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INTRODUZIONE
L’essere umano non nasce tale, la pienezza compiuta della sua natura si realizza per
via di un lungo sviluppo di processi evolutivi che non sono solo biologici (naturali) ma
anche culturali (sociali).
Ogni bambino, nel diventare uomo, è modellato dal suo ambiente, dai costumi, dalle
tradizioni dai valori del sistema socio-culturale in cui vive.
Considerare l’uomo nella realtà corporea, spirituale, sociale e culturale è presupposto
di ogni intervento educativo.
Il volume evidenzia come le matrici filosofiche nelle varie epoche abbiano determinato
diverse concezioni dell’uomo, incidendo in modo sostanziale anche sui modelli educativi.
Si sofferma in particolare sull’Umanesimo che segna un passaggio importante per lo
sviluppo dei moderni metodi didattici, per aver ridato centralità all’uomo nella sua interezza
come sintesi di anima e corpo, superando visioni dualistiche, per aver affermato la
responsabilità civile dell’educazione (un dovere che spetta sia alla famiglia che alla scuola
in un’ottica complementare), per aver spostato l’attenzione sull’educando.
Il volume affronta quindi da una prospettiva sia filosofica che pedagogica il concetto di
uomo, di cultura, di educazione. Una particolare attenzione è data al linguaggio e alla
sua stretta connessione con il pensiero, e alla funzione comunicativa, verbale e non
verbale.
All’educazione viene attribuita la funzione di socializzazione, che risponde alla la
necessita che il bambino, alla nascita dotato di istinti, emozioni e riflessi incondizionati, sia
progressivamente trasformato in un essere sociale, sviluppando al massimo le sue
potenzialità individuali e relazionali.
L’attenzione è focalizzata sul bambino, sull’educando, sulle sue caratteristiche: la
conoscenza delle fasi di sviluppo psico-fisico del bambino è considerata un bagaglio
fondamentale per l’educatore.
Poiché sviluppo corporeo e sviluppo intellettivo sono strettamente legati è necessario che
l’educatore parta dalle conoscenza della caratteristiche biologiche e psicologiche
dell’allievo, che lo conosca, che ne avverta capacità ed esigenze.
L’educazione deve tener conto della reciprocità fisica-intellettiva, senza scindere corpo
e mente come se fossero realtà separate: la prima realtà incontrata e la dimensione
corporea, il corpo è il primo strumento di percezione e apprendimento.
Si sofferma sull’atto motorio e sulle sue componenti cognitiva, emozionale, affettiva e
psicologica:
La seconda parte del volume è infatti dedicata alla psicomotricità: il corpo è mediatore di
conoscenze, si deve educare il bambino attraverso il movimento, tramite le esperienze
corporee.
Spesso gli studi partono dal generale, dall’astratto per poi scendere nel particolare, nel
concreto. Sarebbe appropriato ribaltare l’iter del curriculo scolastico, partire dalla
corporeità dei sensi, dell’osservazione pratica, dell’esperienza diretta e concreta della
realtà per arrivare poi all’astrazione e alla teoria.
Si propone un profondo mutamento delle metodologie e delle impostazioni didattiche che
giunga a inserire nella giornata scolastica quelle libere attività che possono concorrere a
sollecitare lo sviluppo e la crescita dello scolaro in una prospettiva di globalità.
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L’itinerario scolastico può quindi essere arricchito , soprattutto nella scuola dell’infanzia e
in quella primaria, di attività “libere” complementari e parascolastiche basate sul
movimento, sull’esperienza sensoriale e percettiva, a partire dal gioco corporeo di cui si
sottolinea la valenza educativa.
Questo manuale vuole quindi contribuire alla formazione di educatori-animatori esperti in
attività libere, che sappiano cogliere spunti educativi, collegare le attività al percorso
curriculare, che conoscano il come, il perché e il quando di ogni attività inserita nel piano
pedagogico a partire da una precisa conoscenza delle fasi dello sviluppo del bambino, che
conoscano le tecniche fondamentali del ruolo dell’animatore.
Si sottolinea inoltre l’importanza della relazione educativa tra insegnante allievo, che
non può prescindere da una comunicazione affettiva basata sull’osservazione e l’ascolto
empatico dell’alunno da parte dell’educatore. L’educatore deve saper ricevere e
comprendere i messaggi emotivi del bambino (espressi anche con il corpo) e deve saper
rispondere anche con il proprio linguaggio corporeo, trasmettendo sicurezza e
comprensione anche con il linguaggio non verbale.
L’essere umano non nasce nella pienezza compiuta della sua natura, ma si realizza per via di un
lungo sviluppo di processi evolutivi secondo la propria struttura specifica comune a tutti gli uomini,
dotati di eguali attributi umani e di lineamenti individuali.
Secondo Aristotele l’uomo è per sua natura unione di materia e forma in divenire. L’educazione è
opera che consente e favorisce nel bambino da educare il conseguimento della sua forma, della
sua formazione. La scuola si presenta come il primo istituto di aggregazione sociale e la prima
palestra della formazione della sua personalità. Alla scuola spetta il compito di assicurare
un’azione sociale e l’ambiente scolastico stimola l’individuo alla collaborazione e favorisce la
liberazione dell’io, l’amicizia, la formazione di valori nuovi ed efficienti. La scuola sviluppa la
padronanza di sé nel fanciullo.
E’ essenziale un profondo mutamento delle metodologie e delle impostazioni didattiche che giunga
a inserire nella giornata scolastica quelle libere attività che possono concorrere a sollecitare lo
sviluppo e la crescita dello scolaro in una prospettiva di globalità. Essenziali sono:
buona intesa tra gli insegnanti
programmazione coordinata e attenta
riconoscimento del ruolo di animatore scolastico, con competenze non tanto tecniche
quanto soprattutto squisitamente educative.
Le proposte di attività all’aperto, uso del computer, drammatizzazione rivestono un interesse
particolare non tanto per l’acquisizione di competenze, quanto soprattutto lo sviluppo della
personalità degli alunni non raggiungibile forse pienamente senza quelle esperienze determinanti.
Le attività sono elementi integranti dell’attività scolastica in quanto motivano le situazioni
dell’apprendimento e introducono una dinamica nuova che si riflette positivamente su tutto
l’andamento scolastico. Per gli insegnanti è importante il saper vivere ogni esperienza con gli
alunni per creare un’atmosfera stimolante da cui trarre spunti educativi.
Il gioco e le attività di movimento possono fare da tramite a questo itinerario per i bambini sia nella
scuola dell’infanzia che in quella primaria. Il bambino sviluppa la conoscenza del proprio corpo
attraverso l’esperienza sensoriale e percettiva che gli permettono di sperimentare le potenzialità e
di esprimere la sua presenza nel mondo.
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quella di Aristotele in filosofia, quella di Tolomeo in scienza, quella dell’imperatore in
politica.
