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1) PEDAGOGIA SOCIALE

La pedagogia sociale approfondisce il rapporto tra società, cultura ed educazione e indaga su come il contesto culturale
sia in grado di influenzare le politiche e i processi educativi, e su come il lavoro educativo (formale, non formale e
informale) sia in grado, invece, di trasformare gli orientamenti culturali e sociali in una data epoca e in un dato contesto.
L’oggetto di studio, ovvero il campo di analisi della pedagogia sociale, è lo studio dell’educazione nel suo volgersi alle
dimensioni sociali del suo realizzarsi e per gli esiti sociali che ci si propongono.
L’obiettivo della pedagogia sociale è quindi di studiare i progetti educativi riguardanti l’andamento della comunità
sociale e interpretare le esigenze e i problemi della società al fine di accompagnare l’individuo nella crescita e nei vari
contesti in cui esso stesso si trova a vivere.
La pedagogia sociale è sia una scienza che una disciplina. È una scienza in quanto ha una base teorica ed è fondata su
leggi scientifiche. Ha inoltre un oggetto, una metodologia e i suoi esiti sono discutibili in una comunità scientifica che
può approvarli o meno.
È, inoltre, una disciplina perché non è uno studio fine a se stesso, ma è applicabile nella pratica e nei vari contesti.
Fan Humboldt riflette su questa distinzione, indicando la scienza come un insieme ordinato di teorie e leggi, atto a
conoscere ed interpretare fenomeni particolari, mentre la disciplina come una branca del sapere scientifico, ovvero una
scienza o un insieme di scienze coordinate tra loro, inseribile in un percorso di studi, dove ha valore formativo.
La disciplina ha una funzione umanizzante in quanto alla sua base vi è una relazione che è fondamentale nel processo
educativo.
Domenico Izzo propone 4 indirizzi su cui agisce la pedagogia sociale: La riflessione sull’educazione in genere, con
attenzione ai rapporti interpersonali e ai gruppi; Il compito della pedagogia sociale, ovvero quello di educare alla
società, mediante la società e per la società; La pedagogia per i casi di necessità in termini di soccorso e prevenzione;
Pedagogia dell’impegno come una pedagogia militante che incide sulle situazioni socialmente complicate.

2) PEDAGOGIA GENERALE E PEDAGOGIA SOCIALE

C’è un rapporto tra la pedagogia generale e quella sociale. Entrambe rientrano nello stesso settore scientifico
disciplinare, che è quello definito “Pedagogia generale e sociale” con sigla “M-PED-01”.
Questo settore include 2 ambiti di ricerca: il primo è basato su ricerche pedagogiche di carattere teorico-fondativo ed
epistemologico-metodologico, mentre il secondo pone la sua attenzione sui bisogni educativi e formativi,
comprendendo anche l’educazione permanente degli adulti.
Questo settore scientifico disciplinare (SSD) è parte del macrosettore chiamato “Pedagogia e storia della pedagogia”
con sigla “11/D1”.
Quindi la pedagogia è un’unica scienza che si articola in due ambiti di ricerca, a cui corrispondono due diverse
discipline: pedagogia generale e pedagogia sociale.
Sul piano scientifico, separare la pedagogia generale da quella sociale è complesso, in quanto per la ricerca sarebbe più
opportuno parlare di diverse aree di interesse.
Sul piano disciplinare, invece, è utile fare questa distinzione tra generale e sociale, al fine di offrire agli studenti un più
ampio ventaglio di aspetti fondativi della cultura pedagogica.
La pedagogia generale è la scienza che raggruppa le conoscenze intorno all’educazione e che si occupa della gestione
dell’azione educativa. Riflette sui processi rivolti alla crescita, istruzione e formazione dei soggetti sia individuali che
collettivi.
In termini pratici possiamo distinguere la pedagogia generale da quella sociale sul fatto che la pedagogia generale
indaga sul costrutto della persona, comprendendo tutto ciò che è teorico, metodologico ed epistemologico, mentre la
pedagogia sociale indaga l’evento socialmente rilevante che caratterizza il soggetto.
La pedagogia sociale è, quindi, più specifica della generale, in quanto guarda ai bisogni educativi e formativi nella
società.

