Contemporaneamente o subito prima all’affermazione del cognitivismo, venivano
tradotte, diffuse e valorizzate le opere di Jean Piaget. Piaget nacque in Svizzera nel 1896, si interessò ai conflitti dell’insegnamento religioso e scientifico e nel 1918 si laureò all’Università di Neuchatel, con una tesi sui molluschi. Egli lavorò presso il laboratorio di Binet, grazie all’incarico offerto da Théodore Simon, che consisteva nello studiare le risposte fornite ai vari test, da parte dei bambini, i loro modi di ragionare e le strategie utilizzate per risolvere i detti test. Nel 1912 Piaget fu invitato da Claparé ad assumere il posto di direttore di ricerca all’Istituto J.J. Rosseau di Ginevra e da qui iniziò le sue ricerche sullo sviluppo mentale infantile. In seguito si sposò con una studentessa dell’Istituto con cui ebbe tre figli, sui quali insieme condussero una serie di osservazioni. Fino al 1980, anno della sua morte, Piaget continuò a pubblicare articoli e opere sulle sue ricerche, a tenere convegni e a dirigere l’Istituto J.J. Rousseau di Ginevra. La teoria di Piaget sullo sviluppo cognitivo del bambino è stata la prima ad avere analizzato la percezione e la logica nei bambini, tramite il metodo clinico di esplorazione delle idee. Il metodo clinico o colloquio clinico è una via di mezzo tra l’intervista (domande dirette al bambino e ai genitori) e l’osservazione (attività complessa che consiste nel raccogliere informazioni sul bambino analizzato, nel modo più accurato possibile); si tratta quindi di uno scambio verbale tra psicologo e bambino per il quale ci sono delle regole da seguire: non annoiare il bambino ed evitare di porgli domande “suggestive”, che potrebbero suggerirgli le risposte. Piaget ha dimostrato che la differenza tra il pensiero del bambino e quello dell’adulto è di tipo qualitativo e che il concetto di intelligenza (capacità cognitiva) è strettamente legato al concetto di “adattamento” all’ambiente. L’intelligenza è un caso particolare dell’adattamento biologico; essa costituisce nuove strutture mentali che servono a capire e a spiegare l’ambiente. Quindi l’intelligenza si può definire assimilazione, in quanto assorbe nei propri schemi i dati dell’esperienza, ma si può definire anche accomodamento, perché ogni volta questi schemi vengono modificati per essere adattati a nuovi dati; queste due nozioni creano un equilibrio tra continuità e cambiamento che determina l’adattamento dell’organismo all’ambiente. Piaget creò anche la concezione stadiale. Secondo lui tra la nascita e l’adolescenza lo sviluppo cognitivo attraversa quattro stadi principali, ogni stadio precede una particolare forma di organizzazione psicologica, con proprie conoscenze e interpretazioni della realtà. I quattro stadi sono: - Sensomotorio (da 0 a 2 anni), in cui si ha la comprensione del mondo attraverso sequenze unitarie di percezioni e azioni - Preoperatorio (da 2 a 6 anni), in cui compare la rappresentazione simbolica e la capacità di comprendere gli altri - Operativo concreto (da 6 a 11 anni), in cui si scoprono nuove operazioni e si inizia ad attuare manipolazioni mentali e fisiche - Operatorio formale (da 11 anni in avanti), in cui si elaborano idee/eventi, la capacità di immaginazione è più evoluta e si iniziano ad organizzare le informazioni. Nel corso degli anni ’80 e ’90 il punto di vista piagetiano ha costituito un punto di riferimento per chi studiava lo sviluppo cognitivo. Negli ultimi anni ci sono stati diversi sviluppi sul suo punto di vista, proprio a Ginevra nella sua Università.