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Le basi biologiche e il processo maturativo
Il processo di sviluppo e apprendimento interagisce con le strutture biologiche che l’individuo
porta con sé al momento della fecondazione. Alcune competenze cognitive, quindi, possono essere
presenti già alla nascita. Il bambino farebbe più fatica a sviluppare questi comportamenti senza un
ambiente favorevole e feedback appropriati che riceve dagli adulti.
Il periodo post-natale necessario alla formazione delle funzioni dominio-specifiche della
neocorteccia è lungo; quindi, molti fattori possono intervenire nella formazione di abilità generali
e, successivamente, specifiche.
Poiché il cervello del bambino è plastico e poco specializzato, si può intervenire su eventuali lacune
precoci.
Modelli di analisi delle operazioni della mente e delle difficoltà di apprendimento e sviluppo
delle abilità di apprendimento
Tipicamente, con lo sviluppo, aumentano le capacità di apprendimento, ma non necessariamente
la memoria. Infatti, per certi versi, il bambino piccolo è una spugna che assorbe facilmente le
stimolazioni, ma con lo sviluppo cambiano la capacità di recepire e rappresentare queste
stimolazioni e, in generale, cambia la metacognizione.
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pensiero. L’attenzione è quel processo cognitivo che ha un ruolo centrale nel selezionare gli stimoli
presenti nell’ambiente e che permette di dare un senso ad alcuni di essi. Ha quindi un ruolo
fondamentale nel processo di elaborazione percettiva.
L’attenzione
L’attenzione è un insieme di processi e funzioni solitamente distinti in:
- Attenzione selettiva, che è l’aspetto più importante, opera una selezione tra tutte le
informazioni che colpiscono i nostri organi di senso e i nostri ricordi, consentendo solo ad
alcuni di accedere ai successivi stadi di elaborazione. È un’abilità che filtra e organizza le
informazioni in modo da rispondere in maniera adeguata quando necessario. I sistemi
sensoriali e il cervello hanno dei mezzi per selezionare solo le informazioni rilevanti ad un
certo compito e ciò è favorito anche dal fatto che orientiamo fisicamente i nostri recettori
sensoriali per privilegiare alcuni stimoli.
- Attenzione mantenuta
- Attenzione focalizzata
- Attenzione divisa
- Attenzione soggetta a spostamento
Nell’attenzione esistono 3 processi:
- Uno che permette l’attivazione generale del sistema di elaborazione, che intercetta
cambiamenti nell’ambiente;
- Uno che permette la focalizzazione delle risorse di elaborazione verso informazioni oggetto
del nostro interesse;
- Uno che si occupa della gestione delle risorse attentive.
L’attenzione mantenuta coinvolge maggiormente il processo di attivazione, mentre quella selettiva
il processo di focalizzazione. L’attenzione divisa coinvolge maggiormente il processo di gestione.
Attenzione selettiva
È la capacità di concentrarsi sull’oggetto che ci interessa e elaborare le informazioni rilevanti per gli
scopi che perseguiamo.
Se mappiamo i movimenti oculari effettuati durante l’esplorazione di una scena visiva, vediamo
che i punti su cui gli occhi si fissano non sono casuali, ma corrispondono alle aree della scena che
veicolano il maggior numero di informazioni utili a distinguere quella scena da qualsiasi altra.
Quando uno stimolo è particolarmente saliente, cattura la nostra attenzione e questo viene
chiamato focalizzazione. Focalizzare l’attenzione su un oggetto ne porta a una maggiore codifica ed
elaborazione, producendo una maggior memorizzazione. Quando siamo in una situazione affollata,
cerchiamo di udire e capire solo la voce della persona che ci interessa, ignorando le voci e i rumori
attorno. Questo fenomeno è chiamato Cocktail party e evidenzia come l’attenzione selettiva
seleziona gli stimoli sonori che ci interessano, ignorando gli altri.
L’efficienza della selezione dipende da due meccanismi che interagiscono:
- Uno di attivazione, che opera prima della selezione
- Uno di inibizione, per le informazioni non rilevanti
Il fenomeno di non notare gli stimoli che non interessano e che non sono rilevanti viene chiamato
cecità da disattenzione, che è in relazione con la cecità al cambiamento, cioè l’incapacità delle
persone di notare cambiamenti nella scena su cui non ci si è focalizzati (video dell’esperimento del
gorilla).
Attenzione divisa
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È la capacità autoregolativa che consente di suddividere le nostre risorse attentive su più compiti
contemporaneamente. La capacità umana di svolgere più azioni contemporaneamente dipende
dalla loro complessità e dalla loro natura, da quante risorse attentive richiedono e dal loro grado di
automatizzazione. Questa attenzione spiga, per esempio, come sia possibile guidare la macchina e
ascoltare musica contemporaneamente. Uno stimolo improvviso durante la guida, tuttavia, porta a
riattivare tutte le risorse attentive per poter selezionare le azioni più adeguate.
Attenzione sostenuta
È la capacità di prestare attenzione a un medesimo stimolo per un periodo di tempo prolungato.
Questo processo è influenzato da caratteristiche personali e dello stimolo. L’attenzione sostenuta
può diminuire quando gli stimoli diventano prevedibili e immutati, generando un’abituazione, cioè
una diminuzione delle risorse attentive verso lo stimolo. Un cambiamento, seppur piccolo, di uno
stimolo familiare può modificare lo stato delle cose e produrre una disabituazione. Stimoli diversi
dal solito possono aiutare a mantenere l’attenzione verso un certo compito.
La percezione
La percezione è quel processo attraverso il quale le informazioni raccolte dagli organi di senso sono
organizzate in oggetti, eventi o situazioni e vengono elaborate in unità dotate di significato per il
soggetto. È diversa dalla sensazione, che è la mera interazione tra stimoli fisici e recettori
sensoriali.
La percezione è un processo costruttivo si strutturazione delle sensazioni, con lo scopo di formare
una rappresentazione dotata di significato.
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Una distinzione all’interno della percezione riguarda:
- I processi bottom-up, che sono un’elaborazione dal basso verso l’alto, ovvero
un’elaborazione guidata dalle informazioni sensoriali. Quando prevale, ogni stimolo
possiede informazioni sensoriale sufficienti per essere riconosciuto, senza l’intervento di
processi cognitivi superiori. Lo stimolo ha già un proprio ordine interno.
- I processi top-down, ovvero elaborazioni guidate da altri processi cognitivi, come la
memoria, la motivazione e gli stati emotivi. Si ha quando la conoscenza influenza il modo
con cui viene percepito uno stimolo. Bruner ha messo a fuoco questo tipo di elaborazione,
tramite la teoria secondo la quale i processi cognitivi contribuiscono a costruire le nostre
percezioni, utilizzando le conoscenze che si possiedono. Un esempio è la percezione
dell’astrazione.
Gli psicologi della Gestalt furono i primi a studiare la percezione e a individuare le principali regole
di come vengono organizzati e dotati di significato i vari stimoli del mondo esterno.
Tra le funzioni della percezione, c’è quella di riconoscere oggetti e scene del mondo esterno. Gli
psicologi della Gestalt hanno individuato delle regole secondo le quali gli elementi percettivi sono
organizzati secondo una “buona “forma”.
Insieme alla percezione, sono fondamentali le costanze percettive, cioè il fatto che gli oggetti
rimangono percettivamente invariati mantenendo la stessa grandezza, anche quando cambiano le
dimensioni delle immagini proiettate sulla retina.
L’organizzazione percettiva degli elementi è in relazione al contesto nel quale lo stimolo è
percepito.
Davanti ad un’immagine agiscono anche gli stili cognitivi. Lo stile cognitivo si riferisce alle
preferenze che ha una persona per un certo modo di elaborare l’informazione: chi ha uno stile
globale, guarda la forma complessiva, chi ha uno stile analitico si fissa sui dettagli.
Di fronte ad uno stimolo, il sistema percettivo sfrutta un’iniziale elaborazione globale, per arrivare
ad un’elaborazione locale, cioè individuando i singoli elementi.
CAPITOLO 3- LA MEMORIA
Funzioni della memoria ed elaborazione iniziale dell’informazione
La memoria può essere definita come un sistema attivo, che ci permette di elaborare, conservare e
recuperare informazioni della nostra esperienza quotidiana. È composta da una serie di sistemi
interconnessi complessi.
Sono state identificate tre principali funzioni della memoria:
- Codifica, il sistema si attiva per elaborare le informazioni trasformandole in un formato che
potrà essere conservato in memoria e riconosciuto.
- Immagazzinamento, mettere e mantenere l’input codificato in memoria, in attesa di una
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- Recupero, l’informazione viene ritrovata dall’archivio per essere utilizzata.
Per capire come funzionano queste tre funzioni sono necessari dei modelli di riferimento:
- Un modello classico, che sancì la nascita del cognitivismo moderno, di Atkinson e Shiffrin.
Secondo questo modello, l’informazione viene gestita dai tre sistemi di memoria
(sensoriale, a breve termine MBT e a lungo termine MLT). Ogni sistema è dotato di una
funzione, ovvero il ruolo che svolge, una capacità, ovvero quante informazioni può
contenere, e una durata, ovvero il tempo in cui può trattenere informazioni.
La memoria sensoriale è una sorta di fotografia istantanea, che trattiene le informazioni solo per
pochissimo tempo, necessario a spostarle nella MBT. A questo livello, le informazioni vengono
trattenute allo stato grezzo. Si ritiene che ci sia uno specifico deposito per ogni sistema sensoriale.
Quello del sistema visivo è chiamato memoria iconica, mentre quello del sistema uditivo si dice
memoria ecoica. Solo una piccola parte di quello che vediamo o sentiamo passa nella MBT., che è
un magazzino in cui un numero limitato di informazioni restano per circa 20 secondi.
La MBT permette di attivare un primo processo di controllo per elaborare le informazioni. Questo è
spiegato nel concetto di memoria di lavoro ML, che include processi semplici della MBT, ma ance
processi attivi compiuti sull’informazione mantenuta nella MBT. Un esempio di processo attivo è la
ripetizione di un’informazione, al fine di ricordarla.
Nel modello di Baddley e Hitch sono stati identificati dei sottosistemi fondamentali:
- Il loop fonologico, chiamato anche memoria di lavoro verbale, che permette di elaborare e
mantenere l’informazione linguistica. Esso contiene a sua volta due componenti: un
magazzino fonologico, che mantiene l’informazione acustica e verbale per tempi brevissimi,
e un meccanismo di ripetizione, che interviene per mantenere più a lungo l’informazione
nel magazzino fonologico
- Il taccuino visuo-spaziale, che mantiene ed elabora stimoli con caratteristiche visuo-spaziali
- Buffer episodico, che permette l’immagazzinamento temporaneo di informazioni
conservate in codice multimodale come scene ed episodi
- L’esecutivo centrale, che coordina gli altri sottosistemi, integra informazioni e seleziona le
strategie volontarie e coscienti. Esso è coordinato dal sistema attentivo supervisore.
Per misurare la capacità di ML si usano prove di span, che si riferiscono al numero di elementi
presentati che la persona riesce a ricordare nell’ordine esatto: più è lunga la serie di elementi
ricordati senza errori, più è maggiore la capacità di mantenere ed elaborare informazioni verbali.
Un’altra divisione è tra memoria retrospettiva, relativa a eventi del passato, e prospettica,
che riguarda il ricordo dell’intenzione precedente di compiere azioni nel futuro.
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Quest’ultima è importante per ricordarsi di avere un certo comportamento quando si
verifica un certo evento.
Un’altra funzione importante della memoria è, appunto, l’immagazzinamento, che è in relazione a
come vengono decodificare le informazioni. Se esse hanno un significato e sono distintive, sono pi
facili da immagazzinare: tanto più si attribuisce significato al materiale durante la decodifica,
migliore sarà la fissazione del ricordo.
Oltre a questa, esiste anche la funzione di recupero, che può essere ostacolato da vari fattori, come
l’ansia. Accade spesso che alcune informazioni contenute nella memoria vadano perse, e in questo
caso si verifica l’oblio (evidente, per esempio, in condizioni di amnesia.
CAPITOLO 4-PENSIERO
Strutture del pensiero: immagini mentali e concetti
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Il pensiero è dato da un insieme di processi che rendono disponibili informazioni su cui lavorare e
permette di costruire rappresentazioni mentali di un problema o di una situazione, che possono
assumente una forma proposizionale, come parole o affermazioni, o basarsi su immagini.
Le immagini mentali
Tra le loro funzioni c’è anche quella di aiutare il pensiero. Molte immagini mentali sono colorate,
tridimensionali e analogiche. Alcune ricerche hanno evidenziato che buone capacità di
immaginazione portano a punteggi più elevati nei testi che misurano la creatività. Le immagini
mentali variano a seconda della persona: alcuni sanno elaborarle in modo molto vivido, altri hanno
scarse abilità immaginative. Per misurare l’immaginazione di una persona, si possono utilizzare dei
questionari. Le abilità immaginative possono essere migliorate con istruzioni e processi specifici.
Concetto
Il concetto è stato definito in vari modi, ma principalmente con riferimento a un insieme di
caratteristiche che accomunano potenzialmente una serie di esemplari. Ha la funzione di unificare
varie caratteristiche di singoli oggetti organizzando in memoria le informazioni in modo
economico. Quando un concetto accoglie una serie di concetti più specifici, si parla di categoria.
