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I FENOTIPI

Il clinico che si occupa di DC deve avere in mente 3 diversi fenotipi:

 Bambino con difficoltà a riconoscere l’ansia: contagio affettivo e contesto maltrattante/ansiogeno

 Bambino con scarsa empatia affettiva verso l’altro: aggressività pianificata e carengiver defilati

 Bambino con difficoltà nel processo di problem solving: comportamento impulsivo e sensibilità
elevata alla frustrazione con carengiver incoerenti e inconsistenti.

IL FENOTIPO1- DC E ANSIA
L’aggressività reattiva, la scarsa capacità di leggere la mente altrui e lo stato emotivo perennemente
attivato sono le caratteristiche cliniche dei bambini che manifestano problemi di condotta e provengono da
questo itinerario di sviluppo.
L’eziopatogenesi di questi disturbi è di matrice prevalentemente ambientale diversamente dagli altri due
itinerari.
Questi bambini sono inseriti in contesti familiari caratterizzati da paura che viene trasmessa:
 Disciplina dura
 Mondo pericoloso e poche risorse a disposizione per fronteggiarlo
Entrambe comunicano al b. l’idea della imprevedibilità che rende la mente del bambino estremamente
sensibile alle minacce e poco interessata ad esplorare mente e ambiente esterno.
Questo comporta la tendenza del bambino a leggere nel contesto tutti i possibili segnali di minaccia e a
rispondere con atti aggressivi.
L’aggressività quindi è fortemente reattiva ossia legata a ciò che accade nel contesto.
I genitori maltrattanti offrono poche strategie di fronteggiamento dei problemi diversi dall’utilizzo della
rabbia.
Il rischio è che un b. perennemente arrabbiato possa difficilmente essere ritenuto ansioso/impaurito.
Il primo obiettivo è proprio quello di far rinoscere al b. e al contesto l’ansia che non viene compresa e
convertita in rabbia.
La rabbia rappresenta un potente ansiolitico che assicura il mantenimento dello stato di relazione.
Questi bambini presentano uno specifico profilo caratterizzato da bassa empatia cognitiva, contagio
affettivo, basso dialogo interno per controllare la componente emotiva. Il termometro delle emozioni di
questi bambini è costantemente tarato alto incapace di distingue i vari livelli di intensità emotiva che è un
“tutto-nulla”.
INTERVENTO FENOTIPO 1 (DC E ANSIA)
Innanzitutto il primo step è quello di aiutare il b. a sviluppare e monitorare le situazioni critiche e analizzare
insieme gli scoppi di rabbia mediante gli ABC.
Con l’ABC si aiuta il bambino a diventare il “detective delle emozioni” ossia colui che scopre le origini della
sua rabbia di modo da evitare le punizioni.
In questo primo momento l’obiettivo è dare una sequenza agli eventi e riconoscere le molle che attivano la
rabbia.
Come potremo osservare il dialogo è caldo, caratterizzato da linguaggio connotativo e le emozioni sono
vissute a livello del corpo.
Le molle tendenzialmente sono legate alla lettura “erronea” delle situazioni “lui ce l’ha con me” “mi ha
guardato così” “rideva di me”.
Un’altra molla riguarda le autonomie. Il contesto familiare insegna che il mondo è pericoloso e che il
bambino non ha gli strumenti ma gli viene chiesto di essere “autonomo”.
E’ importante che le richieste dell’ambiente vengano calate sulla base delle capacità che il bambino
possiede.
Spesso in questi bambini si osserva un’alternanza tra comportamenti tirannici e totale incapacità nel
sopperire alla propria autonomia con conseguente sfinimento delle madri che finiscono per sostituirsi in
tutto al figlio determinando, ancora una volta, una minore autonomia del b.
Dunque procedendo con il lavoro delle molle è bene iniziare dalle Molle di tutte le emozioni, non solo della
rabbia.
E in seguito, dopo aver identificato le proprie, procedere con l’indovinare le molle del terapeuta.
Queste attività hanno il compito di favorire il riconoscimento delle emozioni e valutarne l’intensità.
Per farlo si può utilizzare il termometro delle emozioni ma anche diverse parole che indicano gradi
differenti di intensità.
In un primo momento ricostruendo l’abc viene chiesto al bambino di indicare sul termometro il livello
dell’emozione in seguito il bambino sarà in grado di interiorizzarlo.
Successivamente verranno definite insieme al b. delle strategie per fronteggiare le emozioni critiche,
soprattutto la rabbia: “ le frasi della calma” che il b. potrà scrivere sui cartoncini e portare con sé.
Infine si punta ad accrescere l’empatia cognitiva attraverso l’uso della tombola delle emozioni in cui, dopo
aver pescato la carta, verrà chiesto al bambino di raccontare una situazione che ritiene possa descrivere la
parola pescata.
Per ultimo proponiamo esercizi di rilassamento per aiutare il bambino a diminuire il livello di arousal
costantemente elevato.

