendimento è fine a se stesso: si impara per poter
imparare ancora.

Studiate,
perché solo così potrete costruirvi la vostra visione del mondo,
una vostra chiave di lettura delle cose.

Studiate,
perché sarete soddisfatti di voi stessi, perché in un modo
o nell’altro, lascerete un contributo a questo mondo.

Studiate,
perché nel terzo millennio non avete più scuse.

Studiate,
perché solo così riuscirete ad apprezzare tutto ciò che è diverso,
tutto ciò che non conoscete…

anziché temerlo.
KNOWLEDGE GAP

Riconsiderazione dell’effetto dei media sulla conoscenza

Alla piccola Cocò


Indice

Premessa

1 Introduzione: Società, informazione, conoscenza……………………………….2

2 Le ricerche del Minnesota Team ………………………………………………….4

2.1 Gli esperimenti …………...................................................................7

3 Le dimensioni del knowledge gap……………………………….……………….13

3.1 La dimensione sociale…………………………………………………..13

3.2 Attaccamento infantile ed apprendimento…………………………….16

3.3 La dimensione individuale: educazione, motivazione e uso dei


media…………………………………………………………………………………..17

4 Internet, digital divide, knowledge gap…………………………………………..28

4.1 Vecchi media e nuovi media……………………………………………32

4.2 Un caso particolare………………………………………………………37

5 Limiti delle ricerche………………………………………………………………...41

6 Conclusioni………………………………………………………………………….45

References……………………………………………………………………………48

Sitografia………………………………………………………………………………52
Premessa

L’idea di realizzare questo lavoro è nata, oltre che da un interesse


personale per l’argomento, soprattutto per sopperire alla mancanza di
testi esaustivi a riguardo nel nostro Paese. Tutte le ricerche effettuate sul
knowledge gap (traducibile come divario di conoscenza, ma che nel testo
troveremo comunque indicato anche in forma anglofona) sono quasi
esclusivamente riconducibili all’ambito accademico statunitense, articoli
scientifici non sempre rintracciabili e non facilmente comprensibili. Eppure
si tratta di un filone di ricerche rilevante a livello sociale dal momento che
una piena comprensione del fenomeno potrebbe farci riconsiderare e
migliorare molti aspetti e convinzioni riguardo all’uso dei media. Questo
testo ha l’ambizione, o presunzione, di fungere da panoramica
sull’argomento, in una maniera chiara, comprensibile ma senza
prescindere dalla correttezza dei dati empirici.
Partendo dalle prime ricerche in materia da parte di alcuni studiosi
statunitensi, saranno trattate meta-analisi e ricerche che prendono in
considerazione nuove variabili sia psicologiche, come interesse e
motivazione, sia tecnologiche, dato che negli ultimi decenni i mezzi di
comunicazione a nostra disposizione si sono moltiplicati e diffusi in
maniera esponenziale. Lo studio segue un percorso in ordine cronologico
proprio per analizzare al meglio l’evoluzione negli anni di tale ipotesi.

Lungi dal voler stabilire se questa teoria sia più corretta di altre,
questo testo si pone l’obbiettivo di fungere da stimolo per future ricerche,
perché no, proprio nel nostro Paese. Perché dopo quarant’anni nel nostro
Paese è impossibile trovare sul knowledge gap più di un piccolo
paragrafo in qualche libro di comunicazione?

Greta Spineti
1
1. Introduzione: società, masse, informazione

Viviamo nella Società dell’Informazione. Cosa voglia dire questa


espressione in realtà è ancora fortemente dibattuto in ambito
accademico e non è certamente questa la sua sede di discussione,
ma in linea generale si intende il contesto sociale fortemente
caratterizzato dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
in cui viviamo, le cosiddette ICT Information and Communication
Technologies. Ciò che è certo è che tutte le società che hanno
popolato questo pianeta fino ai giorni nostri hanno immagazzinato e
poi elaborato un numero sempre crescente, per mole e complessità, di
informazioni. Il più forte impulso all’acquisizione sempre maggiore di
notizie, quasi come una scintilla che ha dato il via al motore, è stata
l’invenzione della scrittura: grazie ad essa infatti è stato possibile
iniziare ad accumulare conoscenze, libri e documenti che si
moltiplicavano, e si moltiplicano, con il passare degli anni. Potendo
scrivere e quindi non dovendo necessariamente ricordare tutto a
memoria, gli esseri umani hanno potuto sfruttare le loro risorse mentali
in altre attività, creando così un circolo virtuoso di invenzioni e
scoperte ad andamento esponenziale, tanto che tra l’invenzione della
scrittura e la stampa sono passati più di 4000 anni, mentre tra
l’invenzione della televisione e i nuovi media non è passato neanche
un secolo (Bianchi e Di Giovanni, 2015).

Oggigiorno ormai il sistema d’informazione è costellato da una


quantità di mezzi e strumenti mai vista prima e l’invenzione di ognuno
di questi è stata puntualmente accompagnata da costanti critiche e
preoccupazioni. Ignoranza e pregiudizio spesso generano paura, che
genera ulteriore ignoranza e pregiudizio. In una società in continua
evoluzione ciò che è importante è capire tutto quello con cui si ha a
che fare, analizzarlo e comprenderne i meccanismi. Questo è ciò che
hanno fatto negli ultimi decenni alcuni ricercatori che si sono
interessati all’effetto che i mezzi d’informazione di massa, giornali,
radio, televisione ed Internet, hanno sulle persone e sulla loro
conoscenza; come cioè gli individui recepiscano le informazioni da cui
sono costantemente bombardati. Nel secolo scorso hanno
predominato teorie che hanno messo in cattiva luce gli emergenti
sistemi di comunicazione ed informazione perché basate su assunti
filosofici nel più ampio contesto delle critiche alla emergente Società di
Massa. L’accezione negativa di ‘massa’ proliferata nel XIX secolo
grazie a personalità che hanno avuto un forte ascendente culturale
come Karl Marx ma anche sociologi elitisti come Mosca, Michels e
Pareto, ha sempre evidenziato un’intrinseca debolezza delle masse,
ideologia in un certo senso confermata dai numerosi totalitarismi
erettisi nel primo Novecento. Tutto ciò ha avuto una ricaduta rovinosa
sui mezzi di comunicazione di massa.

Obbiettivo di questo lavoro è oltrepassare le speculazioni filosofiche,


consultare dati empirici per analizzare una realtà che sicuramente non
risulterà mai totalmente omogenea ma che proprio per questo
necessita di essere indagata con maggiore cura. Si prenderanno infatti
in analisi varie ricerche svolte per quanto possibile in contesti
differenti, che hanno considerato variabili diverse e realizzate con vari
metodi di ricerca proprio per offrire una panoramica quanto più
generale sui media e sul knowledge gap, il divario di conoscenza, che
essi possono provocare.

3
2. Le ricerche del Minnesota Team

Man mano che le teorie sulla comunicazione di massa che


considerano i media come livellatori delle conoscenze guadagnavano
consensi, un’altra idea si andava diffondendo: e se i mezzi di
comunicazione non fossero necessariamente dei livellatori ma, al
contrario, aumentassero il divario, il gap, che c’è tra diversi individui? Le
prime ricerche in questo senso sono state condotte alla Columbia
University presso il Dipartimento di Ricerca Radiofonica. Lazarsfeld
(1940), capo del dipartimento, ha preso in considerazione il tempo speso
dalle persone ad ascoltare programmi radiofonici e il tipo di programma
che erano solite ascoltare, in relazione al loro status socioeconomico. In
questo primo studio è emerso chiaramente come le persone appartenenti
ad uno status inferiore facessero un uso maggiore di questo medium,
sebbene i programmi da loro scelti fossero perlopiù di contenuto leggero,
d’intrattenimento. E’ molto probabile che l’impostazione di questa ricerca,
focalizzata sullo status socioeconomico e, conseguentemente,
all’educazione e all’istruzione dei soggetti, abbia influenzato quello che è
considerato il primo vero testo di riferimento per quanto concerne il
knowledge gap. Solo trent’anni dopo, infatti, un gruppo di ricercatori della
University of Minnesota ha definito la prima ipotesi sull’argomento:

“As the infusion of mass media information into a social system increases, higher
socioeconomic status1 segments tend to acquire this information faster than
lower socioeconomic status population segments so that the gap in knowledge
between the two tends to increase rather than decrease”2.

1
Si noti che per gli autori l’educazione è ritenuta un valido indicatore dello status
socioeconomico.

2
“All’aumentare della presenza di informazioni in un sistema sociale da parte dei mass
media, chi appartiene ad uno status socioeconomico più elevato tende ad acquisire queste
Il knowledge gap dunque non è altro che la differenza di conoscenza che
si riscontra tra diversi individui esposti grossomodo alle stesse notizie.
Ciò non vuol dire, ovviamente, che secondo questa teoria gli strati più
bassi della popolazione non acquisiscano affatto conoscenza tramite i
mass media, ma che la crescita di quest’ultima sia relativamente
maggiore e più rapida tra gli appartenenti ad uno status più alto. Uno
status elevato, va da sé, implica una cerchia di conoscenze piuttosto
ampia e, si suppone, dello stesso livello, un elevato interesse nelle
scienze e nelle questioni d’attualità3, un bagaglio culturale già corposo a
riguardo e un’alta probabilità di relazionarsi quotidianamente su certi
argomenti (Tichenor et al. 1970). Già precedentemente era stato
evidenziato il rapporto tra educazione, interesse ed esposizione (Star e
Hughes, 1950). E’ da specificare che in questa prima fase di studi le
ricerche si sono interessate soprattutto ai giornali come mezzi di
trasmissione di informazione e conoscenza.