Concetti e categorie si formano per il processo di categorizzazione, ovvero un processo di
classificazione delle informazioni in categorie dotate di significato. Per classificare si usano
inferenze di due tipi:
- Induttive, quando si attivano le informazioni del concetto che si attribuiscono all’esemplare
- Deduttive, quando un attributo di un esemplare viene generalizzato
L’insieme delle caratteristiche dei migliori esemplari del concetto è definito prototipo. Per
esempio, il prototipo di “mammifero” è “cane”.
Pensiero e linguaggio
I concetti sono quasi sempre espressi da parole che sostengono il processo di concettualizzazione.
Il linguaggio viene usato per comunicare con glie altri, e quindi è utile per apprendere concetti
nuovi. Il linguaggio interagisce con il pensiero quando diamo dei comandi o quando un
ragionamento viene facilitato dal pensiero ad alta voce.
Ragionamento
È una forma di pensiero, che si distingue in deduttivo e induttivo.
Ragionamento deduttivo
È quel processo in cui la conclusione è necessariamente vera, qualora le premesse siano vere o
viceversa. La tipologia principale di questo ragionamento è il sillogismo, che si basa su due
premesse, dalle quali si arriva alla conclusione. Per risolvere un sillogismo ci si avvale di modelli
mentali, che si articolano in:
- Comprensione delle premesse
- Integrazione delle premesse
- Estrazioni delle conclusioni
- Ricerca di contro esempi, per trovare una conclusione alternativa
Il sillogismo più comune è quello categorico, con una premessa maggiore, una minore e la
conclusione: “tutti i bovini sono animali, alcuni bovini sono mucche, tutte le mucche sono animali”.
È comune che vengano commessi errori nei sillogismi categorici, ed essi vengono chiamati belief
bias.
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Il sillogismo lineare esprime relazioni tra vari ordini e la conclusione può essere raggiunta
collegando la prima e la seconda premessa, con un termine medio che ricorre in entrambe: “Anna
è più alta di Maria, Teresa è più bassa di Maria, Anna è più alta di Teresa”.
Il sillogismo condizionale prevede una premessa ipotetica: “se p, allora q”.
Il ragionamento induttivo
È un’attività di pensiero in cui una regola viene inferita da una serie di esempi o osservazioni. Lo
usiamo per dare un senso agli eventi che accadono per poterli prevedere e arrivare a una
conclusione probabile.
La probabilità è alla base di questo ragionamento. Se non viene valutata in modo corretto la
probabilità degli eventi, si compiono errori, alla base dei quali c’è l’uso delle euristiche, ovvero
scorciatoie di pensiero:
- Euristica della rappresentatività, quando si dà maggior peso all’ipotesi che appare
maggiormente rappresentativa della sua categoria. Per esempio, la sequenza alla roulette
che sembra più probabile è “rosso nero rosso nero” rispetto a “rosso rosso rosso rosso”,
anche se in realtà hanno la stessa probabilità.
- Euristica della disponibilità, che porta a stimare la probabilità di un certo evento sulla base
della facilità con cui vengono alla mente esempi di quell’evento. “Inglese ci sono più parole
che iniziano con R o che hanno R come terza lettera?” la maggior parte risponde la prima
opzione, perché le parole che iniziano con R sono più facili da evocare.
- Euristica dell’ancoraggio-aggiustamento (accomodamento), il giudizio è influenzato dalle
informazioni fornite inizialmente, che tendono a essere confermate anche successivamente
rispetto a tutto ciò che le contraddice o le mette in discussione
Il problem solving
Ha tre componenti:
- Rilevazione del problema, data da un confronto tra l’ambiente attuale e i propri obiettivi
- Rappresentazione del problema, in cui si deve definire il problema e rappresentarlo in
modo adeguato, induce a cercare spiegazioni e creare ipotesi
- Ricerca della soluzione, in cui si controlla ciascuna ipotesi formulata precedentemente.
Implica un’analisi del problema. Per la risoluzione si possono adottare diverse strategie,
come l’analisi mezzi-fini (identificare le differenze tra lo stato di cose attuali e gli obiettivi),
generazione e verifica (generare una strategia, applicarla e vedere i risultati), ricerca per
astrazione (rappresentare il problema con grafici), ricerca in salita (selezionare lo stato
successivo solo se si migliora la condizione attuale).
I problemi si dividono in:
- Ben strutturati, che per la loro risoluzione richiedono una serie preordinata di mosse
- Poco strutturati, che non si risolvono con una serie di passaggi, il punto di arrivo deve
essere trovato.
La fissità funzionale è la fissazione sulla funzione usuale di un oggetto, che limita soluzioni
alternative. Questo può essere un ostacolo alla risoluzione di un problema.
Quando si deve riorganizzare gli elementi rispetto al loro uso, si trovano soluzioni per insight.
Il pensiero creativo
L’insight presenta delle relazioni con una forma di pensiero divergente, che viene attivato nelle
situazioni che permettono più vie d’uscita (al contrario di quello convergente). La domanda “in che
modo possono essere riutilizzate le bottiglie di plastica vuote?” permette lo sviluppo di un
pensiero divergente.
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Lo sviluppo del pensiero
Inteso come formazione di concetti e immagini mentali si sviluppa dai due anni. Via via il bambino
articola le sue conoscenze e arriva a concetti e regole più precise. Dagli 11 anni si sviluppa a pieno
la capacità di fare inferenze, compiere ragionamenti di tipo induttivo o deduttivo. Già dai primi
anni di vita, però, il ragionamento e il problem solving si affermano.
Definire l’intelligenza
Definire l'intelligenza significa comprendere il funzionamento psichico dell'uomo nelle sue
manifestazioni più elevate. L'intelligenza è un ambito di studio complesso che affronta questioni
controverse. È difficile trovare una definizione globalmente accettata per la presenza di molte idee
diverse sull’intelligenza. È possibile, tuttavia, definire due accezioni fondamentali:
- l'intelligenza come accezione generale, che pone l'accento su ciò che è comune agli esseri
viventi. Si riferisce alla capacità di comprendere la realtà. Ci si riferisce all'intelligenza, in
termini generali, per menzionare l'attività della mente umana.
- L’intelligenza come accezione differenziale, che pone l’accento su ciò che differenzia gli
individui nella capacità di affrontare i compiti cognitivi. Questa accezione spiega perché
sono stati inseriti dei “test di intelligenza”, che permettono di operare una differenziazione
tra gli individui.
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le potenzialità e le specificità di una persona. Gardner ha individuato 7 forme di intelligenza,
ognuna con le proprie caratteristiche.
Sternberg individua, invece, 3 forme di intelligenza:
- analitica, che rappresenta le capacità astratte e il ragionamento logico
- pratica, ovvero la capacità di applicare ciò che la mente ha elaborato
- creativa, cioè la capacità di individuare strade nuove e soluzioni originali
Queste teorie, però, presentano dei problemi, perché non c’è accordo su quali siano le forme di
intelligenza fondamentali, le abilità descritte non sono indipendenti tra loro e non sembrano avere
la stessa importanza nella vita quotidiana.
Le teorie gerarchiche
Esse prevedono che un vasto insieme di abilità possa essere categorizzato in specifiche distinte
forme, ma queste si pongono a differenti livelli gerarchici e nel loro insieme rimandano ad un
fattore più centrale e importante, inteso come il “fattore g” delle teorie unitarie.
Secondo la teoria di Carroll, c’è:
- lo strato III più elevato, ovvero il fattore g
- lo strato II con 9 abilità
- lo strato I con abilità ristrette
Da questa teoria derivano varie formulazioni, che vanno sotto il nome di CHC (Cattell, Horn,
Carroll).
Modello a cono delle quattro componenti della teoria dell’intelligenza basata sul controllo della
memoria di lavoro
Il modello a cono di Cornoldi tiene conto della multicomponenzialità dell’intelligenza, includendo
le strutture intellettive di base in modo gerarchico, ma anche aspetti non cognitivi, come
l’esperienza o gli aspetti motivazionali culturali.
Questo modello ha una forma conica e evidenza come le abilità intellettive alla base del cono siano
strettamente legate alla specificità del materiale su cui operano, come aspetti verbali, visivi o
spaziali, mentre sono meno condizionate dalla capacità di controllo della memoria di lavoro.
Ad esempio, ricordare una serie di parole è un compito verbale, poco elevato gerarchicamente che
richiede un basso controllo della memoria di lavoro.
Via via che ci si avvicina all’apice del cono è necessario un maggior grado di controllo, mentre
assume meno importanza la natura del compito in sé.
Questo funzionamento dell’intelligenza è integrato da tre fattori esterni alle strutture intellettive di
base:
- esperienza, che agisce negli strati inferiori
- fattori motivazionali-culturali, che agiscono a più livelli sulle operazioni intellettive
- fattori emotivi-metacognitivi, che incidono sui processi altamente controllati
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Il quoziente intellettivo
I test di intelligenza permettono di ottenere un punteggio, che viene poi trasformato in un
“punteggio standard” che permette di confrontare gruppi e identificare profili differenti di
individui. Il punteggio ottenuto ai test permette, quindi, di individuare il QI.
Esso è stato proposto per la prima volta da Stern nel 1912, che studiava se i bambini di una certa
età riuscissero a svolgere dei compiti per bambini più grandi o più piccoli.
Il calcolo del QI si basava sul rapporto età mentale/età cronologica x 100. L’intelligenza di un
bambino veniva definita in termini di età mentale.
Questa accezione di QI è stata superata e oggi si definisce come punteggio di deviazione, in cui non
si fa riferimento ad altre età, ma alla fascia stessa del bambino.
Disabilità intellettiva
Una persona con disabilità intellettiva presenta una debolezza generalizzata che riguarda molti
aspetti del funzionamento intellettivo, cioè presenta difficoltà in tutti (o quasi) gli aspetti intellettivi
esaminati.
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Risulta ampiamente condivisa la convinzione che l’intelligenza sia stabile ed ereditabile con stime
fino al 70%. Questa teoria si basa su vari studi, ad esempio: un test di intelligenza proposto molto
precocemente può predire, a distanza di anni, il successo scolastico e lavorativo.
Tuttavia il contesto culturale e familiare influisce sullo sviluppo intellettivo, soprattutto se è
carente. Quindi i contesti educativi possono contribuire ad incrementare l’intelligenza e
decrementare gli effetti negativi. Nel contesto scolastico è importante tener conto delle effettive
abilità dell’individuo e delle sue abilità potenziali.
Zona di sviluppo prossimale
Sono le abilità potenziali che l’individuo potrebbe essere in grado di esprimere se assistito. Questo
concetto è alla base di un approccio secondo cui lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori,
come l’intelligenza, è il risultato dell’interazione dell’individuo e degli strumenti fornitigli
dall’ambiente.
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Teorie implicite: sono fatto così o posso migliorare?
Obiettivi (Elliott)
Si riferiscono alla riflessione metacognitiva sul “perché” si vuole qualcosa. Valgono sia per chi
apprende, che per chi favorisce l’apprendimento.
- padronanza del compito: imparare, migliorarsi, conoscere;
- ottenere risultati: caratteristiche intermedie, ma funzionali a un obiettivo di padronanza
per raggiungere standard personali;
- dimostrazione di abilità: ottenere feedback positivi, competere.
Gli obiettivi di padronanza rendono più efficace e piacevole l’apprendimento rispetto agli obiettivi
di dimostrazione.
Teoria statica o entitaria
Visione delle abilità come competenze che o si posseggono o non si hanno, applicata al proprio
caso personale. E’ poco funzionale all’apprendimento sul piano emotivo e motivazionale. Esempio:
“Sei il solito distratto”
E’ in correlazione con l’obiettivo di dimostrazione.
Teoria incrementale
Porta a credere che le abilità sono in crescita e che l’esperienza può comportare o determinare un
miglioramento delle proprie conoscenze, competenze e attitudini. In questa teoria è fondamentale
e cruciale l’impegno, e si accompagna a vissuti emotivi piacevoli in quanto favorisce una
rappresentazione del sé positiva. A determinare e mantenere questa teoria è l’ambiente attraverso
i feedback e gli obiettivi che trasmette. Esempio: “Ti sei distratto. Come potresti fare per stare più
attento?”
E’ in correlazione con l’obiettivo di padronanza.
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di memoria autobiografica (c. 3). Consente di costruire legami e dare un senso di continuità tra
l’esperienza e la stima in ottica metacognitiva. Ad esso è contrapposto il pensiero paradigmatico
che è basato su nessi logici, ipotesi, analisi e un linguaggio decontestualizzato tipico delle scienze
esatte;
Teoria della mente: capacità di “decentrarsi”, ossia porsi dal punto di vista dell’altro, di
rappresentarsi ciò che ha in mente un altro individuo. Favorisce i processi metacognitivi
promuovendo la comprensione sociale e aiutando a creare stime riguardo interazioni sociali.
Consente di prevedere e comprendere gli stati mentali altrui attraverso la rappresentazione di
emozioni.
CAPITOLO 7-MOTIVAZIONE
I motivi impliciti
Sono definibili come “tratti di motivazione”, si riferiscono a delle disposizioni di base che ci portano
ad essere, in modo anche inconsapevole, attratti da stimoli, situazioni, compiti riferiti a 3 ambiti:
- motivo alla riuscita: spinge a desiderare di affrontare un compito in cui sentirsi competenti
e ad avere successo. Risultato opposto: fallimento;
- motivo alla dominanza: spinge a voler sentire che si ha il controllo della situazione, che le
proprie idee vengono seguire e che non si è dominati da altri. Risultato opposto:
sottomissione;
- motivo all’affiliazione: porta a proporsi per il desiderio di essere accettati e accolti. Risultato
opposto: esclusione.
