Matteo Galletti
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario.
Spinte gentili ed etica della manipolazione
(doi: 10.1414/100155)
Ente di afferenza:
Università di Bologna (unibo)
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Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 509
1. Introduzione
2
Ibidem, p. 12.
3
Per una discussione di questa architettonica della mente, alla luce dei più recenti di-
battiti in psicologia ed economia del comportamento, cfr. R. Viale, Oltre il nudge. Libertà
di scelta, felicità e comportamento, Bologna, Il Mulino, 2018.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 511
4
Sul sito stickk.com le persone possono impegnare una certa somma di denaro, che
sarà dato in beneficenza se entro una certa data una persona di fiducia non certificherà
che avranno raggiunto un dato obiettivo (ad esempio, perdere un certo numero di kili). La
perdita futura di denaro motiva gli agenti a mantenere fede agli impegni presi (R. Thaler
e C. Sunstein, Nudge, cit., pp. 223-224.). Un altro esempio è costituito dalla facilitazione
nella comprensione di informazioni complesse, come quelle legate ai possibili trattamenti
per il tumore alla prostata. Data la possibile influenza di molti fattori su decisioni così
importanti, Sunstein raccomanda alcuni accorgimenti per permettere alle persone di fare
scelte in linea con il proprio benessere: «Un buon sistema di architettura delle scelte aiuta
gli individui a perfezionare la propria capacità di mappare le decisioni, e dunque a sce-
gliere le opzioni che possono accrescere il loro benessere. Per far questo, un architetto
delle scelte può cercare di rendere più comprensibili le informazioni sulle diverse opzioni,
trasformando i dati numerici in unità che si traducono più facilmente in uso effettivo»
(ibidem, p. 102).
5
C. Sunstein, The Ethics of Influence. Government in the Age of Behavioral Science,
Cambridge, Cambridge University Press, 2016, pp. 32-34.
6
R. Thaler e C. Sunstein, La spinta gentile, cit., p. 11.
512 Matteo Galletti
7
C. Sunstein, The Ethics of Influence, cit., p. 82.
8
T.S. Gendler, Alief and Belief, in «The Journal of Philosophy», 105 (2008), n. 10, pp.
634-663; T.S. Gendler, Alief in Action (and Reaction), in «Mind & Language», 23 (2008),
n. 5, pp. 552-585.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 513
9
M. Brownstein e A. Madva, The Normativity of Automaticity, in «Mind & Lan-
guage», 27 (2012), n. 4, pp. 410-434. Un altro esempio di comportamento automatico è
costituito dalle azioni compiute inconsapevolmente da persone talentuose, come il tenni-
sta che riesce a regolare i colpi senza dover riflettere sui movimenti da compiere. Cfr. P.
Railton, Practical Competence and Fluent Agency, in D. Sobel e S. Wall (a cura di), Reasons
for Action, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, pp. 81-115; M. Brownstein,
Rationalizing Flow: Agency in Skilled Unreflective Action, in «Philosophical Studies», 168
(2014), n. 2, pp. 545-568.
514 Matteo Galletti
strategie adattive che, con tutti i loro limiti, consentono nella maggior par-
te delle situazioni di affrontare con successo le sfide poste dall’ambiente10.
Quindi, la diversità della procedura tramite cui si articola il comporta-
mento deliberato e quello automatico non implica che soltanto il primo è
razionale e sensibile a norme. Sembra tuttavia che una differenza fonda-
mentale tra i due processi esista. Nel caso del processo deliberativo, il sog-
getto può raffrontare ciò che le varie scelte comportano con l’insieme di
scopi, impegni, cure, preferenze che possiede e che, in generale, orientano
il suo rapporto con il mondo (possiamo chiamarla «identità pratica»). I
bias e le reazioni non consapevoli invece non consentono questo proces-
so: il legame tra il comportamento causato da tendenze inconsapevoli e
l’identità pratica è del tutto contingente.
10
G. Gigerenzer, On the Supposed Evidence for Libertarian Paternalism, in «Review
of Philosophy and Psychology», 6 (2015), n. 3, pp. 361-383; G. Gigerenzer e T. Sturm,
How (Far) Can Rationality Be Naturalized?, in «Synthese», 187 (2012), n. 1, pp. 243-268;
G. Gigerenzer e P.M. Todd, Ecological Rationality: The Normative Study of Heuristics, in
Id. (a cura di), Ecological Rationality: Intelligence in the World, Oxford, Oxford University
Press, 2012, pp. 487-497.
