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1 Sulla menzione delle “prime accuse” come sorprendente ed abile mossa difensiva di
Socrate, cfr. Burnet 1924, 73-74 ; de Strycker-Slings 1994, 252 ; Stokes 1997, 104 ; Heitsch 2002,
54-56.
2 ÆExevtasi~, ejxetavzein (e connessi) : 23c 4, 5, 8 ; 24c 3 ; 28e 5 ; 33c 3 ; 38a 5 ; 41b 5, 8, c 3. Sulla
nozione, cfr. Tarrant 2002, 69-73. Nel testo dell’Apologia platonica il sostantivo e[legco~ non
appare, salvo che in 39c 7 (didovnai e[legcon), dove il senso è più generico (“esame”) ed è
simile a quello del participio attivo ejlevgconte~ (39d 1). In Ap. 17b 2, 18d 5, 21c 1, 23a 5 e 29e 5,
così come in Xen. Ap. 15, il significato del verbo ejlevgcein (e dei suoi composti) si approssima
a quello assunto nei contemporanei contesti giudiziari e retorici : cfr. Brickhouse-Smith
1994, 5 ; Ausland 2002, 37, 43-44 ; Tarrant 2002, 61-69 ; Young 2002, 85.
96 stefano jedrkiewicz
funzione maieutica rispetto alle “seconde”. 1 Da questa successione, Socrate
estrapola un paradosso : se nell’intera vicenda l’unico elemento reale è l’in-
veterata avversione contro l’accusato (“sono quasi sicuro che è per queste
cause che mi odiano”), l’accusato deve essere innocente. Conclusione af-
fermata con enfasi : l’emergenza delle “seconde accuse” (giudiziali) dalle
“prime accuse” (nella fama pubblica) “è segno sicuro che sto parlando con
verità, e che in questo consiste l’accusa che mi viene rivolta, e che questo è
ciò che la produce”. 2 L’imputato ha ribaltato in “segno sicuro” (tekmhvrion)
di innocenza proprio ciò che i suoi accusatori possono avere addotto come
indice di colpevolezza : l’irritazione pubblica contro di lui. 3
L’Apologia sottolinea in tal modo che tra le “prime accuse”, circolanti al-
meno a partire dal 423 a.C. (data della prima rappresentazione delle Nuvole
di Aristofane) e le “seconde accuse”, formalmente elevate nel 399 a.C., vi
è piena continuità. Tuttavia, nel compiere tale operazione il testo lascia
emergere un altro dato, di estrema importanza per comprendere la genesi
del processo attualmente intentato a Socrate. Esso indica infatti che Socrate
ha potuto praticare per decenni la sua peculiarissima attività “filosofica”
senza alcun impedimento legale o fattuale, pagando il solo scotto di appa-
rire, agli occhi di un ampio ma imprecisato numero dei suoi concittadini,
detestabile, fastidioso, o semplicemente bizzarro e ridicolo ; in altri termini,
le “prime accuse” hanno potuto circolare per anni col solo danno per l’ac-
cusato dell’acquisto di una cattiva reputazione. L’atto specifico di chiedere,
per via legale, la messa a morte di Socrate deve dunque aver avuto una sua
causa individuale, sia pure all’interno di un continuum di ostilità ideologica
ed emotiva.
1 Pl. Ap. 19a 7-20c 3. Heitsch 2002, 56 giudica tale costruzione testuale come ad un tempo
arbitraria (Socrate, appunto, e[xw tou` pravgmato~ levgei) e retoricamente efficace. Lo schema
retorico secondo il quale un’accusa giudiziaria non ha altra motivazione se non l’odio o
l’invidia soggettiva dell’accusatore contro gli accusati è talmente diff uso nella prassi attica
della difesa in giudizio che in questo brano se ne è vista una parodia : Burnet 1924, 67.
2 Pl. Ap. 24a 6-b1 : kaivtoi oi\da scedo;n o{ti aujtoi`~ touvtoi~ ajpecqavnomai, o} kai; tekmhvrion
o{ti ajlhqh` levgw kai; o{ti au{th ejsti;n hJ diabolh; hJ ejmh; kai; ta; ai[tia tau`tav ejstin. Temperando
questa argomentazione pressoché “provocatoria” (Heitsch 2002, 102), Socrate afferma di
“sapere” quanto sopra solo in modo qualificato (scedovn, “pressappoco”), adeguandosi al-
l’atteggiamento di modestia epistemica che gli è costante nell’Apologia (cfr. ad es. 23a 5,
dove egli formula le conclusioni della sua ricerca : “è probabile – kinduneuvei – che ad essere
saggia sia la divinità”). Riproducendo un’analoga sfumatura, de Strycker-Slings 1994, 295,
traduce o{ti ajlhqh; levgw non come “dico il vero” ma come “ho [soggettivamente] ragione” :
il che evidenzia la funzione non solo logica ma anche di atto di linguaggio (conativo) della
conclusione socratica.
3 Nel contesto in esame, il termine tekmhvrion assume un particolare significato, ricorren-
te in Platone (Manetti 1987, 83) : un dato fattuale (qui : che Socrate sia stato preso in odio)
dal quale si può inferire un altro dato fattuale (qui : che Socrate si trovi accusato solo in
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 97
Ed in effetti l’Apologia (20e 8-25a 1) assegna alle “seconde accuse” una genesi spe-
cifica, descrivendo questa sequenza :
(1) Socrate ha preso ad attuare la sua ejxevtasi~ a seguito dell’oracolo delfico
(20e 8-22e 5) ; 1 di consequenza, ha raccolto profonde avversioni (ajpecqeiaiv : 23a
1) (22e 6-23a 5).
(2) Alcuni giovani seguaci hanno preso ad imitare la ejxevtasi~ socratica assu-
mendo atteggiamenti critici e confutatori verso interlocutori che, essendo di ne-
cessità più anziani, presumono detenere un sapere ben maggiore (23c 2-7) ; 2 ciò
facendo, essi divengono causa obiettiva di ulteriori, violenti sentimenti di ostilità
contro Socrate (23c 7). L’Apologia non indica il momento a partire dal quale ciò
si verifica : sembra comunque lecito ritenere che questo momento possa situarsi
solo dopo che l’attività di Socrate si sia consolidata, assumendo la valenza di un
possibile modello.
(3) Tali sentimenti di sdegno vengono tradotti nella percezione diff usa che “So-
crate è un grandissimo sciagurato e sta guastando i giovani senza rimedio” ; 3 tutta-
via, nessuno degli scandalizzati è in grado di indicare la ragione per cui l’imitazio-
ne dell’indagine di tipo socratico debba considerarsi segno (o causa) di corruzione
(24d 2-3, 7-9) ; l’unica spiegazione disponibile è quella presentata bell’e pronta dalla
congerie delle frasi fatte rivolte contro i sophoi, già veicolo delle “vecchie accuse”,
che anche adesso continuano a mettere in un sol fascio scienza atea e sofisticheria
dialettica (24d 4-7).
(4) Appunto tali rinnovate calunnie (cfr. ejk touvtwn : 23e 3) finiscono col fornire
a Meleto, spalleggiato da Anito e Licone, l’impulso e la materia prima ideologica
conseguenza di tale odio, e quindi sia innocente). Cfr. 40b 7-c 4 : che il suo consueto segno
demonico non abbia espresso opposizione ad alcuno degli argomenti sviluppati da Socrate
durante la sua difesa è mevga tekmhvrion della loro correttezza e proprietà.
1 L’episodio dell’oracolo delfico nell’Apologia platonica solleva complessi problemi di
interpretazione che non possono essere trattati in questa sede. Introduzione fondamentale
all’argomento resta quella di Stokes 1992.
2 La ejxevtasi~ socratica appare replicabile con relativa facilità : cfr. Carpenter-Polansky
2002, 92 che fornisce l’esempio del Lachete (194e -196d). Che gli imitatori di Socrate siano
di famiglie “ricchissime” (23c 2-3) è nell’Apologia un dato descrittivo, non esplicativo : questa
elevata appartenenza sociale è irrilevante ai fini della funzione svolta dai giovani nella tra-
ma narrata (e lo è a maggior ragione anche qualunque orientamento politico, comunque
non specificato nel testo, che si supponga corrisponderle).
3 Pl. Ap. 23d 1-2 : Swkravth~ tiv~ ejsti miarwvtato~ kai; diafqeivrei tou;~ nevou~. Secondo Burnet
1924, 98 ad 23d 1, ti~ forma iperbato con miarwvtato~ ; ma contra Stokes 1997, 125. De Stryc-
ker-Slings 1994, 298 indica che la costruzione sostantivizza l’aggettivo. Miarwvtato~ ha in sé
valore passivo (“affetto da mivasma in sommo grado”) ; ma chi è corrotto corrompe ; cfr. a
contrario Burnet 1924, 24 ad Pl. Euthyphr. 4c 3, che ricorda come l’azione in giudizio contro
l’assassino portatore di mivasma abbia l’effetto di purificare anche il medesimo assassino. Il
dia- di diafqeivrei conferisce al verbo valore assoluto : “corrompe integralmente” (cfr. 29c 5,
dove il verbo diafqeivrw riappare con identica forza e significato di completa ed irreversibile
corruzione). Infine, la congiunzione kaiv denota la connessione strutturale tra la qualità di
miarwvtato~ attribuita a Socrate e l’azione da lui asseritamente compiuta.
98 stefano jedrkiewicz
onde elevare formalmente quelle “seconde accuse” che hanno trascinato Socrate
in giudizio (24e 3-25a 1). 1
Nel complesso del racconto dell’Apologia, un ruolo rilevante è svolto dalla
netta scansione temporale espressa dalle forme verbali utilizzate. Le or-
mai più che decennali azioni e reazioni attinenti alla ejxevtasi~ socratica (le
Nuvole di Aristofane, rappresentate nel 423 a.C., ne avrebbero costituito
un momento forte) sono situate in un passato concluso, e dunque narrate
all’aoristo (quelle continuative sono ovviamente predicate da verbi all’im-
perfetto) ; le reazioni messe in moto dall’imitazione giovanile di tale pras-
si, narrate al presente, sono invece situate in un tempo di poco anteriore
al discorso che Socrate sta ora pronunciando. 2 È confermato anche sul
piano dei significanti l’intento, già chiaro sul piano del significato, di ben
distinguere fasi diverse, proprio per poterle raccordare : l’odio contro il fi-
losofo ha radici nel passato ; l’azione dei suoi imitatori lo ha poi esasperato,
aggiungendovi una specifica, ulteriore forma di ostilità ; l’incriminazione
deriva da tale ultima reazione. 3
Una seconda, fondamentale funzione semantica è affidata alla nozione di
ojrghv. Questo vocabolo denota la reazione esplosa contro Socrate, sempre
in conseguenza dell’imitazione giovanile della sua ejxevtasi~. La costante
attività confutatoria del filosofo suscitava generale ostilità, e[cqra ; 4 ma la
1 Una sequenza già anticipata a 19a 8-b 1 : Socrate viene prima fatto oggetto di kathgoriva,
poi di diabolhv ed infine della grafhv attualmente sporta da Meleto : cfr. Heitsch 2002, 63.
2 Nella descrizione della sequenza che va dall’interrogarsi socratico sul significato del-
l’oracolo (21b 5) fino alle conclusioni tratte dall’aver interrogato gli “artigiani” (23e 5), sono
all’aoristo (azione conclusa) le seguenti forme verbali : ejtrapovmhn, 21b 8 ; h\lqon, 21b 9 ;
e[paqon, 21c 5, 22a 2 ; e[doxe, 21c 6, 21e 1 ; ajphcqovmhn, 21e 1, 21e 2 ; e[doxan 22a 3, 22d 5 ; e[gnwn,
22b 8 ; ejfavnhsan, 22c 4 ; h/jsqovmhn, 22c 5 ; ejyeuvsqhn 22d 3 ; ajpekrinavmhn, 22e 4 ; sono all’imper-
fetto (azione continuativa conclusa) : ejnequmouvmhn, 21b 3 ; hjpovroun, 21b 7 ; ejpeirwvmhn, 21c 7 ;
dihrwvtwn 22b 4; e[legon 22b 8 ; ejlogizovmhn, 21d 2 ; h\æa, 21d 8, 21e 3, 22a 8, 22c 8 ; ajphcqanovmhn,
21e 4 ; ejdovkei, 21e 5, 22b 3 ; ajph`æa, 22c 6 ; hjpivstanto, 22d 3 ; h\san, 22d 4 ; hjxivou, 22d 7. Da 23c
2 a 24a 4, dove Socrate descrive l’imitazione che di lui fanno i giovani ed i relativi effetti
fino all’atto dell’incriminazione, i verbi sono tutti al presente : ejstin, 23c 2 ; caivrousin, 22c
3 ; mimou`ntai, 22c 4 ; ejpiceirou`sin, 22c 3 ; oi\mai, 22c 5 ; euJrivskousi, 22c 5 ; ojrgivzontai, 22c 7 ;
levgousin, 23d 1, 23d 5 ; ejrwta/`, 23d 2 ; e[cousi, 22d 3 ; ajgnoou`sin, 22d 3. ÆEmpeplhvkasin (23e 2)
è al perfetto poiché esprime azione dall’effetto raggiunto (“vi hanno ormai riempito le
orecchie…”). Infine, ejpevqeto (23d 4) è all’aoristo poiché denota l’azione, unica ed in sé
conclusa al momento del discorso, di denunciare Socrate.
3 Smyth 1956, 422-423, par. 1885 rileva che il tempo presente, quando accompagnato da
un’indicazione, definita o indefinita, di tempo trascorso è usato per esprimere un’azione ini-
ziata nel passato e continuata nel presente. Nel brano in esame, si noterà la presenza della
locuzione ejnqeu`ten (“e da questo [atto precedente]”), 23c 7, che segna tanto la derivazione
fattuale quanto la diretta successione temporale tra la ejxevtasi~ giovanile e la derivante
reazione di ojrghv antisocratica.
4 Cfr Pl. Ap. 21d 1, 21e 1 : ajphcqovmen ; 23a 1 : pollai; me;n ajphvcqeiaiv moi gegovnasi ; 24a 7 :
ajpecqavnomai. Il termine ha una diretta rilevanza in ambito giuridico : la e[cqra è la normale
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 99
reazione sollevata dagli esami operati dai suoi giovani emuli provoca qual-
cosa di molto peggio : una ojrghv diretta contro il modello imitato (23c 7 :
ejmoi; ojrgivzontai). E qui la preesistente ostilità contro Socrate raggiunge il
suo culmine.
Tradurre ojrghv con “furia” vale soltanto in prima approssimazione. Il ter-
mine, come attesta l’uso fattone nella seconda metà del v secolo a.C. ad
Atene, si riferisce ad uno stato psicologico complesso ed articolato, e com-
porta una vasta serie di connotazioni implicite o esplicite. È per questo che
esso può assumere un ruolo strategico nel racconto platonico : la nozione
che gli corrisponde appare come l’elemento decisivo nello svolgersi degli
eventi che portano Socrate ad essere processato. Le “seconde accuse” ven-
gono invero generate dopo che la prassi della ejxevtasi~ ha preso ad essere
replicata dagli imitatori di Socrate, ed i bersagli a cader preda della ojrghv. 1
Proprio questo furore degli anziani, vittime di un atteggiamento che essi
non sanno descrivere se non come effetto e segno di “corruzione”, è ciò
che trasforma Socrate, agli occhi di larga parte dell’opinione pubblica, da
sofista importuno ed inattendibile in criminale intollerabilmente pernicio-
so per l’intera collettività.
L’irritazione ed avversità contro un oggetto determinato vengono svilup-
pati nella ojrghv con una violenza che fa collassare il soggetto dell’emozione
nell’irrazionale. La contrapposizione dell’ordine del logos al disordine della
ojrghv ricorre nella tragedia 2 e nella commedia ; 3 ma non è certo un caso che
siano gli storici, impegnati nel dar conto dello iato ricorrente nell’azione
umana tra progetto, illusione e realtà effettuale, a sviluppare una gamma di
connotazioni corrispondenti. Si veda come descrive Erodoto la decisione di
Cambise, adottata in preda alla ojrghv sulla base di quanto gli è stato riferito
dell’ambasceria degli Ittiofagi, di dirigere una spedizione contro gli Etiopi.
Sotto tale emozione, il monarca delibera come un forsennato (ejmmanhv~ te
ejw;n kai; ouj frenhvrh~) e trascura la pianificazione e riflessione indispensabile
ad un’impresa così ardua (ou[te paraskeuh;n sivtou oujdemivan paraggeivla~,
ou[te lovgon eJwutw/` douv~, o{ti ej~ ta; e[scata gh`~ e[melle strateuvesqai). 4 Il di-
sastro non sorprenderà il lettore.
Tucidide, da parte sua, considera la ojrghv come la pulsione che spinge
disposizione psicologica dell’accusatore nei confronti dell’accusato ; cfr. ad es. Lys. 12,2,
dove il termine è reiterato tre volte in brevissimo spazio.
1 La natura complementare dei due fenomeni è indicata anche dalla formula pro;~ de;
touvtoi~ (23c 2) che ne collega le rispettive descrizioni.
2 Ad es., Soph. El. 369-370 : mhde;n pro;~ ojrgh;n pro;~ qew`n . wJ~ toi`~ lovgoi~ / e[nestin ajmfoi`n
kevrdo~…
3 Ad es., Aristoph. Ran. 997-998 : ajllÆ o[pw~, w\ gennavda / mh; pro;~ ojrgh;n ajntilevxeia~ ...
4 Hdt. 3,25,1-2.
100 stefano jedrkiewicz
all’agire irrazionale. 1 Allo stesso modo in cui Euripide ne faceva il con-
notato fondamentale di una figura distruttiva ed autodistruttiva come la
sua Medea, 2 lo storico la connette alla spinta irrefrenabile dell’impulsività
interiore (qumov~), e la contrappone al ragionamento (logismov~) 3 ed alla
riflessione ponderata (gnwvmh), 4 che rispettano invece i dati del reale. In
particolare, Tucidide estende il turbamento individuale in sconvolgimento
collettivo : la ojrghv diviene per lui una forza che si sfrena nello spazio pub-
blico, pericolosa per la sua capacità di orientare, o disorientare, l’opinione
collettiva. Essa agisce come fattore unificante delle reazioni di gruppo : e
questo è fenomeno tipicamente, anche se non esclusivamente, ateniese. 5
In modo specifico, la ojrghv esprime l’opposizione di massa, deliberatamente
espressa ma non per questo razionalmente giustificata, a precise proposte o
azioni emananti da un individuo eminente nella polis ; 6 è suo tramite che la
maggioranza dei cittadini si rivolta contro Pericle quando, nel primo anno
della Guerra del Peloponneso, il piano di difesa passiva da questi accurata-
mente predisposto consente quell’incursione spartana nell’Attica che era
stata nondimeno razionalmente anticipata e scontata. 7
Allo stesso modo, nell’Apologia, la prassi socratica di confutare l’interro-
gatore a fil di logica, conducendolo di ammissione in ammissione, finisce,
a prescindere da chi l’abbia attuata nel caso concreto, col concentrare ojrghvv
sempre contro Socrate. Questa pulsione può dunque condurre ad un er-
rore di giudizio madornale : individuare in un singolo innocente la causa
di malanni collettivi. Nel difendere la validità della strategia bellica da lui
concepita, Pericle deve negare ogni responsabilità per la peste che ha inve-
stito Atene con le parole mhvte ejme; diÆ ojrgh`~ e[cete ; 8 Socrate, con un rapido
inciso, rileva anch’egli che la ojrghv generalizzata contro di lui mira al bersa-
glio sbagliato : oiJ uJp’aujtw`n [scil. uJpo; tw`n nevwn] ejxetazovmenoi ejmoi; ojrgivzontai,
oujc auJtoi`~. 9 Pericle dichiara che la pestilenza ha origine sovrannaturale ;
zesqai) contro l’imputato (bollato senz’altro come colpevole) in modo corrispondente alla
gravità del crimine : Lys. 7, 17-18 e 41.
1 Su tali meccanismi contaminatori, operanti in primo luogo a livello rituale e religioso,
cfr. in gen. Parker 1983, 257-280.
2 Pl. Ap. 23d 5-7 : ïta; metevwra kai; ta; uJpo; gh`~Æ kai; ïqeou;~ mh; nomivzeinÆ kai; ïto;n h{ttw lovgon
kreivttw poiei`nÆ (queste imputazioni riproducono in sostanza le “prime accuse” : cfr. 18b
7-c 3 ; 19b 4-c1). La paratassi ellittica degli enunciati, più che esprimere disprezzo per gli
enuncianti (così Burnet 1924, 98), sembra riprodurre la natura rozza e banale dei loro
“giudizi”.
3 Cfr. Aesch. 3,57. Demostene è inoltre causa tw`n ajtuchmavtwn aJpavntwn: 114, 131, 157 s.,
253. Cfr anche Dem. 18,159, 296 ; Dinarch. 1,77 (che incita precisamente alla ojrghv contro tale
malfattore) (riff. elencati da Parker 1983, 268 n. 52).
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 103
corruttore della gioventù ateniese, ne fa la caricatura. Quest’ultima affer-
mazione, secondo l’ironico commento socratico, pretende di smascherare
l’imputato come “grande sciagura” (dustuciva) ; 1 e non a caso richiama una
nozione della polis come collettività ordinata dove, come sembra credere
Meleto (e dietro a lui, verosimilmente, tutti i confutati ed offesi), l’esempio
dei cittadini impegnati nell’ordinata attività politica sarebbe sufficiente ai
giovani affinché divengano kaloi kagathoi. 2
La dimensione politica delle accuse mosse a Socrate è infatti concorde-
mente dichiarata da tutte le fonti che riportano il dettato delle imputazioni.
Il Socrate storico venne infatti accusato : 1) di non riconoscere né onorare
al dovuto (nomivzein) gli dei della polis ; 2) di introdurre nuove divinità nella
polis ; e 3) di corrompere i giovani (ossia, i futuri o neo-cittadini della polis).
Coloro che riportano il testo integrale delle accuse, Senofonte, nella sua
Apologia e nei Memorabilia, e assai più tardi Favorino, il quale menziona
tuttavia un documento archiviato presso il Metroon ateniese, concordano
sull’ordine di successione, sul contenuto e pressoché sulla lettera delle tre
accuse, e pongono la “corruzione dei giovani” al terzo ed ultimo posto. 3
Platone, poche linee dopo aver descritto lo scandalo suscitato dai giovani
imitatori di Socrate, riproduce invece una formulazione ben diversa : l’accu-
sa di corruzione è per lui la prima delle tre. 4 E questa non è una trascurag-
gine voluta, riproducente il parlare alla buona del Socrate che cita il testo
1 Pl. Ap. 25a 12 : pollhvn gev mou katevgnwka~ dustucivan, da situare nel contesto di 24e 1-25a
5 ; cfr. 25b 7-9.
