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RIASSUNTO EDUCARE L'INFANZIA-Temi chiave per i servizi 0-6

Anna bondioli, Donatella Savio (pedagogia dell'infanzia, Paola Zonca)

Introduzione
Il decreto legislativo numero 107 stabilisce l'istituzione del sistema integrato di educazione e
di istruzione dalla nascita sino a sei anni. La creazione di questo decreto è stato un passo
normativo importante per l'Italia, dove vi è necessità di costruire una coerenza educativa tra
servizi 0-6 (manca continuità educativa tra nidi e scuole dell'infanzia), istituendo finalità di
fondo comuni e pratiche educative vicine.
Le differenze cominciano dalla gestione delle strutture; la gestione dei nidi è affidata a
comuni, province e regioni, la gestione della scuola dell'infanzia è affidata allo Stato.
La continuità tra nido e scuola dell'infanzia e necessaria per non compromettere il benessere e
la buona crescita del bambino (i bambini che provengono dal nido spesso fanno delle visite e
delle attività all'interno dell'asilo prima del loro spostamento per familiarizzare con i nuovi
luoghi).
Bisogna sempre far riferimento a un'educazione che vede gli adulti e i bambini come co-
attori. Dove il bambino è visto come un soggetto peculiare che si rapporta al mondo e con il
quale l'adulto è tenuto a sintonizzarsi.
Ci sono quattro temi chiave che si analizzeranno nel testo:
1. il curricolo, Indica il percorso educativo, non fa parte dell'lessico abituale degli
operatori perché rimanda a un'impostazione del lavoro educativo fondato sulla
realizzazione di programmi, che è ormai obsoleta. Il curricolo deve essere inteso come
progettazione di un percorso educativo intenzionale e collegiale che tiene conto delle
particolarità dei destinatari e del contesto.
2. le relazioni, un curricolo 0-6 che considera i bambini come attori sociali, capaci di
condividere esperienze, e che è finalizzato a sostenere questa capacità nella sua
dimensione affettiva, intellettuale e sociale deve fare leva sulle relazioni tra pari e tra
bambini e adulti, incoraggiandole e servendosene come molla propulsiva dell'intero
percorso educativo.
3. l'ambiente, un curricolo interattivo si delinea all'interno di un ambiente definito spazio-
temporalmente. L'ambiente deve suscitare esperienze e necessita di organizzazione
degli spazi, scelta dei materiali e configurazione del tempo quotidiano. L'ambiente deve
sapersi modificare seguendo processi e nuovi interessi dimostrati dai bambini.
4. il gioco, è la modalità tipica con cui i bambini si esprimono e interagiscono, è il cuore
del curricolo per l'infanzia ed è un tratto saliente della modalità relazionale tra pari. Il
gioco rappresenta la prospettiva propriamente infantile di guardare al mondo, è
un'esperienza coinvolgente che l'adulto deve sostenere e promuovere.
I quattro aspetti elencati si intrecciano continuamente fra loro.

CAP 1 - un curricolo per lo 0-6?

Il significato classico che si dà al termine curricolo è l'insieme delle discipline che verranno
insegnate in tempi specifici o il percorso finalizzato al conseguimento di conoscenze e
competenze puntuali. Negli ultimi decenni (dopo la definizione di Pontecorvo e Fusé) si fa
riferimento a una concezione di curricolo più ampia e articolata di quella tradizionale, viene
inteso come un percorso intenzionale che si fonda su scelte valoriali, procede da conoscenze,
tiene conto del contesto socioculturale, si realizza attraverso modalità didattiche specifiche e
utilizza procedure che verificano il progredire degli allievi verso traguardi auspicati.
Il termine si è diffuso anche grazie ai documenti redatti dalla commissione europea ed è
ormai d'uso corrente a livello internazionale.
L'età che va dalla nascita ai sei anni è un periodo con importanti potenzialità evolutive dal
punto di vista affettivo, sociale e cognitivo. Un bambino se sorretto da un ambiente
relazionale supportante conquista la capacità di esprimersi e di comunicare in maniera sempre
più raffinata, impara a governare i propri impulsi, Instaura legami affettivi elabora una
propria identità e si fa membro della comunità.
L'educazione infantile è orientata da idee e valori che dipendono dal contesto culturale in cui
essa ha luogo -> studi di Erikson sulla costruzione della personalità in diverse culture (es.
nella nostra società il gioco è importante/in altre no).
Bruner studiando lo sviluppo cognitivo evidenzia come i modi di utilizzo dell'intelligenza
siano influenzati dall'ambiente.
Dewey nei suoi libri;
•"The child and the curriculum" propone un confronto tra due scuole di pensiero; la prima
che considera il bambino un essere immaturo che va aiutato a diventare maturo tramite
insegnamenti suddivisi per materia che il bambino deve ricevere accettare, la seconda dove
sono le discipline ad adattarsi alla crescita del bambino e ai suoi bisogni, la personalità e il
carattere del bambino sono più importanti della materia di studio.
Ma Dewey sostiene che il punto di partenza per l'educazione deve essere l'esperienza del
bambino, le curiosità e le domande che essa suscita in lui, dalla quale l'adulto ricava un
percorso educativo. Il concetto di continuum sperimentale prevede che l'adulto utilizzi le
esperienze del' bambino pre creare un percorso educativo completo. (Es. Susan Isaacs nella
sul scuola per bambini da 2 a 8 anni parla di quando i bambini vedono passare un aereo e si
incuriosiscono e l'educatore propone di costruire un plastico del loro giardino visto dall'alto,
impanato le proporzioni).
Per Dewey si può parlare di curricolo per l'infanzia solo se non lo si fa coincidere con le
discipline, nozioni e con l'esercizio di una gamma ristretta di abilità. È meglio parlare di
percorsi che sostengono gli spontanei processi di apprendimento verso mete significative e
propedeutiche a ulteriori, più articolate esperienze.
•"Come pensiamo" parla di un percorso chiamato ricerca autentica costituita da;
1.osservazione, 2.progettazione, 3.realizzazione del progetto, 4.verifica dell'efficacia del
progetto, 5.riprogettazione. Questo percorso consente 1.innovazione
ragionate(riprogettazione), 2.acquisizione di conoscenze(cosa ha funzionato e cosa no),
adattamento sempre più attento alle caratteristiche di uno specifico gruppo di bambini,
chiarimento degli obiettivi. Quindi l'esperienza è un processo dinamico alla quale
contribuiscono gli adulti (stimolando e cogliendo interessi dei bambini) e i bambini (con le
loro iniziative e reazioni). es. di Anna Freud e la cura dei bambini orfani.
Verso i 6-7 anni avviene una svolta evolutiva chiamata fase di bonaccia emotiva dove i
conflitti e l'angoscia del bambino si attenuano lasciando spazio ad uno stato di tranquillità
emotiva che consente al bambino di impegnarsi in compiti intellettuali.
I bambini nella prima infanzia (0-7) hanno caratteristiche particolari che richiedono specifici
contesti di esperienza;
-Dewey osserva che in primo luogo il bambino fa del mondo un'esperienza olistica e corporea
dove egli apprende attraverso l'azione e la percezione, guidato dall'impulso epistemofilico
(desiderio di conoscere). Il bambino organizza l'esperienza in modo concreto.
-La concretezza arriva attraverso il gioco simbolico dove il bambino comincia ad esplorare i
significati delle cose e non più gli oggetti in quanto tali. L'esperienza infantile è influenzata
dagli impulsi che il bambino prova verso le figure significative della sua vita, spesso egli
prova sensazioni, desideri e angosce contrastanti e ha bisogno di un ambiente capace di
accoglierlo e di stemperare le sue emozioni fornendo fiducia e sicurezza.
-Nell'età dell'infanzia avviene la costruzione della personalità; si acquisisce un'identità di
genere, si consolida l'unità psico-fisica e si manifestano le tendenze individuali.
-Il percorso evolutivo dalla nascita ai sei anni si caratterizza per accelerazioni, pause,
regressioni. Il tempo di crescita non è uguale per tutti bambini.
L'Italia non possiede linee guida e orientamenti per la fascia 0-6, due documenti importanti
sono; 1.i due documenti della rete per l'infanzia della commissione europea che definiscono
standard e obiettivi di qualità per i servizi della fascia 06 e 2.il quality framework. questi due
documenti concepiscono come unitario il percorso 0-6.
1.La commissione europea sostiene che ogni bambino è un unicum e che i percorsi educativi
omologanti e standardizzanti vanno banditi. L'infanzia non è da considerare solo come una
preparazione al futuro ma un tempo da vivere con pienezza. I bambini hanno diritto
all'educazione alla cura.
2.A partire da questo quadro il Quality Framework si dichiara favorevole a un'impostazione
curricolare dei servizi per l'infanzia; il curricolo deve esplicitare le finalità, gli obiettivi e gli
approcci da perseguire. Il curricolo ha il compito di supportare il ruolo degli educatori e degli
insegnanti come linea guida. La cornice curricolare non si propone come un vincolo rigido
ma vuole essere di supporto per una progettazione che deve tenere conto delle diversità
dell'ambiente e delle diversità socioculturale in cui il bambino si trova.
il documento vuole privilegiare un approccio nel quale cura, educazione e socializzazione
sono aspetti inseparabili nella crescita di ciascun bambino;
 Cura; è un aspetto imprescindibile dell'educazione per due ragioni, 1. I momenti di cura
(il cambio, la polizia, il pasto, il sonno) hanno una forte ricaduta educativa riguardo la
percezione che il bambino ha del proprio corpo. 2. La cura intesa come capacità di
ascolto e relazione sensibile supportante è fondamentale perché il bambino si dedichi
con sicurezza all'esplorazione dell'ambiente.
 Educazione; intesa non come "istruttiva" tradizionalmente adottata nella scuola
dell'obbligo, ma come quelle pratiche educative che prevedono un coinvolgimento da
parte del bambino e dell'adulto, un processo di co-costruzione che nasca da interessi e
proposte dei bambini che l'adulto deve accogliere e valorizzare.
 Socializzazione; nel curricolo per l'infanzia 0-6 le interazioni tra pari e il gioco sono
strumento potente per costruire strutture cognitive che sono alla base
dell'apprendimento formale.

Il curricolo fino ad ora descritto è definibile "emergente", esso richiede agli insegnanti di
essere in grado di; 1.progettare, 2.osservare, 3.documentare, 4.verificare e valutare.
1. Progettare:
Progettare comporta anticipare mentalmente gli effetti che si vorrebbero produrre tenendo
conto delle caratteristiche dei bambini cui ci si rivolge. Per i bambini appena entrati nel
servizio occorre allestire un ambiente stimolante ma anche sicuro e protetto per consentire la
conoscenza degli insegnanti, dei compagni e poter esplorare e giocare. La progettazione può
riguardare: >il curricolo nel suo completo, >un segmento più limitato o >un'esperienza
particolare e mirata. La progettazione non è un compito solitario ma va realizzata insieme a
tutti coloro che hanno responsabilità sul bambino. La progettazione può avvalersi e ispirarsi a
documenti come le indicazioni nazionali. È utile farne una copia scritta per consentire
successivamente il confronto tra il dichiarato e l'agito. Il curricolo per l'infanzia 0-6 anni ha
carattere intenzionale ma è anche aperto; quindi la progettazione e continua e ricorsiva, può
essere aggiustata modificata e poi di nuovo verificata a seconda dell'interesse manifestato dei
bambini.
2/3. Osservare/Documentare:
Per osservare intendiamo un prestare attenzione e prendere nota di ciò che avviene nel
contesto educativo con un'attitudine descrittiva. Le osservazioni devono avere carattere
sistematico ed essere sottoposti ad analisi, possibilmente in coppia o in gruppo. Possibilità di
utilizzo dell'osservazione per la formulazione/realizzazione di un curricolo aperto:
a)Osservare per cogliere gli interessi e le iniziative dei bambini allo scopo di realizzare
esperienze che ne tengano conto (es. Isaacs-Malting House, pescheria).
b)Osservare per cogliere le risposte dei bambini alle offerte dell'adulto, riprogettare la
proposta educativa e verificarne l'efficacia. Un buon metodo è quello di predisporre un
periodo di osservazione dei bambini durante il gioco libero nello spazio, accostandoli
materiali e angoli di gioco. Durante questo momento l'osservazione è mirata a cogliere e
descrivere le risposte dei bambini in relazione all'ambiente predisposto, Per poi riprogettare
l'ambiente e le esperienze educative in maniera non improvvisata (es. maestra del nido che
osserva e predispone tabelle per appunti, insieme alla collega modifica e predispone nuovi
ambienti pensati per i bambini) (es. situazione confusionaria in una classe di bambini medi
del nido durante l'accoglienza, le educatrici riorganizzano la stanza con due "isole gioco"
dove i bambini possono tenersi impegnati, si suddividono i compiti un'educatrice accoglie
bambini e l'altra ci gioca).
c) osservare/documentare per rilevare e valutare i progressi dei bambini. La valutazione dei
progressi dei bambini viene spesso confusa con la valutazione del bambino stesso, un grave
errore è quello di utilizzare schede o griglie dove vengono descritti i comportamenti che ci si
attende dai bambini a una certa età, mentre è risaputo che lo sviluppo non è lineare e che non
si può parlare di traguardi evolutivi standard. Uno strumento per l'autovalutazione dei servizi
per l'infanzia è l'ASEI, che afferma; la rilevazione dei progressi dei bambini va compiuta
tramite osservazioni che riguardano sia il singolo sia il gruppo, occorre osservare anche le
modalità di intervento dell'educatore. Le osservazioni vanno integrate con le informazioni
che provengono da altre fonti (famiglia).
Un'altra possibile strada è quella del diario di bordo dove l'educatrice fa una descrizione
giornaliera di quanto accade all'interno del nido con il proprio gruppo di bambini, la
descrizione può essere accompagnata da del materiale documentario. Perché il diario posta
valutare i progressi dei bambini e necessario che vengono descritte le esperienze nelle quali
bambini sono stati coinvolti, indicandone il setting (spazi, materiali, proposte) e annotando i
comportamenti dei bambini. (Es. gioco del lupo, dove i bambini costruiscono una casa con
cubi e l'educatrice impersona il lupo, gioco simbolico) (es. malthing house, Isaac, il bambino
piange perché lasciato a scuola della madre, i compagni con forte senso di solidarietà lo
includo nel gioco lo distraggono).
1. Verificare/valutare:
Le osservazioni/rilevazioni dei progressi dei bambini attuate mediante il diario di bordo (che
consente di riflettere sul processo di crescita dei singoli bambini del gruppo) sono utili per
verificare e valutare il progetto educativo e la sua riprogettazione. La sola valutazione del
bambino non consente la valutazione del curricolo, la quale richiede che si considerino in
connessione tra loro le offerte educative e le risposte dei bambini.

Strumenti per l'osservazione e la documentazione:


 Diario di bordo: È uno strumento di facile compilazione che risulta produttivo se si
presenta in maniera descrittiva l'intreccio tra il setting e il comportamento dei bambini.
Deve essere utilizzato per avviare una riflessione sulle pratiche educative e per rendere
visibili i progressi dei bambini.
 Piano: Per l'utilizzo di altri strumenti (es. video registrazioni, osservazioni carta-penna)
viene utilizzato il piano che deve specificare lo scopo delle osservazioni (che cosa si
vuole rilevare e valutare tramite la loro analisi), le modalità di svolgimento
dell'osservazione (quali aspetti in particolare dovranno essere documentati).
Tipi di curricolo:
1. Curricolo olistico
Questo curricolo prevede che il percorso educativo non sia orientato esclusivamente allo
sviluppo di una particolare dimensione dell'esperienza, ma tutte le aree evolutive devono
essere tenute in considerazione, non devono esserci squilibri tra l'una e le altre.
L'educatore dovrà pensare in anticipo quanto quella esperienza promuove sia le capacità
intellettuali che le capacità relazionali e sociali e se sarà percepita dai bambini come
coinvolgente ma lo stesso tempo sicura. L'educatore nella verifica dell'esperienza dovrà
considerare se sono state promosse tutte le dimensioni. L'esperienza olistica esclude attività
monodimensionali e il concepimento di campi di esperienza che hanno come obiettivo il
raggiungimento di capacità ristretta e specifica. Quando il curricolo olistico prevede attività
dedicate e specifiche considera tutte le possibili ricadute sulle altre dimensioni dell'esperienza
non dedicate, tenendo conto delle finalità generali del curricolo.
Il curricolo olistico parla anche dell'intreccio tra cura ed educazione, la cura è parte integrante
dell'educazione e l'educatore deve tenere conto di questo nesso durante tutta la giornata. La
cura è spesso messa in relazione con l'aiuto che l'educatore dà ai bambini per la soddisfazione
dei bisogni primari e per l'appagamento di bisogni affettivi e di sicurezza. Il modo con cui tali
bisogni vengono presi in carico dall'educatore ha effetti potenti sull'evoluzione psico-fisica
infantile. psiche e corpo sono fortemente connessi pertanto alimentazione, pulizia personale o
sonno, sono ambiti nei quali le modalità di svolgimento delle pratiche di cura influiscono
fortemente sulla costruzione della personalità.
1. Curricolo emergente
È centrato sul bambino, muove dai suoi interessi e curiosità. Si parte dalla predisposizione di
un ambiente favorevole dove l'adulto rileva interesse e curiosità dei bambini e fa sì che da
essi possono partire esperienza motivanti in quanto nate dalle loro esigenze. Ha ruolo
fondamentale il principio del continuum sperimentale. Questo curriculo non ha contenuti e
sequenze definite in anticipo, i contenuti emergono grazie ai bambini e le sequenze
dipendono dalle esperienze che si articoleranno in futuro, è dunque un curricolo aperto che
"si fa mentre si fa". Il curricolo emergente non può essere considerato dal punto di vista del
"prodotto", valutando gli "esiti di apprendimento".
1. Curricolo interattivo
Si basa sull'idea che l'apprendimento e lo sviluppo avvengono sempre all'interno di relazioni.
Il bambino è un attore sociale che partecipa attivamente alla propria crescita. Le conoscenze
l'apprendimento si acquisiscono attraverso l'interazione del bambino con altre persone e con
la realtà esterna. L'insegnante facilitatore di queste dinamiche attraverso strategie di
scaffolding dell'esperienza.
1. Curricolo identitario
Si riferisce all'elaborazione di un curricolo che tenga conto della storia del nido, delle
tradizioni, dei riferimenti valoriali/pedagogici e del territorio all'interno del quale si trova. Un
curricolo identitario richiede un team educativo che condivide convincimenti e valori, dialogo
con le famiglie, collaborazione con il territorio e tener conto delle peculiarità di ogni
bambino.
1. Curricolo ludico
Il gioco è il comportamento attraverso il quale il bambino ha modo di esprimere il suo punto
di vista, di affrontare i problemi che incontra, di crescere dal punto di vista cognitivo, sociale
e affettivo. Il gioco è una parte consistente della giornata al nido, richiede la partecipazione
dell'adulto capace di giocare che promuove il gioco dall'interno. Il gioco è un ambito nel
quale è possibile rilevare gli interessi dei bambini, esplorare percorsi e promuovere lo
sviluppo degli apprendimenti. Qualsiasi attività/esperienza che coinvolge i bambini dovrebbe
essere svolta all'insegna dello spirito del gioco in questo senso l'adulto deve utilizzare
modalità di promozione "dall'interno", che prevedono: a) L'educatore deve ammettere la
possibilità che i bambini possano non aderirvi e quindi la necessità di proseguire o di
modificare i contenuti, b) l'educatore non deve proporre un'attività troppo strutturata, i
bambini devono avere libertà di scelta, c) l'educatore deve attendere risposta dai bambini
rispetto alla proposta, d) l'educatore deve assicurarsi che i bambini siano attenti, concentrati e
coinvolti nell'attività.
Quindi, tutti i momenti della quotidianità al nido possono assumere un significato educativo
se intenzionalmente realizzati dagli educatori.

Al termine del percorso triennale della scuola dell'infanzia, e ragionevole attendersi che ogni
bambino abbia sviluppato delle competenze di base che strutturano la sua crescita personale:
1. Riconosce ed esprime le proprie emozioni, è consapevole di desideri e paure, avverte
gli stati d'animo propri e altrui.
2. Ha un positivo rapporto con la propria corporeità, ha maturato una sufficiente fiducia in
sé, è progressivamente consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti, quando
occorre sa chiedere aiuto.
3. Manifesta curiosità e voglia di sperimentare, interagisce con le cose con l'ambiente e le
persone, percependone relazioni e cambiamenti.
4. Condivide esperienze e giochi, affronta gradualmente i conflitti e ha iniziato a
riconoscere le regole del comportamento nei contesti privati e pubblici.
5. Ha sviluppato l'attitudine a porre e a porsi domande su questioni etiche e morali.
6. Coglie diversi punti di vista, riflette, negozia significati, utilizza gli errori come fonte di
conoscenza.
7. Sa raccontare, descrivere situazioni ed esperienze vissute, comunica, si esprime con una
pluralità di linguaggi, utilizza con sempre maggiore proprietà la lingua italiana.
8. Dimostra prime abilità di tipo logico, inizia ad interiorizzare le coordinate
spaziotemporali e da orientarsi nel mondo.
9. Rileva le caratteristiche principali di eventi, oggetti, situazioni e ricerca soluzioni di
problemi di vita quotidiana.
10.È attento alle consegne, si appassiona e porta a termine il lavoro.
11.Si esprime in modo personale, con creatività e partecipazione.

L'educatore deve ipotizzare quali piste di lavoro (esperienze che si delineano lungo la strada,
sorrette dagli educatori, che hanno in mente come le curiosità, gli interessi dei bambini
possano far scaturire percorsi orientativi allo sviluppo delle competenze) utilizzare.

Esperienze particolari che a partire dei primi mesi di vita, si articolano e si arricchiscono
lungo tutto il percorso del bambino:
 Esperienze per il benessere e lo sviluppo psico-fisico;
Lo sviluppo psico-fisico deve avvenire dando ai bambini la possibilità di muoversi e di agire
in un ambiente che proponga sfide alle loro capacità emergenti. L'attività fisica è necessaria
per il benessere e la salute del bambino. Muoversi, agire, manipolare, esplorare e conoscere
sono aspetti integrati che non possono essere esercitati separatamente. Per il bambino la
padronanza del proprio corpo è alla base dell'autostima ed è fondamentale per acquisire
autonomia.
Quindi è importante l'allestimento di un ambiente favorevole che verrà variato via via che il
bambino cresce e che si modificano le sue esigenze corporee, l'ambiente può essere sia
naturale ed esterno che ad hoc ed interno. Tenere seduti per lungo tempo i bambini con
attività a tavolino è controproducente. La motricità fine va incoraggiata con attività di
manipolazione esplorazione di materiali (acqua, sabbia, farina, per i più piccoli e materiali
naturali e attrezzi per i più grandi). L'adulto deve essere attento al corpo del bambino e alle
sue modalità espressive corpore che sono manifestazioni con significato emotivo ed affettivo.
L'adulto non deve sostituirsi ai bambini in attività faticose ma di cui sono capaci. L'adulto
deve prestare attenzione alle capacità emergenti infantili e incoraggiarle nella quotidianità
privilegiando l'aspetto ludico. Le routine sono importanti (merenda, pranzo, pulizia
personale, riposo) e strettamente connesse alle necessità corporee del bambino. Devono
essere organizzate in modo da garantire tempi distesi e possibilità di interazioni sociali,
sostegno all'autonomia e atmosfera serena.
 Esperienze espressive;
Attività come il disegno, la pittura, il gioco e l'ascolto offrono la possibilità di manifestare
vissuti ed elaborare emozioni (aspetto espressivo). Queste attività costituiscono l'avvio
dell'apprendimento dell'esperienza artistica, presentano sia un versante di scoperta che uno di
produttività, e ambedue vanno valorizzati. È importante la cura dell'ambiente dal punto di
vista estetico e sonoro dove i bambini possono trovare occasioni per esperienze nuove.
L'adulto deve essere non giudicante e non offrire modelli da copiare o contorni da riempire.
L'adulto deve parlare con i bambini delle loro produzioni, conservarle ed esporle, raccontare
storie e farsele raccontare.
 Esperienze di esplorazione e scientifiche
I bambini possiedono curiosità, interesse e desiderio di possesso che gradualmente si
trasforma in desiderio di conoscere. Nei primi mesi il bambino svolge un'attività di
esplorazione attraverso la bocca, il tatto e l'azione, con lo sviluppo si passa al linguaggio alla
curiosità e alle domande. Esplorazione e gioco non sono la stessa cosa, con il gioco il
bambino si domanda <<cosa posso fare con questi oggetti>>, con l'esplorazione <<che cos'è
questa cosa>>. Nell'esplorazione il fuoco è l'oggetto e il soggetto va in secondo piano, nel
gioco il fuoco è il soggetto e l'oggetto va in secondo piano. Dare spiegazioni fantasiose alle
domande dei bambini li induce in confusione. Le esperienze devono prendere avvio delle
curiosità infantile e l'adulto deve offrire un supporto, l'adulto deve far sì che le curiosità
vengono coltivate suggerendo ai bambini di osservare, di prendere nota, di misurare, di
confrontare e di fare ipotesi. L'esplorazione scientifica avvia un atteggiamento razionale nei
confronti dei fenomeni del mondo biologico, fisico e sociale e porta alla soluzione dei
problemi, ciò costituisce la propedeuticità alle discipline scientifiche. L'ambiente che sia
all'aperto o al chiuso deve essere favorevole e consentire l'esplorazione libera di fenomeni
naturali, importante anche l'osservazione del mondo animale, il giardinaggio e le
passeggiate.
 Linguaggio e comunicazione;
Lo sviluppo del linguaggio è connesso al desiderio di comunicare, alla presenza di un
ambiente linguistico attorno al bambino. Parlare al bambino, ascoltare i suoi tentativi di
comunicazione, interagire con lui verbalmente nel corso dei giochi e delle attività quotidiane
è la condizione fondamentale affinché il piccolo possa sviluppare abilità linguistiche. L'adulto
deve incoraggiare la comunicazione tra adulti e bambini e tra bambini. Il tono di voce
dell'adulto deve essere rasserenante e accogliente. Lo sviluppo linguistico ha a che fare sia
con la comprensione sia con la produzione, le capacità del bambino vanno rafforzate
attraverso la ripetizione in forma corretta di quanto il bambino ha detto, le domande aperte, la
manifestazione di curiosità rispetto a ciò che lui ha da dire. Il linguaggio è un potente
strumento di descrizione, rappresentazione, spiegazione narrazione. Con i bambini più grandi
si può commentare le esperienze fatte. I bambini vengono precocemente in contatto con il
linguaggio scritto.
CAP - 2 Le relazioni
UN APPROCCIO PARTECIPATIVO
Spesso l'educazione passa attraverso una relazione tra educatore e chi viene educato. Chi
educa orienta questa relazione in base agli obiettivi che vuole raggiungere, questi obiettivi
vengono influenzati da valori, convincimenti e teorie a cui si fa riferimento. ma non esiste
una relazione educativa buona in assoluto, la bontà dipende strettamente dal sistema di valori
cui si fa riferimento. Dal 1950 in poisi fa riferimento al bambino come soggetto con dei diritti
(convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, ONU 1989), Dove il bambino è un
soggetto paritario nella relazione con l'adulto che può esprimere la propria opinione nelle
questioni che lo interessano. L'educazione è una questione che lo riguarda, dove l'adulto deve
porsi in ascolto e accogliere gli interessi e i percorsi di esplorazione del bambino. quindi il
punto di vista del bambino ha diritto di partecipare alla definizione delle dinamiche educative
tanto quanto quello dell'adulto. Ci sono due conseguenze:
1. Positiva; mettendo al centro della relazione la voce del bambino si dà valore
all'immagine che gli ha di sé. Dagli 0-6 anni la costruzione del senso di sé è un
momento evolutivo cruciale che forma sicurezza e indipendenza nel bambino. Ma la
qualità della rappresentazione del sé è determinata anche dal giudizio degli altri, quindi
l'adulto deve trasmettere il diritto di esprimersi e di partecipare del bambino ma anche il
valore e l'importanza che il bambino ha per lui.
2. Meno positiva; la parità di posizioni tra adulto e bambino risulta complessa da
realizzare con i bambini più piccoli di sei anni, essi si rapporta al mondo in modo
concreto e attivo, esprimendo i suoi interessi, le sue difficoltà, le sue potenzialità
attraverso un canale comunicativo non verbale. Risulta quindi, più complesso
assicurare i diritti di espressione e partecipazione del bambino. Con i bambini più
piccoli la relazione educativa passa attraverso il contatto diretto tra corpi delle
educatore del bambino e richiede il sostegno fisico dell'adulto per rispondere ad
esigenze vitali. In questo dialogo tra corpi il bambino rischia di non trovare ascolto, se
manca la sensibilità dell'educatore il messaggio educativo <ti ascolto perché per me sei
prezioso> rischia di non essere veicolato.

1-LA RELAZIONE ADULTO-BAMBINO


Teorie;
1. La relazione come rispecchiamento e conferma-Approccio non direttivo di Carl Rogers:
Rogers propone una visione dell'uomo come essere animato da un naturale, positivo e
costruttivo impulso all'autoregolazione, a diventare quello che è (essere liberi di sviluppare
pienamente le proprie potenzialità). Per l'autore l'attualizzazione è un diritto da salvaguardare,
importante l'ambiente in cui l'individuo vive e le reazioni che esercita, in quanto possono
ostacolare o viceversa sostenere la realizzazione di ciò che è. L'educatore deve porre al centro
l'esperienza del bambino così come viene vissuta da quest'ultimo, non deve giudicare e deve
essere profondamente empatico. Questo approccio richiede grande impegno cognitivo.
In termini concreti la non direttività si esprime con comunicazioni verbali e non verbali che
rispecchiano ciò che il bambino comunica a livello non verbale. L'educatore deve dimostrare
vicinanza emotiva con la voce, la postura, l'espressione, utilizzando un tono di voce che abbia
il dubbio di non aver ben capito, per lasciare il bambino l'ultima parola su di sé. così il
bambino si sentirà profondamente capito, confermato e accettato nell'esperienza che ha di sé.
La conferma è molto simile al rispecchiamento, nello scambio tra due comunicanti uno da
una definizione di sé e a questa comunicazione l'altro puoi rispondere in modi diversi;
confermando (hai ragione) quindi garantendo uno sviluppo sano è una stabilità mentale,
rifiutando (hai torto) o discofermando (tu non esisti).
Es-> bambino con bottiglia piena di palline, prima si incuriosisce poi tenta di farle uscire
senza riuscirci. Educatore riflette ciò che prova dicendo <che cos'è questo?> per la curiosità e
<che rabbia non escono>per la rabbia.
1. La relazione come contenimento;
•Bion parla del processo di apprendimento, se il soggetto riesce a tollerare la frustrazione
provocata dal dubbio e dall'incertezza di ciò che non conosce, potrà vedere ciò che non
conosce come un problema da risolvere e portare a termine l'apprendimento.
•Salzberger-Wittenberg, William Polacco e Osborne affrontano da vicino la relazione di
insegnamento e apprendimento. Un bambino piccolo posto di fronte una situazione di
apprendimento sarà pervaso da sentimenti negativi come ansia, incertezze, confusione
impotenza, per comunicarli proietterà tali vissuti nell'educatore attraverso comportamenti
disturbanti. Le risposte dell'educatore possono essere due; la prima consiste nel tentativo di
sfuggire allo stato emotivo di disagio (senza soffermarsi su ciò che accade nel bambino)
reagendo al senso di impotenza con un atteggiamento rigido e autoritario e al senso di
inadeguatezza con atteggiamento di superiorità. In questo modo l'educatore proietta i
sentimenti dolorosi nel bambino alimentando un circolo vizioso negativo per l'educazione.
Una seconda risposta consiste nel tollerare questo stato doloroso entrando in contatto con
esso e riflettendo ciò che sta avvenendo nel bambino. L'educatore esercita una funzione di
contenimento dei sentimenti del bambino, che vengono accolti, compresi, elaborati e quindi
restituiti bonificati. In questo modo il bambino fa esperienza del fatto che i suoi vissuti
possono essere tollerati, compresi tradotti.
Gli atteggiamenti che nell'educatore hanno funzione di contenimento sono: -Osservazione e
attenzione sensibile. -Apertura e ricettività. -Disponibilità a vivere esperienze emotive.
-Disponibilità riflettere sull'esperienza relazionale. -Disponibilità di agire e comunicare.
1. La relazione come impalcatura;
Nella prospettiva di Vygotskij la descrizione della relazione educativa è radicato nel concetto
di zona prossimale di sviluppo; cioè la distanza tra ciò che il bambino in grado di fare
autonomamente e ciò che riesce a fare se aiutato da un partner più competente. L'educatore
deve osservare all'interno della relazione educativa per definire i confini della zona per
modulare la sua proposta di sostegno.
Wood, Bruner e Ross parlano di coscienza vicaria per identificare le funzioni attraverso cui è
possibile attivare la zona e sostenere l'apprendimento. In una situazione di problem solving
proposta al bambino all'interno di una relazione di scaffolding sarebbe quest'ultimo ad
attivare la zona attraverso l'esercizio delle seguenti funzioni:
1. Sollecitazione dell'interesse del bambino che porta alla sua adesione emotiva.
2. Semplificazione del compito tramite la limitazione delle alternative possibili per
la sua risoluzione.
3. Mantenimento dell'interesse del bambino per il compito.
4. Evidenziazione degli aspetti cruciali del compito.
5. Controllo della frustrazione.
6. Offerta di modelli da imitare (modeling).
I processi sostenuti con lo scaffolding corrispondono al pensare riflessivo di Darwin, cioè ai
passi tipici del modello d'indagine che consentono di far fronte alle situazioni problematiche
in modo evolutivo, producendo nuovi equilibri che si sostanziano in nuovi apprendimenti.
INDICATORI PER UNA BUONA RELAZIONE CON IL BAMBINO:
Riassunto delle idee di fondo;
 il bambino viene riconosciuto come portatore di un suo peculiare punto di vista.
 Il bambino sotto ai 6anni si rapporta con il mondo con un interazione fisico-percettiva.
 L'intervento verbale dell'educatore mira a sostenere lo sviluppo delle competenze
verbali del bambino.
 Cura ed educazione sono strettamente connesse.
 Il bambino va concepito secondo una prospettiva olistica (guardandolo nella sua
interezza di soggetto insieme fisico, cognitivo, emotivo e sociale).
I tratti del rapporto adulto-bambino - delineati dall'approccio della promozione dall'interno
(Bondioli);
1.L'adulto è coinvolto nello scambio relazionale con il bambino, sul piano corporale si deve
porre all'altezza del bambino, lo guarda negli occhi, lo tocca, lo accarezza ecc.. In più la
comunicazione verbale deve accompagnare con commenti e descrizioni ciò che succede
nell'interazione.
2.L'adulto deve essere sempre attento alle comunicazioni non verbali e a ritirarsi nel caso di
malessere del bambino, smettendo di abbracciare, accarezzare.
3.L'ascolto dell'adulto versa in due punti; su quanto il bambino comunica per cogliere il
significato e restituirlo, e su quanto questa comunicazione suscita nel adulto, per riconoscere
vissuti negativi e tenerli fuori dalla relazione.
Quindi l'adulto deve:
 lasciare iniziativa al bambino.
 Cogliere il significato.
 Rispecchiarli come comprensione.
Esempi P.95
L'adulto prima ascolta e partendo dalle proposte infantili rilancia con interventi che da una
parte sono congruenti e dall'altra superano e sollecitano competenze potenziali, espandendo
l'iniziativa del bambino. Gli interventi dell'adulto devono essere delle proposte, la risposta del
bambino potrà o dare seguito a tali proposte sviluppando un dialogo con l'adulto, o essere
lasciata cadere e quindi lasciata anche dall'adulto (adulto interpreta come "non ho colto
l'interesse del bambino").
Progettazione e monitoraggio
I tratti relazionali sono oggetto di progettazione e monitoraggio per evitare che vengano
distesi o dismessi. Ci sono delle strategie;
 nel documento in cui il servizio dichiara la sua identità educativa si fa riferimento ai
principi che fondano la relazione adulto-bambino.
 Viene elaborato un documento di progettazione educativa, condiviso dal gruppo di
lavoro, in cui si declinano i tratti che dovrebbe avere la relazione.
 Si prevede una formazione regolare a cui partecipa tutto il gruppo di lavoro.
 La qualità della relazione viene verificata da progettazione e osservazioni. Le
osservazioni vengono analizzate in gruppo.
Spazi e tempi
La relazione educativa richiede il ritaglio di momenti personalizzati (con singoli bambini)e
determinate caratteristiche che non sono di competenza dell'educatore (es.rapporti numerici).
Ma vi sono anche condizioni determinabili dall'educatore, per
lo spazio:
 La possibilità di disporre i bambini in piccoli gruppi.
 Materiali ricchi sempre disponibili situati in scaffali aperti.
Il tempo:
 Vengono progettati in modo da prevedere ritardi o anticipazioni per dare libertà alla
voce del bambino.
 Prevedere la possibilità per i bambini di aver ritmi propri.
 Se l'attività deve essere interrotta si devono prevedere dei momenti posteriori in cui
riprenderla.
2-LE RELAZIONI TRA PARI
Le indicazioni nazionali si esprimono sostenendo che il nido valorizza la crescita sociale e
valoriale e attiva le prime esperienze di cittadinanza.
La letteratura (risorse socialità infantile):
•Stern - spiega come il neonato è già predisposta all'interazione sociale, le prime interazioni
avvengono con la madre dove il neonato si comporta in modo attivo e competente. Ciò gli
permette di cominciare a sviluppare il proprio senso del sé. Questa teoria è stata confermata
dagli studi sui neuroni specchio, i neonati attivano processi di simulazione incarnata dove
riproducono automaticamente gli stati mentali altrui. Ciò ha un ruolo basilare nello scambio
intersoggettivo.
•Piaget - afferma che il superamento dell'egocentrismo (incapacità di comprendere il punto di
vista dell'altro) e favorito nella prima infanzia dallo scambio con i coetanei. Mentre l'adulto
tende a non mettere in evidenzia gli errori del bambino, i coetanei manifestano in
comprensione e conflitto, il bambino è obbligato a fare i conti con un punto di vista diverso
dal suo. Piaget sviluppa la sua teoria da studi sugli effetti del conflitto socio-cognitivo che
mettono in evidenza come questo tipo di conflitto produca fonte di motivazione per arrivare
ad un punto di vista comune e quindi lo stile relazionale e improntato sulla cooperazione.
Per i bambini situazioni in cui bisogna raggiungere un punto di vista condiviso si incontrano
soprattutto nel gioco sociale e simbolico. Uno studio mette insieme i bambini dai due ai
quattro anni e durante il gioco individua tre fasi:
1. Limitazione da parte dei bambini più piccoli di quelli più grandi.
4. 4. 4. Cooperazione attraverso proposte, argomentazioni e
negoziazioni dei più grandi.
· L'aiuto tutoriale messo in atto dai bambini più grandi nei confronti dei più piccoli.
Vantaggi -> La funzione di tutor dei bambini più grandi e mette in atto la zona prossimale di
sviluppo dei più piccoli. Il fatto che i bambini più grandi coinvolgano i più piccoli comunica
loro che sono preziosi. Il fatto che i bambini più piccoli imitino e si lasciano guidare dei più
grandi comunica loro che sono preziosi.
Bisogna sottolineare -> che i bambini avevano grande familiarità tra loro e con il contesto.
Che avevano età eterogenea ma che può funzionare anche con bambini di età omogenea
(perché da piccoli sono molto diversi).
Una indagine più recente conferma le capacità sociali dei bambini piccoli, dalla fine dei 2
anni i bambini sono capaci di costruire strutture interattive complesse, stabilendo accordi e
organizzando la partecipazione. La sociologia dell'infanzia riconosce l'importanza del gioco
tra pari, pone l'accento sulla formazione di culture locali dei bambini all'interno del nido.
La letteratura (fragilità socialità infantile):
•Isaacs (Malting House) organizza svariati gruppi di bambini (da 17 31 membri) di età
differenti (dai due ai 10 anni) e li situa in una situazione in cui si favorisce la libera
esplorazione all'interno di un ambiente egli osserva per tre anni. Gli esiti rivelano che prima
dei tre anni i bambini hanno pochi comportamenti cooperativi, al contrario manifestano
atteggiamenti egocentrici, ostili e conflittuali (vissuti emotivi profondi e ancora difficili da
governare). Dopo i tre anni si rivelano anche atteggiamenti ostili verso i più piccoli.
•Altri studi su bambini minori di sei anni confermano l'oscillazione tra due polarità: attività
sociali coesive, di condivisione di oggetti attività e attività dispersive, caratterizzate da
competitività e conflittualità. I comportamenti negativi cominciano a decrescere dai tre anni e
lascio lo spazio via via a quelli positivi.
•Isaacs indica tre condizioni che favoriscono il migliorarsi delle competenze sociali del
bambino:
1. L'importanza della frequenza dello stesso gruppo di bambini.
2. Ambiente ricco di stimoli e aperto alla libera esplorazione.
3. L'adulto che attiva una funzione di regolazione sociale.
•Retha De Vries sostiene che per promuovere la socialità positiva tra pari è fondamentale la
relazione dell'adulto con il bambino, con un rispetto reciproco dove entrambi ascoltano i
punti di vista dell'altro. L'adulto si propone come esempio di socialità positiva.
•Baumgartner e Bombi in riferimento al ruolo dell'adulto, in contesti prescolari, propongono
la socialità dei bambini come oggetto di progettazione educativa con curriculum ad Hawk. Il
curricolo deve considerare i singoli bambini come membri di un gruppo e progettare
situazioni che sostengono lo sviluppo di dinamiche sociali positive, per acquisire: regole per
la convivenza, decentramento socio cognitivo ed emotivo, capacità di ragionamento in
termini di gruppo e superamento di una prospettiva individualistica.
•Anche Dewey propone tre punti necessari:
 Contesto educativo che permette di fare esperienza autentica di vita sociale
democratica.
 Scambi sociali comunitari e comunicazione decentrata.
 Sostenere la capacità di farsi carico di sé, assumendosi responsabilità.
 Sostenere il pensiero riflessivo.
INDICATORI PER SOSTENERE LE RELAZIONI TRA BAMBINI NEL SERVIZIO
EDUCATIVO
~ Il ruolo dell'adulto
L'educatore deve rapportarsi ai bambini in gruppo secondo le seguenti modalità:
1. Si pone in una situazione di ascolto, stando "un passo indietro" e senza intervenire
direttamente. Questo permetterà ai bambini di interagire tra loro e all'adulto di ascoltare
le loro voci.
2. Dopo aver ascoltato l'adulto interviene direttamente nelle interazioni tra bambini, fa da
ponte sociale compiendo le seguenti azioni;
 Sollecita gli scambi in modo non direttivo, fa presente agli uni cosa stanno
facendo gli altri.
 Rispecchia ciò che sta avvenendo tra i bambini, fa presente all'uno il punto di
vista dell'altro.
 Pone domande di chiarimento incrociate, per sollecitare la spiegazione dei punti
di vista.
 Inserisce elementi nuovi ma congruenti all'attività dei bambini.
 Riprende iniziative solo abbozzate dei bambini, che possono favorire la
prosecuzione e l'allargamento dell'attività comune.
In questo modo l'adulto favorisce la messa in relazione evolutiva dei bambini, sviluppa la
collaborazione e la co-costruzione di apprendimenti.
L'azione dell'adulto attraverso comunicazioni verbali e non verbali deve esprimere e chiedere
il rispetto, la fiducia, la benevolenza per ogni punto di vista. Centrale è la dimensione della
reciprocità, la più difficile da comprendere e praticare per i bambini sotto i sei anni perché
implica l'ascoltare l'altro.
1. Durante i conflitti tra bambini l'adulto deve prima permettere ai bambini di provare a
negoziare autonomamente e nel caso di conflittualità irrisolte intervenire secondo
alcune modalità principali:
 L'educatore deve comprendere e sostenere le dimensioni emotive che attraversano
il conflitto.
 Deve sostenere l'habitus (prospettiva deweyana) del ricercatore con un pensiero
riflessivo che mette a fuoco gli aspetti nodali del problema, individua ipotesi di
soluzione e verifica tali ipotesi.
 Deve proporsi come arbitro super partes, come esempio di giustizia cui bambini
possono far riferimento.
 Deve sostenere l'esperienza di prendere accordi e darsi delle regole sulla base del
riconoscimento dei rispettivi punti di vista.

Questo stile di intervento dell'educatore deve accompagnarsi a delle proposte che mirano al
rafforzamento del senso di appartenenza una comunità di apprendimento.
Queste proposte possono avvenire a diversi livelli:
 A livello di gruppo di riferimento (sezione), prevedendo modalità per tenere in memoria
delle esperienze educative condivise.
 A livello di gruppo di riferimento, prevedendo momenti in cui si definiscono
esplicitamente con i bambini le regole del gruppo.
 A livello di gruppo nido/scuola, prevedendo momenti in cui i bambini si riconoscono
parte del gruppo allargato e facciano delle attività tutti insieme.

~ Progettazione e monitoraggio
La socialità tra pari deve essere progettata e monitorata attraverso alcune azioni; in anzitutto
il nido deve esplicitare all'interno del documento dove dichiara la propria identità educativa
l'importanza educativa che attribuisce alla costruzione di una socialità positiva tra bambini.
Inoltre il gruppo di lavoro elabora un documento di progettazione educativa con obiettivi e
modalità per raggiungerli che mirino a sostenere la socialità positiva tra pari. La
progettazione educativa deve prevedere:
 La possibilità per i bambini di fare parte di piccoli gruppi.
 L'appartenenza di ogni bambino a un gruppo di riferimento con una certa stabilità in
modo che si sviluppi il senso di appartenenza per potersi mettere alla prova come attore
sociale impegnato in una vita di comunità.
 La possibilità per ogni bambino di vivere situazioni sociali varie durante la giornata.
Il monitoraggio del progetto deve essere regolare e deve monitorare il comportamento sociale
dei bambini e degli adulti in relazione al gruppo. Si deve poi confrontare ciò che è stato
osservato con ciò che era stato ipotizzato all'interno del documento di progettazione
educativa.

~Spazi e tempi
Organizzazione degli spazi:
 Nelle sezioni o nelle aree comuni dovrebbe essere previsto un angolo di interesse
(angolo di libri, del gioco simbolico ecc..) in modo che i bambini possono distribuirsi in
piccoli gruppi, aggregandosi per interessi comuni e che l'adulto possa intervenire con
attenzione sensibile.
 Deve esserci a disposizione materiale ricco e vario, per favorire il libero e autonomo
utilizzo che dia il via a interazioni che si sviluppano da interessi comuni, dando modo
all'adulto di coglierli e sostenerli.
Organizzazione dei tempi:
L'adulto deve avere un atteggiamento mentale che preveda tempi dilazionati in modo da poter
terminare gli scambi sociali evitando di interromperli bruscamente.
Per consolidare il senso di appartenenza a una comunità di apprendimento occorre:
 momenti quotidiani in cui ci si ritrovi e ci si riconosca.
 Momenti per progettare con il gruppo attività da condividere, nei quali l'adulto propone
esperienze ne discuta con i bambini.
 Momenti ripetuti periodicamente per ripercorrere con il group quanto si è condiviso
durante un particolare lasso di tempo.
 Momenti ripetuti periodicamente per progettare o ripercorrere con l'intero gruppo o
l'intera scuola attività comuni.

3-LE RELAZIONI TRA ADULTI


~Identità educativa e gruppo di lavoro relazionale
Le relazioni tra adulti avvengono all'Interno del team educativo di cui fanno parte il
coordinatore pedagogico, gli operatori ausiliari e gli educatori che condividono le
responsabilità educative di un nido. Nei nidi gli educatori lavorano fianco a fianco
quotidianamente e la qualità delle relazioni che vi è fra di essi è importante per la
realizzazione degli obiettivi educativi.
Un buon team educativo deve costruirsi attorno ad un'unica identità educativa. Per identità
educativa si intende l'intreccio di principi, teorie, convincimenti, idee e buone pratiche cui fa
riferimento chi educa. L'identità educativa deve avere tra i suoi principi quello della
partecipazione, soprattuto del bambino come soggetto attivo, concreto nel modo di
rapportarsi e pensare il mondo e portatore del diritto di espressione.
Il team deve discutere e definire in modo esplicito e partecipato l'identità educativa, i ponti
individuali devono essere espressi per negoziare prospettive condivise ed elaborarle in
documenti che le dichiarino.
Ci sono però aspetti dell'identità educativa che restano impliciti, delle pedagogia e latenti in
forma di convincimenti ben radicati nelle menti degli educatori, non del tutto consapevoli,
che determinano fortemente il loro operato. È possibile così che l'educatore agisca in modo
non coerente con i principi cui si dichiara di far riferimento.
Un team che pone come valore di riferimento la partecipazione sarà socialmente aperto;
favolrirà la partecipazione allargata all'interno del servizio, con il coinvolgimento diretto dei
collaboratori ausiliari, e all'esterno con il coinvolgimento dei genitori e delle territorio.
Secondo Bion il team educativio dovrebbe funzionare:
 Individuando obiettivi educativi sulla base dei principi e delle finalità condivise,
definendo progetti di intervento per raggiungere tali obiettivi e utilizzando modalità di
verifica.
 Un'idea di sviluppo come conseguenza dell'apprendere dall'esperienza, che in relazione
al team significa concepire il proprio pensare e fare educativo come non immobile, e
considerare il processo di partecipazione al gruppo di lavoro come l'esito di un continuo
aggiustamento relazionale.
 Un processo di cooperazione che produce l'organizzazione la struttura del gruppo,
definendo in maniera condivisa ruoli, funzioni e compiti.
Ci sono alcune difficoltà che riguardano i singoli dentro al gruppo; la prima difficoltà è data
dall'ambivalenza vissuta nel sentire da una parte il bisogno di appartenenza che l'essere in
gruppo soddisfa e dall'altra il pericolo di perdere in quello stesso gruppo la propria
individualità. La seconda è la difficoltà connessa al dover imparare a stare nel gruppo, al
confrontarsi con punti di vista diversi dal proprio e al fronteggiare le conflittualità.
L'appartenenza al gruppo va guadagnata.
Per fronteggiare queste difficoltà il team può farsi aiutare dal coordinatore pedagogico, che
essendo una figura esterna può riconoscere le eventuali difficoltà e attuare alcune strategie
come il rafforzamento degli aspetti propri del gruppo di lavorazione con azioni come;
richiamare l'attenzione sugli obiettivi e progetti educativi, facilitare il confronto democratico
e promuovere la struttura organizzativa del gruppo.
~ Indicatori per un buon team educativo
1. Gli educatori condividono in maniera esplicita una stessa identità educativa, avendo tra
i propri riferimenti il principio partecipativo.
2. Gli obiettivi e progetti educativi si sviluppano a partire dalla dichiarata identità
educativa del servizio.
3. Il team si dà una struttura organizzativa coerente con gli obiettivi e progetti educativi
concordati, equilibrata nei carichi di lavoro.
4. Il team e attiva nell'affermare il principio partecipativo sia all'interno che all'esterno del
servizio.
5. Il coordinatore pedagogico sostiene il team nei suoi compiti educativi.

SPAZI E TEMPI
Nei nidi e nelle scuole dell’infanzia l’organizzazione dello spazio, che comprende anche la
scelta e
la collocazione dei materiali e dei giochi, e la gestione del tempo vengono generalmente
considerate
come elementi base per il buon funzionamento della vita quotidiana e per lo svolgimento
delle
attività con i bimbi. Si tratta di aspetti importanti che consentono di dare ordine alla vita
quotidiana
e offrire ai bimbi stimoli significativi, ma che si esauriscono tutte le potenzialità educative di
un’attenta progettazione degli spazi e dei tempi.
Il significato psicologico e sociale dello spazio
Il primo contributo che va menzionato è quello di Kurt Lewin che mette in evidenza due
aspetti
dello spazio: da un lato quello materiale e dall’altro quello psicologico, ovvero come gli
individui
facciano esperienza dello spazio; L’autore chiama “ambiente” l’intreccio dei due aspetti. Lo
spazio
nella sua materialità è costituito da un insieme di fattori di ordine extrapsicologico che
influenzano
fortemente l’ambiente psicologico e, attraverso di esso, il comportamento sia individuale sia
di
gruppo. D’altra parte anche il vissuto psicologico degli individui ne influenza il
comportamento e
quest’ultimo quindi è influenzato sia dalla rappresentazione psicologica che la persona ha
dell’ambiente sia dell’ambiente per come oggettivamente si presenta. Più il bimbo è piccolo,
più gli
elementi dell’ambiente possono irrompere facilmente nella zona interna della sua persona
determinando disagio e disorganizzazione.
Marc Augè pone l’attenzione sulla dimensione identitaria, o al contrario, impersonale degli
spazi
costruiti, abitati e attraversati dagli uomini e distingue tra:
• Luoghi: ambienti caratterizzati da una storia, un’identità, un’appartenenza ed è tale
quando noi stessi contribuiamo a renderlo tale
• Nonluoghi: spazi nei quali colui che li attraversa non può leggere nulla come i centri
commerciali, aereoporti… e sono spazi di transito e luoghi fittizi
La considerazione di Augè ci aiuta a riflettere su due diversi significati dello spazio:
1) Spazio come luogo in cui gli individui possono sentirsi a casa in quanto parte della
propria identità
2) Spazio impersonale e asettico, puramente funzionale, senza storia e identità
La sociologia di Goffman pone l’accento sulla valenza sociale e simbolica degli spazi nei
quali
hanno luogo gli incontri tra individui. L’organizzazione spaziale corrisponde a una certa
organizzazione sociale e la determina. Le occasioni sociali comportano l’utilizzo di luoghi
specifici
di spazi deputati la cui organizzazione e i cui riferimenti simbolici sollecitano modalità di
comportamento tipiche e consone all’occasione sociale stessa. La disposizione dello spazio
sottolinea le caratteristiche delle relazioni interpersonali, i ruoli e anche le regole implicite ma
fortemente cogenti dell’occasione stessa; Goffman parla addirittura di “fabbricazione”
dell’individuo mediante modalità indirette di imposizione che contribuiscono a mantenere
l’ordine
e il consenso sociali.
Una più spiccata valenza politica hanno le considerazioni di Foucault, in particolare è
l’organizzazione dello spazio e dei tempi a costituire un dispositivo forte attraverso cui si
dispiega il
potere, che assoggetta in maniera invisibile i corpi formando abitudini e atteggiamenti. Parla
al
proposito di microfisica del potere mostrando come l’organizzazione spaziale e temporale di
istituzioni quali prigione, ospedali, scuole si configuri come dispositivo disciplinare.
L’aula e l’impiego del tempo nelle istituzioni educative
Lo spazio non è un contorno, ma un medium educativo o un congegno pedagogico in quanto
suscita
vissuti, configura ruoli e relazioni, sottolinea l’appartenenza e l’identità o spersonalizza.
Bernstein ne parlava come di una “pedagogia invisibile” che comporta cioè un controllo non
esplicito dell’insegnante sul bimbo, una sua azione tramite l’organizzazione dell’ambiente
piuttosto
che attraverso strategie istruzionali volte all’acquisizione di competenze specifiche. Proprio
perché
invisibile tale pedagogia può produrre degli effetti non voluti, diversi da quelli
intenzionalmente
perseguiti; occorre invece che questa pedagogia esca dall’invisibilità e diventi oggetto di una
progettualità educativa autentica.
Secondo Battelheim la pedagogia sottesa all’organizzazione degli spazi è anche indizio di un
certo
modo di concepire il bimbo, il suo sviluppo e la relazione educativa.
L’organizzazione dello spazio a fini disciplinari e di controllo è correlata a una gestione del
tempo
finalizzata alla produttività che nella scuola significa apprendimento: non ci devono essere
tempi
morti e anche lo svago è temporalmente delimitato e definito. È il tempo dell’orologio che
scandisce l’inizio e la fine del tempo scuola e il passaggio da una lezione ad un’altra secondo
un
ritmo istituzionale e collettivo; il tempo scuola si configura per tradizione e per esigenze
organizzative come un tempo collettivo, tendenzialmente istituzionalizzato.
I tempi di crescita non sono uguali per tutti, soprattutto nei soggetti in età evolutiva dunque
una
certa personalizzazione nell’organizzazione del tempo dovrebbe essere prevista per venire
incontro
alle esigenze dei singoli. Accanto al tempo impersonale vi è il tempo psicologico, il vissuto
soggettivo dello scorrere del tempo. Gli effetti dell’organizzazione del tempo a scuola sui
vissuti
psicologici vanno tenuti in considerazione poiché analogamente a quelli dell’organizzazione
spaziale condizionano talora pesantemente la partecipazione fruttosa dei bimbi alla vita della
scuola.
3.2 spazio e tempo dal punto di vista dei bambini
Due testi di Piaget sono fondamentali per comprendere come nel bimbo si costruiscono
evolutivamente i concetti di spazio e tempo così come noi adulti li conosciamo. Il bimbo alla
nascita non è in grado di distinguere il modo esterno da quello interno, è totalmente auto
centrato e
non esiste per lui uno spazio unitario; quando le cose scompaiono alla vista è come se se ne
andassero per sempre: il bimbo non cerca in alcun modo di ritrovarle e la loro ricomparsa è
una
sorta di resurrezione. Precedentemente al secondo anno di vita lo spazio risulta essere di tipo
sensomotorio
e solo con l’avvento del linguaggio diventerà rappresentativo. Parallelamente alla
conquista delle relazioni spaziali il bimbo scopre anche che il tempo non è legato alla sua
attività
ma è proprio di tutti gli elementi che compongono l’universo esterno; il bimbo passa da un
tempo
locale a un tempo omogeneo, continuo e reversibile.
L’importanza della capacità rappresentativa nell’elaborazione della realtà esterna è segnalata
in
particolare da Vygotskij in cui il bimbo dipende dalle loro rappresentazioni mentali. Con
l’acquisizione della capacità simbolica lo spazio e il tempo assumono nuove caratteristiche; il
bimbo sotto i 2 anni è sottomesso alle proprietà del mondo circostante e con l’acquisizione
della
capacità di rappresentazione e la distinzione oggetto/significato si dispiegano la capacità
creativa
del bimbo e la possibilità di pensare spazi e tempi diversi da quelli attuali e concreti. Ma
anche lo
sviluppo emotivo è chiamato in causa.
Anche Anna Freud dice che il vissuto temporale del bimbo non è identico a quello
dell’adulto; il
tempo ha a che fare con una delle più importanti acquisizioni del bimbo piccolo, cioè la
capacità di
attendere. Questa facoltà dipende fortemente dalle esperienze che il bimbo ha vissuto nella
relazione con le figure di attaccamento; quindi secondo l’autrice il vissuto temporale del
bimbo è
connesso al suo funzionamento psichico oscillante.
Secondo Stern il senso del tempo è strettamente correlato all’elaborazione di un “senso
organizzato
del sé” il quale è legato ad una serie di esperienze:
• La sensazione di essere un sé agente: quando chiudo gli occhi si fa buio
• La sensazione di essere dotato di coesione
• Un sé affettivo
• Un sé storico
Esistono occasioni favorevoli all’elaborazione di un senso del sé nucleare, in primo luogo
troviamo
un certo comportamento degli adulti nell’interazione sociale con il bimbo che Stern chiama
“tema
con variazioni”. Due esigenze sono sottese a due tipi di comportamento: il mantenere vivo
l’interesse del bimbo e l’importanza dell’ordine della ripetività.
In sintesi si può dire che la nozione di spazio come qualcosa di indipendente dal soggetto sia
una
conquista evolutiva così come la rappresentazione sociale del tempo, il passaggio cioè del
tempo
soggettivo a quello collettivo e condiviso; si tratta di conquiste che non dipendono solo da
fattori
maturativi ma dal tipo di esperienze che i bimbi fanno nei loro ambienti di vita.
La qualità pedagogica di spazi e tempi nei servizi per l’infanzia 0-6: alcuni indicatori
• Non è possibile sconnettere l’organizzazione degli spazi e dei tempi dalla complessa
organizzazione dell’ambiente che comprende un’ampia gamma di aspetti tra i quali
le attività che i bimbi possono svolgere, le modalità della relazione educativa…
• L’organizzazione degli spazi e dei tempi dipende dal vissuto infantile e allo stesso
tempo lo influenza; gli aspetti emotivo-affettivi dipendono dalla percezione spaziotemporale
ma al contempo la condizionano: interesse, benessere, noia, disagio…
• Le acquisizioni cognitive, fisiche ed emotivo-affettive dipendono dal modo con cui
l’ambiente le promuove ma anche dalle capacità del bimbo spesso connesse all’età
• L’organizzazione dello spazio e del tempo influenza anche le dinamiche tra pari
Gli indicatori proposti possono essere utili sia per leggere criticamente luoghi scolastici sia
per
migliorarne l’utilizzo e l’organizzazione, partono da un’idea di ambiente educativo che deve
essere:
• Un ambiente a misura dei bimbi dove possono sentirsi a casa loro
• Un ambiente generoso nel quale i bimbi abbiano possibilità di trovare ampie
possibilità di gioco e attività
• Un ambiente attivo, che susciti il desiderio di fare, agire
• Un ambiente conviviale e sociale che favorisca gli scambi orizzontali e le relazioni tra
pari in un clima di affettività positiva
Gli indicatori relativi a spazi e materiali
Progettazione: lo spazio va progettato, ciò significa da un lato che il modo di organizzare gli
spazi
va condiviso dal gruppo di lavoro, dall’altro che tale organizzazione deve avere una valenza
educativa, essere cioè pensata per offrire ai bimbi le migliori possibilità di crescita e
all’adulto le
condizioni migliori per svolgere il proprio lavoro. L’atto del progettare comporta la
definizione di
un problema e un’ipotesi di soluzione. La densità sociale e quella spaziale incidono sulla
qualità
sociale del gioco, in particolare l’affollamento è il fattore più negativo.
Articolazione e destinazione d’uso degli spazi della scuola: punta l’attenzione sia sulla
dimensione
fisica dell’ambiente-scuola sia sulla dimensione funzionale. Lo stesso spazio se ben
organizzato
può essere plurifunzionale; nel nido e nella scuola dell’infanzia dovrebbero essere previsti
spazi per
il riposo, per il pranzo e le merende, spazi comuni per offrire occasioni di socializzazione e
apprendimento. Vanno ricordati gli spazi per gli adulti, per riporre effetti personali, la
documentazione…
Articolazione interna dell’aula/sezione: le zone dovrebbero essere sufficientemente
permeabili,
senza nette separazioni, ma disposte in modo tale che le attività più movimentate non
intralcino
quelle più sedentarie. L’articolazione in zone lascia loro ampia libertà di scelta e, al tempo
stesso,
consente l’aggregazione dei bimbi in piccoli gruppi, favorendo l’instaurarsi di una socialità
positiva.
La personalizzazione degli spazi: l’ambiente della scuola deve poter essere per ciascun bimbo
un
ambiente di vita accogliente e amico; è necessario che senta di appartenervi, di essere a casa
ed è
importante che il bimbo possa ritrovare nell’ambiente segni di sé e del proprio passaggio.
La valenza sociale dello spazio: l’organizzazione dello spazio dovrebbe incentivare la
collaborazione tra bimbi, consentire loro di sperimentare diverse modalità di aggregazione;
contrassegnare lo spazio in modo da rimarcarne il significato sociale e promuovere un senso
di
appartenenza.
Lo spazio e lo sviluppo dell’autonomia: l’autonomia viene favorita anche da
un’organizzazione
dello spazio che consenta il libero accesso ai materiali disponibili; è inoltre incentivata
coinvolgendo i bimbi nella negoziazione/condivisione delle regole d’uso dei materiali e degli
spazi.
Lo spazio e la corporeità: questo indicatore pone l’attenzione su quanto gli spazi interni del
nido e
della scuola dell’infanzia consento ai bimbi attività di libero movimento che impegnano e
sollecitano la motricità globale
La qualità estetica dello spazio: non è solo un elemento di contorno poiché l’educazione del
gusto
passa attraverso il godimento e l’apprezzamento del bello; bello è ciò che ci trasmette un
senso di
ordine, pulizia, funzionalità, armonia…
Attenzione agli adulti: anche loro hanno bisogno di trovare nella scuola segni di
appartenenza,
luoghi di incontro confortevoli; lo spazio dell’accoglienza all’entrata e all’uscita è una sorta
di carta
di identità del nido/scuola. Inoltre è importante che il team possa avere un luogo nel quale
svolgere
le attività di programmazione e discussione collegiale.
L’utilizzo pedagogico dello spazio esterno: generalmente utilizzato per attività all’aperto e
dovrebbe offrire garanzie di sicurezza, presentare semplici attrezzature che incoraggino il
gioco
motorio e la messa alla prova delle proprie capacità fisiche
Materiali e giocattoli: dovrebbero presentarsi in buono stato, sufficientemente sicuri e in
quantità
sufficiente da poter essere utilizzati da un certo numero di bimbo, meglio giochi di legno
piuttosto
che di plastica poiché sono più piacevoli al tatto, dovrebbero essere collocati nello spazio in
maniera ordinata e accessibili ai bimbi in modo da incoraggiarne e promuoverne l’agentività
Gli indicatori temporali
La progettazione del tempo: anche l’organizzazione del tempo non può essere lasciata al caso
e non
va pensata esclusivamente in funzione di variabili non pedagogiche quali i turni degli
educatori/insegnanti e del personale ausiliario.
La giornata educativa, ritmo, transizioni e scansioni: la giornata deve essere prevedibile, ma
al
tempo stesso abbastanza flessibile per venire incontro alle esigenze che i bimbi
quotidianamente
manifestano, le situazioni della quotidianità devono essere coinvolgenti e non prevedere
tempi
troppo prolungati di attesa. Si è tenuto conto della necessità di alternare momenti di impegno
e
concentrazione con momenti di riposo e rilassamento.
La continuità dell’esperienza: un aspetto importante della temporalità è dato dalla maggiore o
minore connessione/integrazione delle esperienze; secondo Dewey un’esperienza è educativa
se da
essa si sarà tratto un significato che potrà essere speso successivamente per affrontare nuove
esperienze, cioè se non sono esperienze fine a se stesse.
La personalizzazione del tempo collettivo: l’organizzazione temporale di un servizio
educativo per
l’infanzia non deve essere troppo vincolata ad esigenze istituzionali.
Il tempo condiviso, l’autonomia e l’uso sociale del tempo: una delle principali conquiste del
bimbo
in età prescolare è la progressiva capacità di elaborare un senso del tempo condiviso; si parla
di
tempo condiviso quando si tiene conto della presenza e delle esigenze di altre persone.
Dunque
bisogna prestare attenzione al vissuto temporale di ciascun bimbo nelle diverse situazioni
quotidiane permettendogli anche di stare in solitudine e imporre tempi della collettività.
L’autonomia nell’uso del tempo da parte dei bimbi dipende anche dalla capacità di negoziare
tra i
tempi individuali e quelli collettivi.
Il tempo e la costruzione dell’identità: la costruzione dell’identità personale è strettamente
connessa
al percepire la propria esperienza in una linea temporale di continuità tra passato, presente e
futuro.
Diverse possono essere le strategie da mettere in campo per rafforzare l’identità di ciascun
bimbo e
la continuità dell’esperienza personale; è importante segnalare l’importanza del racconto che
consente di dare significato all’esperienza vissuta collocando temporalmente e
consequenzialmente
gli avvenimenti personali e sociali.
IL GIOCO
Parlare di gioco in riferimento all’infanzia significa fare in conti con una realtà che ha un
ruolo
centrale per la buona crescita del bimbo in quanto rappresenta il suo modo peculiare di stare
al
mondo, di rapportarsi alla realtà e di esprimere il suo punto di vista su di essa; in questo senso
si
può dire che il gioco è la voce stessa del bambino.
La natura del gioco
Roger Caillois nel suo libro “i giochi e gli uomini” riprende e sviluppa la definizione di gioco
di
Huizinga; il gioco è:
Il gioco è libero: chi gioca decide di farlo spontaneamente e in modo del tutto volontario, non
si
può imporre a qualcuno di giocare perché chi gioca sotto costrizione non sta davvero
giocando.
Il gioco è separato: è separato dal resto dell’esistenza e chiuso alle interferenze del mondo
che sta
fuori; qualsiasi gioco ha un suo spazio fisico e virtuale che segna i confini con ciò che gioco
non è.
Anche il tempo del gioco è delimitato e separato.
Il gioco è incerto: per qualsiasi gioco non è possibile prevedere né il suo svolgimento né il
suo
esito,è la libertà d’iniziativa del giocatore a decidere l’andamento del gioco e del suo
risultato; il
bimbo che finge di essere mamma o si arrampica sullo scivolo sceglierà via via come
proseguire,
quale trama o percorso sviluppare.
Il gioco è improduttivo: il gioco non crea nulla di nuovo al di fuori di se stesso e in ciò si
differenzia
totalmente da un’attività svolta con un obiettivo esterno, per costruire o ottenere qualcosa.
Il gioco è autoregolato: è sempre caratterizzato da regole le quali valgono solo fino a quando
esso
dura. Anche il gioco libero è regolato, nel caso del gioco simbolico vale la regola che tutto
quello
che si fa è “per finta”.
Il gioco è fittizio: chi gioca è sempre accompagnato dalla consapevolezza di trovarsi in una
dimensione di realtà diversa.
Educazione e gioco, un rapporto complesso
Gioco ed educazione sembrano configurarsi come realtà opposte e incompatibili, infatti:
il gioco: l’educazione:
è libero e piacevole Propone/impone esperienze, conoscenze e
condotte
È separato È parte della vita ordinaria
È incerto È certa negli obiettivi e percorsi
È improduttivo Mira a produrre crescita e apprendimento
È autoregolato Comporta etero regolazione
fittizio È reale
Le regole che caratterizzano qualsiasi gioco hanno la particolarità di essere spontaneamente
assunte
dal giocatore che scegliendo liberamente di giocare sceglie anche di stare dentro alle regole
del suo
gioco; anche l’educazione è una realtà regolata, ma a differenza del gioco le sue regole non
sono
liberamente assunte dal bimbo.
Al chiaro senso di irrealtà straordinaria che accompagna il gioco si contrappone il vissuto di
realtà
ordinaria del bimbo nella situazione educativa, la chiarezza che ciò che sto facendo lo fa
davvero e
sul serio.
La ricerca psico-pedagogica ha ampiamente riconosciuto il significato evolutivo del gioco e
perciò
avverte gli educatori che non possono svolgere il proprio compito senza attribuire un posto
importante all’attività ludica del bimbo nella propria prospettiva e pratica educativa; d’altra
parte
però l’educatore riconosce le qualità particolari e complesse del gioco. Il riconoscimento di
tale
complessità dice all’educatore che il gioco è delicato e che per essere davvero gioco deve
essere
lasciato a sé in quanto qualsiasi intervento rischia di rovinare la spontaneità e di deviarne i
percorsi
facendo vacillare la sua fragile struttura.
Come educatori dovremmo sostenere e promuovere il gioco, ma se proviamo a farlo il gioco
rischia
di svanire; questa ambivalenza, se lasciata a se stessa, può portare l’operatore educativo a
risolvere
il disagio attivando due possibili atteggiamenti:
1) È possibile che prevalga l’interazione di tenere il gioco dentro l’azione educativa
come trucco per invogliare il bimbo a dedicarsi ad attività che mirano non tanto a
sostenere il gioco stesso, quanto competenze, conoscenze condotte evidentemente
ritenute più rilevanti; ed è proprio questo il messaggio che passa al bimbo: non si
gioca per giocare perché di per sé è importante, ma per esempio per imparare i
colori, i numeri ecc…
2) Vi è la possibilità che abbia il sopravvento la tutela del gioco interpretata in modo
assoluto tanto da portare l’operatore educativo ad astenersi da qualsiasi intervento, in
questo caso l’adulto predispone spazi, materiali, gruppi e tempi per il gioco
esercitando così una premura educativa verso di esso, ma si mantiene a distanza e
rinuncia ad entrare direttamente. Questo secondo atteggiamento salvaguarda
maggiormente il gioco e la sua natura creando le condizioni perché possa
manifestarsi.
Il gioco del bambino piccolo
La teoria dello sviluppo di Piaget concepisce il gioco come un’attività che si esercita al di
fuori dei
processi di adattamento e che evolve come conseguenza dello sviluppo delle strutture
intellettive. Il
bambino gioca e sospende i due processi attraverso cui si realizza l’adattamento all’ambiente,
cioè
l’accomodamento, con il quale il bimbo modifica e amplia i propri schemi intellettivi in
relazione
alle novità che incontra nell’ambiente; l’assimilazione con la quale la novità a cui lo schema
si è
accomodato viene stabilmente incorporata. Il gioco, quello dei primissimi anni di vita, è
assimilazione pura. In questo senso il gioco è anche egocentrismo puro in quanto il bimbo,
giocando, piega la realtà al suo punto di vista ed interesse.
Riguardo allo sviluppo del gioco si è detto che rispecchia l’evoluzione stadiale
dell’intelligenza
secondo i seguenti passaggi:
1) il gioco d’esercizio (da 0 a 2 anni): è agganciato all’intelligenza senso-motoria la
quale caratterizza i primi 2 anni di vita ed è centrata sulla percezione e sull’azione; è
di tipo essenzialmente sensoriale e motorio e comprende forse di esercizio semplice,
combinazioni senza scopo e combinazioni con scopo
2) il gioco di finzione (dai 18 mesi a 7 anni): compare con il passaggio dall’intelligenza
motoria a quella rappresentativa e consiste nella maturazione della capacità di
produrre rappresentazioni mentali indipendentemente da ciò che viene percepito. Il
gioco simbolico evolve diventando sempre meno egocentrico a riprodurre situazioni
reali nel gioco di regole
3) il gioco di regole (dai 4 a 7 anni): rappresenta il ponte tra l’attività ludica vera e
propria e i comportamenti che implicano un adattamento alla realtà.
Il significato del gioco per il bambino
Il gioco esprime piacere di vivere e il senso dell’esistere: Bettelheim mette in luce la
dimensione
più evidente del gioco, cioè il piacere e amplifica riferendola alla possibilità offerta
dall’attività
ludica di provare gioia di vivere. Winnicott propone uno stretto rapporto tra gioco e
creatività: in
esso il piccolo ha modo di apprezzare il valore della vita e quindi di radicare il senso stesso
del
proprio esistere
Il gioco esprime senso di efficacia e di padronanza della mente e del corpo: nel gioco del
bimbo,
soprattutto nella prima infanzia, il corpo ha un ruolo primario; anche il gioco simbolico è
molto
corporeo in quanto è attraverso i movimenti e i gesti, oltre che alle parole, che il bimbo mette
in
scena le sue trame ludiche; ma questo tipo di gioco è soprattutto l’espressione delle prime
forme di
pensiero rappresentativo, cioè della capacità di immaginare ciò che si vuole
indipendentemente dal
mondo concreto che viene percepito.
Il gioco è espressione e modulazione dell’affettività: qualsiasi tipo di gioco ha sempre un
rimando
inconsapevole a contenuti inconsci, ovvero consiste nella messa in scena inconscia di vissuti
e
situazioni che risultano problematici per il bimbo permettendogli di farvi fronte secondo i
propri
ritmi e tempi. Questa visione fu proposta per la prima volta da Freud sulla base
dell’osservazione
del gioco di sui nipote Ernest di 18 mesi: il bimbo, soprattutto nei momenti in cui la mamma
si
allontanava da lui, giocava con un rocchetto di filo lanciandolo lontano da sé per poi
riprenderlo;
mette in scena quindi la separazione della madre e i sentimenti dolorosi che prova e ciò
permette:
• di esserne “padrone” in quanto è lui che ne decide i tempi e le modalità
• di soddisfare i suoi desideri inconsci
• di rassicurarsi, confermando a se stesso che alla separazione segue sempre il
ricongiungimento
Il gioco è pensiero creativo: secondo Winnicott il bimbo quando gioca sospende la
progressiva
opera di distinzione tra i propri desideri profondi, che rispondono al principio del piacere, del
tutto
e subito, e la realtà esterna che li frusta in quanto risponde al principio di realtà del non tutto è
possibile e non subito; questa sospensione avviene tramite l’area ludica, un’area dove il
bimbo si
pone in rapporto di scambio con il mondo piuttosto che di adattamento. Proprio la
compenetrazione
soggettiva e quella oggettiva è il processo che sta alla base dell’atto creativo in quanto
consiste
nell’espressione di parti interne del soggetto attraverso la realtà esterna trasformando
quest’ultima
in modo tale che non è più possibile distinguere trra le due componenti. Il gioco è prototipo di
qualsiasi atto creativo e dunque è per il bimbo la prima esperienza di creatività.
Il gioco simbolico è la prima possibilità di pensiero rappresentativo: Vigotskij condivide
l’idea
della stretta relazione tra gioco simbolico e pensiero rappresentativo, ma considera questo
genere di
attività ludica come un motore del suo sviluppo. Dal punto di vista del bimbo giocare a fare
finta è
prima di tutto possibilità di immaginare, di sganciarsi dalle pastoie imposte dal mondo
percettivo e
quindi di sperimentare una nuova libertà mentale.
Il gioco simbolico è esplorazione dei ruoli sociali e dei processi che li regolano: Vigotskij
mette in
evidenza il significato del gioco simbolico in relazione all’esplorazione dei ruoli, regole e
habitus
sociali. Esplora i processi attraverso i quali i significati sociali si producono, ma soprattutto
esprime
il suo punto di vista su di essi, su come li vede e li comprende.
Il gioco simbolico tra pari è sforzo di decentramento: secondo Piaget il gioco simbolico
evolve
verso forme socializzate in cui i bimbi condividono la messa in scena ludica di trame comuni.
Il
gioco socio-drammatico richiede uno sforzo di decentramento non da poco per bimbi in
un’età
ancora fortemente caratterizzata da egocentrismo: la spinta per affrontare questo sforzo è data
dalla
motivazione a giocare con gli altri,dal valore aggiunto connesso alla possibilità di
condividere con i
compagni mondi affettivi, creativi e immagini personali. Anche gli studiosi di Verba e
Isambert
sottolineano come nel gioco tra bimbi dai 2 ai 4 anni si sviluppino processi che sostengono la
capacità di decentramento: imitazione dei comportamenti dei più grandi da parte dei più
piccoli,
aiuto tutoriale dei più grandi verso i più piccoli, cooperazione…
Il gioco, in particolare quello simbolico, è espressione della cultura dei pari: dal punto di
vista dei
bimbi il gioco simbolico sociale ha anche il significato di contribuire a costruire ed esprimere
una
propria cultura di gruppo.
Il gioco simbolico è intreccio di competenze: tale complessità viene ripresa e puntualizzata
nella
SVALSI, uno strumento per l’osservazione e l’analisi appunto delle abilità ludico-simboliche
e
individua 5 competenze principali che le attraverserebbero:
1) la decontestualizzazione, cioè la capacità di comportarsi indipendentemente dal
contesto percepito
2) il decentramento, cioè la capacità di tenere conto dei punti di vista altrui
3) l’integrazione, cioè la capacità di coordinare più elementi in modo coerente
4) il controllo dell’esecuzione, cioè la capacità di utilizzare le verbalizzazioni per
dirigere i comportamenti
5) la competenza sociale, cioè la capacità di condividere azioni, proposte e progetti con
i compagni di gioco
Servizi per l’infanzia 0-6 di qualità per il gioco, alcuni indicatori
La chiave per sciogliere l’apparente incompatibilità tra educazione e gioco è proporre come
finalità
educativa l’attività ludica, cioè diventare educatori ludici.
• Il gioco viene riconosciuto come condotta vitale per il bimbo
• Ciò comporta, dal punto di vista educativo, sostenere il gioco per se stesso avendo
cioè come obiettivo la sua promozione
• Il gioco ha un posto centrale nella definizione di proposta pedagogica rispetto a tutte
le sue dimensioni
• Il gioco è la voce del bimbo perciò deve essere ascoltato con attenzione e considerato
come un interlocutore privilegiato nel dialogo attraverso cui la proposta educativa
viene definita, verificata e valutata.
Progettazione e monitoraggio
Un servizio educativo 0-6 di qualità per il gioco attribuisce esplicitamente alla realtà ludica
un ruolo
centrale nei documenti in cui dichiara la sua identità educativa. L’osservazione ludiche
infantili e
soprattutto l’analisi di quanto osservato per comprendere gli interessi e i bisogni del bimbo,
sono
indicate come base sia per progettare interventi di promozione del gioco, sia per strutturare la
proposta educativa nonché per effettuarne la valutazione e il monitoraggio el tempo; occorre
cioè
definire quando e chi deve osservare e analizzare i giochi dei bimbi, progettare e realizzare
interventi per promuovere il gioco e proposte educative in termini di spazi, materiali, tempi,
gruppi
e esperienze.
Spazi
Il modo in cui vengono strutturati e utilizzati gli spazi incide fortemente sulla possibilità di
dare al
gioco la rilevanza necessaria per sostenerlo e promuoverlo; l’ambiente deve essere strutturato
in
modo da prevedere un certo numero di angoli raccolti e protetti e nematicamente differenziati
poi
deve essere anche flessibile.
Materiali
È importante che i materiali siano raggruppati nematicamente in angoli specializzati in modo
che
comunichino chiaramente in angoli specializzati in modo che comunichino chiaramente una
proposta di gioco e stimolino il bimbo ad attivarsi in tal senso. Il raggruppamento tematico
dovrebbe presentare sia oggetti nematicamente definiti che non strutturati come suggestione
per
libere associazioni; è importante che sia sempre a portata di mano in qualsiasi momento
Tempi
Il tempo che viene proposto per il gioco dice molto riguardo al riconoscimento o meno della
sua
rilevanza pedagogica da parte di un servizio educativo 0-6; questa rilevanza può essere
negata
riservando al gioco un tempo considerato di “intervallo”, cioè esclusivamente in quei
momenti di
passaggio tra attività ritenute più significative, al contrario può essere di rilevanza quando si
progettano come tempo quotidiano garantito per il gioco libero, un tempo che non deve
essere
invaso da altre attività e deve avere una certa consistenza.
Gruppi di bambini
Giocare insieme permette di creare repertori ludici comuni con i quali è possibile intrecciare
mondi
interni affettivi e immaginativi personali ma anche co-costruire ed esprimere la propria
cultura di
gruppo. Ai bimbi dovrebbe essere garantiti momenti quotidiani di libera aggregazione,
dovrebbe
essere prevista l’organizzazione regolare di gruppi di gioco diversificati e l’obiettivo generale
è far
sperimentare ai bimbi diverse varietà di formazioni sociali, come lo stimolo per la co-
costruzione di
percorsi ludici ricchi e vari.
Il ruolo dell’adulto
Bettelheim è molto chiaro nell’affermare il ruolo fondamentale che ha per il bimbo la
possibilità di
giocare con i genitori, vale a dire con adulti significativi dal punto di vista relazionale ed
educativo,
da questa possibilità dipende la sua stessa capacità di giocare e gioire del suo gioco; l’adulto
deve
giocare con il bimbo assumendo uno stile relazione particolare: deve esprimere gioia,
coinvolgimento empatico, rispetto e accettazione incondizionata. Bondioli e Savio parlano di
“promozione dall’interno” per delineare le modalità con cui l’operatore educativo può
rapportarsi al
gioco del bimbo senza snaturarlo, anzi rispettarlo e promuovendolo. Per promuovere il gioco
dall’interno l’operatore educativo dovrebbe:
• Mettersi a disposizione del bimbo proponendosi come compagno di gioco
• Sollecitare l’iniziativa ludica dei bimbi quando non si manifesta, dirigendola il meno
possibile
• Lasciarsi coinvolgere dal gioco dei bimbi con un atteggiamento attento, partecipe ed
empatico
• Farsi guidare dai bimbi accettando tutte le loro iniziative di gioco con il solo limite
del rispetto dell’ambiente e del benessere dei partecipanti
• Provare ad espandere le iniziative ludiche dei bimbi con proposte congruenti ad esse
• Suggerire condotte ludiche appena più evolute rispetto a quelle attivate dai bimbi
• Favorire il gioco tra bimbi proponendo delle connessioni tra le iniziative ludiche
individuali in modo da sostenre lo sviluppo di percorsi ludici comuni e di trame di
gioco coerenti
• Proporsi come custode della memoria del gioco ricordando gli spunti, i percorsi e le
trame fin lì attivati
• Offrirsi come garante del gioco deciso insieme e delle regole che lo riguardano
• Rispettare sempre il volere ludico del bimbo accettando di lasciare cadere le proprie
iniziative se coglie segni di rifiuto o insofferenza da parte del bimbo stesso.

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