11
Cfr. per varie formulazioni di questa teoria, J. Raz, The Morality of Freedom, Ox-
ford, Clarendon Press, 1986, pp. 377-378; anche J.S. Blumenthal-Barby, Between Reason
and Coercion: Ethically Permissible Influence in Health Care and Health Policy Contexts,
in «Kennedy Institute of Ethics Journal», 22 (2012), n. 4, pp. 348-350; R.E. Goodin, Ma-
nipulatory Politics, New Haven, Yale University Press, 1980, p. 28; A.W. Wood, Coercion,
Manipulation, Exploitation, in C. Coons e M. Weber (a cura di), Manipulation. Theory and
Practice, Oxford, Oxford University Press, 2013, p. 35; E.M. Cave, What’s Wrong with
Motive Manipulation?, in «Ethical Theory and Moral Practice», 10 (2007), n. 2, p. 133.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 515
12
A. Mele, Autonomous Agents. From Self-Control to Autonomy, Oxford, Oxford
Uiversity Press, 2001, pp. 166-167.
13
C. Sunstein, The Ethics of Influence, cit., p. 82. Cfr. anche B. Engelen, Les concepts
d’autonomie et de rationalité dans la théorie des «nudges», in M. Bozzo-Rey e A. Brunon-
Ernst (a cura di), Nudges et normativités. Généalogies, concepts et applications, Paris, Her-
mann, 2018, pp. 152-156.
516 Matteo Galletti
14
Cfr. M. Gorin, Towards a Theory of Interpersonal Manipulation, in C. Coons e M.
Weber (a cura di), Manipulation. Theory and Practice, cit., pp. 91-92. Cfr. anche M. Gorin,
Do Manipulators Always Threaten Rationality?, in «American Philosophical Quarterly»,
51 (2014), n. 1, pp. 51-61.
15
Cfr. R. Noggle, Manipulative Actions: A Conceptual and Moral Analysis, in «Ameri-
can Philosophical Quarterly», 33 (2006), n. 1, pp. 43-55; Id., Ethics of Manipulation, in N.
Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, 2018, <https://plato.stanford.edu/
entries/ethics-manipulation/> (consultato il 7-12-2020), par. 2.2.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 517
4. Spingere è manipolare?
16
A. Barnhill, I’d Like to Teach the World to Think: Commercial Advertising and Ma-
nipulation, in «Journal of Marketing Behavior», 1 (2016), n. 3-4, pp. 307-328.
17
Ibidem, p. 312.
518 Matteo Galletti
insufficiente delle capacità deliberative del soggetto; per Tcp questo sfrut-
tamento sarà manipolatorio nella misura in cui induce risposte non ideali.
Non è un caso, infatti, che Sunstein ammetta che i nudge che influenzano
il Sistema 1 sono manipolatori, ma sostiene che (a) sono comunque ine-
vitabili, perché in certi non si può fare a meno di intervenire su alcuni
aspetti contestuali, come il modo in cui si formula un’informazione; (b)
sono giustificati, se il loro effetto sul benessere degli individui è tale da
compensare il danno derivante dal mancato coinvolgimento delle capa-
cità razionali18.
Tcp sembra però consentire giudizi più sfumati e contestuali sulle sin-
gole influenze. Non è possibile in questa sede soffermarsi su tutti i tipi di
nudge, per cui ne prenderemo in considerazione soltanto due: l’effetto
framing e l’uso di regole prestabilite.
Lo sfruttamento dell’effetto framing consiste nel presentare le infor-
mazioni scegliendo la formulazione che avrà più probabilità di indurre un
comportamento, quando una formulazione alternativa, ma con lo stesso
contenuto informazionale, non avrebbe questo effetto. In alcuni casi il
nudge opera comunicando un’informazione senza specificare altri dati ri-
levanti (ad esempio, si comunica al paziente i rischi relativi del fumo, «la
probabilità di avere un infarto raddoppia nei fumatori», senza informarlo
di quale sia il tasso di diffusione della patologia nella popolazione e quindi
l’entità reale di tale raddoppio); oppure si può privilegiare una formula-
zione che mette in evidenza i risvolti positivi di un’opzione per orientare
il soggetto verso la scelta di quella opzione (ad esempio, «sottoporsi a una
dato trattamento medico garantisce il 40% di sopravvivenza», mettendo
così in secondo piano il dato relativo alla mortalità). Queste modalità co-
municative attribuiscono una maggiore salienza alla connessione tra stili
di vita ed esiti potenzialmente mortali, attivando alcune reazioni che ren-
dono più probabile una certa scelta.
Le regole di default hanno un funzionamento simile, ma sfruttano la
tendenza all’inerzia del comportamento umano. Uno degli esempi classici
è l’introduzione di regole prestabilite nella definizione dei piani pensio-
nistici negli Stati Uniti. Dal punto di vista degli architetti di sistema, la
soluzione più ragionevole nella scelta dei fondi pensionistici è quella di
prevedere un arruolamento automatico in un piano che prevede opzioni
preimpostate per i tassi di risparmio e la distribuzione degli investimen-
ti, da cui i soggetti possono liberamente uscire esercitando in qualunque
momento la facoltà di opting out. La forza dell’inerzia e dello status quo
determina una maggiore probabilità che gli individui non decidano di
avvalersi dell’opzione di uscita e continuino ad aderire al piano preimpo-
stato per loro più vantaggioso. In questo caso l’architettura della scelta
18
C. Sunstein, The Ethics of Influence, cit.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 519
21
R. Thaler e C. Sunstein, Nudge, cit., p. 8. Esempio leggermente modificato.
22
Si tratta del fenomeno della «costruzione delle preferenze»: soprattutto in contesti
inusuali e complessi in cui le informazioni a disposizioni sono scarse, l’agente non si avvi-
cina alla situazione con un ordinamento valutativo predefinito delle opzioni possibili, ma
sviluppa e adatta le sue preferenze nel corso del processo decisionale soprattutto in rispo-
sta alle molteplici influenze a cui è soggetto. Cfr. ad esempio S. Lichtenstein e P. Slovic (a
cura di), The Construction of Preference, New York, Cambridge University Press, 2006.
23
R. Noggle, Manipulation, Salience, and Nudges, in «Bioethics», 32 (2018), n. 3, p.
169. Per una risposta alle obiezioni della manipolazione su questo punto, cfr. T.R.V. Nys
e B. Engelen, Judging Nudging: Answering the Manipulation Objection, in «Political Stu-
dies», 65 (2017), n. 1, soprattutto pp. 204-208.
24
Cfr. J.S. Blumenthal-Barby, Choice Architecture: A Mechanism for Improving Deci-
sions while Preserving Liberty?, in C. Coons e M. Weber (a cura di), Paternalism. Theory
and Practice, cit., pp. 190-191.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 521
25
B. Engelen e T.R.V. Nys, Nudging and Autonomy: Analyzing and Alleviating the
Worries, in «Review of Philosophy and Psychology», 11 (2020), n. 1, pp. 137-156. Con la
nozione di «identità pratica» si fa riferimento a una gamma di teorie formulate in modi
e termini diversi intorno a concetti simili: cfr. H. Frankfurt, The Importance of What We
Care About, Cambridge, Cambridge University Press, 1998; D.W. Shoemaker, Caring,
Identification, and Agency, in «Ethics», 114 (2003), n. 1, pp. 88-118; A. Jaworska, Caring
and Internality, in «Philosophy and Phenomenological Research», 74 (2007), n. 3, pp.
529-568; C. Sripada, Self-Expression: A Deep Self Theory of Moral Responsibility, in «Phil-
osophical Studies»,173 (2016), n. 5, pp. 1203-1232.
522 Matteo Galletti
che viene promosso non è l’interesse del manipolatore, ma quello del ma-
nipolato. C’è da dire che non sempre i paternalisti libertari sono chiari
sul modo in cui definire questo interesse: come si è detto, Sunstein e Tha-
ler identificano talvolta l’obiettivo verso cui sono spinti gli agenti con il
benessere degli agenti, così come gli agenti stessi lo definiscono. Questa
clausola permette ai paternalisti di conservare il carattere libertario del-
la loro teoria: non ci sarebbe qui alcun intento perfezionista, finalizzato
a imporre alle vite degli individui standard diversi da quelli incorporati
negli scopi che scelgono liberamente. Ma secondo questa definizione, gli
architetti della scelta dovrebbero avere un pieno (e improbabile) accesso
epistemico all’identità pratica per disegnare ambienti che non violino i
perimetri dell’autonomia.
In altri casi, essi sostengono che le scelte garantite dalle spinte sono
quelle che gli esseri umani avrebbero preso «se avessero prestato piena
attenzione e se avessero posseduto informazioni complete, capacità co-
gnitive illimitate e totale autocontrollo»26. In assenza di ulteriori specifi-
cazioni, le due definizioni di scelta potrebbero non coincidere. In alcuni
casi è possibile pensare che quello che una persona preferisce realmente,
ma non riesce a realizzare a causa dei difetti cognitivi, coincide con ciò
che preferirebbe se si trovasse in condizioni ideali, potendo così esprime-
re una preferenza massimamente razionale di secondo livello. Ma non è
detto che tutto ciò che un agente potrebbe scegliere in condizioni ideali
corrisponde al contenuto della sua identità pratica. Nel caso di coinci-
denza tra preferenze ideali e identità pratica, il nudge riuscirebbe ad al-
lineare le scelte particolari con le identificazioni dell’agente, mentre nel
caso di dissociazione l’uso di particolari spinte potrebbe avere due effetti
manipolatori: distorcerebbe il coinvolgimento pratico degli agenti con il
mondo sia rispetto ai mezzi utilizzati per influenzare il comportamento,
sia rispetto gli scopi che l’architetto della scelta si prefigge di realizzare.
