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INTRODUZIONE

Benadusi, in questo libro, affronta la tematica della concezione della scuola, proponendo
un’immagine scaturita dall’interazione di un insieme di fattori (economici, politici, sociali e
culturali).
La tematica della concezione della scuola è una sorta di itinerario, attraverso il quale, l’autore
presenta il concetto più generale di sociologia dell'educazione.

Come già detto anche nel libro di Selwyn, quando abbiamo fatto un excursus storico sui
principali media legati all’educazione, negli anni 50-60 si diffuse un’immagine
dell’educazione basata su un forte ottimismo (quegli anni furono di grande sviluppo
economico e di stabilità sociale).
L’ottimismo infatti si diffuse grazie a politiche di finanziamento e sviluppo per la scuola,
finalizzate a compensare la crescente domanda di competenze e conoscenze richieste a causa
dell’ascesa delle economie industriali capitaliste.

Benadusi indica due sfumature di questa concezione ottimista:

1. La prima, più conservatrice in senso di valori e di cultura, demarca le funzioni della


scuola: socializzazione, sano sviluppo della personalità, integrazione sociale, arginare
possibili devianze;
2. La seconda, più futurista, guarda alla scuola possibile attraverso delle riforme
rivolte alla democratizzazione e modernizzazione. In questa visione la scuola attuale
viene vista come un intralcio al progresso economico e sociale a causa dei suoi
contenuti arcaici. La riforma quindi sarebbe basata sui contenuti e sui metodi,
venendo meno il principio tradizionale della pedagogia: una pedagogia basata non sul
discente ma sull’interazione tra insegnante e allievo, inserita in un contesto di
democrazia in tutti i campi.

Verso gli anni 70, la stagione aurea del capitalismo, quindi economia e sviluppo andarono in
crisi.
Da un’immagine positiva della scuola si passò ad una negativa, soprattutto le nuove
generazioni provavano grande frustrazione dando vita a movimenti rivoluzionari, riformisti
anti pedagogisti.
Nacque anche una teoria, a supporto di questa immagine negativa, nata dal lavoro di
Collins e Boudon chiamata la teoria dello spreco.
In questa teoria la scuola si dimostra lontana dall’adempiere sia le funzioni negative
(attribuite dalla sociologia radicale e marxista) sia da quelle positive (attribuite dalla
sociologia struttural-funzionalista). Gli autori colgono una situazione non molto lontana da
quella attuale, in cui dominano incertezza e indeterminazione delle funzioni sociali
dell’istituzione scolastica, andando anche a sostegno appunto di una nuova versione di
immagine negativa che vede la scuola improduttiva e dispendiosa.

Questa crisi dell’immagine positiva dell’educazione ha portato alla luce delle problematiche a
cui viene incontro la sociologia dell’educazione che contribuisce a compiere una ricerca
interdisciplinare.

CAPITOLO I (EMILE DURKHEIM)