La vicenda del monaco agostiniano Martin Lutero inizia nel 1517, anno in cui redige le
celebri novantacinque tesi di Wittenberg, attaccando frontalmente la Chiesa sulla dottrina
delle indulgenze e su questioni teologiche (atto che poi porterà alla scoumunica e allo
scisma nella cristianità).
La critica di Lutero era a un tempo politica e teologica. La prima colpiva la corruzione
della Chiesa, il sistema delle indulgenze, le richieste economiche di Roma che i paesi
tedeschi non potevano più sopportare.
La seconda riguardava la salvezza per sola fide – ci si salva solo per fede, e non con le
opere – et sola scriptura – nessun rito o credenza della Chiesa ha fondamento se non è
contenuto nei testi sacri – e del sola gratia: il peccato originale ha reso l’uomo
irrimediabilmente malvagio e incapace di agire con retta volontà (servo arbitrio), possiamo
salvarci solo attraverso il sacrificio di Cristo. Visione dell’uomo pessimistica, basata
sulla totale corruzione della natura umana, negazione della ragione e del libero arbitrio
E’ su questi principi teologici che si infrange la legittimità dell’autorità della Chiesa, che
non ha più nessun ruolo per la salvezza dell’anima, né quello di somministrare il
perdono, né quello di spiegare e diffondere la verità biblica: il fedele entra in contatto con
Dio attraverso la lettura individuale delle scritture.
Lutero enuncia il principio del sacerdozio universale, in base al quale ogni credente è
sacerdote di se stesso, rifiutando il ruolo della Chiesa di mediatore tra il fedele e Dio
La Riforma protestante ebbe importantissime implicazioni pedagogiche, che segnarono
anche profonde differenze nella cultura (filosofia e pedagogia) tra paesi protestanti
(tedeschi, anglosassoni, in parte in francia) e paesi cattolici.
Se ogni cristiano ha diritto di interpretare le sacre scritture bisogna che ciascuno sia
capace di leggerle: la riforma pone le premesse per una grandioso movimento di
alfabetizzazione popolare (resa ora possibile dalla stampa), finalizzato a fornire a tutti i
credenti, senza distinzioni di censo e di genere, gli strumenti per la salvezza dell’anima.
La scuola luterana è religiosa, popolare (non elitaria), nazionale (tedesca). L’istruzione
diventa un dovere religioso, l’ignoranza è nemica della fede
La parte d’Europa rimasta cattolica conserverà per questo un secolare ritardo –
incolmato ancora oggi
Il movimento luterano non si limita infatti alla Germania, ma dilaga rapidamente in
Svizzera, Francia, Paesi Passi. In Svizzera i più autorevoli sostenitori sono Zwingli e
Calvino.
Zwingli: più razionalista
La teologia calvinista è basata sulla predestinazione, ognuno nasce già predestinato
alla salvezza o alla dannazione. I segni inequivocabili della predestinazione alla salvezza
sono il compimento di opere buone, l’osservanza delle leggi morali e civili, l’impegno nel
lavoro. Questa interpretazione del principio di predestinazione centrata sul significato
religioso del lavoro ha avuto importanza nella nascita e sviluppo del capitalismo.,
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Afferma Kant che l'uomo non nasce tale, ma può diventarlo solo attraverso l'educazione
L'uomo non è un essere naturale, ma un prodotto della cultura: è la cultura che crea
l'uomo.
Ma anche la cultura non è un dato della natura. Gli strumenti, le tecniche, le conoscenze,
gli atteggiamenti, i valori che costituiscono la cultura non si trovano già bell'e fatti nella
natura, ma sono una ininterrotta costruzione dell’'uomo. Caratteristica peculiare della
cultura è la sua trasmissibilità tramite la socializzazione e l’educazione.
L’educazione dell’uomo avviene all’interno di una cultura, è la cultura sociale, la sua
concezione dell’uomo che determina gli interventi educativi. Necessario quindi definire i
concetti di cultura, essere umano ed educazione.
CULTURA: Ogni società crea cultura e ne è creata. La cultura può essere definita: - da un
punto di vista soggettivo come lo sviluppo delle facoltà intellettuali di un individuo
(concetto classico di paideia); - Dal punto di vista oggettivo come l'insieme delle tradizioni
e delle nozioni acquisite da un popolo o dall'umanità intera nei vari rami del sapere.
ESSERE UMANO: ha una duplice dimensione, una fisica e una spirituale ed è un essere
dinamico, storico, sociale e creativo…culturale!. L’antropologia culturale è appunto la
disciplina che studia l’uomo e le sue relazioni sociali
Nasce come disciplina scientifica, ma durante gli anni ’60 alcuni studiosi francesi hanno
trasformato l’a.c. in sistema filosofico universale, dandogli il nome di strutturalismo.
Secondo loro sarebbe la cultura con le varie strutture in particolare quelle sociali a a
modellare l’uomo. La cultura forma l’uomo e non viceversa. la relazione è più
importante dell’essere. L’individuo esiste in relazione all’altro. Il movimento strutturalistico
sorse come reazione all’esistenzialismo (Heidegger), che aveva messo in evidenza il
valore dell’individuo, del singolo, della sua indipendenza, libertà, autonomia.
Lo studio sull’essenza dell’identità umana ha origine antichissime, ma solo in epoca
moderna, il termine antropologia si è affermato per merito di Kant (ma coniato da
Cosmann) che la definisce dottrina della conoscenza dell’uomo, che riguarda tutto l’uomo,
inteso come anima e corpo. Oggi termine antropologia usato per tre discipline:
• Antropologia fisica – lo studio dell’uomo dal punto di vista fisico-somatico
• Antropologia culturale – lo studio dell’uomo dal punto di vista della sua origine
storica
• Antropologia filosofica – lo studio dell’uomo dal p. di vista dei suo principi.
Anche se il termine antropologia compare in tempi recenti lo studio dell’uomo ha origini
antiche e ha assunto prospettive diverse:
o Nella filosofia greca l’uomo è stato studiato da una prospettica cosmocentrica
o Nella filosofia cristiana da una prospettiva geocentrica
o Nella filosofia moderna da una prospettiva antropocentrica.
In queste diverse prospettiva si sono ricavate immagini dell’uomo profondamente diverse.
Per Aristotele l’uomo è essenzialmente costituito da anima e corpo alla pari di tutti gli
esseri del mondo. Per il pensiero cristiano l’uomo è al centro del creato, l’anima prevale
sul corpo, Dio è il motore immobile che muove la realtà. Con l’inizio dell’epoca moderna
l’indagine antropologica si avvia verso l’indirizzo antropocentrico: l’uomo costituisce il
punto di partenza da cui muove e la ricerca filosofica.
Da una prospettiva antropocentrica Kant definisce anche il limite della ragione umana e
del conoscibile, la mente umana non può acquistare un sapere assoluto ne’ del mondo ne’
di dio, conosce i fenomeni, non il noumeno, può raggiungere una conoscenza pratica,
morale.