3) INQUADRAMENTO STORICO ALBERO GENEALOGICO DELLA PEDAGOGIA SOCIALE)


Mentre l’espressione “pedagogia sociale” ha origini recenti, risalenti alla metà del XIX secolo, il termine “pedagogia”
ha dei fondamenti più antichi che derivano dal greco.
Il termine pedagogia ha infatti un’etimologia greca in quanto deriva da “PAIDOS” che significa bambino o ragazzo, e
ÀGO che significa guidare o condurre. Possiamo quindi indicarla come “ufficio del pedagogo”, ovvero l’educazione.
Nell’antica Grecia il pedagogo era lo schiavo che aveva il compito di accompagnare i bambini a scuola. Oltre ad
accompagnarli, egli doveva seguirli nel loro lungo cammino interiore di crescita e di formazione.
Un altro termine significativo è “PAIDEIA”, che ha la stessa radice di pedagogia. Essa ha 3 significati: il primo è
allevamento, educazione, istruzione e disciplina; il secondo di letteratura e scienza; il terzo di cultura, erudizione e
dottrina.
Nel punto di convergenza di questi 3 ambiti della paideia, essa si definisce come “cultura”, in quanto principio di
educazione.
La cultura è un elemento positivo in quanto delinea un orizzonte di umanità desiderabile, verso cui dovrebbe tendere lo
sforzo educativo.
Il contenuto della paideia è il fine a cui l’educazione mira, ovvero a quell’ideale di perfezione morale, culturale e di
civiltà a cui ogni umano dovrebbe tendere.
In età arcaica, nelle società aristocratiche, questo ideale era espresso dai tre concetti di “areté” (valore), “virté” (virtù) e
“timé” (onore).
Secondo Platone, uno dei più importanti filosofi greci, il vero onore consiste nel riconoscimento del fatto che si è agito
secondo giustizia. Egli riteneva che la realizzazione della giustizia politica fosse un’impresa quasi sovra-umana dove
l’educazione era chiamata a correggere.
Aristotele, filosofo greco allievo di Platone considera la politica come una scienza pratica e l’uomo come un animale
politico. Secondo il filosofo, infatti, l’uomo è l’unico animale dotato di parola e che quindi può vivere in una comunità
riflettendo su ciò che è giusto o ingiusto. Aristotele inoltre riflette sul concetto di felicità esaminando le diverse opinioni
secondo le quali molti la identificano nelle ricchezze e nei piaceri mentre altri nella vita contemplativa vissuta secondo
virtù. Per vivere bene, la politica dovrebbe quindi garantire a ognuno le condizioni sociali affinché possa realizzare il
più elevato stile di vita per realizzare pienamente se stessi.
Berti, analizzando il pensiero politico di Aristotele, dice che per realizzare la “città felice” è necessario intendersi sul
modello di felicità umana che si tende a realizzare attraverso la vita politica.
La pedagogia sociale di Aristotele si basa principalmente nell’intreccio tra etica e politica, e tale considerazione delinea
una sorta di “emergenza educativa” già nell’età greca.