I fattori, o processi, ritenuti responsabili dell’emergere del knowledge gap


sono stati definiti come segue (Tichenor et al., 1970):

2
informazioni più velocemente rispetto a quanti appartengono ad uno Si noti che per gli autori
l’educazione è ritenuta un valido indicatore dello status socioeconomico.

2
“All’aumentare della presenza di informazioni in un sistema sociale da parte dei mass
media, chi appartiene ad uno status socioeconomico più elevato tende ad acquisire queste
informazioni più velocemente rispetto a quanti appartengono ad uno status inferiore, cosicché il
divario in conoscenza tra i due gruppi, tendenzialmente, aumenta anziché diminuire”. Tichenor,
Donohue e Olien 1970, pp. 159-160.

3
Tichenor et al. analizzano la conoscenza riguardo ad argomenti di scienze e public
affairs.

5
 Abilità cognitive e comunicative: chi ha un’educazione di buon
livello ha le capacità di lettura e comprensione necessarie per
apprendere certi argomenti.
 Bagaglio culturale: chi ha una formazione scolastica superiore
probabilmente già conosce il tema nel momento in cui lo vede
trattato su un medium.
 Interazioni sociali rilevanti: coloro che appartengono ad uno
status più alto hanno vari gruppi di riferimento con cui discutere
e con cui svolgono diverse attività, cosa che gli permette di
ampliare i loro orizzonti culturali.
 Esposizione, accettazione e conservazione dell’informazione:
molto spesso l’esposizione e l’interesse verso certe informazioni
dipende non solo dalle proprie attitudini, ma anche
dall’educazione formale ricevuta (Sears e Freedman, 1967); c’è
una tendenza ad interpretare le notizie in base a ciò che si sa
già (Klapper, 1960) cadendo così in comuni biases di
autoconvalida, dunque avere solide basi aiuta a non
fraintendere le informazioni ottenute dai media.
 Target del mercato mediatico: i media fanno una selezione
iniziale, scegliendo quali argomenti trattare, e come, in
determinati sistemi; è difficile, ad esempio, trovare articoli
scientifici su una rivista di gossip.

A sostegno di questa ipotesi, gli autori propongono vari studi precedenti,


tra cui uno sulle dimissioni di Nikita Chruščёv e il caso Walter Jenkins
(Budd, MacLean, Barnes, 1966), che facevano presupporre una
diminuzione del divario tra alto SES4 e basso SES, data la portata
mediatica degli avvenimenti, ma che invece hanno confermato l’ipotesi

4
Dove SES sta per ‘socioeconomic status’.
dei ricercatori dell’Università del Minnesota: tra gli individui con
un’educazione più elevata un numero maggiore di persone era a
conoscenza dei fatti. Vengono poi analizzati i risultati di alcuni sondaggi
d’opinione su temi scientifici e uno studio che confronta una comunità in
cui c’è stato uno sciopero giornalistico con un’altra in cui invece non si è
verificato (Samuelson, 1960). In linea con le teorizzazioni sul knowledge
gap, lo studio dimostra che nella comunità in cui i giornali erano in
sciopero, a distanza di una settimana dal suo inizio, il knowledge gap tra i
cittadini era minore rispetto alla comunità in cui lo sciopero non si era
verificato.

2.1 Gli esperimenti

Tichenor et al. (1970) supportano inoltre l’ipotesi con una loro ricerca,
sulla quale ci soffermeremo, svolta nel 1967-1968 nell’area metropolitana
di Minneapolis-St. Paul, in Minnesota: a seicento persone è stato chiesto
di leggere due articoli di argomento scientifico e di riportare, a parole loro,
cosa avessero letto. La comprensione degli intervistati è stata giudicata
direttamente dalle fonti citate nei testi proposti, in base al numero di
affermazioni che avessero raggiunto un punteggio minimo di 3.5 su una
scala di accuratezza di 7 punti. Questo metodo valuta la capacità di
rielaborare un testo e le informazioni che successivamente le persone
diffondono all’interno della società.

Come emerge dalla Tabella 1, la ricerca sembra confermare l’ipotesi del


knowledge gap e si evince anche come la divulgazione della notizia sia
una variabile da prendere in considerazione, dato che l’indice
correlazionale aumenta negli argomenti più presenti sulle riviste.

7
Tabella 15

Correlazione tra l’educazione e la comprensione di articoli scientifici


Primo articolo letto Secondo articolo letto

Area Argomenti Argomenti Argomenti Argomenti


più trattati6 meno trattati più trattati meno trattati
Medicina e r7 = .109 r = .032 r = .264 r = .165
biologia
(N=84) (N=111) (N=90) (N=108)

n.s. n.s. p8 < .02 n.s.

Scienze r = .278 r = .228 r = .282 r = .117


sociali
(N=104) (N=93) (N=91) (N=97)

p < .01 p < .05 p < .01 n.s.

La correlazione per gli articoli di medicina ricorrenti nei giornali è


curvilinea, quindi coloro che hanno compreso meglio quei testi sono quelli
che hanno un’educazione media, non i più istruiti.

5
Adattata da Tichenor, Donohue ed Olien, 1970 p. 169.

6
Per stabilire quanto un argomento fosse diffuso è stato preso in considerazione il
numero di volte che un argomento della stessa area tematica è comparso, nel corso dell’anno
precedente all’esperimento, sulle prima pagine dei quattro giornali più importanti dell’area
metropolitana in analisi. In medicina e biologia è stato considerato ‘più trattato’ un argomento
apparso almeno due volte in prima pagina, per scienze sociali almeno quattro.

7
r di Pearson: coefficiente di correlazione statistica, dove 0 equivale a dire che le due
variabili sono indipendenti.

8
p indica la probabilità che il fenomeno analizzano si verifichi da solo a prescindere dalle
variabili; p<.02 indica che la probabilità è inferiore al 2%.
In uno studio successivo (Tichenor et al., 1975) vengono prese in
considerazione come variabili interdipendenti:

 Divulgazione delle notizie, intesa sia come estensione della


copertura delle informazioni nei media (si ipotizza che
all’introduzione di nuovi dettagli aumenti la probabilità che tra
quelli già a conoscenza della questione ci sia una nuova
assimilazione di informazioni) sia come ridondanza, la
ripetizione di un dato tema fa pensare che anche chi non si sia
ancora confrontato con esso apprenderà il messaggio.
 Natura del problema, cioè in che modo coinvolge le persone in
quel determinato sistema sociale.
 Livello di conflitto sociale che porta con sé il problema: sotto
certe condizioni, che in seguito considereremo, ci si aspetta una
correlazione lineare positiva9 tra il conflitto e il knowledge gap
mentre per altre una correlazione lineare negativa10.
 Struttura della comunità, in una società pluralistica (altamente
differenziata dal punto di vista economico, religioso, etnico,
culturale, ecc…) si suppone di trovare individui con gradi di
conoscenza diversi, e per l’impossibilità di alcuni di accedere a
determinati mezzi, e per una questione ‘personale’, di
esposizione volontaria alle informazioni.

L’analisi fa riferimento a studi svolti come parte di un programma a lungo


termine dell’Università del Minnesota sulla comunicazione di massa

9
All’aumentare (o diminuire) di una variabile, aumenta (o diminuisce) anche l’altra.

10
All’aumentare di una variabile, l’altra diminuisce (o viceversa).

9
(Tichenor, Olien e Donohue, 1973a; Tichenor, Rodenkirchen, Olien,
1973b). Si tratta prevalentemente di interviste inerenti a questioni con
potenziali risvolti negativi per l’ambiente o, in minor misura, di argomenti
politici, considerati all’epoca11 innovativi. Ogni argomento proposto
interessava direttamente almeno una delle comunità intervistate ed era
trattato sia dalla stampa locale che da quella federale; i soggetti sono
stati scelti in base a criteri di campionamento probabilistico tra adulti dai
ventuno anni in su ed intervistati da gente del posto, preparata
appositamente per questo progetto. Il livello di conoscenza
dell’argomento è stato stabilito tramite il numero di affermazioni corrette
alle domande poste dall’intervistatore (poi giudicate da esperti in materia).
Il livello di conflitto invece, è stato stabilito in base alla percezione che ne
avevano le persone della comunità, ponendo ad esempio una domanda
del genere: “Pensa che la vicenda dello stabilimento di taconite sia un
argomento delicato?”. L’omogeneità o meno delle comunità è stata
stabilita semplicemente in base al numero di abitanti (<1000 tradizionale,
>100000 pluralistica). Come anche negli studi precedenti, il livello di
educazione (l’ultimo anno compiuto di studi) è preso come indicatore
dello status socioeconomico. La copertura mediatica è stata stabilita
moltiplicando il numero di articoli su un certo giornale nei sei mesi
precedenti all’intervista, per il numero di persone che avevano detto di
aver letto quel giornale. I dati infine sono stati analizzati o tramite l’indice
di correlazione di Pearson tra il livello di educazione e il livello di
conoscenza o, quando i dati erano particolarmente alterati, facendo un
paragone tra chi ha frequentato il college e chi invece non l’ha
frequentato.

