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Scheda 3.2 Nel film Gioventù bruciata interpretato da Dean vi è una situazione che può essere
analizzata alla luce della teoria dei giochi con lo schema del gioco del pollo.
Due giovani si sfidano ad una corsa automobilistica guidando l’uno diretto verso l’altro in una
strada stretta. Colui che sterza per primo per evitare lo scontro è il pollo che sarà deriso da tutti gli
amici, mentre colui che continua a guidare dritto senza fermarsi è il vincitore. Se entrambi
continuano a guidare senza fermarsi le due macchine si scontreranno. L’ordinamento delle
preferenze di ogni giocatore è tale che ognuno preferisce in primo luogo vincere invece di essere il
pollo, poi sterzare tutti e due anche se in tal caso, pur rimanendo in vita, si è entrambi polli e, in
ultimo luogo scontrarsi con l’altra macchina.
Un altro modello di gioco caratterizzato da equilibri multipli è quello della battaglia dei sessi. Paolo
e Francesca si conoscono da alcuni mesi e devono scegliere cosa fare la sera. Possono scegliere tra
andare ad un incontro di boxe o al teatro. Entrambi preferiscono stare assieme e quindi il come è
secondario anche se Paolo ha una preferenza per la boxe e Francesca per il teatro. Anche in questo
caso è possibile determinare lì equilibrio del gioco costruendo le funzioni delle migliori risposte di
Paolo e Francesca e constatare che esistono due equilibri di Nash possibili: uno in cui i due
scelgono entrambi la boxe e uno in cui i due scelgono entrambi il teatro. Però a volte, l’equilibrio di
Nash può anche non esistere. Immaginiamo ad esempio che Paolo e Francesca siano sposati da 20
anni. Ora la situazione tra i due è in parte mutata: Francesca non ha più molta voglia di passare le
proprie serate con Paolo, mentre Paolo ha mantenuto ancora saldo questo desiderio. I pagamenti del
gioco in questa situazione sono quindi cambiati.
In effetti, qualsiasi sia la scelta di Francesca l’utilità di Paolo è comunque più elevata se sta con
Francesca, mentre lo stesso non è più valido per Francesca. In questo gioco non esiste un equilibrio
di Nash.
4. Cognizione e decisioni
Linda ha 32 anni, è single e molto intelligente. Ha una laurea in filosofia e quando era studentessa
era molto attiva sul fronte dei diritti umani e della giustizia sociale, e partecipava a manifestazioni
anti-nucleari.
Indicate quale tra le seguenti affermazioni su Linda è la più probabile:
a) Linda è un’impiegata di banca
b) Linda è un’impiegata di banca ed è un’attivista del fenomeno femminista
Alcuni esperti hanno cercato di spiegare il processo decisionale che è sfociato nel
lancio del Challenger ricollegandolo ad un fenomeno noto nell’ambito della
psicologia sociale come pensiero di gruppo. Questo fenomeno si riferisce a situazioni
in cui, come nel caso del Challenger, un gruppo di individui apparentemente
ragionevoli e intelligenti, decisioni che sono l’esito della pressione, esercitata sui
singoli dal gruppo, a conformarsi e a garantire una lealtà nei confronti di valutazioni e
scelte collettive. Ogni individuo, cioè, introietta ciò che egli ritiene essere il punto di
vista del gruppo del quale fa parte, e contribuisce in tal modo al realizzarsi di una
situazione in cui il gruppo prende delle decisioni che ogni singolo membro isolato
considererebbe insensate.