2 Ciò è evidente nel repertorio elencato da Meleto (24e 1-25a 5) degli attori della collettività
politica : non solo i giudici attualmente in seduta, ma anche il pubblico del dibattito giudi-
ziario (la cittadinanza come destinatario degli atti di sovranità), la ekklesia (la cittadinanza
come sovrano) ed infine le leggi (la polis come istituzione). È la stessa visione che Platone
lascia enunciare ad Anito nel Menone : cfr. 92e 3-6, 93a 1-4. Nell’Apologia, Socrate contrap-
pone a tale presunta capacità educativa diff usa e spontanea la specifica capacità didattica
dell’esperto morale (25a 5-c 1) ; egli ha tuttavia avuto cura di anticipare, a 19d 7-20c 1, che i
sofisti non possono venire identificati con tali esperti, e che quanto essi dicono di insegnare
non costituisce un’alternativa valida all’educazione spontaneamente impartita nella polis
dagli anziani ai giovani.
3 Xen. Ap. 10 : kathgovrhsan ajutou` oiJ ajntivdikoi wJ~ o}u~ me;n hJ povli~ nomivzei qeou;~ ouj nomivzoi,
e{tera de; kaina; daimovnia eijsfevroi kai; tou;~ nevou~ diafqeivroi ; Xen. Mem. 1,1,1 : ajdikei` Swkravth~
o}u~ me;n hJ povli~ nomivzei qeou;~ ouj nomivzwn, e{tera de; kaina; daimovnia eijsfevrwn. ajdikei` de; kai;
tou;~ nevou~ diafqeivrwn ; Favorin. fr. 34 = fr. 5 FHG iii p. 578, ap. D. L. 2,40 : ajdikei` Swkravth~
o}u~ me;n hJ povli~ nomivzei qeou;~ ouj nomivzwn, e{tera de; kaina; daimovnia eijshgouvmeno~ . ajdikei` de;
kai; tou;~ nevou~ diafqeivrwn. Sulla possibile fonte di Favorino (cioè Krateros, FGrHist 342) :
Heitsch 2002, 55 n. 37.
4 Pl. Ap. 24b 7-c 1 : Swkravth fhsi;n ajdikei`n touv~ te nevou~ diafqeivronta kai; qeou;~ ou}~ hJ povli~
nomivzei ouj nomivzonta, e{tera de; daimovnia kainav. Burnet 1924, 102-103 nota che questo ordine
attesta la convinzione di Socrate che l’accusa di corrompere i giovani fosse l’unica seria
(cfr. ibid. 12, ad Pl. Euthyphr. 2c 4).
104 stefano jedrkiewicz
dell’accusa “a un dipresso” : 1 l’Eutifrone, infatti, riproduce le accuse nella
medesima esatta sequenza, ossia con la “corruzione” al primo posto (2c 1-3b
4). È ancor meno casuale che, per tornare all’Apologia, Socrate ricordi come
l’accusatore Anito, nel raccomandare ai giudici una condanna a morte,
abbia menzionato, nella sua arringa, la necessità di prevenire un’ulteriore
“corruzione dei giovani”. Questa è la ragione necessaria e sufficiente per
eliminare l’accusato : “[Anito ha detto che] semmai ora la facessi franca, i
vostri figli, mettendo in pratica quel che Socrate insegna loro, finirebbero
tutti corrotti del tutto”. 2
Alla “corruzione dei giovani” il testo platonico assegna dunque rilievo
prioritario ai fini dell’incriminazione di Socrate. La scintilla che determina
ad agire i tre accusatori Meleto, Anito e Licone scocca dall’esasperata in-
sofferenza, individuale e sociale, verso il diffondersi di attività confutatorie
ad opera del gruppo degli imitatori socratici : è precisamente dai calunniosi
luoghi comuni risfoderati dai più anziani contro questo Socrate miarwvtato~
che l’accusa può trarre, pressoché bell’e pronte, le sue munizioni ideo-
logiche. Se la ojrghv sollevata dal giovanile ardore confutatorio è la cau-
sa efficiente che trascina Socrate di fronte al tribunale, l’imputazione di
corruzione non può che assumere il primo posto nell’impianto collettivo
dell’accusa. 3
1 La precisazione messa in bocca a Socrate (l’accusa “è pressapoco così”, e[cei dev pw~ w|de :
24b7 ) e la formulazione in discorso indiretto (cfr. de Strycker-Slings 1994, 297) potrebbero
comunque avere l’effetto di coprire il testo dell’Apologia da eventuali accuse contemporanee
di imprecisione documentaria.
2 29c 4-5 : eij diafeuxoivmhn h[dh uJmw`n oiJ uJei`~ ejpithdeuvonte~ a} Swkravth~ didavskei pavnte~
pantavpasi diafqarhvsontai.
3 Burnet 1924, 12 rileva l’importanza preponderante che nell’Apologia Socrate attribui-
sce a questo specifico capo d’accusa, mentre invece non sembra riuscire a prendere sul
serio quello relativo alle “nuove divinità”. Il parere che l’ordine delle accuse possa essere
stato nella realtà l’opposto di quello fornito da Platone (cfr. ad es. Burnet 1924, 102-104 ; de
Strycker-Slings 1994, 84-85 ; Heitsch 2002, 102-103) dipende dalla valutazione che il “fattore
religioso” sia stato determinante nelle accuse mosse a Socrate : Platone appunto attesta che
valutazioni diverse restano ammissibili. Proprio ad esse, per inciso, avrebbe potuto volu-
tamente opporsi un testimone tardo come Favorino, che riproduce l’ordine delle accuse
già riportato da Senofonte (vd. n. 2). Una consistente tradizione tramanda infatti i capi di
imputazione proprio nell’ordine indicato da Platone : si veda Dione di Prusa, Orat. xliii
(36), 9 : ÆAdikei` … Swkravth~, tou;~ nevou~ diafqeivrwn kai; ou}~ me;n hJ povli~ qeou;~ tima`/ mh; timw`n,
e{tera de; eijsavgwn kaina; daimovnia ; Orat. xxxvii (20), 32 : Swkravth~ … tw`n nevwn diafqoreu;~
kai; pavntwn tw`n ejn ajnqrwvpoi~ nomizomevnwn ajnatropeuv~, ajpo; tw`n qew`n ajrcovmeno~ (= Testt. i
C 121-122 Giannantoni) ; Quintil. iv 4,5 : Socrates accusatus est, quod corrumperet iuventutem et
novas superstitiones introduceret (Test. i C 125 Giannantoni). Affine a tale gruppo di testimo-
nianze appare quello che menziona la corruzione dei giovani come l’unico addebito mosso
a Socrate : Apul. Metam. x 33 : corruptor adulescentiae = Test. i C 122 Giannantoni ; ed inoltre
Philostr. V. Apoll. vii 11 = Test. i C 127 ; Ioseph. c. Apion. ii 263-264 = Test. C i 128 ; Lucian.