4) CONFRONTO FRA AUTORI DEL PASSATO E AUTORI RECENTI

La pedagogia sociale ha origini recenti (metà del XIX secolo) mentre il termine pedagogia era già stato attestato nella
lingua greca.
Nel contesto culturale greco si fondano le radici più significative della nostra civiltà, ovvero l’intreccio tra educazione e
politica come base della pedagogia sociale.
In ogni cultura c’è una “paideia sociale” ovvero una rappresentazione del “buon cittadino” a cui mirano le azioni
educative. Il fine dell’educazione è quello di mirare all’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà.
In ogni età, contesto e cultura questo ideale cambia in quanto cambia il contesto.
In età arcaica l’ideale educativo era espresso da 3 concetti: valore, virtù e onore e secondo Platone il vero onore
consisteva nel riconoscimento di aver agito secondo giustizia.
Una delle intuizioni della pedagogia sociale platonica è il passaggio dai giochi sani dei bambini al gioco serio degli
adulti in cui le regole del gioco sono le leggi.
Per Platone la realizzazione della giustizia politica era un’impresa quasi sovrumana, dove l’educazione era chiamata a
correggere.
Aristotele,filosofo greco discepolo di Platone, riflette sul concetto di giustizia e secondo lui l’uomo è un animale
politico, ovvero l’unico essere che avendo la “ragione” sa riconoscere cosa è giusto e cosa non lo è, per agire secondo
giustizia e per permettergli di vivere in “comunità”.
La paideia politica ha quindi un fine educativo e infatti il principio comune che lega l’uomo alla polio è proprio la
persona e in particolare l’interesse verso la sua crescita e sviluppo.
La pedagogia sociale di Aristotele si basa proprio sull’intreccio tra etica e politica, dove la politica è chiamata alla
realizzazione della “città felice”.
La pedagogia sociale nasce più tardivamente, nel 19 secolo, in Germania.
Il 1° testo di pedagogia sociale è stato “Sozialpadagogik” di Paul Natorp, nel 1899.
Egli afferma il concetto secondo cui l’educazione dell’individuo è socialmente condizionata e individua 3 dinamismi
fondamentali dell’anima: istintivo, della volontà e della ragione. Questi tre dinamismi corrispondo rispettivamente alle
3 attività: economica, governativa e politica.
Dall’intreccio dei dinamismi con le classi nasce proprio quell’antico rapporto tra etica e politica.
Altri autori che hanno contribuito allo sviluppo della pedagogia sociale durante il 19 secolo sono stati: Mager, Kolping,
Ketteler e Willmann.
- Mager pubblicò un testo in cui focalizzava l’influenza della cultura nell’acquisizione di conoscenze e nella
formazione della mentalità dei singoli distinguendo una pedagogia individuale da una collettiva (sociale)
- Kolping, sacerdote cattolico e artigiano, pose la sua attenzione sulla formazione non solo professionale dei
lavoratori, ma anche etico-sociale.
- Ketteler, arcivescovo, appoggiava l’idea di Kolping ponendo però maggiore attenzione ai lavoratori operai e in
particolare sul principio di sussidiarietà.
- Willmann propose una teoria sistematica dell’educazione e della formazione approfondendo maggiormente le
questioni sociologiche e pedagogiche.
La pedagogia sociale come disciplina consapevole prende forma nell’area culturale tedesca, nella seconda metà del XX
secolo, ovvero durante la 2° rivoluzione industriale.
In questo scenario in cui vi erano pessime condizioni dei lavoratori e proletarizzazione, nasce l’idea di una formazione
concepita non più come addestramento, ma come esperienza personale.
Il maestro diventa quindi un educatore sociale.
Si sviluppa inoltre un’attenzione verso l’educazione civica. Fondata sulla convinzione che ogni individuo abbia una
missione da compiere orientata al bene comune. Essa aveva il compito di creare nei giovani un senso di collettività
morale.
Il ‘900, definito da Hobsbawm come secolo breve, vede un insieme di questioni socialmente e pedagogicamente
rilevanti.
Esso è caratterizzato da 3 fasi: la prima è l’età della catastrofe segnata dalle due guerre mondiali, la seconda è chiamata
“età dell’oro” in cui vi è un boom economico e infine vi è una fase di ricaduta caratterizzata da crisi e incertezze.
In questo breve periodo ci sono state grandi rivoluzioni e grandi cambiamenti che hanno influenzato la crescita
identitaria di ogni soggetto.
Vi sono stati 3 macro-contenitori fondamentali: attivismo pedagogico, personalismo pedagogico e la pedagogia degli
oppressi.
Con l’attivismo pedagogico nasce una nuova pratica della pedagogia che indaga elementi socialmente significativi in un
contesto di diffusa analfabetizzazione e scoperta del valore dell’infanzia.
Dewey che ne è il maggior esponente parla dell’importanza dell’esperienza come base di un apprendimento
significativo. Secondo lui la scuola deve essere un laboratorio attivo e coinvolgente dove i bambini possano praticare la
democrazia che non è solo una forma di governo ma un vero e proprio modo di vivere. In Italia un forte contributo lo
abbiamo avuto dalle sorelle Agazzi e da Maria Montessori.
Da questo forte rinnovamento sociale deriva proprio il personalismo attraverso il quale nasce una nuova idea di persona
che è centrale e protagonista dell’evoluzione della comunità.
I maggiori esponenti sono Mounier a livello mondiale e D’arcaise in Italia.
L’educazione è una condizione necessaria non solo per l’ingresso attivo dell’uomo nella vita sociale ma anche perché
contribuisce al processo di civilizzazione di ogni persona.
Freirer, sviluppa il concetto della “pedagogia degli oppressi” attraverso l’educazione alla libertà. La libertà di ogni
individuo non è intesa come qualcosa di illimitato ma significa liberazione da tutte le strutture di oppressione.
La scuola ha il compito di creare negli allievi una coscienza critica e liberatrice attraverso la conoscenza del mondo che
ci circonda. La pedagogia sociale infatti ritiene che sia una forma di oppressione anche il non saper leggere e capire
cosa sta accadendo per formulare un proprio giudizio.

