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di Beatrice Segalini
Uno schematico riassunto delle teorie dei tre autori principali che trattano lo
sviluppo cognitivo: Piaget Vygotszkij e Bruner. Utile per un ripasso della
materia in vista dell'esame di psicologia dello sviluppo, oltre che dell'esame di
Stato.
1. Esercizio dei riflessi: si tratta di reazioni innate che il neonato applica a diverse situazioni (es. succhia
tutto); questo sottostadio è caratterizzato da un’egocentrismo radicale: il neonato non ha consapevolezza né
di sé né del mondo esterno.
2. Reazioni circolari primarie: quando, durante l’attività sensomotoria, il bambino ottiene casualmente un
risultato interessante, egli cerca di conservarlo attraverso la ripetizione. Piaget chiama questo fenomeno
reazione circolare primaria; essa porta alla formazione di nuovi schemi, ma non si può ancora parlare di
intelligenza perché la scoperta avviene per caso.
3. Reazioni circolari secondarie: la novità di questo stadio è l’interesse per la realtà esterna: il bambino cerca
di conservare, ripetendole, anche le azioni che hanno prodotto uno spettacolo interessante nell’ambiente.
Non si può ancora parlare di intelligenza perché la scoperta avviene per caso.
4. Coordinazione degli schemi secondari e loro applicazione a situazioni nuove: compare una
differenziazione tra mezzi e fini e il bambino inizia a usare schemi già posseduti per applicarli a situazioni
nuove. Il bambino attua delle condotte esplorative in cui, per conoscere un oggetto, vi applica tutti gli
schemi d’azione conosciuti (es: battere, succhiare, strofinare…).
5. Reazioni circolari terziarie e scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione attiva: quando il bambino
trova un risultato interessante non si limita più a ripeterlo, ma lo varia e lo modifica per vedere il risultato. Si
tratta di esperienze motivate dalla curiosità.
6. Invenzione di mezzi nuovi mediante combinazione mentale: quando si trova in una situazione nuova, ora
il bambino non procede più casualmente o per tentativi ed errori, ma compie un’operazione mentale: si
Questo periodo è caratterizzato dall’egocentrismo intellettuale: il bambino non riesce a concepire che
esistano punti di vista differenti dal suo e che altre persone abbiano pensieri, emozioni, conoscenze diverse
dai suoi. Ad esempio, non si preoccupa di adattare il suo linguaggio alle esigenze dell’interlocutore.
L’intelligenza rimane pre-logica, ma è dotata comunque di una sua logica primitiva, spesso inadeguata. Il
pensiero è rigido, procede dal particolare al generale, i concetti vengono collegati per mezzo di somiglianze
spesso fortuite.
Le azioni mentali sono irreversibili: il bambino non ha ancora acquisito le operazioni mentali reversibili
tipiche del periodo operatorio, di conseguenza ciascuna rappresentazione mentale rimane isolata e non si
coordina con le altre. Ciò è provato dai compiti di conservazione.
Esperimento: si mostra al bambino un recipiente basso e largo (A) contenente del liquido e gli si chiede di
versare il liquido in un recipiente di forma identica (B); il bambino riconosce che la quantità di liquido è
identica nei due recipienti.
Si chiede poi al bambino di versare il liquido in un recipiente alto e stretto (C); nel periodo pre-operatorio, il
bambino nega che il recipiente (A) e il recipiente (C) contengono la stessa quantità di liquido.
In questo periodo è presente nel bambino il realismo nominale, cioè la tendenza ad attribuire al nome le
stesse proprietà dell’oggetto. Si evidenzia anche la tendenza ad attribuire un anima, cioè intenzionalità agli
elementi del mondo naturale.
Il pensiero è meno egocentrico, anche se per il bambino è ancora difficile assumere la prospettiva altrui.
1. Esperienza quotidiana: il bambino riesce meglio se i compiti che gli vengono proposti sono vicini alla sua
realtà quotidiana, o se le domande gli vengono riformulate diversamente, in un modo a lui più
comprensibile.
2. Il ruolo delle conoscenze specifiche: spesso le prestazioni sono determinate non tanto dall’età, quanto
dall’esperienza in un campo specifico. Es: gli scacchi.
3. L’esistenza degli stadi: La più importante questione teorica sulla quale si è aperto un intenso dibattito
riguarda l’esistenza o meno degli stadi. In generale, tutti riconoscono che Piaget ha ragione a dire che lo
sviluppo cognitivo segue una sequenza universale, ma probabilmente ha torto nel considerare gli stadi come
strutture globali e coerenti.