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Il pensiero classico aveva concepito l’uomo come essere naturale dotato di proprietà
costanti e immutabili come la natura. L’uomo moderno ha respinto questa concezione e
ha acquistato consapevolezza della sua storicità. L’uomo non ha un’essenza immutabile,
ma è una realtà sempre di nuovo plasmata dalla storia (Hegel Heidegger,)
CORPO E ANIMA la realtà umana è composita, formata da due elementi, uno materiale e
spirituale. E’ impossibile concepire l’uomo senza l’elemento corporeo o spirituale. Tra i due
elementi che costituiscono l’uomo, l’anima e il corpo, c’è una distinzione essenziale e allo
stesso tempo un legame profondo. Sono distinti perché l’uno appartiene alla sfera
spirituale e l’altro a quella materiale. Sono profondamente uniti perché danno origine a un
unico essere – L’UOMO.
In termini aristotelici corpo e anima non possono essere intesi come semplici “accidenti”
ne’ come due “sostanze” complete. Corpo e anima formano un’unica sostanza. Anima e
corpo, nonostante la loro profonda diversità, costituiscono una cosa sola, un’unica
sostanza, perché si integrano e completano vicendevolmente.
Il corpo umano ha un potenziale di sviluppo meraviglioso, l’uomo è capace di addestrare il
suo corpo, renderlo capace di realizzare movimenti di mirabile perfezione. L’uomo non è
solo padrone del suo corpo, ma grazie ad esso egli diviene padrone del mondo, può
formare il mondo, mutarlo, trasformarlo grazie alla funzione delle sue mani. Il corpo è un
elemento essenziale per l’uomo, mediante di esso è un essere socievole. La somaticità
umana è manifestazione di una realtà più profonda chiamata anima. E’ sul corpo che si
legge la bontà, la malizia, la pigrizia, l’avarizia, la gioia, la serenità.
Questa duplice identità è il presupposto di ogni intervento educativo. (Considerare
l’uomo nella realtà corporea, spirituale, sociale e culturale è presupposto di ogni intervento
educativo.)
(Questa duplice identità materiale e spirituale porta anche a una riflessione
pedagogica sulla priorità dell’insegnamento. L’educazione deve tener conto della
reciprocità fisica-intellettiva, senza scindere corpo e mente come se fossero realtà
separate. Spesso gli studi partono dal generale, dall’astratto per poi scendere nel
particolare, nel concreto. Sarebbe appropriato ribaltare l’iter del curriculo scolastico,
partire dalla corporeità dei sensi, dell’osservazione pratica, dell’esperienza diretta e
concreta della realtà per arrivare poi all’astrazione e alla teoria. Nel bambino la prima
realtà incontrata e la dimensione corporea, il corpo è il primo strumento di percezione e
apprendimento.)
EDUCAZIONE è un termine polisemico che può assumere diversi significati (Mialaret,
istituzione, azione, contenuto, risultato) e che spesso viene usato come sinonimo di
istruzione (che oggi viene usata per indicare l’educazione all’interno dell’istituzione
scolastica) o formazione (la Bildung di Herder).
Ma al di là della questione terminologica l’educazione si fonda sulla comunicazione
(mettere in comune), e lo strumento principale della comunicazione è il linguaggio.
LINGUAGGIO: L’uomo si caratterizza come essere parlante. E’ la dimensione
linguistica a determinare una superiorità intellettiva dell’uomo rispetto agli altri viventi.
Aristotele – il linguaggio è strumento del pensiero. Il linguaggio come il pensiero ha la
funzione di rappresentare la realtà. Il potere del linguaggio dà all’uomo la capacità di
registrare la sua esperienza e rende ogni generazione più saggia di quella che l’ha
preceduta.
L’aspetto linguistico dell’essere umano è oggetto principale dell’indagine filosofica
moderna (Moore, Wittgenstein, Russel, i problemi filosofici sono problemi linguistici) ma
già i presocratici si erano occupati della natura e dell’origine del linguaggio.
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Natura del linguaggio: Il linguaggio è un sistema di segni artificiali e convenzionali
che rende possibile la comunicazione tra gli uomini. Il segno ha la funzione simbolica di
indicare qualcosa di diverso da se stesso (la neve indica freddo, la scuola richiama l’idea
dello studio) Esistono segni naturali (acqua come segno di pioggia, le nuvole come segno
di pioggia imminente) e artificiali (la stretta di mano come segno di saluto). Si distinguono
simboli non linguistici (gesti, segnaletica) e linguistici (quelli della lingua); segni iconici (es:
un quadro) e convenzionali (i punti e le linee delle parole).
Nella discussione sul linguaggio assumono importanza le distinzioni tra linguaggio e
lingua, lingua e parola, significante e significato (il significante è la parola scritta o
pronunciata, il significato è il senso, il concetto. La parola è unione di significato e
significante. Tra i quali spesso non vi è alcun rapporto – come afferma Saussure -, nelle
diverse lingue diversi significanti – cane, dog – hanno lo stesso significato).
Sull’origine del linguaggio 2 alternative:
- è stato “ricevuto” (come facoltà innata e “naturale”)
- è stato inventato dall’uomo
Secondo Humboldt il linguaggio non può essere stato inventato dall’uomo perché l’uomo
è uomo solo mediante il linguaggio.
La tesi più comune è che il linguaggio abbia avuto origine per evoluzione. Quindi il
linguaggio è un’invenzione dell’uomo e non un dono della natura. Sembra che abbia avuto
inizio mediante l’imitazione dei suoni degli animali. Questo è confermato dalla ampia
quantità di suoni onomatopeici presenti in tutte le lingue.
Condizioni Il linguaggio presuppone condizioni costanti:
o il soggetto – colui che parla e si esprime parlando
o l’oggetto – di cui si parla
o l’interlocutore – a cui si parla e al quale si vuole dare una comunicazione parlando.
Se viene a mancare una di queste componenti il linguaggio non può avere luogo.
Funzioni: Il linguaggio ha funzioni descrittiva, espressiva e comunicativa. Il
linguaggio ha quindi la funzione di segnalare intenzioni, idee, sentimenti, ecc.
Il linguaggio è naturale nella sua funzione ma convenzionale nella sua origine.
Filosofi come Hedegger si sono interrogati sulla funzione metafisica del linguaggio,
sul rapporto profondo da pensiero e linguaggio e realtà . Il linguaggio costituisce in
ogni caso una manipolazione della realtà, o una creazione della realtà: il linguaggio è “la
casa dell’essere”, possiede una forza su cui si fonda l’essere stesso delle cose e
contribuisce non solo a comprendere e a comunicare, ma anche a “costruire” la realtà.
1.4 PERCHÉ GIOCARE (Il gioco come struttura formativa e comunicativa del bambino)
Si propone una riflessione pedagogica sul gioco con particolare attenzione alla
relazione tra esperienza ludica e dimensione corporea, per superare la tendenza
classificatoria che mira a distinguere e separare corpo e mente, ragione e emozioni.
Nella sfera ludica si recupera la complessità e l’armonia dell’essere umano.