5) PARADIGMI DELLA PEDAGOGIA SOCIALE (APPROCCI)


Il paradigma della pedagogia sociale mira alla costruzione dell’identità personale di ogni cittadino e di ogni persona.
I paradigmi di riferimento si legano al pensiero di alcuni autori.
Secondo Franco Cambi vi è un elemento che connota la costruzione identitaria che è la rivalutazione dei sistemi
culturali attuali. Oggi, infatti abbiamo degli elementi culturali differenti rispetto a quelli del passato, e in base ad essi
noi costruiamo la nostra identità.
La pedagogia deve quindi affrontare una grande sfida per cercare di identificare il suo statuto scientifico. È una sfida
multiforme in quanto oggi vi è una grande varietà di tematiche che consentono alla disciplina di essere affrontata da più
prospettive.
Alcuni autori recenti indagano sull’oggetto formale della pedagogia sociale. Tra essi abbiamo preso in considerazione
l’analisi di 4 autori di riferimento: Maura Striano, Luisa Santelli, Piero Bertolini e Sergio Tramma.
Secondo Striano la pedagogia sociale deve occuparsi degli eventi socialmente rilevanti che caratterizzano di più la
costruzione identitaria del cittadino attuale e futuro. Secondo l’autrice la pedagogia sociale deve occuparsi del
pluriparticolato rapporto tra educazione e società riconoscendo sia l’influenza della società sulla crescita umana, sia
l’azione dell’educazione sulla società.
Luisa Santelli, invece, pur riconoscendo l’importanza dell’evento sociale, si focalizza maggiormente sulla
persona/soggetto. Essendo la società il campo d’indagine della pedagogia sociale bisogna riconoscere che la società è
fatta di persone. Nella sua definizione la pedagogia sociale deve porre attenzione sia all’elemento teoretico che a quello
pratico-progettuale.
Piero Bertolini riflette sul costrutto fenomenologico degli eventi che caratterizzano e cambiano la vita delle persone.
Egli ritiene che tra la pedagogia generale e quella sociale vi è continuità e reciprocità.
La pedagogia sociale infatti non agisce solo sulle fasi di nascita, sviluppo e di fine ma serve anche a prevenire situazioni
di marginalità. L’oggetto della pedagogia sociale è la socialità, ma non può esserci socialità senza educazione. Proprio
per questo secondo Bertolini la pedagogia sociale e quella generale sono complementari.
Tramma, è stato uno dei primi autori a parlare di educazione sociale come educazione allo stare insieme e alla
convivenza. Egli dice che la pedagogia sociale debba incontrarsi con gli elementi della “società liquida” del nostro
tempo, ovvero di quel tipo di società caratterizzata, come sosteneva Bauman, da una forte instabilità sociale.
Oggi assistiamo a rapidi e immediati cambiamenti che causano un senso di incertezza nella comunità e a loro volta
un’incertezza anche nella pedagogia sociale.
Un altro contributo importante lo abbiamo da Aldo Agazzi, secondo il quale la pedagogia sociale deve sia educare alla
socialità e allo stare insieme, che rispondere alla domanda sociale di educazione. In questa ottica egli ritiene
fondamentali i contesti non formali.
Secondo la prospettiva personalista esistono 3 differenti approcci o paradigmi di riferimento:
Individualista, collettivista e personalista.
Il primo è un approccio estremamente chiuso secondo il quale si considera naturale la condizione di vita individuale.
Questo approccio da tanta importanza all’individuo.
L’approccio collettivista è al contrario estremamente aperto ed è opposto a quello individualista. Esso mina le libertà
individuali come, ad esempio, nell’abolizione della proprietà privata e della libera iniziativa dei singoli ed è tipico del
regime sovietico chiamato “socialismo reale” che è la forma più radicale del collettivismo.
L’approccio personalista è invece una giusta via di mezzo dai precedenti. Esso si ispira al personalismo comunitario
dando importanza alla naturale socievolezza umana.
Smentisce quindi l’approccio individualista discostandosi anche da quello collettivista.
Gino Corallo fa riferimento al valore della reciprocità come una sorta di virtù sociale, alla cui base vi è uno scambio tra
persone.
La società non è infatti un qualcosa di astratto ma è un insieme di persone concrete che inevitabilmente entrano in
contatto tra loro attraverso lo scambio e il dialogo.
Essa quindi si sostanzia grazie alle persone che le hanno dato un senso ed essa non può esistere senza che vi sia un
contatto tra le persone che ci vivono.
6) DOCUMENTI E RACCOMANDAZIONI INTERNAZIONALI