4. Ruolo di esperienza e apprendimento: Piaget sostiene che lo sviluppo cognitivo è scarsamente influenzato
dall’esperienza e dall’ambiente, e che si può insegnare un concetto solo quando il bambino è pronto ad
apprenderlo.
Inhelder ha invece dimostrato che è possibile accelerare lo sviluppo mediante una situazione di scoperta
attiva, caratterizzata da un conflitto tra le aspettative (gli schemi posseduti) e i dati di realtà.
Ulteriori ricerche hanno dimostrato che lo sviluppo può essere inoltre influenzato dall’osservazione di un
modello e dall’insegnamento verbale.
5. Ruolo dell’esperienza sociale: Piaget trascura il ruolo dell’apprendimento sociale: egli considera
l’individuo come isolato e pressoché immune da influenze ambientali, sociali e culturali. Secondo Piaget si
verifica un avanzamento nello sviluppo quando avviene un conflitto intraindividuale, una situazione di
squilibrio, che porta a una ristrutturazione cognitiva.
Doise e Mugny, ricercatori della scuola di Ginevra, hanno invece dimostrato che l’interazione sociale è
molto efficace nel provocare un conflitto sociocognitivo che innesca una ristrutturazione. Essi hanno
condotto una serie di esperimenti in cui chiedevano, ad un gruppo di bambini appartenenti ai livelli
preoperatorio e operatorio concreto, un compito operatorio, con la consegna di confrontarsi in modo da
fornire una risposta e saperla giustificare. Un post-test ha confermato che l’interazione ha prodotto un
conflitto sociocognitivo tra le soluzioni individuali, in seguito al quale si è verificato un progresso.
L'apprendimento di nuove conoscenze viene attivato dall'emergere del conflitto intracognitivo, che si
verifica ogni volta che si crea uno squilibrio tra struttura cognitiva e dati esperienziale; tale disequilibrio
attiva un processo di equilibrazione che ristabilisce un nuovo equilibrio cognitivo.
In tal caso, compito dell'insegnante è quello di proporre sia stimoli familiari, per suscitare l'interesse
dell'allievo, sia stimoli nuovi per produrre un certo grado di conflitto, consentendo così un avanzamento nel
processo di apprendimento.
Il metodo utilizzato da Vygotskij è detto metodo genetico: egli intendeva studiare la storia attraverso cui si
formano e si consolidano i processi di linguaggio e di pensiero.
Il termine genetico è utilizzato da Vygotskij in senso molto ampio: lo sviluppo del bambino è inteso come
parte di un processo che riguarda diversi livelli:
1. Filogenetico: Vygotskij individua l’invenzione e l’utilizzo di strumenti quali prerequisiti per l’emergere
delle funzioni mentali superiori; con gli strumenti l’uomo trova una nuova forma di adattamento: il lavoro;
2. Storico-culturale: lo sviluppo è segnato dall’evoluzione degli strumenti psicologici: gli strumenti
diventano progressivamente indipendenti dal contesto spazio temporale;
3. Ontogenetico (o individuale): include due aspetti: la maturazione o crescita (organica) e l’acquisizione di
strumenti e significati sociali e culturali;
4. Microgenetico: è riferito allo sviluppo di processi psicologici particolari.
Come già evidente, nella teoria di Vygotskij assumono un ruolo importante gli strumenti: gli esseri umani
vivono in un ambiente trasformato dagli strumenti prodotti dalle generazioni precedenti; questi strumenti
mediano i rapporti sociali.
Vygotskij distingue tra:
1. strumenti tecnici (strumenti): mettono l’uomo in relazione con il mondo esterno sul quale producono dei
cambiamenti;
2. strumenti psicologici (segni): sono prodotti sociali che non fungono da semplici sussidi, non producono
cambiamenti nel mondo esterno, ma servono a influenzare psicologicamente il comportamento.
Vygotskij concepisce lo sviluppo mentale come interiorizzazione di forme culturali; a livello ontogenetico,
l’individuo si appropria dei significati della cultura attraverso un processo di interiorizzazione dei mediatori
simbolici, primo tra tutti il linguaggio.
Vygotskij individua 4 stadi nel processo di interiorizzazione, che si ritrovano nello sviluppo del linguaggio,
della memoria e del pensiero:
1. il bambino risponde alle stimolazioni dell’ambiente in modo immediato;
2. il bambino usa segni esterni;
3. il bambino diviene consapevole del significato e del ruolo dei segni;
4. il bambino giunge ad una interiorizzazione.
