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Il filosofo francese Auguste Comte è il primo studioso a parlare della sociologia come sapere scientifico, dotato di autonomia e specificità.
:
Secondo tale legge, nel corso della storia il cammino della conoscenza prende le mosse da
uno “stadio teologico”, nel quale i fenomeni naturali e storico-sociali vengono spiegati
come il prodotto diretto dell’azione divina.
Infine, nello <stadio positivo>, l’uomo perviene a una conoscenza scientifica dei
fenomeni, libera da influenze mitico-religiose.
Conoscere scientificamente gli eventi significa infatti sottoporre a osservazione,
individuare tra essi relazioni constanti e infine formulare una legge.
La fisica sociale:
Il dominio intellettuale e sociale della scienza secondo lo studioso avrebbe dovuto permettere di unire il genere umano sulla base di valori comuni e condivisi,
così come un tempo aveva fatto la religione.
Verso la fine della sua vita arriva addirittura a predire l’avvento di una nuova “religione laica”, oggetto di adorazione e che al pari di ogni religione avrebbe
dovuto avere i suoi templi, i suoi sacerdoti, perfino i suoi sacramenti, naturalmente ispirati al culto della scienza dello spirito positivo.
Marx e la concezione materialistica della storia
L'intento del tedesco Karl Marx è quello di realizzare un’analisi globale della realtà e della storia che spazi dalla filosofia all’economia alla politica, all’interno della
quale trova spazio anche una precisa concezione della società
Marx parte dal presupposto che la storia umana sia prima di tutto un evento materiale, i cui attori sono gli
esseri umani impegnati nella produzione dei beni necessari al soddisfacimento dei loro bisogni.
Ogni epoca storica è caratterizzata da un determinato livello di sviluppo di ciò che Marx chiama <forze produttive>
(ovvero gli uomini che producono e i mezzi di cui si servono per farlo);
A ogni livello di sviluppo corrisponde una precisa configurazione della società, al cui interno gli individui occupano
posizioni diverse, determinate dal rapporto che intrattengono con i mezzi di produzione (<rapporti di produzione>).
Marx chiama classe sociale ognuna di queste “posizioni”
La lotta di classe:
La divisione della società in classi sociali è sempre esistita, così come il conflitto che si instaura tra loro.
Nel Manifesto del partito comunista, opera pubblicata nel 1848 in collaborazione con l’amico Friedrich Engles, Marx
dichiara che la storia di ogni società fin ora esistita è storia di lotte di classi.
Nell’età contemporanea si afferma il CAPITALISMO, un sistema economico fondato sull’accumulazione di capitali, e sul loro reinvestimento nelle attività produttive
dell’industria.
In base a questo meccanismo di produzione si contrappongono le due classi sociali sorte dalla RIVOLUZIONE INDUSTRIALE:
Il proletariato= la classe operaia che possiede soltanto la propria forza lavoro e quella dei propri figli
L’incremento dei profitti portano all’economia capitalista, infatti, ha come sua condizione lo sfruttamento della classe operaia (poiché non prende parte al
guadagno della borghesia e produce beni che vengono utilizzati da altri) ed è costretta a vivere con salari di pura sussistenza.
La lotta tra borghesia e proletariato non si concluderà, secondo Marx, con la vittoria di uno dei due, ma con l’apporto al comunismo, cioè a una società senza
classi, dove sarà abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione.
La classe dominante dal punto di vista economico esercita il suo potere sulle idee che circolano nella società in cui opera.
La visione del mondo elaborata dalla classe dominante è legata alla sua posizione sociale e ai suoi interessi, quindi non può essere obbiettiva.
Marx chiama ideologia la rappresentazione falsata della realtà elaborata da una certa classe sociale per difendere i propri interessi.
Il rovesciamento del dominio capitalista presuppone anche lo smascheramento dell’ideologia borghese e l’acquisizione da parte della classe operaia di una coscienza
di classe, ovvero la piena consapevolezza di se e della propria condizione di sfruttamento.
Durkheim e la definizione dei “fatti sociali”
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Individuo e società:
Secondo Emile Durkheim gli esseri umani hanno una rappresentazione distorta della realtà a
causa della loro tendenza a spiegare i fatti sociali in termini individuali.
Il senso comune, secondo lui, intende la società come un aggregato di persone, ciascuna con
caratteristiche proprie;
e concepisce la vita collettiva come la somma delle azioni e interazioni di queste stesse
persone.
Riconosce che sull’individuo operano “tendenze collettive”, cioè condizioni comuni all’intera
società in grado di guidare le sue azioni e i suoi pensieri.
Con gli oggetti fisici studiati dalle scienze naturali, i fatti sociali sono vere e proprie “cose”,
cioè realtà che si impongono a noi dall’esterno e che possiamo attingere soltanto per mezzo di
osservazioni empiriche.
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eminentemente “sociale”.
1. SUICIDIO EGOISTICO:
avviene quando l’integrazione sociale è debole e l’individuo può fare affidamento soltanto sulle proprie risorse, senza poter contare sull’aiuto altrui.
2. SUICIDIO ALTRUISTICO:
si verifica quando l’individuo ripone il significato della propria esistenza nella collettività, al punto da mettere al primo posto il bene del gruppo.
3. SUICIDIO ANOMICO:
accade quando viene meno il potere morale della società di disciplinare le passioni dell’individuo e di stabilire il giusto limite ai suoi desideri, generando confusione
e incertezza
Secondo Durkheim per attuare misure preventive nei confronti dei suicidi è necessario promuovere la coesione sociale, cioè il legame tra i diversi membri della
società.
Nell’opera La divisione del lavoro sociale egli individua due tipi di coesione realizzabile all’interno del tessuto sociale: