Sei sulla pagina 1di 27

Le vie dell’apprendimento: dalla percezione all’integrazione , Maura Camerucci, Gianfranco Villani

PREFAZIONE
Oggi il compito dell’educazione non riguarda più solo educatori o genitori, ma tutti.
Nella società contemporanea le agenzie educative si moltiplicano, le tecnologie della
comunicazione avvicinano, e se si intende l’educazione come tutte le influenze che possono
esercitarsi su un individuo allora tutti hanno una responsabilità nell’influenza che esercitano sulle
nuove generazioni.
L’epoca moderna è caratterizzata da un’attenzione al fanciullo, lo spazio della formazione in una
società complessa è continuamente cresciuto di importanza e si assiste a una sempre maggiore
estensione dell’azione educativa, che abbraccia tutta la vita.
Il compito dell’educatore diventa sempre più complesso.
Le scienze dell’educazione devono trarre le loro fonti anche da psicologia, sociologia, psichiatria,
biologia.
Fin dalla nascita apprendimento coinvolge una complessità di variabili genetiche e fisiologiche e
ambientali (stimolo e risposta).
Il volume rappresenta in modo fedele il comportamento dei bambini nelle loro fasi di sviluppo,
focalizzando sullo sviluppo neuropsichico (schemi mentali), sul sistema senso-motorio, sulla
percezione visiva (che è il principale canale di accesso sensoriale al sistema nervoso), sullo
sviluppo del linguaggio.
E’ fondamentale che l’educatore comprenda la relazione tra comportamento (risposta agli stimoli)
e sistema neurologico nel campo dell’apprendimento.

 CAPITOLO PRIMO: PROCESSI DI APPRENDIMENTO (verso l’apprendimento)

 1.1 CONDIZIONAMENTI EDUCATIVI (comportamento e condizionamento)


L’educazione è fondamentalmente trasmissione del patrimonio culturale della società
L’esperienza fondamentale della persona è la comunicazione, quindi la relazione con l’ambiente
non solo fisico ma soprattutto sociale.
Apprendimento: modifica del comportamento.
Il comportamento del bambino è determinato da fattori biologici (sviluppo della struttura fisica), e
dall’ambiente.
Nel corso dello sviluppo: da un comportamento controllato da schemi di azione fissi (innati
e immutabili) a modifica del comportamento come risultato dell’apprendimento.
La prima educazione nell’ambiente che contribuisce alla formazione del comportamento è lo
sviluppo dell’autonomia di critica, in relazione agli oggetti, alle situazioni e alle relazioni.
Il bambino è curioso e vuole esplorare. Il bambino piccolo non ha ancora capacità di giudizio,
misura ogni cosa nella sua più completa oggettività: anche la situazione più degradata non ha
nessun significato predeterminato per lui, vuole solo capire perché un oggetto serve o non serve,
piace o non piace, perché si mangia o non si mangia.

1
Il bambino nella sua attività di apprendimento valuta quindi oggettivamente ed applica un metodo
di valutazione sperimentale, attraverso l’uso dei sensi.
In risposta a uno stimolo, il comportamento del bambino si basa su un riconoscimento istintuale
negativo(di male) o positivo(di bene) dello stimolo stesso.
L’elaborazione dello stimolo viene memorizzato nel cervello nei circuiti rigidi conservativi.
LA PRIMA EDUCAZIONE DEL BAMBINO porta a livello relazionale il condizionamento della
sua autonomia di critica e oggettività. Infatti quando il bambino sta usando la propria autonomia
conoscitiva, troppo spesso il suo cervello viene aggredito dal modello familiare dei genitori che lo
condizionano ad uniformare i suoi comportamenti a precise risposte.
A questo punto il bambino si adatta e perde la propria autonomia di giudizio.
Viene esortato a attribuire un significato simbolico di bene o di male, i genitori lo condizionano ad
uniformare i suoi comportamenti in base a risposte ed attese
I genitori dovrebbero permettere che il bambino possa esplorare liberamente e prendere coscienza da sé
delle situazioni sia positive sia negative. La necessità di risposta dovrebbe sempre partire dal bambino,
tranne ovviamente in casi di pericolo, nei quali il condizionamento può rivelarsi veramente utile se consente
risposte immediate a reali necessità. Troppo spesso però accade che i genitori influenzino i figli
condizionandoli, in questo caso il bambino perde la propria autonomia di giudizio con diverse conseguenze:
1. Agirà in un determinato modo solo in base al consenso o alla disapprovazione dei genitori: l’oggetto
dell’apprendimento non rappresenta più un semplice uso ma diviene il simbolo del potere, da ciò ne deriva
una dipendenza psicologica del bambino verso i genitori. Da adulto, egli non sarà capace di una valutazione
propria delle situazioni e estenderà questa dipendenza psicologica anche nel rapporto con le altre persone,
non avrà una vera e propria capacità di giudizio autonoma ma agirà invece solo per ottenere il consenso
degli altri. Se il soggetto otterrà il consenso degli altri proverà gratificazione e protezione, altrimenti ne
risulterà un senso di frustrazione, preoccupazioni e tensione.
2. L’immagine simbolica dell’oggetto si fissa nella memoria, l’individuo tenderà sempre a fuggire dall’oggetto
che è stato memorizzato come male mentre vorrà sempre appropriarsi dell’oggetto identificato come bene.
INTELLIGENZA (EREDITATA, ACQUISITA)
Con il termine “intelligenza” non si intende essere più o meno capace in una determinata
disciplina, ma piuttosto saper accrescere le proprie doti positive e individuali, presentare un’alta
capacità di risposta agli stimoli e alle situazioni della vita ed essere in grado di adattarsi a queste
soprattutto se nuove e/o sconosciute, riuscendo a valutarle in modo sia oggettivo sia soggettivo, e
cercare di utilizzare il tutto per riuscire a crescere.
Un bambino intelligente non sarà necessariamente precoce nel camminare o nel parlare, ma
dimostrerà di avere molta curiosità, energia, e soprattutto capacità percettive.
L’intelligenza è un complesso di funzioni conoscitive e immaginative che si esteriorizza nel
comportamento.
I maggiori fattori che influiscono sull’intelligenza sono 3:
1) Le capacità innate dell’individuo (eredità biologica)
2) La sua esperienza personale (con l’ambiente fisico e sociale)
3) L’esperienza indiretta acquisita attraverso la comunicazione con gli altri (dà la possibilità
di dipendere meno dalle capacità individuali, fornendo una più efficiente intelligenza di gruppo).
La sensibilità all’influenza dell’ambiente aumenta o diminuisce in base alle fasi di sviluppo (si
tratta di una precisa tabella di tempi di cui l’educatore deve tenere conto).
Quindi l’intelligenza è in parte ereditaria e in parte acquisita attraverso l’esperienza ambientale
(quindi può essere sviluppata).
2
Il fattore ereditario ha un minimo di incisione nell’individuo: da questo punto di vista l’intelligenza
deriva da una rara combinazione di geni dai proprio genitori. Per la legge di Mendel le probabilità
che i figli riceveranno la loro stessa combinazione di geni dei genitori sono scarse.
Comunque affinché un’intelligenza “genetica” si sviluppi la persona deve crescere in un ambiente
sufficientemente stimolante (es: cure, affetto, gioco, possibilità di esplorare).
Anche una persona che non ha l’intelligenza “nei geni”, se vive in un ambiente stimolante può
diventare anche molto più intelligente di una persona che nasce da geni intelligenti ma non vive in
un ambiente adatto a far sì che questa si sviluppi appieno.
Dunque, sempre parlando di ambiente sufficientemente stimolante, anche il tipo di cultura in cui si
cresce può avere un effetto determinante sullo sviluppo dell’ intelligenza.
Pur essendo l’intelligenza un concetto astratto e difficilmente definibile, ci sono diversi metodi per
“misurarla”, ma quasi tutti tengono conto soltanto di alcune sfaccettature escludendone altre.
Il modo che permette una più ampia valutazione dell’intelligenza è il metodo psicologico: è
rappresentato dallo studio delle funzioni mentali dell’individuo nell’applicazione a problemi
concreti; si usano i reattivi mentali (“mental tests”, prove psicologiche sottoposte in condizioni
rigidamente definite), divisi in:
- reattivi di efficienza, che studiano gli aspetti della personalità quali intelligenza, attitudine,
acquisizione.
- reattivi di personalità, che studiano gli aspetti affettivi e volitivi.
Al contrario degli altri metodi, quello psicologico è un metodo scientifico, perché i risultati vengono
valutati mediante un confronto statistico con i risultati ottenuti da altri individui posti nella medesima
condizione. Tuttavia non cadere nell’errore di “statisticizzare” gli individui in base all’“intelligenza
media”: ogni individuo è unico in senso assoluto.

 1.2 PERCEZIONE E PROCESSI INTELLETTIVI


Il cervello è la sede di processi intellettivi che sviluppano una risposta comportamentale
agli stimoli percepiti
L’attività psichica si sviluppa nella corteccia di entrambi gli emisferi cerebrali. In essi sono
contenuti i circuiti neuropsichici dove avviene l’elaborazione delle tensioni adattive (elaborazione
degli stimoli e adattamento ad essi). Il risultato crea una risposta comportamentale (azione).
Nel cervello umano si identifica una funzione verticale e una orizzontale:
- funzione verticale: avviene quando si necessita di una risposta comportamentale in tempi
rapidi (es: devo allontanarmi dal fuoco sennò mi brucio), ha luogo nei circuiti rigidi conservativi
e necessita di memorie strategiche precostituite (vedi capitolo 1.1) con le quali l’intervento sugli
stimoli viene identificato in buono o cattivo.
- funzione orizzontale: succede per esempio, nella vita di relazione; avviene nei circuiti logici -
simulativi e amplificativi (i livelli più alti della psiche) dove il trattamento della tensione viene
elaborato secondo ipotesi logiche e simulate, con la possibilità di integrare altri stimoli a
vantaggio delle capacità di adattamento; questa operazione richiede l’intervento di entrambi gli
emisferi cerebrali.
La fisiologia del cervello: Il cervello si suddivide in due emisferi, uno dominante l’altro recessivo, i quali
compiono in generale la stessa attività, ciascuno dei due però svolge anche attività proprie.
Nella maggior parte delle persone, l’emisfero sinistro controlla le funzioni verbali ed è quindi il centro della
parola, mentre l’emisfero destro le funzioni non verbali.

3
Il controllo motorio di ogni lato del corpo è affidato all’emisfero celebrale del lato opposto.
Nel bambino inizialmente i due emisferi hanno uguale potenziale, con la crescita l’emisfero sinistro diviene
dominante almeno nella maggior parte delle persone.
In una delle regioni si svolgono le operazioni mentali che costituiscono il fondamento del pensiero e del
linguaggio; si compiono importanti associazioni che permettono di stabilire una correlazione tra il suono della
parola pronunciata e la forma della parola scritta, o fra le dimensioni di un oggetto e il suo aspetto esteriore.
Si sono localizzate alcune regioni, specializzate per determinare funzioni mentali e fisiologiche, quindi si
osservano anche quali funzioni vengono alterate o abolite quando il cervello subisce una lesione.
Lesioni negli adulti: una lesione nell’emisfero sinistro può menomare o distruggere la capacità di utilizzare le
parole come simboli di idee, mentre una lesione dell’emisfero destro può menomare la capacità di discernere
tra forme, colori e suoni.
Lesioni nel bambino piccolo: è meno probabile che una lesione dell’emisfero sinistro ritardi lo sviluppo del
linguaggio, una lesione dell’emisfero destro può provocare invece disturbi del linguaggio nel bambino.
Primo anno di vita: i bambini di solito usano ambedue le mani dimostrando una tendenza per la sinistra.
Sei o sette anni : fino a quest’età ritornano all’uso indifferenziato di ambedue le mani, dai sette anni in poi la
maggior parte dei bambini diventano destrimani (è il risultato di una preferenza culturale).
Ambidestrismo: uguale abilità delle mani
Lateralità mista: l’individuo può fare determinate cosa bene con una mano e non con l’altra e viceversa o
essere maldestro con entrambe o usarle tutte e due senza preferenza.
Al cervello è assegnato maggiore spazio rispetto a tutti gli altri organi, esso si evolve più rapidamente. Il
bambino possiede già alla nascita i neuroni che avrà per tutta la vita, ma molti non sono ancora atti al
funzionamento, perché la mielina (che riveste la cellula nervosa),si forma soltanto diversi mesi dopo la
nascita. Tale “incompletezza”, sembra spiegare le limitazioni dei bambini piccoli nelle azioni riflesse e nei
movimenti fondamentali che sono controllati dal cervello.
L’esecuzione di una risposta comportamentale (azioni/movimenti) è il risultato di uno stimolo.
-Se uno stimolo evoca una memoria di allarme e paura, la relativa tensione deve essere trattata in
modo da consentire al soggetto di produrre la sua risposta in tempi rapidi, implicando l’intervento
dei circuiti mnemonici rigidi.
-Uno stimolo invece non associato alla paura potrà essere gestito nei circuiti psichici, in cui
avviene la scelta comparata e consapevole delle possibili varianti comportamentali con una
maggiore flessibilità adattativa.
IL CONDIZIONAMENTO EDUCATIVO: rappresenta un impedimento della flessibilità adattiva,
imponendo una risposta condizionata ad un determinato stimolo
L’origine del condizionamento si colloca nella struttura del rapporto genitore e figlio e nella prassi
educativa attuata dalla famiglia sin dalla prima età del bambino.
Il condizionamento si fissa nella memoria del soggetto, che attribuisce un significato di bene o
male mediato dalla paura di perdere il rapporto di dipendenza-assistenza che lo lega la genitore.
Il condizionamento è una modalità operativa utile quando è rivolto a consentire risposte immediate
a reali necessità (ha valenza strategica per la sopravvivenza), dannoso quando impone risposte
condizionate regolate dalla volontà soggettiva del genitore e non dalle necessità oggettive del
bambino.
PERCEZIONE, APPRENDIMENTO, FORMAZIONE
Ogni individuo acquisisce informazioni dall’ambiente e la sua mente le trasforma in concetti
attraverso lo sviluppo cognitivo.