La dimensione ludica comprende intelligenza e volontà, azione e abilità, ma allo stesso
tempo supera il conoscere, il volere e l’agire, perché implica anche gioia, soddisfazione,
libertà. Mette in movimento tutte le facoltà.
Il gioco ha valenza educativa anche in quanto permette di sperimentare il limite e la
libertà, l’autonomia e la socializzazione.
Si inventano giochi e ci si diverte e si comunica, si socializza….si educa.
COS’È IL GIOCO, come si definisce? Secondo Wittgenstein il linguaggio è un
gioco di suoni o segni a seconda delle regole. Come esempi di giochi linguistici
Wittgenstein ricorda il descrivere di un oggetto, formulare ipotesi, recitare, cantare.
Fra i tanti modi di giocare si ricordano i più semplici fatti dai bambini come le costruzioni,
colorare, fare castelli con sabbia, suonare strumenti musicali, escursioni, scrivere,
disegnare, raccogliere figurine.
Alcune attività a prima vista sembrano manifestazioni artistiche (suonare, dipingere) o
letterarie (scrivere storie) o hobbies (raccolta di figurine) o semplici divertimenti (vedere
TV, play-station). Altri giochi: correre in bicicletta, andare in montagna, suonare il piano,
raccogliere figurine, partita a pallone, a carte.
Il gioco è un’esplicazione di attività tesa alla distrazione, al divertimento, alla gioia e
alla realizzazione di se stessi.
Non si gioca a caso, ciascuno sceglie quel gioco in cui crede di potersi affermare meglio
mettendo in luce le proprie capacità. Il gioco è sempre una sfida agli altri e a se stessi,
perciò si punta alla vittoria.
Il gioco è fine a se stesso, non è il messo per conseguire altri obiettivi, e in questo si
distingue dallo sport o da una professione: si gioca per divertirsi, per realizzare se stessi,
per dare espressione alla propria libertà, si gioca per giocare.
Materialmente il gioco può essere qualificato come studio o come lavoro o come
produzione artistica. Ma se il suo scopo primario è il divertimento ciò che si compie fa
parte della sfera ludica. La stessa attività può esser definita ludica o non ludica a seconda
che si compie per divertirsi o per un altro scopo. Per i calciatori professionisti – un lavoro.
Un’attività è ludica se il piacere ed il divertimento è il suo obiettivo primario. Anche il
mangiare, lo studio, attività estetica procurano piacere ma no sono giochi in quanto hanno
altri obiettivi.
Il divertimento e la libertà costituiscono la differenza specifica del gioco.
A proposito della dimensione corporea del gioco interessante osservare alcune posizioni
“filosofiche”:
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• Calvino, Pascal hanno respinto qualsiasi forma di gioco, visto come rilassamento,
seduzione, perdita di tempo (visione ascetica che nel dualismo anima-corpo dà priorità alla
dimensione spirituale su quella corporea)
• Platone, Plotino – non respingono il gioco e manifestano un atteggiamento di
tolleranza perché l’anima si trova imprigionata nel corpo.
• Aristotele, san Tommaso, Averroè – riconoscono il valore positivo del gioco. Questo
grazie alla loro concezione antropologica che considera l’uomo come costituito di anima e
corpo.
San Tommaso: come la fatica fisica si smaltisce col riposo del corpo, così la fatica
dell’anima deve smaltirsi col riposo dell’anima. Il riposo dell’anima è il piacere.
Nel gioco si manifesta quella ricerca di superamento e di evasione da tutto ciò che di
pesante, di faticoso, di oppressivo la vita quotidiana impone.
Nel medioevo – la festa dei buffoni: le persone si mascheravano e ogni persona poteva
concedersi libertà che nella vita ordinaria non avrebbe osato concedersi; rappresentava
l’evasione dalle regole della vita quotidiana.
LIBERTA’: Con il termine libertà si intende assenza di costrizione.
o Libertà fisica – liberi da costrizione fisica
o Libertà morale – libera dalle pressioni delle forze relative all’ordine morale.
o Libertà psicologica – capacità che l’individuo ha di scegliere di fare o non fare una
determinata cosa
o Libertà politica – liberi da determinismi politici
o Libertà sociale – assenza di determinismi sociali
In che modo si può essere liberi nella società attuale in cui i sistemi politici, i mezzi di
comunicazione, i prodotti della tecnologia sono diventati potenti mezzi di oppressione.
Bisogna trovare il modo di conciliare progresso e libertà, considerando la libertà in una
prospettiva sociale.
L’atto libero è il risultato di un dialogo tra intelletto e volontà. Implica l’esame dell’azione
da compiere e dell’oggetto che si vuole raggiungere. E’ attraverso l’esercizio della volontà
che si costruiscono le funzioni (il bambino non impara a camminare perché gli si spiega il
funzionamento del sistema muscolo-scheletrico, ma perché vuole raggiungere un oggetto
che desidera!)
L’insegnante non deve limitare la volontà dello scolaro ma la deve liberare, stimolando la
sua attività conoscitiva. Per essere liberi di fare… bisogna sapere cosa si vuol fare!
LIMITE: Compito dell’educazione è anche quello di coniugare l’esercizio della
volontà con l’esperienza del limite
In passato ai primi anni di vita del bambino non si attribuiva importanza educativa. Oggi si
sa che i primi anni sono i più determinanti di tutta la vita. In essi l’uomo riceve
quell’impronta del suo essere che influenzerà per sempre il suo atteggiamento spirituale e
la sua condotta verso il prossimo.
La formazione comincia prestissimo. Il suo comportamento si adatta alle possibilità. La
forma spirituale-morale nell’età infantile si sviluppa attraverso la ripetuta esperienza
del limite. Alcune forme fondamentali dell’esperienza del limite:
1. al bambino viene risparmiata l’esperienza del limite: tutti i desideri vengono
esauditi, ogni richiesta viene subito accontentata. Il bambino non apprende la più
importante esperienza della vita – quella dell’ordine, cioè l’esistenza di un limite ai propri
desideri. Viene nascosto al bambino che nella vita c’è il possibile e l’impossibile, il
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permesso e il proibito, il giusto e l’ingiusto. Egli non conosce che aldilà dei suoi desideri
c’è il diritto e la volontà degli altri. Diventa impotente di fronte ai suoi desideri, senza
riguardi nei confronti degli altri, insensibile (esigente, prepotente, impulsivo).
2. il bambino sperimenta solo il limite: al bambino non viene soddisfatto alcun
desiderio, neanche il più legittimo. Sperimenta l’ambiente come inimicizia e
contraddizione. La reazione psichica a tale trattamento è sempre determinata dall’innato
temperamento, dall’ereditarietà, dall’ambiente, dalla cultura di appartenenza. Diventa
diffidente, asociale, scontroso. Vivrà un rancore nascosto e aspirerà alla vendetta. I suoi
nemici – le persone felici. Può diventare bugiardo, ladruncolo, invidioso.