Il processo di interiorizzazione è un processo di passaggio dall’interpsichico all’intrapsichico, ed è un
processo sociale, perché:
- avviene tra bambino e adulti,
- è mediato dall’uso del linguaggio.
Lo sviluppo del bambino dipende quindi fortemente dal contesto storico e socioculturale in cui vive e dal
modo in cui può padroneggiare gli strumenti culturali.
Vygotskij quindi punta l’attenzione non tanto sulle competenze che il bambino già possiede (capacità
intraindividuale), ma sulle competenze che acquisirà in seguito a nuove esperienze sociali e culturali
(processo interindividuale).
Esiste secondo Vygotskij una notevole differenza tra ciò che il bambino è in grado di fare da solo e quello
che sa fare con l’aiuto di una persona più competente di lui e questa differenza è espressa dalla Zona di
sviluppo prossimale, data dalla distanza tra:
- il livello di sviluppo effettivo: livello di sviluppo che il bambino possiede nel risolvere un compito da solo;
- il livello di sviluppo potenziale: ciò che il bambino riesce a fare con l’aiuto di un adulto o di un compagno
più esperto.
La distanza è determinata da una discrepanza tra comprensione e produzione: con il supporto della persona
più competente il bambino riesce a svolgere un compito che da solo è capace solo di comprendere; se
successivamente il bambino impara a padroneggiarlo da solo, significa che la competenza è stata
interiorizzata.
Riguardo alla controversia tra fattori innati ed ambientali, Bruner non si schiera né da una parte né dall’altra
e attribuisce un ruolo sia a fattori individuali e motivazionali sia a fattori contestuali e situazionali.
Analogamente a Vygotskij, egli sottolinea l’importanza del contesto sociale nella genesi dei processi
cognitivi. L’influenza del contesto socioculturale si realizza grazie al fatto che il bambino e l’adulto
interagiscono in un contesto in cui l’adulto assume un ruolo di scaffolding: egli fornisce un’impalcatura
temporanea che viene rimossa quando non è più necessaria.
Bruner propone un’idea di sviluppo come apprendistato, che avviene attraverso la partecipazione di
bambino e adulto ad attività congiunte.
Gli strumenti e i contenuti della cultura vengono trasmessi soprattutto attraverso il linguaggio, e a questo
proposito un’importanza fondamentale è ricoperta dalla narrazione, strumento privilegiato di trasmissione
culturale. Bruner ritiene che il pensiero narrativo rappresenti una particolare modalità di rappresentare
l’esperienza, organizzarla e trasformarla in oggetto di analisi e riflessione.
L’intelligenza si serve di diversi sistemi di codifica, cioè di modi di trattare l’informazione: il linguaggio, la
logica e la matematica, le euristiche e le strategie, ecc.
Essi vengono costruiti estrapolando dal flusso degli eventi delle regolarità, che divengono regole per trattare
l’elaborazione di nuove informazioni.
Avviene progressivamente uno sviluppo
- da sistemi che trattano poche informazioni alla volta a sistemi che ne trattano molte;
- da sistemi legati a contenuti concreti a sistemi che ne sono svincolati;
- da sistemi isolati a sistemi coordinati gerarchicamente.
1. Rappresentazione esecutiva (fino a 1 anno): la realtà viene codificata attraverso l’azione. Se il bambino
gioca con l’oggetto, tale azione diventa la sua rappresentazione dell’oggetto. Nella vita adulta abbiamo una
rappresentazione esecutiva di tutte quelle attività che impariamo eseguendole, e che non sono rappresentate
attraverso il linguaggio (es: andare in bicicletta).
2. Rappresentazione iconica (fini a 6/7 anni): la realtà viene codificata attraverso immagini, che possono
essere visive, uditive, olfattive, tattili. L’immagine consente di evocare mentalmente una realtà assente, ma
non di descriverla verbalmente.
3. Rappresentazione simbolica: la realtà viene codificata attraverso il linguaggio e altri segni e simboli
convenzionali: mentre l’immagine conserva una certa somiglianza con ciò che rappresenta, il linguaggio è
arbitrario.
Lo sviluppo della rappresentazione simbolica consente di ragionare in forma astratta e rende possibili le
inferenze, la formulazione di aspettative, la costruzione di sistemi di categorie.