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LA METACOGNIZIONE

VENERDÌ 2 MARZO 2018 EDSCUOLA

La metacognizione
di Immacolata Lagreca
Che cos’è la metacognizione?

Con il termine “metacognizione” ci si riferisce a un orientamento teorico


abbondantemente utilizzato in ambito psicologico ed educativo:

Il termine metacognizione viene usato […] per designare la consapevolezza ed il


controllo che l’individuo ha dei propri processi cognitivi. Il termine, che ha un
significato generale, viene talvolta sostituito da termini più specifici in relazione ai
diversi tipi di processi in cui si esercitano tale consapevolezza e controllo: meta-
memoria, meta-comprensione, meta-attenzione, e così via.

La metacognizione, dunque, permette di approfondire i nostri pensieri e, quindi, anche


di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento. È un processo di
autoriflessione sul fenomeno conoscitivo, su cosa e come stiamo imparando e su quali
sono le motivazioni che ci spingono a imparare quella determinata nozione.

Il termine “metacognizione” fu coniato agli inizi degli anni Settanta del Novecento in
seguito agli studi condotti nel 1971 dallo psicologo dell’età evolutiva statunitense John
H. Flavell sulla conoscenza riguardo alla memoria e alle attività di memorizzazione che
egli chiamò «metamemoria».

Già nella prima metà del XX secolo, lo scienziato dello sviluppo cognitivo Jean Piaget
aveva rilevato l’importanza di considerare alcune caratteristiche metacognitive del
pensiero infantile, per esempio le rappresentazioni del mondo animato, per
comprenderne le immaturità. Lo studioso svizzero, infatti, osservò sistematicamente le
difficoltà dei bambini più piccoli nel cogliere e poi nel comprendere l’esistenza di
diversi punti di vista, percettivi, cognitivi, emotivi, e così via, e indicò negli stadi di
sviluppo l’acquisizione graduale dell’abilità di assumere prospettive differenti dalla
propria.

A partire dagli studi di John Flavell la metacognizione iniziò a designare le conoscenze


e i processi che hanno come oggetto i diversi aspetti delle differenti attività cognitive.
Furono quindi introdotti termini più specifici, quali per esempio meta-comprensione,
meta-memoria e meta-attenzione, per indicare la riflessione relativa all’attività cognitiva
nella lettura e nelle situazioni attentive.

Oggi con il termine metacognizione si indicano le conoscenze che l’individuo sviluppa


rispetto ai propri processi cognitivi e al loro funzionamento, nonché le sue attività
esecutive che presiedono al monitoraggio e all’autoregolazione dei processi cognitivi.

La metacognizione, in definitiva, indica la capacità di riflettere su come si apprende,


attraverso la possibilità di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali.
L’attività metacognitiva ci permette, tra l’altro, di controllare i nostri pensieri, e quindi
anche di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento.

Un deficit nella metacognizione causa una grande vulnerabilità a livello affettivo e


sociale. Alcune conseguenze potrebbero essere: ridotta comprensione dell’altro,
incapacità nel contestualizzare l’evento all’interno di una storia relazionale condivisa,
umore mutevole; inoltre queste persone spesso ingigantiscono i segnali affettivi cui
danno risposte imprevedibili. Un deficit nella metacognizione si associa anche a
difficoltà nella capacità di risolvere i problemi (problem solving), sia personale sia
relazionale.
Per questo, la metacognizione è uno strumento molto utile, soprattutto per chi ha
difficoltà di apprendimento, relazionali e ritardi mentali lievi.

Metacognizione e apprendimento

È ormai riconosciuto a livello scientifico il ruolo fondamentale delle componenti


metacognitive come variabili in grado di condizionare le modalità con le quali un
individuo apprende. La metacognizione diventa così un ottimo strumento di
apprendimento mediante il quale si rendono le persone consapevoli del modo in cui
affrontano i compiti cognitivi e si insegna a gestire in modo efficace i processi che
mettono in atto. Infatti, risultati migliori nell’apprendimento possono essere raggiunti se
le difficoltà sono riconosciute e si utilizza la metacognizione in maniera consapevole e
con le indicazioni di esperti.