26
R. Thaler e C. Sunstein, Nudge, cit., p. 11. Cfr. anche C. Sunstein e R. Thaler, Li-
bertarian Paternalism Is Not an Oxymoron, in «The University of Chicago Law Review»,
70 (2003), n. 4, p. 1162. Su questo punto cfr. anche M. Gorin, Paternalistic Manipulation,
cit., pp. 236-246.
27
Sui limiti morali del paternalismo debole o moderato, cfr. B. Fateh-Moghadam e T.
Gutmann, Governing [through] Autonomy. The Moral and Legal Limits of «Soft Paternali-
sm», in «Ethical Theory and Moral Practice», 17 (2014), n. 3, pp. 383-397.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 523
Prendiamo allora il caso in cui una spinta gentile costituisce una for-
ma di manipolazione paternalistica, perché orienta agenti responsabili
a scegliere in conformità alla loro stessa idea di benessere. Senza questa
spinta essi sarebbe portati a optare per comportamenti irrazionali, se-
condo il paradigma di razionalità del paternalismo libertario. In questo
caso, sembrerebbe giustificato adottare nei loro confronti un atteggia-
mento obiettivo, perché privi degli strumenti per gestire in modo ade-
guato il loro comportamento in contesti e situazioni sensibili. Questa
impostazione, che sembrerebbe del tutto andare incontro alle esigenze
dei paternalisti libertari, omette però di prendere in considerazione qual
è l’identità di manipolatore e manipolato e quale relazione reciproca
intrattengano. Una variabile fondamentale è infatti costituita da quali
sono le aspettative dei destinatari della spinta nei confronti del ruolo
che assume chi la spinta la eroga. Secondo il paternalismo libertario
funzionari pubblici e privati possono introdurre spinte gentili nell’ar-
chitettura della scelta per correggere il comportamento di cittadini, con-
sumatori, lavoratori, ecc. Si comprende allora che l’accettabilità della
29
La distinzione tra i due tipi di atteggiamenti si trova ovviamente in P.F. Strawson,
Freedom and Resentment, in «Proceedings of the British Academy», 48 (1962), pp. 1-25.
Cfr. L. Blum, Deceiving, Hurting, and Using, in A. Montefiore (ed.), Philosophy and Per-
sonal Relations, London, Routeledge & Kegan Paul, 1973, pp. 34-61; L. Stern, Freedom,
Blame, and Moral Community, in «The Journal of Philosophy», 71 (1974), n. 3, pp. 72-84;
P. Greenspan, The Problem with Manipulation, in «American Philosophical Quarterly»,
40 (2003), n. 2, pp. 160-164; M. Baron, The «Mens Rea» and Moral Status of Manipulation,
in C. Coons e M. Weber (a cura di), Manipulation. Theory and Practice, cit., pp. 116-120.
In modo analogo si esprime R.E. Goodin, Manipulatory Politics, cit., pp. 20-26 che defini-
sce la manipolazione «la faccia più brutta del potere».
30
M. Baron, The «Mens Rea» and Moral Status of Manipulation, cit., pp. 103-104.
Il volto manipolatorio del paternalismo libertario 525
Se è compito del governo trattare i suoi cittadini come agenti che, entro i
limiti che derivano dai diritti e dagli interessi degli altri, determinano la direzione
della propria vita, allora un governo dovrebbe essere riluttante a usare mezzi
diversi dalla persuasione razionale per influenzarli. Anche se, come ci sembra
evidente, le capacità decisionali dei cittadini sono imperfette e potrebbero non
essere significativamente ridotte dagli sforzi concertati per sfruttare questi difetti,
uno sforzo organizzato per modellare le scelte sembra ancora una forma di con-
trollo sociale irrispettoso31.
31
D.M. Hausman e B. Welch, To Nudge or Not to Nudge, in «The Journal of Political
Philosophy», 18 (2010), n. 1, p. 134.
32
L. Stern, Freedom, Blame, and Moral Community, cit., p. 80.
526 Matteo Galletti
Matteo Galletti, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Università di Firenze, via della Pergola
60, 50121 Firenze, matteo.galletti@unifi.it.