11
Le interviste sono terminate nel 1969.
Nel caso di questioni di livello nazionale, che non influivano direttamente
sulla comunità intervistata, gli esperimenti confermano l’ipotesi iniziale del
knowledge gap: all’aumentare della copertura mediatica aumenta anche il
divario tra gruppi appartenenti a status economici differenti (Tichenor,
Donohue ed Olien, 1975). Ma andando avanti emerge come l’ipotesi
generale potrebbe non adattarsi a tutte le situazioni; nel momento in cui
entrano in gioco variabili come conflitto sociale o interesse diretto,
quando ad esempio si tratta di problemi locali, l’indice correlazionale è
negativo e solo lievemente collegato alla quantità di informazioni
disponibili nei quotidiani. Come si può notare (vedi figura 1) maggiore è il
coinvolgimento della comunità in una data vicenda, minore è il knowledge
gap al suo interno. Il piano di sviluppo regionale promosso dal Minnesota
Regional Planning Act, infatti, considerato importante da circa l’8% degli
abitanti intervistati di Thief River Falls, ha un alto coefficiente
correlazionale, quasi .40; al contrario nel caso dell’inquinamento da
mercurio del lago Minnewaska, che interessa maggiormente la cittadina
di Glenwood ad esso adiacente, l’indice del knowledge gap è inferiore a
.05; ciò indica quindi che nel momento in cui un problema suscita
l’interesse diretto dei soggetti, la sua conoscenza tra loro è molto più
omogenea.

Per quanto concerne il rapporto tra la struttura della comunità e il


knowledge gap, Tichenor, Donohue ed Olien (1975) hanno analizzato i
dati dei Minnesota Community Studies, svolti in quattro centri differenti, a
distanza di due anni l’uno dall’altro: confrontando i risultati dei diplomati e
quelli dei laureati in un contesto metropolitano come quello di Duluth (che
verso le fine degli anni Sessanta contava una popolazione superiore alle
100000 unità), quando si trattava di argomenti che non avevano impatti
diretti sulla comunità, il gap tra i due gruppi aumentava

11
considerevolmente, ma quando il problema era percepito come interno o
comunque strettamente legato alla comunità, il livello di consapevolezza
e conoscenza era distribuito in maniera molto più equa; in piccole
comunità, come quella di Ely che contava meno di 5000 abitanti, l’equità
è maggiore.

Si può concludere quindi che se un problema ha un impatto diretto sulla


società, il knowledge gap al suo interno tende a diminuire, soprattutto
nelle comunità di piccola entità. Viswanath et al. (1993) definiscono
questo fenomeno community boundedness, un interesse improvviso
riguardo ad un problema o ad un argomento in una data comunità che si
riversa sulla distribuzione della conoscenza.

Figura 112

Livello di conflitto percepito nella comunità e


dimensione del knowledge gap
COEFFICIENTE CORRELAZIONALE DEL KNOWLEDGE

0,4
Thief Rivel Falls,
Sviluppo Regionale
0,35 Crookston, Sviluppo
Regionale
0,3 Glenwood, Impianto
Nucleare
Cosmos, Mercurio
0,25 Worthington, Winona, Scarichi
GAP

Sviluppo Regionale Inquinanti


0,2 Winona, Mercurio
Rochester, Mercurio
0,15
Marshall, Sviluppo
0,1 Regionale
Cosmos,
Rochester, Scarichi Scarichi Inquinanti
0,05 inquinanti
Glenwood,
Mercurio
0
0 10 20 30 40 50 60 70
PERCENTUALE DI CHI PERCEPISCE IL PROBLEMA COME DELICATO

12
Adattato da Donohue, et al., 1975, p.14
3. Le dimensioni del knowledge gap.

3.1 La dimensione sociale

Andando avanti con le ricerche si approfondisce la dimensione


sociale del fenomeno, cioè come esso dipenda strettamente dalla società
in un rapporto reciproco di influenza. Sul finire del secolo scorso le
differenze sociali tra gli “haves” e gli “have-nots” in America, dove la
stragrande maggioranza degli studi sull’argomento sono stati svolti, erano
pari solo a quelle che c’erano nel periodo della Grande Depressione.
Fenomeni come il cambiamento della struttura familiare o il crescente
numero di impiegati nel mondo dell’alta tecnologia, che garantisce redditi
sempre maggiori, hanno contribuito ad aumentare le disparità
economiche (Gaziano, 1997). Gaziano (1995, 1997) riprende una
distinzione, precedentemente fatta da Rucinsky e Ryu (1991), che
stabilisce tre principali etichette sociali, in cui gli intervistati stessi si
collocavano spontaneamente: gli aheads, i congruents e i behinds. Il
primo gruppo, traducibile come avvantaggiati, è costituito
prevalentemente da uomini appartenenti ad un SES13 elevato, i più
interessati ed informati sulle questioni di attualità; tra i behinds, gli ultimi,
troviamo invece donne e persone appartenenti ad uno status inferiore che
presentano una conoscenza molto carente degli argomenti maggiormente
trattati dai quotidiani, anche quando si tratta di argomenti che li
riguardano da vicino e soprattutto una minor probabilità di cercare di
propria sponte informazioni. Nel mezzo troviamo invece i congruents.
Queste disparità economiche generano automaticamente disparità

13
In questo caso lo status socioeconomico è stabilito considerando educazione,
professione e reddito.

13
intellettuali, basti pensare al fatto che con molta probabilità una famiglia
che rientra nel primo gruppo vivrà in città, dove le opportunità, di qualsiasi
genere, sono maggiori che in periferia. Con l’evolversi delle società anche
la complessità delle informazioni che le riguardano aumenta e diventa
sempre più difficile stare al passo: ci si ritrova così con una cerchia
ristretta di persone che comprende davvero cosa sta accadendo e che in
questo modo riesce a mantenere il potere all’interno della comunità
(Gaziano, 1997). Se questo differenziale fosse usato per condurre
cambiamenti sociali negli interessi dei cittadini, da parte dei più colti ed
informati, avrebbe sicuramente un riscontro positivo, sebbene possa
anche essere usato per aumentate dissidi sociali. Questo tema, la
relazione conoscenza-potere, ricorre spesso nei testi inerenti al
knowledge gap, anche perché si tratta di un tema che ha spesso
stuzzicato le menti di filosofi e pensatori. Da millenni ormai, anche da
prima che vi fossero mezzi di diffusione di informazioni e conoscenza su
larga scala come la stampa, le società si sono caratterizzate per una
distinzione netta tra chi sa e chi non sa. Coloro che avevano il privilegio di
aver acquisito le conoscenze allora disponibili erano poi gli stessi coinvolti
nelle attività politiche o comunque di rilevanza sociale, sin dal mondo
antico. Per fare degli esempi quasi banali, basta citare personaggi come
Lucio Anneo Seneca, filosofo e letterato latino ma anche senatore e
questore romano, o Marco Tullio Cicerone, anch’esso filosofo ed oratore
romano ma anche politico con grande ascendente sulla comunità.
Oppure il fatto che fino a tempi non troppo remoti, la conoscenza era un
privilegio riservato ai soli uomini e non alle donne, alle quali era anche
interdetta l’attività politica, salvo poche e particolari eccezioni.

Il punto fondamentale per ridurre queste disuguaglianze sociali è


attenuare il gap comunicativo (Tichenor, Donohue e Olien, 1970). A tal
proposito Gaziano (1997) fornisce uno strumento euristico e di analisi
(tabella 2) che porta alla luce le principali barriere, interne ed esterne,
emerse durante le sue ricerche.

Tabella 214
OSTACOLI INTERNI ED ESTERNI ALL’ACQUISIZIONE DELLA
CONOSCENZA
Barriere interne (livello Barriere esterne (livello
individuale) collettivo)
 Attitudine  Distribuzione delle attitudini
 Credenze  Distribuzione delle credenze
 Valori  Distribuzione dei valori
 Ambiti, accuratezza e  Distribuzione degli ambiti,
comprensione delle dell’accuratezza e della
conoscenze comprensione delle
conoscenze
 Socializzazione della  Distribuzione dei modelli di
famiglia, legame con la socializzazione famigliari
famiglia  Distribuzione dell’identità
 Identità e legame con la comunitaria
comunità  Stratificazione sociale e
 Stato socioeconomico distribuzione degli indicatori
(educazione, reddito, di SES
benessere, professione,
proprietà, ecc…)  Distribuzione
 Stratificazione del gruppo dell’appartenenza a un
etnico di appartenenza gruppo etnico

14
Adattata da Gaziano (1997), p. 246.

15
 Atteggiamento (politico,  Distribuzione dei gruppi
partecipativo, ecc…) d’interesse
 Uso dei media
 Distribuzione della copertura
 Esposizione ai media mediatica
 Distribuzione dell’accesso ai
media

3.2 Attaccamento infantile ed apprendimento

Gli stili di attaccamento infantile hanno importanti ricadute sui


processi di apprendimento, cosa che può aiutarci ad ipotizzare alcune
cause del knowledge gap. In psicologia si distinguono quattro livelli di
attaccamento: sicuro, insicuro ambivalente, insicuro evitante e insicuro
disorganizzato (Ainsworth, 1973, 1979, 1991; Ainsworth et al., 1978; Main
e Solomon, 1986; Lyons-Ruth, Easterbrook e Cibelli, 1997, citati in Di
Giovanni, 2007). Nel caso dell’attaccamento sicuro si tratta di bambini
che, avendo genitori affidabili e che provvedono costantemente ai loro
bisogni, sviluppano un atteggiamento sicuro di sé anche in situazioni
nuove e conseguentemente si impegnano nei processi di apprendimento
(Gaziano, 1997). I bambini caratterizzati da un attaccamento insicuro,
invece, tendono a spendere buona parte delle loro energie nella continua
ricerca di attenzioni, inibendo le loro capacità di apprendimento. In questo
modo vengono meno il senso di autoefficacia (sense of effectance), la
convinzione di avere un effetto sulla nostra vita e sul mondo, e la
motivazione di competenza (effectance motivation), il bisogno di
sperimentare competenze con un livello ottimale di stimolazione,
sviluppando infine il modello dell’impotenza appresa (learned
helplessness). Questo perché, fallendo nel conquistare l’attenzione dei
loro genitori, si convincono di non riuscire in altri compiti e incanalano
così le loro energie in sentimenti negativi come la rabbia. Questi soggetti
crescendo si caratterizzano per la mancanza di empatia, una rete di
relazioni sociali piuttosto carente, una tendenza ad abbandonare gli studi
e a sottovalutare l’importanza della conoscenza e della ricerca di
informazioni. Solitamente si tratta di persone che vivono in contesti
piuttosto poveri, il che amplia il numero di possibili circostanze negative
che si trovano a vivere quotidianamente (alla propria casa si aggiungono
spesso la scuola, il vicinato e la comunità in generale). Queste
conclusioni vengono tratte da C. Gaziano insieme a Martha Farrell
Erickson, l’allora direttrice del Consorzio per i bambini, i giovani e le
famiglie dell’Università del Minnesota, nonché esperta della teoria
dell’attaccamento.