In pratica bisogna stimolare i ragazzi a controllare come lavora la mente: “Perché pensi
che il compito sia difficile?”, “Perché hai rinunciato a farlo?”, “Perché hai fatto proprio
così?”. Queste sono riflessioni che se approfondite pienamente possono aiutare il
bambino/ragazzo a mettere in gioco delle strategie. Insomma grazie a questo controllo i
bambini/ragazzi con difficoltà di apprendimento (e non solo questi) capiscono che non
capiscono e/o perché non capiscono. Imparano a rendersi conto di quanto un testo è
difficile e imparano ad analizzare cosa è difficile.

Quest’approccio quindi, rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti


e strategie, poiché mira alla costruzione di una mente aperta. E questo a qualsiasi età!

In generale, l’applicazione delle tecniche metacognitive nella didattica hanno riguardato


soprattutto l’attenzione, la memoria, la lettura e la scrittura. Le ricerche in questi ambiti
hanno confermato che le prestazioni degli alunni/studenti che hanno una buona
consapevolezza metacognitiva sono tendenzialmente migliori poiché il compito è
affrontato con maggior coinvolgimento personale.

Metacognizione e insegnamento

Nella didattica metacognitiva l’attenzione dell’insegnante non è tanto rivolta


all’elaborazione di materiali o a metodi nuovi per insegnare, quanto al formare quelle
abilità mentali superiori che vanno oltre i “semplici” e scontati processi cognitivi
primari (ad esempio leggere, ricordare, calcolare).
È evidente allora che gli insegnanti non devono essere solo dei “trasmettitori di sapere”,
ma è vitale per loro riuscire a trasmettere il messaggio, a chi ci sta di fronte, del valore
che riveste per se stesso e per gli altri. È per questo motivo che l’approccio
metacognitivo riserva un ruolo fondamentale all’insegnante: quello di facilitatore e
mediatore di cambiamenti strutturali in chi deve imparare.

L’insegnante deve innanzitutto attuare un processo complesso che non riguarda la


compensazione di particolari comportamenti, singole abilità o specifiche competenze,
ma qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentali e, proprio per
questo, restano stabili nel tempo. Infatti, egli deve innanzitutto sviluppare la
consapevolezza di quello che si sta facendo, del perché si fa, di quanto è opportuno farlo
e in quali condizioni.

Ovviamente questo significa non separare rigidamente i necessari interventi di recupero


o sostegno individualizzato, dalla didattica normale rivolta all’intera classe.

In definitiva, poiché il processo di metacognizione non è qualcosa di meccanico che


avviene semplicemente con l’età, deve essere ben preparato e coltivato a livello
pedagogico ed educativo dall’insegnante.

La cura e l’impegno educativo per alimentare il processo di metacognizione deve


passare prima attraverso la capacità dell’insegnante di saper contenere i problemi degli
alunni, poi attraverso l’offerta dello stimolo alla stessa metacognizione, sollecitando
l’alunno a riflettere sulle proprie modalità di acquisizione, gestione e organizzazione
delle informazioni. In questo modo il bambino prende coscienza non solo dei propri
processi cognitivi, ma anche delle strategie più adeguate per la minimizzazione degli
errori.

Il processo di metacognizione è fondamentale per gli alunni con disabilità. Infatti,


tramite esso si prevedono tempi didattici più dilatati che permettono a tutti di riflettere
sulle fasi del lavoro, giustificandone le motivazioni e prevedendone gli sviluppi.

La ricerca educativa degli ultimi anni propone la “didattica cooperativa metacognitiva”,


frutto dell’associazione della metacognizione e dell’apprendimento cooperativo. Questo
si è rivelato un metodo innovativo ed efficace, poiché considera la persona-alunno nella
sua globalità e ne promuove il pieno sviluppo cognitivo, relazionale ed emozionale.

Le principali strategie didattiche metacognitive

In maniera molto compendiata si riassumono le principali strategie didattiche


metacognitive:

1. Strategia di selezione
La strategia di selezione «comporta la scelta delle informazioni ritenute rilevanti, sulle
quali è importante soffermarsi: a) rivedere il programma e scegliere le idee centrali; b)
annotare i paragrafi dei capitoli, sottolineando i concetti più importanti; c) leggere i
sommari; d) Usare le guide per lo studente che, in genere, hanno importanti argomenti
già sottolineati».
2. Strategia organizzativa
Le strategie organizzative «comportano la connessione fra vari pezzi di informazione
che stiamo apprendendo. Perciò organizziamo l’informazione in ordine logico (per
esempio con un riassunto orale e/o scritto) e la supportiamo di dettagli ed esempi. La
mappa concettuale è una strategia organizzativa importante per tutti i gesti
metacognitivi conclusivi di un percorso di apprendimento».