INTERVENTO SUI GENITORI FENOTIPO 1


Obiettivi:
 Punizione educativa
 Maggiore autonomia
 Mentalizzazione in 3° e ordinamento cognitivo

Il primo passo per poter lavorare con i genitori di quest’area è quello di accoglierli e riconoscergli le
difficoltà di gestione quotidiana di questi bambini.
Mediante un clima di accoglienza e non giudicante poniamo le basi per permettergli di raccontare
apertamente di utilizzare pratiche educative dure.
Anche in questo caso è fondamentale puntare all’episodico quindi chiediamo di ricordare l’ultima volta che
hanno perso la pazienza e hanno finito con il punire il figlio.
Dopo aver ricostruito ABC della situazione utilizziamo la Moviola e indaghiamo diverse aree ponendo le
seguenti domande:
 Osservi bene suo figlio che si comporta male, cosa la colpisce?
 Lo osservi bene che emozione le procura?
 Che pensieri e immagini?
 Che idea le da di lei come genitore?
 Adesso guardi la scena da fuori come se guardasse un film cosa la colpisce?
 Cosa direbbe al bambino?
 Cosa direbbe alla madre?
 Che effetto le ha fatto questo esercizio immaginativo?
Dopo aver lavorato sugli abc lo step è quello di analizzare l’utilizzo del metodo punitivo e sostituirlo con una
punizione educativa, selettiva, breve nel tempo e che sia focalizzata ad un solo obiettivo per volta.
La punizione consiste nell’eliminazione di un privilegio per un tempo che il genitore ritiene di poter
sostenere.
Una volta che il genitore e il bambino hanno scelto il comportamento target e il privilegio da rimuovere
possono fare un cartellone e appenderlo.
E’ possibile prevedere un periodo di prova di una settimana per capire bene le regole. Terminato questo
periodo si passerà alla punizione.
Bisogna assegnare una scheda di monitoraggio al genitore attraverso cui assegnare la frequenza.
In seguito possiamo introdurre un sistema di premi di alcuni comportamenti target positivi del bambino. Lo
schema può essere lo stesso delle punizioni ma volto al positivo.
Il genitore potrebbe individuare un comportamento di cui aumentare la frequenza, far presente al figlio che
se proverà ad impegnarsi riceverà un privilegio in più (più tempo alla tv, alla play).
L’obiettivo finale è rendere il genitore più coerente.
Come abbiamo visto l’area dell’autonomia è fortemente carente in questi bambini così un altro elemento
chiave del lavoro è proprio quello di indagare le autonomie.
Quali autonomie sono state acquisite e quali si vorrebbero facilitare?
Nel far questo dobbiamo sempre tenere in mente le ansie del genitore che spesso sostengono la mancata
autonomia del b. Per coinvolgere il genitore e far cogliere a lui l’utilità del percorso possiamo chiedergli di
focalizzarsi sulla quantità di tempo che il genitore sente di dedicare a ciascuno dei propri ruoli e cercare di
individuare se c’è un ruolo in cui sente di sentirsi ingabbiato.
Può essere fatto sotto forma di elenco o di grafico a torta così da rendere visibile e immediata la percezione
della sua difficoltà.
E’ quindi utile che il genitore, dopo aver preso consapevolezza di cosa vorrebbe cambiare, inizi a pensare a
cosa vorrebbe acquisire di gratificante per sé.
Gli obiettivi devono essere raggiungibili nel breve tempo (ad esempio tornare a correre al mattino) e
bisogna sostenerlo negli sforzi che sosterrà per riuscirci.
E’ molto probabile che continuando con questo lavoro il genitore possa ad un certo punto porre delle
resistenze perché i limiti del bambino permettono al genitore di evitare di misurarsi con aree emozionali
critiche ed in particolar modo il sentimento di profonda solitudine.
Il lavoro sarà quello di ricostruire tali film, farli vivere e fargliene distanziare criticamente.
Infine è fondamentale utilizzare il video per permettere al genitore di mentalizzare in terza persona sul
proprio bambino “speaking for the child” relativamente ai suoi stati interni (pensieri, emozioni, intenzioni,
aspettative).
Ricordiamo sempre che l’itinerario di questa diade è di tipo coercitivo e in quanto tale necessita di
“ordinamento cognitivo dell’esperienza” e di dare ordine rispetto al “prima-durante-dopo”.
Mediante il video feedback sarà possibile andare a segmentare le scene di interazione e far notaare al
genitore dei dettagli “qui noto che suo figlio la guarda.. poi…” e aiutarlo a mettere i sottotitoli “ è come se
suo figlio dicesse…”
FENOTIPO 2: DISTURBO DEL COMPORTAMENTO E SCARSA EMPATIA

I bambini con disturbo della condotta e tratti callous unemotional sono caratterizzati da scarsa empatia,
mancanza di senso di colpa, sovrastima delle conseguenze a seguito dell’atto aggressivo, scarsa risposta alle
punizione, assenza di ansia e deficit della processazione dell’emozioni negative.
Diverse evidenze scientifiche dimostrano che l’emozione negativa, provocata dal contesto, che segue un
comportamento inappropriato vada a formare un sistema sanzionatorio interno che serve a inibire il
comportamento disadattivo. Questo sistema sanzionatorio aiuta il bambino a rispettare le regole.
Possiamo dire che costituisce il precursore del senso di colpa.
Il senso di colpa così come l’empatia è legato ad una maggiore emissioni di comportamenti prosociali.
I bambini con tratti CU sono anche noti come bambini senza ansia/paura infatti deviano in modo insensibile
dalle regole. In modo insensibile ossia mostrando una scarsissima empatia affettiva.
Si distingue infatti tra empatia cognitiva, ossia la capacità di comprendere lo stato mentale dell’altro e
l’empatia affettiva ossia la capacità di sintonizzarsi affettivamente con l’altro.
Questi bambini possiedono un’ottima empatia cognitiva ma una pressoché assente empatia affettiva che
però è circoscritta ad un deficit dell’elaborazione di emozioni come tristezza, paura e felicità mentre la
capacità di elaborare rabbia e disgusto sembra essere intatta.
Il deficit sembra essere legato ad una compromissione nell’allocazione automatica dell’attenzione agli
stimoli socialmente salienti (zona degli occhi).
E’ dunque possibile impostare un intervento per allenare questa funzionalità che è presente ma poco
allenata utilizzando una modalità espressiva maggiormente enfatizzata.
L’aggressività di questi bambini è di tipo proattivo, premeditata e volta al raggiungimento dei propri
obiettivi.
L’ABC è uno lo strumento che ci permette di indagare come si manifesta l’aggressività cos’è che la scatena.
La modalità di narrazione è prevalentemente fredda, distaccata i marcatori linguistici sono di tipo
distanziante. Le emozioni sono etichettate sul piano semantico ma minimizzate e distanziate.

INTERVENTO CON IL BAMBINO CON D. CONDOTTA E SCARSA EMPATIA

L’intervento con il b. con disturbo della condotta prevede l’utilizzo di ABC per divenire sempre più
consapevole delle cause che scatenano la sua aggressività.
Inizialmente l’ABC sarà all’insegna di indagare tutte le situazione che scatenano l’aggressività come mezzo
per ottenere i propri obiettivi.
In un primo momento bisogna procedere validando queste modalità in quanto sono le uniche di cui il b. è in
possesso secondariamente si cercherà di lavorare focalizzando il b. sulle conseguenze dell’emissione di tali
comportamenti.
Ci aspettiamo che il b. noti immediatamente le conseguenze per lui favorevoli “ho ottenuto il gioco” mentre
fatichi a comprendere le conseguenze negative dell’atto aggressivo.
Dopo un periodo di analisi delle situazioni target proviamo ad introdurre l’attenzione alle conseguenze
negative che tale comportamento ha sugli altri introducendo anche la componente affettiva.
Parallelamente si lavorerà sul problem solving ossia sull’ampliamento delle soluzioni che possiamo ottenere
per fronteggiare un problema.
Per potenziare l’empatia affettiva, la letteratura ci ha insegnato che bisogna lavorare aumentando
l’attenzione e il riconoscimento dell’emozione attraverso l’analisi della parte superiore del volto, in
particolar modo degli occhi.
Per queste attività possiamo utilizzare il sito dell’autismo “leggere le mente negli occhi” che consiste nella
raccolta di immagini che ritraggono solamente gli occhi per elicitarne il corretto riconoscimento.
Accanto a questo sito possiamo comunque costruire dei giochi ritagliando dei cartoncini su cui incollare il
viso che esprime diversi livelli di emotività e componendo “l’enciclopedia delle emozioni”.
Un’altra alternativa è legata alla visione di spezzoni di anime in cui , i personaggi con occhi grandi, riescono
ad esprimere chiaramente le proprie emozioni.
Per incrementare le risposte empatiche si possono proporre attività per promuovere la gentilezza.
Inizialmente si chiede al bambino cosa significa essere gentili e poi di scrivere tutte le parole “gentili” che
conosce.
Infine viene chiesto al bambino come dovrebbe agire per mostrare un comportamento gentile.
Per incentivare tali comportamenti possiamo dare come homework quello di emettere almeno 3 atti gentili
e di riportarli su un ABC.
L’obiettivo è quello di focalizzarli verso le conseguenze positive dell’essere gentili.
Un’altra attività può essere “l’alfabeto dei grazie” in cui ritagliando tanti cartoncini verranno scritte le
lettere dell’alfabeto e pensandole il b. dovrà trovare un oggetto, persona che inizia per quella lettera a cui
dice “grazie”.
Oltre a queste attività sono molto promettenti per il trattamento dei tratti CU gli interventi CARES model
per i bambini tra i 3 e 8 anni che si pongono l’obiettivo di aumentare l’attenzione verso il volto,
comprendere le emozioni, collegare le emozioni al contesto e favorire la messa in atto di comportamenti
pro sociali.
Simili a questo trattamento sono i Mental Models e l’Emotional Engagement che viene fatto in vivo con la
coppia genitore-figlio.

INTEVENTO CON I GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO DEL COMPORTAMENTO E


SCARSA EMPATIA
Obiettivi:
 Investigatore del positivo
 Rinforzo invece della punizione
 Video feedback e mentalizzazione in 3°
I genitori di bambini con tratti CU sono prevalentemente centrati sull’uso di punizioni in quanto fortemente
in difficoltà nella gestione del comportamento del b.
Il primo obiettivo è quello di ridurre l’utilizzo delle punizioni e favorire le lodi o i rinforzi positivi.
Questo ovviamente comporta un cambio d’ottica ossia la richiesta di concentrare l’attenzione su ciò che il
b. fa bene.
Questo cambiamento risulterà molto difficile da attuare e richiederà uno sforzo importante che dovrà
essere sostenuto dal clinico.
Oltre all’analisi dei comportamenti positivi verrà restituito al genitore l’importanza di utilizzare premi per
andare ad incrementare l’emissione di comportamenti corretti.
Bisogna fare l’investigatore del positivo ossia andare a cercare nella quotidianità il positivo del b e
preparare una lista di attività piacevoli che vorrebbero provare a svolgere con il figlio.
Questo esercizio va mantenuto per 3-4 sedute e bisogna chiedere ogni volta cos’è che hanno notato di
diverso nel figlio quando lo hanno lodato per il suo comportamento.
Anche in questo caso, così come nel caso dei fenotipo 1, è utilissima la tecnica del video feedback
accompagnando il genitore nella mentalizzazione nei confronti del figlio “noto che suo figlio qui la guarda..
è come se le dicesse… “

FENOTIPO 3 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO E DIFFICOLTA’ DI PROBLEM


SOLVING

I bambini che rientrano in questo fenotipo manifestano una ridotta capacità di problem solving e decision
making che li porta a compire frequentemente gli stessi errori andando incontro alla frustrazione.
Queste capacità sono deficitarie sia nei confronti di problemi relazionali che pratici.
Le difficoltà sono presenti in tutte le fasi ma particolarmente spiccate nell’apprendimento per rinforzo e
nella rappresentazione delle aspettative, ossia nelle anticipazioni sugli effetti che potrà produrre un loro
comportamento.
Questa compromissione è legata alla componente impulsiva non a caso questi bambini hanno un’alta
comorbilità con quadri come L’ADHD.
Purtroppo, la scarsa capacità di fronteggiare un problema e la difficoltà a predire la buona riuscita del
comportamento emesso espongono i b. con tali caratteristiche a livelli elevati di frustrazione che viene
esperita sotto forma di rabbia.
Utilizzare le informazioni sugli out come prevede due componenti:
 La rappresentazione appropriata della ricompensa o conseguenza del comportamento; di cogliere
errori di previsione e aggiustare in itinere il comportamento
 La capacità di rappresentarsi in modo corretto la conseguenza.
I bambini del fenotipo 3 non sono disinteressati alle conseguenze delle loro azioni come quelli del fenotipo
2 ma faticano a risolvere il problema e a rappresentarsi le conseguenze.
L’aggressività di questi bambini è di tipo reattivo che solitamente si verifica in risposta ad un’esperienza
frustrante.
I deficit di questi bambini finiscono per esporli frequentemente ad esperienze fallimentari con aumento
della frustrazione e della bassa autostima.
Oltre ad una scarsa capacità di problem solving e error prediction, i bambini presentano un deficit dello
shift attentivo e scarsa working memory.
Questi bambini possono apparire aggressivi e provocatori ma spesso queste reazioni sono la conseguenza
della difficoltà a organizzare una risposta adeguata alle richieste ambientali.