4
La percezione è la sensazione fisica interpretata alla luce dell’esperienza (gli occhi rispondono
alle onde luminose che li colpiscono, ma l’uomo non “vede” realmente – cioè comprende- finché
non attribuisce significato ai dati grezzi provenienti dalla vista). In un certo senso è il proprio
singolo modo di vedere le cose.
La natura di ciò che viene percepito non è l’aspetto più importante della percezione stessa: il
modo di essere del soggetto esercita una forte influenza sulla percezione dell’oggetto percepito.
La percezione di un determinato oggetto varia da individuo a individuo, ma anche prendendo in
analisi un singolo individuo si può osservare che la sua percezione relativa a quel determinato
oggetto può variare nel tempo a seconda del suo stato d’animo, da condizioni fisiologiche
(fame, sete), da fattori legati allo stadio di maturazione o alla personalità.
Inoltre, la percezione dell’oggetto varia molto in relazione al valore sociale: l’approvazione o la
suggestione degli altri influiscono su quello che una persona vede e sente.
Percezione (come attribuzione di significato all’esperienza) e apprendimento sono due
concetti simili ma non uguali che si incrociano tra loro: la percezione è il modo di vedere di una
determinata persona, l’apprendimento è la consapevolezza delle informazioni acquisite,
acquisizione di comportamenti nuovi e modificazione di quelli precedenti, per effetto
dell’interazione con l’ambiente.
Potremmo dire che in senso STATICO l’apprendimento è percezione, acquisizione, in senso
DINAMICO significa acquisizione di un’abilità in funzione della ripetizione e si basa sulla memoria.
Varie capacità di apprendimento:
-Apprendimento meccanico, il procedimento è quello di imparare una piccola porzione di
dell’interno ogni volta, di ripetere la parte già memorizzata e poi procedere ad imparare un’altra
porzione. Tuttavia in alcune fasi dello sviluppo del bambino e in alcune circostanze per l’adulto,la
ripetizione è inutile.
-Apprendimento associativo: il materiale appreso viene ricordato sostanzialmente nella forma in cui
si è presentato la prima volta (per associazione, ad es quando si memorizzano liste di numeri,
persone ecc perché si associa l’elemento in questione ad un luogo o la compagnia in cui di solito si
vede).
-Apprendimento concettuale: richiede l’elaborazione mentale dell’informazione ricevuta, la sua
trasformazione in concetti astratti pria di utilizzarla.
-Apprendimento come intuizione: l’intuizione è la comprensione immediata e improvvisata di una
realtà; tuttavia questo tipo di apprendimento in un unico atto del pensiero mediante una percezione
immediata senza l’aiuto del ragionamento, non è compatibile con la tesi dell’apprendimento per
gradi.
Nell’apprendimento gioca un ruolo importante la ripetizione stessa dell’atto, sostenuta da
un’adeguata motivazione, che ha per effetto un miglioramento dell’atto stesso dal punto di vista
qualitativo e quantitativo.
Non si deve credere che nell’apprendimento intervengano solo fattori mnemonici, non si ha
progresso né apprendimento se la ripetizione è puramente meccanica.
- Apprendimento non significa imparare nozioni o acquisire capacità specifiche come l’uso del
linguaggio o l’abilità di contare. Apprendimento significa acquisire da parte del bambino di
comportamenti nuovi per effetto della sua interazione con l’ambiente
Esistono modi individuali di apprendimento e modi individuali di utilizzarlo. Queste differenze
caratterizzano lo “stile cognitivo”: preferenze permanenti di un individuo per un particolare modo
di organizzare e classificare gli oggetti nella percezione:

5
- mente analitica: analisi della situazione caratterizzata da uno studio minuzioso dei particolari e
sottoelementi della situazione stessa.
- mente scientifica: classificazione della situazione nel suo significato globale.
L’apprendimento organizza le informazioni (le percezioni) in schemi e a mano a mano che si
trasformano in unità più grandi, aumenta in proporzione la quantità di messaggi che una persona è
in grado di ricevere e ricordare.
Il bambino racchiude la quantità di notizie che può condensare in un unico blocco, racchiudendole
in un’unica parola che in sé comprende il significato di più parole (ex cani - animali - esseri
viventi). In questo l’apprendimento come organizzazione del pensiero si lega al linguaggio, che
diventa uno strumento di interpretazione.
FORMAZIONE
L’apprendimento non può essere scisso dalla formazione, non intesa solo come istituzione
scolastica, ma come educazione dell’individuo in grado di fornirgli lo sviluppo di base che consenta
la comprensione del mondo e l’autorealizzazione di se stesso.
La funzione della formazione è quella di convertire l’individuo in persona, congiungere l’elemento
soggettivo con l’elemento collettivo (i valori, la cultura).
Pestalozzi e Herder furono i primi a utilizzare l’espressione “formazione” per designare l’attività
dell’educatore e del maestro, e cioè il prodotto ottenuto in forma interiore nell’educando. Nasce il
concetto di “formazione” come “educazione”.
(Leibniz e J.F. Herbart introducono il concetto di formazione come unione dell’aspetto intellettuale
con quello morale.)
Con Rosseau si passò a distinguere due tipi diversi di formazione: una generale e una
professionale, la quale consisteva nella preparazione ad un lavoro. La formazione ideale secondo
Rosseau è creata consapevolmente dal contatto della cultura intellettuale associata ai valori e
alla morale. Da controllare! Pag 56
Al giorno d’oggi, la formazione è una sintesi di tutte le istanze formative a cui si subordinano i
concetti di educazione e istruzione, che consentono un processo di autorealizzazione
dell’individuo nell’integrazione di se stesso nel mondo.

 1.3 COMUNICAZIONE SENZA PAROLE


Il linguaggio del corpo possiede una propria grammatica e una propria interpretazione. Ogni gesto
corrisponde ad una parola, i gesti solamente se osservati insieme, rivelano la verità di ciò che si
nasconde dietro le parole; per ottenere la verità è necessaria la coreografia dei gesti. Il vero
iniziatore della scienza del linguaggio del corpo: Darwin (naturalista inglese).
Il linguaggio del corpo trasmette più di quanto possa trasmettere il linguaggio orale: solo il 7% delle
informazioni è trasmesso dalle parole, il 38% proviene dal tono della voce, ma il 55% è trasmesso
dal corpo. Anche altri organi sono interessati: il naso è alla ricerca della verità insieme al tatto.
(linguaggio del corpo in educazione: educatore deve non solo capire il linguaggio del corpo del
bambino ma anche padroneggiare il proprio per migliorare efficacia dell’azione pedagogica)
Ciò che arriva tramite canale verbale sono essenzialmente i “fatti salienti”, i sentimenti veri sono
trasmessi dal linguaggio non verbale. Il linguaggio del corpo per esprimere gioia, paura,
tristezza, disprezzo o vergogna sembra essere universale (alcuni ricercatori americani hanno
osservato le mani di 5 culture e 5 continenti differenti: dappertutto esistono gli stessi gesti di base e

6
la stessa mimica). Quale sia l’origine dei gesti è ancora oggetto di studio: qualche gesto è innato,
altri si devono acquisire..
Potere ed età riducono i gesti; gli adulti non obbediscono più ciecamente all’inconscio, dominano
il gesto. (Es: il bambino quando dice una bugia porta istintivamente la mano a coprire la bocca,
nell’adulto, la mano viene portata al viso, ma “devia” verso il naso, come se pizzicasse). Ecco
perché è più difficile decifrare il linguaggio del corpo di un adulto (che educa il proprio linguaggio
del corpo, a volte anche per motivi professionali), ma il corpo non mente e a distanza ravvicinata è
possibile rilevare micromovimenti (sbattere di ciglia, contrazione delle pupille, sudorazione o
rossore) che permettono di rilevare pensieri, o smascherare bugie!
Anche le mani esprimono sentimenti, segnalano stati d’animo; secondo Aristotele e Kant sono
diramazioni del cervello, infatti quando ci si muove non si riesce a tenere le dita ferme. Un ruolo
predominante viene attribuito alla posizione del pollice, poiché in tutti i gesti indica la personalità, il
carattere, la sicurezza in sé stessi. Invece l’indice puntato ed ha un effetto aggressivo e irritante.
Anche la stretta di mano può dire molto della personalità.
L’importanza degli occhi, dello sguardo: guardare negli occhi quando si parla serve a mantenere
vivo l’interesse e comunicare disponibilità.
La grammatica dei gesti ha delle leggi ben precise, per una comunicazione efficace è necessario
che i gesti siano sincronizzati e non in contrasto con le parole (corrispondenza tra parole e gesti e
crea armonia degli stati d’animo.
I gesti influiscono sullo stato psichico ed emotivo, importante tenerne conto per non creare
tensioni. Tecnica dell’immagine riflessa: “imitare” i gesti dell’altro crea atmosfera più amichevole,
empatia.
Importante anche considerare (e rispettare) gli spazi fisici, le distanze: quando si ci trova in
situazioni “strette”, si diventa più nervosi e insicuri perché viene infranta la propria intimità. Ogni
persona possiede un proprio “spazio vitale della psiche” che va rispettato.
C’è una distanza minima (intima, riservata agli affetti), dove termina la distanza intima inizia la
distanza personale (quella degli incontri amichevoli), poi la distanza sociale (quella che si tiene
con le persone alle quali si da del lei) e la distanza ufficiale (quella che gradiscono le persone di
riguardo).,durante gli interrogatori si creano infatti grosse tensioni.

o CAPITOLO 2: LO SVILUPPO DEL BAMBINO


 2.1 PERCORSI DI CRESCITA
Melanie Klein sviluppò i concetti di Freud sui processi dinamici inconsci di proiezione e
introiezione (consentono di capire come si sviluppano l’emozione e il pensiero, attraverso la
comunicazione intra-psichica). Attraverso questi processi, i neonati imparano a conoscere i loro
genitori e i genitori imparano a conoscere i loro figli.
Il concetto di contenimento deriva da quello di identificazione proiettiva: è la forma più
originaria e primitiva di legame emotivo. Si tratta di un processo reciproco: il bambino proietta le
sue pulsioni nella madre, che funge da “contenitore” e trasforma, rielaborandole, “masticandole” le
proiezioni del bambino, per poi restituirgliele.
La psiche del bambino nella primissima infanzia: dominata dall’angoscia (trauma separazione
parto), dalla frustrazione dei bisogni, dalla pulsione di morte, che minacciano un “io” non ancora
coeso dopo il trauma della nascita. Il neonato è esposto a stimoli di fame, dolore, caldo, freddo, cui
non era soggetto nel periodo prenatale.