3. il bambino sperimenta limite e libertà, cioè ordine: apprende che c’è libertà e c’è
necessità. La madre che con amore sa dire di no mostra al bambino il limite come
qualcosa di buono e necessario. Il bambino comprende ordine e necessità dell’ordine,
deve sperimentare l’ordine nella famiglia.
Dietro a bambini che non reagiscono ad alcuna esortazione vi è una famiglia dove i
genitori sono in disaccordo e incostanti nel trattamento dei figli. I contrasti si svolgono
davanti ai figli, trascinandoli ora da una parte ora dall’altra. La conseguenza di famiglie
disunite sono i bambini problematici.
RUOLO E FINI DELL’EDUCAZIONE: Il bambino impara molte cose in modo
spontaneo grazie alla sua curiosità di sapere e a diverse occasioni che soddisfano qst
voglia di sapere. Se però il suo apprendimento è controllato e orientato in modo corretto, il
bambino impara di più e più in fretta e soprattutto le cose più importanti. Il controllo deve
essere sensibile e che non produca inibizione, ma piuttosto sollecitazione. L’alunno si
aspetta che tale guida lo stimoli a una attività che manifesti i suoi bisogni, interessi,
capacità e che offra soddisfazione. Necessario stabilire sintonia tra volontà dell’alunno e
quella dell’educazione L’insegnante non deve limitare la volontà dello scolaro ma la deve
liberare, stimolando la sua attività conoscitiva. L’educazione deve essere un processo
non solo organizzato, controllato e orientato ma anche e soprattutto stimolante,
attivizzante e quindi soddisfacente.
L’educazione deve inoltre considerare la dialettica unità tra personalizzazione e
socializzazione.
SOCIALIZZAZIONE: uno dei caratteri costitutivi dell’educazione, esprime la
necessita che il bambino, alla nascita dotato di istinti, emozioni e riflessi incondizionati, sia
progressivamente trasformato in un essere sociale, che conosca i propri doveri e i propri
diritti.
L’educazione ha quindi il dovere di stabilire i propri fini in sintonia con le esigenze della
società. Ma questo, non deve essere portato alle estreme conseguenze: l’educazione
deve anche essere libera e autonoma, ha il diritto di formulare i suoi fini da se, che sono il
frutto della pratica educativa (Dewey).
Alcuni pedagogisti chiamano educazione il processo di liberazione del bambino da
pregiudizi, da ignoranza, da arretratezza del suo ambiente, dalla dipendenza dai cattivi
esempi… che vengono dalla società!
E’ quindi evidente la complessità dell’attività dell’educatore, che appunto Dewey definisce
un’arte, in quanto arte non si limita all’attuazione di norme predisposte dalla società o di
rigidi metodi scientifici. Essa presuppone sì una solida conoscenza teorica basata sul
contributo di scienze diverse (le fonti della scienza dell’educazione, che sono tante e
includono la psicologia, la biologia, le neuroscienze, la sociologia…) ma nella sua pratica
necessita di una dose di invenzione, intuito ed entusiasmo creativo legato al rapporto
emozionale positivo con il singolo bambino.
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CAPITOLO 2 UN CODICE DI APPRENDIMENTO
(ABILITÀ FISICHE E CONOSCENZE DIVERSE)
2.1 Strutturazione dell’io corporeo e azione motoria consapevole
In ogni individuo non si può separare l’atto motorio dalla sua componente cognitiva,
emozionale, affettiva e psicologica: non si può separare la mente dal corpo.
L’atto motorio non è solo meccanico (respirare, battito cardiaco) né puro automatismo
(ripetizione di movimenti imparati attraverso l’esperienza: parlare, guardare, ascoltare) ma
è atto significante, collegato con la dimensione psichica e con lo sviluppo biologico.
L’atto psicomotorio è una atto motorio consapevole e volontario (lavarsi, vestirsi)
L’Azione motoria è alla base del comportamento umano ed è determinata da:
Motivazione – Obiettivi - • Significato - •Interazioni
PSICOMOTRICITÀ: finalizza l’attività motoria al raggiungimento di una maggiore
consapevolezza di sé, alla strutturazione del proprio schema corporeo (cioè percezione
del proprio corpo in relazione allo spazio, agli oggetti, alle persone)
Molti autori francesi nei primi del novecento che hanno contribuito alla nascita e allo
sviluppo della psicomotricità (Duprè, Wallon, Ajuriaguerra). Partendo dal concetto di
interdipendenza fra corpo e mente questi autori hanno messo in evidenza come il
trattamento delle malattie mentali passi attraverso l’azione del corpo e dei suoi movimenti.
Secondo la visione psicofisiologica il corpo è un modo di essere della mente. Ogni
movimento è rappresentazione di ciò che l’individuo pensa, sente, vive.
Con la psicomotricità (nasce ufficialmente in Francia negli anni 60) si supera quindi il
dualismo platonico e cartesiano in cui il corpo è separato dalla mente e sottomesso a lei.
Si afferma la visione complessivamente unitaria dell’individuo. Il corpo integrato con la
psiche viene considerato come corpo psicologico, emozionale ed espressivo. Secondo
questi autori il corpo è mediatore di conoscenze, si deve educare il bambino attraverso il
movimento, tramite le esperienze corporee .
PSICOMOTRICITÀ
Duprè Nel 1907 conia il termine psicomotricità
Wallon 1952 – studia i disturbi dello sviluppo psicomotorio e mentali del bambino
mettendo in evidenza le correlazioni tra motricità e intelligenza. Inserisce la psicomotricità
non solo nel settore terapeutico ma anche i quello educativo.
Ajuriaguerra Movimento e corpo assumono una dimensione simbolica.
Vayer Obbiettivo dell’attività psicomotoria è favorire la strutturazione dell’io corporeo e
l’organizzazione del bambino di fronte al mondo degli altri e degli oggetti.
Aucuturier L’età d’oro nel bambino va dalla fase prenatale fino ai 6-7 anni di vita. E’
indispensabile favorire il bambino ad esprimersi attraverso il corpo e le emozioni, così si
evolve positivamente.
Le Boulch Non si deve educare nel bambino il movimento ma si deve educare il
bambino attraverso il movimento.
Nel 1977 con l’abolizione delle classi differenziate e il diritto all’integrazione del bambino
diversamente abile con la presenza di un insegnante di sostegno, la psicomotricità fu una
delle risposte alternative alla didattica speciale.
ATTIVITA’ PSICOMOTORIA A SCUOLA: Oggi in ambito pedagogico
l’approccio psicomotorio supera il concetto tradizionale di educazione fisica. Si
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privilegia la dimensione psicologica caratterizzata dall’aspetto affettivo, emozionale,
cognitivo e relazionale.
L’attività PM consiste: in intervento psico-educativo che stimoli il bambino attraverso la
motricità a controllare i propri vissuti, a conoscersi, a esplorare l’ambiente fatto di cose e
persone (poiché il corpo fa da tramite tra il sé ed il mondo esterno. Nell’azione l’io prende
coscienza di sé e del mondo).