La motivazione è conflittuale: lo stesso motivo può portare a fare o a evitare la situazione. Ci sono
differenze individuali nella forza dei vari motivi. A determinare l’intensità dei motivi e a modularli
vi sono 3 fattori:
- di base: è costituzionale e ci contraddistingue fin dalla nascita;
- stima di successo;
- emozioni anticipate: quanto soddisfatto o meno suppongo che mi sentirò se vedrò appagati
o meno i motivi.
A determinare le stime di successo e insuccesso e le emozioni anticipate sono le esperienze
pregresse. I motivi infatti sono latenti, sono predisposizioni su cui si innestano tutti i successivi
processi motivazionali.
La percezione di competenza
E’ il “sentirci capaci” e costituisce una forte spinta motivazionale. All’origine del percepirsi
competenti c’è la motivazione alla riuscita. I comportamenti degli adulti possono determinare un
blocco o uno sviluppo della percezione di competenza. Solo chi fa in prima persona può sentirsi
competente, se fa un altro per noi ci sentiremo meno competenti.
Promozione della motivazione
Adulto che lascia provare e non si intromette, anzi incoraggia.
Aumenta: percezione di competenza, desiderio di padronanza, motivazione alla competenza.
Diminuisce: bisogno di approvazione esterna.
Blocco della motivazione
Adulto intrusivo, direttivo o controllante. Esempio “Non sei portato”.
Aumenta: bisogno di approvazione, ansia del fallimento, evitamento.
Diminuisce: percezione di competenza, motivazione al compito.
L’autoefficacia
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La percezione di autoefficacia è in relazione con la percezione di competenza. Esempio: “questa
cosa non so farla” prima ancora di iniziarla.
Si definisce come percezione di efficacia anche la percezione di controllo della situazione, che è
anticipatoria e specifica. Esempio: “adesso, questo compito, per come mi sento ora, non riesco a
farlo”.
La percezione di autoefficacia è un importante fattore motivante. L’autoefficacia si costruisce in 4
passi:
1. affrontare la situazione e ottenere un buon risultato;
2. vedere altri che riescono (anche sé stessi in passato);
3. persuasione verbale: convincersi di riuscire;
4. gestione dell’emotività negativa.
CAPITOLO 8-EMOZIONI
L’origine delle emozioni: la teoria controllo-valore
Perché di fronte a uno stesso compito c’è chi va in ansia mentre altri affrontano positivamente la
situazione, e altri ancora si annoiano? Secondo la teoria controllo-valore [Pekrun] ci sono due
antecedenti cognitivi delle emozioni: la percezione di controllo e il valore. Pekrun li esamina anche
dal punto di vista delle emozioni che possono produrre nel processo di apprendimento.
Percezione di controllo
Sentire di essere capace, sapere come riconoscere che il buon risultato dipende da sé.
Valore
Si riferisce al significato e all’importanza data al compito o alla situazione.
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Le due si accrescono vicendevolmente e sono necessarie entrambe per cogliere la sfumatura
emotiva. L’ambiente comunica valori, aspettative e percezioni che influenzano le valutazioni di
controllo e di valore.
Le emozioni piacevoli
Quando si parla di emozioni quasi sempre si hanno in mente emozioni spiacevoli, ma esistono
molte emozioni a carattere piacevole la cui funzione è fondamentale per il benessere e anche per
aiutare ad elaborare il vissuto emotivo più spiacevole.
Secondo il modello di [Fredrickson] queste emozioni positive ampliano il repertorio di azioni e
pensieri e favoriscono l’apprendimento. Difatti il processo non è “del momento”, ma si configura
nella crescita di “forze” quali: ottimismo, resilienza, tendenza a vedere le cose nella prospettiva
migliore. Per sostenere l’apprendimento è importante, oltre a ridurre le emozioni spiacevoli, anche
incrementare le emozioni piacevoli. Lo stato emotivo piacevole può aiutare ad affrontare lo stato
emotivo spiacevole. Il rapporto ottimale di emozioni piacevoli : spiacevoli è 3 : 1.
L’entusiasmo
[Keller] distingue tra:
- entusiasmo sperimentato e sentito: emozione provata;
- dimostrazione di entusiasmo attraverso comportamenti relativi soprattutto alla sfera della
comunicazione non verbale.
L’entusiasmo fa provare emozioni piacevoli e migliora l’apprendimento.
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Capita di dover regolare le proprie emozioni per renderle funzionali ad affrontare la situazione.
Tale processo di regolazione ha un “costo del controllo emotivo” (emotional labor). Esso richiede
un lavoro sul proprio vissuto emotivo (acting) a due diversi livelli:
- profondo: si attua una rivalutazione della situazione e delle possibili interpretazioni che
determina una reale modifica del vissuto emotivo. La focalizzazione è sugli antecedenti, sui
fattori che generano l’emozione;
- superficiale: viene modulata solo l’espressione comportamentale, sopprimendo la naturale
manifestazione del vissuto emotivo provato. La focalizzazione è solo sulla risposta.
L’emozione risulterà trasformata ed espressa in modo autentico solo se ci sarà stata una
preliminare riflessione e modulazione dei significati. In caso contrario, l’emozione sarà solo
soppressa superficialmente. L’elaborazione profonda favorisce il benessere, mentre ripetuti sforzi
di elaborazione superficiale possono stressare fino a condurre a fenomeni di burn-out.
Modello di [Gross]
Mostra che è possibile modificare il proprio vissuto emotivo, sottolinea l’importanza di riflettere
sulle proprie esperienze emotive e di comunicare le emozioni per riuscire a elaborarle e
controllarle. Questo “controllo” riguarda emozioni che già si provano.
Non sono gli eventi in sé ad emozionarci, ma altri fattori individuati da [Frijda] nella codifica e
nell’interpretazione. Uno stesso evento può infatti trasmettere significati differenti e andare a
incidere sull’emotività di alcune persone, ma non di altre. Contano gli obiettivi, i potenziali ostacoli
che si esperiscono e le informazioni che si hanno al fine di giudicare un evento che genera
emozioni. Le interpretazioni degli eventi generano le emozioni in un processo ricorsivo: le
valutazioni cognitive danno luogo a reazioni e comportamenti che rimodulano il processo. Ogni
emozione è unica, perché unici sono i contesti e i pensieri di quel momento. Non sono gli altri a
farci emozionare, ma siamo noi a “decidere” che emozione provare
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Il bisogno di relazione
La Self-determination Theory [Ryan e Deci] specifica l’importanza della relazione nel favorire il
benessere e la motivazione. E’ cruciale il soddisfacimento e la non frustrazione di 3 bisogni innati:
1. relazione - soddisfazione: sentirsi accolti e accettati; frustrazione: senso di esclusione;
2. competenza - soddisfazione: riuscire, sapere come fare; frustrazione: sentirsi incapaci;
3. autonomia - soddisfazione: poter scegliere come organizzarsi; frustrazione: sentirsi
obbligati.