7
Nel periodo neo-natale (primi 5/7 giorni di vita), il bambino comincia sin da subito ad affrontare una
varietà di eventi e esperienze che plasmano la sua percezione dell’ambiente e le sue reazioni
all’ambiente stesso. Il primo problema da affrontare è il riadattamento dei propri processi
metabolici (respirazione, nutrizione), di ogni organo, apparato e funzione. Questi stati sono
importanti anche dal punto di vista psicologico, perché costringono il bambino a fare qualcosa per
alleviare il disagio provocato dagli nuovi stimoli e dalle sensazioni provate.
Le prime reazioni (risposte agli stimoli) sono innate, non ancora razionali, il bambino reagisce
agli stimoli con tutto il corpo (solo successivamente imparerà a coordinare).
Le risposte si dividono in:
- risposte di maturazione: si sviluppano senza che intervenga alcun processo di insegnamento
dopo aver acquisito la generica possibilità di servirsi del proprio corpo (camminare, sedere in
posizione eretta, afferrare gli oggetti;
- risposte apprese: vanno acquisite in maniera specifica, in caso contrario non si manifestano; in
particolare le azioni culturalmente specifiche (aprire il frigorifero, girare il rubinetto, scrivere,
colorare, cantare, pattinare…)
Quindi sviluppo infantile coinvolge due processi interconnessi: crescita fisica (genetica,
ereditaria); interazione con ambiente fisico e culturale (inizia ad attribuire significato simbolico
alle esperienze e inizia il proprio attaccamento alla persona che si prende cura di lui in risposta
alle sue reazioni).
Lo sviluppo infantile: è un viaggio che procede attraverso una serie di stadi:

-Periodo neonatale: primi 5/7 giorni di vita, nei quali il neonato si riprende dai traumi del parto e
stabilisce un equilibrio con il proprio ambiente.

-Primi 18 mesi di vita, ovvero la prima infanzia, in tale periodo la cura del suo sviluppo
percettivo/motorio e biologico sarà dominante per la sua crescita.

PENSIERO
Nel primo anno di vita le strutture mentali acquisite dal bambino sono essenzialmente schemi,
cioè rappresentazioni mentali di un’esperienza, ricordi senza immagine e senza linguaggio (es. a
tre mesi: il bambino sembra capace di ricordarsi di un evento che è accaduto qualche momento
prima, perché rivela una stanchezza quando viene sottoposto nuovamente allo stimolo, ciò rivela
anche che il bambino sta immagazzinando un ricordo allo stimolo).

Altre tappe importanti nello sviluppo del pensiero: al quarto mese il bambino possiede una
rappresentazione del volto efficace: il sistema nervoso centrale è abbastanza maturato da
consentire al bambino di riconoscere un volto, di rispondere con un sorriso, e successivamente
di avere reazioni di allarme con i volti sconosciuti (quindi dispone di schemi relativi ai volti
conosciuti). 8/9 mesi è capace di forme piccole di pensiero, che si manifestano quando il bambino
sviluppa la capacità cognitiva della permanenza degli oggetto (Piaget,).

SENSI
Il bambino appena nato possiede già tutti i sensi (tranne il gusto che inizialmente è meno
sviluppato), è sensibile al dolore e ai cambiamenti di posizione. I suoi occhi sono sensibili alla luce
e agli spostamenti, la percezione della profondità invece si sviluppa dai 2 mesi in poi.
L’udito è forse il senso più sviluppato a livello di percezione nel bambino appena nato, infatti il
bambino è predisposto per natura a reagire in maniera diversa a suoni di frequenza o tonalità
diversi:

8
- suoni a bassa frequenza: generano un incremento del comportamento motorio; se il bambino sta
piangendo inibiscono la sua angoscia
- suoni ad alta frequenza: provocano reazione d’allarme
- suoni ritmici a bassa frequenza: i suoni ritmici, rispetto ai non ritmici, tendono a calmare di più il
bambino; combinati con una bassa frequenza, i suoni ritmici a bassa frequenza spesso fanno
cessare il pianto del bambino .)

SVILUPPO COORDINAZIONE SENSO-MOTORIA


Lo sviluppo e il controllo della motilità del bambino parte dalla testa e si estende verso il basso
(“discesa” dello sviluppo motorio).
- VISTA : se si mette qualcosa nel campo visivo del bambino egli lo fisserà con interesse ma non
cercherà di afferrarlo – (1 mese)
- TENTATIVO COORDINAZIONE VISTA-TATTO : il bambino solleverà la mano cercando di
prendere l’oggetto senza però riuscirci (percezione della profondità ha appena iniziato a
svilupparsi), rimarrà incantato a guardare l’oggetto e poi la sua mano - (2 mesi)
- COORDINAZIONE VISTA-TATTO, SPALLE-TRONCO: il bambino riuscirà finalmente a toccare
l’oggetto e, dopo un po’ di tempo, riuscirà a prenderlo; insieme alla coordinazione di braccia e
mani, a partire dalle spalle, si è intanto sviluppata anche la coordinazione del tronco e lentamente
quella dei fianchi - (5/6 mesi)
- INIZIO COORDINAZIONE FIANCHI - ARTI INFERIORI: il bambino riesce a sedersi e pian piano
il suo controllo motorio si espande ancora più giù e raggiunge le gambe fino al ginocchio, il
bambino impara a gattonare, aumentando ancora di più la coordinazione di braccia, mani, gambe,
piedi - (7/8 mesi)
- CONTROLLO MOTORIO GAMBE E PIEDI : il bambino impara a stare in posizione eretta e poi a
muovere i primi passi - (9/10mesi - 1 anno)
(nel libro le fasi non avevano questi nomi erano semplicemente divise per età del bambino)
*il bambino utilizza prima le spalle e i gomiti che il polso e le dita.

Lo sviluppo della coordinazione senso-motoria è strettamente collegata all’ambiente e in


particolare agli oggetti (vedi anche teoria Piaget). Il bambino circondato da un ambiente con
oggetti interessanti, grazie alla sua curiosità sarà attratto da essi e cercherà piano piano di
raggiungere l’oggetto fonte di interesse. Se il bambino viene posto in condizione di esercitare e
pertanto di perfezionare le risposte di estensione delle braccia, le manifestazioni di questo
comportamento compaiono più precocemente. Al contrario, i bambini non stimolati, privi di oggetti
a cui prestare attenzione risultano in ritardo per quanto riguarda il fatto di puntare un oggetto e di
conseguenza tutto il resto dello sviluppo motorio che ne deriva.

ATTO PSICOMOTORIO E EDUCAZIONE PSICOMOTORIA


Atto psicomotorio: proiezione automatica e cosciente di un’immagine mentale, espressione di un
processo psichico.
schema corporeo: l’immagine che esiste nella mente relativa alla conoscenza o all’intuizione
globale del corpo in rapporto alle sue diverse parti, agli oggetti e allo spazio circostante.
L’educazione psicomotoria consiste nel creare dei meccanismi di controllo corporeo, impostare
una corretta organizzazione del proprio schema corporeo con interventi educativi e rieducativi.
E’ importante acquisire un equilibrato schema corporeo perché se il bambino non conosce bene il
proprio corpo e le sue relative possibilità di movimento e azione, allora non è in grado di instaurare
con gli oggetti e con l’ambiente dei rapporti soddisfacenti e quindi diventa insicuro, ansioso,
spesso instabile emotivamente, aggressivo oppure chiuso, inibito perché dubita di sé e delle
proprie capacità. E’ importante soprattutto dall’età dei 3-6 anni (periodo scuola materna e
incremento del linguaggio); bisogna collocare accanto all’immagine del bambino come soggetto
che comunica e si esprime con le parole, quella più ampia dell’espressione attraverso il
movimento, aiutare il bambino a estendere questo vissuto a tutto se stesso e a esserne cosciente
come di un’ unità.

9
Inizialmente, lo sviluppo psicomotorio è organizzazione coerente di azioni compiute, in seguito
diventa operazione mentale: il dinamismo motorio è strettamente collegato all’attività psichica.
(l’organizzaz. Fisica si riflette sull’organizz. mentale come secondo il principio della psicosomatica)
CARATTERISTICHE E COME FUNZIONA
Tiene conto di due aspetti complementari e indispensabili:
- aspetto funzionale del corpo
- sviluppo dell’Io e dell’organizzazione progressiva della conoscenza del mondo tramite l’azione di
questo io corporeo. (psiche agisce in questo mondo grazie al corpo)

Dunque determina:
- strutturazione dello schema corporeo : conoscenza e accettazione di sé
- l’Io in rapporto al mondo degli oggetti : conoscenza e accettazione del mondo degli oggetti
- l’Io in rapporto al mondo degli altri: conoscenza e accettazione del mondo degli altri

Le finalità essenziali dell’educaz. Psicomotoria sono:


-far conquistare al bambino la capacità di vincere le paure e le incertezze
-fare in modo che raggiunga scioltezza nei movimenti
Risultato finale equilibrio psico-fisico

Strumenti educazione psicomotoria: gioco e imitazione (diretta o differita)


In caso di carenze in età precoce o handicap si interviene con:

Rieducazione psicomotoria: comprende quell’insieme di tecniche che consentono di offrire al


bambino l’aiuto necessario per superare gli ostacoli di cui l’handicap di cui è portatore è
responsabile.

Educazione senso-percettiva: colmare eventuali lacune associando ai giochi ed agli esercizi


senso-percettivi altre situazioni che coinvolgono l’educazione della memoria.
 2.2 NASCITA DEL LINGUAGGIO (FORME DI LINGUAGGIO: ISTINTIVE, IRRIFLESSE,
ELABORATE, REGOLATE)
La mente del bambino non è geneticamente programmata per l’apprendimento di una lingua
particolare, ma ha un’innata capacità a imparare la struttura della lingua. A 3 anni, per esempio,
hanno già il senso della sintassi
Definire il linguaggio dei bambini meccanica ripetizione di quello degli adulti è sbagliato poiché
l’articolazione differisce da quella degli adulti, i bambini combinano le parole in un modo tutto loro,
addirittura a volte formano parole proprie che comunque seguono un filo logico. (es1: “ho comprato
un gelato e ho spenduto un milione”, la parola “spenduto” attesta che non si tratta di un discorso
imitativo ma, anche essendo una parola inventata, il senso è lo stesso della parola corretta. Es 2
questa bambina è gelosa” “non è vero, non sono di ghiaccio!” (4 anni)… non deridere i loro errori
ma accettarli come prova di intelligenza!!).
Progressivamente il bambino cerca di adattare un proprio sistema di espressione a quello
dell’ambiente in cui è nato o vive. Lo sviluppo del linguaggio segue una cronologia regolare
per tutti i bambini del mondo, dal balbettamento alle parole brevi, poi alle frasi brevi ecc.
CAPACITA’ DI ARTICOLARE SUONI: 3 anni: tutte le vocali e parte delle consonanti semplici
(mano, sete); cinque anni: quasi tutte le consonanti semplici; 6 anni consonanti accoppiate e
gruppi vocalici (tre, slitta, ruota); sette anni anche parole con tre consonanti consecutive (scrivere);
otto anni le stesse capacità di articolare suoni dell’adulto.
CAPACITA DI PRODURRE ESPRESSIONI CON SENSO COMPIUTO:
- 3 mesi: il bambino inizia a balbettare spontaneamente, in seguito il linguaggio passa dai suoni
balbettati ai suoni uditi nell’ambiente (forma di linguaggio istintiva).

10
- 9 mesi: il bambino inizia a pronunciare vere e proprie parole, anche se probabilmente non ne
comprende il significato (forma di linguaggio irriflessa ??). A 10 mesi sembra capire istruzioni
semplici (dov’è la palla?)
- 1-2 anni il bambino pronuncia parole che indicano azioni, comincia a parlare con frasi di una
parola enfatizzate dai gesti (es: pappa, cacca). Il vocabolario del bambino di questa età presenta
per lo più nomi comuni che generalizzano più idee (es: il bambino vede un gatto e dice “cane”
perché finora ha imparato solo il nome dell’animale cane; la mamma a questo puto lo deve
correggere per ampliare il suo vocabolario) il bambino passa progressivamente da parole
generalizzate a parole particolareggiate. (forma di linguaggio elaborata??).
- 3 anni: il bambino inizia a fare dei veri e propri discorsi, ma sono più come monologhi; secondo
Piaget è un discorso descrittivo di ciò che il bambino vede, che riflette la sua natura egocentrica;
secondo lo psicologo russo L.S. Vigotskij, il bambino comunica con se stesso.
- 5 anni: il bambino ha acquisito un linguaggio vero e proprio per comunicare agli altri pensieri e
desideri, inizia a instaurare delle vere e proprie conversazioni (frasi di 5-10 parole). Si passa
progressivamente dalle parole che corrispondono a cose concrete a quelle che descrivono
concetti astratti. (forma di linguaggio regolata)
Il primo vocabolario dei bambini è più ricco di nomi comuni, costituiscono il 50% del suo
vocabolario; successivamente vi è l’introduzione degli aggettivi dei verbi (fine secondo anno tre
elementi base della frase) e dei pronomi. Nel corso del terzo anno sviluppa l’abilità di pensare, il
meccanismo della memoria e la facoltà dell’immaginazione (costruzione dell’io).
Metodo efficace per misurare intelligenza infantile (ma anche nell’adulto): osservare le parole
conosciute ed usate nel linguaggio, tenendo conto della qualità e della quantità.
Importanza linguaggio: controlla il pensiero e attraverso il pensiero il comportamento.
Gli anni di scuola servono per perfezionare ed arricchire il linguaggio, per renderlo conforme al
modello della buona lingua, per imparare a leggere e scrivere cioè la relazione tra suoni e
lettere: bisogna aiutare il bambino a impadronirsi del suono delle parole e, di conseguenza, della
loro grafia. Nell’imparare a leggere l’operazione essenziale è quella di far associare i segni
stampati con le parole che il bambino ha già imparato a pronunciare.
Non importa che metodo venga usato al fine di insegnare a leggere ai bambini, l’importante è che il
fine educativo sia lo stesso per tutti gli scolari. Importanza è capire che il processo di
apprendimento è legato alle fasi di sviluppo cerebrale: tra i 2 e i 14 anni si stabilisce
progressivamente la lateralizzazione delle funzioni cerebrali legate alla parola parlata e scritta.
Importanza di ricerche multidisciplinari: studiare il legame tra strutture e funzioni del cervello e
apprendimento per sviluppare nuove tecniche di insegnamento.
La proprietà del linguaggio: viene verificata dalla collettività, ovvero attraverso il consenso di chi
ascolta o legge.
E’ importante avere una buona forma di linguaggio perché al giorno d’oggi la chiarezza
espressiva è indice di una personalità assolutamente chiara e normale (anche se in realtà non
sempre è vero). Inoltre il linguaggio ha il potere di stabilire e rispettare una gerarchia tra i
parlanti.
Bisogna fare una prima distinzione di linguaggio, a seconda della natura dei rapporti:
- rapporto verticale: i due interlocutori si trovano in un rapporto di subordinazione quindi il
linguaggio ha il potere di definire o rispettare la gerarchia tra i parlanti
- rapporto orizzontale: i due interlocutori si trovano in un rapporto paritetico e quindi usano una
dialettica di confronto.
La seconda distinzione sta nella funzione:
- funzione segnalativa: detta anche di notizia, è rispondere qualcosa a chi chiede perché ha
bisogno di saperlo (es: “quanto fa 2+2?” “4”);

11
- funzione proiettiva: nel rispondere, l’interrogato proietterà i ragionamenti logici che da
determinate sue premesse portano a precise convinzioni e quindi la risposta dipenderà
prevalentemente dal suo vissuto (es domanda: “qual è il significato della dialettica tra genitori e
figli?”). Anche la funzione che consente di stabilire una gerarchia tra i parlanti appartiene
all’aspetto proiettivo del linguaggio.
Il linguaggio esprime i sentimenti dell’uomo.
Il sonno? (pag 114)
Le pulsioni fondamentali (fame, sete) sono fondamentali dal punto di vista dello sviluppo
psicologico e hanno una funzione importante nelle prime manifestazioni di apprendimento:
richiedono un aiuto esterno per il loro soddisfacimento, se non vengono soddisfatte il bambino
reagisce
L’atto di piangere, urlare evolve a seconda di come l’ambiente sociale reagisce a queste azioni,
mentre il mormorio e il balbettio (il primo rispecchia una reazione di eccitazione; il secondo è
spesso scambiato per l’inizio del parlare poiché è formato di sillabe) sono risposte universali
Non variano a seconda della lingua di origine, ma sono comuni a tutti i bambini, il bambino perde
questo linguaggio universale quando durante il secondo anno di età inizia ad imparare la sua
lingua madre.
Le vocalizzazioni emesse da bambini sordi, figli di genitori sordomuti, non si differenziano da
quelle dei bambini normali con genitori in grado di udire i suoni del proprio figlio.
A differenza del balbettio il linguaggio parlato (dotato di significato simbolico per esprimere
pensieri) richiede un’esposizione a persone che parlano la stessa lingua. A partire dalla 6-8
settimana di vita il bambino emette suoni partecipativi della modulazione della lingua: se la
mamma partecipa ai giochi di vocalizzazione reciproca il bambino vocalizza in modo più variato i
suoni elementari e via via li impiega in combinazioni più complesse.
I bambini precoci nella posizione seduta e nella deambulazione non sono necessariamente più
precoci nell’imparare a parlare, leggere o scrivere: lo sviluppo senso-motorio precoce all’età di un
anno non è sempre indizio di attitudine linguistica.
 2.3 PROSPETTIVE EDUCATIVE (RISPOSTE PRINCIPALI DEI BAMBINI NELLA
PRIMA INFANZIA _ RAPPORTO MADRE-FIGLIO-ALTRI _ CARENZA DI CURE NEL
BAMBINO)
Per comprendere il comportamento del bambino (ma anche del l’adulto) è fondamentale la
conoscenza dell’evolversi delle reazioni nei confronti degli altri esseri umani.
Il pianto, il sorriso e il balbettio sono le tre “risposte” più importanti e comuni nella prima
infanzia dei bambini.
Il pianto è una richiesta di attenzione, collegato la maggior parte delle volte agli stimoli di fame e
sete, aspetti importantissimi nella vita del bambino perché questi bisogni, oltre a essere necessari
per la sopravvivenza, richiedono l’assistenza della madre. Determinano quindi l’efficacia
dell’attaccamento materno. Durante l’allattamento, il bambino impara ad associare la madre a
una sensazione di piacere e impara a dirigere le risposte di vocalizzazione, sorriso (interazione)
verso la madre.
Inoltre, dato che inizialmente la percezione visiva dei volti umani è molto generalizzata da parte del
bambino, quindi la madre assomiglia ad altre persone, il bambino estende l’associazione di piacere
del volto materno alle altre persone: l’esperienza iniziale di alimentazione viene concepita come
base per apprendere che il rivolgersi alla madre e agli altri produce gratificazione (il che
determinerà in futuro la positività del relazionarsi con gli altri). Ma se l’esperienza iniziale di
alimentazione non comporta una gratificazione (se gli si dà da mangiare dopo troppo tempo che è
stato lasciato a piangere da solo), se la madre è tesa, goffa lo nutre con forza o lo solleva
bruscamente, lo stimolo assume una valore negativo, ansiogeno. La madre diventa simbolo di
disagio anziché di piacere. Il bambino tenderà allora a ritirarsi e allontanarsi, e imparerà che

12
l’avvicinarsi agli altri non produce gratificazione e questo avrà un effetto anche sulle sua capacità
di stabilire relazioni.
Per quanto riguarda il sorriso, esso non è altro che una reazione involontaria a modificazioni di
intensità della stimolazione sensoriale. Verso i 2 mesi, da reazione involontaria si evolve in una
forma di sorriso sociale, provocato soprattutto da suoni. Verso i 5/6 mesi, il bambino comincia a
sorridere in modo selettivo: è in grado di associare una particolare configurazione a particolari
espressioni del volto, di distinguere le facce non familiari.
Dunque, l’attaccamento alle figure genitoriali implica che il bambino stia ricevendo da loro
adeguate cure. Nella sua mente si crea uno “schema”. Una volta che questa schema sarà ben
impostato, il bambino individuerà la differenza tra le persone familiari e le altre, e comincerà ad
avere paura degli estranei: è il momento della cosiddetta “ansia da estranei” (compare verso i 10
mesi), che è azione consequenziale del fatto che i bambini abbiano ormai sviluppato uno schema
talmente adeguato al volto materno che l’estraneo rappresenta una difformità perché non
corrisponde allo schema conosciuto, dunque il bambino si pone in allarme e cerca di comprendere
l’evento.
Qualche mese dopo (8-10mesi? ) il bambino diventa capace di forme semplici di pensiero: è in
grado di interpretare eventi discordanti e creare ipotesi che lo aiutino a spiegarsi come mai un
volto estraneo abbia un determinato aspetto. Questa forma di pensiero si manifesta più o meno in
concomitanza della percezione della permanenza degli oggetti (vedi teoria oggetto Jean Piaget).
In seguito all’attaccamento alla madre, oltre l’ansia da estranei si verifica anche “l’ansia da
separazione”: il bambino piange quando non vede più la madre. E’ stato attestato che il pianto sia
causato soprattutto dal grado di difformità dell’evento complessivo (il bambino ha già visto tante
volte la madre scomparire dalla porta del bagno: conoscendo già questo schema non ha paura; il
bambino non ha mai visto, o pochissime volte, la mamma scomparire dalla porta dello stanzino: il
bambino non conosce questo schema quindi ha paura e piange per l’ansia da separazione).
Questa paura dovrebbe svanire progressivamente con l’aumentare dell’età.
Il balbettio, invece, costituisce la base del linguaggio. Studi attestano che esiste una forma
archetipica di linguaggio alla base di ogni individuo nella primissima infanzia: una specie di
linguaggio universale del bambino che, in seguito, durante il secondo anno di età inizia a imparare
la sua lingua madre.
Le prime vocalizzazioni del bambino si suddividono in due categorie fondamentali:
- suoni connessi con il pianto, presenti fin dalla nascita;
- suoni legati alla modulazione della lingua (6/7 settimane).
Se la mamma partecipa ai giochi di vocalizzazione reciproca (replicare sorridendo e accarezzando
l’addome), il bambino vocalizza in modo più variato. Comunque i suoni nuovi non avvengono per
imitazione ma invece emergono spontaneamente per effetto della maturazione. Quando un
bambino imita un suono ascoltato è solamente perché esso è stato già espresso nei suoi balbettii
spontanei.
Quando sarà più grande, la capacità del bambino di discriminare, descrivere, riflettere e pensare in
modo conseguente e ordinato rispecchia la quantità e il tipo di linguaggio usato dalla madre.
Dunque, il bambino ha bisogno di altri esseri umani per gratificare le proprie pulsioni e, una volta
più grande, per soddisfare le proprie motivazioni. Le sue esperienze in materia durante il primo
anno di vita costituiscono le fondamenta dei suoi atteggiamenti futuri nei confronti del rapporto con
chi lo circonda: un’estrema mancanza di cure durante questo periodo può danneggiare la futura
capacità del bambino di sviluppare relazioni soddisfacenti. Evidenti segni di mancanza di cure
adeguate nel bambino sono segni di estrema calma e mancanza di animazione, relazionarsi con i
giocattoli solo toccandoli senza metterli in bocca (scarso livello di piacere e positività nella fase
orale). Il bambino, quando è un po’ più grande, appare apatico e con evidenti turbe emotive,
movimenti goffi e privi di coordinazione motoria, nessuna o poche ambizioni, mancanza di amor
proprio, tendenza a isolarsi e parlare poco, incapacità di stabilire rapporti con le altre persone, e,
conseguenza finale, alterazioni dello sviluppo psichico e della personalità. Comunque, solo alcuni
bambini rimangono menomati in modo grave per tutta la vita, poiché esistono differenze innate di
13
sensibilità all’ambiente e il grado e la durata di privazione dell’affetto materno non è uguale per
tutti.
Quando invece si ha un’assenza o la separazione momentanea dalla madre subito dopo la nascita
o soprattutto nel primo anno di vita, il bambino può andare incontro a disadattamento e ritardo del
progressivo sviluppo generale, alterazioni di linguaggio e del pensiero, capacità di stabilire
relazioni interpersonali profonde e la capacità di dominare l’impulso a vantaggio di traguardi a
lungo termine. Se poi il bambino trova una figura genitoriale con la quale si senta sufficientemente
gratificato, allora si affezionerà alla persona in questione senza presentare necessariamente
carenze in fatto di reattività intellettiva o sociale.
“ […] l’organizzazione dell’attività percettiva e degli schemi di comportamento sembra passare
attraverso fasi critiche durante le quali tali schemi sono plasmabili e suscettibili a modificazioni, e
dopo le quali essi diventano relativamente rigidi” [ John Bowlby ]
In generale, i bambini di un anno di età il cui comportamento è deviato a causa di cure inadeguate,
conservano la possibilità di riprendersi. Dopo l’anno ci sono meno probabilità di riuscita perché gli
schemi comportamentali sono ormai più rigidi.
Nello sviluppo del bambino ha spesso influenza anche la cultura e l’aspetto socio-economico della
famiglia. (In generale una persona di cultura più bassa indica a volte un atteggiamento più spiccio
e più attento alle cose pratiche: per esempio il bambino va male a scuola allora la madre lo sgrida
e gli dice che deve andare bene senza preoccuparsi del perché questo accade e delle emozioni
del figlio.) In alcune culture si crede che il bambino si “cattivo” e debba essere domato. In India si
pensa che il bambino sia fondamentalmente incontrollabile, e che non gli si debba mai mancare di
rispetto. La madre occidentale è convinta che il bambino sia passivo e dipendente e che spetti a lei
plasmarlo e renderlo indipendente, la madre giapponese pensa che il bambino sia attivo e
indipendente e che sia suo compito calmarlo e renderlo dipendente da lei e dalla famiglia. Diverse
concezioni che portano a diverse pratiche educative e a diverse risposte comportamentali da parte
del bambino.
 CAPITOLO 3: IL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE
 3.1 I BAMBINI SVANTAGGIATI
Gli educatori che si interessano di infanzia studiano il modo di aiutare il bambino, che ha
dell’aggressività compressa, a decomprimerla in parte.
L’aggressività può essere prodotta da stimoli ambientali, risposta a un passato di violenza e
abbandono che ha ferito il sistema adattivo del bambino al punto di renderlo impotente di fronte
alle sue pulsioni aggressive. La frustrazione dei bisogni provoca incontrollabile aggressività.
SI TRATTA DI UN DISAGIO DI NATURA REATTIVA: LA CAUSA E’ QUASI SEMPRE
L’AMBIENTE IN CUI SI TROVA. IL CONFLITTO NEL BAMBINOE’ SEMPRE QUALCOSA DI
ESTERNO, QUINDI MODIFICABILE.,
Educatori e psicologi hanno documentato che la povertà, l’ingiustizia sociale, il sovraffollamento, le
tensioni interne, generano violenza; mentre le usanze sociali e i costumi culturali in parte possono
far aumentare o diminuire l’aggressività. L’aggressività di un adulto può essere ricondotta ai metodi
educativi esercitati su di lui nei primissimi anni di vita.
-Vi è una differenza, tra il bambino che in qualche occasione si ribella a una frustrazione e il
bambino che è sempre stato esposto alla violenza e all’abbandono al punto che l’aggressività ha
ferito in profondità il suo sistema adattivo.
-Differenza tra il fanciullo che di tanto in tanto esplode in una manifestazione di ribellione a scuola
o che nei suoi disegni esprime aggressività, e il fanciullo la cui aggressività sembra sfociare in
azioni di vandalismo o in esplosioni di rabbia cieca.
I bambini difficili da governare sono spesso evitati, subiscono esclusione.
Spesso si prova un senso di impotenza sul piano educativo.
Educatori e genitori procedono per prova ed errore, tra punizioni e permissività.
Ma per pianificare un intervento adeguato è necessario avvalersi dei mezzi della pedagogia e della
psicologia per studiare il quadro completo delle alterazioni del loro sistema di controllo.
14
L’adulto che si avvicina con fermezza o con un sistema di punizioni non fa altro che irrigidire le
loro difese, mentre l’educatore che li lascia intenerire finirà per ritrovarsi sfruttato e poi scartato.
Ciò che impedisce il successo del trattamento è il fatto che essi sono affetti da alterazioni molto
particolari e da uno sviluppo anomalo del loro sistema di controllo, ovvero dell’io e del Super-io.
Tuttavia nemmeno il bambino “normale” nasce con un apparato di controllo pienamente sviluppato,
poiché le varie funzioni dell’io si sviluppano nel corso degli anni.
Per scoprire come aiutarli si deve conoscere quasi difese hanno sviluppato per proteggersi dalla
realtà che li circonda. La pedagogia,la psichiatria e la psicologia,già altre volte si sono servite delle
osservazioni compiute durante lo studio del comportamento disturbato per trovare procedimenti
che siano adeguati per trovare un saggio modo di trattare il bambino.
Le variabili che influiscono sulla condotta infantile in un ambiente adeguato sono: - l’urto con
l’ambiente; - la pianificazioni di esperienze a sostegno dell’io; - l’utilizzazione di fini educativi degli
eventi della vita.
Il primo passo da compiere consiste nell’istaurare un’atmosfera psicologicamente sana, un
ambiente, affettivo, incoraggiante. E’ fondamentale comunicare accettazione e proporre attività
gratificanti .
Nessuno può permettersi di cadere gli errori che sono uno dei fattori responsabili della formazione
del modello di insicurezza del bambino. Dell’ambiente terapeutico devono fare parte la tolleranza
per i sintomi e un margine per la regressione. E’ necessario però elaborare delle metodologie che
consentano l’interferenza protettiva nei momenti in cui l’eccitazione e le stimolazioni che certi
comportamenti implicano possono prendere la mano, trascinando il bambino in stati d’ansia, di
paura ,depressione ecc.
L’educatore deve saper infondere tranquillità e sicurezza, deve possedere quella sensibilità
interpersonale che gli permette di comprendere le motivazioni del comportamento e prevedere le
reazioni.
Quasi tutti dispongono di vari modi per far fronte a piccole e medie quantità di angoscia e di paura,
vi è una distinzione però tra due fasi di angoscia:
-quella che ha una relazione stretta con la realtà, la quale ha motivi realistici di pericolo legati
all’ambiente (la paura);
-quella più tipicamente nevrotica, in questo caso l’angoscia si presenta come qualcosa che irrompe
dall’interno.
Colui che vive la prima tipologia (la paura), cercherà la sicurezza nell’acquisizione di capacità
realistiche che servono per evitare o per superare il pericolo, se invece si trova di fronte ad una
situazione di pericolo che non è in grado di superare può decidere di abbandonare l’attività.
L’handicap infantile: Nello sviluppo infantile si trovano fattori per cui è logico domandarsi fino a
che punto possono provocare un handicap infantile.
Il rapporto con un bambino diversamente abile deve essere costruito con consapevolezza e con
coscienza perché è importante percepire la sua personalità, la sua natura spirituale,
separatamente dal modo in cui le sue limitazioni fisiche o mentali gli permettono di esprimerla. Non
bisogna cadere nell’errore di separare i suoi evidenti svantaggi e considerarli a sé stanti.
Si deve distinguere tra malformazione fisica e psichica e tale differenza è stata avvalorata dalla
vecchia idea che il difetto mentale è primario di per sé e indipendente da qualsiasi substrato fisico
e organico. Tale idea ha favorito che il bambino fisicamente handicappato è soltanto fisicamente
inferiore agli altri che sono sani e normali, mentre colui che lo è psichicamente è inferiore sia
spiritualmente sia come persona e qualsiasi differenza fisica non è che l’espressione di questa
inferiorità.
-Vi è un’ulteriore differenza tra il bambino che soffre di un difetto intellettuale minorato(bambini sani
che sono meno intelligenti per colpa del loro quadro genetico) e gli altri che soffrono di una
minoranza per cause intrinseche ovvero i veri bambini handicappati.
-Vi è anche una differenza sostanziale tra quei bambini che hanno un livello di intelligenza inferiore
alla media e quelli che originariamente hanno avuto un alto livello intellettivo;per esempio i ragazzi

15
che soffrono di una condizione infiammatoria del sistema nervoso centrale e che se non avessero
sofferto di ciò sarebbero risultati al di sopra di una intelligenza media. Questi soggetti sono
seriamente problematici,malgrado posseggano un quoziente intellettivo nei limiti della media,
perché il quoziente attuale non è quello dell’intelligenza innata, bensì quello residuo a seguito di un
disturbo di crescita.
L’handicap infantile trattato dal punto di vista dello sviluppo individuale corrisponde allo sforzo del
bambino di integrare il suo sé nella costituzione corporea che ha ereditato,per poter esprimere la
sua personalità per mezzo della sua costituzione.
La costituzione del bambino è determinata da fattori genetici ma il suo sviluppo lo è meno. E’
normale che lo sviluppo debba inevitabilmente passare attraverso una serie di frustrazioni e la sua
continuazione non sta nell’evitare le frustrazioni,ma nel dominarle e renderle significative.
Ogni bambino non è semplicemente quello che si presenta alla vista, è principalmente ciò che
dovrà diventare in futuro.
La famiglia: L’arrivo di un bambino diversamente abile può creare un problema per i fratelli se ve
ne sono,poiché è probabile che egli assorba una grande quantità di tempo della mamma.
L’atteggiamento dei fratelli dipende interamente ed esclusivamente dal modo adottato dai genitori.
Nel caso in cui il figlio handicappato è figlio unico i genitori cercano di adattare la loro vita sul metro
delle sue necessità,ma è chiaro che ci saranno sacrifici da entrambe le parti.
Quando i genitori imparano a padroneggiare la relazione che li lega al loro bambino
handicappato,imparano anche a padroneggiare l’aspetto simbiotico,per il quale le necessità del
bambino diventano le necessità di tutta la famiglia.
Può capire anche che i genitori abbiamo dei conflitti del subcosciente che riguardano se accettare
o meno il figlio handicappato.
La scuola: un bambino handicappato che lascia la sua famiglia per la prima volta per andare a
scuola è molto probabile che senta il bisogno di una guida e di quelle attenzioni tipicamente
familiari; per questo quando arriva a scuola è particolarmente vulnerabile. Un bambino con
handicap può essere condotto a scuola e viverla in modo disciplinato,ma ciò che lo fa partecipare
è la sua voglia di sperimentare. Inoltre a seconda della tipologia di handicap l’inserimento deve
essere graduale. L’insegnante e i suoi compagni dovranno creare un ambiente familiare all’interno
della classe. Tuttavia vi sono anche insegnanti che non sente questi problemi e può rovinare un
percorso.
Il primo supporto essenziale è di iscriverlo in una classe di coetanei,può essere inserito in una
classe di bambini di età inferiore alla sua solo in caso fosse sottosviluppato fisicamente ( bambino
poco alto). Inoltre in una classe vi deve essere una selezione delle materie secondo la necessità
dello sviluppo del bambino.
L’handicap nell’adolescenza: -Alcuni traggono beneficio dalla continua frequenza della scuola
fino ai 18 anni,altri richiedono un precoce inserimento nell’attività manuali ed artigianali allo scopo
di promuovere il loro sviluppo. Una volta completato il ciclo dell’attività vi è un momento in cui il
ragazzo deve essere sottoposto ad un cambiamento ed è questo il primo passo verso la nuova
fase non terapeutica,fissata sull’apprendimento di un tipo di lavoro,il giovane deve prendere
coscienza di non svolgere più un’attività che serve soltanto a sé. Ovviamente ognuno avrà bisogno
di un suo periodo di adattamento al lavoro prescelto.
 3.2 INTERVENTI EDUCATIVI
Non è sempre facile individuare la sofferenza nei bambini,in realtà se un bambino soffre di un
problema mentale,la colpa non è dei genitori. Nasce con un cervello che a causa della sua
struttura funziona in un modo particolare. La causa di questi disturbi mentali è da rintracciare nelle
alterazioni neurochimiche. Anche la natura ha il sopravvento sul modo in cui i bambini sono
cresciuti,ovvero se un bambino nasce con un cervello vulnerabile a una malattia,un ambiente non
favorevole,caratterizzato da maltrattamenti o mancanza di affetto,gli procurerà seri danni.
Durante l’adolescenza si manifestano enormi cambiamenti fisici,soprattutto variazioni ormonali, e
anche la struttura neurochimica subisce alcuni mutamenti. Tuttavia si deve prestare attenzione
anche a determinati comportamenti anomali che possono essere indice di disturbo
16
psicologico(strapparsi i capelli,lavarsi sempre le mani,non riuscire a dormire,nervosismo negli
incontri con gli altri ecc.). Alcuni bambini,alcuni adolescenti sono incapaci,o si vergognano di
chiedere aiuto e sono abilissimi a mascherare i sintomi dei loro disturbi.
I genitori devono prendere provvedimenti se dovessero accorgersi che il figlio non cresce
normalmente o presenta un comportamento insolito. Può darsi che non si tratti di una
malattia,bensì di un aspetto della personalità.
Le capacità educative adatte ad un bambino normale non bastano per chi ha un figlio affetto da un
disturbo mentale;deve lodare sempre ogni comportamento positivo e correggere immediatamente
ogni azione negativa.
Anche gli insegnanti dovrebbero collaborare ed essere coinvolti nella terapia,soprattutto se i
sintomi del bambino si manifestano in classe.
Non tutti i disturbi mentali vengono curati con farmaci,a volte la terapia comportamentale è la più
indicata per le sue caratteristiche di sostegno immediato. In questo tipo di terapia vengono isolati
determinati sintomi e determinati obiettivi. I farmaci sono prescritti solo dopo una valutazione
diagnostica di uno specialista.
Se in passato si riteneva che nei bambini i disturbi psichiatrici fossero causati da traumi infantili
precoci o da un comportamento sbagliato dei genitori,oggi si riconosce il ruolo fondamentale del
cervello,gli effetti dei suoi processi chimici sull’umore,sulle sue emozioni e comportamenti. Un
bambino però non sviluppa una malattia psichiatrica come risultato di uno stimolo esterno ma vi è
predisposto fin dalla nascita,i sintomi sono comportamentali ma hanno un’origine neurobiologica.
Il cervello possiede milioni di cellule nervose,ciascuna delle quali trasmette messaggi. L’estremità
di un nervo non è collegata direttamente a un altro ma finisce in uno spazio,la sinapsi. E’ qui che
entrano in gioco i neurotrasmettitori,essi attraverso quello spazio,toccano altri nervi e provocano
una reazione chimica che produce alta elettricità e fa proseguire il messaggio. Quando un nervo
ha inviato il suo segnale cerca di recuperare i neurotrasmettitori e di immagazzinarli finché non
serviranno ancora (processo chiamato ricaptazione).
I messaggi che i neurotrasmettitori trasmettono da un nervo all’altro sono regolati da diversi fattori
come l’intensità del segnale;la quantità di messaggi inviati da un segnale celebrale dipende dalla
forza del segnale,ma se un segnale troppo forte invierà troppi messaggi alla destinazione
sbagliata,nascerà il problema.
A ogni nervo o azione nervose corrisponde un’azione nervosa inversa,se sono in equilibrio tutto
procede bene,altrimenti se una è più forte dell’altra sorgono le difficoltà. La psicofarmacologia (la
cura dei disturbi psichiatrici per mezzo di farmaci),tenta di ristabilire l’equilibrio chimico nel
cervello,in modo che corpo e cervello mantengano una certa armonia. L’obiettivo è ristabilire
l’equilibrio neurochimico.
Anche le esperienze derivanti dall’ambiente possono agire sui neurotrasmettitori,è provato che lo
stress su alcune persone può alterare la configurazione chimica del cervello,soprattutto quella di
un cervello vulnerabile.
La paralisi celebrale: paralisi del cervello che implica un’impossibilità a muoversi in seguito o in
relazione ad una disfunzione o ad una ferita al cervello,poiché il cervello impartisce il controllo e la
guida del movimento.
Paralisi periferiche non celebrali: incapacità a controllare le contrazioni muscolari.
 3.3 BAMBINI E HANDICAP (docsity)
La depressione: esistono avvenimenti interno o esterni che possono scatenare un episodio
depressivo,ma è necessario che il soggetto sia vulnerabile. La depressione ha origine nel cervello
e i figli di persone affette da depressione hanno probabilità superiori alla media di sviluppare la
malattia.
L’origine biologica del disturbo depressivo: alcuni neurotrasmettitori infatti migliorano l’umore o lo
mantengono stabile. Il cervello produce le endorfine(sostanze chimiche che provocano un senso di
soddisfazione e di gioia. Nonostante ciò i fattori di stress possono alterare tutti i componenti chimici
del cervello.