Tra le cause principali di questo fenomeno vi sono una forte coesione del gruppo e
una sua chiusura nei confronti dell’esterno, nonché situazioni di forte stress o di
pericolo, assenza di norme per valutare le alternative disponibili e presenza di un
leader direttivo. Tra i sintomi invece, si può citare un’illusione di invulnerabilità
condivisa dai membri del gruppo, che può farli cadere nel bias dell’ottimismo
irrealistico circa le conseguenze delle decisioni da assumere. Poi, una forte
convinzione nella moralità della causa perseguita dal gruppo, una condivisa illusione
di unanimità e coerenza interna, una negazione di qualsiasi dissenso dal punto di
volta della maggioranza anche attraverso forse di autocensura, una chiusura nei
confronti di quanti sono esterni al gruppo, che spesso divengono vittime di
stereotipizzazione ed emarginazione.
Fenomeni come questo del pensiero di gruppo ci devono far riflettere su come nei
processi decisionali che si sviluppano nell’ambito di un gruppo possano intervenire
fattori diversi da quelli che riguardano le decisioni puramente individuali.
5.1.Due teste sono meglio di una?
La nostra vita è ampiamente condizionata da decisioni prese da gruppi. I gruppo sono
caratterizzati dal fatto che i membri che ne fanno parte interagiscono con una certa
continuità per conseguire scopi comuni o per condurre specifiche attività ed ognuno
dipende dall’altro.
Vi sono alcune ragioni a favore delle tesi che in alcune situazioni il processo
decisionale di gruppo sia più accurato ed efficace di quello individuale. Generalmente
rispetto ai singoli individui il gruppo è considerato più in grado di produrre idee,
alternative e soluzioni nuove o originali in quanto può trarre vantaggio dalla
condivisione di conoscenza, esperienze, capacità e competenze di ogni suo membro.
La produttività delle decisioni di gruppo è spesso considerata più elevata di quella
delle scelte strettamente individuali in quanto frutto della somma degli sforzi di più
soggetto. A ciò si aggiunga da un lato che una decisione di gruppo ottiene
generalmente un consenso e una legittimazione più ampi rispetto a quelli che può
riscuotere una decisione unilaterale presa da un singolo individuo, e dall’altro che
alcuni studi mettono in luce come la partecipazione a processi decisionali di gruppo
sembri contribuire all’aumento della soddisfazione, dell’autostima e dello sviluppo
personali. Queste ragioni dovrebbero costituire uno stimolo a privilegiare sempre più
i processi decisionali di gruppo.
Alcuni gruppi prendono poi decisioni migliori di altri e ciò in base a molti fattori,
anche le dimensioni di un gruppo possono avere un impatto notevole sulla sua
efficacia: quando un gruppo è troppo piccolo le sue capacità e conoscenze possono
essere troppo esigue, mentre quando è troppo grande al suo interno possono emergere
conflitti e sottogruppi in competizione. Un fattore importante è poi il sentimento di
appartenenza al gruppo.
Va infine detto che non sempre le decisioni prese dai gruppo sono migliori di quelle
prese dai singoli in quanto essi sono esposti all’effetto, talvolta positivo ma per lo più
negativo, di alcuni processi di influenza sociale e di gruppo.
Scheda 5.1 Tra i concetti chiave di riferimenti della teoria dell’organizzazione, un posto centrale è
occupato dalla decisione.
Le prime teorie amministrative, che hanno come obiettivo il miglioramento dei sistemi organizzati,
sono all’origine della ricerca contemporanea sulla decisione dell’organizzazione.
Ad esempio Taylor (taylorismo), quando egli immagina forme di razionalizzazione dei processi
produttivi quali la divisione tra compiti concettuali di pianificazione e compiti esecutivi, pensa in
pratica ad una struttura organizzativa caratterizzata da centralizzazione decisionale in
corrispondenza dei vertici gerarchici. È con Simon che la decisione diviene centrale nella scienza
amministrativa la quale ha come obiettivo il miglioramento dei processi e qualità decisionali
individuali nell’ambito delle organizzazioni.
Crozier e Friedberg integrano la nozione di ‘razionalità limitata’ per definire la teoria dell’analisi
strategica, in base ad essa, gli individui sono considerato dotati di gradi di autonomia che consente
loro di compiere azioni razionali elaborando strategie decisionali in vista dell’accrescimento
dell’influenza personale e in base a modalità che sono funzione dei propri valori, delle relazioni con
gli altri, della percezione della situazione e dei mezzi di influenza di cui dispongono.