Le persone dimostrano benessere e spinta motivante in ciò che fanno quando si sentono sostenute
e capaci di fare cose scelte da sé. E’ possibile favorire benessere e motivazione sia sostenendo che
non frustrando i 3 bisogni. Non è sufficiente che i 3 bisogni siano soddisfatti, ma occorre che ci sia
equilibrio nella soddisfazione di essi.
La soddisfazione è come una vitamina: nutre il naturale bisogno di avere relazioni che sostengono
gli sforzi per essere capaci e autonomi. La frustrazione è come un veleno: attivamente ci fa sentire
fuori posto, meno capaci e obbligati a svolgere attività poco chiare.
Ambiente caring
Per soddisfare e non frustrare i 3 bisogni serve creare un ambiente caring, che fa sentire accolti per
i tentativi di costruire la propria motivazione. Le caratteristiche di questo ambiente sono:
- non giudicare, far sentire competenti, lasciare scegliere;
- spiegare le ragioni per fare;
- accettare le espressioni di emotività negativa;
- rispettare i tempi individuali e sostenere interesse e curiosità;
- adottare un linguaggio non controllante: potresti.., come pensi di..?.
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L’apprendimento si svolge in un contesto sociale: è il graduale inserimento nella vita intellettuale
dell’ambiente in cui si vive e la cui cultura si assorbe con vari mezzi.
Obiettivo sociale
Uno scopo rivolto agli altri e quindi non solo e unicamente al fine individuale del proprio
apprendere. Tali obiettivi possono agire sinergicamente con gli obiettivi di apprendimento o anche
entrarci in conflitto.
Rappresentazioni di sé [Higgins]
1. sé presente e sé ideale (personale): non sono come vorrei;
2. sé presente e sé imperativo (per sé): non sono come credo di dover essere;
3. sé presente e sé ideale (per gli altri): non sono come vorrebbero che io sia;
4. sé presente e sé imperativo (per gli altri): non sono come vogliono che io sia;
Queste rappresentazioni definiscono la spinta al cambiamento: desiderare o voler essere diversi
attiva verso il cambiamento. La discrepanza fra chi sono e chi sento dovrei essere è una forte fonte
di motivazione.
Autostima
E’ la valutazione e valorizzazione globale di sé. Autostimarsi significa piacersi e ritenersi capaci. Alla
base ci sono due dimensioni:
- “io posso” self-competence: percezione di competenza e di auto-efficacia;
- “io valgo” self-liking: convinzione di valore e di importanza data al compito e al sé che
apprende.
Dipendono entrambe in parte dal supporto fornito dall’ambiente attraverso meccanismi che
possono promuovere o bloccare la crescita dell’autostima, quali:
- reflected appraisal (valutazione riflessa): mi valuto e costruisco la mia autostima sulla base
delle valutazioni degli altri;
- contingent self-worth (valorizzazione di sé in base alle contingenze): valgo e mi sento
apprezzato se ottengo buoni risultati, credo di non valere se non riesco. Rende l’autostima
instabile;
- convinzioni self-defining: i risultati definiscono chi sono;
- convinzioni self-enhancing: le difficoltà mi consentono di migliorare.
Al fine di accrescere l’autostima è importante rimandare un’immagine di persona che può e che
vale, che conta l’impegno e non la dimostrazione di abilità.
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- perspective taking: porsi dal punto di vista dell’altro;
- pensiero narrativo: raccontare le proprie scoperte e conoscenze.
L’atteggiamento dell’insegnante dovrebbe essere aperto e caratterizzato da un’attenzione rivolta a
ciascun alunno e ad ogni argomento prodotto.
Le tecniche “personalizzate” [Rivetti e Capodieci] di peer tutoring (lavoro a coppie) e
apprendimento cooperativo sono altamente strutturate e attente alle caratteristiche degli studenti
più fragili. Negli anni sono state sviluppate anche altre tecniche specifiche quali il Teambuilding, il
Jigsaw e il Group Investigation che favoriscono la responsabilizzazione e la costruzione di gruppi
efficaci.
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- La via fonologica e sublessicale, o indiretta, usa regole di conversione grafema/fonema e
assicura il riconoscimento e la lettura delle parole regolari e delle non parole. Permette
quindi di leggere ogni parola.
Per una lettura adeguata sono necessarie entrambe le vie.
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La scelta dei punti di fissazione non è a caso, ma avvengono sulle parti più significative del testo.
Durante le pause, il lettore compie una serie di processi che permettono il collegamento con
quanto già letto e anticipano le parti seguenti del testo.
È importante dire che l’attribuzione del significato del testo avviene durate la lettura e non alla
fine!
Un altro contributo di questo studio è quello di delineare le modalità di lettura del lettore esperto,
rispetto a quello in difficoltà. Una lettura veloce si basa sulla capacità di ridurre le fissazioni e
abbreviare il tempo della codifica.
Processo inferenziale
È molto legato alle conoscenze preesistenti e ai processi di memoria, e consiste nell’abilità di
dedure informazioni di varia natura non esplicitate nel testo. Fare inferenze significa collegare le
informazioni nel testo con le conoscenze del lettore. La capacità di trarre inferenze è legata al
livello di maturità raggiunto nella lettura.
- Inferenze che mantengono la coerenza, che favoriscono la creazione di un modello mentale
coerente. Permettono di collegare informazioni lontane nel testo (inferenze ponte).
- Inferenze elaborative, che permettono di approfondire il contenuto del testo e consentono
di elaborare meglio il significato.
I cattivi lettori generano meno inferenze rispetto ai buoni lettori e tendono a perdere le
informazioni rilevanti.
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- Consapevolezza di sé come lettore, riguardano le sue reali capacità, i suoi interessi e la sua
motivazione.
- Controllo, permette di cogliere errori o cadute di comprensione.
CAPITOLO 11-SCRITTURA
Nella scrittura sono in gioco tre componenti fondamentali:
- Grafismo
- Ortografia
- Espressione scritta
Il grafismo e la disgrafia
Il segno e il movimento costituiscono il grafismo e sostengono la competenza grafo-motoria,
ovvero tutte le abilità che consentono alla persona di riprodurre i singoli segni grafici. Il grafismo
dipende dallo sviluppo della motricità fine, della coordinazione motoria e visuo-motoria, che
variano a seconda del sesso, della cultura e dell’età.
Gli aspetti fondamentali indicativi dell’acquisizione dei pattern grafo-motori della scrittura sono la
velocità e la leggibilità.
L’abilità della scrittura, nonostante venga insegnata esplicitamente solo nei primi anni della scuola
primaria, evolve lungo tutto l’arco della scolarizzazione. È uno strumento abbastanza regolare che
cresce in modo costante, con una spinta iniziale e una attenuazione negli ultimi anni delle scuole
superiori.