17
Quando il bambino o l’adolescente è depresso presenta alcuni dei seguenti sintomi: -incapacità di
concentrarsi; -irritabilità; -sentimenti di inutilità; -alterazioni del sonno e dell’appetito; l’anedonia
(incapacità di provare piacere.
Tuttavia il disturbo si presenta in modo differente nei bambini e negli adolescenti. I bambini sono
più irritabili e capricciosi e manifestano disturbi del comportamento come iperattività;alcuni bambini
possono presentare ideazione da suicidio. Il termine “depresso” evoca l’immagine di un bambino
piagnucoloso e introverso e di solito i bambini ai quali viene diagnosticato questo disturbo soffrono
anche del disturbo di ansia da separazione.
La psicoterapia cognitiva: aiuta a modificare l’atteggiamento mentale negativo sintomatico del
disturbo depressivo,per migliorare le doti di socializzazione. Mentre la psicoterapia interpersonale
è il programma terapeutico specifico per il disturbo depressivo. Se combinata a una terapia
farmacologica,aiuta il ragazzo a comprendere la malattia e esplorarne gli effetti sui rapporti.
Il disturbo da deficit di attenzione con iperattività: è un disturbo comportamentale che presenta
tre sintomi principali: disattenzione,impulsività e iperattività. Si può presentare in forma
lieve,moderata o grave. Questo deficit non si manifesta allo stesso modo in tutti i bambini, e in
genere chi ne soffre non gode di un rapporto soddisfacente con i propri genitori. Il disturbo tende
infatti ad essere pesante anche per i componenti della famiglia;la terapia familiare può essere
d’aiuto. I soggetti con la forma più grave hanno problemi in qualsiasi ambiente e spesso i sintomi si
presentano in età pre-scolare.
Questo disturbo è una malattia cronica non episodica. Se il disturbo viene ignorato durante
l’adolescenza il ragazzo potrebbe averne conseguenze negative,come difficoltà di apprendimento
e mancanza di relazioni con gli altri.
Esistono tre tipi di deficit di attenzione con iperattività, il primo si manifesta con un comportamento
iperattivo e impulsivo,caratterizzato da irrequietezza. Quelli affetti dal secondo sono
prevalentemente distratti e disadattati,dimentica e perdono le cose. La terza forma del disturbo è la
più comune e combina i sintomi delle prime due (iperattività e disattenzione).
L’enuresi: emissione involontaria di urina almeno due volte alla settimana per tre mesi circa,in
bambini di età superiore ai 5 anni. Esistono due tipi di enuresi :
-Un bambino che non è mai stato educato a fare pipì a letto;
-Un bambino che dopo aver trascorso più di un anno senza bagnarsi ha cominciato a
farlo,solitamente si tratta di un’enuresi transitoria determinata da situazioni da stress o da un forte
trauma.
Vi sono buone probabilità che il problema si risolva. Questi bambini sono mortificati dal problema e
le punizioni possono solo che peggiorare la situazione. I bambini che invece vengono indirizzati
dallo psichiatra o dallo psicologo è perché presentano anche altri problemi come un disturbo di
deficit di attenzione con iperattività. L’enuresi può anche essere sintomo di una lotta di potere tra
genitore e figlio.
Le cause: - quando l sistema urinario e quello celebrale non si sviluppano in equilibrio. -dimensioni
della vescica; -in ultima analisi dal cervello che non interpreta in modo in modo corretto il
messaggio della vescica; - l’anormale regolazione di un ormone segreto del cervello (ormone
antidiuretico) che determina le modalità di ritenzione idrica nel corpo; -enuresi come disturbo
biologico.
A chi soffre di enuresi è sottoposto a terapie comportamentali; tuttavia vi sono anche dei farmaci
capaci di ridurre l’emissione di urina, anche se il cervello dovrebbe imparare ad ascoltare il
messaggio inviato dalla vescica.
La sindrome di Down(mongolismo) : durante la fecondazione dell’uovo e la successiva
segmentazione cellulare,i cromosomi di una determinata coppia non si dividono in due in modo
perfetto: l’uovo fecondato finisce con tre cromosomi sessuali invece due che il bambino avrebbe
dovuto ereditare dai genitori. Si presume che l’eccesso di materiale genetico,alteri il normale
sviluppo dell’individuo prodotto da quella cellula. Gli effetti più vistose di questa patologia sono il
taglio obliquo dell’occhio e una forma di idiotismo. Solitamente la testa del neonato è schiacciata
sulla nuca,la sua testa è tondeggiante e la sua pelle è più morbida di quella degli altri. Tutte le sue
18
tappe di sviluppo sono ritardate,generalmente però impara a parlare. Egli non avverte il grado di
separazione tra se stesso e la realtà,si considera un tutt’uno con l’ambiente. Conserva un senso
familiare per tutta l’umanità, in lui si trova la mancanza di intellettualità e l’abbondanza di amore;
esso non richiede nessuna terapia particolare. Riescono a suscitare amore e simpatia, riescono a
vincere l’isolamento e l’introspezione dei bambini autistici grazie alla grande disponibilità di
perdonare ogni risposta non data agli stimoli che esso fornisce al bambino autistico.
Macrocefalico e Microcefalico : Un bambino con la testa grossa e le mani piccole delicate e
sottili e i piedi piccoli è definito macrocefalico. Questi bambini parlano articolatamente anche prima
della norma e la parola si sviluppa anche prima che si reggano in piedi. Questi bambini sono
portati a restare passivi ma il loro modo di parlare è strabiliante.
-Tendono all’irritabilità ed alla ipersensibilità e sono incapaci di concentrarsi su qualcosa per breve
tempo.
La forma estrema di questa patologia è rappresentata dall’idrocefalia,una condizione patologica
nella quale l’acqua interna nella testa cresce al punto che la sua pressione oltre ad allargare il
cranio diminuisce anche la sostanza celebrale. I bambini che soffrono di questa patologia posso
essere portati anche alla cecità a causa delle grandi dimensioni del cranio.
Ad un bambino macrocefalico non gli deve essere imposto un metodo di insegnamento
ripetitivo,ma le materie gli vanno presentate in forma concisa in modo che non sforzi la memoria;i
progressi di insegnamento devono essere appropriati alla sua età.
Un bambino con la cui testa appare piccola,con la fronte stretta,il mento pronunciato con gli arti
grossi è definito microcefalico. Questi bambino sono spesso volenterosi nonostante i loro
movimenti posso essere lenti e impacciati. Sono privi di fantasia e nell’apprendimento hanno
difficoltà ad assimilare concetti astratti. Il linguaggio può essere lento nei casi più gravi,tuttavia
sono dotati di una grande memoria. L’insegnamento bisogna che proceda in modo pratico.
L’autismo: (o psicosi infantile) ,ha un sintomo classico che è quello di evitare l’incontro con
un’altra persona fino al punto di evitare visualmente e uditivamente quella persona;ha interesse
per gli oggetti inanimati. La parola è assente e un atteggiamento ossessivo,movimenti bizzarri e
schematici e ansietà sono caratteristiche del bambino affetto da autismo. Il bambino autistico si
ripiega su se stesso ritirandosi completamente dal mondo che lo circonda.
Ipotesi sull’origine dell’autismo in termini genetici : forse ha subito lesioni neurologiche che hanno
gravemente menomato la sua capacità di collegare nuove informazioni alle esperienze
passate,questa incapacità impedirebbe il suo sviluppo mentale e l’uso di
concetti,simboli,astrazioni. Inoltre le tecniche di neuro - visualizzazione mostrano l’esistenza di
alcune anomalie nel cervelletto.
Lo sviluppo del bambino autistico è irregolare, da ciò la definizione di disturbi generalizzati.
Il bambino nasce con la malattia,caratterizzato da una grave inabilità nella sfera della
comunicazione,dell’integrazione sociale e della capacità di gioco e di pensiero. L’essenza
dell’autismo è la mancanza di interesse per gli altri. Le carenze di linguaggio costituiscono una
delle componenti principali del disturbo. Sono abili nei calcoli e nella memoria , ma hanno difficoltà
a recepire le informazioni con una componente emotiva,sono impulsivi e arrivano
all’autolesionismo. Talvolta viene confuso l’autismo con quello che è il ritardo nello sviluppo del
linguaggio. E’ necessario fare attenzione alla classe in cui viene inserito a scuola,ogni soggetto ha
bisogno di essere seguito. I bambini autistici evitano l’uso dell’io o del me, quando si riferiscono a
loro stessi. I bambini autistici non disdegnano i contatti tattili come l’abbraccio a condizione che
non si insita su quello visivo o quello verbale. I loro movimenti sembrano essere particolarmente
aggraziati e coordinati. Molti di loro hanno disturbi del sonno,andare a dormire è una funzione
difficile a qualsiasi ora. Anche per quanto riguarda la nutrizione possono perdere l’appetito del tutto
o prediligere un determinato ed esclusivo cibo,rifiutando qualsiasi altra cosa. Solitamente si ritirano
negli angoli e possono perdere qualsiasi nozione dell’igiene e della pulizia. La nascita di un fratello
può essere un fatto che contribuisce a manifestare malessere.