3.3 La dimensione individuale: educazione, motivazione e uso dei


media

Una serie di ricerche, come già esposto alla fine dello scorso
capito, suggeriscono che maggiore sia il grado di motivazione dei soggetti
all’interno di un gruppo verso un’informazione, maggiore sia la probabilità
che il flusso di notizie si diffonda e venga acquisito in maniera piuttosto
equa al suo interno; per gruppo inoltre non si deve necessariamente
intendere una serie di individui vicino nello spazio, ma in senso più
ampio, soggetti che condividono caratteristiche uguali o simili (Viswanath
et al., 1993). Analizzando i dati del progetto CANDI (Cancer and Diet

17
Project) svolto tra il 1989 e il 1990, Viswanath et al. (1993) formulano le
seguenti ipotesi:

H1a: “Knowledge gaps are less likely and may narrow over time among a group
that is more motivated.”15

H1b: “Knowledge gaps are more likely and may widen over time among a group
that is less motivated.”16

Il progetto CANDI consiste in un intervento di salute pubblica, volto alla


riduzione dei tumori derivanti dall’alimentazione in una comunità del
Midwest americano, al di sopra dei 20000 abitanti. La campagna è stata
portata avanti soprattutto attraverso i mass media e grazie a dei corsi a
domicilio su come seguire una dieta povera di grassi e ricca di fibre e
mirata ad insegnare i tipi di cottura ottimali per la consumazione degli
alimenti ed altre accortezze per migliorare la qualità dell’alimentazione
nazionale; infine è stato svolto un programma di dimostrazione
alimentare. I corsi e tutto il programma sono stati tenuti da professionisti
nutrizionisti che ricevevano continui feedback per monitorare l’effettiva
partecipazione al progetto da parte dei 3700 aderenti all’iniziativa. Il
lavoro analizza sia i soggetti che hanno volontariamente partecipato al
progetto, che costituivano il gruppo di soggetti motivati, sia i non aderenti
che però erano comunque esposti alla campagna (attraverso i media o i
programmi di dimostrazione nei negozi di alimentari), che costituivano il
gruppo di controllo. I soggetti venivano intervistati telefonicamente con il
metodo del random digit dialing (RDD) e qualora acconsentissero a
partecipare ai questionari, ricevevano per posta ulteriori domande,

15
Viswanath et al.,1993 p. 549 “I divari di conoscenza sono meno probabili e possono
diminuire in gruppi di persone più motivate.”

16
Viswanath et al., 1993 p. 549 “I divari di conoscenza sono più probabili e possono
aumentare in gruppi di persone meno motivate”.
sempre volte ad indagare la loro conoscenza riguardo ai grassi e alle
fibre alimentari. Le interviste sono state eseguite prima e dopo la
campagna alimentare.

Il livello di motivazione delle persone è stato stabilito attraverso tre


parametri: a) la salienza, l’interesse crescente per una situazione
specifica che ha future conseguenze per l’individuo (Petty, Cacioppo e
Goldman, 1981); b) la percezione del rischio di contrarre il cancro e c)
l’efficacy, l’aspettativa di poter cambiare le proprie abitudini per migliorare
la salute, in entrambe le sue dimensioni, la cosiddetta response efficacy e
la personal efficacy (Beck e Lund, 1981).
Motivazione, conoscenza ed educazione sono state usate rispettivamente
come variabile indipendente principale, variabile dipendente e variabile
interferente. I dati sono stati elaborati tramite due analisi della covarianza
(ANCOVA), la prima delle quali stabiliva se il primo gruppo di partecipanti
fosse più motivato dei non aderenti all’iniziativa mentre la seconda era
volta a dimostrare le due ipotesi. Oltre ad età e genere, ogni equazione
conteneva tre termini secondari: a) gruppo x tempo per vedere se le
differenze tra i due gruppi con diversa motivazione cambiassero nel
tempo; b) educazione x tempo, per constatare se nel tempo cambiasse la
differenza di conoscenza tra i diversi livelli di conoscenza e c) gruppo x
educazione, per evitare contraddizioni in caso le differenze educazionali
fossero strettamente legate alla motivazione.
Analizzando tutti i dati emerge quanto segue: i partecipanti alla
campagna alimentare erano soprattutto donne, con una media di
educazione più alta rispetto al gruppo della popolazione comune. Prima
di tutto viene confermato dai dati, sia alla prima analisi (T1) che alla
seconda svolta dodici mesi dopo (T2) che il gruppo di partecipanti era più
motivato degli altri; inoltre erano più convinti dei benefici derivanti da una

19
dieta equilibrata ed erano maggiormente consapevoli degli altri della
difficoltà che comporta cambiare regime alimentare. I dati dimostrano che
la conoscenza riguardo ai grassi alimentari era maggiore tra i più motivati
rispetto ai meno motivati, che i più educati sapevano di più rispetto ai
meno educati a prescindere dalla motivazione, e per tutti i gruppi la
conoscenza è aumentata nel tempo ad eccezione dei meno educati tra la
popolazione comune. Come emerge dalla tabella 3 però, le ipotesi non
sono totalmente supportate, il knowledge gap basato sull’educazione
rimane predominante, sebbene nel complesso la motivazione abbia
aumentato i livelli di conoscenza, dato da non trascurare. Stessa cosa
accade analizzando i dati sulla conoscenza delle fibre alimentari.

Tabella 317

Knowledge gap: grassi alimentari


T1 T2
Bassa Alta Bassa Alta
educazione educazione educazione educazione
Popolazione 4,54 5.51 4.37 5.82
comune
Partecipanti 4.71 5.28 6.03 6.65
alla
campagna

Un’altra ricerca alquanto interessante sul rapporto tra knowledge gap e


motivazione è stata pubblicata da Nojin Kwak (1999) il quale, dopo una
revisione della letteratura precedente sulle variabili della motivazione e
dell’educazione di cui denuncia limiti ed errori, propone una sua ricerca

17
Adattata da Viswanath et al., 1991 p. 556.
che prende in esame tre elementi: educazione, motivazione e uso dei
media.
Innanzitutto distingue tre macro-modelli di approccio alla teoria del
knowledge gap:

 Modello di associazione causale: in questo modello le variabili


motivazionali sono considerate causalmente influenzate dallo
status socioeconomico delle persone (individuato sempre sulla
base dell’educazione delle stesse); in questo modo si ampliano i
primi modelli di ricerca sull’argomento introducendo l’analisi dei
processi di apprendimento.
 Modello di spiegazione avversaria: secondo questo approccio,
educazione e variabili motivazionali sono studiate come cause in
concorrenza nei processi di acquisizione delle conoscenze.
 Modello motivazione-contingenza: questo modello, considerato
dall’autore il più empiricamente plausibile, fa dipendere il
knowledge gap classico, basato cioè sulle differenze
socioeconomiche, dal livello di variabili motivazionali legate
all’argomento in un rapporto di interdipendenza; ci si aspetta cioè
che il fattore educazione venga eliminato ad un certo grado di
motivazione, così che il knowledge gap tra persone di alto SES e
basso SES diventi irrilevante tra quelli che presentano un alto
fattore motivazionale.

Esponiamo ora quali sono le ipotesi da cui parte la ricerca di Kwak:

21
“Hypothesis 1: The knowledge gap between high and low SES groups will depend on
people’s motivational level such that the gap is more likely to exist among those less
motivated than among those more motivated.”18

“Hypothesis 2a: The knowledge gap between high and low SES groups will
depend on one’s newspaper use such that the gap is more likely to exist among
those with a greater use of newspapers.”19

“Hypothesis 2b: The knowledge gap between high and low SES groups will
depend on one’s television use such that the gap is less likely to exist among
those with a greater use of television.”20

La domanda che Kwak si pone è “Le variabili motivazionali modificano


l’effetto dell’uso dei media sul knowledge gap tra i gruppi con alto SES e
quelli con basso SES? Se si, in che modo l’effetto dell’uso dei media
differisce tra i gruppi con diversi livelli motivazionali?”21
La sua ricerca è stata condotta su un campione di 421 persone di Dane
County, Wisconsin, intervistate telefonicamente durante la campagna
presidenziale del 1992; il 52% degli intervistati era rappresentato da
donne, tutti avevano un’età compresa tra 18 e 96 anni con una media di
40 anni, cioè di quattro anni più alta della media nazionale statunitense
stabilita nel censimento del 1994. Anche il reddito e l’educazione medi

18
Kwak, 1999, p. 392 “Il knowledge gap tra gruppi con alto SES e gruppi con basso SES
dipenderà dal livello di motivazione degli individui cosicché il gap è più probabile che si verifichi
tra quelli meno motivati che tra i più motivati.”