Nel primo capitolo, trattiamo del fondatore della sociologia dell’educazione Emile
Durkheim tracciando un itinerario teorico basato sulle sue opere.
Durkheim si pose l’obiettivo di fare dell’educazione lo strumento di un progetto di
riequilibrio sociale e considerava positivo l’avvento delle società pluralistiche caratterizzate
da una crescente eterogeneità, anche se allo stesso tempo, riconosceva che un eccesso di
individualizzazione poteva portare al pericolo di lacerazione delle credenze e degli ideali
condivisi.
Nella sua opera “la divisione del lavoro sociale” tracciò uno schema evolutivo basato
sull’assunto per cui nella società si basa su una solidarietà non razionale tra individui,
solidarietà da cui derivano sentimenti di fiducia ed appartenenza.
Durkheim divise due forme di solidarietà: la solidarietà meccanica, basata sulla
somiglianza degli individui e dei valori, caratterizzata dall’estensione della coscienza
collettiva (che non può dirsi la somma delle coscienze individuali essendo che è un entità a
se stante, con sue proprietà e modi di svilupparsi).
Questo tipo di solidarietà da vita alle società segmentarie, società semplice in cui gli
individui sono legati tra loro creando gruppi isolati.
Durkheim parte dal presupposto che per ricostruire i contenuti della coscienza collettiva
occorre guardare all’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri
della società appartenente ai singoli ma nonostante ciò la coscienza collettiva non è la
somma di quelle individuali, è più un tipo psichico di società che ha delle caratteristiche
proprie e dei propri modi di svilupparsi.
Nel momento in cui la solidarietà meccanica tocca il suo apice, il tipo individuale e collettivo
coincidono.
Possiamo collegare questa visione alle teorie deterministiche dove appunto il
comportamento individuale viene considerato come un mero prodotto delle strutture sociali
e le intenzionalità soggettive non hanno rilevanza. L’interiorizzazione coincide con una
forma indiretta di coercizione.
Invece la solidarietà organica, tipica delle società moderne, si basa sulla differenza e il
consenso si basa sulla differenziazione e la libertà. In questo tipo di società c’è l’emergere
delle coscienze individuali, in cui non prevale più la religione come mezzo di ordine sociale,
subentra la divisione del lavoro quindi la massima morale è quella sviluppare la propria
personalità, di specializzarsi.
Si chiama organica in quanto la società proprio come gli organismi biologici, possiede degli
organi, ed ognuno di esso possiede una sua fisionomia ed autonomia.
Nel testo la divisione del lavoro Durkheim evidenzia il bisogno di una educazione
morale razionalista-laica, che si basi su idee, sentimenti e pratiche giustificabili con l’uso
della ragione.
Nell’educazione morale possiamo distinguere due elementi:
1) La disciplina, legato al senso del dovere e alla morale come sistema di
comandamento che regoli gli impulsi e che porti alla creazione di un habitat razionale
aperto alla riflessione e discussione critica.
2) L’attaccamento agli ideali, in quanto la disciplina non può poggiarsi solo sulla
coercizione ma l’idea del bene deve provenire e dirigersi verso un’entità che sia
superiore all’individuo ma anche intimamente presente nella coscienza personale.
Il ruolo dell’educazione morale quindi è quello di far conquistare autonomia alla
volontà, un’obbedienzza volontaria illuminata dall’intelligenza della norma.
Inoltre per Durkheim i processi educativi sono determinati sia storicamente che
strutturalmente, nel senso che ogni società, in un determinato momento, ha sviluppato un
suo sistema di educazione che si impone agli individui e rappresenta il mezzo attraverso il
quale la società rinnova le condizioni della propria esistenza.
Nel pensiero di Durkheim quindi si sovrappongono due nozioni di società:
1) una positivista e scientista: la società è l’ambiente sociale concreto degli individui,
ogni società ha un suo tipo di educazione, morale e religione prodotti dalla sotira.
2) la seconda visione, reputa che la società sia contemporaneamente sia il focus
dell’ideale che l’oggetto della fede morale e religiosa.

Durkheim ebbe però una svolta pessimista in cui perse la sua posizione fiduciosa e nelle
analisi compiute nel “il suicidio” mise in risalto che in una società priva di un coagulo
morale garantito dalle religioni aumentava un malessere individuale (segnalato dal numero
crescente di suicidi). Il sociologo si sofferma quindi sulla necessità di introdurre autorità
morali che attraverso la loro influenza regolizzino l’ordine sociale ed economico.
I motivi dei sucidi erano cinque: individualisismo, speranza eccessiva, troppa libertà,
atesismo, debolezza nazione-famiglia.
Durkheim infatti sosteneva che in ognuno di noi ci sono due esseri: uno in cui gli stati
mentali si riferiscono solo a noi stessi (essere individuale) e un altro che si ricollega alle idee,
ai sentimenti condividi con il gruppo in cui facciamo parte.
Compito dell’educazione quindi è contrapporre all’essere egoista e asociale, un essere capace
di condurre una vita morale sociale.

Durkheim, parlò di mutamento sociale, sostenendo che ci sono tre fasi nella storia di una
società: una di stabilità (struttura e ideali ben definiti), la seconda fase è di transizione
(delineamento per creare una nuova morale).
Collegato a ciò infatti Durkheim introduce il concetto di effervescenza collettiva che è il
fenomeno nel quale le coscienze individuali, si influenzano a vicendo creando una nuova vita
psichica. Il risultato sono degli ideali che coinvolgono la maggiorparte degli individui
appartenenti ad uno specifico gruppo di pensieri. Questi periodi di effervescenza collettiva
permettono alla società di fabbricare nuove religioni, nuovi ideali e di conseguenza nuovi
conflitti tra idee differenti.
Una volta istituito un nuovo ordine morale, subentrano degli stadi di raffreddamento
(terza fase) delle tensioni ideali e sociali, in cui tutto fluisce istituzionalmente e per far si
che rimanga questo stato occorre che gli ideali collettivi siano periodicamente vivificati
(cerimonie pubbliche).