I soggetti internazionali che hanno maggiore impatto sui temi della pedagogia sociale sono l’Unesco, l’OCSE e
l’Unione Europea. Essi non gestiscono in modo diretto le responsabilità di tipo educativo, ma la loro riflessione offre
dei contributi a benefici dei decisori politici a cui compete la responsabilità di identificare le politiche educative più
adeguate.
-L’Unesco (united nations education science and culture organizzation) è un’organizzazione dell’ONU fondata a Londra
nel 1945. Nasce nel secondo dopoguerra in un contesto di crisi e instabilità sociale, al fine di promuovere una cultura
della pace attraverso la creazione di strutture internazionali più solide ed efficienti in grado di prevenire altri conflitti
mondiali.
Inizialmente comprendeva 37 Paesi, ma progressivamente si è estesa fino a comprenderne circa 200.
Il suo fine principale è la collaborazione tra le Nazioni nelle aree dell’educazione, della scienza, della cultura e della
comunicazione.
L’obiettivo è di garantire un’educazione a tutti e per tutti.
Nella Raccomandazione dell’Unesco del 2006 ci sono delle linee d’indagine fondamentali tra cui il libero accesso ai
beni della cultura, l’educazione per tutti e la promozione dell’educazione permanente degli adulti.
In quest’ottica, infatti, vi è l’idea di allargare il processo educativo oltre il formale, riqualificare l’immagine della
società educante in modo positivo e favorire il successo formativo a cui ogni persona è destinata.
Il rapporto Faurè esprime il concetto di comunità educante come presagio indicando che si dovrebbe lavorare su ciò che
può accadere e non su ciò che è già accaduto.
Il rapporto Delors invece promuove l’apprendimento per tutta la vita.
L’UNESCO considera l’educazione come un mezzo necessario per realizzare “l’utopia necessaria”. L’apprendimento
per tutta la vita è infatti utopico in molti contesti, ma è necessario diffondere questa idea al massimo.
Lo sviluppo dell’individuo ha inizio alla nascita, ma continua per tutta la vita in un processo lungo che si modifica e si
caratterizza in ogni fase o tappa della vita.
È un processo interiore ed individualizzato che non è fine a se stesso ma serve a costruire interazioni con gli altri:
conoscere se stessi per conoscere gli altri.
I risvolti attuali dell’UNESCO sono la promozione di una cultura inclusiva che riconosce e rispetta le altre culture al
pari della propria, l’utilizzo di un approccio aperto e flessibile e la promozione del bene comune.
-L’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è stata fondata nel 1960 e ad oggi comprende
37 paesi membri.
I suoi obiettivi rientrano nella finalità generale di favorire la democrazia e l’economia di mercato nella consapevolezza
che un maggior benessere diffuso possa garantire l’obiettivo della pace delle Nazioni Unite.
La sua missione è di promuovere politiche che migliorino il benessere economico e sociale a livello globale.
Essa supporta uno sviluppo economico sostenibile, accrescendo l’occupazione e mantenendo la stabilità finanziaria;
supporta lo sviluppo economico sia dei paesi membri che degli altri paesi, in quanto quest’ultimo giova anche al nostro
sviluppo; contribuisce alla crescita del mercato mondiale su basi non discriminatorie.
Per quanto riguarda l’educazione l’OCSE riconosce il ruolo della scuola e l’importanza della sua qualità in vista dello
sviluppo economico. Il programma “PISA” è la più grande indagine internazionale nel campo dell’educazione ed è