Eunuch. 9 = Test. C i 129 Giannantoni ; Liban. Declam. i = Test. E i 1 Giannantoni (l’accusa
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 105
Su questo racconto aleggiano le Nuvole. Per farle menzionare esplici-
tamente da Socrate, quando il personaggio passa in rassegna le “prime
accuse” (19c 2-5), Platone avrà avuto le sue buone ragioni. Tra queste non
rientra, però, quella di rendere il loro autore responsabile della morte di
Socrate (che la commedia abbia oggettivamente contribuito a dilatare le
“prime accuse” non significa che Aristofane sia diretto corresponsabile delle
“seconde”, poiché, come si è detto, a queste è assegnata una genesi specifi-
ca) : le Nuvole sembrano rilevanti per altro motivo. Esse invero contengono
nella loro trama un “evento di svolta”, una katastrofhv, in termini ari-
stotelici, così analoga a quella descritta nell’Apologia, che, ove se ne faccia
consapevole, il lettore potrebbe chiedersi se la citazione della commedia
nel testo platonico non voglia alludere a tale affinità strutturale. 1 Il tipo di
azione del Socrate comico che Aristofane denota come definitivamente
scandalosa ed intollerabile è infatti quella di lasciare che la competenza
confutatoria sia posta nelle mani irresponsabili di un giovanotto il quale
l’adopera senza limiti : 2 dopo averla rivolta, col pieno consenso del pub-
blico ridente, contro lo sbeffeggiatissimo genitore, questi la dirige infatti,
all’ultimo, contro l’istituzione della famiglia. Invero, Strepsiade accetta tut-
to, o quasi : dalla “religione scientifica” di Socrate, condita dalla scoperta
che “Zeus non esiste (più)” fino alle bastonate dialettiche che gli assesta il
suo rampollo Fidippide, fresco di erudizione capziosa, visto che da queste,
come dalle busse ben reali che le hanno precedute, egli non riesce a difen-
dersi ; ma il padre esplode di indignazione quando il giovane anticipa che
la sua prepotenza intellettuale gli permetterà di dimostrare che è lecito
battere anche la madre. È a questo preciso momento che il vecchio rinnega
la sua adesione al “socratismo” (comico), ed esprime una condanna senza
appello contro questo sapere e contro il sedicente sophos che lo professa e
diffonde. 3 È il manifestarsi dell’estrema, irrimediabile corruzione infl itta
nel Pensatoio socratico ad un giovane col renderlo pronto a distruggere
un fondamentale istituto della polis come la famiglia, ad aprire la via alla
criminalizzazione del Socrate sapientone e spregiatore degli dei. 4
di corrompere i giovani sembra invece essere ignorata da Plutarco : cfr. Plut. V. Nic. 23,4 =
Test. i C 124 ; de Alex. Fort. aut Virt. i 5 = Mor. 328d = Test. i C 126 Giannantoni).
1 Suona quasi come preparazione di questa citazione la circostanza che l’Apologia as-
serisca che i “primi accusatori” di Socrate sono rimasti anonimi, ad eccezione di qualche
commediografo (18c 8-d 2), e citi fra questi ultimi il solo nome di Aristofane (19c 2).
2 Cfr Nussbaum 1980, 87-88, che vede proprio in questa conseguenza l’aspetto “colpevo-
le” dell’insegnamento del Socrate aristofanesco.
3 Cfr in part. Aristoph. Nub. 367 ss. ; 1399 ss., 1437 ss. ; 1443-1451. Metaforicamente, “battere
la propria madre” equivale a “commettere violenza incestuosa”.