Per quanto riguarda il mutamento educativo si basa sulle concezioni teoriche che il
sistema educativo è una istituzione sociale con funzioni di socializzazione dell’individui, le
cui forme e contenuti sono determinati dalla struttura sociale. Il mutamento educativo ha
una morfologia differenziata (ritmi, linearità, origine). L’elaborazione pedagogica si sviluppa
nelle fasi di mutamento accelerato, che non è solo in funziona m anche il conflitto con il
sistema educativo come strumento di lotta ideologica.
Secondo questo approccio un cambiamento pedagogico sarà sempre spiegato e
legittimato da un cambiamento sociale. Quando diciamo che il cambiamento si scontra
col sistema preesistente intendiamo appunto che esso dovrà adattarsi a ciò che già c’è (cosa
già sostenuta da Selwyn: trasformazione pedagogica risultante trasformazione sociale).
CAPITOLO III PARSON

Parson eredita da Durkheim questi assunti:


La società è il presupposto delle intenzioni e degli interessi degli individui (dati di cultura),
non il loro effetto.
La condizione essenziale di stabilità della società umana è l’interiorizzazione delle norme
sociali.
Senza interiorizzazioni e apprendimento dei valori mediante processi socializzativi non vi è
alcun ordine.
L’immagine della scuola è positiva in base alla sua funzione socializzativa.
A tal proposito due approcci: uno volontaristico (educazione come processo dinamico
autonomo) e uno positivistico (immagine statica come processo di riproduzione dei valori
comuni).

Parson parte da una riflessione analitica dell’azione sociale che viene scomposta in
quattro elementi: un attore, una situazione, uno scopo, un orientamento normativo.
Gli orientamenti normativi sono importanti per comprendere la teoria personsiana della
socializzazione e sono uno dei modi con cui l’attore si relaziona all’oggetto (materiale o
sociale) e fissa uno scopo in una situazione da cui riceve vincoli ed attinge mezzi.
Questi elementi dell’azione sociale sono infkuenzati da alcune variabili strutturali
(prima coppia società pre moderne, la seconda moderne) che si riassumono in 5
coppie di termini antitetici:
1) affettività-neutralità affettiva: legata alla gratificazione affettiva che si sviluppa
nella relazione sociale, la sua antitesi fa riferimento (rapporto tra madre e figlio/
rapporto funzionario cliente).
2) particolarismo-universalismo: la differenziazione e l’uniformità delle regole
(legge è uguale per tutti).
3) orientamento verso l’ego o verso la collettività: riguarda la finalità dell’azione
(medico privato e medico cura tutti).
4) attribuzione o realizzazione: prima non si era meritocratico (titolo nobiliare),
oggi per meritocrazia puoi ottenere un titolo.
5) diffusione-specificità: indicano l’orientamento di valori si basi, su un aspetto
singolo o pluralità di aspetti rispetto al fine.
In ogni sistema o sottosistema sociale le variabili si presentano in una combinazione
condivisa da tutti. Secondo Parsons, la società moderna si articola su un binomio
universalismo-realizzazione.

Gli orientamenti di valori assolvono ad una funzione importante, i valori condivisi


costituiscono un collante tra i tre sistemi sociali, culturali e della personalità. La
ripartizione dei sistemi ha un valore analitico e nasce contrariamente ad ogni forma di
riduzionismo.
I tre sistemi sono riconosciuti a livello scientifico, sono complementari cioè che nessuno di
essi potrebbe sopravvivere senza l’altro e sono interdipendenti ossia nessuno dei tre sistemi
può ottimizzare la sua funzione in maniera autonoma.

Per quanto riguarda la personalità, Parson ci dice che il sistema della personalità è
incardinato sul Super.Io e sulla sua funzio

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