19
Kwak, 1999, p. 395 “Il knowledge gap tra gruppi con alto SES e gruppi con basso SES
dipenderà dall’uso che il singolo fa del giornale cosicché il gap è più probabile che si verifichi tra
quelli che fanno un uso abbondante dei quotidiani.”

20
Kwak, 1999, p. 395 “Il knowledge gap tra gruppi con alto SES e gruppi con basso SES
dipenderà dall’uso che il singolo fa della televisione cosicché il gap è meno probabile che si
verifichi tra coloro che fanno largo usa della televisione.”

21
Kwak, 1999, p. 396.
erano superiori a quelli nazionali: il 42% degli intervistati aveva terminato
il college mentre la media nazionale era del 22%.

La conoscenza è stata stabilita ponendo tre domande sulla posizione di


ognuno dei due candidati, Bill Clinton e George W. Bush, riguardo a
diverse questioni, da cui si è ricavato un indice che univa i sei risultati.
L’educazione, cioè l’ultimo anno di scuola completato, è stata utilizzata
per definire lo status. Sono poi state prese in considerazione due variabili
motivazionali: l’interesse verso la campagna elettorale (su una scala di 10
punti) e il coinvolgimento effettivo in essa; questo è stato stabilito in base
al fatto che gli intervistati a) avessero contribuito economicamente alla
campagna di un partito o di un candidato, b) avessero indossato una
spilletta o esposto un adesivo sulla loro automobile, c) avessero provato
a convincere qualcuno a votare per il loro candidato preferito o d)
avessero partecipato ad una manifestazione o una cena elettorale. Per
misurare l’uso dei media è stato chiesto quanto spesso leggessero
giornali locali, nazionali ed internazionali e in che misura li leggessero;
sono state poi fatte domande specifiche per ognuna di queste categorie
di giornali ed in base ai responsi si è creato un unico indice di
esposizione ed attenzione. Elementi come età, sesso e supporto della
causa sono stati usati come variabili di controllo.

23
Tabella 422

Analisi di Regressione della conoscenza: Educazione, motivazione, uso dei


media
Variabile ß23 t24
Educazione x Interesse per la campagna x esposizione alle -.08 -1.63
cronache giornalistiche
Educazione x Interesse per la campagna x attenzione alle -.11 -2.12
cronache giornalistiche
Educazione x Interesse per la campagna x esposizione ai .01 .11
telegiornali
Educazione x Interesse per la campagna x attenzione ai -.08 -1.54
telegiornali
Educazione x coinvolgimento comportamentale x .05 1.01
esposizione alle cronache giornalistiche
Educazione x coinvolgimento comportamentale x attenzione .05 1.03
alle cronache giornalistiche
Educazione x coinvolgimento comportamentale x .07 1.52
esposizione ai telegiornali
Educazione x coinvolgimento comportamentale x attenzione .07 1.53
ai telegiornali

22
Adattata da Kwak (1999), p.400.

23
ß sta per coefficiente angolare, indica di quante unità cambia la variabile dipendente
per una variazione di una delle variabili indipendenti.

24
t equivale al test di significatività dei parametri.
Nell’analizzare i dati l’autore procede attraverso un’analisi di regressione
gerarchica della conoscenza che mette in relazione l’educazione degli
intervistati e la motivazione, e uno stesso tipo di analisi che considera
educazione e uso dei media. I risultati dimostrano l’ipotesi di Kwak: la
variabile motivazionale (il coinvolgimento nella campagna) attenua la
relazione tra l’educazione delle persone e la loro conoscenza (ß= -.12),
ciò equivale a dire che l’effetto dell’educazione sull’apprendimento era
meno rilevante per coloro che avevano un alto tasso di coinvolgimento
della campagna presidenziale, confermando così l’ipotesi 1. Si può quindi
affermare, in relazione a questi dati, che all’aumentare della motivazione
comportamentale dei soggetti, il knowledge gap basato sull’educazione
diminuisce. Purtroppo però i dati che pongono in relazione l’educazione e
l’interesse non sono significativi (ß= -.03) per cui non si può inferire che
l’effetto dell’educazione sull’apprendimento dipenda dall’interesse nella
campagna. Per quanto riguarda la relazione tra l’educazione e l’uso dei
media, i dati sono significativi sia per quanto riguarda l’esposizione alle
notizie dei giornali (ß= .19), sia per l’attenzione prestata alle notizie (ß=
.21), sia per l’attenzione ai telegiornali (ß= .10). Inoltre, a conferma
dell’ipotesi 2b, la relazione tra educazione ed esposizione ai telegiornali è
ß= -.11, quindi il knowledge gap basato sull’educazione è minore tra chi
segue frequentemente i telegiornali che tra quelli che li vedono solo
saltuariamente.

I dati riportati nella tabella 4 sono stati ottenuti dopo un calcolo con tre
variabili di controllo, sette variabili indipendenti principali (educazione,
due variabili motivazionali e quattro variabili sull’uso dei media), e

25
quattordici termini d’interazione bidirezionali25. Osservando la tabella si
può vedere come l’interazione tra educazione, interesse per la campagna
e attenzione alle cronache sui giornali sia rilevante (ß= -.11) derivandone
così che l’influenza dell’attenzione ai giornali sul knowledge gap basato
sull’educazione dipende dall’interesse per la campagna presidenziale.
Attraverso una trasformazione lineare, inoltre, il ricercatore porta i valori
delle variabili in un range tra 0 e 1 per creare un’altra analisi di
regressione con un modello ridotto che include variabili di controllo, le
principali variabili indipendenti precedentemente considerate rilevanti
(educazione, interesse per la campagna e attenzione alle cronache
giornalistiche), tre termini di interazione bidirezionale tra queste variabili e
infine il termine d’interazione a tre variabili. La differenza di R2 corretto26
tra il modello completo e quello ridotto è minima (rispettivamente 26.1% e
23.6%). Dall’equazione derivante da questa analisi ridotta, Kwak (1999)
elabora una distinzione tra due diversi gruppi, a seconda del livello di
interesse per la campagna. Anche questa analisi conferma che quando
l’interesse è basso il knowledge gap aumenta all’aumentare del flusso di
informazioni che i soggetti ricevono, e che questo flusso viene recepito
maggiormente da chi ha un buon livello di educazione, confermando
l’ipotesi classica del Minnesota Team; ma quando l’interesse è alto il
knowledge gap tra i due gruppi va scemando, sempre in presenza di un

25
Cioè: educazione x interesse nella campagna, educazione x coinvolgimento
comportamentale, educazione x esposizione alle cronache giornalistiche, educazione x
attenzione ai giornali, educazione x esposizione alla televisione, educazione x esposizione alla
televisione, interesse nella campagna x esposizione ai giornali, interesse per la campagna x
attenzione ai giornali, interesse per la campagna x esposizione alla televisione, interesse per la
campagna x attenzione alla televisione, coinvolgimento comportamentale x esposizione ai
giornali, coinvolgimento comportamentale x attenzione ai giornali, coinvolgimento
comportamentale x esposizione alla televisione, coinvolgimento comportamentale x attenzione
alla televisione.

26 2
R corretto: variante di R2, coefficiente di determinazione, utilizzato per le analisi di
regressione lineare multipla.
adeguato flusso di notizie. Il risultato è che un’attenta lettura dei giornali
ha maggiore impatto su coloro che hanno un livello di educazione minore.

In conclusione questo studio dimostra la rilevanza delle variabili


motivazionali nella riduzione del knowledge gap basato sull’educazione e
che l’influenza dei media su un dato individuo può dipendere da fattori
motivazionali. Già uno degli studi del Minnesota Team aveva evidenziato
questo fattore, facendo emergere come all’aumentare del coinvolgimento
in una determinato problema, nella comunità il knowledge gap fosse di
minima entità. L’esortazione dell’autore, soprattutto verso chi gestisce il
sistema informativo e divulgativo, è di stimolare la motivazione di chi
appartiene ad uno status più basso, con educazione minore, aumentando
le possibilità di accesso alle informazioni (Kwak, 1999), cosa che
senz’altro è accaduta con l’avvento di Internet e soprattutto del Web 2.0.
Ma il knowledge gap è davvero diminuito?