Scheda 5.2 Il problema degli effetti che può avere la presenza di altri individui sul comportamento
delle persone che si trovano ad assistere a situazioni di emergenza e sulla eventuale decisione di
intervenire divenne di grande attualità tra gli psicologi sociali dopo che a New York accadde questo
episodio: nel 1964 una giovane donna, Kitty Genovese, fu aggredita di sera da un pazzo fuori dal
complesso residenziale nel quale abitava. Per oltre mezz’ora Kitty lottò con l’aggressore che la
accoltellava e urlò chiedendo aiuto. Almeno 38 vicini riferirono successivamente di aver sentito le
urla e le richieste di aiuto, ma nessuno intervenne o chiamò i soccorsi. Solo dopo 35 minuti, quando
Kitty era ormai morta, qualcuno si decise a telefonare alla polizia che arrivò poco dopo.
Alcuni psicologi sociali arrivarono alla conclusione che i vicini di Kitty che non erano intervenuti
non dovessero essere considerati dei mostri di crudeltà o di indifferenza in quanto, nella stessa
situazione, la maggior parte delle persone si sarebbe comportata allo stesso modo. Poiché vi erano
molti testimoni, si creò una situazione di diffusione della responsabilità e ognuno pensò che
sicuramente qualcun altro stesse telefonando alla polizia.
A volta, l’individuo che ha bisogno di aiuto, essendo sconosciuto, è percepito come un estraneo e
non ci sentiamo emotivamente coinvolti nella sua richiesta di soccorso.
5.3. …e di gruppo
La decisione collettiva di gruppo è l’esito della convergenza finale di un certo
numero di posizioni individuali di partenza spesso almeno in parte diverse tra loro.
Per prevedere di volta in volta tale esito, importanti sono sia le posizioni iniziali dei
singoli individui che le regole decisionali adottate dal gruppo.
Un gruppo però non funziona sempre in base a regole chiare e razionali in quanto a
volte esso segue processi che lo spostano verso posizioni e decisioni che fuoriescono
da una logica lineare e immediata. Un gruppo può, ad esempio, avere la tendenza ad
abbracciare opinioni o prendere decisioni molto radicali rispetto a quella dei singoli
membri. Questo fenomeno è noto come polarizzazione. Originariamente esso fu
osservato sotto forma di spostamento verso il rischio: le decisioni prese da un gruppo
sono spesso più rischiose dei punti di vista individuali riferiti dai singoli membri
prima della discussione di gruppo rispetto alla decisione.
Una delle spiegazioni del fenomeno della polarizzazione di gruppo si fonda
sull’ipotesi del confronto sociale in base alla quale un individuo in un gruppo sarebbe
sempre interessato al confronto delle proprie opinioni con quelle degli altri membri
del gruppo. Nel corso della discussione di un gruppo un individuo può constatare che
vi sia qualcuno con delle opinioni più radicali rispetto a quella degli altri e ciò può
portarlo a spostarsi verso posizioni più estreme rispetto a quelle degli altri membri.
Un’altra spiegazione fa invece leva sull’idea degli ‘argomenti persuasivi’ in base alla
quale opinioni e decisioni individuali rispetto ad un problema sarebbero funzione del
numero e della persuasività degli argomenti pro e contro di cui l’individuo si ricorda
quando deve prendere una posizione.
Inoltre, un’altra spiegazione riguarda ai ‘processi di identità sociale’, che al momento
della discussione, indurrebbero gli individui a focalizzarsi sulla loro appartenenza al
gruppo e a identificarsi con esso. Ciò implica che gli individui sentano la pressione a
spostare le proprie opinioni per conformarsi alle norme del gruppo che percepiscono
come più estreme e a conformarsi a ciò che credono essere la posizione del gruppo.
