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Il positivismo e

l’attivismo pedagogico

Marcello Tempesta
Università del Salento - Lecce
Positivismo ed educazione
◼ Nella seconda metà dell’ottocento il positivismo, con la sua
conoscenza empiristica di fatti e verità scientifiche, scalza la
cultura romantica e spiritualista della prima metà dell'Ottocento
◼ Per A. Comte (1798-1857) nello «stadio positivo dell'umanità»
una visione laica e razionale dell'esistenza, affrancata dalla
tradizione e ispirata dall'ideale del progresso, avrebbe utilizzato
il «fatto» come criterio di verità, per studiare i fenomeni
scientifici naturali come quelli umani e sociali
◼ Intesa come strumento redentore per migliorare le condizioni
dell’umanità, l’educazione assume i dati delle scoperte
scientifiche del tempo e diventa il loro campo di applicazione.
La pedagogia, come scienza dell’educazione, non si interroga
su ciò che l’uomo deve essere ma su come educarlo in
funzione dei bisogni che la modernità impone
◼ Intesa in prospettiva naturalistica ed evoluzionistica (C. Darwin,
H. Spencer), l’educazione si articola in intellettuale, morale e
fisica. E. Durkheim teorizza l’educazione come fatto sociale
(l’integrazione dell’individuo nella società moderna e la
riproduzione della morale collettiva laica). La scuola, sottratta
all’influenza della Chiesa, inizia a diventare lo strumento di
governo e controllo dello Stato nei confronti dei giovani
A. Gabelli
◼ Per A. Gabelli (1830-1891), i cambiamenti dell’educazione
illuministica non si sono radicati nella cultura dell’Italia,
spaccata tra una sparuta classe dirigente colta e grandi masse
analfabete. Occorre una riflessione pedagogica e un’azione
educativa che accompagnino il popolo ad affrontare la realtà
post-unitaria e ogni fanciullo a prepararsi alla vita sociale
◼ Collabora alla legge Coppino e alla revisione dei Programmi
per la scuola elementare del 1888, rivestendo importanti
incarichi nel Ministero per l’educazione primaria e popolare, e
propone un metodo positivistico aderente ai fatti, per acquisire
strumenti culturali utili a livello individuale e sociale (Sulla
corrispondenza dell’educazione alla civiltà moderna, 1866)
◼ L’educazione non è prerogativa della scuola ed ha nella
famiglia l’alleato principale; deve formare lo «strumento testa»
procedendo da fatti ed esperienza a parola e ragionamento,
assecondando inclinazioni e curiosità del bambino. Anticipando
l’attivismo, invita a rispettare e coltivare tutto il portato di
esperienza del bambino, la sua immaginazione e anche il
sentimento religioso (pur riferendosi ad una religiosità di tipo
morale, capace di ispirare azioni e sentimenti nobili)
J. Dewey
◼ A partire da fine ’800 negli Stati Uniti J. Dewey (1859-1952) con
il suo Strumentalismo elaborerà un filosofia dell’educazione di
grande influenza, ispirata al pragmatismo americano di Peirce e
James e ad un ideale di scuola funzionale alla realizzazione
della democrazia
◼ Al centro il concetto di esperienza (come realtà vista nel suo
dinamismo, intessuta dell’oggettività della natura e della
soggettività e dell’interiorità dell’uomo), che per essere tale
deve caricarsi di significato (per cui pensiero e azione, teoria e
pratica sono strettamente interconnessi)
◼ La conoscenza è partecipazione al divenire di un mondo che
l’uomo deve contribuire a cambiare. La scienza è elaborazione
di esperienze quotidiane e le idee sono strumentali alla
soluzione di problemi reali
◼ Principi regolatori dell’educazione sono la continuità
dell’individuo che si rimodella continuamente e l’interazione
soggetto-ambiente, l’incremento dell’esperienza, la
considerazione della psicologia del fanciullo e delle sue tappe
di sviluppo, il valore dell’interesse e la capacità di indirizzarlo a
scopi e disciplina. Tra 4 e 8 anni il gioco, tra 8 e 12 il lavoro, poi
specializzazione tecnica e intellettuale
La scuola-laboratorio
◼ Nella University Laboratory School fondata nel 1896 presso
l’Università di Chicago e descritta in Scuola e società mette in
opera le sue idee pedagogiche. Si passa dall’esperienza
globale alla differenziazione, si stimola la creatività con gioco e
lavoro, si pratica la scuola come comunità secondo l’ideale
democratico, preparando alla società adulta
◼ Gli apprendimenti formali vengono rinviati ad una seconda fase,