19
Alcune terapie possono essere utili singolarmente o combinate : la terapia dell’espressione
(l’obiettivo principale per un bambino autistico è imparare a comunicare) , terapia del linguaggio e
terapia occupazionale; la terapia comportamentale è utile per limitare i comportamenti associati ai
disturbi generalizzati dello sviluppo. Inoltre vi è anche una terapia farmacologica per alleviare i
sintomi che interferiscono con la capacità di comportarsi,come accrescere la possibilità di
interazione sociale del bambino.
L’autismo secondo Bruno Bettelheim : è un disturbo emotivo per cui il bambino vede il mondo
come potenziamento distruttivo e secondo il grado di autismo alcuni bambini non parlano,stanno
seduti immobili o si dondolano freneticamente. A volte sono incapaci di svolgere qualsiasi attività.
Autismo primario: visto come una condizione innata.
Autismo secondario: visto come una forma di reazione del comportamento.
Alcuni benefici terapeutici possono derivare anche dalla compagnia di bambini che soffrono di altri
tipi di handicap, come il bambino affetto da sindrome di down poiché il suo spirito altruista e
affettuoso non si offende della mancanza di risposte da parte del suo partner. Mentre l’incontro con
bambini che soffrono di paralisi celebrale,porta spesso i bambini autistici fuori dal loro isolamento
fino ad un livello sorprendente,poiché questa tipologia di bambino risveglia un suo stato d’animo
che lo invoglia a prestargli aiuto.

CAPITOLO 3 (BIS, da un altro riassunto)


IL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE
3.1 I BAMBINI SVANTAGGIATI
Gli educatori che si interessano di infanzia studiando il modo di aiutare il bambino
che ha dell’aggressività compressa a decomprimerla in parte, a trovare bersagli
sostitutivi, a ridurre entro dimensioni ragionevoli il volume totale dei propri
bisogni irruenti, o a far svanire del tutto parte della loro durezza. I bambini difficili
da governare diventano ben presto bambini che sono evitati. Anche se si sa che
non è colpa loro se sono così, quando ormai cono in quelle condizioni diventano
poco sopportabili. Questo comportamento non è difficile da interpretare ma è
difficile solo da sopportare, conoscere la loro vita personale è più che sufficiente.
Per scoprire come aiutarli è bene fare un quadro il più possibile completo della
natura specifica di tali alterazioni, si devono conoscere le difese che ha sviluppato
per proteggersi dall’influenza della realtà che li circonda.
Quando si esamina il loro passato ben poco c’è da definire buono, o fortunato;
hanno una visione pessimistica di quello che il mondo può avere in serbo per loro.
È importante tenere presente la sensazione di essere amati, desiderati,
incoraggiati ad accettare i modelli del mondo degli adulti, le occasioni e l’aiuto
necessario per acquisire modalità ricreative gratificanti, che portano la possibilità
di sviluppare un adeguato rapporto con i propri simili. Importante è creare una
sensibilità interpersonale, ossia la capacità di stabilire quello che un’altra persona
può provare per un’altra, quali sono le motivazioni del suo comportamento, la
capacità di prevedere le sue reazioni.
L’elemento genetico nello sviluppo infantile può essere osservato nelle variazioni
di altezza, proporzioni fisiche, lineamenti, ma per quanto concerne l’estensione di
incidenza che il fattore genetico può giocare nell’effettivo handicap. L’aumento
dei bambini handicappati, favorito dalla maggiore possibilità di sopravvivenza oggi
offerta dalla scienza, deve essere considerato culturalmente positivo secondo una
nuova comprensione del significato di minorazione infantile.
Un bambino che ha avuto un forte trauma nei primi anni di vita, ed è rimasto
20
severamente paralizzato agli arti inferiori tanto da dover usare stampelle o una
sedia a rotelle impressionerà immediatamente per la sua minorazione fisica. Il suo
problema maggiore sarà di carattere emozionale, anche se chi gli sta vicino non se
ne rende conto perché è maggiormente distratto dalla sua minoranza fisica.
Un bambino con il ritardo mentale da non poter trarre profitto neppure
dall’educazione che gli è offerta dalle terapie di recupero specializzate, può
benissimo avere una minoranza fisica od organica alla base del suo problema: può
derivare da un processo infiammatorio del cervello o da un’affezione organica che
ha squilibrato le funzioni del sistema nervoso centrale, ma apparire in condizioni
fisiche perfette.
Se il bambino handicappato è figlio unico, i genitori cercano di adattare la loro vita
sul metro della sua necessità, situazione ambigua tale da pietrificare i problemi
del bambino stesso.
Il primo passo per lo sviluppo di un bambino handicappato è andare a scuola,
dove la maestra e compagni devono cercare di ricreare un ambiente il più
possibile familiare. A seconda della tipologia di handicap l’inserimento deve
essere graduale altrimenti agirà da stress.
I ragazzi che difettano di coordinazione motoria visiva traggono beneficio
esercitandosi a lavorare con i ferri da calza. È un’attività che stimola questa
funzione in particolare, come per un macrocefalo può aiutare il giardinaggio.
È veramente consolante osservare con quanta dedizione, gioia e determinazione
un giovane handicappato fa il suo approccio al lavoro, particolarmente se la
scuola di base e gli insegnamenti ricevuti durante il periodo scolastico sono stati
elaborati secondo il suo sviluppo interiore. Naturalmente ognuno avrà bisogno
del suo periodo di adattamento al lavoro prescelto.
3.2 INTERVENTI EDUCATIVI
Accettare il fatto che un figlio abbia un disturbo mentale o fisico non è mai stato
facile. Ma i genitori hanno il dovere di informarsi per far diagnosticare e poi
curare quel problema perché i propri figli possano condurre una vita serene ed
equilibrata. Quando insorgono le prime manifestazioni si tende a cercare
spiegazioni da fattori esterni in realtà è inutile cercare un colpevole perché quelle
sofferenze nascono dalle alterazioni chimiche.
Non tutti i bambini si sviluppano alla stessa velocità per questo è importante che i
genitori conoscano bene ogni traguardo di crescita, proprio per saper individuare
eventuali difficoltà nei figli. Devono prendere provvedimenti se dovessero
accorgersi che il figlio non cresce normalmente. Crescere un bambino
problematico si fa più fatica rispetto che con un bambino normale perché deve
essere in grado di saper lodare i comportamenti positivi e correggere quelli
negativi, devono essere più coerenti rispetto agli altri.
Il cervello possiede milioni di cellule nervose ciascuna delle quali trasmette
messaggi. L’estremità di un nervo non è collegata direttamente a un altro ma
finisce in uno spazio chiamato sinapsi. Ed è qui che entrano in gioco in
neurotrasmettitori. Essi attraversano quello spazi, toccano altri nervi e provocano
una reazione chimica che produce altra elettricità e fa proseguire il messaggio. Il
corpo è molto attento nel proteggere e conservare tutto quello che produce,
quando un nervo ha inviato il suo segnale cerca di recuperare i neurotrasmettitori

21
e immagazzinarli finché non serviranno ancora: questo processo si chiama
RICAPTAZIONE.
La paralisi celebrale sta a significare paralisi del cervello che implica
un’impossibilità a muoversi in seguito o in relazione ad una disfunzione o ad una
ferita al cervello che impartisce il controllo, la guida e la direzione del movimento.
3.3 BAMBINO E HANDICAP
Esistono tre tipi di deficit di attenzione con iperattività:
1. Si manifesta con un comportamento prevalentemente iperattivo e
impulsivo, caratterizzato da irrequietezza e incapacità di stare fermi. I
bambini non riescono a stare in fila, fanno fatica a stare fermi in una
posizione.
2. Disattenti, si distraggono facilmente e sono disorganizzati, si tratta del
disturbo da deficit di attenzione e iperattività. I bambini commettono
errori, dimenticano, sognano a d’occhi aperti, rimandano le cose
all’infinito.
3. Iperattività e disattenzione, unisce i sintomi dei due precedenti. Il bambino
può essere impulsivo, se vuole qualcosa si alza senza chiedere il permesso.
L’ENURESI:
La maggior parte dei bambini smette di fare pipì a letto all’età dei tre, massimo
cinque anni per alcuni non è così. L’enuresi è un’emissione involontaria di urina
almeno due volte alla settimana, per almeno tre mesi in bambini superiori ai
cinque anni; può verificarsi sia di giorno che di notte ed è più frequente nei
maschietti. Esistono DUE tipi di enuresi:
1. PRIMARIA: quando il bambino non è stato educato a non fare la pipì nel
letto, non è mai stato sei mesi di fila senza bagnarsi nel letto.
2. SECONDARIA: bambini che dopo aver trascorso più di un anno senza
bagnarsi, ricominciano a farlo. Si manifesta tra i 5-8 anni. Un sotto-tipo è
L’ENURESI TRANSITORIA dovuta a un trauma o uno stress.
Ci sono varie teorie sulla causa la più comune è che si tratti di un ritardo dello
sviluppo, alcuni sistemi non si sviluppano in equilibrio come quello urinario e quello celebrale.
SINDROME DI DOWN
Durante la fecondazione dell’uovo e della successiva segmentazione cellullare, i
cromosomi di una determinata coppia non si dividono in due in modo perfetto:
l’uovo fecondato finisce con tre cromosomi sessuali invece di due che il bambino
avrebbe dovuto ereditare dai genitori. Ciò presume che l’eccesso del materiale
genetico alteri il normale sviluppo dell’individuo prodotto da quella cellula.
Il neonato mongoloide è come tutti gli altri neonati a parte qualche differenza
fisica, rimane a mezza strada fra lo stato di coscienza espansa, tipica di un
bambino, e quello di una coscienza centralizzata tipica dell’adulto. In lui si trova
la peculiare combinazione di mancanza di intellettualità e l’abbondanza di amore
che è la condizione che crea tanta simpatia, attrazione verso di lui; ma
contemporaneamente la sua fragilità e l’incapacità di fare lo rendono
impossibilitato a mantenersi in equilibrio nella società.
MICROCEFALICO e MACROCEFALICO
Alcuni bambini la testa è più grande e la differenza con l’adulto è più marcata: se
avviene nelle prime settimane o mesi dalla nascita si parla di MACROCEFALICO; se

22
la crescita è meno marcata ed è più graduale parliamo di MICROCEFALICO. Un
bambino macrocefalico ha le mani e piedi piccoli e delicati, appaiono come dei
piccoli aristocratici anche dagli atteggiamenti più sofisticati. Parlano articolatamente prima della
norma e spesso si sviluppa prima del movimento che sembra soffrire di un ritardo. Nella
primissima infanzia risulta un bambino normale si iniziano a intravede dei segnali con l’inizio della
scuola, con disattenzione, insofferenza, distrazione.
Il microcefalico ha la testa piccola, la fronte stretta e sfuggente, il naso ben
sviluppato, il mento pronunciato, arti forti con mani e piedi grossi. Sono bambini
volenterosi, pronti ad aiutare l’altro: i loro movimenti sono lenti impacciati ma
sono dei forti lavoratori una volta iniziata una cosa la portano in conclusione.
Sono dottati di un’ottima memoria che gli permette di imparare a forza di ripetere.
Macrocefalismo e microcefalismo non sono un handicap pesante, se non nelle
forme più gravi della patologia.
L’AUTISMO
Il bambino autistico si ripiega su se stesso ritirandosi completamente dal mondo
che lo circonda: diventa muto o parla con un linguaggio tutto suo. Lo sviluppo può
essere irregolare, può essere forte in un’area e debole in un’altra, ma di solito
questi bambini possono avere molte deficienze. Il bambino nasce con la malattia,
caratterizzato da una grande inabilità nella sfera della comunicazione,
dell’interazione sociale e della capacità di gioco e di pensiero astratto. Raramente
la diagnosi viene fatta nei primi 18 mesi, in alcuni casi risultano normali nella
prima infanzia dimostrano dai 3-4 anni i primi sintomi. I bambini autistici non
disdegnano i contatti tattili come l’abbraccio a condizione che non si insista su
quello visivo o quello verbale.
Il linguaggio deve essere gentile, semplice e garbato, ordinativo e conciso, in
modo che il bambino autistico sarà in grado di essere collaborativo e soddisferà le
richieste. Un beneficio terapeutico potrebbe essere lo stare a contatto con altri
bambini con handicap, ad esempio con un bambino mongoloide che è molto
affettuoso e non si offende della mancata risposta del bambino autistico.