27
4. Internet, digital divide, knowledge gap

La diffusione su larga scala della rete di comunicazioni che noi


comunemente chiamiamo ‘Internet’ ha portato con sé numerosi
cambiamenti, insinuandosi in ogni aspetto della vita di tutti i giorni. Gli
ambiti in cui si riscontrano i maggiori cambiamenti sono il mondo
dell’informazione e della comunicazione e questo è stato evidente sin da
subito. Di pari passo alla diffusione di Internet e degli strumenti
tecnologici che hanno accompagnato e accompagnano tuttora la sua
espansione si è andato plasmando il concetto di digital divide, il divario
tecnologico che si riscontra tra chi ha accesso alle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione e chi, per motivi che possono
essere di natura economica, sociale, di genere o geografica, ne è escluso
(National Telecommunications and Information Administration, 1998).
Questa locuzione, nata negli anni Novanta ed affermatasi grazie all’uso
fattone in un discorso ufficiale dall’allora presidente degli Stati Uniti
d’America Bill Clinton, ha così iniziato ad indicare una serie di barriere ed
ostacoli che certi gruppi sociali e determinate porzioni della popolazione
mondiale si trovano ad affrontare; in fondo è immediato pensare, anche
banalmente, come su scala globale ci siano zone economicamente più
floride e conseguentemente capaci di affrontare senza problemi
l’implementazione delle proprie strutture ed infrastrutture per adeguarsi ai
continui sviluppi tecnologici ed altre che, purtroppo, fanno già fatica a
dotarsi di tecnologie legate a necessità ben più fondamentali per le
popolazioni. Ma il digital divide è riscontrabile anche a livello locale, in
contesti ben più limitati rispetto alla popolazione mondiale, a causa delle
differenze economiche e culturali presenti all’interno di ogni gruppo
sociale eterogeneo. Con la diffusione sempre maggiore delle ICT
(Information and Communication Tecnologies) la nozione di digital divide
è stata riconsiderata ed ampliata per essere meglio adattata alla
situazione in continua evoluzione, diventando più dinamica, proprio come
i processi che descrive. Attualmente i ricercatori sono concordi nel
distinguere due aspetti fondamentali di questo fenomeno, l’accesso fisico
alle tecnologie digitali, altrimenti definito digital divide di primo livello e
l’accesso sociale, l’uso effettivo di Internet e degli strumenti tecnologici e
le relative abilità necessarie per conseguirlo, anche chiamato digital
divide di secondo livello (Kling, 1999; Hargittai, 2002). E’ ora importante
più di tutto indagare quale tipo di attività le persone svolgono in rete,
come le svolgono ed esaminare i divari che ne conseguono (Hargittai &
Hinnant, 2008).

In questa sede è interessante prendere in considerazione questo filone di


ricerche poiché spesso si è intersecato con le ricerche sul knowledge gap
in relazione ai media digitali, Internet in primis. Questi due ambiti di
ricerca sono oggi entrambi approdati allo stesso punto: analizzare non
solo l’accesso fisico alle tecnologie, nel caso del digital divide, o l’accesso
alle notizie e all’informazione, quando si parla di knowledge gap, ma ci si
è iniziati ad interrogare sull’uso che ciascun individuo fa di questi
strumenti. Lo studioso di media svizzero Heinz Bonfadelli (2002) afferma
anch’egli come ormai, in particolar modo dopo la diffusione di Internet su
vasta scala, sia necessario comprendere che c’è anche un knowledge
gap di secondo livello, più profondo, proprio come è accaduto per il digital
divide. Gap di conoscenza infatti, si verificano anche a causa dei
differenti modi di recepire i messaggi mediatici, il ché porta a considerare
non solo il background culturale dei singoli individui, che
precedentemente è stato abbondantemente indagato, ma piuttosto a
focalizzarsi sulle ‘nuove abilità’ necessarie ad un uso consapevole del
web (Hargittai & Hinnant, 2008).

29
Bonfadelli (2002) riporta i dati del MA Net, un database in cui
confluiscono i dati dello studio MACH Basic svolto in Svizzera, varie
indagini telefoniche svolte su campioni di 10000 persone ogni due anni,
riguardanti l’accesso e l’uso di Internet e i relativi dati demografici dei
campioni (vedi tabella 5). Anche in questo caso l’educazione risulta
essere ancora il fattore di influenza principale per quanto riguarda l’uso di
Internet, seguito da reddito, età e genere. L’autore ipotizza che chi
possiede una buona educazione abbia maggiori capacità e abilità che gli
permettono di sfruttare al meglio Internet e una situazione economica
agiata per abbattere le barriere dei costi degli strumenti tecnologici come i
computer; inoltre i più concordano che un uso legato all’informazione ha
buone probabilità di aumentare la conoscenza politica, la partecipazione
e l’inclusione e le opportunità sociali degli utenti (Hargittai e Hinnant,
2008) .

Tabella 527

Utente Maggi 1997/9 Maggio 1998/9 Maggio 1999/200 Aument


o- 8 - 9 - 0 o
Ottobr Ottobre Ottobre
e 1998 1999
1997
Totale 10.8 15.6% 19.1% 24.7% 26.3% 33.4% +23%
%
Uomini 16 23 27 34 35 43 +27%
Donne 6 8 12 16 18 24 +18%
Divario +10% +15% +15% +18% +17% +19%
di
genere

27
Adattata da Bonfadelli (2002) p. 75.
14-29 14 22 29 40 40 50 +36%
anni
30-39 14 22 24 29 33 41 +27%
anni
40-49 13 16 18 26 29 37 +27%
anni
50+ 4 6 8 9 10 15 +11%
anni
Divario +10% +16% +21% +31% +30% +35%
di età
8000+ 22 28 37 44 46 56 +34%
SFr.
4000- 9 13 17 22 23 30 +21%
8000
SFr.
Fino a 4 7 6 10 10 12 +8%
4000
SFr.
Divario +18% +21% +31% +34% +36% +44%
di
reddito
Univer 32 47 47 54 60 69 +37%
sità
Ginnas 19 27 32 40 44 52 +33%
io
Istituto 7 10 14 19 23 29 +22%
profes
sionale
Liceo 3 5 6 10 14 19 +16%

31
Divario +29% +41% +42% +44% +46% +50%
di
educaz
ione

Andando avanti però viene messo in evidenza che già nel Duemila,
quando gli utenti della rete erano aumentati ed iniziavano ad essere
presenti utenti di profilo inferiore, il gap nell’utilizzo di Internet aumentava
di conseguenza: il 75% delle persone usava servizi di comunicazione
come le e-mail e consultava orari di viaggio tramite i motori di ricerca
mentre ad usare servizi di Internet Banking, di prenotazione di viaggi o
videogiochi era una percentuale tra il 25% e il 33%. Anche altre ricerche
confermano questi dati, riportando come l’educazione elevata sia
positivamente correlata con attività di ricerca di una nuova occupazione,
l’uso di Internet Banking e altri servizi ed informazioni finanziarie o per
ricerche riguardanti la politica o i servizi sanitari (Hargittai e Hinnant,
2008). La mole potenzialmente illimitata di contenuti resi disponibili dal
web e la selezione attiva e continua degli utenti, allora come adesso, crea
una moltitudine di utenti della rete diversi, ma in linea generale gli
internauti con una migliore educazione si servono della rete a scopo
informativo e/o educativo e per usufruire dei servizi che essa offre mentre
la parte restante si affida ad Internet prevalentemente per svago ed
intrattenimento. Di ciò sono essi stessi già consapevoli, ben l’85%, infatti,
di quelli che hanno una buona educazione si definiscono utenti di livello
avanzato (Bonfadelli, 2002).

4.1 Vecchi media e nuovi media.

Si è già discusso su quanto lo status socioeconomico sia una


variabile fondamentale negli studi sul knowledge gap e abbiamo già detto
come gli appartenenti ad un alto SES siano più probabilmente orientati
verso notizie di informazione ed opinione mentre coloro con un basso
SES si relazionino soprattutto con notizie di sport ed intrattenimento. Wei
ed Hindman (2011), supportati da ricerche di altri studiosi, fanno notare
come il gap nell’approccio ai differenti contenuti mediatici venga
aumentato dal web rispetto ai media tradizionali (quotidiani, televisione,
radio). La causa di ciò è attribuita alla stessa struttura dei vecchi media:
sia nei giornali che in televisione, lettori e telespettatori sono
costantemente guidati alla fruizione, i contenuti principali assumono
sempre posizioni di rilievo e sono ridondanti in modo che anche non
essendo interessati risulti quasi impossibile ignorarli del tutto; sui media
tradizionali inoltre intrattenimento ed informazione sono presenti quasi in
egual misura, ne consegue quindi un’offerta piuttosto omogenea in cui è
difficile, per lettori, telespettatori e ascoltatori, non incappare. C’è, in
pratica, una pre-selezione dei contenuti.

Al contrario navigando in rete l’utente si trova in un mondo sconfinato di


notizie non immediatamente visibili ma che devono essere da lui ricercate
e selezionate; si finisce così per avere un controllo delle informazioni mai
avuto prima. Com’è vero però che online è disponibile ogni sorta di
informazione, è anche vero che molte delle informazioni presenti possono
essere fasulle o fuorvianti e di conseguenza è necessario che l’internauta
sappia cercare in maniera corretta ciò di cui ha bisogno, che sappia
rendersi conto se le fonti che sta consultando sono attendibili o meno e
che sappia inquadrare nel giusto contesto le informazioni per poi
interpretarle e apprenderle nella maniera più corretta. In poche parole
dev’essere capace di svolgere il ruolo che prima di Internet aveva il
giornalista. Nella tabella 6 vengono illustrate le maggiori differenze

33
riguardo al knowledge gap tra i vecchi media ed internet riportate da
Bonfadelli (2002).