L’attività PM sviluppa:
• la conoscenza e la padronanza del proprio corpo
• l’organizzazione dello schema corporeo in relazione allo spazio e il tempo
• la capacità di esprimersi e comunicare
Ha una valenza educativa in quanto è capace di:
o favorire e potenziare il processo di apprendimento
o migliorare l capacità individuali, valorizzando il soggetto nella sua unicità, partendo
da ciò che egli è, dice, fa.
Il bambino comunica attraverso:
dialogo tonico (scambi comunicativi con la mamma)
dialogo tonico-gestuale (con i gesti esprime bisogni, pulsioni, fantasmi)
dialogo verbale (mette parole ai suoi movimenti)
La motricità e il corpo sono gli strumenti attraverso i quali il bambino esplora,
apprende, costruisce l’intelligenza, le rappresentazioni mentali della realtà che lo
circonda.
Il corpo è il punto di partenza per lo sviluppo e l’apprendimento: la strutturazione
dell’io in relazione alla realtà esterna è alla base della simbolizzazione da cui
derivano linguaggio e pensiero.
La motricità - un complesso di movimenti realizzanti dall’apparato locomotore. Si basa
sulle funzioni del sistema nervoso e degli organi di senso e si realizza attraverso l’attività
muscolare. La motricità consapevole ha anche le funzioni di espressione (rivela il modo
di essere) e comunicazione (trasmette messaggi mediante comportamenti corporei).
LO SVILUPPO è un processo di organizzazione progressiva dipendente dalle funzioni
biologiche e psicosociali.
Nella prima infanzia lo sviluppo va da un’attività sensoriale, da una sensibilità e motricità
frammentata alla costruzione del sentimento di unità, continuità, coesione di se stesso per
la formazione dell’io e le radici dell’identità.
Alla nascita il piccolo:
o ha difficoltà a comunicare e farsi capire
o non controlla il suo corpo
o necessita di cure continue
Lo sviluppo psicomotorio, molto rapido nei primi mesi di vita, dipende sia dalle
caratteristiche genetiche del bambino, che dagli stimoli che provengono dall’esterno.
SVILUPPO PSICOMOTORIO
1 MESE:
- in posizione seduta o sul ventre alza la testa ogni tanto
- reagisce a suoni dolci
- fissa lo sguardo sul viso di chi gli sta di fronte
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- stringe il dito posto sulla sua mano
- emette piccoli suoni
2 MESE:
- tiene x più tempo la testa dritta
- segue con gli occhi gli oggetti
- si gira dal fianco sul dorso
- emette vocalizzi
3 MESE:
- i muscoli della nuca si organizzano in base alla posizione del corpo
- la testa si tiene ben ferma
- si aggrappa sugli avambracci
- nasce il sorriso sociale – risponde a un sorriso con il sorriso
- guarda e gioca con le sue mani
Tra il primo ed il terzo mese aumenta la collaborazione del bambino nell’interazione con gli altri e
gli oggetti.
4 MESE
- la vista di un oggetto accresce l’intensità dello sguardo, agitazione degli arti superiori
- segue e afferra l’oggetto
5 MESE
- si tiene seduto con un leggero sostegno
- acquista la prensione volontaria
- raccoglie un giocattolo caduto
- sorride alla sua immagine riflessa nello specchio
6 – 8 MESE:
si equilibra in posizione seduta senza appoggio, ha così una visione più globale dell’ambiente
grazie all’affinamento dei movimenti degli occhi e testa.
- passa oggetti da una mano all’altra
- inizia a usare il pollice
9 – 12 MESE
- rafforza la cintura pelvica, aggrappandosi e trascinandosi
- al 12 mese il bambino riesce a tenersi in piedi con appoggio
- presa a pinza
- dopo il 10 mese: bere dalla tazza, servirsi con il cucchiaio, ruotare i pugni, aprire scatole.
- dice papà e mamma sapendo chi chiama
- saluta imitando
- scarabocchia
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15 MESE
- cammina da solo
- si arrampica a 4 zampe sulla scala
- indica con il dito cose che desidera
18 MESE
- spinge la palla col piede
- sale le scale se tenuto per mano
2 ANNI
- sale e scende le scale da solo
- dice frasi di più parole
2-3 ANNI il b. cresce nella sua indipendenza psico-fisica: si lava da solo, mangia da solo, si veste,
lessico più ampio, inizia a fare domande.
3-4 ANNI: la motricità è spontanea e naturale, teso a esplorare il mondo circostante. Cammina
senza incertezze ed in modo automatico. Corre anche se non sempre in modo automatico; inizia a
disegnare la figura umana, l’omino col testone.
4-5 ANNI: corre senza incertezze in modo automatico, saltella, cammina sulla punta dei piedi,
esegue facilmente incastri, torri, ponti; colora con poche uscite dai contorni.
6 ANNI: attività caratterizzata dalla velocità: correre avanti, indietro, lateralmente, fa capriole,
conosce e utilizza i concetti di destra, sinistra, avanti, indietro, sopra, sotto. Fa ancora fatica a
valutare le distanze, le direzioni, le velocità dei propri compagni e degli oggetti. Riconosce i
concetti di prima, dopo, contemporaneo, di durata.
7 ANNI: nei movimenti è più preciso e completo, maggiore padronanza di sé, l’equilibrio in
movimento è quasi corretto, la lateralità inizia a evolversi.
8 ANNI: movimenti più equilibrati, la sua corsa è precisa, ama giocare in gruppo.
9-10 ANNI – lo schema corporeo è quasi definitivo, i movimenti sono precisi e disinvolti, l’attività
motoria si basa sulla resistenza, forza, velocità, flessibilità.
La coscienza di sé avviene con il moltiplicarsi delle azioni senso-motorie che vive:
odorare, tastare, osservare, ascoltare.
Piaget afferma che alla base dello sviluppo del pensiero e dell’apprendimento del
linguaggio vi è lo sviluppo motorio: in quanto il bambino attraverso le sue
coordinazioni motorie, tra assimilazioni e adattamenti, va a elaborare le percezioni; il
suo cervello registra atti motori e percezioni convertendoli in schemi mentali; più
progredisce l’attività motoria più si evolvono gli schemi mentali che portano all’acquisizione
della funzione simbolica che è alla base del linguaggio (permanenza oggetto?).
Inizialmente tutti i bambini comunicano con i propri simboli, solo successivamente
imparano a comunicare con la lingua condivisa da tutti.
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SCHEMA CORPOREO: fondamentale quindi è l’evoluzione dello schema corporeo,
ossia l’organizzazione e la strutturazione delle percezioni e delle sensazioni relative al
proprio corpo in relazione all’ambiente .
E’ Head nel 1911 a coniare il termine schema corporeo, definendolo una sintesi
dinamica delle varie informazioni tattili, visive e posturali.