APPENDICE
LE VIE SENSORIALI COME ACCESSO AI PROCESSI DI APPRENDIMENTO:
IMPLEMENTAZIONE DEL SISTEMA NEURO-VISIVO.
Lo studio propone di offrire una visione d’insieme sul rapporto che intercorre tra
espressione comportamentale e sistema neurologico nell’ambito
dell’apprendimento legato all’esperienze visive.
1. POTENZIAMENTO DELL’INTEGRAZIONE EMISFERICA ATTRAVERSO IL
SISTEMA VISIVO PER SUPERARE LE DIFFICOLTA DI APRRENDIMENTO IN ETA
EVOLUTIVA.
a. COME SI CREANO I BLOCCHI DELL’APPRENDIMENTO: quando in
una situazione di apprendimento viviamo un insuccesso che causa
emozioni o sensazioni spiacevoli, sfiducia, inadeguatezza, se
l’intensità emotiva è alta immagazziniamo il tutto come un unico
pacchetto nella memoria.
b. GLI OCCHI COME CANALE DI ACCESSO ALLE VARIE AREE DEL CERVELLO:
L’apparato visivo è l’organo di senso per elezione più
frequentemente coinvolto nelle fusioni, ma per gli stessi motivi è
23
quello che ci permette un più facile accesso per attuare le
correzioni opportune. Ciò che può far scattare un meccanismo del
blocco di apprendimento può essere qualunque cosa ricordi un
gesto, una rassomiglianza fissato nella fusione.
c. COME AVVIENE: I muscoli oculari hanno la capacità di mantenere
la memoria degli eventi traumatici, mentali o emotivi.
2. INTEGRAZIONE VISIVA ED EMISFERICA
Gli emisferi celebrali sono collegati tra loro attraverso un corpo calloso, un
intricato fascio di fibre nervose. Quando l’informazione si affollano lungo le
vie di connessione si creano un ingorgo che limita la comunicazione
interemisferica e la persona tende a utilizzare solo le informazioni
provenienti da uno dei lati. Di determina una sorta di dominanza funzionale
di un emisfero celebrale sull’altro a seconda del compito specifico che la
persona deve svolgere. I due emisferi sono specializzati per alcune qualità.
Quando non c’è integrazione tra i due emisferi anche le informazioni
provenienti dagli organi sensoriali tenderanno ad essere interpretare
dall’emisfero che di volta in volta si attiva.
3. EFFETTI DELLA RIVALITÀ BINOCULARE
La posizione innaturale della testa, porta con il tempo varie conseguenze:
un occhio che tende a essere escluso e alcuni suoi muscoli tenderanno ad
indebolirsi, i muscoli del collo sviluppano tensioni che creano altre tensioni.
Spesso si tratta di bambini che assumono nei banchi atteggiamenti posturali
sbagliati soprattutto nello scrivere.
Ciascuno di noi arriva a conoscere la realtà e ad apprendere attraverso i
canali sensoriali e ciascuno di noi privilegia un canale per propensione ed
esperienze fatte.
4. FUNZIONI VISIVE
un occhio che guarda diritto davanti a se percepisce un insieme di punti
detto CAMPO VISIVO. L’ambiente entro cui compaiono gli stimoli che ci
inducono a decidere una modalità di comportamento piuttosto che un’altra
è definito CAMPO DI ACQUISIZIONE COMPORTAMENTALE. La percezione
visiva è il canale principale di accesso sensoriale del SNC, per questo il suo
apporto è continuamente richiesto. Tra rapporto visivo e SNC avviene un
continuo scambio di dati sia sul canale della sensibilità che su quello
motorio, volontario e riflesso: entrambi i circuiti sono fondamentali per
l’impegno celebrale. Le funzioni visive fondamentali sono riassumibili nelle
TRE seguenti: delineare il campo visivo mentre ci muoviamo, stabilizzando
l’immagine retinica; definire oggetti che si muovono indipendentemente
sfondo mediante un corretto allineamento foveale bilaterale; spostare la
fissazione su mire diversamente diversificate localizzate nel campo visivo
attraverso rapidi movimenti oculari e un adeguato allineamento foveale.
5. VIE VISIVE
La via visiva inizia dai fotorecettori della retina dove avviene anche una
certa analisi e codifica dei segnali grazie a interneuroni degli strati interni. Il
nervo ottico trasporta le informazioni retiniche fuori dall’orbita. Nella fossa
cranica media i nervi dei due lati si incrociano a livello del chiasma: le

24
immagini provenienti dall’emiretina nasale passano la linea mediana e si
inseriscono nel tratto ottico controlaterale insieme alle fibre temporali
dell’altra retina. Il fascio così formato proietta al DLGN situato all’estremità
dorsale del talamo. Il DLGN è composto da più strati di cellule: pur
ricevendo le immagini provenienti da punti retinici corrispondenti nei due
occhi, le mantiene separate in strati diversi della sua struttura. Gli input
visivi raggiungono contemporaneamente anche altri centri sottocorticali
per l’espletamento di funzioni filogeneticamente più antiche. Le immagini
provenienti dai due occhi si mescolano al livello V1, dove avviene un
confronto tra quanto raccolto da punti retinici corrispondenti. La V1
trasmette tutte le afferenze alla V2. Entrambe comunicano con altre aree
corticali implicate da un lato della definizione della forma, della posizione e
del movimento, dall’altro nel riconoscimento dei dettagli e dei colori.
6. RISPOSTA OCULOMOTORIA
Le aree visive primaria e secondaria proiettano alle aree frontali premotorie, le quali sono all’inizio
di due circuiti efferenti correlati con le saccadi volontarie: il fascio-tettale, che trasmette al SC
ipsilaterale attraverso il braccio anteriore delle capsule interna, toccando anche i gangli della base,
il talamo e infine la PPRF controlaterale; il tratto cortico-bulbare, che passa in parte la linea
mediana raggiunge direttamente la PPRF controlaterale. La SN esercita un’attività inibitoria tonica
sul SC ipsilaterale. Dalla MST e dalla posizione inferiore del lobo parietale i segnali che guidano
l’inserimento lento giungono al nucleo pontino-dorsale ipsilaterale.
7. MUSCOLI EFFETTORI
Il bulbo oculare è ruotato attorno ai tra assi, orizzontale, verticale e nasooccipitale, da sei muscoli
estrinseci intra-orbitali: due retti orizzontali, due retti verticali e due obliqui. L’invenzione è fornita
dai nuclei motori di tre nervi cranici localizzati nel tronco dell’encefalo: l’oculomotore comune o III
n.c. raggiunge anche il muscolo elevatore della palpebra superiore.
8. STRATEGIE DI CONTROLLO DELLA RISPOSTA MUSCOLARE OCULARE
I centri di controllo dell’attività oculomotoria esercitano la loro funzione
adottando due tipi di strategia: a circuito chiuso e circuito aperto.
Nel CIRCUITO CHIUSO uno stimolo visivo è recepito e verificato per
apportare le correzioni necessarie a migliorare l’efficienza del processo in
atto. Lo stimolo è costituito dallo scivolamento dell’immagine retinica.
Nel CIRCUITO APERTO lo stimolo è frequentemente non-visivo oppure si
tratta di un input visivo a breve latenza e di corta durata registrato prima
del movimento. Non si ha il tempo di acquisire e confrontare un quadro
visivo per elaborare una risposta motoria adeguata poiché i cambiamenti si
susseguono troppo rapidamente.
9. STABILIZZAZIONE DELLO SGUARDO RELATIVAMENTE ALL’AMBIENTE ESTERNO
I centri di controllo oculomotore generano impulsi riflessi che mantengono lo sguardo fisso nello
spazio durante il movimento basandosi su stimoli sia di tipo extraretinico o non-visivo che retinico o
visivo. Il segnale preponderante di tipo non-visivo viene dai recettori vestibolari dell’equilibrio.
I centri di controllo del VOR sono situati nel tronco encefalico. Ad una rotazione semplice del capo
verso un lato corrisponde una deviazione orizzontale dello sguardo verso il lato opposto.
Gli stimoli retinici di stabilizzazione dello sguardo sono originati dallo spostamento dell’immagine
dell’intero campo visivo durante movimenti del capo lenti e prolungati. Il riflesso oculare assume la
forma del nistagmo opto-cinetico, un movimento bifasico in cui si alternano una fase lenta di
inseguimento dell’immagine che si sposta e un rapido ritorno degli occhi di posizione.
ESERCIZI CHE FAVORISCONO L’INTEGRAZIONE ATTRAVERSO IL SISTEMA VISIVO

25
Lo scopo è favorire e ripristinare i collegamenti tra le varie parti del cervello deputate a una
funzione specifica affinchè l’individuo svolga il compito in forma integrata. Migliorando
l’integrazione celebrale, la persona ha la possibilità di comunicazione tra il cervello ed il corpo al
fine di ricercare l’auspicabile unità psico-fisica. Gli esercizi mirati all’integrazione destra-sinistra
hanno anche lo scopo di creare equilibrio nel sistema corpo-mente, favorendo l’attenzione e la
concentrazione.
PRIMO ESERCIZIO
Il bambino deve seguire con gli occhi dei movimenti della sua mano destra, poi la sinistra come
suggeriti dalla terapista.
SECONDO ESERCIZIO
Gli occhi possono spostare la fissazione su mire diversamente localizzate nel campo visivo
attraverso rapidi movimenti oculari e un adeguato allineamento foveale. Un programma standard
prevede la ripetizione degli esercizi o di una selezione di essi per almeno tre settimane, tempo
minimo necessario per creare nuovi schemi di apprendimento e automatismi.
TERZO ESERCIZIO
Stazione eretta, gambe divaricate, braccio dx esteso avanti:
 Disegnare nell’aria, un 8 rovesciato in modo ampio e lentamente, punto per punto. È
fondamentale che gli occhi seguano esattamente tutto il movimento ad incrocio.
 Ripetere l’esercizio con la mano sx.
 Ripetere l’esercizio con entrambe le mani sovrapposte guardando attraverso il foro che viene a
formarsi. Nel caso che il bambino trovi difficoltà ad eseguire gli esercizi da solo porsi davanti a lui e
disegnare nell’aria in sua vece; poi guidare la sua mano ponendosi di fronte a lui o di spalle. Da qui
in poi proseguire usando solo la mano che si usa per scrivere.
 Disegnare in misure decrescenti;
 Disegnare con due dita della mano dominante per la scrittura, sul palmo dell’altra mano.
Assicurarsi che il bambino, in tutti gli esercizi, segua con gli occhi, la mano che si
muove: porsi difronte a lui per verificare.
QUARTO ESERCIZIO
 Disegnare tutte le lettere dell’alfabeto e i numeri in aria;
 Disegnare con le braccia una lettera in carattere minuscolo cercando di
rendere partecipi al movimento tutti i muscoli del corpo;
 Disegnare la lettera il più grande possibile estendendo il movimento anche molto a dx e sx;
 Utilizzare maggiormente quelle lettere e quei numeri che creano maggiori
problemi al bambino, eventualmente anche in stampatello maiuscolo.
QUINTO ESERCIZIO
Sfrutta la coordinazione crociata, associata a specifiche posizioni degli occhi, per arrivare
simultaneamente i due emisferi e stimolarli a lavorare in forma integrata. Il movimento omolaterale
serve per permettere al sistema corpo-mente di poter fare un confronto e scegliere la modalità più
economica ed efficace che risulta sempre essere quella di coordinazione crociata che è più
integrante.
 Eseguire una marcia sul posto contemporaneamente guardare con gli occhi in alto a sx a
cantare;
 Eseguire una marcia omolaterale sul posto, contemporaneamente guardare con gli occhi in
basso a dx e contare ad alta voce con ritmo condensato.
SESTO ESERCIZIO
 Intrecciare le dita delle mani ed eseguire nuovamente la marcia incrociata
sul posto descrivendo con gli occhi una circonferenza completa verso dx ed una verso sx.
Eseguire nuovamente la marcia omolaterale sul posto descrivendo con gli occhi una circonferenza
completa verso destra ed una verso sinistra.
26
VALUTAZIONE, OSSERVAZIONE DEI MIGLIORAMENTI

27

Potrebbero piacerti anche