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Nell’analisi di padronanza grafica si considerano anche la gestione dello spazio nel foglio, la
direzione del movimento, la grandezza dei grafemi, la spaziatura, ma anche la pressione della
penna e l’impugnatura, le dimensioni del banco e della sedia, la posizione del gomito e della spalla.
Per valutare la qualità e la leggibilità del grafismo si usano dei questionari chiamati check list, che
sono molto specifici nel caso in cui uno studente abbia difficoltà in questo ambito.
Il grafismo corrisponde alla meccanica della scrittura, e a scuola la scrittura manuale è un’abilità
fondamentale richiesta.
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entrano in gioco diversi fattori linguistici a livello testuale, sintattico, morfologico, lessicale e
ortografico.
Come dovrebbe procedere uno studente davanti ad una produzione scritta?
- Definire a sé stesso il contesto e il compito da svolgere, chiarire lo scopo e la tipologia di
testo da produrre.
- Fase della generazione di idee, attingendo a conoscenze e informazioni immagazzinate
nella MLT o ricorrendo a fonti esterne
- Abbozzo di pianificazione e organizzazione del testo da produrre, che potrebbe organizzare
in una scaletta
- Revisione, al fine di migliorare o rivedere il piano che sta alla base del testo trascritto
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- Quello knowledge transforming, che mette in evidenza il duro lavoro dello scrittore
esperto, che seleziona, organizza e sceglie i contenuti e la tipologia testuale più adatta.
Tra le abilità cognitive, la capacità di espressione scritta è la più complessa, anche per un adulto. Il
secondo modello non esclude il primo, in quanto in alcune situazioni si deve ricorrere ad esso.
Inoltre, i due modelli non devono essere considerati come due fasi di uno sviluppo maturativo, ma
piuttosto come due approcci di scrittura in stretta relazione con l’esperienza di apprendimento.
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Modello modulare [McCloskey, Caramazza, Basili]
L’architettura della cognizione numerica è organizzata in 3 moduli distinti collegati tra loro tramite
la rappresentazione astratta di quantità:
- sistema di comprensione numerica: trasforma la struttura superficiale dei numeri (espressi
in codice verbale o arabico) in una rappresentazione astratta di quantità;
- sistema di calcolo: assume la rappresentazione e la manipola attraverso 3 componenti
(segni delle operazioni + - x :, “fatti aritmetici”=operazioni base, procedure del calcolo);
- sistema di produzione numerica: traduce le rappresentazioni interne in risposte numeriche
(output).
Nei processi di comprensione e di produzione si distinguono due tipi di elaborazione:
- lessicale: elaborazione di singole cifre o parole contenute nel numerale al fine di ricavarne il
nome;
- sintattica: elaborazione dei rapporti tra le cifre o le parole per ricavare il corretto ordine di
grandezza.
Modello del triplo codice [Dehaene]
Due premesse fondamentali:
1. i numeri possono essere rappresentati mentalmente in tre diversi formati (codici): verbale
uditivo /quattro/, arabico visivo 4, grandezza analogica;
2. ogni codice numerico specifico possiede i propri processi di input/output.
Distingue 3 gruppi di abilità numeriche, ognuna con un particolare formato numerico:
- notazioni numeriche verbali: abilità legate alla conta e al recupero dei fatti aritmetici;
- notazioni in cifre: risoluzione di operazioni con numeri a più cifre e giudizio di parità;
- grandezze analogiche: confronti tra quantità, stime e calcolo approssimativo →
competenze numeriche preverbali.
Novità del modello: capacità di manipolare i numeri e di svolgere i compiti aritmetici utilizzando la
via asemantica, ossia senza la necessità di elaborare una rappresentazione analogica della
quantità.
Le difficoltà nel calcolo
Sono state individuate 3 fondamentali abilità/difficoltà nella popolazione scolastica italiana:
- automatizzazione: il bambino è lento;
- conoscenza numerica: il bambino non si muove bene nel mondo dei numeri;
- calcolo scritto.
Quando i problemi nel calcolo compromettono in modo significativo la prestazione ci si riferisce ad
un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) denominato “discalculia” di cui si sono distinti due
profili principali:
1. debolezza nella strutturazione cognitiva delle componenti di cognizione numerica (aspetti
basali dell’intelligenza numerica: subitizing, quantificazione, comparazione..). E’ una “cecità
ai numeri”, l’incapacità di comprendere e manipolare le numerosità. [Butterworth] ha
ipotizzato l’esistenza di un “cervello matematico” innato, di cui però si può anche essere
sprovvisti.
2. procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri) e calcolo. Si riferisce
alle difficoltà nell’acquisizione delle procedure e degli algoritmi del calcolo.
[Temple] ha evidenziato tipologie diverse di discalculia, con difficoltà o nel sistema di elaborazione
dei numeri o in quello del calcolo. Classificazione dei principali errori:
- errori nel recupero di fatti aritmetici;
- errori nel mantenimento e nel recupero delle procedure;
- errori nell’applicazione delle procedure;
- difficoltà visuospaziali.
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Abilità matematiche: risoluzione di problemi, abilità cognitive e metacognitive implicate
[Fuchs e Fuchs] distinguono tra:
- problemi aritmetici semplici (arithmetic story problems): testo breve ed essenziale, una
domanda, una sola operazione per trovare la soluzione. Meno difficili;
- problemi aritmetici complessi (complex story problems): testo più lungo, domande e
dettagli non essenziali ma nessun dato numerico irrilevante. Da 1 a 3 operazioni per trovare
la soluzione. Livello intermedio;
- problemi del mondo reale (real-world problem-solving): testo esteso, dettagli non
essenziali, elementi numerici irrilevanti. Da 1 a 3 operazioni per trovare la soluzione. Più
difficili.
[Carpenter e Moser] classificano i problemi aritmetici di tipo verbale in base alla struttura
semantica:
- problemi cambio: quantità iniziale + azione che la aumenta o decrementa. Esempio: X ha 5
caramelle, Y gliene dà 6. Quante caramelle ha M?
- problemi associazione: relazione statica tra un particolare insieme e due distinti
sottoinsiemi. Esempio: Ci sono 10 mele, 3 sono verdi e il resto rosse. Quante sono rosse?
- problemi comparazione: relazione statica + comparazione tra due distinti sottoinsiemi.
Esempio: X ha un libro di 20 pagine, Y uno di 30 pagine. Quante pagine ha in più Y?
- problemi uguaglianza: quantità iniziale + azione che la aumenta o decrementa +
comparazione di due distinti sottoinsiemi. Esempio: X ha 20 anni, Y avrebbe la stessa età di
X se avesse 5 anni in più. Quanti anni ha Y?
La posizione della quantità da trovare è fondamentale: nei problemi “non canonici” la quantità è
posta all’inizio, sono i più difficili.