promossa dall’OCSE con periodicità triennale al fine di accertare le competenze degli studenti di 15 anni.
L’OCSE traccia 4 indicatori di qualità della formazione e istruzione:
1. Esiti delle istituzioni educative
2. Accesso, partecipazione e progressione negli studi
3. Risorse finanziarie investite nell’istruzione
4. Insegnanti, ambienti e organizzazione delle scuole
Sulla base dei risultati ottenuti dalle varie indagini occorre costruire nuovi percorsi adeguati.
-L’Unione Europea è l’esito di un lungo processo iniziato simbolicamente negli anni ’50 del ‘900, dal famoso “discorso
dell’orologio” tenuto dal ministro degli esteri francese, Robert Shuman, e istituzionalmente nel 1957 con i “trattati di
Roma” che sanciscono la nascita della comunità economica Europea (CEE). La CEE diventa UE (Unione Europea) nel
1993 con il trattato di Maastricht.
Già dal ’57 nasce quindi una questione molto educativa che è l’idea di comunità, dove l’elemento fondante era proprio
la cooperazione tra gli Stati.
Per quanto riguarda l’educazione, la comunità contribuisce a sviluppare un’istruzione di qualità comune e garantita in
ogni paese dell’unione europea, seppur nel rispetto delle autonomie e delle responsabilità di ogni Stato.
Il 18 dicembre del 2006, il parlamento europeo e il consiglio dell’Unione hanno approvato una raccomandazione
relativa alle Competenze Chiave per l’apprendimento permanente.
Con la crisi del 2008 è stata necessaria una revisione di queste 8 competenze chiave, che è arrivata nel maggio del 2018.
Questo aggiornamento è stato fatto prendendo in considerazione gli obiettivi dell’AGENDA ONU 2030.
Le 8 competenze chiave sono:
1. Competenza alfabetica funzionale
2. Competenza multi-linguistica
3. Competenza matematica e competenze in scienze, tecnologie e ingegneria
4. Competenza digitale
5. Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare
6. Competenza in materia di cittadinanza
7. Competenza imprenditoriale
8. Competenza in materia di consapevolezza ed espressioni culturali
Questi traguardi promossi dall’UE agiscono secondo 3 prospettive di apprendimento: lifelong learning (apprendimento
per tutta la vita), lifewide learning (apprendimento in tutti i contesti di vita) e lifedeep learning (apprendimento che
abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza).
-la pedagogia sociale, essendo una disciplina teorico-pratica, deve delineare quadri operativi, scenari e linee d’azione,
tenendo in considerazione la complessità e le emergenze specifiche sia a livello locale che globale. Per farlo deve quindi
tener conto delle considerazioni di questi organismi internazionali che possono dare contributi significativi.
È importante che la PS faccia un’analisi su modelli educativi impliciti ed espliciti delle raccomandazioni internazionali.
Sul tema del capitale umano, ad esempio, vi sono diverse chiavi di lettura. Bretagna ne individua 3:
L’approccio domandista, che prevede la costruzione di percorsi in base alla richiesta di lavoro, l’approccio integrativo,
in cui vi è equilibrio tra domanda e offerta di lavoro e modello personalista, in cui al centro vi è la persona che viene
prima delle esigenze di mercato. Il terzo modello supera i primi due che invece sono approcci funzionalisti e al
contrario di essi mira a formare le persone non per le finalità di mercato.

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