Tabella 628

TV e Stampa Internet
Acquisizione di Omogenea e filtrata Eterogenea e
informazioni dal giornalista potenzialmente illimitata
Frammentazione del Facile accesso e uso Accesso limitato a
pubblico già consolidato causa di barriere
economice/tecnologiche
Ricerca delle Uso basato sulle Uso basato sulle
informazioni competenze e la competenze e la
individuale motivazione personale motivazione personale
Crescente Knowledge gap Knowledge gap
disintegrazione dei derivanti da derivanti da mancanza
programmi e della educazione e di abilità appropriate e
conoscenza motivazione di accesso al mezzo.
condivisa

Un’altra ricerca, che ha messo a paragone i lettori del New York Times
cartaceo e della versione online, ha evidenziato come i secondi
difficilmente si orientassero verso articoli di impronta politica o verso
articoli che comunque nella versione cartacea erano in primo piano
(Tewksbury & Althaus, 1999). Le ricerche online infatti, rispecchiano lo
status e le preferenze degli utenti, basandosi maggiormente su una
selezione attiva degli stessi. Anche Wei ed Hindman (2011) propongono
una loro analisi basata sui dati dell’American National Election Studies

28
Adattata da Bonfadelli, 2002 p. 73.
Panel Study 2008-2009. I dati sono raccolti tramite interviste telefoniche
in tutti gli stati ai cittadini al di sopra dei 18 anni. Le ipotesi avanzate dai
ricercatori sono le seguenti:

H1: SES is more closely associated with the informational use of the Internet
than with the access to the Internet.29

H2: SES is more strongly associated with the informational use of the Internet
than with that of the traditional media.30

H3: The SES-based knowledge gap is larger among Internet users than among
traditional media users.31

La prima ipotesi è supportata dall’analisi in quanto tra educazione ed uso


informativo di Internet c’è un indice di correlazione p<.01 mentre nel caso
dell’accesso ad Internet l’indice non è significativo. Parzialmente
supportata è invece la seconda ipotesi: i dati dimostrano che c’è una
maggiore correlazione tra l’uso informativo di Internet rispetto a quotidiani
e televisione ma non rispetto alla radio. In ultimo, la terza ipotesi è
dimostrata come si evince dalle figure 2, 3, 4 e 5, anche se nel caso della
televisione e della radio i dati sono poco significativi.

29
Wei e Hindman, 2011 p. 219: “Lo status socioeconomico è maggiormente associato ad
un uso educativo di Internet che all’accesso ad Internet. “

30
Wei e Hindman, 2011 p. 221: “Lo status socioeconomico è più strettamente legato ad
un uso educativo di Internet che a quello dei media tradizionali.”

31
Wei e Hindman, 2011 p. 222: “Il knowledge gap basato sull’educazione è maggiore tra
gli utenti di Internet che non tra i fruitori dei media tradizionali.”

35
Figura2 Figura 3

Uso educativo di Internet Uso educativo della TV


15 2
1,5
10
1
5
0,5
0 0

alto SES basso SES alto SES basso SES

Figura 4 Figura 5

Uso educativo della radio Uso educativo dei


5 quotidiani
4 15

3
10
2
5
1

0 0

alto SES basso SES alto SES basso SES

Tornando dunque alla domanda con cui avevamo chiuso il capitolo


precedente, se Internet cioè fosse riuscito a diminuire il divario di
conoscenza, visti i dati empirici e le argomentazioni di vari ricercatori
possiamo affermare che purtroppo non sembra ancora esserci riuscito, al
contrario anzi ha aumentato il knowledge gap basato sull’educazione.

Ricerche di qualche anno prima sembrano dimostrare come sia la


televisione ad avere più effetto come educatrice sui meno scolarizzati
poiché risulterebbe loro più accessibile e comprensibile rispetto ai
quotidiani, spesso troppo complessi e di difficile approccio per buona
parte delle persone (Kieinnijenhuis, 1991).
Un’altra ricerca si è poi concentrata sul nesso tra l’uso dei media e le
capacità cognitive dei singoli nell’apprendimento. È emerso come coloro
che avevano scarse capacità cognitive preferissero la televisione come
fonte di informazione mentre quelli che avevano capacità elevate o medie
preferivano i quotidiani (Neuman et al., 1992). La spiegazione ipotizzata è
che la televisione, come detto precedentemente, compie tutta un’opera di
contestualizzazione delle informazioni soprattutto attraverso le immagini,
che rende più comprensibile ciò che invece sui giornali appare astratto e
distante; così chi ha meno capacità cognitive si trova a dover affrontare
sforzi di raccolta e recupero delle informazioni minori. Da questi dati si
può quindi dedurre che il medium più efficace nella diffusione e ricezione
dei contenuti sia proprio la televisione.

4.2 Un caso particolare

Fino ad ora tutti i lavori presi in esame si basavano su dati e ricerche


svolte, se non negli Stati Uniti d’America, comunque in Paesi dove vige
un sistema politico democratico, plurale e in cui c’è una relativa libertà di
stampa. Un lavoro per certi versi differente, che analizza il knowledge gap
in un nuovo contesto, è quello della ricercatrice Debbie Goh pubblicato lo
scorso anno in relazione al ruolo delle fonti alternative di informazione
che si trovano online, in un sistema politico autoritario. La ricerca analizza
il divario di conoscenza basato sull’educazione tra la popolazione di
Singapore, facendo però una distinzione tra media convenzionali e media
alternativi online.

Sebbene Singapore sia infatti una repubblica, ha un sistema di


informazione fortemente autoritario, tanto da essere stato classificato nel

37
2014 come 153esimo Paese per libertà di stampa nel report Global Press
Ranking stilato da Freedom House. I media convenzionali sono quindi
gestiti e controllati dal partito politico al potere, che usa stampa, radio e
televisione per costruire consenso ed identità nazionale e che ricorre
costantemente a censura e campagne diffamatorie verso chiunque tenti
di portare alla luce fatti ed opinioni alternative, portando avanti una vera e
propria propaganda autoritaria. Nonostante ciò è possibile trovare in rete,
su siti web e blog, una maggiore pluralità di voci anche in relazione ad
argomenti strettamente legati alla sfera politica. Si tratta soprattutto di
casi di citizen journalism, notizie scritte da persone non appartenenti al
mondo del giornalismo professionale che usano un linguaggio
sicuramente più colloquiale e comprensibile e che contestualizzano
maggiormente gli argomenti trattati rispetto ai giornali tradizionali (Pang e
Goh, 2015). Ciò è fondamentale per capire alcuni risvolti della ricerca.
Inoltre Singapore è tra i Paesi più digitalizzati al mondo, nel 2010 ben
l’84% della popolazione dichiarava infatti di avere almeno un computer a
casa (Infocomm Development Authority of Singapore, 2013). L’autrice ci
parla di conoscenza politica, svolge infatti le ricerche analizzando il
comportamento degli elettori alle elezioni politiche generali del 2011; a
Singapore votare è obbligatorio per tutti i cittadini al di sopra dei 21 anni
anche se alla fine il partito al comando dal 1965, anno dell’indipendenza,
è il PAP (Partito d’Azione Popolare) che occupa la quasi totalità dei seggi
parlamentari. In più solo dal 2010 Internet è stato liberalizzato e le
persone possono intraprendere attività politiche online senza dover
essere necessariamente registrate. Questa nuova regolamentazione ha
aperto uno spiraglio di ottimismo in vista delle successive elezioni,
lasciando sperare che i partiti d’opposizione avrebbero avuto maggiori
possibilità di rendersi noti. E in un certo senso così è stato. È diventato
più semplice poter contestare il partito al governo, nonostante le smentite
ufficiali e le diffamazioni. Online era quindi possibile sentire una pluralità
di voci che si discostavano da quella ufficiale.
Premesso ciò le ipotesi indagate sono le seguenti:

H1: Alternative media users will be more knowledgeable about opposition parties
in Singapore than mainstream media users.32

H2: Education will moderate the effect of alternative media use on knowledge
such that as alternative media use gets more intensive, knowledge gain will be
much greater for highly educated voters than for low-educated voters.33

L’analisi dei dati dà credito alla prima ipotesi, in un sistema


d’informazione autocratico le fonti alternative di notizie online forniscono
buona parte delle informazioni riguardanti i partiti d’opposizione, mentre i
media tradizionali evitano questo genere di notizie o al massimo fanno
disinformazione; in più sono coloro che hanno una minore educazione a
giovare maggiormente di queste notizie, riuscendo ad essere più
consapevoli ed informati e riducendo di conseguenza il knowledge gap
con gli individui con educazione maggiore, andando contro le teorie
originarie sul knowledge gap. Ma nel momento in cui subentra un
maggiore uso dei media tradizionali, la conoscenza acquisita diminuisce,
dimostrando che i media alternativi giocano ancora un ruolo secondario
nel mondo dell’informazione. Ciò però potrebbe anche essere causato da
biases di autoconvalida, considerando che con molta probabilità i fruitori
dei media tradizionali sono sostenitori del governo, che continuamente

32
Goh, 2015 p. 884: “Gli utenti dei media alternativi saranno più informati sui partiti di
opposizione a Singapore rispetto ai fruitori dei media tradizionali”.

33
Goh, 2015 p. 884: “L’educazione modererà l’effetto dell’uso dei media alternativi sulla
conoscenza così che ad un uso intensivo dei media alternativi, l’acquisizione di conoscenza
sarà maggiore per gli elettori con educazione maggiore rispetto a quelli con un educazione
minore”.

39
smentisce le notizie pubblicate sul web. Il fatto che chi è meno
scolarizzato abbia beneficiato maggiormente di questo nuovo canale
informativo è attribuibile alla relativa semplicità e colloquialità dello stile
delle fonti, di cui si è già discusso (Goh, 2015). Ciò che a noi risulta
anomalo, date le precedenti analisi, è che all’aumentare del flusso delle
informazioni, non siano quelli con un’educazione maggiore a beneficiarne
bensì il contrario, diminuendo così il divario di conoscenza all’interno
della popolazione.