L’INTERVENTO CON IL BAMBINO CON D. DEL COMPORTAMENTO E DIFFICOLTA’ DI


PROBLEM SOLVING

Il primo obiettivo che dobbiamo porci è quello di incrementare le abilità del b. nel problem solving e
aumentare il livello di tolleranza alla frustrazione.
Prima di iniziare l’intervento sul b. dobbiamo accertarci di aver escluso o meno eventuali diagnosi di ADHD
o DSA.
Inoltre, è necessario prendere contatti con la scuola per assicurarci che, in presenza di PDP i b. vengano
realmente dispensati da eventuali verifiche o compiti.
Una volta accertati di questo possiamo essere sicuri che ciò che persiste, in termini di rabbia e op positività
ha a che fare con le difficoltà del bambino in termini di elaborazione e regolazione emotiva.
Anche con questi bambini si parte con l’ABC con l’obiettivo di reindirizzare l’attenzione dal trigger
frustrante verso qualcos’altro utilizzando le frasi della calma.
Successivamente si può procedere con il problem solving:
 Riconoscere il problema
 Individuare più soluzioni possibili
 Valutare pro e contro
 Scegliere la soluzione migliore
 Verificarne l’efficacia.
Una prima valutazione della capacità di risoluzione del problema è il PSM ossia il Problem Solving Measure
ossia 6 storie che prevedono, raccontato l’inizio e la fine dell’episodio che il b. inventi la prosecuzione.
Nel PSM è previsto uno scoring che tuttavia non interessa molto ai fini pratici del trattamento.
Inizialmente è fondamentale validare tutte le possibili prosecuzioni che il b. offrirà successivamente ci si
concentrerà sulle conseguenze di ciascuna di esse.
Nella risoluzione dei problemi noi abbiamo varie categorie di soluzioni:
 Ricerca di aiuto
 Assenza di confronto
 Aggressione fisica
 Aggressione verbale
 Compromesso
 Patteggiamento
 Asserzione verbale
 Azione diretta negativa
Il primo obiettivo è condividere con i b. che esistono tantissime soluzioni possibili ad un singolo problema.
Secondariamente si inizia ad introdurre il concetto di conseguenza ponendo l’interrogativo al b. su come si
sceglie tra le varie soluzioni.
Al ché il terapeuta deve aiutare il b. a trovare per ogni soluzione proposta diverse conseguenze analizzando
quelle positive, negative e neutre.
Bisogna inserire tra le conseguenze non solo quelle fattuali ma anche emotive ossia il risvolto che
quell’azione può aver determinato nella persona con cui il b. ha interagito.
In un primo momento bisogna validare tutte le soluzioni che il b. riporta e poi aiutarlo ad ampliarle
trasformando questo esercizio in gioco chiedendo al b. di disegnare in un cartellone suddiviso in 3 colonne,
la situazione iniziale, la risposta del b. e la conseguenza.
Per la stessa situazione iniziale vengono disegnate tante conseguenze.
Nelle successive sedute il t. può scrivere nei cartoncini tutte le conseguenze dette dal b. e chiederà al
bambino di abbinarle a tre colori Verde: positive; giallo: neutre; Rosso: negative.
In queste attività prettamente legate al piano cognitivo non bisogna mai tralasciare l’aspetto emotivo
incollando sul cartellone gli emotions.
INTERVENTO CON I GENITORI DI BAMBINI CON D. COMPORTAMENTALE E DEFICIT
PROBLEM SOLVING
Obiettivi:
 Psicoeducazione
 Anticipazione conseguenze
 Problem solving
 Modalità di richieste
 Punizione educativa
I questi b. è frequente la comorbilità tra con l’ADHD per cui molto frequentemente, in presenza di questo è
utile fare un piccolo momento di psicoeducazione rispetto alle caratteristiche cliniche del quadro che
rendono difficili l’adesione del b. anche a piccole regole.
Uno dei primi obiettivi è accompagnare il genitore nella comprensione delle difficoltà del figlio in modo da
aiutarlo a prevedere le conseguenze dei suoi comportamenti.
Così come nel b. si lavora sul problem solving così anche nel genitore è fondamentale ad illustrare mediante
un cartellone gli eventuali premi e punizioni che seguono comportamenti target.
Inoltre un aspetto fondamentale riguarda la modalità con la quale i genitori impartiscono delle istruzioni.
Innanzitutto bisogna che riflettano sulla richiesta ossia che definiscano cosa sia prioritario, in seguito
bisogna che analizzino il momento della richiesta facendo in modo che avvenga quando il b. non è
impegnato in altro.
In particolar modo è fondamentale evitare che il b. venga interrotto mentre gode del suo momento
“premio”. Se il genitore ha premiato il bambino con 1 ora di play la richiesta non può prevedere una
rinuncia a quel momento.
Un ultimo aspetto riguarda il modo con cui viene effettuata la richiesta. Il tono deve essere fermo, la
richiesta chiara e seguita da silenzio.
Successivamente a questa prima fase viene introdotto il concetto delle conseguenze.
Così come negli altri fenotipi, anche in questo è necessario evitare la punizione fisica e promuovere la
punizione educativa ossia la rimozione di un privilegio.
A questo punto possono procedere con il problem solving anche a casa e lo potranno utilizzare anche nei
conflitti familiari ed infine verranno invitati a trovare quante più soluzioni possibili per portare a termine
quel problema.