Arithmetic word problem
In questi problemi la soluzione si ottiene tramite una serie di operazioni aritmetiche e il quesito
viene posto verbalmente. Sono problemi di tipo “routinario”, propongono quesiti simili ad altri già
proposti in precedenza.
[Mayer] descrive alcune categorie di processi cognitivi messi in atto in questo tipo di problemi,
partendo dalla “codifica del problema”, suddivisa in processi di:
- traduzione: ogni affermazione contenuta nel testo del problema viene trasformata dal
solutore in una rappresentazione semantica in memoria, costruisce una rappresentazione
interna del problema;
- integrazione: il solutore mette insieme in una rappresentazione coerente tutte le frasi del
testo, ossia integrare le varie parti del problema in una struttura unitaria.
Segue il “processo di ricerca” suddiviso in:
- pianificazione: ricercare nella memoria la strada per la soluzione;
- calcolo: si individuano le operazioni da utilizzare per ottenere i diversi sotto-obiettivi.
Test delle abilità di soluzione dei problemi matematici
Considera 5 componenti fondamentali:
1. comprensione delle informazioni contenute nel testo del problema e delle loro relazioni;
2. rappresentazione delle informazioni in uno schema integrato;
3. categorizzazione: individuazione della tipologia generale alla quale può appartenere il
problema e del percorso tipico di soluzione;
4. pianificazione del percorso di soluzione;
5. valutazione del corretto esito della procedura adottata.
Capacità metacognitive e soluzione di un problema
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I buoni solutori possiedono un livello più alto di capacità metacognitive grazie al quale possono
analizzare meglio la struttura del compito. Il modello di [Ann Brown] descrive alcuni processi
metacognitivi di controllo implicati nella soluzione di un problema, precisamente le capacità di:
- previsione: prevedere se si è in grado di risolverlo;
- pianificazione: predisporre un progetto di soluzione;
- monitoraggio: tenere sotto controllo il processo risolutivo;
- valutazione: valutare il risultato conseguito.
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Organizzazione iniziale
Si prende visione di tutto il materiale di studio e, in relazione al tempo a disposizione, ai risultati
che si vogliono raggiungere e alle caratteristiche del compito si stabiliscono degli obiettivi.
Attraverso strategie di prelettura lo studente visiona velocemente tutto il materiale e si rende
conto della quantità effettiva, della difficoltà, dell’interesse e delle conoscenze pregresse.
Comprensione ed elaborazione
Ci si concentra sulla comprensione del materiale scritto e sulla sua elaborazione approfondita. Nel
primo approccio al materiale scritto sono utili: lettura esplorativa e scorsa rapida del testo, per farsi
un’idea generale.
Lettura lenta e analitica: per comprendere a fondo i materiali.
Lettura a salti: per trovare inizialmente singole informazioni di cui si ha bisogno o per rivedere
specifiche parti del testo.
Sottolineatura/evidenziazione: per comprendere ed elaborare in modo personale il testo. Diviene
efficace se svolta durante la seconda lettura e se viene seguito un criterio specifico.
Porsi domande prima: per attivare conoscenze pregresse e interessi, rende la lettura attiva.
Porsi domande dopo: per verificare la comprensione e le capacità di rielaborazione ed esposizione.
Annotazioni scritte: per elaborare, self-testing e ripasso.
Schemi grafici: per rappresentare e sintetizzare le informazioni di svariate pagine.
Memorizzazione
Le informazioni che sono state comprese ed elaborate vengono ulteriormente trattate per
garantire che siano depositate nella memoria a lungo termine.
(Capitolo 3: strategie di memorizzazione).
Ripasso
Permette di raggiungere 2 obiettivi:
1. consolidamento ulteriore in memoria delle informazioni studiate. Utili: ripetizione, lettura a
salti;
2. controllo, attraverso l’autovalutazione, di quanto si è preparati. Utili: self-testing, porsi
domande dopo.
Dedicare abbastanza tempo a un ripasso efficace comporta notevoli vantaggi perché produce una
retrieval practice, un’abitudine a recuperare dalla memoria le informazioni necessarie.
I metodi di studio
Il metodo di studio è una sequenza ordinata e coordinata di strategie.
Metodi “storici”
- SQ4R [Robinson]: survey (sfogliare il materiale), question (porsi domande prima), read,
reread, recite (ripetere), review (ripassare).
- MURDER [Dansereau]: mood (umore positivo), understand (leggere capendo), recall
(ricordare senza guardare), detect (controllare il testo per errori o omissioni), elaborate,
review.
Metodi più specifici
- DICEOX: informazioni rilevanti per comprendere una teoria scientifica. Description,
inventor/history, consequences, evidence, other theories, x-tra information.
- ReQuest [Manzo]: svolto insieme da studenti e insegnante. Re (read), quest (questions).
- REAP [Eanet e Manzo]: read, encode (tradurre in parole proprie), annotate, ponder
(ragionarci sopra).
- DRTA Directed Reading and Thinking Activities [Stauffer]: predire il contenuto del materiale,
leggere mentalmente per confrontare con le predizioni, verificare le aspettative.
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- Structured Overview [Earle]: preparation (l’insegnante prepara uno schema anticipatorio),
follow-up (lettura e confronto dello studente).
Stili cognitivi
Lo stile cognitivo è la modalità di elaborazione che il soggetto adotta in modo prevalente, che
permane nel tempo e si generalizza a compiti diversi.
Se la strategia è un insieme di procedure finalizzate alla risoluzione di un compito, lo stile cognitivo
è una tendenza costante a utilizzare una specifica classe di strategie.
[Sternberg] distingue tra stili e abilità: gli stili sono preferenze nell’uso delle proprie abilità che
possono variare e che si sviluppano in relazione all’ambiente culturale di appartenenza.
Alcuni stili cognitivi:
- Globale/analitico: preferenza per una percezione dell’insieme/del dettaglio.
- Dipendente/indipendente dal campo: percezione poco differenziata e fortemente dominata
dall’organizzazione del campo/percezione non influenzata dal contesto e atteggiamento
autonomo.
- Verbale/visuale: preferenza ad utilizzare il codice linguistico/visuo-spaziale.
- Convergente/divergente: soggetto che procede su una linea logica condivisa e converge
verso una risposta prevedibile/soggetto che procede in modo divergente e autonomo
generando risposte di qualità.
- Sistematico/intuitivo: prendere in esame un elemento alla volta/procedere per ipotesi che
vanno confermate o confutate.
- Impulsivo/riflessivo: riguarda i tempi decisionali e i processi di valutazione e decisione nella
risoluzione di un compito.
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Data l’esistenza di profili diversi, si possono commettere gravi errori educativi nell’usare con uno
studente le stesse modalità educative usate con un altro caso.
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l’attenzione sostenuta su un compito o un’attività, bisogno continuo di muoversi e tendenza a
rispondere in modo impulsivo e inadeguato agli stimoli ambientali.
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