4 Cfr Aristoph. Nub. 1506 : tiv ga;r maqovnte~ tou;~ qeou;~ uJbrivzete ;. Tuttavia, come Parker
1996, 205 osserva giustamente, nelle Nuvole il comico “ateismo” di Socrate diviene criminale
106 stefano jedrkiewicz
Questo orientamento dell’uomo della strada ateniese, così come lo incar-
na Strepsiade, sembra appunto riemergere nella descrizione dell’insorgere
della ojrghv antisocratica fatta dall’Apologia. In entrambe le raffigurazioni,
l’elemento specifico scatenante un’ira irrefrenabile che porta alla distru-
zione del “sapiente” viene individuato, non nelle dottrine “scientifiche” o
“religiose” di quest’ultimo (come si è visto, nel testo platonico esse sono
presentate soltanto come una pseudo-giustificazione ideologica raffazzo-
nata dagli accusatori), bensì nelle conseguenze rovinose del suo esempio : 1
mettere in mano ai giovani lo strumento per imporsi dialetticamente agli
anziani è azione che porta a sovvertire l’ordine sociale. Sulla scena comi-
ca, la prospettiva di un mondo alla rovescia produce riso nel pubblico ma
nell’arena pubblica produce allarme nella cittadinanza. In entrambi i casi, è
proprio nel momento in cui le vittime della supremazia dialettica di marca
socratica, sia essa quella ridicola delle Nuvole o quella filosofica dell’Apolo-
gia, percepiscono, o credono di percepire, tale drastico rovesciamento in
atto, che Socrate viene identificato come un malfattore da eliminare. In
questo senso, Platone sembra trasporre in chiave seria il parossismo buffo
inscenato da Aristofane. 2
Se Socrate appare dunque come un malanno da eliminare, la tripartizio-
ne della denuncia contro di lui sarà costruita come un congegno capace di
esplicare il maggior impatto negativo sulla giuria popolare ; così come lo
riporta l’Apologia, esso fa dunque leva sulla più intensa fra le cause dell’osti-
lità antisocratica diff usa in alcuni settori dell’opinione pubblica ateniese (la
“corruzione” dei giovani) e mette in sinergia i tre capi di imputazione a
massimo danno dell’imputato. L’accusa di disconoscimento delle divinità
poliadi, che viene in secondo luogo, è infatti necessaria a specificare l’area
ideologica in cui Socrate esercita la sua nefasta infl uenza ; interrogato da
Socrate, Meleto conferma che questa “corruzione” si esplica proprio nel-
non perché costituisca un insulto agli dei, ma perché sovverte la morale sociale. Quanto
all’equazione “conoscenza scientifica = bestemmia contro gli dei”, essa è detta dominare
l’opinione pubblica ateniese anche da Ap. 18c 2-3 : oiJ ga;r ajkouvonte~ hJgou`ntai tou;~ tau`ta
zhtou`nta~ oujde; qeou;~ nomivzein.
1 Appunto di esempio (inteso come modello da imitare) si tratta in ambo i casi, non di
didattica : nell’Apologia, Socrate nega di aver mai svolto insegnamento e puntualizza che i
giovani lo seguono aujtovmatoi (23c 3) ; nelle Nuvole (almeno nella versione giuntaci) Socrate
non fornisce alcun diretto ammaestramento a Fidippide, ma si impegna ad affidarne l’ad-
destramento retorico a quello tra i due Discorsi che emergerà vincitore dall’agon (Aristoph.
Nub. 886-887), il Discorso Peggiore.
2 Nel far menzione delle Nuvole, il Socrate dell’Apologia si riferisce apparentemente alla
loro prima versione, ossia a quanto rappresentato alle Dionisie del 423 a.C. (cfr. eJwra`te,
19c2). Ma Platone potrebbe aver avuto presente la seconda versione della commedia (scrit-
ta ?), corrispondente a quella riprodotta nel testo tramandatoci, nell’elaborare la struttura
qui evidenziata.
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 107
l’insegnare ai giovani a disconoscere le divinità tradizionali (26b 2-7). 1 La
terza ed ultima imputazione, di introdurre, ovvero di asserire l’esistenza di,
entità sovrumane (daimonia) finora ignote (e dunque, in quanto estranee
al pantheon tradizionale, prodotte da impostura), si pone come necessario
complemento della seconda. Il testo dell’Apologia dispone i tre capi di impu-
tazione in quell’ordine che, ovviamente nell’intento degli estensori dell’ac-
cusa, potrebbe esercitare la più intensa suggestione negativa sui giudici. 2
La strategia difensiva di Socrate durante il contradittorio con Meleto (24c
3-28a 1) tiene conto di tale ordine di rilevanza. Socrate dimostra dunque,
in primo luogo, di non essere un “corruttore”, e, in secondo luogo, di non
essere un “empio”. 3 Il suo interrogatorio mira infatti a provare, sul primo
punto, che l’accusatore ignora che cosa significhi “corrompere” (24c 3-26b
2) ; sul secondo, che le accuse si escludono a vicenda (negare l’esistenza de-
gli esseri divini ed introdurre nuovi esseri divini sono azioni incompatibili)
(26b 3-28a 1). L’imputato sostiene che l’accusatore impiega nozioni che non
è nemmeno in grado di definire ; Meleto non sa quel che si dice, e neppure
se ne interessa : fa lo spiritoso, gioca agli indovinelli, 4 non è credibile. 5 È
ejnantiva levgein aujto;~ eJautw`/ ejn th`æ grafh`æ, ktl.) ; 27b 7-9 (eij mh; su; bouvlei ajpokrivnesqai, ejgw; soi;
levgw kai; toi`~ a[lloi~ toutoisiv).
1 Cfr Brickhouse-Smith 1994, 16-29. Meleto sembra subire un vero e proprio e[legco~,
anche se il termine non appare esplicitamente : cfr. Stokes 1997, 128 ss.
2 Cfr, sul piano teorico, Aristot. Rhet. i 2, 1356a13 : “ad un dipresso, la prova migliore la
fornisce lo ethos (dell’imputato)” (scedo;n wJ~ eijpei`n kuriwtavthn e[cei pivstin to; h\qo~) : citato
in Lavency 1974, 92, al quale si rinvia per ulteriori esempi.
3 Sul carattere non del tutto plausibile di tale sfida, cfr. Stokes 1997, 160-166. È solo nel
trattare delle “prime accuse” (che non sono quelle in discussione di fronte al tribunale) che
Socrate ha retoricamente sfidato i suoi stessi giudici ad esibire testimoni dei suoi asseriti
discorsi da “scienziato ateo” e “insegnante sofista” : 19d 1-7.
4 Pl. Ap. 25e 6-26a 3 : ajllÆ h] ouj diafqeivrw, h] eij diafqeivrw, a[kwn ... eij de; a[kwn diafqeivrw, tw`n
toiouvtwn aJmarthmavtwn ouj deu`ro novmo~ eijsavgein ejstivn. A 37b 2-3, Socrate ribadisce formalmen-
te la sua convinzione di non aver mai infl itto intenzionalmente del male a chicchessia.