Permette di registrare un modello posturale di se stesso nello spazio statico e dinamico,
perché tutti gli stimoli provenienti dalla periferia e giungenti alla corteccia cerebrale
vengono confrontati con i vari schemi già registrate nel passato.
Lo schema corporeo non è semplicemente una percezione, sebbene giunga dai
sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali.
Schema corporeo: l’immagine che ogni persona ha del proprio corpo, nella sua globalità e
nelle sue parti in relazione a sé stesso e gli altri, alle cose, allo spazio, nel senso statico e
dinamico. Si costruisce in base alle esperienze concrete personali ed è un’associazione di
sensazioni
Il corpo è per il bambino il primo oggetto con il quale egli entra in relazione e attraverso cui
vive l’esperienza di crescita tra l’io e il mondo esterno.
Tale immagine è sottoposta a un processo continuo di strutturazione destrutturazione
ristrutturazione e quindi sempre in evoluzione.
Non è una struttura innata, non è fissa, ma è una struttura in movimento, dinamica, in
continuo divenire, dipendente dalla maturazione del sistema nervoso, dai vissuto psico-
emotivo, dall’apprendimento motorio e posturale.
Lo schema corporeo si può acquisire da soli e non dipende strettamente dalla relazione
con gli altri ed è un elemento di base per la costruzione della personalità del bambino. La
sua strutturazione inizia alla nascita e si conclude verso i 12 anni.
LE FASI DI SVILUPPO DELLO SCHEMA CORPOREO (Ajuriaguerra, Wallon, Leboulch)
1. LA FASE DEL CORPO SUBITO (0 – 3 mesi): totale dipendenza dalla madre, il suo
io non si differenzia dal non io. Movimenti di tipo riflesso, ripetitivi, diffusi. Piange per i
bisogni fisiologici primari: fame, sete, sonno. Non ha consapevolezza di avere un corpo.
2. LA FASE DEL CORPO VISSUTO (3 mesi – 3 anni): inizia il processo di
differenziazione tra sé e l’altro. Corrisponde allo stadio senso-motorio di Piaget, per
cui l’esperienza motoria permette al bambino di prendere coscienza del proprio corpo in
quanto strumento per esplorare e conoscere il mondo.
3. LA FASE DEL CORPO PERCEPITO (3–6 anni): corrisponde allo stadio
dell’intelligenza peroperatoria di Piaget. 3 anni – età di passaggio, è più originale ed
ingenuo, sa fare un balzo verso l’alto. 4 anni: sa fare anche il salto lungo, sa saltellare,
mantenere l’equilibrio su una gamba, sa abbottonarsi i vestiti, allacciarsi le scarpe. Nel
disegnare concentra l’attenzione su un dettaglio isolato. Non sa copiare un rombo da un
modello, non riesce a tracciare linee oblique. Distingue fra uno e molti. Fa molte domande
dovute a un impulso a rendere in concetti i molteplici aspetti della natura e il mondo
sociale. Rappresenta la figura di un uomo come una testa con 2 appendici. Il torace
compare dopo i 5 anni. A 5 anni è più agile, più controllato nell’attività motoria. Senso
dell’equilibrio più maturo che lo rende più sicuro nel campo di gioco. Si comporta con più
fiducia nelle priorie forze. Senso dell’equilibrio ben sviluppato, aumentato adattamento
sociale. Tiene il ritmo della musica quando balla. Il disegno della figura dell’uomo è più
completa, aggiunge gli occhi e le orecchie. Fa domande per essere informato. Si esprime
correttamente con frasi finite. Comincia ad avere una percezione sempre più vera di se
stesso, riconosce le parti del corpo, le differenzia in relazione alla loro funzione. La sua
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motricità è globale, intenzionale e determinata dal fine da raggiungere. Integrata alla
coscienza del corpo è la lateralità (che evolve in relazione alla preferenza dell’uso di un
lato anziché un altro) e la simmetria.
4. LA FASE DEL CORPO RAPPRESENTATO (6-12 anni): coincide con lo stadio
delle operazioni concrete di Piaget: è la fase che prevede la capacità di rappresentare
se stessi mentalmente in relazione allo spazio circostante. Migliora la capacità di
orientamento spazio-temporale, si completa la definizione della lateralità. Compare lo
schema d’azione relativo all’aspetto dinamico dello sch. corporeo. Interiorizza la coscienza
della sua immagine durante l’azione, che gli permette di pensare l’azione prima di
eseguirla; movimenti più fini.
Mentre finora la motricità era stata pre-operazionale (ricordiamo che Piaget intende
per operazione un’azione mentale) ora la capacità di rappresentare il corpo e i suoi
movimenti consente al bambino di PENSARE L’AZIONE prima di eseguirla.
Pertanto è intorno ai 10 anni che il bambino è pronto ad imparare i movimenti e le tecniche
codificate delle discipline sportive, attraverso una forma di apprendimento motorio
intelligente.
E’ evidente come la conoscenza delle fasi di sviluppo motorio del bambino sia un bagaglio
fondamentale per l’educatore, affinché sappia proporre e condurre in modo efficace ed
adeguato attività di educazione psicomotoria, la cui importanza è sottolineata nei
programmi ministeriali della scuola primaria: la corporeità è chiaramente indicata come
condizione espressiva, relazionale, comunicativa e operativa. L’educazione motoria ha la
finalità di promuovere lo sviluppo delle funzioni percettive, consolidare schemi motori,
sviluppare comportamenti relazionali. Nella scuola primaria si propongono attività come
cantare, danzare, giocare incentrate sul piacere senso-motorio. Sono attività in cui
esplode la spontaneità (e a volte l’aggressività) che richiedono una particolare
preparazione, capacità di ascolto, osservazione e conduzione, dell’educatore, che deve
evitare sia la modalità direttiva che il giocare a fare il bambino, garantendo uno spazio di
sicurezza e un’attenzione vigilata.
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Si può osservare se ha raggiunto la lateralità, l’equilibrio, se assume posizioni di chiusura
o apertura, osservare come si siede e come si sdraia, come sta in piedi e come cammina,
se la qualità del movimento è continua, ritmica, coordinata, goffa, ripetitiva, ampia.
o Gestualità – i gesti si analizzano secondo 3 parametri:
1. quantità: numerosi o poco numerosi. Gesti numerosi parlano di eccitazione,
esuberanza, estroversione, emotività. Gesti poco numerosi – soggetto tendente
all’essenziale, a volte esprime ipercontrollo, inibizione, timore.
2. qualità: gesti arrotondanti – segno di bontà, grazia; gesti rigidi – indicano rigidità
interiore, tensione, insofferenza. Gesti verso l’alto – euforia, eccitazione,
entusiasmo; verso il basso – depressione, facile soccombenza; gesti ampi –
bisognoso di spazio, desiderio di mettersi in mostra; gesti stretti – paura di farsi
notare; gesti forti, marcati – rimandano all’energia, all’imperiosità, all’aggressività,
bisogno di comandare, di imporsi. Gesti sicuri mostrano la sicurezza del bambino,
al contrario di quelli incerti che denotano titubanza.