3. Strategia di elaborazione
La strategia di elaborazione «comporta il legame della nuova informazione con quanto
già si conosce. Questa è la modalità più efficace di apprendimento. Per esempio, se
stiamo studiando il legame chimico, la nostra mente richiama e collega la struttura
dell’atomo alle nuove conoscenze in via di acquisizione».

4. Strategia di ripetizione
La strategia di ripetizione «è basata sulla ripetizione nella propria mente (con parole,
suoni o immagini) dell’informazione, sino a completa padronanza. La memorizzazione
è, dunque, l’evento conclusivo di ripetute evocazioni mentali dell’informazione o della
percezione. Perché ci sia memorizzazione duratura, il processo di andata e ritorno, fra
quanto letto o ascoltato a lezione, deve avvenire più volte e subito. La memorizzazione
si fa nel momento stesso della spiegazione e non si rimanda ad un secondo momento.
Quando al telefono ci dettano un numero telefonico, se vogliamo ricordarlo dobbiamo
attivare subito i processi di andata e ritorno descritti, pena la perdita dell’informazione.
Il bravo insegnante, in classe, concede spazi temporali adeguati, perché gli allievi
possano memorizzare all’istante i concetti. La memorizzazione, dopo la lettura dei
capitoli del libro, avviene con analoghe strategie personalizzate. Una volta che è stata
identificata la strategia più utile per apprendere, si stabilisce come e quando applicarla.
Questo è quello che chiamiamo atto metacognitivo. Le principali strategie di
apprendimento sono descritte dalla seguente mappa concettuale».

Il professor Dario Ianes, docente di Pedagogia dell’Inclusione, Comunicazione in


condizioni difficili ed Educazione all’affettività all’Università di Bolzano, nel suo
saggio Metacognizione e insegnamento riassume gli elementi costitutivi della didattica
metacognitiva:
1) le conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale: stili di apprendimento, le
intelligenze, il pensiero, ecc.
2) la autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, cosa e come sto
pensando, cosa e come sto ricordando, cosa mi facilita o cosa ostacola, quali sono i miei
punti di forza e deficit, cosa mi può aiutare a comprendere e a ricordare.
3) l’uso di strategie di autoregolazione cognitiva: auto-osservazione, auto-direzione e
auto-valutazione (come ho fatto, come posso fare, come sono andato) e le strategie di
risoluzione di un problema (problem solving) e la pianificazione per apprendere.
4) le variabili psicologiche di mediazione, immagine di sé come persona in grado di
imparare: stile di attribuzione (interno o esterno), convinzioni riguardo al proprio uso di
strategie, al senso di autoefficacia, all’immagine di sé come studente (sono/non sono
capace, in cosa penso di essere/ non essere bravo), alla propria capacità di trovare
risorse (ce la posso fare!).
Conclusioni
Occorre sottolineare che l’importanza della didattica metacognitiva va oltre lo studio: al
di là di sviluppare l’autonomia nello apprendimento, la didattica metacognitiva aiuta i
bambini/ragazzi a diventare problem solver: allievi che si sperimentano per superare,
fronteggiare, aggirare, abbattere l’ostacolo, scoprire, valorizzare e mettere in campo le
proprie capacità.
In conclusione, dunque, come il termine metacognizione suggerisce, per un corretto
approccio metacognitivo occorre andare oltre la cognizione. Questo significa offrire agli
alunni la possibilità di imparare a esaminare il grado di difficoltà di un compito, le
diverse possibilità o modalità di risoluzione, di pianificazione dei comportamenti e la
valutazione dei progressi e dei risultati ottenuti; in una parola, alla scuola si chiede di
sviluppare la disposizione degli alunni a “imparare ad imparare”.

Bibliografia
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Cantoia M., Carrubba L., Colombo B., Apprendere con stile. Metacognizione e
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