In questo caso Internet è riuscito ad omogeneizzare l’acquisizione di


informazioni e a rendere i cittadini più consapevoli e documentati riguardo
ai nuovi partiti, ai loro candidati e ai loro propositi.
5. Limiti delle ricerche

Un problema fondamentale negli studi del knowledge gap


purtroppo sta nel comparare le varie ricerche. Troppo spesso infatti capita
che le interviste vengano strutturate in maniera diversa, ad esempio
proponendo domande a risposta aperta piuttosto che domande a risposta
chiusa; un problema che ricorre in buona parte delle ricerche è quello
della definizione di educazione, che non ha uno standard già ben definito
di per sé e in molti studi questa variabile viene indicata senza però essere
definita e contestualizzata. Ogni ricerca inoltre, analizza campioni
quantitativamente e qualitativamente differenti e quando la differenza è
consistente può modificare gli esiti delle analisi, senza contare che i
metodi di campionamento usati non sono gli stessi per tutte le ricerche
(Gaziano, 1982). Anche il concetto di conoscenza è sfumato: a volte
viene indagato il livello di consapevolezza riguardo ad un argomento,
altre volte le convinzioni, altre volte ancora ci si preoccupa di vedere se
c’è una conoscenza profonda e concreta dei fatti. Inoltre sembra che il
knowledge gap risulti maggiore se esaminato in un sondaggio piuttosto
che in un esperimento ad hoc, probabilmente perché negli esperimenti
viene indagato il livello di conoscenza riguardo ad argomenti limitati e
specifici, come negli esperimenti del Minnesota Team, mentre nei
sondaggi ci si concentra solitamente sulla conoscenza di argomenti di
ordine generale, una conoscenza spesso più complessa (Hwang e
Jeong, 2009).

C. Gaziano (1982), ricercatrice statunitense che ha dedicato molti dei


suoi lavori alle ricerche sul knowledge gap, in una sua meta-analisi pone
particolare attenzione alla distinzione tra i gli studi trasversali e quelli
longitudinali. È emerso in maniera chiara come cambiando approccio

41
anche i risultati variassero. Nel primo caso, gli studi tendono a
confermare la teoria iniziale, quindi la correlazione tra la conoscenza e
l’educazione dei soggetti, che può essere modificata positivamente o
negativamente da altre variabili. Secondo Gaziano però un limite è
rintracciabile nel fatto che i risultati correlazionali sono spesso troppo
poco rilevanti per determinare in maniera sicura se questi fattori
aumentino o riducano il gap in base alla copertura mediatica. Maggior
affidabilità invece è attribuita alle ricerche condotte a più riprese nel
tempo, sebbene anche qui si possano rintracciare problematiche. Delle
quindici ricerche e sondaggi da lei analizzati, condotti secondo questo
metodo, alcune mostrano come il divario si riduca mentre l’altra metà
asserisce il contrario; la conclusione a cui giunge l’autrice in questa prima
fase è “the higher the education, the greater the knowledge of various
topics”34, che non è la stessa conclusione a cui giunge il team Tichenor-
Donohue-Olien, poiché la loro ricerca implicava lo studio della diffusione
delle notizie sui media di massa. In questo caso invece si espande il
numero delle variabili che possono influenzare il fenomeno, ad esempio
quando sono state fatte le interviste, il tipo di argomento, l’interesse degli
intervistati, il loro coinvolgimento. Talvolta a fare le differenza può
concorrere anche il modo in cui le domande sono poste dagli intervistatori
o il fatto che si tratti di domande aperte o chiuse.
C’è poi una carenza di chiarezza e concettualizzazione riguardo alla
definizione di alcune variabili come motivazione, interesse,
partecipazione e coinvolgimento e una più generale prospettiva teorica
del fenomeno. L’interesse è misurato attraverso la partecipazione politica,
altre volte lo stesso concetto viene misurato in una prospettiva

34
“Maggiore è l’educazione, maggiore sarà la conoscenza di vari argomenti”, C. Gaziano
1982, p. 28.
attitudinale, altre volte ancora in una prospettiva comportamentale
(Gaziano, 1997; Kwak 1999).
Da considerare è anche il fattore disinformazione: in varie ricerche infatti,
ci si è spesso trovati davanti a soggetti che avevano male interpretato le
notizie e ciò è stato riscontrato soprattutto tra coloro che seguono le
notizie in televisione anziché tra quelli che leggono i giornali, sebbene
questi dati non siano stati analizzati in termini di knowledge gap (Stroman
e Seltzer, 1989). Una possibile spiegazione del fenomeno potrebbe
dipendere dal fatto che le persone hanno due differenti modi di
approcciarsi alle informazioni che ricevono, definiti per via centrale e per
via periferica (Cacioppo et al., 1986). Nel primo caso le informazioni
vengono ascoltate, analizzate, interpretate e comparate con le proprie
conoscenze pregresse mentre per via periferica si procede in maniera
superficiale, badando più al contesto o ad altri elementi persuasivi che ai
concetti in sé. Tendenzialmente nel momento in cui ci si relaziona con un
giornale le persone si dedicano esclusivamente alla lettura,
concentrandosi sulle notizie riportatevi e quindi, più probabilmente,
elaborandole per via centrale. Il discorso della televisione è ben diverso:
spesso capita di avere il televisore acceso e di ascoltarlo in maniera
disinteressata o distratta acquisendo così solo parte delle informazioni o
stravolgendo il senso del messaggio. In questo caso le informazioni
vengono assimilate senza resistenza poiché viene meno tutto quel
processo di analisi e comparazione con le proprie conoscenze; un’altra
conseguenza è che le informazioni acquisite per via periferica rimangono
nella mente solo per un breve periodo di tempo. Non risultano però, ad
ora, ricerche che abbiano considerato il rapporto tra knowledge gap e
modalità di elaborazione delle informazioni.

43
Per quanto riguarda i media analizzati, quasi trent’anni dopo i primi studi
c’è ancora una prevalenza di ricerche focalizzate sulla stampa; solo
poche ricerche esaminano l’influenza della televisione e del web sulla
conoscenza, ancor meno sul knowledge gap.
6. Conclusioni

Dopo aver esaminato la letteratura ad ora disponile sul knowledge


gap quello che viene fuori è preoccupante: nel secondo millennio, in una
società letteralmente bombardata da costanti informazioni, c’è ancora
una rilevante, troppo rilevante, disparità tra le persone. E tutto ciò
purtroppo continua a ripercuotersi sulla società in un circolo che
sembrerebbe non interrompersi mai. Radio, giornali, televisione, Internet
e qualsiasi altro medium non riescono a raggiungere tutti allo stesso
modo, ed il problema non dipende da chi trasmette i messaggi, ma da chi
li riceve.
Nel 1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità in un report inerente al
programma di salute mentale, definisce le cosiddette life skills, le abilità
necessarie per avere una competenza psico-sociale, per avere cioè la
capacità di affrontare le sfide che la vita quotidianamente presenta, e
sono le seguenti:

 Decision making, la capacità di prendere decisioni in maniera


costruttiva;
 Problem solving, l’abilità di affrontare e superare al meglio i
problemi;
 Pensiero creativo;
 Senso critico;
 Comunicazione efficace;
 Abilità nelle relazioni personali;
 Autocoscienza;
 Empatia;
 Gestione delle emozioni;
 Gestione dello stress;

45
Fondamentale nel nostro caso è lo sviluppo di un buon senso critico, la
capacità di comprendere e valutare tutti quei fattori che influenzano la
società in cui viviamo, a partire dai valori, i condizionamenti derivanti dal
gruppo e soprattutto dai media. Queste life skills, se apprese, permettono
di trasformare conoscenza, valori e attitudini dei singoli in abilità concrete
da spendere per ottenere sempre il meglio dalle varie situazioni della vita.
Bandura (1977) nella sua teoria dell’apprendimento sociale, spiega come
i bambini ed i ragazzi si formino sia grazie alle loro esperienze sia
osservando le persone intorno a loro, i loro comportamenti e le
conseguenze che ne derivano, definendo così l’apprendimento come un
processo attivo e costruito gradualmente attraverso le esperienze.
Proprio per questo andrebbero riconsiderate molte cose all’interno della
nostra società. Le famiglie e le agenzie culturali dovrebbero promuovere
lo sviluppo delle life skills prima di tutto ed in secondo luogo ad una
buona alfabetizzazione informatica.

Le digital skills, abilità digitali, sono ormai imprescindibili per poter vivere
nella società odierna; definite come un insieme di capacità e abilità sociali
e attitudinali di livello basilare, operativo o cognitivo, in un report del
governo britannico di quest’anno sulle abilità digitali per l’economia
britannica viene indicato come debba essere lo stesso governo a
provvedere a rendere adatte le condizioni per il loro sviluppo, a dirigerle e
coordinarle. Il report, avendo un’ottica meramente economica e legata
allo sviluppo dell’economia nel campo dell’ICT in modo particolare,
sottolinea come la mancata acquisizione di queste abilità possa
precludere molte possibilità lavorative. Espandendo il campo di analisi
però viene immediato considerare come la mancanza delle life skills
assieme alle digital skills porti ad un esclusione sociale: come abbiamo
già accennato, le disparità a livello informativo e conoscitivo portano una
parte, sempre minoritaria, della popolazione a prendere il sopravvento e
ad acquisire potere sociale mentre il restante troppo spesso non riesce a
comprendere neanche ciò che gli accade attorno.

Dal momento che il web è una risorsa dalle potenzialità pressoché


infinite, che ha i requisiti per diminuire queste disparità intellettuali e
sociali, è ora che famiglie e agenzie culturali si preoccupino di sviluppare
nei giovani, ma non solo, le abilità funzionali necessarie a sfruttare al
meglio i molteplici strumenti che abbiamo oggi a disposizione. E’ dalla
conoscenza che deriva il potere, e il potere, come la conoscenza,
possono essere di tutti.

47
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