privilegiando attività pratiche a contatto con la realtà, che
promuovono lo sviluppo dei sensi, l’esercizio delle facoltà e
costituiscono la premessa dei futuri apprendimenti (geografia,
scienze e storia per la conoscenza del contesto, insieme ai
codici comunicativi simbolici)
◼ Organizzazione cooperativa in piccoli gruppi, con insegnanti
come assistenti, setting d’aula che vuole scongiurare la
passività e favorire un atteggiamento attivo del bambino, centro
del processo educativo
◼ L’educazione è ricostruzione dell’esperienza attraverso il
pensiero e la cultura, deve rispettare il carattere procedurale
del pensiero, che è sempre soluzione di problemi per migliorare
il contesto di vita
Le «scuole nuove» francofone: E. Claparède
◼ Il cuore dell’attivismo in Europa è l’Istituto J.J. Rousseau che
Claparède (1873-1940) fonda a Ginevra nel 1912: sostenere
l’infanzia, età del divenire, nel suo sviluppo, rimandando il più
possibile la cristallizzazione propria dell’età adulta
◼ Per farlo occorre conoscerne la dimensione genetica: contro
ogni forma di adultismo, il fanciullo non è un adulto incompleto,
ma uno stadio di crescita della vita umana con aspetti e leggi
peculiari e inconfondibili
◼ Perché ci sia qualità dell’azione educativa occorre riconoscere
la centralità del fanciullo e avere maestri «scienziati
dell’educazione», che uniscano alla cultura psico-pedagogica la
competenza nell’osservazione metodica, nella sperimentazione
e nell’innovazione didattica
◼ L’essere umano tende a soddisfare i suoi bisogni, derivanti
dalla percezione di uno stato di squilibrio, anche attraverso
l’intelligenza: ciò attiva l’interesse che motiva il comportamento.
Interessi percettivi, del linguaggio, intellettivi, speciali, sociali ed
etici
◼ Occorre organizzare attività in risposta ai bisogni naturali o
organizzarli qualora non si presentino. Gioco, imitazione,
scuola su misura. Cambia il profilo del maestro
Le «scuole nuove francofone»: A. Ferrière
◼ In Ferrière (1879-1960) è centrale il concetto di slancio vitale di
Bergson: esso emana da Dio, ed è non solo autoconservazione
ma anche orientamento al miglioramento personale. Integralità
dell’educazione, organizzazione flessibile della scuola,
riconoscimento della libertà del fanciullo
◼ Al dinamismo creatore dello slancio vitale si può guardare,
secondo la «legge del progresso», da due punti di vista, quello
della concentrazione e quello della differenziazione, che
devono essere integrati
◼ Alla legge del progresso è connessa la «legge biogenetica»,
secondo la quale lo sviluppo dell’individuo (ontogenesi)
riassume lo sviluppo della specie (filogenesi)
◼ Quattro fasi della vita individuale, ciascuna di sei anni: puerizia,
fanciullezza, adolescenza e giovinezza. Il procedere dello
slancio vitale si manifesta nel procedere degli interessi e dello
sforzo creativo
◼ Alla scuola passiva, che costringe all’imitazione, deve sostituirsi
la scuola attiva, che valorizza l’attività spontanea. Ferrière la
descrive in Trenta punti come laboratorio di pedagogia pratica
Le «scuole nuove francofone»: O. Decroly
◼ Anche Decroly (1871-1932) muove critiche all’adultismo,
partendo dalla necessità di considerare nei processi educativi
la psicologia infantile e di rispettare l’approccio induttivo dal
concreto all’astratto che caratterizza il conoscere del fanciullo
◼ Critica programmi e metodi della scuola del suo tempo, elabora
significativi contributi sui bisogni e gli interessi del bambino,
nonché sulla funzione di globalizzazione che caratterizza i suoi
meccanismi psicologici
◼ I bisogni che generano interesse per il fanciullo sono tutti riferiti
alle funzioni primarie (nutrirsi, ripararsi, difendersi, agire);
intorno ad ogni bisogno si aggregano i diversi centri d’interesse,
che favoriscono l’organizzazione delle diverse attività lungo
linee di tendenza naturali
◼ Quella che la psicologia aveva chiamato dimensione sincretica
della percezione, Decroly la definisce come funzione di
globalizzazione, facendone il principio fondamentale del suo
metodo globale: il bambino percepisce e apprende in modo
globale e indistinto, e solo dopo opera analisi e sintesi tramite
osservazione, associazione e riflessione. Metodo globale per
l’apprendimento del leggere e dello scrivere

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