ORGH e corruzione nell’ apologia platonica 109
positivi o negativi, dell’esempio (sempre positivo) da lui dato (33b 1-5), il che
implica che dalla cerchia di Socrate potrebbe anche uscire un malvagio. Una
terza specificazione appare nel quadro dell’intransigente impegno a non
desistere mai dalla missione affidatagli dalla divinità : “se col dire tali cose
corrompo i giovani, magari saranno dannose [ma non per questo rinuncerò
a dirle]” 1 (30a 1-c 1) : paradosso che riconferma come il “filosofeggiare” di
Socrate, in sé mirante a individuare valori etici autentici, possa esercitare
sui giovani un effetto effettivamente percepito (anche se a torto) dall’opinio-
ne pubblica come motivo di scandalo. È infine illuminante la profezia che, a
processo concluso, Socrate lancia a coloro che lo hanno condannato : lungi
dallo scomparire, la ejxevtasi~ socratica crescerà in veemenza ; infatti, egli
ha “trattenuto” finora i suoi giovani imitatori nel loro entusiasmo confu-
tatorio (39c 1-d 3). Ciò riconferma, da un lato, quanto la critica giovanile
possa contenere reali potenzialità dirompenti, e, d’altro lato, quanto sia
reale l’influenza di Socrate sui suoi seguaci. 2
Resta inteso che tutte queste precisazioni vogliono andare a discolpa del
protagonista dell’Apologia. Nulla di quanto precisato sopra può essere segno
di colpevolezza (al più, di ignoranza). La ritorsione delle accuse resta totale :
se vi sono colpe in questa vicenda, esse non sono commesse da Socrate,
bensì dai suoi concittadini che, spinti dalla ojrghv, lo stanno processando ; un
gesto tanto autolesionista quanto criminale, con il quale Atene si priva del
suo più grande benefattore e, implicitamente, offende la divinità che ne ha
ispirato la missione (cfr. 30d 5-c 3). L’immagine del Socrate “sciaguratissi-
mo” è rovesciata nel suo esatto contrario : sciaguratissimi sono gli Ateniesi,
che, condannando Socrate, si procurano da sé stessi macchia religiosa e
danno politico.
Sfruttando il complesso delle connotazioni che la qualificano come ir-
razionale ed autodistruttiva ostilità di massa contro un incolpevole, anzi
benemerito, membro della polis, la ojrghv riconferma nell’Apologia il valore
di diretto antecedente, eticamente assurdo ma fattualmente ben reale, del
processo mosso al protagonista. 3 In sostanza, secondo questo racconto,
l’attività socratica apparve passibile di incriminazione legale solo dopo
che Socrate prese ad essere percepito, in un impulso di ojrghv collettiva,
come agente corruttore della gioventù. Le concezioni popolari, tanto opa-
1 30b 5-6 : eij me;n ou\n tau`ta levgwn diafqeivrw tou;~ nevou~, tau`tÆ a]n ei[h blaberav.
2 Come nota Stokes 1997, 183 l’imperfetto katei`con esprime il significato “ho cercato di
moderarli [ma non ci sono riuscito]”, il che confermerebbe che Socrate cercava almeno di
esercitare una certa misura di controllo sui suoi imitatori.
3 Al termine della sua confutazione di Meleto, Socrate si dice convinto che egli sarà
distrutto dalla calunnia (diabolhv) e dall’ostilità contro la sua persona (fqovno~) della massa
(28a 7-8) : egli si riferisce in tal modo al contesto generale dell’atteggiamento assunto contro
di lui, nel quale la ojrghv ha svolto il ruolo di provocare il processo.
110 stefano jedrkiewicz
che quanto diff use, relative alla capacità di un singolo di contaminare un
corpo sociale altrimenti puro, aprirono certo la strada alle accuse formali
di ateismo, sovversione religiosa e traviamento dei giovani. 1 Tuttavia, il
“vivere filosofico” di Socrate, nonostante le incomprensioni ed ostilità pro-
vocate, impiegò decenni per raggiungere e superare, in Atene, la soglia
della tolleranza collettiva. A suscitare invece una reazione di intolleranza
radicale nei confronti di Socrate, dalla quale si originò la denuncia, fu la
specifica percezione del riverbero di tale personalissimo “filosofeggiare” in
una prassi diff usa di critica e confutazione individuale con gravi ricadute
politiche : rimuovendo nei giovani l’atteggiamento di rispetto dovuto ai più
anziani, essa stravolgeva vistosamente una delle più basilari gerarchie nella
polis. 2 Si era ritenuto a lungo che il comportamento individuale di Socrate,
per quanto avversabile, appartenesse ad una sfera, quella dello ijdiwteuvein,
per definizione estranea all’interesse collettivo ; ma l’atto di imputazione
non sarebbe stato concepibile se tale comportamento non fosse venuto
ad apparire lesivo del bene pubblico, ossia dotato di ripercussioni negative
nella sfera del dhmwsieuvein. Che questo sia stato lo sviluppo producente la
formale incriminazione di Socrate è indirettamente confermato dall’Apo-
logia, laddove il protagonista indica con somma chiarezza che il demos ate-
niese può tollerare che il singolo si batta per la giustizia, purché lo faccia
da privato e senza entrare nell’arena politica ; ma non esiterà ad eliminare
l’importuno non appena questi prenda ad agire nell’ambito, istituzionale e
dunque pubblico, del dhmosieuvein. 3
Nella sua dimensione “storiografica”, l’Apologia può così suggerire di por-
tare in un ambito squisitamente politico l’indagine sulla genesi del proces-
so avviato, dibattuto, e concluso, tramite la manipolazione di tematiche e
sensibilità religiose, con la condanna del miarwvtato~ Socrate.
Roma
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percepito come un sofista (così ad es. Kraut 2000, 14), bensì accusato di essere sofista, ossia
confutatore sleale, immorale ed empio, perché percepito come “corruttore” dei giovani.
2 Sull’argomento, cfr. Strauss 1993, 199-209.
3 Pl. Ap. 31c 4-32a 2 ; 32e 2-33a 1.
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