3. ritmo: gesti veloci – soggetto veloce in ogni cosa, nel pensiero, nel sentimento,
nell’azione; quelli lewnti indicano lentezza in tutto. Un gesto fluido indica
spontaneità, facilità al contatto e alla manipolazione, gesto scattante significa
tensione, nervosismo, irrequietezza, impazienza.
o Mimica: è una delle più evidenti forme di comunicazione non verbale. E’ l’insieme
delle espressioni del volto. Rientrano anche i processi psicosomatici che
interessano il volto: impallidire, arrossire, sudare, movimenti del capo.
L’incongruenza tra le parole e la mimica è facilmente percepibile. Esisto 3 zone
fondamentali del viso per l’espressività:
1. area frontale (sopracciglia)- la funzione di commentare le procedure del discorso.
2. area mediana (gli occhi, naso, guance) – lo sguardo. Gli occhi sono gli organi di
senso dominanti nell’uomo. Possono essere eccitati, vivaci, brillanti, spenti, vuoti.
Qnd gli occhi di 2 pers si incrociano vi è una sensazione di contatto fisico ed è una
delle forme più forti ed intime di contatto. Importante lo sguardo e il contatto
oculare soprattutto tra neonato e la madre, si rinforza il senso di sicurezza e di
fiducia. Il contatto visivo è usato anche x ottenere info di ritorno o per ulteriori
informazioni.
3. area inferiore (bocca e mento) – sorriso e riso. Dagli angoli della bocca vediamo se
il bimbo è triste, allegro, arrabbiato, deluso, contento. Il ridere è segno di gioia, di
festa, di allegria, è scarica di particolare tensione accompagnata da un
rilassamento del tono muscolare.
o Prossemica – l’utilizzo dello spazio. Ogni persona ha una sorta di gestione
psicologica dello spazio, che può essere distinto in 4 aree:
1. zona intima
2. zona personale
3. zona sociale
4. zona pubblica
L’educatore deve considerare queste distinzioni: il contatto fisico può essere
percepito dal bambino come invasivo della propria intimità
o tono o paralinguistica – il volume della voce può esprimere un tono sottomesso,
coinvolgente o distaccato, direttivo. Modo di esprimersi veloce – denota pensiero
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rapido, immediato, non controllabile; eccessivamente rapido – irrequietezza e
impazienza.
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Va sottolineata l’importanza della relazione educativa tra insegnante allievo, che non
piò prescindere da una comunicazione affettiva basata sull’osservazione e l’ascolto
empatico dell’alunno da parte dell’educatore. L’educatore deve saper ricevere e
comprendere i messaggi emotivi del bambino (espressi anche con il corpo) e deve saper
rispondere anche con il proprio linguaggio corporeo, trasmettendo sicurezza e
comprensione anche con il linguaggio non verbale.
L’educatore-insegnante cerca di mettere in moto il nucleo psico-affettivo del bambino
attraverso l’ascolto empatico, aiutandolo a superare paure, difficoltà, inibizioni che
condizionano il suo star bene con se stesso e con gli altri.
Relazione educativa
Sentirsi COMPRESI nei propri bisogni emotivi oltre che fisici ed intellettivi
Sentirsi CONTENUTI nelle proprie ansie e paure e impulsi distruttivi
Sentirsi ACCOMPAGNATI nel proprio desiderio di conoscere e appropriarsi.
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Il tempo e la sequenza sono importanti: prima il tempo dell’espressività motoria, che
permette al bambino di esprimersi e sperimentare con movimento corporeo; poi il tempo
della rappresentazione mentale e della maturazione cognitiva.
1. il gioco senso motorio per lo sviluppo motorio
2. il gioco simbolico per la maturazione affettiva
3. il gioco delle attività di rappresentazione per la decontrazione e lo sviluppo
cognitivo
Il gioco senso motorio si basa sul movimento sensomotorio che si sviluppa a partire dal
secondo anno, quando il bambino inizia a camminare e a diventare padrone del proprio
corpo. Prima il bambino sperimenta un’altra forma di movimento, il movimento fusionale
(fluidità, ritmo lento e dolce) che è il movimento naturale usato nell’accudimento dei
neonati. Il movimento fusionale è un elemento del linguaggio corporeo che comunica
benessere, presenza. In tale movimento si localizzano prendono forma e corpo le
sensazioni piacevoli al contatto con il corpo dell’altro.
Dal secondo anno di età comincia a svilupparsi nel bambino il movimento senso
motorio: corre, salta, cade, si rotola, spinge, si arrampica, scivola. Usa il corpo per
conoscere e conquistare l’ambiente i cui vive. Il gioco senso motorio è la principale attività
del bimbo intorno ai 3-4 anni. Vengono ricercati in modo spontaneo e graduale giochi che
portano una rottura tonica come cadute, rotolamenti, azioni dal ritmo spezzato che
esprimono un’esplosione di emozioni.
Per gioco di rappresentazione si intende quelle attività in cui le potenzialità motorie e
plastiche si alleano con quelle ideative del pensiero e creative – disegno,
drammatizzazione, verbalizzazione. L’attenzione va ai processi mentali, i bimbi sono
impegnati in aspetti cognitivi.
Gioco simbolico.
Il compito dell’insegnante è osservare, ascoltare, stimolare e trasmettere fiducia e rispetto.
Il gioco motricità ha delle potenzialità formative perché stimola l’attenzione, la capacità di
ragionamento, la fantasia e affina i coordinamenti motori portando a conoscere e rispettare
le regole.
SVILUPPO PSICOMOTORIO NELLE FASCE SCOLASTICHE
sezione primavera (2-3 anni): si inizia ad avere percezione del proprio corpo (anche se
in maniera confusa) come realtà distinta, si riconoscono le proprie parti del corpo.
Coordinazione e senso della lateralità ancora scarsi
Scuola infanzia (3-6 anni): inizia percezione unitaria del proprio corpo, differenziazione
parti del corpo in base alle funzioni, si sviluppa motricità globale intenzionale, indirizzata a
un fine, si sviluppano immaginazione, abilità, autonomie, comincia consapevolezza
lateralità, si ha la capacità di elaborare informazioni uditive e visive, controllo grossolano
dei movimenti ma sviluppo della coordinazione, del ritmo della dimensione temporale.
1,2 e 3 elementare (6-8 anni): si comincia ad avere rappresentazione mentale del proprio
corpo, si completa la lateralità, compare lo schema d’azione e lo schema corporeo, si
utilizzano simboli, migliora organizzazione spazio-temporale del movimento
4-5 elementare (8-10 anni): esplora autonomamente la realtà, è in grado di assimilare
concetti astratti e cerca schemi di valori, è orgoglioso di ciò che riesce a fare
intellettivamente e fisicamente, graduale relativizzazione delle figure parentali, comincia a
percepire e differenziare bisogni altri dai suoi
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