LA CORNICE DEL LAVORO CON I GENITORI

Il lavoro cognitivo comportamentale prevede svariati processi terapeutici e tecniche che hanno come
obiettivo quello di modificare il comportamento del bambino attraverso l’intervento su di lui e la diade
genitoriale.
Generalmente alla richiesta di attenzione del b. il genitore reagisce con piacere se però la richiesta diventa
eccessiva il genitore reagisce con rabbia o rifiuto.
Questo pattern può avvenire in qualsiasi diade ma in maggior misura all’interno di diade in cui il b. ha delle
specifiche caratteristiche temperamentali.

Fase 1: riscoprire gli aspetti positivi


E’ essenziale che i genitori di questi b. riescano a cogliere alcuni aspetti non problematici, bensì positivi, del
b ed è essenziale allenare il genitore a premiarli ogni qualvolta si manifestano.
Per poterli vivere e apprendere da questi bisogna riportarli sull’episodio e procedere in moviola.
La ricostruzione in moviola deve partire da un episodio positivo:
 Pensi a uno dei punti di forza che ha scritto di Luca
 Chiuda gli occhi e pensi Luca in una situazione specifica, l’ultima volta che ha visto L. simpatico
 Lo osservi bene, lo ascolti , faccia attenzione ad ogni minimo particolare, che cosa la colpisce di lui?
 Che effetto le fa?
 Come sente questa emozione?
 Dove la sente?
Questo esercizio permette al genitore di riscoprire aspetti positivi del figlio, di visualizzarli e di permettergli
di premiarlo non appena verranno emessi.

Fase 2: il TIME OUT


Il time out è una tecnica discutibile in quanto consiste della non erogazione di rinforzi positivi per un lasso
di tempo a causa dell’emissione di un comportamento erroneo.
La mancata presenza del rinforzo consiste nella privazione dell’attenzione genitoriale che però, deve essere
contingente all’atto compiuto.
Non appena interrompe il comportamento target la relazione si ripristina.
Il TORP deve essere messo in atto in modo molto strutturato.
 Il TORP non deve essere usato per cose che il b. non sa o non può fare
 Se il comportamento non diminuisce di frequenza entro 2 settimane si sospende la tecnica
 Durante il TORP il genitore deve essere un buon esempio per il figlio
 Il TORP va usato insieme alla TOKEN
 Il time in deve essere messo in atto immediatamente alla cessazione del comportamento target
 Il TORP deve essere messo in atto per comportamenti specifici e precedentemente spiegato al b.

Fase 3: Le attribuzioni genitoriali


Ogni percorso con i bambini DC deve prendere in considerazione le spiegazioni che i genitori si sono dati al
problema.
E’ necessario indagare il locus of control genitoriale ossia i fattori che entrano in gioco nel mantenimento
del problema.
I genitori che possiedono un locus of control esterno credono che il problema sia legato al contesto, ai
compagni, insegnanti, amici, nonni ecc e per questo motivo tendono a sentirsi maggiormente impotenti e di
conseguenza devono essere sostenuti in modo costante nella sostituzione delle pratiche educative dure.
La letteratura sostiene che bisogna cercare di far emergere le credenze genitoriali il prima possibile così da
poter intervenire per tempo e aumentare il livello di aderenza al trattamento

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