Lo psicologo sociale Leavitt ha messo in evidenza come le reti di comunicazione che
si instaurano tra i membri di un gruppo assumano alcune forma differenti che
possono variare da un massimo di centralizzazione ad un massimo di apertura. Nella
struttura a ruota vi è un membro del gruppo, un leader, al centro che può comunicare
con tutti gli altri, ma gli altri possono comunicare solo attraverso di lui. Si tratta di
una modalità comunicativa che, se da un lato può godere di un vantaggio in termini di
efficienza a rapidità alla soluzione di problemi, da un altro lato può produrre
insoddisfazione di fondo nei membri del gruppo che si sentono del tutto marginale
nel processo decisionale.
Segue la struttura a catena in cui la comunicazione segue un ordine sequenziale e
non vi è alcun membro che possa comunicare con tutti gli altri. Ciò implica che la
comunicazione possa essere lenta e che non lasci spazio alla discussione.
La struttura a y combina la ruota e la catena e la centralizzazione è più moderata,
mentre la struttura a cerchio è quella più aperta e che garantisce il maggior livello di
soddisfazione per la sua decentralizzazione e può essere più efficiente nella soluzione
di problemi decisionali.
Quando un gruppo si trova a dover prendere decisioni o risolvere problemi che
richiedono delle soluzioni nuove e creative spesso la comunicazione è condotta con al
tecnica del brainstorming, una sorta di tempesta che agita il cervello, o meglio più
cervelli, attraverso libere associazioni e forme di pensiero metaforico e analogico e
che può generare lampi che illuminano aspetti della realtà non percepiti sino a quel
momento.
5.4. Stili di leadership e decisionali
In quasi tutti i gruppi è presente il ruolo del leader, ovvero quel soggetto il cui
attributo principale è l’influenza sociale essendo colui che ha il maggior impatto su
credenze, opinioni e comportamenti del gruppo.
Queste tematiche possono essere affrontate guardando a differenti visioni della
leadership e, di conseguenza, dello stile decisionale. La prima tra queste suggerisce
che alcuni individui presenterebbero determinate caratteristiche della personalità,
abilità sociali, capacità e competenze emotive che ne favorirebbero il ruolo di leader
e quindi l’efficacia decisionale. Tra queste vi sono alcune capacità che aiutano il
gruppo a perseguire i propri obiettivi come l’intelligenza. Ma fondamentale è anche
la motivazione che scaturisce da maggiore ambizione, desiderio di riconoscenza e di
successo. Importante è poi l’abilità di gestire i rapporti interpersonali che facilita
l’interazione nel gruppo: la tendenza alla cooperazione.
Un’altra visione della leadership enfatizza il peso giocato dalle caratteristiche della
situazione. Può accadere, ad esempio, che in un particolare periodo di crisi o di
difficoltà che minaccia gli obiettivi di un gruppo, qualcuno emerga come figura
leader per affrontare la situazione.
Oggi però la gran parte dei ricercatori ritiene che la leadership sia da ricondursi a un
insieme di caratteristiche sia personali che richieste della situazione a cui è
confrontato il gruppo. Il cosiddetto modello della contingenza è stato sviluppato per
mostrare che una leadership efficiente è l’esito dell’interazione tra lo stile del leader e
il controllo della situazione che egli ha e che lo stile decisionale debba essere
calibrato a seconda delle richieste della situazione specifica nell’ambito della quale la
decisione va presa. Lo stile di leadership può essere centrato sul compito quando la
preoccupazione principale del leader è quella di realizzare correttamente gli scopi
comuni. I leader centrati sul compito impartiscono comandi e spingono il gruppo al
rispetto delle regole. Lo stile di leadership può poi essere socio-emozionale se il
leader accorda priorità a emozioni, umori, affetti e armonia tra i membri del gruppo e
cerca di mantenere un benessere nelle relazioni interindividuali.